Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

07/06/2011

Montecitorio, Sala del Mappamondo - Presentazione del libro di Sonia Alfano "La zona d'ombra - La lezione di mio padre ucciso dalla mafia e abbandonato dallo Stato"

Autorità, signore, signori!

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la presentazione del libro di Sonia Alfano "La zona d'ombra", dedicato alla figura del padre, Beppe, ucciso dalla mafia l'8 gennaio 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto per le sue coraggiose inchieste giornalistiche in primo luogo sulle attività criminali che aggredivano la convivenza civile in quella parte d'Italia.

Sonia Alfano è europarlamentare dell'Idv e presidente dell'Associazione nazionale familiari delle vittime della mafia. La saluto unitamente agli illustri relatori: Antonio Ingroia, Loris Mazzetti, Giuseppe Pisanu.

Il libro narra una intensa storia di passione civile, di ansia di giustizia, di amore filiale. Una storia che coinvolge, commuove e suscita domande.

E' la testimonianza di una lunga battaglia per la verità. E' una battaglia che per tanti aspetti continua tuttora.

E' anche e soprattutto la ferma denuncia delle "zone d'ombra" nella società, nella politica, e perfino in segmenti dell'apparato statale. Aree grigie di paura, assuefazione al crimine, se non di tacita connivenza, che consentono ai mafiosi di espandere il loro potere di ricatto e di intimidazione.

Ciò accade, come dimostra la storia della mafia, quando le persone oneste fingono di non vedere né la disonestà né il crimine né la sopraffazione e, ciò facendo, rinunciano in qualche modo alla propria libertà di cittadini. Accade quando coloro che si battono per la verità e per la giustizia, siano essi magistrati, uomini delle forze dell'ordine o semplici cittadini sono lasciati soli. Accade quando l'autorità dello Stato e la solidarietà della comunità non sostengono adeguatamente le famiglie colpite dalla ferocia mafiosa nella loro richiesta di verità.

A Sonia Alfano la mafia ha sottratto il padre e, credo si possa dire senza retorica, rubato la giovinezza. Quando uccisero Beppe, Sonia aveva ventuno anni. La sua vita cambiò radicalmente, traumaticamente e tragicamente.

Ma seppe esprimere il suo dolore di figlia in una prepotente e decisa domanda di giustizia. La sua sofferenza privata si fece indignazione civile.

Non cedette alla rassegnazione né rinunciò alla sua libertà di cittadina. E altrettanto fecero, insieme con lei, la madre e i fratelli.

In diciotto anni si è tenacemente battuta -e continua a battersi- per il completo accertamento della verità. Il modo migliore per onorare la memoria di suo padre - come scrive nel volume- è "proseguire il suo lavoro portandolo a compimento"

E' un impegno che deve essere sostenuto dalle Istituzioni, e questo spiega perché sono lieto di presentare il libro alla Camera, e dalla società civile. E considero assai apprezzabile che la figlia di Beppe Alfano abbia deciso di esprimere la sua testimonianza attraverso un libro. E' proprio grazie alle sue pagine, allo strumento editoriale che la storia personale si fa in qualche modo memoria pubblica. Memoria che resta. Memoria che insegna.

Perché se è vero, come è vero, che la lotta alla mafia è una grande lotta culturale e politica, diventa quanto mai necessario diffondere la conoscenza più approfondita possibile di ammirevoli esempi di fermezza, abnegazione e generosità in nome della legalità e della democrazia. La lotta dei cittadini contro la mafia parte in primo luogo da un fecondo risveglio di coscienza e da un potente moto di ribellione interiore.

La storia di Beppe Alfano è, in poche parole, l'esempio del coraggio civile contro la rassegnazione, la connivenza, l'omertà. E' l'esempio che dimostra come una delle grandi e decisive armi contro l'intimidazione mafiosa è l'arma dell'informazione e della verità. I traffici criminali prosperano sempre nell'ombra, quando l'opinione pubblica è distratta o, peggio ancora, non informata.

Le inchieste giornalistiche di Alfano hanno fatto cadere il velo che copriva una realtà che molti non volevano vedere: la progressiva affermazione criminale in una provincia ritenuta fino ad allora immune dal contagio delle cosche.

Beppe Alfano rivelava i vari ambiti delle attività criminali nella sua città. E tutti erano riconducibili alla mafia. "Non si limitava - ricorda la figlia- a una cronaca asettica. Cercava la notizia, ci scavava sotto e attorno, la riconduceva al quadro generale".

Alfano scrisse della "lupara bianca" e dell'atrocità delle esecuzioni mafiose. "Voleva mostrare a chi leggeva - cito sempre dal libro- cos'era la mafia: una cultura barbara, selvaggia, di una violenza inconcepibile per un Paese civile".

Parlò delle estorsioni, delle attività economiche inquinate dalla criminalità, delle minacce ai sindacalisti delle Usl della zona. Rivelò gli appalti comunali senza gara. Denunciò truffe per miliardi di lire ai danni dell'Unione Europea.

Scoprì gli sporchi traffici intorno a un ente assistenziale e denunciò la conseguente, rilevante sottrazione di fondi pubblici. Intuì che il boss catanese Nitto Santapaola poteva essere nascosto nel Barcellonese con l'appoggio e la copertura dei mafiosi locali.

Beppe Alfano intendeva il giornalismo come una sorta di missione civile. Per scuotere l'opinione pubblica, non rinunciava talvolta a organizzare assemblee cittadine.

Va anche ricordato che il giornalismo non era la sua professione. Si guadagnava da vivere facendo il professore di scuola media. Alla raccolta di notizie e alla preparazione degli articoli si dedicava nel tempo libero.

La passione per il giornalismo d'inchiesta gli era cresciuta di pari passo con la consapevolezza dell'inquietante trasformazione che stava avvenendo nella vita della sua città, dove negli anni Ottanta la mafia aveva cominciato a insanguinare le strade con frequenza agghiacciante.

Di fronte ai corpi delle vittime sulla strada, ricorda con amarezza Sonia Alfano, "la gente si informava sul nome e poi tirava dritto". Il padre invece voleva capire. "Nessuna di quelle morti -scrive sempre l'autrice- poteva essere casuale e, prese tutte insieme, avevano un significato preciso: dietro a quella strage che si prolungava mese dopo mese doveva esserci un disegno e lui voleva tracciarne la mappa".

Sono parole che fanno riflettere sulla necessità che le Istituzioni, le forze politiche, il mondo dell'informazione promuovano sempre, presso i cittadini, i valori dell'impegno civile e della responsabilità collettiva, combattendo con decisione ogni assuefazione all'illegalità e alla sopraffazione.

Perché è fuor di dubbio che la criminalità organizzata si afferma e si consolida nelle realtà locali in cui il legame sociale è indebolito e dove prevalgono lo scetticismo, l'individualismo, la tendenza all'isolamento e al tirare campare.

Nel profilo di Beppe Alfano non c'era soltanto una spiccata sensibilità sociale, c'era anche una forte idealità politica.

Alfano era un militante di destra, dell'allora MSI, e aveva particolarmente a cuore l'affermazione della legalità e del senso Stato. Ricordo l'enorme impressione e commozione suscitata nel mondo della destra dalla notizia del suo assassinio. E ringrazio personalmente Sonia Alfano per aver ricordato che ero accanto a lei, a suo fratello e alla famiglia nel giorno dei funerali, in c'era una certa collettiva ipocrisia.

Nelle storie degli eroi civili della lotta antimafia si incontra spesso il profilo dell'impegno politico, al di là dell'appartenenza ideale cui esso si richiami e al di là della destra e della sinistra. E' la cifra comune di una battaglia volta, in primo luogo, a salvaguardare la legalità e la convivenza civile dall'aggressione criminale.

Non a caso, nel libro è anche citata la figura di Peppino Impastato, un giornalista e un uomo di sinistra che pagò anch'egli con la vita il suo impegno contro la mafia, svolto dai microfoni di un'emittente locale palermitana, realizzando così una sorta di analogia con Beppe Alfano.

Tutte queste storie di coraggio, di impegno e di sacrificio ci ricordano che la battaglia per la legalità deve essere una grande, comune e corale battaglia per la democrazia. E non è retorico ricordare che non c'è democrazia senza legalità e senza legalità non c'è libertà.

Come affermò Giuseppe Fava, un altro, eroico giornalista ucciso dalla criminalità organizzata, "il fenomeno della mafia è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l'Italia".

Proprio da questa consapevolezza deve nascere la convinzione che la lotta alla criminalità organizzata appartiene a tutti: Stato, forze politiche e società civile.

E appartiene soprattutto ai cittadini onesti, che non devono mai avere timore di far sentire la voce della propria indignazione e la forza della propria partecipazione civile e politica.

Come ha detto don Milani, "a cosa sarà servito avere le mani pulite se poi le abbiamo tenute in tasca?".

E' con questo spirito che ringrazio Sonia Alfano per l'alta testimonianza umana e civile che ha espresso in questo volume. Un'opera che sicuramente fornirà un prezioso contributo alla diffusione della cultura della legalità e della democrazia nel nostro Paese.