Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

24/01/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Convegno su “Rete per la Memoria della Shoah, contro le discriminazioni, per una cittadinanza condivisa”

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la presentazione di un progetto di alto valore pedagogico e civile: quello di dar vita ad una "Rete di docenti universitari per la Memoria della Shoah", progetto volto a realizzare nelle Università e nei licei una didattica sempre più approfondita e diffusa della Shoah.

Saluto e ringrazio gli illustri relatori. il Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Francesco Profumo, il Presidente Luciano Violante, il Direttore del Master internazionale di II livello in didattica della Shoah dell'Università Roma Tre, David Meghnagi, il ricercatore di storia dell'arte moderna presso l'Università della Calabria, Paolo Coen.

Nell'esprimere il mio plauso più sincero e convinto ai promotori di questo importante progetto educativo, desidero sottolineare che l'affermazione del dovere della memoria è parte integrante dell'opera di pedagogia civile svolta dalla Camera dei deputati per la tutela della dignità della persona, contro ogni manifestazione di antisemitismo, razzismo e odio di natura etnica o religiosa.

E' preciso dovere delle Istituzioni tenere desta la coscienza degli uomini, e specie dei giovani, contro la cecità, l'ignoranza, il cinismo che rischiano di aprire la strada a nuovi orrori e nuove atrocità.

Il ricordo dell'abominio perpetrato dal nazismo contro il popolo ebraico e contro tutti coloro- pensiamo ai Rom, agli oppositori politici, agli omosessuali- che furono colpiti dai programmi criminali di Hitler rappresenta un grande presidio morale per difendere la qualità della vita democratica e civile.

Il valore della memoria offre un contributo decisivo al contrasto di ogni nuova o vecchia forma di antisemistismo e di razzismo; e impedisce che qualsiasi ideologia o potere possano abbattersi sugli inermi, sugli innocenti, su interi popoli contro i quali decretare le discriminazioni più odiose per motivi di razza, di religione, di genere, di condizione sociale.

Come disse, con l'autorevolezza morale che gli è propria, Elie Wiesel nel discorso solenne al Parlamento italiano tenuto nell'Aula di Montecitorio in occasione del Giorno della Memoria del 2010, "non dobbiamo consentire che il nostro passato diventi il futuro dei nostri figli".
E' un impegno che le Istituzioni devono svolgere contrastando con decisione ogni tendenza regressiva all'interno della nostra società e promuovendo una sempre più incisiva educazione dei giovani al dovere della memoria e al valore rappresentato dalla tutela dei diritti dell'uomo.

In tale prospettiva, considero di grande significato educativo e civile il fatto che il progetto presentato oggi contenga, come elemento qualificante, la valorizzazione del legame tra memoria della Shoah, cittadinanza condivisa, lotta alle discriminazioni.
E' una relazione che è necessario ribadire di fronte ad aberranti e preoccupanti fenomeni come il negazionismo della Shoah o le nuove forme di antisemitismo, razzismo, xenofobia.

Un abbassamento della tensione morale e ideale nella nostra società e un affievolimento della memoria storica potrebbero aprire pericolosi varchi alla diffusione dei sentimenti collettivi involutivi e oscuri.

Come si legge in una interessante ricerca su antisemitismo e islamofobia realizzata su iniziativa del Comitato "Passatopresente", "il razzismo e il pregiudizio razziale, ritenuti un residuo di sistemi sociali obsoleti e superati, stanno riemergendo nel profondo delle società occidentali con caratteristiche differenti dal passato, ma con una virulenza sorprendente e preoccupante".

In questo importante lavoro, che è stato presentato alla Camera nel maggio scorso - e tra i relatori, desidero ricordarlo, c'era il professor Meghnagi - , si osserva che l'antisemitismo, come forma storica ed elaborata di razzismo, può costituire un modello anche per le forme di razzismo che prendono di mira altri popoli e altri gruppi etnico-religiosi.

La lotta all'ignoranza e alla manipolazione della verità storica, da un lato, e l' educazione al principio della dignità della persona, dall'altro, devono trovare un loro necessario e reciproco completamento.

Il legittimo senso di preoccupazione per il manifestarsi, nella nostra società, di pulsioni regressive non deve però intaccare la fiducia nelle grandi risorse morali della democrazia.

La sfida educativa non deve essere solo rivolta alla salvaguardia dei valori ideali posti alla base della società democratica, ma deve tendere anche al raggiungimento di nuovi e più alti traguardi civili, come quello della cittadinanza condivisa, meritoriamente indicato tra le finalità del Progetto di "Rete di docenti universitari per la Memoria della Shoah".
Educare i giovani alla cultura del pluralismo, del rispetto e della tutela dei diritti umani e civili vuol dire far crescere in loro il sentimento di una cittadinanza nuova, una cittadinanza arricchita dall'apporto culturale e civile dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie.

Ridefinire il concetto di cittadinanza è una delle grandi sfide della democrazia contemporanea, non solo in Italia, ma in tutta Europa.
E' una sfida certo imposta dalle grandi migrazioni e dai processi globali del nostro tempo, ma a ben vedere è anche una sfida connaturata alla stessa democrazia, il cui processo di affermazione e consolidamento tende e deve comunque inevitabilmente tendere all'inclusione e all'allargamento a nuove fasce di popolazione dei diritti sociali e dei diritti politici.

In questo senso, come affermava negli anni Cinquanta del secolo scorso il sociologo Thomas Humphrey Marshall, la cittadinanza è un concetto dinamico, tale da prevedere, per un numero crescente di persone, il raggiungimento di standard più elevati di vita, sia da un punto di vista economico e sociale sia da un punto di vista culturale e civile.

Dall'inclusione sociale e civile, un Paese moderno trae sempre una grande spinta alla propria crescita, perché può avvalersi di nuove risorse in termini culturali, di umanità e di capacità di lavoro.
E' proprio questo uno dei dati più rilevanti che emergono dalla storia italiana ed europea della seconda metà del Novecento, caratterizzata, pur tra tante contraddizioni, da uno sviluppo senza precedenti della qualità della vita democratica, sociale e civile.

Ed è proprio questo uno dei grandi traguardi da raggiungere nella nuova storia che l'Italia -e un'Italia aperta e inclusiva, un'Italia capace di valorizzare la pluralità culturale dei suoi nuovi cittadini- è chiamata a scrivere negli anni a venire.
La grande risorsa su cui costruire il nostro futuro si chiama anche in questo caso fiducia. La fiducia innanzi tutto dei giovani, come lodevolmente proposto dal progetto educativo che presentiamo oggi.

La fiducia e l'apertura contrapposte al pregiudizio e alla prevaricazione: quelle oscure pulsioni distruttive che hanno funestato la storia europea della prima metà del Novecento, raggiungendo il loro apice d'infamia nella incommensurabile tragedia della Shoah.

Il dovere della memoria è il dovere di tutti. E le nuove generazioni, in particolare, devono esserne protagoniste attive e consapevoli, nella prospettiva di realizzare una società sempre più libera, sempre più giusta e sempre più attenta alla valorizzazione delle differenze culturali che la compongono e la arricchiscono. E perchè questo sentimento sia presente nell'azione delle giovani generazioni, ognuno deve fare quel che può, a partire dalle Istituzioni.