Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

12/12/2012

Incontro della Fondazione della Camera dei deputati dal titolo “120 anni di storia socialista 1892-2012”, alla presenza del Presidente della Repubblica - Montecitorio, Sala della Regina

Autorità, Colleghe e Colleghi, Signore, Signori!

Sono lieto di rivolgere un cordiale benvenuto al Presidente Napolitano che ancora una volta ci onora della sua presenza.

Saluto e ringrazio il Presidente della Fondazione Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, unitamente agli illustri relatori: Gennaro Acquaviva, Piero Craveri, Massimo Salvadori.

L'iniziativa odierna, promossa dalla Fondazione della Camera dei deputati, intende rievocare i 120 anni della storia del socialismo in Italia, una storia iniziata a Genova nel 1892 con la fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, che dopo un anno avrebbe assunto la denominazione di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani e poi, dal 1895, quella definitiva di Partito Socialista Italiano.

E' una storia, quella socialista, che è parte rilevante della biografia collettiva degli italiani. Una storia che si impone alla considerazione e all'attenzione di tutti, al di là di ogni orientamento politico e culturale, perché intimamente congiunta all'irruzione delle masse popolari sulla scena politica nazionale, a cavallo del XIX e del XX secolo, e all'affermazione di quei princìpi di uguaglianza e giustizia sociale che tanta parte hanno avuto nella dinamica storica dell'Italia e dell'intera Europa.

Per questo, ripercorrere oggi la storia del socialismo in Italia significa rievocare le tappe di un percorso rispetto al quale nessuna altra cultura politica può considerarsi, seppure per le ragioni più diverse, dialetticamente estranea.

Ripercorrendo la storia del socialismo italiano, è doveroso rievocarne anche le fasi più complesse e tormentate. E' una storia caratterizzata, soprattutto nei suoi primi decenni, da un serrato confronto ideologico che ha prodotto scissioni destinate a influenzare profondamente le vicende politiche: la scissione di Livorno del 1921, da cui nacque, su iniziativa di Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, il Partito comunista d'Italia (poi Partito comunista italiano); quella di Palazzo Barberini del gennaio 1947, che sancì la separazione dei socialdemocratici di Giuseppe Saragat dal Partito socialista di Pietro Nenni; quella del 1964, con cui Tullio Vecchietti, Lelio Basso, Vittorio Foa, Dario Valori diedero vita al PSIUP.

Sono vicende che vanno necessariamente collocate nel contesto sociale e politico, anche internazionale, nel quale si svolsero, ma non c'è dubbio che in quegli importanti capitoli del Novecento italiano si ritrova, unitamente alla forza degli ideali che ne hanno sorretto il cammino durante il secolo scorso, la pluralità delle ispirazioni del socialismo italiano.

Quelle passioni e quegli ideali erano scaturiti dalla necessità di dare risposta alla grave questione sociale che esplose nell'Italia di fine '800 a causa, non solo delle durissime condizioni di vita di operai e braccianti agrari, ma anche dei ritardi nel processo di inclusione sociale e politica dei ceti popolari all'interno dello Stato unitario.

Tutti problemi che cominciarono ad essere affrontati dall'Italia liberale negli anni del riformismo di Giovanni Giolitti, il quale intraprese una collaborazione con Filippo Turati, che si tradusse nell'avvio di una importante legislazione sociale a tutela dei ceti più poveri, che non raggiunse però durevoli effetti politici a causa delle spinte contrapposte provenienti sia dai settori più intransigenti massimalisti del partito socialista sia dagli ambiti più conservatori del ceto dirigente nazionale.

Il richiamo a quel lontano capitolo di storia consente di individuare uno dei motivi di fondo della storia del socialismo: il rapporto con il liberalismo. Un rapporto agli inizi conflittuale e poi, nel corso dei decenni, sempre più articolato e fruttuoso, in virtù soprattutto del progressivo abbandono, da parte dei partiti socialisti europei, dell'originaria dottrina marxista e del conseguente accoglimento, nel quadro teorico e politico del riformismo, dei princìpi dell'economia di mercato.

Uno dei precursori italiani che in tal senso va certamente ricordato è Carlo Rosselli, fautore, fin dagli Anni Venti e Trenta, di un'idea di socialismo che superava la teoria della dittatura del proletariato, per ridefinire l'obiettivo dell'emancipazione dei ceti popolari nell'ambito della democrazia liberale.

Un altro motivo di fondo della storia socialista è il rapporto, in molti casi conflittuale, con l'ideologia comunista, uno storico confronto che si è concluso, come è noto, solo con la fine della guerra fredda.

Molte sarebbero le pagine da rievocare. Ma, limitatamente ai primi, cruciali decenni della storia repubblicana, la figura che deve essere innanzi tutto ricordata è sicuramente quella di Pietro Nenni, che riassume la complessità del rapporto tra socialisti e comunisti nel nostro Paese.

Due date segnano simbolicamente il capitolo decisivo nel processo di progressiva differenziazione politica e ideologica tra i due partiti: il 18 aprile del 1948, quando il Psi di Nenni pagò il prezzo politicamente ed elettoralmente più alto alla sconfitta del Fronte popolare; e il 4 dicembre del 1963, quando i socialisti, dopo l'astensione al Governo Fanfani nel 1962, entrarono nel primo governo organico di centrosinistra, presieduto da Aldo Moro.

Nel corso degli Anni Cinquanta Pietro Nenni compì importanti scelte modernizzatrici, nel nome di quella che il leader del Psi definì la "politica delle cose" con la quale ricercava un incontro tra socialisti e democratici cristiani per varare riforme ritenute "indilazionabili".

Nel 1957 Nenni condusse il partito socialista ad accogliere la prospettiva dell'unità europea, prima astenendosi nel voto parlamentare di ratifica del trattato istitutivo del MEC e poi votando a favore dell'Euratom. Di altrettanto rilievo fu l'abbandono del neutralismo e il sostegno a una politica in favore della Nato.

Il lavoro di Nenni sarà proseguito da Francesco De Martino, Giacomo Mancini, Bettino Craxi in anni fondamentali per il consolidamento dello Stato sociale e per l'affermazione dei diritti civili in Italia, cui la cultura laica e democratica dei socialisti fornirà un apporto determinante.

Ovviamente non si può concludere questo sommario e didascalico panorama della storia del socialismo italiano senza ricordare che un altro grande capitolo della democrazia italiana è quello scritto da un socialista salito al vertice delle Istituzioni della Repubblica: Sandro Pertini, dal 1968 al 1976 Presidente della Camera, e dal 1978 al 1985 Presidente della Repubblica.

Proprio con un passo del suo discorso di insediamento come Capo dello Stato voglio concludere: "Che la Repubblica - disse Pertini - sia giusta e incorrotta, forte e umana: forte con tutti i colpevoli, umana con i deboli e con i diseredati".

Sono parole nelle quali è intensamente condensato il grande spirito ideale che ha guidato il cammino socialisti italiani nella storia nazionale e che rimane oggi nel patrimonio democratico di tutto il Paese come aspirazione costante al valore della giustizia sociale.