Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

22/05/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Presentazione del Rapporto Annuale dell’Istat sulla situazione del Paese

Autorità, Signore e Signori!

La presentazione del Rapporto annuale dell'ISTAT sulla situazione del Paese è un appuntamento importante che suscita sempre attenzione in tutta l'opinione pubblica, oltre che nelle forze politiche e sociali.

Quest'anno, inoltre, il Rapporto 2012 si arricchisce dei dati relativi al censimento demografico sulla popolazione che consentono una ragionata analisi per comprendere le tendenze evolutive della nostra società.

Con gli anni l'ISTAT ha costantemente affinato i suoi strumenti d'indagine e le sue metodologie di lavoro; il suo sforzo di interpretazione delle dinamiche sociali merita pieno apprezzamento perché aiuta ad orientarci in una realtà oggettivamente complessa.

Senza anticipare giudizi che sarebbero necessariamente sommari e precipitosi, credo si possa affermare che, anche quest'anno, dal Rapporto emergono luci ed ombre.

Accanto ai noti profili di criticità che destano grande preoccupazione, la situazione dell'Italia registra segnali incoraggianti che non devono essere minimizzati e sui quali si può fondare un'inversione di tendenza che permetta al nostro Paese di guardare al futuro con maggiore ottimismo.

L'Italia, negli ultimi decenni, è stata investita da un turbinoso e, spesso, disordinato cambiamento, in larga parte provocato da fenomeni di portata più generale.

Dagli eventi interni e internazionali dell'ultimo periodo, famiglia, scuola, università, mondo del lavoro hanno subìto un impatto particolarmente incisivo ed il sistema economico e produttivo si è trovato esposto a una concorrenza sempre più agguerrita senza poter fruire dei vantaggi che, in passato, gli avevano garantito condizioni di sopravvivenza: mercati più protetti (in quanto meno aperti) e possibilità di ricorrere a svalutazioni competitive.

Inoltre, l'ineludibile esigenza, dettata dal nostro interesse nazionale oltre che dai Trattati europei, di rispettare i vincoli di finanza pubblica ha ridotto le risorse per le spese di investimento; ne ha risentito, in particolare, la dotazione infrastrutturale del Paese, palesemente inadeguata rispetto alle sfide della competizione globale.

In questo contesto va, tuttavia, dato atto al nostro sistema imprenditoriale di aver fatto grandi sacrifici per preservare con successo, a differenza di quanto è avvenuto in altri Paesi europei, la sua vocazione manifatturiera.

Accanto ai dolorosi, e purtroppo numerosi, casi di chiusura di attività industriali, non mancano, infatti, segnali positivi, indicativi di un'apprezzabile capacità di reazione soprattutto da parte delle imprese di medie dimensioni che, in molti casi, sono riuscite a recuperare quote di mercato attraverso l'innovazione tecnologica dei processi produttivi, la parziale delocalizzazione e la rinegoziazione dei rapporti con il sistema creditizio.

In questo scenario, il mondo bancario, che nell'esperienza italiana occupa una posizione centrale all'interno dei mercati finanziari, è stato scosso, più che dall'insolvenza di debitori privati, dalla crisi debitoria degli Stati sovrani.

A tale riguardo, è davvero necessario che, una volta assestata la situazione della finanza pubblica e ridimensionato l'attacco speculativo ai titoli di debito pubblico, gli istituti di credito italiani possano recuperare quanto prima la funzione di canale prioritario per il finanziamento delle imprese e delle famiglie.

Il ridimensionamento delle risorse complessivamente a disposizione ha indotto, comunque, molte imprese ad intervenire attraverso il contenimento dei costi di produzione del fattore lavoro, con inevitabili preoccupanti ripercussioni sul fronte occupazionale e sulla coesione sociale del Paese.

Inoltre, sono state varate dal Parlamento importanti riforme del sistema previdenziale che hanno modificato sostanzialmente la normativa in materia di accesso ai trattamenti pensionistici.

Alle riforme già varate si deve ora accompagnare sollecitamente quella del mercato del lavoro per favorire l'occupazione stabile dei più giovani, i quali, oggigiorno, versano in una condizione di precarietà che impedisce loro di costruirsi un futuro e di sentirsi parte attiva di un progetto comune del Paese.

Ancora una volta, i dati offerti dall'ISTAT sono particolarmente allarmanti soprattutto per quanto riguarda il Mezzogiorno dove il tasso di occupazione, specie giovanile, è ancora troppo basso per assicurare condizioni economiche accettabili e soprattutto prospettive più rosee per il futuro.

Il risultato della combinazione della crisi economica, col conseguente impatto sul sistema produttivo, e degli andamenti demografici (l'Italia sta rapidamente invecchiando) rischia di innescare una spirale negativa che può condurre il nostro Paese a ripiegarsi su se stesso.

Anche per questo, l'Italia, ancor più dei suoi maggiori partner, ha la necessità di porre lo sviluppo e la crescita al centro del confronto a livello europeo.

Ciò, in primo luogo, perché i dati macroeconomici evidenziano che, negli anni più recenti, il differenziale di crescita rispetto ai maggiori partner europei si è accentuato.

La consapevolezza delle criticità oggettive di cui soffrono i sistemi economici europei, e quello italiano in particolare - a partire dalla situazione del modello di Welfare - non può, tuttavia, autorizzare una lettura negativa, che purtroppo sembra prendere piede anche in autorevoli organizzazioni internazionali, per cui l'Europa sarebbe destinata ad un inevitabile declino e non avrebbe più possibilità di riscatto.

È bene rammentare che l'Europa è, tuttora, la prima potenza commerciale del mondo e che il PIL dell'area Euro è soltanto di poco inferiore a quello degli Stati Uniti.

Il problema è, quindi, adottare le strategie più efficaci per reagire alle pressioni speculative e per riattivare il percorso virtuoso della crescita.

Fino ad ora, le risposte dei Paesi europei e delle stesse istituzioni dell'Unione Europea sono state tardive o, comunque, tali da attutire gli effetti più vistosi degli attacchi speculativi subiti, ma non a prevenirli.

Fortemente colpita dalla crisi economico-finanziaria esplosa negli Stati Uniti, l'Europa ha rinunciato a quel ruolo da protagonista che le spetta a pieno titolo e che deve rivendicare concretamente attraverso una strategia per la crescita che vada oltre le timide e generiche affermazioni della strategia Europa 2020.

Occorre una politica economica che sappia coniugare il perseguimento dell'obiettivo del risanamento delle finanze pubbliche con la capacità di adeguare gli strumenti della politica monetaria e di bilancio alle diverse fasi del ciclo economico.

Non ci si può illudere che sia sufficiente limitare l'integrazione economica al rispetto dei vincoli sui saldi di finanza pubblica. Gli stessi mercati affermano ora con chiarezza di non credere alla sostenibilità di politiche di bilancio virtuose in assenza di una crescita consistente.

Per fare un solo esempio, non può essere ulteriormente differito l'obiettivo di politiche fiscali nazionali compiutamente armonizzate cui si accompagni una politica monetaria oculata che sappia coniugare il controllo dell'inflazione con l'esigenza di finanziamento dell'economia.

In conclusione, la storia dell'Europa dimostra che i progressi del continente e le fasi di crescita più intensa e diffusa sono stati realizzati quando non si sono creati squilibri eccessivi nei rapporti di forza tra gli Stati, per cui il percorso non è stato deciso da un unico paese, bensì dalla armonizzazione di esigenze differenti.

È stato in quelle fasi storiche che si è prodotta l'esperienza unica e preziosa dell'Europa unita.

In questo scenario, l'Italia ha un ruolo importante da giocare, attraverso la valorizzazione dei punti di forza del suo sistema. Spetta a noi tutti adoperaci per onorare il nostro ruolo di Paese fondatore dell'Unione e per tornare ad essere competitivi.

E il Rapporto Istat fornisce uno strumento utile per una strategia vincente dell'intero sistema-Paese.