Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

23/01/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Cerimonia commemorativa di Oronzo Reale

Autorità, colleghi, signore, signori!

La Camera dei deputati rende oggi un doveroso omaggio a un illustre protagonista della storia della Repubblica: Oronzo Reale, che per anni ha onorato le Istituzioni e la vita politica del Paese con la sua innovativa cultura politica e giuridica e con la sua forte idealità democratica e repubblicana.

Saluto e ringrazio gli illustri relatori: il professor Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, l'On. Valerio Zanone, già Segretario del Partito Liberale Italiano, la dottoressa Livia Pomodoro, Presidente del Tribunale di Milano, la professoressa Maria Grazia Melchionni, direttrice della Rivista di Studi Politici Internazionali e autrice di un libro su Oronzo Reale, il dottor Stefano Folli, editorialista del "Sole 24 Ore".

Gli ambiti in cui Reale ha svolto la sua lunga e preziosa azione al servizio del Paese sono molteplici: dal contributo fornito nell'immediato dopoguerra alla rinascita democratica dell'Italia all'autorevole guida del Partito Repubblicano negli anni in cui ne fu il leader politico; dalle importanti riforme dell'ordinamento giuridico promosse come Ministro di Grazia e Giustizia all'illuminata opera di giudice costituzionale prestata nell'ultima stagione della sua vita.

Quello di Oronzo Reale è un insegnamento che rimane attuale e fecondo per la crescita del nostro Paese. In quell'insegnamento c'è una visione moderna del rapporto tra Istituzioni e società; una visione che trae la sua spinta ideale dal repubblicanesimo di Mazzini e Cattaneo e che persegue un ampio disegno riformatore del sistema giuridico, in particolare nel campo del diritto civile, del diritto penale e del diritto processuale.

L'Italia scaturita dalla ricostruzione e dal miracolo economico doveva, nella prospettiva politico culturale di Reale, adeguare la propria legislazione alla condizione di società industriale e valorizzare la dignità della persona, nella sempre più compiuta applicazione dei princìpi sanciti dalla Costituzione.

Uno dei motivi di ritardo del sistema italiano - osservava l'illustre uomo politico già negli Anni Sessanta - era quel mancato "rinnovamento giuridico" che avrebbe dovuto accompagnare l'Italia ad un "elevato grado di sviluppo di società civile ed economica".

Dunque Costituzione e modernizzazione: in questo binomio è la chiave per comprendere le grandi linee del pensiero e dell'azione di Reale negli anni delle sue alte responsabilità di governo.
E vale la pena rileggere un passo della sua relazione, come Guardasigilli, al disegno di legge di riforma del diritto di famiglia presentato alla Camera nel gennaio del 1967. Cito testualmente: "Il precetto posto dall'articolo 29 della Costituzione, che statuisce l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, trova perfetto riscontro nell'inserimento della donna nella vita intellettuale e operativa del Paese e non tollera più quella condizione subordinata che tradizionalmente le era riservata in seno alla famiglia, assicurandole solo una partecipazione indiretta e riflessa alle attività ed agli orientamenti della famiglia stessa". Se si pensa al periodo nel quale queste parole sono state scritte, risulta evidente la sua lungimiranza e attualità.

Questa grande azione di riforma deve essere rivolta, secondo Reale, non solo a soddisfare fondamentali esigenze etico politiche, ma anche ad adeguare la legislazione sulla famiglia alle nuove consuetudini civili imposte dall'evoluzione sociale e culturale. Nel passo successivo, il Guardasigilli osserva infatti che non s'è posta , al legislatore , "una scelta tra posizioni ideologiche" , ma una necessità di "adeguamento dell'ordinamento a condizioni di vita ormai generalmente affermate e indiscutibili".

E' superfluo sottolineare l'attualità di questa esigenza, così limpidamente espressa da Reale. Il problema di avvicinare l'ordinamento giuridico alla vita concreta e quotidiana dei cittadini, promuovendo in modo sempre più compiuto la libertà e la dignità della persona, è oggi avvertito in modo non meno intenso di quanto lo fosse negli anni Sessanta del '900, soprattutto nel cruciale settore dei rapporti etico-sociali.

La riforma del diritto di famiglia fu varata dal Parlamento nel maggio del 1975 dopo una lunga discussione politico parlamentare; e - fatto che considero significativo - Oronzo Reale era, all'epoca, nuovamente Ministro di Grazia e Giustizia, tornato a tale incarico con la nascita del quarto Governo Moro, nel novembre 1974. E' il caso di notare che tra il 1963 e il 1976, cioè tra la IV e la VI legislatura, Reale fu Guardasigilli per quasi 8 anni.
Non c'è dubbio che quell'importante lavoro svolto nel governo del Paese abbia fornito un significativo impulso al rinnovamento dell'ordinamento giuridico italiano.

Oltre alla riforma del diritto di famiglia, un altro grande merito giustamente attribuito all'illustre uomo di Stato è quello di aver dato avvio, già alla metà degli Anni Sessanta, all'iter legislativo che avrebbe condotto all'emanazione del nuovo codice di procedura penale nel 1988. "Resta storicamente legato al suo nome - rilevò Giovanni Conso ricordando Reale all'indomani della scomparsa, avvenuta il 5 agosto 1988 - il buon disegno di legge ministeriale (era il 6 aprile 1965) recante delega al Governo per la riforma del processo penale: un progetto cui si deve il nucleo costante di tutti i disegni successivi, sino a quello divenuto, nel 1987, legge decisiva".

A Reale si deve anche l'introduzione in Italia, nel 1967, del delitto di genocidio, in attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948. E, sempre nel campo del diritto penale, è doveroso ricordare il suo impegno per la soppressione del delitto d'onore, attraverso la presentazione di un disegno di legge già nel febbraio 1968. Anche in questo caso si tratta di un'iniziativa che ha anticipato e favorito l'evoluzione morale e civile della società italiana. Quella istanza di civiltà divenne legge nel 1981, e merita per questo un alto apprezzamento chi lo ha cancellato dal nostro ordinamento.

L'uomo politico che oggi ricordiamo dimostrò inoltre un alto senso dello Stato e una grande dedizione alla causa della democrazia nella legge sull'ordine pubblico che porta il suo nome.

La difesa della legalità era, per Reale, inseparabile dal processo di affermazione della libertà nel nostro Paese. Questa convinzione era forte in lui fin dai primi anni dell'Italia repubblicana. "Il senso dello Stato - osservò in un discorso pubblico tenuto nel 1950 - è il fondamento della democrazia". Di qui la necessità di perseguire sempre "una politica di difesa imparziale e un'applicazione della legge generale e rigorosa".

Nell'ampiezza del disegno riformatore di Oronzo Reale c'era la lucida e lungimirante visione di quanto cruciale fosse, per lo sviluppo di una grande e moderna società democratica, un'amministrazione della giustizia rigorosa ed efficiente.
E' un'esigenza che si ripropone ancora oggi, con forza e urgenza, all'attenzione delle Istituzioni e delle forze politiche.

E qui desidero ricordare la relazione sullo stato della giustizia presentata nei giorni scorsi alle Camere dal Guardasigilli Paola Severino. Nelle comunicazioni al Parlamento del Ministro è evidenziata la necessità di una "svolta positiva e strutturale del sistema giudiziario italiano", le cui criticità pesano negativamente sia sulla qualità della vita civile sia sulla competitività del sistema-Paese.

L'obiettivo condiviso delle forze politiche, in una comune assunzione di responsabilità - e in tal senso va sottolineata l'oggettiva importanza dell'approvazione, a larghissima maggioranza, sia alla Camera sia al Senato, della relazione del ministro Severino - deve essere quello di permettere all'amministrazione della giustizia, con particolare riguardo a quella civile, di non essere più un limite, bensì un elemento di certezza per la crescita economica nazionale.

Accanto alle notevoli doti di uomo di Stato è doveroso ricordare le rilevanti qualità politiche dimostrate da Reale ai vertici del Partito Repubblicano. Anche in tale veste offrì un contributo rilevante all'affermazione e al consolidamento della democrazia nel nostro Paese.
Oronzo Reale partecipò da protagonista alla vita politica italiana portandovi il suo equilibrio e la sua vasta apertura mentale e culturale, tutti pregi che si univano alla sua forte tensione ideale, costantemente ispirata ai princìpi democratici e risorgimentali.

Di questi ideali egli si era nutrito fin dalla prima giovinezza, seguendo l'esempio dei suoi fratelli maggiori, Egidio e Attilio. "La mia militanza politica è cominciata in famiglia" , afferma Reale in uno dei dialoghi pubblicati nel bel libro intervista realizzato da Maria Grazia Melchionni. In questo volume l'uomo politico racconta la propria vita nelle grandi e drammatiche fasi della storia italiana del secolo scorso: dall'impegno giovanile svolto negli Anni Venti al fianco del leader repubblicano Giovanni Conti alle limitazioni della libertà personale subite durante il fascismo, dalla partecipazione alla fondazione del partito d'Azione nel 1942 al suo rientro nel PRI, partito di cui fu eletto segretario nel 1949, carica che mantenne fino al 1963.

Dell'attività politica di Reale sarebbero numerosi i profili da ricordare e approfondire.
Desidero solo sottolineare che il suo repubblicanesimo si incontrò in modo fecondo con le altre grandi culture politiche italiane della seconda metà del secolo scorso, a partire dal cattolicesimo democratico di Aldo Moro. Come annotò Guglielmo Negri nell'introduzione al volume della professoressa Melchionni, Reale stabilì con lo statista democristiano una "comunicazione attiva ed una collaborazione feconda in tutta l'epoca del centrosinistra" negli anni Sessanta e Settanta.

Da questi uomini, da queste culture diverse tra loro, da questa capacità di dialogo, superando ogni steccato ideologico e culturale, è venuta una delle grandi spinte al progresso democratico e civile del Paese in cruciali decenni della nostra storia.
E' l'esempio di una civiltà politica e di una tensione etica che si rivela produttiva di orientamenti e di ispirazioni morali; insegnamento valido anche e soprattutto in un tempo, come quello odierno, in cui la politica è chiamata a prove decisive per rinnovare se stessa, per ristabilire un rapporto di fiducia con i cittadini, per indicare nuovi traguardi di libertà e sviluppo alla società italiana.