Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

11/10/2011

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione del volume "Gaetano Martino 1900 - 1967" di Marcello Saija e Angela Villani

Autorità, signore, signori!

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la presentazione dell'importante libro di Marcello Saija e Angela Villani dedicato alla figura di Gaetano Martino.

Rivolgo un cordiale benvenuto al Presidente Napolitano che ci onora con la sua presenza.

Saluto i figli dello statista, l'On. Antonio Martino e la signora Carla Martino, unitamente al Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Silvio Berlusconi, Ministro degli Affari Esteri, On. Franco Frattini, agli autori del volume, agli illustri relatori: l'Ambasciatore Luigi Vittorio Ferraris, Presidente del Centro Italiano di Studi per la Conciliazione Internazionale, lo storico Francesco Perfetti, il giudice della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri.

Era tempo, come ha giustamente osservato il Presidente Napolitano nell'egregia prefazione al volume, che si ponesse mano a una biografia di Gaetano Martino, un protagonista della storia della Repubblica che ha lasciato, come rileva il Capo dello Stato, "un'impronta duratura nella politica estera".

L'opera di Martino come capo della diplomazia italiana, tra il 1954 e il 1957, ha permesso al nostro Paese di riconquistare quella considerazione internazionale perduta nella tragedia della guerra. In quei cruciali anni '50, l'Italia riuscì non solo a consolidare la propria posizione nell'ambito dell'Alleanza Atlantica e delle democrazie dell'Occidente, ma anche e soprattutto a fornire un apporto decisivo al processo di costruzione dell'Europa.

E' un'esperienza di considerevole valore storico e, per molti aspetti, di stringente attualità, viste le odierne responsabilità dell'Italia nell'azione internazionale per la salvaguardia della pace nelle aree di crisi del mondo; e visto il non meno impegnativo compito di rilanciare l'ideale europeo in questo momento di crisi economico finanziaria e di sfiducia, in una parte della pubblica opinione, nel futuro dell'integrazione continentale.

Viene spontaneo cogliere un'analogia tra la situazione odierna e quella del 1954, anno dell'assunzione di Martino della carica di ministro degli Esteri, considerando che anche in quel momento l'Europa stava conoscendo una crisi di fiducia. Il fallimento della CED , decretato dal voto sfavorevole del Parlamento francese, aveva infatti creato un clima di scetticismo sulla via dell'unione politica.

"Sembrava che l'Europa -osservò Salvatore Valitutti in uno scritto dedicato alla figura di Martino - dovesse essere fatalmente ricondotta a quello stesso stato di confusione, di smarrimento, d'angoscia nella quale versava all'indomani della fine della guerra"

L'esordio per il neo-ministro si presentava quindi decisamente arduo. Proprio nel mese in cui Martino assumeva l'incarico era infatti in programma una delicata riunione a Londra con l'obiettivo di cercare nuove strade per l'integrazione politica.

Ebbene, l'esordio del nuovo ministro si rivelò "luminoso", come giustamente lo definiscono gli autori del libro. Martino diede il suo apporto fondamentale per evitare un altro fallimento dalle conseguenze forse irreparabili e risultò tra i principali promotori della nascita dell'Unione Europea Occidentale, primo passo per l' integrazione, prima economica e poi politica, dell'Europa. Il ministro italiano rivelò una determinazione nel perseguire l'ideale continentale e una qualità di negoziatore che risultarono determinanti nel rimettere in moto il processo europeo.

Tra il rimanere fermi, rimpiangendo l'occasione perduta della CED, e l'andare avanti, cercando coraggiosamente nuovi strumenti per rimettere l'Europa in cammino, Martino affermò con successo la seconda opzione, restituendo concretezza all'ideale europeo con la Conferenza di Messina del giugno 1955.

La riuscita di quell'iniziativa - dalla quale iniziò il processo che avrebbe portato nel 1957 alla firma dei Trattati di Roma - permise di raggiungere una tappa importante nel cammino europeo, rappresentando inoltre un prestigioso risultato per l'Italia oltre che un grande successo personale di Gaetano Martino.

"Il contributo della delegazione italiana -leggiamo nel volume- emerge dall'analisi del testo finale, dove sono accolti molti punti del memorandum italiano" . Si tratta di temi che vanno dal principio della libera circolazione della manodopera, alla creazione di un fondo d'investimento per le aree depresse, all'armonizzazione delle politiche finanziarie, economico monetarie e sociali.

La via è economica, ma il fine è politico, secondo l'insegnamento di Einaudi e De Gasperi, cui Martino si ispirò profondamente.

Un obiettivo politico congiunto a un vasto orizzonte ideale. "Perché i popoli possano compiere vittoriosamente lo sforzo di unirsi in un quadro ampio come quello dell'Europa - affermò il ministro degli Esteri italiano poche settimane prima della Conferenza di Messina - occorrono che siano ispirati e sospinti dalla coscienza dei valori costitutivi della loro comune civiltà".

Coerentemente con questa impostazione, il Trattato istitutivo del Mercato Comune conteneva le premesse dell'unità politica europea, in particolare nelle disposizioni relative alla istituzione di un Parlamento europeo eletto con suffragio universale diretto, idea in cui Martino credeva fermamente.

Tale disegnò si concretizzò, come è noto, solo molti anni dopo, con le prime elezioni europee svoltesi nel 1979, ma un primo Parlamento europeo, con membri designati dai vari governi, prese vita già a seguito dei Trattati di Roma.

"Per l'integrazione politica -affermò Martino- è necessaria la partecipazione attiva della coscienza popolare. Se la coscienza popolare non parteciperà al processo, senza dubbio difficile ed arduo, della unificazione politica, l'obiettivo finale non sarà mai raggiunto."

Partecipazione attiva e coscienza comune: sono princìpi quanto mai validi anche oggi. Le difficoltà finanziarie in cui si dibattono attualmente gli Stati dell'UE segnalano in modo stringente la necessità di una sempre più forte integrazione europea, non solo sul piano politico e istituzionale ma anche su quello del sentimento popolare. A dispetto di certo euroscetticismo, deve affermarsi la consapevolezza che il rinchiuderesi nelle paure e negli egoismi nazionalistici è causa di regressione, non certo di progresso. Ed è compito delle classi dirigenti promuovere convintamente un'idea alta dell'Europa superando ogni minimalismo e ogni miope e gretto particolarismo.

L'impegno europeista di Martino non è il solo aspetto della sua feconda opera al servizio del Paese. E il pregevole volume di Sajia e Villani offre un quadro ampio e riccamente documentato dell'opera svolta dall'uomo politico liberale.

Negli anni in cui Martino fu Ministro degli Esteri, il nostro Paese conseguì storici risultati come l'ammissione all'Onu, avvenuta nel dicembre del 1955.

Un altro momento bello e struggente, che la nostra memoria deve sempre conservare con particolare intensità, fu il ritorno di Trieste alla Madrepatria dopo una lunga e dolorosa separazione. Anche quella pagina appartiene all'esordio "luminoso" di Martino come Ministro degli Esteri, avendo egli accelerato, nell'ottobre del 1954 a Londra, la conclusione dei negoziati per il ricongiungimento della città giuliana all'Italia.

Di notevole rilievo sono anche il contributo di Martino alla causa atlantica e la sua idea della Nato, vista non solo come alleanza militare ma anche come ambito sovranazionale di collaborazione politica.

In conclusione: quella di Martino fu una personalità straordinariamente ricca, che seppe esprimere al meglio le sue qualità, oltre che nell'attività istituzionale e nell'impegno politico nel Partito Liberale Italiano, anche in campo scientifico e universitario. Prima dell'impegno parlamentare e governativo, era stato Rettore dell'Università di Messina, per poi, nell'anno precedente la sua scomparsa, essere eletto Rettore della Sapienza di Roma.

Sintetizza bene la ricchezza di qualità di Martino, Marcello Sajia laddove osserva che fu un uomo a cui riuscì di "essere compiutamente scienziato , politico di rango e statista".

Voglio citare infine un passo di un discorso tenuto dall'uomo politico liberale al Parlamento europeo, di cui fu Presidente dal 1962 al 1964. "Il vecchio tempo -disse in quell'occasione Martino- ci attrae con la forza delle tradizioni, con l'abitudine dei pregiudizi, con l'allettamento dei facili compromessi; il nuovo tempo richiede coraggio, sacrificio e fatica, di cui non noi, ma i nostri figli o nipoti, potranno per primi godere i frutti".

Parole che oggi, 50 anni dopo, possiamo davvero definire profetiche.