Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

19/07/2012

Palermo, Biblioteca comunale – Orazione civile in ricordo di Paolo Borsellino

La memoria di Paolo Borsellino è la memoria del coraggio civile e della dignità dello Stato, quando uomini come lui dimostrano che esso non si piega al potere di ricatto e di intimidazione della mafia, prima nemica della convivenza civile e della democrazia.

Non è retorico dire che nella sua memoria sono custoditi ideali imperituri di pulizia morale, senso profondo delle Istituzioni, etica del dovere, che in tante circostanze ha portato Borsellino e uomini come lui ad adempiervi, fino all'estremo sacrificio. Ideali che sono la prima, vera, grande ricchezza dell'Italia e principale motivo di speranza nel futuro.

Onorare la figura di Borsellino vuol dire quindi onorare l'ideale di un'Italia bella e pulita che non si arrende, di un'Italia che non si rassegna, di un'Italia che non si piega all'arbitrio e alla sopraffazione, di un'Italia che pretende che sia fatta giustizia accertando la verità.

Oggi, 20 anni dopo, il suo sacrificio ci ricorda innanzi tutto che la mafia non è solo criminalità organizzata: è criminalità eversiva, perché capace di alterare e inquinare la vita pubblica attraverso la corruzione, la complicità, le collusioni che devono essere accertate e smascherate, con la stessa determinazione con cui gli inquirenti accertano e smascherano ogni tipo di attività criminale.

Criminalità eversiva per la lunga catena di omicidi perpetrati contro uomini dello Stato, della società civile e per il disegno stragista attuato nel tragico biennio 1992-1994.

Criminalità eversiva per le grandi risorse economiche sottratte alla ricchezza collettiva del nostro popolo attraverso i fiorenti circuiti dell'economia illegale.

Anche per questo, la testimonianza di Borsellino e degli agenti della scorta periti con lui a via D'Amelio rappresenta un ammonimento e, nello stesso tempo, un insegnamento e un incitamento.

Un ammonimento a condurre sempre, con la massima intransigenza e senza alcun cedimento, la lotta contro l'eversione mafiosa.

Un insegnamento morale e ideale, volto a testimoniare la superiorità della legge dello Stato su qualsiasi sistema fondato sulla violenza, sull'arbitrio, sulla corruzione. E' la legge del dovere che deve prevalere sempre sull'omertà e sulla rassegnazione.

Un incitamento a non abbassare mai la guardia, a denunciare ogni sopruso, a far valere, in ogni ambito della vita quotidiana, i diritti della libertà, della democrazia, della dignità di ogni cittadino.

La memoria del sacrificio di Borsellino, unitamente a quella di Falcone e di tutti gli altri, ci ricorda inoltre che lo Stato vive innanzi tutto nel cuore e nelle coscienze dei cittadini. E' lo Stato-comunità che si afferma e si radica grazie alla forza della società civile e alla qualità della partecipazione democratica.

"La lotta alla mafia - disse Borsellino - dev'essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità".

In questi anni, gli italiani di Palermo, unitamente ai connazionali delle altre città, non solo siciliane, hanno saputo, indipendentemente da ogni appartenenza politica perché animati da un medesimo senso civico, far crescere un vasto, corale movimento di opinione che rappresenta una grande risorsa per la democrazia italiana.

E' un contagio positivo, che da Palermo si è diffuso, come dimostrano le numerose cerimonie di oggi, in tutta Italia. Un movimento che ricorda costantemente a tutto il Paese che non c'è progresso senza legalità e che non c'è libertà senza diritto.

Altre realtà italiane hanno tratto proficuo insegnamento dallo straordinario risveglio morale - un risveglio fatto di passione democratica e al tempo stesso indignazione civile - che ha pervaso la vita siciliana in questi vent'anni seguiti alle stragi di Capaci e via D'Amelio.

E, quando parlo di altre realtà italiane, non mi riferisco soltanto a quel Meridione oppresso dalla camorra o dalla 'ndrangheta, ma a tutte quelle comunità, anche nelle regioni del Nord, in cui si assiste al degrado della vita civile anche a causa della corruzione diffusa o delle infiltrazioni criminali di stampo mafioso. E l'immagine della piovra, spesso evocata, corrisponde dunque alla realtà, proprio per il potere pervasivo della mafia, come un vero e proprio cancro.

Anche in questi casi, anche al Nord, sono necessari anticorpi sociali, perché l'attività eversiva dei mafiosi e l'azione predatoria dei corrotti traggono allo stesso modo alimento dalla rottura dei legami sociali, un venir meno del senso di comunità che rappresenta uno dei lati più oscuri e involutivi della nostra società e che si traduce, negli ambiti in cui è diffusa, in un'abitudine all'illegalità, all'arbitrio e alla violazione delle regole.

Sono processi di disgregazione che la crisi economica in atto e la sfiducia dei cittadini per le Istituzioni e per la politica - intesa come mera partecipazione ai partiti politici - possono, oggi, ulteriormente alimentare.

Anche per questo, anche per la rinnovata necessità di arrestare le derive del pessimismo, della rassegnazione e del qualunquismo, dell'assuefazione all'illegalità, la lezione di Paolo Borsellino si rivela oggi più che mai valida e attuale.

E' la lezione della lotta alla mafia come grande primo grande impegno democratico.

E' la lezione della lotta alla mafia come opera di riscatto morale e civile.

E' una battaglia che non è al di sopra dei cittadini, ma all'interno della loro quotidianità, perché la mafia può essere sconfitta ogni giorno. Ed è sconfitta nella coscienza di ogni cittadino che si ribella alla sopraffazione e all'arbitrio.

Ogni giorno può essere sconfitta la mafia perché ogni giorno può essere sconfitta la paura, a condizione che le Istituzioni compiano il loro dovere e che gli esempi di Paolo Borsellino e di tanti altri martiri come lui vengano ricordati e tramandati.

"E' normale - diceva Borsellino - che in ogni uomo esista la paura, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio".

Il coraggio di Borsellino era certo il coraggio che veniva dalle qualità della persona, ma era anche il coraggio che nasceva dalla coscienza morale, come lui stesso affermava quando ripercorreva le motivazioni del suo impegno contro le cosche: "Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia"disse una volta. "Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno".

Del coraggio di Paolo Borsellino ci viene, in particolare, dolorosa conferma in quei 57 giorni che separarono la strage di Capaci dal tragico pomeriggio dell'attentato di Via D'Amelio. E' il ricordo di un uomo perfettamente consapevole del pericolo mortale che incombeva sulla sua vita, ma comunque deciso ad obbedire fino in fondo alla legge del dovere e al senso dello Stato.

E' una memoria certamente dolorosa - in particolar modo per chi, in quei 57 giorni, più gli è stato vicino - ma che alimenta forza morale e passione civile e che rafforza il desiderio di verità fino a renderlo invincibile.

La verità sul presente e la verità sul passato, perché la verità è un diritto inalienabile dei cittadini e rappresenta la precondizione indispensabile per il pieno esercizio della libertà e della democrazia.

Il sacrificio di Borsellino non è stato vano. Molti successi sono stati conseguiti in questi venti anni nell'opera di contrasto alle organizzazioni criminali grazie alla dedizione e alla professionalità della magistratura e delle forze dell'ordine. Pericolosi latitanti sono stati assicurati alla giustizia. Nuove reti criminali sono state scoperte. Patrimoni illecitamente accumulati sono stati sequestrati, condanne sono state inflitte.

Sono risultati che infondono fiducia e speranza nei cittadini. Ma sono anche risultati che devono spronare a raggiungere ulteriori e decisivi traguardi sul cammino della legalità e della giustizia.

E' necessario, oggi più che mai, mantenere alta la tensione morale contro ogni possibile tendenza all'assopimento delle coscienze e al calo della passione civile.

Occorre la piena consapevolezza che, nella battaglia contro la criminalità organizzata, un fronte decisivo è quello politico. Ed è un fronte che passa sia per l'attività di governo e parlamento sia attraverso la mobilitazione dell'opinione pubblica sia, soprattutto, per la capacità dei partiti di fare pulizia al proprio interno eliminando ogni ambigua zona di contiguità con la criminalità e il malaffare.

Di particolare urgenza e attualità è il profilo economico, perché, come è stato rilevato da più parti e nelle sedi più autorevoli, la criminalità organizzata rappresenta uno dei freni più gravi alla crescita della nostra economia, soprattutto nel Meridione, ostacolando pesantemente lo sviluppo di aree del Paese pur ricchissime di potenzialità; coartando in molte zone la libertà di mercato; alimentando ovunque i velenosi circuiti della ricchezza illegale e criminale.

Destinatari privilegiati di questo impegno politico e di un'azione volta al risanamento civile devono essere i più giovani, i quali hanno il pieno diritto di realizzare la loro formazione umana, culturale e civile in una società libera da ogni forma di arbitrio, sopraffazione e violenza.

Destinatari e, naturalmente, anche protagonisti. Proprio Borsellino era tra i più convinti sostenitori del valore strategico della lotta antimafia condotta dai giovani. Un concetto efficacemente espresso in questa sua frase: "Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo".

Far dissolvere l'incubo mafioso deve essere, al dunque, l'obiettivo di un rinnovato patriottismo civile, repubblicano, che persegua con decisione e coerenza l'ideale di un'Italia autenticamente libera, pulita, onesta, e quindi democratica.

Per questa Italia Borsellino, come tanti altri martiri caduti in questi anni, ha donato la sua vita. Per questa Italia, nel suo nome, dobbiamo tutti continuare a lottare con convinzione e determinazione. Perché siamo certi che, ricordando uomini come lui, davvero questa terra, come egli amava dire, un giorno sarà bellissima, perché sarà libera. Solo così il suo sacrificio non sarà stato vano, solo in questo modo il suo ricordo sarà imperituro.