Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

23/11/2011

Montecitorio, Sala della Lupa - Cerimonia celebrativa di Antonio Cassese

Autorità, Signore e Signori!

Se oggi infatti i diritti umani sono intesi come il "bonum commune humanitatis" - il bene comune dell'umanità - in quanto nucleo di valori fondamentali cui tutti gli uomini attribuiscono un altissimo ed imprescindibile significato, lo si deve in parte assai significativa ad Antonio Cassese, alla sua elaborazione culturale ed al suo coraggio civile.

Allievo del Collegio medico-giuridico della Scuola Normale di Pisa negli anni cinquanta, frequentando l'ambiente in cui ancora riecheggiava l'utopia pacifista di Aldo Capitini, era stato profondamente colpito dall'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 ed aveva aderito ad un circolo intitolato al grande poeta romantico magiaro, Sandor Petöfi, per rivendicare la libertà inpisibile dei popoli europei.

Ma l'influenza intellettuale che più subì fu senz'altro quella della tradizione familiare irpina, mediata dalla cultura storica e meridionalistica del padre Leopoldo: un lascito etico-politico conpiso con il fratello Sabino, maggiore di due anni, che fu sempre il suo primo lettore, come egli candidamente confidava ad amici e colleghi.

penne così presto il più autorevole consulente e rappresentante del Governo presso le Nazioni Unite in materia di diritti umani e fu presidente del Comitato del Consiglio d'Europa per la prevenzione della tortura.

In mezzo, vi è la battaglia vinta per l'istituzione della Corte penale internazionale, nata a Roma nel 1998, di cui Antonio Cassese fu protagonista, soprattutto nel convincere gli Stati nazionali a cedere l'iniziativa penale ad un procuratore indipendente ed imparziale.

Antonio Cassese non ha mai dimenticato l'insegnamento kantiano, secondo cui la violazione del diritto compiuta in un paese sarebbe stata sentita e percepita come tale in tutte le altre parti del mondo.

L'esempio eroico dei dissidenti - da Sacharov a Mandela - l'impegno dei volontari delle organizzazioni non governative, ma talora anche la determinazione di alcuni uomini e donne delle istituzioni internazionali, hanno sorretto Cassese nel confrontarsi con gli orrori della guerra, della tortura, del genocidio, del terrorismo, per trovare una risposta, quella dell'umanità, della giustizia e della speranza.

"Guai ad affidare ai giudici una funzione politica - sono le sue parole tratte dalla recente conversazione con Giorgio Acquaviva - dal momento che essi devono cimentarsi solo con accuse relative a fattispecie criminali".

Non è forse un caso che, nell'orizzonte dei suoi studi giuridici internazionalistici egli abbia curato una ricerca di diritto comparato sul controllo della politica estera nelle democrazie occidentali, che si concludeva con un appello affinché i Parlamenti avessero una voce più forte in tale ambito per dare all'azione dei Governi una più ampia base di consenso.

Proprio nel corso di un'audizione parlamentare - quella del primo luglio 1997 - nel corso delle fasi decisive della negoziazione dello statuto della Corte penale internazionale - Cassese volle ancora una volta richiamare la ragione di fondo che, a suo avviso, motivava l'istituzione del nuovo organismo: il dovere della memoria, non tanto come deterrenza, ma come retribuzione e stigmatizzazione del crimine contro l'umanità.

Quel qualcuno è oggi il Tribunale dell'Aja.

Rafforzare la Corte penale internazionale ed ampliarne la base di partecipazione, dal momento che non ne fanno ancora parte Paesi importanti che rappresentano metà della popolazione mondiale, è, infatti, una delle prospettive di impegno che Cassese ha indicato sino all'ultimo, al pari di un rafforzamento dei meccanismi di monitoraggio e di intervento soprattutto a livello regionale.

Schivo da ogni retorica, perché consapevole che la disumanità si ripete nel tempo e nello spazio, Cassese ha riconosciuto, però, l'avvenuta formazione di una società civile internazionale fondata su un ethos comune - una nuova "precettistica umanitaria e laica", non disgiunta dal contributo spirituale delle grandi religioni - che ormai è capace di continuare ad indignarsi per le violazioni dei diritti umani a qualsiasi latitudine.

Ma, nel compiere questa scalata, che si sostanzia nella costante ricerca, da parte dell'umanità, a migliorare sempre se stessa, sappiamo di avere un saldo ancoraggio nell'opera e nell'esempio di Antonio Cassese.