Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

16/06/2011

Palazzo dei Gruppi parlamentari, Nuova Aula - Presentazione del volume "Dallo scranno più alto. Discorsi di insediamento dei Presidenti della Camera dei deputati (1861-2008)"

Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente della Corte Costituzionale, Autorità, Signore e Signori!

Con la presentazione del volume «Dallo scranno più alto. Discorsi di insediamento dei Presidenti della Camera dei deputati. (1861-2008)» si inaugura ufficialmente la nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, che, a partire da oggi è nuovamente agibile al termine di un laborioso e ben riuscito, intervento di restauro.

È motivo di particolare soddisfazione il fatto che questa Aula possa tornare a vivere proprio nella ricorrenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia e alla presenza del Presidente della Repubblica che, il 3 giugno del 1992, in qualità di neo Presidente della Camera dei deputati, dallo scranno più alto di Montecitorio, rivolse all'Aula e al Paese intero un importante discorso.

La Camera dei deputati ha inteso celebrare il 150° con un articolato calendario di eventi e di iniziative avviate lo scorso 17 marzo con la Cerimonia solenne nell'Aula di Palazzo Montecitorio, in occasione della quale il Capo dello Stato si è rivolto alla Nazione esercitando il suo alto magistero civile e politico.

Dopo pochi giorni, sempre nell'Aula di Montecitorio, il 21 marzo, sono risuonate le arie del Nabucco, nel concerto diretto dal Maestro Muti con l'Orchestra ed il Coro del Teatro dell'Opera di Roma.

La Camera dei deputati ha inoltre già dedicato alle celebrazioni del 150° tre mostre bibliografiche - sulla figura di Cavour, sul primo Parlamento, sulla nascita dello Stato unitario, una quarta sulla letteratura della Italia unita sarà inaugurata nel mese di settembre.

È stato anche stabilito un denso programma di presentazione dei discorsi svolti nelle aule parlamentari della Repubblica da insigni deputati esponenti delle diverse culture politiche.

Questa Aula sarà anche la cornice nella quale si svolgerà - a partire dal mese di luglio - una "lectura Dantis" di straordinaria qualità, grazie alla disponibilità del maestro Vittorio Sermonti, che vedo presente e saluto.

Infine, con eventi espositivi di diverso taglio, la Camera dei deputati si aprirà, per tutto l'anno, alla cittadinanza per contribuire alla riflessione sull'italianità e sulle sue diverse espressioni.

E sempre in quest'Aula troverà collocazione un'opera d'arte volta ad illustrare tematiche relative all'Unità d'Italia. A tale proposito, un apposito comitato scientifico - presieduto da Gino Agnese, che è qui presente - ha selezionato dieci artisti italiani ai quali - grazie al sostegno dello sponsor - è stato chiesto di presentare altrettante proposte.

Nel quadro delle iniziative che ho brevemente sintetizzato, si inserisce anche la pubblicazione del volume che oggi viene presentato, con la partecipazione del professor Maurizio Fioravanti, del dottor Stefano Folli, del professor Giovanni Pitruzzella, che ringrazio per aver accolto l'invito a partecipare a questo incontro.

La Camera dei deputati, con questa pubblicazione, ha inteso ricollegarsi idealmente alle iniziative promosse nel 1911, in occasione del Cinquantenario, e nel 1961, in occasione del Centenario, per ricordare tappe e momenti fondamentali della vita nazionale.

Nel 1911, infatti, fu curata la pubblicazione degli atti delle Assemblee del Risorgimento; cinquant'anni dopo venivano, invece, pubblicate le fonti parlamentari più significative del triennio 1859-1861.

Nella presente ricorrenza sono stati raccolti i discorsi di insediamento dei Presidenti della Camera dei deputati, dal 1861 ad oggi, nonché i relativi profili biografici. Nel volume sono anche racchiusi, in un'appendice, i discorsi d'insediamento dei Presidenti della Camera del Regno di Sardegna, a partire dal 1848.

Ciascun discorso è inquadrato nel momento storico in cui è stato pronunciato e corredato da elementi informativi che danno conto delle modalità di formazione della rappresentanza elettiva e del quadro politico generale.

In questa occasione, non diversamente dal 1911 e dal 1961, l'Istituzione parlamentare ha trovato nella solenne ricorrenza l'occasione per offrire un contribuito alla riflessione storica e alla cultura giuridica del Paese. L'opera intende fornire una chiave di lettura dei centocinquant'anni di storia dell'Italia unita, muovendo dall'assunto che, nei discorsi di insediamento dei Presidenti della Camera dei deputati, si riflette il ruolo del Parlamento nel concreto divenire del sistema istituzionale e nel più ampio contesto dell'evoluzione storica del Paese.

Negli stessi discorsi possono essere letti in controluce i grandi temi politici, economici e sociali, così come le sfide che hanno reso "grande" la storia d'Italia.

Se ne trova testimonianza già nel discorso d'insediamento della prima legislatura unitaria, pronunciato da Urbano Rattazzi l'11 marzo 1861: nell'Italia "già una negli animi, negli intendimenti e nei voleri", la varietà delle tradizioni, dei costumi e delle condizioni economiche dovrà trovare «nella sapienza e nella larghezza dei provvedimenti legislativi quell'equo componimento che l'indole speciale della Penisola comporta».

I contenuti e gli accenti dei discorsi appaiono dunque, allo stesso tempo, espressivi delle contingenze storiche e dei valori stabili della funzione presidenziale.

Accanto ai principi propri della funzione presidenziale, i discorsi riflettono lo spirito del tempo ed esprimono le istanze più vive del dibattito politico, senza sottacere le grandi questioni che dominano la vita del Paese.

E così, negli anni di preparazione dell'Unità d'Italia, i concetti che ricorrono con maggiore frequenza sono quelli di "concordia" ed "unione" e, insieme ad essi, quello di fiducia nei principi del costituzionalismo: uno sviluppo che, nel discorso del 13 maggio 1852, il Presidente Urbano Rattazzi lega al "patriottismo operoso" dei deputati.

Con l'avvicinarsi del momento decisivo dell'unità d'Italia, si coglie poi una crescente speranza nell'avvenire del Paese, evidente nel discorso pronunciato il 12 aprile 1860 dal Presidente Lanza, che, all'indomani della seconda guerra di indipendenza, rivendicò alle popolazioni italiane di aver dato «all'Europa attonita sì splendide prove di fortezza d'animo e di longanimità nella sventura; di moderazione e calma nel successo; di perseveranza e di senno politico nel proseguire il legittimo scopo de' loro voti».

E ancora, all'indomani dell'Unità, i discorsi di insediamento non tacciono i grandi problemi aperti ed esprimono le grandi aspettative del Paese.

Il 29 maggio 1863 il Presidente Giovanni Battista Cassinis afferma che "il lavoro legislativo del Parlamento italiano fu glorioso e fecondo come glorioso e fecondo fu il sangue sparso dal 1848 al 1860, e l'Italia seppe superare nelle aule legislative i suoi nemici, come seppe vincerli nei campi delle battaglie", mentre il 9 dicembre 1867, il Presidente Giovanni Lanza, di fronte all'emergere dei grandi problemi dell'Italia postunitaria invita «a rivolgere anzitutto le nostre cure al riordinamento interno, al restauro della finanza, a costituire un Governo rispettato e forte, che sappia e voglia mantenere fermo ed inviolato l'impero della legge sopra tutti».

Con l'emergere, tra l'Otto e il Novecento, delle grandi questioni sociali, i discorsi di insediamento dei Presidenti si fanno portatori di nuove tematiche, legate alla necessità di un'effettiva integrazione delle classi popolari e dei ceti meno abbienti.

Il 7 aprile 1897 il Presidente Giuseppe Zanardelli sottolinea «l'opera di riparazione attesa dai miseri, la quale deve compiere nella Legislazione un grande dovere di giustizia e di solidarietà».

E, all'indomani della Prima guerra mondiale, nel pieno di un conflitto politico che porterà alla crisi delle istituzioni liberali ed all'avvento del Fascismo, sarà il Presidente Enrico De Nicola a lanciare, il 14 giugno del 1921, un alto monito: «Separiamoci pure sulle singole questioni e per la soluzione dei vari problemi sociali, perché la politica senza lotte di programmi e senza contrasti di idee diventa sterile giuoco parlamentare e mortifica il valore delle stesse istituzioni rappresentative, ma stringiamoci in un sentimento comune e in una sola volontà per assicurare al popolo italiano una esistenza prospera e vigorosa».

L'auspicio di De Nicola, come sappiamo, non si realizzò. Ma, dopo un ventennio di compressione delle libertà e della funzione parlamentare e in un'Italia provata dalla guerra, i Presidenti della Camera torneranno ad esprimere, nei loro discorsi di insediamento, il senso del rapporto tra i cittadini e le forme democratiche della rappresentanza.

Non a caso, nel suo discorso alla Costituente del 26 giugno 1946, Giuseppe Saragat tornò a collegarsi idealmente alla «generazione che aveva contribuito a creare la storia dello Stato d'Italia dal principio del secolo sino al 1922» - che vedeva impersonata da Vittorio Emanuele Orlando - e richiamò i temi di un armonico sviluppo politico democratico, strettamente collegato ad un necessario sviluppo sociale ed economico. Di qui l'affermazione che «nella Repubblica democratica la libertà politica e la giustizia sociale trovano il terreno su cui possono integrarsi in una sintesi armoniosa».

A Saragat farà eco, l'8 febbraio 1947, l'altro Presidente della Costituente, Umberto Terracini, che, nel suo discorso, espresse una fiduciosa speranza nell'avvenire del Paese e nel suo sviluppo.

Il tema dello sviluppo economico e civile tornerà poi, e non casualmente, nei discorsi di insediamento del primo periodo repubblicano, caratterizzato da un'opera di modernizzazione del Paese a tratti tumultuosa e non priva di costi sociali e di forti contraddizioni.

Nel discorso di insediamento di Giovanni Gronchi dell'8 maggio 1948, si ritrova, ad esempio, un richiamo esplicito «all'esigenza che tutti sentiamo di riforme sociali, riforme profonde di struttura e non di dettaglio».

Analogamente, il 5 giugno 1968, Sandro Pertini così esortava i colleghi deputati: «Guardano a noi i lavoratori del braccio e della mente. I loro problemi dobbiamo fare nostri, e cercarne la soluzione più giusta».

Ma la tematica dello sviluppo economico e civile del Paese, che percorre come un filo rosso i discorsi di insediamento del periodo repubblicano, non è l'unico elemento valorizzato nei discorsi di insediamento di questa più recente fase storica.

Dagli anni Settanta sono anche altre le tematiche oggetto di attenzione: prime fra tutte, quella della difesa delle istituzioni dalle minacce del terrorismo e della criminalità e, sempre più, quella dell'adeguamento delle funzioni del Parlamento ad una società sempre più complessa e, per certi aspetti, frammentata.

Il 20 giugno 1979 Nilde Iotti, prima donna Presidente della Camera, insiste sulla necessità che le istituzioni «restino aperte al nostro popolo, alla grande forza di democrazia e di unità che lo anima».

Qualche anno dopo, il 2 luglio 1987, la stessa Presidente Iotti evocherà con chiarezza il tema di un nuovo rapporto tra cittadini e politica. Un tema che ha avuto ampio rilievo nel discorso di insediamento di Giorgio Napolitano che, non è certo un caso, si apre con una ampia considerazione sul ruolo del Parlamento nel processo di integrazione europea ed insiste molto sulla necessità di «modifiche di carattere strutturale e di ordine istituzionale».

Anche in anni più recenti il tema, per dirlo schematicamente, delle "riforme istituzionali" è stato costantemente presente nei discorsi di insediamento non perché non ci siano state importanti realizzazioni, ad esempio con la riforma dei regolamenti parlamentari, ma perché il Parlamento è ormai chiamato a riflettere costantemente, e non in modo episodico, sui modi e sulle forme in cui realizzare al meglio la sua funzione rappresentativa.

Una funzione che comporta sempre più un costante riferimento ad una dimensione europea, specialmente sottolineata da Pier Ferdinando Casini nel suo discorso di insediamento, ma anche un confronto politico-culturale con le grandi tendenze di fondo della società italiana.

Non a caso, dunque, nel 1996 il Presidente Luciano Violante ha dedicato ai temi della storia nazionale, ed in particolare del Risorgimento e della Resistenza, una complessa riflessione, finalizzata a creare le condizioni per la costruzione di una pacificazione nazionale e di una memoria condivisa, che conserva ancora oggi tutta la sua attualità.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma già da queste esemplificazioni emerge con evidenza che i discorsi di insediamento rappresentano una sintesi che va oltre la personalità di chi li pronuncia e che, pro tempore, esercita le funzioni che gli sono conferite dall'ordinamento.

Sin dagli ormai lontani esordi dell'esperienza parlamentare italiana, questi discorsi assumono un valore simbolico-istituzionale e caratterizzano il momento in cui, dopo il "rinnovo" che consegue alle elezioni, l'Istituzione parlamentare parla per la prima volta - attraverso il suo Presidente - all'Italia intera, a tutte le sue componenti politiche, sociali e culturali.

Da tali interventi si evincono anche i principali tratti dello stile con cui ciascun Presidente si propone di interpretare le proprie funzioni, in coerenza con il principio di imparzialità che già dall'ordinamento statutario qualifica il ruolo del Presidente di Assemblea parlamentare.

Questo principio, inteso come paradigma delle modalità di esercizio delle funzioni del Presidente, trova costante evidenza in tutti i discorsi d'insediamento.

Già dal 14 febbraio 1849, in apertura della II legislatura del Regno, il Presidente Lorenzo Pareto - eletto con una strettissima maggioranza (57 voti su 110 votanti) - affermava: «incoraggiato dai vostri suffragi, non vorrò certo dipartirmi da quelle norme di condotta che ottennero la vostra approvazione, e che poi altro non erano che una scrupolosa osservanza del regolamento, un'imparziale valutazione dei diritti d'ognuno, un vivo desiderio del trionfo della verità».

La tensione all'imparzialità si rafforza anche dopo il 1861 fino a trovare nella "cancellazione dalla chiama" il momento di sanzione formale. Tale decisione si deve a Francesco Crispi che, a partire dal 1877, e per la durata del suo mandato, non prese più parte alle votazioni. A quel modello si adegueranno successivamente tutti i Presidenti.

Da allora fino al nostro tempo, l'imparzialità dei Presidenti ha mantenuto integro e costante il suo valore di garanzia, fino a configurarsi implicitamente come elemento costitutivo ed imprescindibile del suo ordinamento democratico e pluralista.

Un ordinamento che ha bisogno che le istituzioni legittimate dal voto popolare possano realizzare il proprio indirizzo politico e che, al contempo, le istituzioni di garanzia agiscano a presidio del rispetto dei limiti, delle competenze e dei princìpi costituzionali.

Tra queste istituzioni spiccano, certamente, le figure del Presidente della Repubblica e della Corte costituzionale, ma ad esse si aggiungono, sia pure nello svolgimento di funzioni assai più limitate e diverse, i Presidenti delle Assemblee parlamentari.

Con riguardo a quest'ultimi, la dottrina costituzionalistica ha da sempre posto l'accento sul significato istituzionale dell'imparzialità nella guida dell'Assemblea come elemento di raccordo e di continuità fra il tessuto costituzionale, normativo e regolamentare, sottolineando, però, che l'estraneità dei Presidenti di Assemblea rispetto al confronto tra le parti politiche non si traduce automaticamente anche nella loro completa asetticità rispetto alle dinamiche del sistema politico-istituzionale al cui interno agiscono gli stessi organi costituzionali.

Ad ogni fase di sviluppo del nostro sistema politico hanno, infatti, fatto seguito, nel rispetto dei princìpi costituzionali, nuovi equilibri legati all'evoluzione "materiale" della forma di governo, come testimonia, da ultimo, il passaggio da un parlamentarismo a base proporzionalistica ad un parlamentarismo basato su leggi ad impianto maggioritario.

In questo quadro, i discorsi d'insediamento dei Presidenti della Camera, nell'originale cifra del lessico istituzionale, restituiscono il crescente grado di complessità politica e sociale del Paese, oltre che le sue speranze ed aspettative.

Ogni momento di svolta politica ed istituzionale ha trovato puntuale eco in questi discorsi che hanno altresì tracciato indicazioni e prospettive, ponendosi in un'ottica istituzionale rivolta agli interessi complessivi del Paese, nella valorizzazione della funzione di rappresentanza generale propria del mandato parlamentare.

Qui risiede, in sintesi, il loro valore politico, storico ed istituzionale; ed è per questa ragione che possiamo oggi proporre la raccolta dei discorsi di insediamento come prezioso strumento di conoscenza della più alta tradizione ed esperienza politica e parlamentare dell'Italia unita.