Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

20/03/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Convegno “Sandro Pertini: dalla Resistenza al Quirinale”

Autorità, Onorevoli Colleghi, Signore, Signori!

La Camera dei deputati rende oggi un doveroso omaggio a un grande e indimenticabile protagonista della storia della Repubblica: Sandro Pertini, che i princìpi di libertà, giustizia e democrazia posti a fondamento della Costituzione li ha testimoniati e affermati con incrollabile fede ed esemplare coerenza.

Saluto e ringrazio Mario Almerighi, Presidente dell'Associazione "Sandro Pertini Presidente" che ha offerto una preziosa collaborazione all'organizzazione di questa serata.

Saluto, con lui, gli illustri relatori: Emilio Colombo, Sergio Flamigni, Arrigo Levi, Valdo Spini, Alfredo Antoniozzi, Antonio Fiorella, Cesare Mirabelli, Sergio Basile, Pier Ernesto Irmici, Carlo Mosca, Adelmo Manna.

La figura di Sandro Pertini rimane nella memoria della Repubblica e nel cuore degli italiani. A ventidue anni dalla scomparsa, è ancora vivo il ricordo della sua straordinaria capacità di mettersi in sintonia con le aspirazioni e i sentimenti dei cittadini; e di inaugurare, tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta, inedite modalità di comunicazione tra le Istituzioni e la società.

Le Istituzioni stesse dovevano essere, come soleva dire, una "casa di cristallo".

Il modo in cui Pertini ha interpretato questo principio ha rappresentato un significativo motivo di rafforzamento della nostra democrazia, perché le ha fornito una rinnovata carica morale in anni difficili e, per diversi aspetti, drammatici.

Pensiamo solo al fatto che, quando fu eletto Presidente, nel luglio del 1978, il Paese stava vivendo la fase più atroce e criminale dell'attacco terroristico delle Brigate Rosse alla democrazia e allo Stato, con il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro che tanto smarrimento e tanto dolore avevano creato nella coscienza del Paese.

In quegli anni, s'iniziava ad avvertire un distacco e un disincanto crescenti della società civile nei confronti del sistema dei partiti, e apparivano sempre meno tollerabili i casi di inefficienza e di ritardo della Pubblica Amministrazione.

Proprio in quegli anni si diffondeva nel dibattito politico culturale la distinzione, e per certi versi la contrapposizione, tra Paese reale e Paese legale, secondo una formula largamente utilizzata nei primi anni Ottanta e che una certa attualità pare averla anche oggi.

Sandro Pertini avvertiva il disagio dei cittadini unitamente alla loro domanda di buona politica e di buona amministrazione, esprimendo tali sentimenti e tali aspirazioni in modo diretto e non mediato o attenuato dalle convenzioni oratorie della politica di quegli anni.

E' ancora ad esempio vivo il ricordo della sua forte e drammatica denuncia dei ritardi e delle inadempienze nei soccorsi alle popolazioni colpite dal terribile terremoto in Campania del novembre 1980: egli si mise in presa diretta con i cittadini.

Lo stile e l'etica che Pertini rappresentava e interpretava con rigore e coerenza erano lo stile e l'etica riconosciuti nella coscienza diffusa e nel sentimento popolare del Paese.

"Alla mia età - disse nel momento conclusivo del suo mandato di Capo dello Stato - non è importante essere giudicati dagli uomini. Si risponde solo alla propria coscienza: la mia è tranquilla".

Questa capacità di mettersi in sintonia con i sentimenti dei cittadini era il frutto di diverse qualità: qualità umane certamente, ma anche e soprattutto qualità civili e qualità politiche, a partire dalla sua particolare attenzione al legame tra libertà e giustizia.

Da tale vocazione scaturiva quello che potremmo definire il suo umanesimo intransigente: umanesimo perché poneva gli uomini e le donne al centro della democrazia e della vita politico istituzionale, uomini e donne nella loro dimensione storica e reale nonché nella concretezza dei loro problemi quotidiani e delle loro aspirazioni di emancipazione sociale; intransigenza perché l'affermazione compiuta dei princìpi costituzionali rappresentava per lui la condizione essenziale per mantenere alta la qualità morale e ideale della democrazia e per fornire effettivi strumenti di ascesa sociale alle fasce meno abbienti della popolazione.

Questa ispirazione ideale è ben condensata in uno dei passaggi più forti e intensi del suo discorso d'investitura da Presidente della Repubblica, che cito testualmente. "Che la Repubblica - disse Pertini - sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e con i diseredati".

Sono parole che mantengono ancor oggi intatta la loro forza e la loro validità; e che ci incoraggiano a proseguire con determinazione, pur in un diverso contesto storico e sociale, l'opera di risanamento dell'economia, della società e, soprattutto, dell'etica pubblica. Perché sono proprio figure come Pertini a insegnarci che la ricchezza sociale di un Paese risiede innanzi tutto nella sua ricchezza morale.

Dell'umanità di Pertini conservo anche un ricordo personale, intenso e commovente. Fu quando, nel 1983, egli si recò al capezzale di un giovane di destra, un ragazzo, un attivista dell'allora Movimento Sociale, Paolo Di Nella, che era stato mortalmente colpito dalla violenza politica.

Fu un gesto che suscitò profonda, enorme commozione, non solo nel mondo della destra politica dell'epoca, ma nel più vasto mondo politico nazionale; e che contribuì a far emergere ulteriormente il profilo di Pertini come "Presidente di tutti gli italiani".

Oltre che dal magistero espresso come Presidente della Repubblica, l'insegnamento di Sandro Pertini proviene dall'intero arco della sua biografia umana, politica ed istituzionale.

Si può sicuramente affermare che le tappe della sua vita coincidano con lo stesso percorso, a tratti duro e drammatico, di affermazione della nostra democrazia.

Le prove che Pertini superò, con la sua grande forza morale, con la sua profonda e coerente adesione all'ideale del socialismo, con la sua incrollabile fede democratica, corrispondono alle prove affrontate da tutti quegli italiani che con le loro diverse idealità, con le loro battaglie e i con loro sacrifici hanno costruito il cammino che ha condotto alla nascita e poi al consolidamento della nostra Repubblica.

Pertini ha vissuto e condiviso le speranze dei primi decenni del Novecento per il progresso dei lavoratori nel nostro Paese.

Bastano questi brevi cenni biografici a evidenziare la profonda e intima appartenenza di Sandro Pertini alla storia democratica del nostro Paese. La forza della sua figura è la forza della democrazia intensamente vissuta e testimoniata.

La forza di questo esempio Sandro Pertini la trasferì ai vertici della Repubblica. Negli anni in cui fu Presidente della Camera, tra il 1968 e nel 1976, nella V e nella VI Legislatura, il suo impegno fu all'insegna dell'imparzialità e del rispetto scrupoloso delle regole parlamentari, garantendo sempre il diritto di tutti, anche dei parlamentari più lontani dalle sue posizioni politiche.

Di grande rilievo fu la riforma del regolamento parlamentare del 1971, da lui promossa per adeguare in modo più compiuto il regolamento stesso allo spirito della Costituzione e all'evoluzione della società italiana.

Tra princìpi affermati con vigore da Pertini negli anni della Presidenza della Camera, e poi ribaditi nel mandato di Capo dello Stato, c'è quello della legalità democratica. Nel discorso d'investitura del 1968 affermò, tra le varie priorità, quella della lotta alla corruzione. "Da noi - disse Pertini, cito testualmente - deve partire l'esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l'esempio di onestà e di rettitudine. Perché il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo che la corruzione è nemica della libertà".

Ritengo superfluo sottolineare la grande attualità di questa esortazione.

In conclusione, nella figura di Sandro Pertini sono testimoniati i grandi valori che il Novecento ha trasmesso alla democrazia italiana del XXI secolo.

La sua idea dell'Italia, l'idea di un Paese giusto, onesto, solidale, moralmente rigoroso, deve rimanere viva nella coscienza degli italiani e trasmesso alle giovani generazioni. Viva come patrimonio ideale intangibile, viva come ispirazione feconda alla costruzione di un futuro di giustizia sociale e coesione nazionale.

E non c'è dubbio che iniziative come quella odierna forniscano un importante contributo alla valorizzazione e alla riscoperta dei fondamenti morali della Repubblica.