Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

07/06/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Convegno “Democrazia e Rappresentanza degli interessi” in occasione della presentazione dei discorsi parlamentari di Giulio Pastore

Autorità, Colleghi, Signore, Signori!

Oggi la Camera dei deputati rende omaggio a una eminente figura della storia politica e sindacale del Novecento italiano: Giulio Pastore, di cui presentiamo la raccolta dei discorsi parlamentari.

Saluto e ringrazio gli illustri oratori: il Vicepresidente della Camera Rosy Bindi, il Presidente della Fondazione "Giulio Pastore" Aldo Carera, il Segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, il Segretario generale della Cgil Susanna Camusso, il Vicepresidente di Confindustria Ivanhoe Lo Bello.

Un saluto particolare ai figli dell'on. Pastore: Giorgio, Pier Franco, Paolo, Luciana, Giancarlo, Valeria.

Nel ripercorrere il cammino di Pastore all'interno della vita pubblica italiana si è immediatamente colpiti, almeno per chi come me non ha avuto modo di conoscerlo per ragioni anagrafiche, dalla vastità della sua azione politica, sociale e istituzionale e dalla sua grande capacità di affermare con coerenza e dedizione la forza delle sue idee ispirate al cattolicesimo democratico e sociale. Fu leader sindacale, deputato e poi Ministro per il Mezzogiorno in decenni cruciali per la modernizzazione economica e per il consolidamento della democrazia in Italia.

Un capitolo centrale nella sua biografia è la nascita e l'affermazione della Cisl, sindacato che Pastore fondò nel 1950 e che guidò con autorevolezza e spirito innovatore nella complessa e difficile dialettica sociale di quegli anni turbolenti della nostra storia.

Essenziale, nella visione di Pastore, è il legame stretto tra valore del lavoro e valore della cittadinanza, un rapporto che fa del movimento sindacale un primario fattore di affermazione della democrazia e di progresso sociale per l'intera comunità nazionale.

A una politica salariale, com'era doveroso a quei tempi, volta a permettere ai lavoratori di beneficiare della espansione economica di quegli anni, il fondatore della Cisl univa la spinta della Confederazione per la democrazia sindacale, per la riforma del sistema sociale, per l'ammodernamento industriale, per gli incrementi produttivi delle imprese.

Diritti e responsabilità sono, secondo Pastore, in necessario binomio. "Come l'educazione alla libertà - scriveva il leader sindacale nel 1952 - si realizza nella pratica della libertà così anche l'educazione alle responsabilità economiche si realizza nella pratica della partecipazione alle responsabilità economiche. Solo in questo modo, l'educazione dei cittadini lavoratori, che è il fondamento concettuale e storico della parola medesima di democrazia, trova il suo senso e la sua possibilità di affermazione".

L'Italia che si esprime nelle concezioni sindacali di Pastore - come, per altri versi, in quelle di Giuseppe Di Vittorio (due figure intrecciabili) - è un'Italia che ha voglia di crescere, di affrancarsi dalla povertà, di entrare da protagonista nella modernità industriale. Ha scritto lo storico dell'economia Valerio Castronovo che le politiche di sviluppo seguite dai governi degli Anni '50 e '60 erano dovute a un forte impulso esercitato dal basso, "alla volontà e all'impegno di cui stavano dando prova gli italiani per non finire nel limbo dell'arretratezza e diventare padroni del proprio destino".

E qui tocchiamo un profilo centrale nella vita di qualsiasi moderna società industriale: il ruolo che la rappresentanza degli interessi economici e sociali svolge nel favorire il progresso generale del Paese o, se preferite, nel sollecitare le risposte della politica ai grandi temi dell'affermazione dei diritti e delle libertà.

Non è mai un ruolo facile da svolgere. E ciò per la necessità, non sempre agevole, di contemperare i legittimi interessi di categoria con l'interesse complessivo della Nazione.

Al tempo di Pastore, che era il tempo del miracolo economico, della grande trasformazione sociale dell'Italia (pensiamo ad esempio alle grandi migrazioni dal Sud verso il Nord o addirittura verso l'estero), l'obiettivo dello sviluppo si affiancava a quello dell'inclusione dei ceti popolari nella vita democratica. Erano obiettivi condivisi dalla forze sindacali e dalle forze politiche, pur in un'accesa dialettica sociale e pur, soprattutto, in presenza di una forte divisione ideologica che attraversava, non solo i partiti, ma gli stessi sindacati.

Nel tempo odierno, che è il tempo del mercato globale e di rapidi mutamenti economici, gli obiettivi condivisi - importante banco di prova per le forze politiche e sociali - sono quelli del rilancio del sistema produttivo e dell'effettività dei diritti alle opportunità sociali e lavorative. Ciò implica, da parte delle forze sociali una rinnovata responsabilità verso i destini collettivi, ma implica anche, per ciò che compete alla politica, la capacità di affermare il valore dell'interesse generale sui pur legittimi interessi particolari.

Oggi i più rilevanti motivi di divisione non vengono dall'ideologia, ma dalla forte frammentazione degli interessi sociali, dal deficit della politica e dalle spinte al particolarismo, diffuse nell'intera società europea.

L'altro fondamentale versante dell'impegno di Pastore al servizio del Paese è quello politico-parlamentare, nelle fila della Democrazia cristiana.

Vale la pena ricordare che, fino alla fine degli anni Sessanta, quando le grandi Confederazioni sancirono la linea dell'autonomia dalla politica, esponenti sindacali erano presenti nelle massime Istituzioni rappresentative della Repubblica.

Nella visione di Pastore, uno dei grandi compiti delle Istituzioni repubblicane doveva essere era quello di estendere la garanzia dei diritti sociali e realizzare la democrazia in ogni ambito della società. Come affermò in un discorso del 18 maggio 1965, la sfida per il progresso sociale consiste nel "saldare in una grande prospettiva unitaria l'autorità dello Stato e la libertà della persona attraverso le articolazioni sociali", con l'obiettivo di "giungere, attraverso una nuova sintesi, a costruire più solide basi alla democrazia del nostro Paese".

Era da questa idea moderna delle Istituzioni, della democrazia, unitamente al suo alto senso della solidarietà nazionale, che derivava il suo grande impegno per lo sviluppo economico e civile del Mezzogiorno.

Italiano del Nord, Pastore si adoperò con particolare coerenza e determinazione per lo sviluppo del Meridione, esprimendo una particolare attenzione alla crescita delle comunità locali e al rafforzamento dell'associazionismo di base.

Nei suoi numerosi interventi parlamentari sono affrontati tutti gli aspetti delle politiche di sviluppo: dalle infrastrutture e dai trasporti alla scuola, alle politiche per la bonifica ed il risanamento del territorio, alla promozione di poli industriali, una politica che, a suo giudizio, avrebbe dovuto portare alla riduzione delle drammatiche conseguenze sociali ed economiche dell'emigrazione dalle regioni meridionali.

Tutti questi interventi avevano come filo rosso e ispirazione comune l'idea che, all'insieme delle misure specificamente economiche, dovesse affiancarsi una serie di incisive iniziative sociali e culturali.

In contrapposizione a ogni tendenza poco incline ad affrontare le sfide della modernizzazione, egli sottolineava il rilievo decisivo delle politiche nel settore dell'istruzione e della formazione professionale e del sostegno attivo dello Stato alla crescita delle realtà associative e cooperative.

In conclusione, ricordare la figura di Giulio Pastore significa ripercorrere una fase storica di grande fermento innovativo e di straordinario impegno collettivo, nella quale le forze politiche e sociali, pur attraversate da profonde divisioni ideologiche e pur caratterizzate da forti lacerazioni e conflitti, riuscivano a convergere verso comuni mete di sviluppo economico-sociale e di sostanziale affermazione della democrazia.

Lo spirito di ricostruzione sociale, civile e politica che allora animò l'Italia può essere oggi assunto a modello di un rinnovato impegno comune per far uscire il Paese dalla crisi e per riportarlo nel novero delle più dinamiche democrazie industriali dell'Europa.

Di quella fase di storici cambiamenti, Pastore fu uno dei protagonisti più attivi e rappresentativi. Il suo insegnamento è parte integrante della civiltà democratica dell'Italia ed è motivo di rilevante interesse politico culturale la sua riproposta attraverso l'importante raccolta di interventi parlamentari che oggi presentiamo.