Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

15/12/2011

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno Nazionale della Confederazione Italiana Agricoltori sul tema "L'agricoltura nei 150 anni dell'Unità d'Italia"

Autorità, Colleghi, Signore e Signori,

la Camera dei deputati ospita oggi il convegno della Confederazione italiana agricoltori che intende ripercorrere le tappe dell'evoluzione della nostra agricoltura nei 150 anni dell'Italia unita.

Al momento dell'unificazione, l'agricoltura occupava circa il 70 per cento della popolazione attiva. E ancora nel 1951, oltre il 40 per cento dei lavoratori era impegnato nel settore.

E' naturale, quindi, che ripercorrere la storia dei 150 anni dell'Unità d'Italia e le grandi trasformazioni sociali avvenute, significa guardare con particolare attenzione ai cambiamenti che hanno avuto luogo nel nostro mondo agricolo, la cui centralità nello sviluppo economico italiano è stata fondamentale.

E' anche per questo che il carattere del nostro popolo conserva una diffusa ricchezza morale che continua a trarre ispirazione dai valori del mondo agricolo, che contribuiscono a dare forza alla società postindustriale.

L'abitudine al duro lavoro nei campi, alla preparazione della terra per la semina in attesa della raccolta, la capacità di affrontare anche situazioni avverse, connotano ancora oggi l'identità profonda del nostro Popolo e sono state alla base della grande fase storica che chiamiamo "miracolo economico".

Dall'Unità d'Italia in poi, la modernizzazione del settore agricolo ha talvolta anticipato e talvolta seguito le fasi di sviluppo della nostra economia, trasformando anche le stagioni più difficili, che non sono mancate in questo secolo e mezzo, in occasioni di crescita non soltanto qualitativa, ma anche quantitativa. E' anche per i risultati conseguiti dal duro lavoro dei nostri operatori agricoli, che oggi i prodotti agricoli italiani rappresentano un punto di riferimento in tutto il mondo.

Agli albori del nuovo Stato, nelle campagne italiane erano quasi del tutto assenti, tranne che in ristrette aree del Paese, le più moderne tecniche agricole già adottate, invece, in Inghilterra, Francia e Germania, e solo poco più della metà dei terreni erano messi a coltura. Grandi superfici erano riservate alla pastorizia, mentre ampie zone del territorio erano paludose, malariche e non sfruttabili economicamente.

Oggi, possiamo, invece, vantare importanti risultati. Il valore aggiunto agricolo italiano, la ricchezza netta prodotta per unità di superficie agricola e il numero di occupati per ettaro di terreno sono tra i più alti d'Europa.

L'Italia è anche in prima linea nel settore della produzione biologica di prodotti tipici, dove operano circa cinquantamila aziende, in quello del turismo enogastronomico e nell'attività di agriturismo, dove sono attive circa ventimila aziende.

Il Made in Italy agroalimentare è un marchio che si distingue anche per il primato della sicurezza alimentare, mentre l'Unesco ha riconosciuto la dieta mediterranea come modello nutrizionale per una sana alimentazione.

Non è un caso che il nostro Paese sia quello che in Europa detiene il numero più alto di produzioni oggetto di tutela; i rigorosi disciplinari che regolano tutta la filiera per la realizzazione di alcuni prodotti tipici italiani costituiscono la testimonianza concreta di una passione caparbiamente curata e sviluppata da generazioni, attraverso il continuo affinamento delle tecniche.

Sono successi legati all'innovazione delle tecniche agricole unita alla conservazione e alla promozione delle tradizioni e delle tipicità del territorio.

Se l'agricoltura italiana ha dimostrato una eccezionale vitalità, è purtroppo invece mancata nel nostro Paese una coerente politica industriale, così come una politica commerciale in grado di valorizzarne a pieno le tipicità, garantendo loro lo spazio meritato nella distribuzione sia in Italia sia all'estero.

È pertanto necessario che, anche avvalendosi dei suggerimenti e delle proposte innovative che potranno venire dalle organizzazioni rappresentative del comparto, le Istituzioni e le Amministrazioni pubbliche sappiano dimostrare una maggiore attenzione per l'importanza strategica che una coerente politica di sostegno alle produzioni di eccellenza e alla promozione nei mercati esteri può svolgere, ai fini dell'ulteriore sviluppo dell'agricoltura italiana, ovviamente nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

Né si può trascurare il contributo che l'agricoltura garantisce per preservare il territorio e per evitare lo spopolamento delle aree marginali del Paese, a fronte di un'urbanizzazione che in talune fasi si è realizzata in forme incontrollate ed estremamente negative per l'ambiente.

In un Paese giustamente definito "agricolo di nascita", questo è il risultato di 150 anni di attenzione e di impegno profuso da questo comparto, oggi messo a dura prova, in un difficile quadro economico generale, dall'evoluzione dei mercati e dalla competizione delle grandi imprese internazionali, fenomeni avvertiti da tutta l'agricoltura europea.

In proposito, è fondamentale l'impegno che l'Italia sta profondendo nel negoziato per una riforma della Politica Agricola Comunitaria, cui sono legate le prospettive di crescita dell'agricoltura, nella consapevolezza del carattere sempre più strategico assunto dall'agroalimentare.

La proposta in materia, infatti, così come formulata dalla Commissione Europea, presenta punti controversi sul piano degli aiuti diretti, sulla nuova disciplina volta al raggiungimento degli obiettivi ambientali, sulle misure di mercato e dello sviluppo rurale, ma soprattutto sulla ripartizione delle risorse tra gli Stati membri e tra gli agricoltori.

Sono, infatti, oggetto di dibattito i criteri sottostanti al metodo di computo degli aiuti, la cui erogazione è prevista in base alla superficie agraria. In questo modo, sarebbero favorite le aziende di grandi dimensioni, non considerando gli sforzi e i risultati di chi fa impresa.

Appare opportuno evitare incomprensibili passi indietro, privilegiando politiche di sostegno che non aiutino gli sforzi volti a favorire lo sviluppo di una agricoltura competitiva e attenta alla qualità, capace di valorizzare al meglio le risorse disponibili. Occorre, invece, supportare gli imprenditori agricoli che assicurano reddito e lavoro tramite forme intelligenti e sostenibili di agricoltura intensiva.

È bene considerare che la superficie coltivabile del nostro Paese è pari al 7 per cento del totale europeo, mentre il valore di produzione delle imprese agricole rappresenta il 13 per cento di quello complessivo dell'Unione. Occorre ricordare, inoltre, che l'Italia contribuisce al bilancio della UE in misura pari al 14 per cento delle entrate.

Il nostro Paese, quindi, lungi dal dover essere penalizzato, deve ottenere maggiori risorse. La riforma della Politica Agricola Comunitaria deve contribuire al ripristino di questo equilibrio.

Le Istituzioni devono, inoltre, individuare strumenti adeguati per contribuire alla modernizzazione delle imprese agricole e alla loro crescita dimensionale, unitamente all'avvio di una fase di virtuoso ricambio tra generazioni che consenta di rafforzare sensibilmente l'impegno lavorativo dei giovani in agricoltura.

Gli agricoltori "under 40" in Italia sfiorano appena il 3 per cento del totale. Esistono, tuttavia, segnali d'interesse da parte dei giovani a occuparsi della coltivazione della terra e delle attività dell'intera filiera, rilevabile anche dal significativo incremento di iscrizioni nelle Facoltà di Agraria.

In questa direzione, l'articolo 7 della Legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di Stabilità 2012) ha introdotto norme per prevedere il diritto di prelazione per i giovani imprenditori in agricoltura nell'alienazione dei terreni agricoli di proprietà statale e pubblica.

Un altro elemento importante da tener presente in una logica di sviluppo della cultura delle pari opportunità, è il ruolo svolto dalle donne nel settore.

Un terzo delle aziende agricole italiane, poco meno di duecentonovantamila, situate in particolar modo nel Mezzogiorno, è, infatti, a conduzione femminile, con una presenza in continuo aumento. Un ruolo, quello delle donne in agricoltura, inferiore soltanto a quello che si registra nel settore del commercio.

Giovani e donne sono portatori di modernizzazione e innovazione, favorendo la competitività e l'internazionalizzazione, per cui è fondamentale un incoraggiamento che garantisca all'agricoltura tale importante apporto.

La riforma della Politica Agricola Comunitaria rappresenta un'utile occasione per procedere anche ad alcuni aggiornamenti degli interventi di sostegno previsti dall'ordinamento nazionale. Occorre, in particolare, avere il coraggio di selezionare le imprese meritevoli, tenendo conto anche della correttezza dei comportamenti; non possiamo permetterci il lusso di sostenere soggetti che in passato hanno violato le regole, costringendo il Paese intero ad assumersi la responsabilità di onerose procedure di infrazione, ai danni di imprenditori seri e onesti.

Alla Confederazione Italiana Agricoltori, va il mio plauso per l'opera che svolge a livello nazionale e internazionale per il progresso dell'agricoltura e la difesa dei redditi e del lavoro degli agricoltori. Ne è prova l'organizzazione di questo Convegno che, oltre a sottolineare il ruolo svolto dall'agricoltura nell'unificazione del Paese, consentirà l'emergere di utili proposte per affrontare i cambiamenti e le trasformazioni che attendono l'agricoltura italiana, consolidando la consapevolezza del ruolo fondamentale della filiera agroalimentare nello sviluppo di una economia sana, competitiva e sostenibile.

Concludendo, se è pur vero che "l'agricoltura è l'arte di saper aspettare", come diceva Riccardo Bacchelli, è anche vero che di fronte alle sfide di oggi, gli agricoltori italiani devono poter contare, in ogni occasione, su Istituzioni vicine e sensibili, capaci di dare risposte rapide e certe.