Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe

INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

07/06/2011

Montecitorio, Sala della Lupa - Commemorazione del centenario della nascita di Giuseppe La Loggia

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Presidente del Senato,

Signori Senatori, Onorevoli Colleghi,

Autorità, Signore e Signori,

La Camera dei deputati è lieta di ospitare oggi, alla presenza delle massime Autorità dello Stato, la cerimonia di commemorazione dell'onorevole Giuseppe La Loggia, a cento anni dalla Sua nascita ed in concomitanza con l'ampia serie di iniziative promosse per celebrare il centocinquantenario dell'Unità nazionale.

Autorevole componente della Camera in una stagione complessa e talvolta drammatica della nostra storia, come quella che va dalla quinta all'ottava legislatura della Repubblica, fra il 1968 ed il 1983, Giuseppe La Loggia può essere a buon diritto ricordato per il ruolo che seppe svolgere nella politica italiana.

Ispirandosi all'opera di Luigi Sturzo e sull'esempio di figure come Salvatore Aldisio, Giuseppe Alessi, Bernardo Mattarella e come, in primo luogo, suo padre Enrico, Giuseppe La Loggia, seppe coniugare la cultura autonomistica regionale con la consapevolezza del valore dell'Unità nazionale.

Sono molte le lezioni e gli spunti di riflessione che ci vengono offerti dall'analisi della sua esperienza politica. A questo riguardo ascolteremo oggi la relazione del professore Franco Bassanini, che nell'ottava legislatura ha fatto parte della Commissione Bilancio, programmazione e partecipazioni statali della Camera, allora presieduta da Giuseppe La Loggia.

Per molti aspetti, i contenuti salienti dell'itinerario politico di Giuseppe La Loggia rappresentano emblematicamente l'esperienza della migliore classe politica del suo tempo: una significativa tradizione d'impegno civile. Precisi valori di riferimento, ispirati al magistero sociale della Chiesa, in cui la tensione morale si traduce in concreto impegno di riforma. Una solida formazione culturale in uno degli ambiti della scienza giuridica, il diritto del lavoro, in cui maggiormente la riflessione dottrinale si coniuga con la sensibilità sociale e l'attenzione alle dinamiche politiche.

Ricco di questo retroterra personale, egli visse da protagonista due momenti essenziali della fase nuova che si aprì al termine della seconda guerra mondiale: la rinascita dei partiti e della democrazia, la fase costituente e l'avvio del lungo processo politico ed istituzionale di attuazione dei suoi principi e dei suoi valori.

In quella fase storica La Loggia operò in un contesto privilegiato e difficile, come la realtà regionale siciliana, in cui più che altrove, fin dalle origini della Repubblica, si manifesta la necessità di avviare riforme e soluzioni politiche volte a salvaguardare la coesione sociale ed istituzionale.

"Gli scopi del sano e vero regionalismo - aveva scritto Luigi Sturzo nel 1949- sono quelli di raggiungere una vita politica ed amministrativa più articolata, un controllo pubblico più efficiente, una giustizia distributiva più proporzionata".

Pluralismo politico ed amministrativo, autonomismo senza strappi antiunitari, controllo di efficienza sull'amministrazione e sulla spesa pubblica, giustizia distributiva: sono questi per La Loggia, i parametri d'azione cui ispirare l'impegno politico.

La sua visione è quindi improntata a quella di un riformismo moderato, d'ispirazione liberale e sturziana, attento all'eliminazione delle ingiustizie sociali ma fermo nel respingere degenerazioni di tipo assistenzialistico, e ciò pur aderendo alla cultura dell'intervento pubblico d'ispirazione keynesiana che venne affermandosi nelle democrazie occidentali nell'immediato secondo dopoguerra.

Componente essenziale di questa visione è un profondo senso dello Stato e delle Istituzioni democratiche, la cui amministrazione desiderava fosse efficiente, rispettata e scrupolosamente attenta al buon uso delle risorse pubbliche.

Di questa impostazione, La Loggia sarà interprete autorevole nel suo lavoro di amministratore regionale e nel suo impegno di parlamentare nazionale, in cui esordì il 27 gennaio 1969 con la presentazione all'Assemblea della Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato: un compito assai prestigioso e non affidato usualmente a un deputato neoeletto, a riprova della considerazione di cui godeva sin dagli esordi della sua carriera parlamentare.

In quell'occasione La Loggia si distinse immediatamente per l'essenzialità del tono, la precisione dei riferimenti, la concretezza delle proposte.

Di grande significato in quel discorso il passaggio sulla questione meridionale: "Bisogna prendere coscienza del fatto che solo nella misura in cui il Mezzogiorno acquisti capacità di autonomo sviluppo, mobilitando le proprie risorse e capacità, cosicché le sorti del suo divenire non risultino legate alle sole iniziative derivanti da estensione o duplicazione di imprese aventi altrove la loro sede decisionale, si potranno considerare poste serie premesse di un assetto territoriale della nostra economia che risponda alla realtà obiettiva che le condizioni attuali ci pongono dinanzi".

Nella settima legislatura, con l'approvazione, il 28 luglio 1978, della storica legge n. 468 del 5 agosto 1978, di cui La Loggia fu Relatore in Assemblea, giunse a compimento un ampio processo di riforma, che rifletteva pienamente la sua visione organica ed unitaria dei circuiti di elaborazione, approvazione ed attuazione del bilancio pubblico fra Governo e Parlamento.

Quella legge modificò e ammodernò drasticamente il nostro sistema di contabilità pubblica, istituendo la legge finanziaria, la presentazione congiunta di un bilancio annuale e pluriennale e l'indicazione della previsione di cassa accanto a quello di competenza nell'impostazione del bilancio annuale di previsione.

Si tratta di risultati di alta rilevanza politica ed istituzionale in cui fu fondamentale il contributo delle idee di Giuseppe La Loggia, idee che ci appaiono oggi caratterizzate da una straordinaria modernità, connotate come sono dalla consapevolezza del valore dell'efficienza decisionale nella definizione degli equilibri di finanza pubblica, dalla profonda convinzione della necessità di un diffuso e trasparente confronto dialettico fra Parlamento e Governo in tutte le fasi di elaborazione ed attuazione della decisione di bilancio.

Ad un secolo di distanza dalla sua nascita ed a poco più di quindici anni dalla sua scomparsa, ciò rappresenta un patrimonio importante che abbiamo il dovere di preservare e di affidare all'attenzione dell'opinione pubblica, in particolare dei giovani, che devono apprendere una lezione tuttora attuale di un grande maestro di cultura politica democratica e parlamentare.