Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

12/04/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Convegno “Pio La Torre. Trent’anni dopo”, alla presenza del Capo dello Stato

Autorità, Colleghi, Signore, Signori!

La Camera dei deputati rende oggi un doveroso omaggio, nel XXX anniversario dell'assassinio, a un eroico protagonista della vita repubblicana: l'onorevole Pio La Torre, barbaramente ucciso dalla mafia il 30 aprile 1982 insieme all'amico e compagno di partito Rosario Di Salvo.

Desidero innanzi tutto salutare con un cordiale benvenuto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che anche oggi ci onora della sua presenza e che con squisita sensibilità ha voluto aprire questa cerimonia consegnando a Filippo La Torre e a Rosa Casanova Di Salvo la medaglia d'oro al valor civile. Un gesto che conferma che la Repubblica italiana non dimentica i suoi martiri e di cui gli italiani tutti devono essere grati al nostro Capo dello Stato.

Saluto e ringrazio il Presidente della Fondazione della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, che ha voluto questo incontro, unitamente agli illustri relatori: Giuseppe Pisanu, Vito Lo Monaco, Luigi Ciotti, Francesco Forgione, Pietro Grasso, Emanuele Macaluso.

Un sincero ringraziamento, per essere presente tra noi, al Ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri.

Un saluto particolare ai figli di La Torre, Franco e Filippo, e ai familiari di Rosario Di Salvo: la moglie Rosa e le figlie Tiziana, Laura e Sabrina.

Oggi la Camera ricorda Pio La Torre attraverso la realizzazione di un Archivio digitale, in cui sono stati messi in rete documenti d'archivio, atti parlamentari, materiali bibliografici e audiovisivi, che testimoniano il suo impegno civile e politico.

Questo nuovo strumento di informazione e di conoscenza è il frutto di un intenso impegno degli Uffici della Camera dei deputati e, in particolare, dell'Archivio storico, che hanno saputo promuovere un'ampia collaborazione con molteplici istituzioni ed enti nazionali e locali.

Nell'esprimere i più vivi complimenti per il successo di questa iniziativa, ne auspico la più ampia diffusione, specie tra i giovani, come preziosa fonte di conoscenza dell'impegno del Parlamento per la legalità e per la valorizzazione della memoria dell'on. La Torre e di altri esponenti politici, come Piersanti Mattarella e Michele Reina, che hanno pagato con la vita il loro coraggioso impegno civile e politico.

Nonostante sia passato molto tempo, dalla storia umana e politica di Pio La Torre ci giunge ancor oggi un insegnamento fondamentale: la democrazia e la legalità sono il frutto di un impegno quotidiano e collettivo di tutte le Istituzioni, di tutta la comunità nazionale, di tutti i singoli cittadini.

I valori della legalità e della solidarietà hanno guidato Pio La Torre in tutta la sua vita: dall'attività sindacale a quella politica nelle fila del PCI, dalla esperienza nel Consiglio comunale di Palermo e nell'Assemblea Regionale Siciliana fino al Parlamento nazionale e a quell'organismo interno - la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia - che, fin dalla sua istituzione nel 1962, costituì la principale sede istituzionale di discussione, elaborazione e verifica dell'efficacia delle politiche di contrasto alla criminalità organizzata.

Erano, gli anni '60, gli anni del boom economico e gli anni in cui La Torre denunciava la speculazione edilizia e le distorsioni illecite nell'intermediazione commerciale dei prodotti agricoli, evidenziando il salto di qualità che la criminalità mafiosa stava compiendo con l'immissione massiccia dei propri capitali nei circuiti della finanza.

L'uomo politico che oggi ricordiamo fu infatti tra i primi a intuire l'enorme e tragica portata del passaggio dalla mafia rurale alla mafia urbana e finanziaria; passaggio avvenuto anche attraverso la predazione di ingenti risorse pubbliche attuata, grazie ad estese complicità politiche, mediante un pervasivo sistema di controllo illecito degli appalti pubblici e attraverso l'attività di riciclaggio dei capitali accumulati con il traffico della droga e con altre attività criminali.

Di questa inquietante metamorfosi della criminalità mafiosa, divenuta nel tempo autentico potere eversivo ed antagonista rispetto a quello legittimo dello Stato, La Torre denunciò soprattutto la capacità d'infiltrazione sociale e politica in tutti i livelli del "governo pubblico territoriale" e del vivere sociale.

E' interessante citare quanto Pio La Torre scrive in un documento predisposto per la Commissione parlamentare antimafia il 30 ottobre 1975: "Resta in noi la convinzione - osserva il deputato siciliano - che l'estendersi dei fenomeni mafiosi nei centri urbani non sia legato al permanere di valori tradizionali e anacronistici anche nelle attività industriali, ma al mancato sviluppo di queste attività e allo stato di disgregazione e di degradazione sociale ed economica in cui si trovano strati vastissimi delle popolazioni nei centri urbani siciliani, a cominciare da Palermo".

Sono parole che spiegano perché il monito di La Torre sia ancor oggi di viva attualità, non solo nella parte in cui ci indica le cause di un'evoluzione della mafia come contropotere, ma anche, e direi soprattutto, nella parte in cui suggerisce antidoti e soluzioni.

La mafia, soleva dire, s'incomincia a sconfiggere anzitutto con la scuola e con il lavoro, quali fattori primari di "mobilitazione" e di "mobilità" sociale, in grado di conferire dignità alla condizione umana.

Nell'insegnamento di Pio La Torre era ben chiara la duplice consapevolezza del valore di una ferma azione di prevenzione e contrasto da parte della magistratura e delle forze dell'ordine e contemporaneamente della necessità che lo Stato tutelasse dall'interferenza criminale le iniziative di sviluppo economico capaci di creare occupazione e crescita sociale.

Proprio perché ispirata da queste certezze, la legge del 13 settembre 1982 - che porta il suo nome insieme con quello dell'allora ministro dell'Interno Virginio Rognoni - ha rappresentato una svolta decisiva nella lotta antimafia, dotando lo Stato di nuovi e più incisivi strumenti di contrasto alla criminalità e fissando criteri legislativi che rimangono ancora oggi fondamentali nell'azione di tutela della legalità e di prevenzione delle attività mafiose.

L'introduzione nel codice penale del reato di "associazione di tipo mafioso", attraverso l'articolo 416-bis, ha proficuamente innovato la precedente impostazione normativa che, non sanzionando i caratteri specifici dell'organizzazione mafiosa, non permetteva di colpire i reali gangli del potere criminale.

E un altro decisivo aspetto della legge Rognoni - La Torre sono le norme volte a colpire il potere economico della mafia, in primis quelle che stabiliscono il sequestro e la confisca dei patrimoni d'origine criminale.

La importanza e la grande attualità di questo profilo della lotta alla mafia è testimoniato dalla coraggiosa reazione all'intimidazione mafiosa venuta in questi anni dal mondo imprenditoriale siciliano e anche dalla sempre più diffusa consapevolezza che contrastare efficacemente la mafia significa rimuovere uno degli ostacoli che rallentano il cammino dell'economia italiana.

La lotta alla mafia come questione nazionale, la lotta alla mafia come valore unificante e condiviso nella politica e nella società, la lotta alla mafia come fattore di riscatto sociale, civile ed economico: è questa, in sintesi, la grande e attualissima lezione di Pio La Torre.

Una lezione che deve continuare e che deve ispirare l'azione decisa e intransigente delle Istituzioni.

In tal senso, fondamentale e prioritario rimane l'obiettivo di eliminare tutte quelle zone grigie di connivenza e contiguità tra la politica e la criminalità organizzata, e di contrastare tutte le situazioni di omertà, rassegnazione e sfiducia che possono intaccare il tessuto economico e civile del nostro Paese.

Uno scrittore siciliano recentemente scomparso, Vincenzo Consolo, ha dedicato a Pio La Torre e a tutti gli eroi della lotta antimafia queste poche ma efficacissime parole:

"Sono loro - scrive - i veri nobili e non i Gattopardi della letteratura e della storia siciliana".

Per questo, quegli eroi devono continuare a vivere nella nostra memoria, nei nostri sentimenti di unità civile e nel nostro impegno quotidiano per la dignità, la libertà e la democrazia della nostra comunità nazionale. Credo che sia il modo più giusto e doveroso per onorare la loro memoria.