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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 279 di lunedì 8 febbraio 2010

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 15,05.

DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 gennaio 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbieri, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Donadi, Renato Farina, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Mura, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Urso e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 4 febbraio 2010, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia):
«Conversione in legge del decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» (3175) - Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X e XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Annunzio della nomina di sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato, in data 4 febbraio 2010, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data Pag. 2odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato sottosegretari di Stato per la salute l'onorevole Francesca Martini e l'onorevole Eugenia Roccella. Cordialmente, Silvio Berlusconi».
I migliori auguri alle due colleghe per i loro nuovi compiti.

Annunzio della conferma di incarico di un sottosegretario di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato, in data 4 febbraio 2010, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha confermato, fino al 31 dicembre 2010, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il dottor Guido Bertolaso, a norma dell'articolo 15 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195. Cordialmente, Silvio Berlusconi».

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa (A.C. 3097-A) (ore 15,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3097-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la III Commissione, presidente della Commissione affari esteri, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione, anche a nome del relatore per la Commissione difesa, onorevole Cirielli.

STEFANO STEFANI, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, colleghi, come già annunciato intervengo anche a nome del presidente della Commissione difesa, onorevole Cirielli, impossibilitato a prender parte alla seduta odierna, per illustrare all'Assemblea la portata del provvedimento all'ordine del giorno, esaminato come di consueto dalle Commissioni riunite affari esteri e difesa, e finalizzato alla proroga fino al 30 giugno 2010 del finanziamento degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali, per un impegno di spesa pari a oltre 804 milioni di euro.
Mi preme innanzitutto osservare che questo intervento parlamentare di proroga dei finanziamenti per le missioni internazionali avviene in una fase delicatissima sullo scenario globale, segnato da una ripresa della minaccia terroristica e dall'accendersi di nuovi focolai di tensione nel mondo, dallo Yemen al Maghreb, e da una nuova stagione di crisi nel quadrante mediorientale. Pag. 3
Mi sta altresì a cuore ribadire che in questi anni l'Italia ha assolto con efficacia ai compiti derivanti dalla partecipazione dei nostri militari alle missioni internazionali a sostegno dei processi di pacificazione e stabilizzazione.
La presenza italiana nelle missioni internazionali - come del resto è testimoniato dai dibattiti parlamentari dedicati all'approvazione di analoghi, pregressi provvedimenti - è orientata all'obiettivo del rafforzamento del multilateralismo, all'estensione del negoziato civile come alternativa al conflitto armato e ad una forte iniziativa collaterale nei settori dell'assistenza civile, della promozione dello sviluppo e dell'aiuto umanitario.
Per quanto riguarda i singoli contesti di impegno, tutti contrassegnati da elementi di rischio e di tensione, si deve sottolineare che i militari svolgono un ruolo essenziale per il ritorno alla pace e per evitare che lo stato della sicurezza peggiori o precipiti. L'Italia sta indubbiamente svolgendo un ruolo efficace anche sul terreno diplomatico, della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario.
Senza entrare nel merito delle singole disposizioni contenute nell'articolato del decreto-legge in esame, ritengo proficuo svolgere una panoramica sui maggiori teatri dell'intervento italiano oggetto di disciplina da parte del provvedimento.
In via generale ritengo significativo riferire che l'esame del provvedimento ha consentito di quantificare il numero complessivo delle unità che prendono parte alle missioni internazionali, in coerenza con le autorizzazioni di spesa, pari a 8.619 a fronte delle 8.288 di cui al precedente decreto-legge di proroga n. 152 del 2009.
Iniziando con il più dibattuto ambito di impegno internazionale - quello dell'Afghanistan - è noto che la situazione è connotata, ormai a partire dal 2008, da un deterioramento del quadro della sicurezza, che ha visto una sempre più aggressiva azione della guerriglia talebana, la moltiplicazione di attentati e scontri e l'aumento purtroppo del numero delle vittime.
Il più recente attentato ai danni di una pattuglia di cinque bersaglieri italiani nella zona di Shindand a sud di Herat, rimasti fortunatamente quasi illesi, conferma che la prima sfida in Afghanistan resta quella della sicurezza immediata, seguita da quella dello sviluppo economico e della lotta alla corruzione.
La Conferenza di Londra svoltasi il 28 gennaio scorso ha evidenziato gli snodi essenziali per un positivo percorso di transizione basato sulla costruzione di solide istituzioni civili, a partire dalla convocazione del Parlamento, la Loya Jirga, e dal riconoscimento politico delle autorità locali e tribali disponibili a deporre le armi e a dialogare.
L'altra leva su cui la comunità internazionale è concorde è indubbiamente quella del rilancio economico a partire da un'efficace strategia di conversione delle coltivazioni agricole.
Nei confronti dell'Afghanistan appare inoltre essenziale un approccio integrato che contempli un vigoroso impegno anche nei confronti del Pakistan.
Sul piano della presenza italiana il provvedimento ne determina l'aumento di circa 170 unità, in attuazione delle determinazioni assunte in sede internazionale e della decisione presa in dicembre dal Consiglio dei ministri di innalzare il nostro contingente di 1.000 unità, con maggiore incidenza nel secondo semestre del 2010.
In seguito a tale intervento, entro giugno 2010 la presenza media dei militari italiani in Afghanistan sarà pari a circa 3.300 uomini.
Alla luce di tali riflessioni, l'ufficio di presidenza della III Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità di svolgere al più presto una missione in Afghanistan e in Pakistan, ritenuta di indubbia utilità sul piano politico e della cosiddetta diplomazia parlamentare in questa particolare e delicatissima fase.
Per quanto riguarda la situazione in Libano, con la formazione del nuovo Governo di unità nazionale, guidato da Saad Hariri, sembra stia avendo fine il lungo periodo di crisi e instabilità che ha attraversato il Libano a partire dall'assassinio dell'ex Premier e leader sunnita Rafik Hariri Pag. 4(padre dell'attuale Primo Ministro). Tra i primi atti del Governo si segnala l'approvazione, il 2 dicembre 2009, del documento programmatico nel quale, tra l'altro, viene confermato il diritto del movimento sciita Hezbollah ad usare il suo arsenale contro nemici esterni in nome della resistenza. Il documento è stato approvato con l'opposizione di un Ministro cristiano e la riserva di altri tre Ministri cristiani e ricalca nella sostanza il testo approvato nel 2008 dal governo Siniora. Nel corso dell'esame in Commissione, è stato apprezzato il contenuto intervento di riduzione del nostro contingente presso l'UNIFIL, pari a 180 unità rispetto alle attuali 2.100, dovuto al recente avvicendamento dall'Italia alla Spagna nel comando della missione che ha determinato l'avvio di un fisiologico processo di razionalizzazione del contingente italiano senza alcun nocumento per la sua capacità operativa. Nel corso dell'esame il Governo ha riferito che nel futuro riduzioni del contingente saranno possibili solo laddove altri Paesi si rendano disponibili a subentrare alla presenza italiana. Sul piano marittimo si deve riferire che l'Italia detiene in questo primo semestre dell'anno il comando della Maritime Task Force attraverso l'unità navale classe Maestrale.
Passando al quadrante balcanico e ad una breve analisi della situazione in Kosovo, la presenza di forze internazionali in tale regione perdura dal 1999. Dopo l'indipendenza dichiarata unilateralmente nel febbraio 2008, ma mai accettata dalla Serbia, lo status internazionale del territorio rimane controverso, con il riconoscimento solo da parte di un terzo circa degli Stati membri delle Nazioni Unite (tra questi gli USA e la maggior parte dei Paesi europei, Italia inclusa); tuttora contrari all'indipendenza sono invece la Cina, la Russia, il Brasile, l'India e una gran parte dei Paesi meno avanzati. Dopo il vertice di Bruxelles del 11 giugno 2009 si sono gettate le basi per il passaggio della missione KFOR in Kosovo alla fase della cosiddetta deterrence presence con un progressivo aggiustamento dell'impegno militare. Tale situazione è alla base di una forte riduzione della nostra presenza in quel territorio con un passaggio da 1.700 militari, a fine 2009, a circa 540, a fine anno 2010. Indubbiamente permane la preoccupazione per la stabilità della regione, in particolare per il destino della minoranza serba concentrata nel nord del Kosovo e per i monasteri ortodossi presenti in altre parti del territorio kosovaro. Occorre, inoltre, tenere sotto stretto monitoraggio il processo di progressivo radicamento sul territorio della missione EULEX chiamata a subentrare alla missione UNMIK ben più forte sul piano del consenso locale rispetto alla missione europea. In quest'ottica mi preme preannunciare che la Commissione esteri intende svolgere a breve una missione nei Balcani occidentali, a partire dal Kosovo e dalla Serbia (soprattutto in Kosovo per quello che riguarda una verifica della sicurezza dei monasteri), al fine di testimoniare la tradizionale attenzione dell'Italia a questa parte d'Europa che si spera possa al più presto raggiungere, nella sua interezza, il consesso dell'Unione europea.
In Bosnia Erzegovina la comunità internazionale, e in particolare l'Unione europea, appare divisa in ordine al mantenimento o meno dell'ufficio dell'Alto rappresentante, un segnale incoraggiante rappresentato dalla presentazione alla NATO, il 2 ottobre 2009, da parte del Presidente bosniaco di turno Zeljko Komsic della formale richiesta di concessione del MAP (Membership action plan) che costituisce lo strumento ufficiale per il cammino di adesione verso la piena appartenenza all'Alleanza atlantica. Indubbiamente restano vive le preoccupazioni per i mancati progressi sul piano costituzionale e per la radicalizzazione del confronto fra le tre comunità bosniache. Il 18 novembre il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha prorogato di dodici mesi il mandato di EUFOR, la missione europea di stabilizzazione per la Bosnia Erzegovina, che il 4 dicembre 2009 è passata dalla guida italiana a quella austriaca. Anche a seguito della rimodulazione a fini addestrativi a favore delle forze armate bosniache degli obiettivi della missione Althea, la presenza militare italiana Pag. 5in tale ambito è stata riconfigurata e ridotta a circa 250 unità. Le misure previste dal provvedimento al nostro esame, che comportano una diminuzione complessiva del contingente impiegato nelle missioni nell'area dei Balcani occidentali di circa 480 unità, consentono tuttavia al nostro Paese di mantenere una capacità di iniziativa e di dialogo che rimane cruciale per la stabilizzazione dei Balcani occidentali e che presuppone un forte coinvolgimento della Serbia, che proprio il 22 dicembre scorso ha presentato la propria candidatura per l'adesione all'Unione europea.
Procedendo nell'esame tengo a sottolineare la necessità di sostenere l'impegno internazionale nelle aree di crisi africane come il Sudan e la Somalia: come testimonia la vicenda del rapimento dei nostri connazionali in Mauritania, occorre la massima assunzione di responsabilità per stroncare ogni minaccia terroristica. A tale proposito, è opportuno documentare l'aumento di unità impegnate nelle missioni navali nel Mediterraneo e al largo della Somalia, come pure nella missione UNAMID in Darfur, dovuto alla turnazione tra gli Stati partecipanti e a necessità di carattere operativo. Quanto ai teatri di intervento si deve segnalare che, a differenza del precedente decreto-legge, nel provvedimento in esame è nuovamente presente la missione di cooperazione con l'Iraq, che consiste nell'assistenza alla navigazione per il trasferimento dall'Italia all'Iraq di unità navali (nella fattispecie pattugliatori), realizzate da Fincantieri e acquistate dal Governo iracheno nel quadro del Trattato di cooperazione tra Italia e Iraq del 2007, la cui ratifica è stata autorizzata con legge n. 29 del 2009.
Nel complesso, le modifiche apportate ai singoli scenari di intervento sono apparse coerenti con quanto preannunciato dai Ministri degli affari esteri e della difesa in occasione delle comunicazioni rese alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato lo scorso 10 dicembre 2009. Il provvedimento in esame, come preannuncia il titolo, reca alcune novità in tema di reclutamento del personale diplomatico conseguenti all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, in ottemperanza alle norme del Trattato relative all'istituzione del Servizio europeo di azione esterna (SEAE). Al riguardo, mi preme sottolineare che il cosiddetto servizio diplomatico rappresenta per il nostro Paese un'occasione da cogliere senza esitazioni nella prospettiva del rilancio e della promozione del nostro sistema Paese, tenuto conto delle esternalità positive che potranno derivare sul piano economico e nel quadro della gestione della rete italiana all'estero.
Concludo queste mie prime considerazioni sottolineando la soddisfazione registrata nel corso dell'iter in sede referente da parte dei gruppi di maggioranza e di opposizione per il mantenimento di un livello costante di risorse destinate agli interventi di cooperazione allo sviluppo.
Ricordo, a tal proposito, che tale livello è stato peraltro sensibilmente incrementato grazie ad un emendamento approvato da queste Commissioni riunite nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge n. 209 del 2008: ciò ha rappresentato, in un quadro di risorse purtroppo decrescenti del nostro aiuto allo sviluppo, un importante canale di finanziamento la cui continuità appare efficacemente assicurata anche dal provvedimento al nostro esame.
Passando ad illustrare gli aspetti specifici di competenza della Commissione difesa essi sono ricompresi nel capo II del provvedimento dedicato alle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia. L'esame in sede referente ha consentito di registrare come dato di particolare novità rispetto ai precedenti analoghi provvedimenti di proroga le norme in tema di trattamento economico del personale impiegato nelle missioni e quelle in materia di amministrazione della difesa.
Appaiono, invece, omogenei con i precedenti interventi normativi gli articoli con cui si provvede al finanziamento delle singole missioni internazionali in corso di svolgimento, nonché le disposizioni in materia contabile.
Tra le novità figura l'estensione al personale della Guardia di finanza, impiegato Pag. 6nelle missioni internazionali, delle norme sui concorsi interni, già previste dal decreto-legge n. 451 del 2001, per gli appartenenti alle Forze armate impiegati in missioni internazionali.
Tra le disposizioni penali di cui all'articolo 7, si ribadisce l'applicazione alle missioni del codice penale militare di pace e si richiamano le disposizioni concernenti la non punibilità del militare che nel corso delle missioni in conformità alle direttive, alle regole di ingaggio ovvero a ordini legittimamente impartiti, abbia fatto uso della forza o di altro mezzo di coazione fisica, qualificando come delitto colposo il comportamento del militare che eccede colposamente i limiti stabiliti dalla legge.
Ancora nel campo penale un'altra norma rilevante (articolo 9, comma 4) è quella che tutela il personale impiegato nelle missioni in caso di violazione colposa delle disposizioni in materia di tutela dell'ambiente e della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro, escludendone la punibilità quando da questo non si poteva esigere un comportamento diverso da quello tenuto. La norma in questione si è resa necessaria per armonizzare la vicenda normativa con l'assorbimento delle preminenti esigenze poste dall'espletamento delle attività operative o addestrative in condizioni del tutto eccezionali e comunque appare coerente con l'ordinamento in quanto espressione del principio di inesigibilità della condotta. Su tale questione le Commissioni si sono riservate di effettuare un approfondimento anche alla luce del parere espresso dalla Commissione giustizia.
Di particolare rilievo nell'economia dell'esame delle norme di competenza della Commissione difesa sono apparse le norme di cui all'articolo 9, in materia di amministrazione della difesa, finalizzate all'equiparazione tra vittime del terrorismo e vittime del dovere appartenenti alle Forze di polizia e alle Forze armate, per quanto concerne la previsione di riserve di posti per i congiunti delle citate vittime nei concorsi per l'accesso alle Forze armate compresa l'Arma dei carabinieri.
Le Commissioni, inoltre, hanno apportato alcune modifiche al testo in tema di disciplina del personale collocato in aspettativa per riduzione quadri.
Infine, in accoglimento delle condizioni apposte al parere favorevole della Commissione bilancio, le Commissioni hanno apportato modifiche tecniche al testo del provvedimento, oltre alla soppressione della norma di interpretazione autentica di alcune disposizioni concernenti la disciplina sull'aspettativa per riduzione quadri del personale militare.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Stefani.

STEFANO STEFANI, Relatore per la III Commissione. Appare opportuno infine ricordare che nel corso dell'iter è stato espresso l'auspicio, favorevolmente accolto dal Governo, affinché il Parlamento elabori una riforma delle missioni internazionali così da tenere il più possibile disgiunti gli aspetti amministrativi e finanziari da quelli politici connessi alle missioni internazionali e promuovere una riflessione politica sui teatri d'intervento italiano, tempestiva e al passo con gli accadimenti internazionali.
Nell'auspicio di avere in questo modo segnalato le maggiori questioni esaminate dalle Commissioni affari esteri e difesa e la portata politica connessa all'esame del decreto-legge in titolo per il ruolo e l'immagine internazionale del nostro Paese, anche in vista delle sempre maggiori responsabilità dell'Italia nell'ambito dell'azione esterna dell'Unione europea, ringrazio la Presidenza e gli onorevoli colleghi per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giulio Marini. Ne ha facoltà.

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GIULIO MARINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario e onorevoli colleghi, oggi iniziamo la discussione in quest'Aula di un provvedimento che riguarda la vita di milioni di civili. Infatti, proroga delle missioni e della partecipazione italiana alle missioni internazionali significa proroga di tutti quei processi a sostegno della pace in regioni e territori martoriati da azioni di guerra, processi che avranno come risultato il risparmio di migliaia di vite umane.
Purtroppo ad oggi i dati delle migliaia di vittime innocenti non sono incoraggianti: da un rapporto diffuso a Kabul dalle missioni delle Nazioni Unite di assistenza all'Afghanistan i civili morti lo scorso anno sono stati oltre 2.412, il 14 per cento in più rispetto all'anno precedente.
In Pakistan le vittime aumentano a vista d'occhio: dopo la strage sanguinosa durante un torneo di volley tra ragazzi che ha provocato più di 80 morti, qualche giorno fa la notizia di una potente bomba che ha causato la morte di varie persone, fra cui quattro giornalisti stranieri.
Tutto ciò, colleghi, ci chiama quindi ad una pronta e rapida risposta attraverso lo strumento legislativo della proroga delle partecipazioni italiane alle missioni internazionali, provvedimento che permette di rimarcare in modo deciso, tra l'altro, il ruolo che a livello internazionale il nostro Paese riveste nella ricerca della pace e della stabilizzazione di quei Paesi che attraversano momenti di grande difficoltà politica.
Tra le disposizioni urgenti al vaglio quest'oggi, nel caso afghano vi è quella di offrire il sostegno più ampio al Governo per sostenere ed assistere una popolazione che, stremata sempre di più, aspetta protezione ed aiuti contro la violenza che ogni giorno viene dagli attentati e dai combattimenti.
L'Italia è in prima linea nella lotta ad ogni forma di terrorismo. La pratica di utilizzare atti vili e violenti contro innocenti per rivendicazioni di stampo ideologico-politico deve essere condannata e debellata in nome di una ricerca democratica di stabilità politica.
Il terrorismo raccoglie ogni giorno nuovi proseliti in zone nelle quali regna la disperazione soprattutto economica e trova seguaci che inganna con false ideologie e che spinge ad azioni inumane, che come unico e solo obiettivo hanno quello di uccidere persone innocenti. Non vi sono ideali né ideologie che possano giustificare una tale azione criminosa e crudele.
L'Italia può e deve fare la propria parte con tutti gli strumenti a disposizione per permettere che questa assurda piaga di morte finisca.
Una lotta vera contro il terrorismo necessita di stanziamenti ed è per questo che nel provvedimento è prevista, ad integrazione degli stanziamenti assegnati già dalla legge finanziaria per il 2010 alla legge n. 49 del 26 febbraio 1987, l'adesione al fondo fiduciario della NATO, che significa in questo senso sostegno pieno e forte nella lotta contro il terrorismo per il raggiungimento di obiettivi politici pacifici e duraturi.
Questa lotta contro ogni forma di violenza porterà il consolidamento delle istituzioni locali verso una piena responsabilità dei governi. Si tratta di un obiettivo che, tra l'altro, il Governo di Kabul ha indicato tra le proprie finalità nella recente Conferenza di Londra, sottolineando la futura intenzione di assumere il comando delle operazioni di sicurezza da qui a cinque anni.
Perché un popolo possa raggiungere quella pace, che tutti noi ci auguriamo, in tempi brevi, è necessaria una stabilità, che deve essere politica, economica e sociale. Le nostre Forze armate e di polizia lavorano ogni giorno in Afghanistan, Pakistan, Somalia, Libano, Sudan, Kosovo e in tanti altri teatri di guerra, proprio per garantire il raggiungimento di questo lento processo di stabilizzazione.
L'impegno dell'Italia, proprio in Afghanistan, sarà sottolineato, ancor più, attraverso l'aumento del personale impegnato nella missione, che aumenterà di 170 unità e che vedrà, entro il 2010, un totale di mille militari in più, proprio nel territorio afghano. Pag. 8
Per la grande professionalità che caratterizza le nostre Forze armate, ci è stato richiesto uno sforzo maggiore e il Governo ha ritenuto di concederlo. Adesso, spetta a questo Parlamento mostrare la stima verso i nostri ragazzi che sono impegnati in Afghanistan, ormai, da diversi anni, con grande entusiasmo, serietà e spirito di sacrificio, lontani dalle loro famiglie, dagli affetti più cari, con l'unico e solo obiettivo di avvicinare l'ora della pace.
L'aumento del complesso di personale militare e forze di polizia impegnato nelle missioni internazionali da 8.288 della precedente proroga a 8.619 unità - a dispetto di quanto alcuni hanno definito come uno spreco di risorse - segue le promesse, che questo Governo ha fatto e alle quali tiene fede, di miglioramento delle condizioni di sicurezza dei militari. Un aumento di organico, infatti, comporterà un migliore dislocamento delle forze sul territorio e una maggiore copertura a livello logistico per la prevenzione anche di attacchi contro il nostro contingente.
Il nostro Paese, inoltre, non deve dimenticare i soldati caduti nell'adempimento del proprio dovere per la difesa dei principi di libertà e di pace nei vari teatri di guerra.
Ringrazio il Governo per aver voluto inserire l'equiparazione della disciplina delle Forze armate a quella delle Forze di polizia proprio per quanto riguarda i caduti. Verrà prevista, infatti, una riserva fino al 25 per cento dei posti messi a concorso per il reclutamento delle Forze armate (compresa l'Arma dei carabinieri), anche per i coniugi, i figli superstiti e i parenti in linea collaterale di secondo grado, qualora unici superstiti. La stessa riserva sarà prevista per i congiunti di personale delle Forze di polizia deceduti in servizio.
Concludo, onorevole Presidente, spronando tutti a tirar fuori l'orgoglio come popolo italiano, di fronte ai molteplici risultati finora raggiunti, e invitando all'unità per il sostegno delle missioni internazionali italiane, senza distinzione di partito o coalizione, perché la ricerca della pace non deve avere colore politico.
Dall'Europa giungono segnali positivi sulla politica intrapresa in materia di difesa e sicurezza, che ha visto, ad oggi, più di 70 mila persone coinvolte in ventidue missioni ed operazioni a sostegno della pace e della sicurezza internazionale. Sicurezza e stabilità sono le parole chiave per poter proseguire nel difficile lavoro di diplomazia e dialogo per la composizione delle tante guerre ancora oggi presenti nel mondo.
La risposta del nostro Paese, oggi più che mai, deve essere chiara, e netta la presa di posizione, attraverso la proroga delle missioni internazionali, di continuare a ricoprire quel ruolo che, da più parti, ci riconoscono: essere, cioè, tra i migliori attori internazionali nella risoluzione dei conflitti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, rappresentante del Governo e rappresentanti della maggioranza, in questo intervento, che svolgo durante la discussione sulle linee generali, non vorrei prendere in esame alcuni aspetti di dettaglio, anche se importanti, che riguardano l'articolato dell'ennesima proroga. Lo farò, infatti, domani, in sede di Comitato dei nove, in modo più puntuale e preciso, mettendo in evidenza alcune delle tante ombre ed anche alcune luci del provvedimento in oggetto che, come Italia dei Valori, e come opposizione, abbiamo contribuito ad illuminare.
Segnalo, peraltro, alcuni aspetti che mi sembrano, invece, di principio e di sostanza. Voglio ricordare la nostra grande caratterizzazione, la forza di una presenza che va nel senso della umanizzazione, della ricostruzione e dell'addestramento, così come richiesto dal progetto ISAF piuttosto che da Enduring freedom.
Voglio, però, anche ricordare che, all'interno del ruolo che abbiamo acquisito nella politica europea di sicurezza e di Pag. 9difesa, l'11 e il 12 dicembre 2008 l'Europa ha assunto degli impegni importanti in termini di capacità di dispiegamento di forze nell'ambito delle missioni internazionali.
In questo quadro di riferimento e di condivisione dell'Unione europea, vi era una forte caratterizzazione dell'Italia, soprattutto in riferimento all'articolo 24 del Trattato di Lisbona, che «costringe», in senso positivo e propositivo, la nostra nazione, il nostro Governo e il Parlamento (del quale parlerò tra qualche momento) a indirizzare gli sforzi nel senso della più ampia condivisione possibile nell'ambito di una politica europea di sicurezza e di difesa degna di questo nome.
In questo scenario, l'Italia assume una presenza preponderante ed è il primo Paese dell'Unione europea fornitore di truppe all'ONU in operazioni di peace-keeping. Ciò vuol dire che migliaia di cittadini italiani, appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia, sono da tempo impegnati all'estero in missioni di servizio alla pace e alla sicurezza internazionale.
Faccio questa premessa per dire che non è più ammissibile - mi rivolgo al Governo e ai relatori di maggioranza - che si applichino ancora disposizioni inserite di volta in volta in provvedimenti legislativi con cui si dispone il finanziamento delle missioni internazionali. Credo che sia necessario uscire da questo paradosso e da questa contraddizione.
Per quello che ci riguarda, in Commissione difesa abbiamo avviato un percorso per far sì che il tema della proroga diventi un tema di sostanza e di grande connotazione, in grado di esprimere la posizione del Governo - che è in qualche modo assente, da questo punto di vista, perché non interviene in termini di principio e di organizzazione strategica - ma anche una presenza delle opposizioni - e qui segnalo una presenza forte, qualificante e qualificata - nella costruzione di un percorso serio, credibile e concreto per la dotazione, finalmente, per uno Stato moderno, in linea con i dettami dell'Unione europea e del Trattato di Lisbona che ricordavo poco fa, di una legge-quadro sulle missioni internazionali.
Credo che, come opposizione, abbiamo fatto un buon lavoro. Necessariamente il Governo ha dovuto svolgere la propria parte, così come i presentatori delle altre proposte di legge. Tuttavia, credo che noi dell'opposizione, dell'Italia dei Valori, chi vi parla, e il Partito Democratico, abbiamo fornito un grande contributo per uscire finalmente dalle secche di una palude che ci costringe costantemente a procedere attraverso delle proroghe.
Invece, proprio per il rispetto dell'attività che svolgiamo, dell'interesse che rappresentiamo e della voglia di contraddistinguere la nostra presenza, ma direi soprattutto per il rispetto delle tante giovani vite spezzate in questi scenari e soprattutto in Afghanistan, dobbiamo immediatamente cominciare a chiudere la partita delle missioni internazionali con la legge-quadro di cui parlavo.
Se lo facessimo tutti quanti insieme, maggioranza e opposizione, con un Governo che finalmente batte un colpo, sicuramente avremmo fatto un grande passo in avanti, non solo in termini di presenza, ma anche come cifra democratica e di capacità di interloquire con i nostri partner europei all'interno delle missioni internazionali. Non solo, avremmo da guadagnare punti e prestigio all'interno della NATO e dell'ONU.
Segnalo alcuni aspetti che mi sembrano anche importanti per poi ritornare alle missioni internazionali. A più riprese ho avuto modo, in Commissione e in Assemblea - e in questa sede mi sono ripromesso di farlo ogni qualvolta ci sarà la possibilità -, di chiedere al Governo che venga finalmente in Assemblea a riferire, a confrontarsi sulla qualità, sulla presenza, sugli scenari futuri e sulle prospettive che ci vedono protagonisti nelle missioni internazionali e in alcuni scenari evidentemente molto sensibili e che non richiedono una presenza forte e muscolare del Governo nel dare grande disponibilità, come è successo con Obama, quando ci ha chiesto dei soldati. Pag. 10
In quell'occasione, prima ancora di venire in Parlamento e di riferire in che modo e in che misura potevamo essere utili, ci hanno chiesto dei numeri e noi abbiamo dato dei numeri. Noi dovevamo chiedere di fare qualcosa in più di diverso. Molto probabilmente ci voleva un Governo maturo e consapevole, che avesse la forza e il coraggio di dotarsi anche di un intero Parlamento a supporto di alcune scelte e che fosse venuto a riferire allora (non parlo di anni fa, ma del 10 dicembre), laddove invece il Governo, nelle persone dei due Ministri degli affari esteri e della difesa, ha fatto una comunicazione frettolosa di alcuni adempimenti a cui si andava incontro non come Governo, ma come nazione.
Invece, andava trovata una sede opportuna e giusta e forse parte del Governo e della maggioranza ritiene che sia sconveniente il Parlamento, ma è prerogativa delle Camere discutere delle missioni internazionali. Non solo, ma sarebbe stato anche un Governo più forte e autorevole se avesse fatto partecipare e avesse condiviso e chiamato a responsabilità, come fa sempre nei momenti negativi, l'intera opposizione rispetto a questo dato. Lo dicevo e, insisto, lo ripeterò ogni volta, fino a quando il Governo non verrà in Assemblea a dire che cosa vuole fare, a riferire, a confrontarsi, a riferire sullo stato delle missioni, su quello che vuole fare negli scenari di cui si è parlato e di cui si tracciata qualche direttrice poc'anzi. Infatti, il Governo deve capire che troverà il gruppo Italia dei Valori, ma anche l'intera opposizione, disponibile a ragionare su alcune questioni di interesse nazionale, piuttosto che puramente governativo.
Penso che sia importante discutere di questo, perché abbiamo bisogno di avere il conforto e la presenza, come diceva il Ministro La Russa, di un Governo forte. Quando quest'ultimo riconosceva, il 10 dicembre, in Commissione che questo Parlamento e questa nazione possono contare su un'opposizione responsabile, se l'opposizione è responsabile o lo è sempre, o non lo è mai: non può essere una opposizione responsabile a scatti. Credo che su questo bisogna che si faccia un minimo di chiarezza e si ristabiliscano alcune priorità e prerogative: i momenti e le sedi giuste sono qui in questo Parlamento perché qui è importante che si definiscano le linee direttrici all'interno delle quali si va a consolidare la nostra presenza. Non è stato bello, utile e fruttuoso, soprattutto per il Governo, andare alla Conferenza di Londra senza aver comunicato, come si usa fare, senza essersi come dico io confrontato con l'intero Parlamento per rafforzare la propria posizione. Siamo stati costretti noi a presentare una mozione, che è stata calendarizzata, di cui abbiamo discusso insieme alle altre, e che poi è stata approvata, vincolando le scelte del Governo.
Ma io penso che rischiamo di avere un Governo isolato rispetto alle scelte di carattere generale, non ci si riconosce invece all'interno di un palcoscenico più grande dove gli altri non sono gli attori giovani o che non hanno possibilità di esprimersi, ma sono coloro i quali danno forza e sostanza alle scelte dell'intero Governo. Al di là della polemica ideologica e gratuita, che a me non interessa, così come si è capito in questi mesi di mia presenza in Parlamento, credo che sia importante invece non perdere ulteriori occasioni - mi rivolgo al Governo che è presente - perché oggi non abbiamo più tempo di continue rimostranze reciproche, abbiamo la necessità invece di portare avanti insieme un percorso che sia sviluppato e sviscerato all'interno delle sedi parlamentari. In questo contesto, soprattutto per gli scenari che si vanno componendo, non bastano le sedi delle Commissioni, che sono uno strumento, ma il Parlamento è il momento più alto e solenne all'interno del quale si dice anche al Paese quello che si vuole fare. Su questo ci dobbiamo in qualche modo cimentare.
Ma evidentemente non mi riferisco a questo scenario così desolante del Parlamento - lo dico al Governo e ai colleghi di maggioranza - nel momento in cui continuiamo a discutere delle missioni internazionali, anche se si tratta di discussioni sulle linee generali, anzi a maggior Pag. 11ragione. È sconfortante vedere un Parlamento così vuoto, come se si trattasse di pura routine rispetto alle cose da fare; come se noi procrastinassimo nel tempo a scadenza una ratifica di un qualcosa che avviene per necessità. Penso che noi dovremmo anche far passare un messaggio di cultura all'interno di questo Parlamento, laddove sui principi generali tutti si riconoscono, tutti sono attenti e tutti concorrono affinché non una sola parte, ma l'intero Parlamento e tutte le posizioni politiche vengano ricomprese e si parli con una sola voce, per far capire che l'Italia ha un'idea precisa delle missioni internazionali, come farle e come utilizzare le risorse umane e finanziarie.
Poi, su taluni aspetti che riguardano complessivamente non solo l'Afghanistan, sul quale poi tornerò, penso che vadano attenzionati alcuni punti importanti: non si possono liquidare così come si è fatto nella relazione, perché credo che bisogna usare una grande cautela. Sono molto preoccupato per il ridimensionamento - che non è razionalizzazione, è ridimensionamento - non solo e non tanto rispetto al Libano, ma rispetto ad alcune realtà che riguardano il quadrante balcanico, per esempio la Bosnia-Erzegovina. Io dico: stiamo attenti, perché in quelle realtà c'è il fuoco sotto la cenere e dovremo stare attenti affinché ci sia una presenza importante e costante da parte nostra e si rafforzi anche sotto il profilo delle missioni di carattere civile.
Su questo tema noi ci dobbiamo misurare, sapendo che dobbiamo fare tanta strada insieme. Credo che dovremmo anche pensare, per esempio, che la diminuzione di diverse presenze in questi scenari non ci aiuta ad essere più forti e anche più credibili, soprattutto per cambiare l'orientamento di alcune presenze che io ritengo assolutamente indispensabili. Infatti noi siamo stati apprezzati a livello internazionale per la qualità all'interno degli scenari delle missioni internazionali e soprattutto per le capacità umanitarie di ricostruzione e di addestramento che sono la nostra peculiarità. Uno dei limiti più grandi è che non si è riusciti da parte del Governo a mettere insieme in piedi un modello tutto italiano di presenza nelle missioni internazionali. Su questo noi potremmo essere utili, necessariamente utili, nella fase di un confronto per la costruzione di un modello italiano all'interno di alcune realtà, come quella afghana attraverso i PRT, che ci possono dare finalmente la cifra della nostra presenza per la capacità che abbiamo dimostrato nel momento in cui siamo stati chiamati sul profilo del bilanciamento delle presenze tra militari e civili.
La presenza a livello di impegni internazionali che abbiamo assunto, attraverso le 123 missioni militari fuori dai confini nazionali di cui 31 sono ancora in corso, stanno a dimostrare che c'è una storia, c'è una cultura della nostra presenza nelle missioni che dovremo esaltare nella fase in cui, soprattutto dopo la partecipazione dell'Italia all'interno della Conferenza di Londra, molto probabilmente dovremo ripensare anche alcuni aspetti.
Ciò soprattutto anche in virtù di una serie di precisazioni che sono emerse dall'approvazione delle mozioni a livello unitario all'interno di questo Parlamento.
Vorrei ricordare anche in che modo e in che misura il mio gruppo è arrivato a definire la propria presenza per far sì che la sua azione rappresenti uno strumento ulteriore che può rafforzare le scelte del Governo, poiché l'Italia dei Valori non deve essere vista necessariamente come gruppo di opposizione, ma come gruppo che vuole puntualizzare le questioni sempre e comunque e che vuole essere utile affinché queste missioni raggiungano gli obiettivi che da sempre ci hanno richiesto e per le quali sono nate: la pace, il rilancio socio-economico, la capacità di stabilizzare e anche di rendere sereno e tranquillo lo sviluppo delle intere popolazioni di cui ci occupiamo.
Ricordo a tutti voi, a quest'Aula vuota - mi auguro che il rappresentante del Governo ascolti - che il gruppo dell'Italia dei Valori, ogni qual volta si è dovuto affrontare il voto sulla proroga delle missioni internazionali, si è sempre responsabilmente assunto l'impegno di sostenerle Pag. 12votando a favore della conversione in legge dei relativi decreti-legge, di volta in volta presentati dal Governo, senza «se» e senza «ma», a sostegno dell'operato delle nostre Forze armate e dei tanti civili impegnati nei diversi scenari internazionali, dunque a fianco dei nostri militari e civili.
Certamente abbiamo stigmatizzato in ogni occasione il fatto che occorreva riflettere sempre di più, a maggior ragione con l'intensificarsi degli attacchi, anche mortali, diretti nei confronti dei nostri militari presenti nella regione di Herat, con riferimento all'Afghanistan, in particolare sulla durata e sull'opportunità di un prolungamento della nostra presenza. Queste riflessioni sono state sempre sollecitate durante i dibattiti in Assemblea che hanno preceduto e seguito il voto di conversione, anche in relazione ai maggiori impegni di spesa per la parte afferente la cooperazione e lo sviluppo, ma senza alcun risultato.
Siamo stati favorevoli perché eravamo convinti che i nostri militari dovessero continuare l'esercizio di una missione che doveva rimanere una missione di pace con tutte le garanzie e la sicurezza possibili, ma oggi non basta, le missioni di pace si fanno in maniera diversa, così come ha detto Obama e come si è detto nell'ultima Conferenza di Londra di fine gennaio. Si fanno con il supporto formativo, sanitario e anche industriale, come ci ha insegnato e come ci hanno richiesto il governatore di Herat insieme al suo Governo nell'aprile 2009 in IV Commissione.
Tuttavia, dopo l'ennesimo e doloroso episodio occorso ai militari italiani il 17 settembre 2009 non per una polemica in un momento particolare, ma con la volontà di stimolare in tutti noi una riflessione, insistiamo, come stiamo già facendo da mesi, sulla necessità che il Governo avvii al più presto in sede NATO e ONU un confronto con i nostri partner sul senso e sulla natura di questa missione e che da subito - lo ribadisco ancora volta - si apra in Parlamento un confronto per stabilire tempi e modi di una exit strategy, che non significa andare via, una via d'uscita, ma significa mettere all'interno di questa i contenuti e le cifre degli impegni in termini di patrimonio umano, personale e di risorse e gli obiettivi che si vogliono raggiungere, che tuttora, invece, sono solo delle enunciazioni. Occorre, al contrario, inserire anche i contenuti, i tempi e le strategie per capire in che modo si possa essere utili.
Ricordo inoltre a me stesso e a voi che, come ho detto prima, vi è stata la presentazione di una mozione da parte dell'Italia dei Valori volta ad avviare una riflessione in Parlamento sui modi e sui tempi della missione per una ridefinizione della nostra presenza in Afghanistan. Successivamente il Governo ha approvato un decreto-legge bimestrale - siamo arrivati anche a questo paradosso! - con il quale si finanziano le missioni solo per i mesi di novembre e dicembre per problemi di copertura finanziaria, scelta quanto mai criticata anche da settori della maggioranza perché non si possono onorare in questo modo gli impegni internazionali con tanta precarietà di fondi e tanta approssimazione, in attesa poi di un'organica riforma relativa al finanziamento in bilancio di tali missioni.
Su tale decreto-legge l'Italia dei Valori ha voluto dare un segnale di discontinuità e di critica, nonché di stimolo costruttivo decidendo per l'astensione sull'intero provvedimento di dicembre. Come ho già dichiarato, ma lo voglio ripetere per evitare che vi siano dei fraintendimenti sulla nostra posizione, a quel tempo, ossia a dicembre, non dieci anni fa, vi è stato un segnale politico ben preciso: l'astensione andava letta come ulteriore apertura di credito, come spiraglio aperto, un'astensione da leggere nell'ottica del bicchiere mezzo pieno, un'astensione di buon senso istituzionale lontana da ogni tentazione demagogica e strumentale.
Quella è stata un'astensione dialettica e positiva che chiamava a responsabilità il Governo, al quale l'Italia dei Valori chiedeva, e chiede, finalmente di venire in Aula a riferire sul presente e sul futuro delle missioni internazionali. L'Italia dei Valori chiede, inoltre, al Governo di impegnarsi Pag. 13con un alto profilo politico e istituzionale a confrontarsi in Assemblea e con gli italiani su quella mozione che, a oggi, è diventata patrimonio dell'intero Parlamento e dell'intera Italia. Rispetto a questa mozione, il Governo ci deve dire cosa ne vuole fare e quali impegni vuole assumere. Credo che questa posizione non abbia rappresentato un cambiamento nella nostra linea, bensì la necessaria determinazione a pretendere dei chiarimenti e degli impegni non più rinviabili da parte del Governo e, dall'altro, la volontà di essere chiamati alla collegialità e alla responsabilità, e non ad umilianti e mortificanti ratifiche. Ripeto che non vogliamo comunicazioni dal Governo, ma la ricerca di sforzi sempre più ampi di condivisione.
La mozione ci ha consentito di venire in Aula a parlare di alcune questioni, peraltro annunciate, sottoscritte e condivise anche dal rappresentante della Nato, il nuovo Segretario Rasmussen, che, alla luce dei suoi indirizzi e delle nuove aperture, ci ha consentito poi di mettere in campo una nostra proposta. Penso che tale proposta sia il risultato e il portato di quello che il Presidente Obama e Rasmussen stesso hanno chiesto. Abbiamo, infatti, prodotto un documento all'interno del quale abbiamo dato un grande contributo in termini positivi e propositivi. Da parte nostra vi è stata una volontà di rientrare dentro un percorso che ci aveva visti non protagonisti, ma credo che questa sia una fase dentro la quale oggi è il Governo che ci deve dire come si vuole muovere. La soddisfazione che abbiamo dato ad Obama e anche agli altri partner internazionali di inviare, ad esempio, mille nostri operatori di pace in Afghanistan, deve anche trovare una corrispondenza nelle strategie, negli indirizzi e nelle scelte politiche - perché di questo si tratta - che il Governo vuole fare in aderenza alla PESD, al Trattato di Lisbona e a ciò che è necessario fare per quelle popolazioni, a cominciare dall'Afghanistan. Noi dobbiamo mettere in campo la capacità di una strategia che oggi non è più, come si dice, open ended, ma dotata di benchmark precisi e di una road map chiara, di limiti temporali e di obiettivi da realizzare entro quei tempi. Credo che le mie parole siano anche le stesse che ha mostrato di voler mettere in campo il Ministro Frattini. Allora, rispetto a questa volontà comune, pur utilizzando esperienze e parole diverse, ciò ci deve far riflettere sulla nostra presenza in questi scenari e far capire anche che vi è, da parte del Parlamento, una volontà molto chiara, ovvero che l'impegno per la sicurezza non può e non deve essere a tempo indeterminato.
Negli impegni da prendere contenuti nella nostra mozione, usiamo espressioni come: «con la nostra vocazione»; «con la nostra identità» che sono uguali e non simili a quello che ha chiesto il nuovo segretario della NATO, Rasmussen, quando parla di rinegoziare l'impegno in Afghanistan, combattere la corruzione, di essere efficaci e quando si chiede al Governo Karzai e a tutta la coalizione internazionale di essere presenti e di assumersi interamente le responsabilità. Quando noi diciamo di porre senza indugi, nelle sedi internazionali, l'esigenza di un riesame e di una modifica dei tempi della strategia di intervento al fine di ristabilire la pace e la democrazia; quando parliamo di appoggiare tutte quelle situazioni di lotta alla corruzione e al crimine organizzato per dare stabilità politica e di conciliazione, diciamo le stesse cose dette dal Governo. Allora io ritengo che, rispetto a questo dato, quando abbiamo chiesto al Governo un impegno nelle sedi multilaterali a contribuire all'aggiornamento e alla messa in opera della strategia di intervento per il ristabilimento della pace e della democrazia in Afghanistan, avviando un percorso di transizione e di graduale trasferimento all'autorità di Kabul delle responsabilità di sicurezza, fermo restando il nostro impegno per la stabilizzazione e la ricostruzione dell'Afghanistan, evidentemente noi abbiamo chiesto qualcosa che tutti sentono e che tutti hanno nelle proprie corde, perché è di questo che vogliamo parlare ed è su questo che vogliamo impegnare il Governo.
Ho la convinzione che in questo modo possiamo ristabilire un percorso comune Pag. 14di costruzione, coinvolgimento, collegialità e corresponsabilità, se, senza fare confusione di ruoli o invasioni di campo, ognuno farà la propria parte, ma sapendo che c'è un Governo in grado di guidare il cambiamento di rotta che è emerso nell'ambito della Conferenza di Londra.
Credo che su ciò possiamo essere d'accordo, anche quando il Ministro La Russa parla di un approccio comprensivo rispetto agli obiettivi posti in un recente passato. Su questo siamo d'accordo, ma abbiamo bisogno di sapere cosa intenda fare il Governo, al di là di alcuni annunci e dell'individuazione di punti che il Governo stesso definisce strategici, ma che hanno bisogno di essere declinati in maniera forte e importante all'interno del Parlamento.
Infatti, è vero - lo condivido unitamente all'Italia dei Valori e credo a tutta l'opposizione - che esistono tre binari nell'ambito dei quali bisogna muoversi all'interno della realtà afghana: attraverso un aumento temporaneo dei contingenti militari, con una precisa finalità politica, una maggiore responsabilità del Governo afghano, un rafforzamento dell'impegno nel settore civile e un miglior coordinamento tra questo e la dimensione militare. Ebbene, su questo siamo d'accordo, ma diteci in che modo e in che misura oggi, in questi scenari, che sono sempre più scenari di guerra, questo Governo intenda declinare la propria presenza e caratterizzarla fortemente in termini civili, soprattutto facendo riferimento a questi tre binari, che sono tre titoli importanti, ma che hanno bisogno di contenuti e di sostanza.
Noi, in maniera laica, saremmo pronti ad ascoltare, ad intervenire e anche a dare un contributo di riorientamento e di qualità rispetto a questa presenza, ma credo che abbiamo bisogno di trovare un'armonia, una serenità e una capacità di leggere le cose, partecipando tutti ad un processo che non può vedere protagonista solo la maggioranza.
Credo poi che rispetto a questo dato noi dobbiamo anche essere chiari. Come sostiene anche il Ministro Frattini, il nostro impegno per la sicurezza non può e non deve essere a tempo indeterminato. Lo dico perché si tratta di alcuni aspetti di uno scenario che è stato enucleato da parte dei Ministri della difesa e degli affari esteri in sede di Commissione, all'interno dei quali credo che bisogna trovare una necessaria sintesi. La sintesi è quella emersa dalle esperienze, dal confronto, dal dibattito che si è aperto nella sede della Conferenza di Londra. Penso che bisogna essere seri fino in fondo e credere nelle cose che si sono dette.
Allora, se le cose dette dai due Ministri in audizione - concludo, signor Presidente - il 10 dicembre del 2009, quindi pochissimo tempo fa, corrispondono a realtà, dovremmo riempire di contenuti e di sostanza questi titoli e queste enunciazioni e fare in modo, come diceva il Ministro La Russa - che può contare sempre e comunque su un'opposizione seria e responsabile, se questo è e deve continuare ad essere - che vi sia il pieno coinvolgimento del Parlamento.
Vorremmo che, al di là dei nostri impegni, che rimarranno seri e profondi, il Governo venisse in Aula finalmente a riferire al Parlamento, per dire, in un confronto serio e non con una semplice comunicazione, che cosa intenda fare: se intenda dotarsi dell'intero Parlamento, anche dell'opposizione, per rappresentare non solo se stesso, ma l'intera cifra di una Nazione, l'Italia, che ha conquistato tanto rispetto nell'ambito delle missioni internazionali, attraverso i suoi uomini e spesso attraverso il loro sacrificio.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Chiappori. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, sottosegretario Crosetto, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame concerne la proroga fino al prossimo 31 giugno delle missioni internazionali delle nostre Forze armate e degli associati interventi della nostra cooperazione allo sviluppo sui teatri di crisi. Esso contiene, altresì, importanti disposizioni in favore del personale della difesa e definisce il Pag. 15contributo italiano all'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna dell'Unione europea. Sono al nostro vaglio, quindi, alcuni fra gli aspetti più importanti della politica estera e di sicurezza nazionale del nostro Paese.
Come Lega Nord, intendiamo formulare alcuni rilievi a questo proposito: in primo luogo, anche se gli interventi che contano sono tre ed assorbono da soli la stragrande maggioranza delle risorse umane e materiali utilizzate dalla difesa all'estero, l'impressione che si ricava dalla lettura delle operazioni di cui viene assicurata la prosecuzione sino alla prossima estate rimane quella di un'eccessiva parcellizzazione della presenza militare italiana sui teatri di crisi.
Molte delle missioni, infatti, coinvolgono piccoli drappelli di soldati, carabinieri, poliziotti o finanzieri, senza che sia chiaro quale contorno politico ne tragga il nostro Paese; non è la prima volta che formuliamo questa osservazione, eppure la moltiplicazione dei contingenti, anche quando si tratta di piccoli distaccamenti, implica l'aumento degli oneri logistici, e quindi è all'origine di una crescita della spesa che non pare sempre giustificata. Non tutte le missioni valgono come quella, ad esempio, di contrasto ai flussi migratori illegali in Libia. Anche se voteremo comunque a favore del disegno di legge n. 3097, vorremmo che si riflettesse un po' di più sull'opportunità di continuare o meno su questa strada. Una maggiore selezione degli impegni, infatti, ci sembrerebbe più opportuna.
Per quanto riguarda le operazioni maggiori, è chiaro che la priorità è l'Afghanistan: per quanto il nostro partito abbia sempre lealmente sostenuto la prosecuzione di questa missione, assicurando il proprio voto a tutti i decreti-legge di proroga che l'hanno riguardata, è a tutti nota la preoccupazione, manifestata più volte dalla Lega, per i rischi cui sono esposti i nostri soldati e le prospettive ultime dell'intervento militare occidentale in quel Paese ostico e infido.
Anche se sosteniamo la scelta del Governo di contribuire all'ultimo sforzo richiestoci dall'Alleanza atlantica e dagli Stati Uniti, accrescendo di un migliaio di uomini il nostro contingente, non possiamo fare a meno di rilevare come le perplessità che manifestavamo alcuni mesi fa sono attualmente condivise anche da altri Paesi. Già la scorsa estate era infatti chiaro a molti osservatori che le cose stavano andando male e proprio per questo ci permettevamo di sollecitare una riflessione nazionale sul modo migliore di limitare i danni. Crediamo di aver avuto ragione e lo vogliamo rivendicare: ci voleva un ripensamento ed è arrivato.
Oggi, dopo le conferenze di Istanbul e di Londra dei giorni scorsi, sappiamo che i nostri dubbi erano gli stessi dell'Amministrazione Obama e del Governo britannico e siamo soddisfatti di vedere come, a tutti i livelli, si stiano intensificando gli sforzi per pervenire in tempi ragionevoli ad una soluzione del conflitto in cui siamo coinvolti.
Adesso miriamo tutti all'arrivo di un negoziato e all'accresciuto ricorso alla forza che si profila - ci va bene - in quanto è finalizzato non tanto all'impossibile obiettivo di eliminare i talebani dalla scena politica afgana, quanto, piuttosto, ad indebolirli e a convincerli ad accettare la prospettiva della riconciliazione. Proprio per questo non abbiamo grandi interessi in Afghanistan; tuttavia, ci permettiamo in questa fase di chiedere al Governo, e alla difesa specialmente, di utilizzare tutti gli accorgimenti per ridurre il rischio di nuove perdite nei prossimi mesi, che si preannunciano particolarmente delicati.
Ci chiederanno probabilmente di esporci di più; dobbiamo invece essere abbastanza prudenti.
Osserviamo con favore, altresì, l'evoluzione relativa ai nostri interventi militari nel Libano meridionale e nei Balcani. Da qualche giorno, il generale Graziano non è più alla testa dell'Unifil 2, ma gli è subentrato un generale spagnolo; esistono quindi i presupposti per disimpegnare almeno parte del contingente inviato a sud del fiume Leonte nella tarda estate del 2006. Madrid nicchierà e forse resisterà apertamente all'idea di potenziare massicciamente Pag. 16il suo contingente, ma noi dobbiamo insistere che lo faccia, tanto più che in Afghanistan i nostri militari sono spesso chiamati a soccorrere i loro colleghi iberici, e abbiamo quindi qualche credito da riscuotere.
Abbiamo a lungo desiderato il nostro totale disimpegno dal teatro libanese, dubitando che i caschi blu fossero efficaci nell'impedire le infiltrazioni degli hezbollah nella zona interdetta ai suoi miliziani. La nostra opinione è adesso leggermente diversa, perché è chiaro che la politica mediorientale del Governo che sosteniamo non è la stessa che veniva perseguita da Prodi e da D'Alema e gli stessi israeliani considerano ormai preziosa la presenza dei nostri ai loro confini. Accettiamo quindi la decisione di mantenere il contingente, anche se non nascondiamo il compiacimento di veder contestualmente ridotti gli oneri connessi all'impiego.
Siamo soddisfatti anche della veloce contrazione cui sta andando incontro il KFOR dell'Alleanza atlantica in Kosovo, ritenendo del tutto improbabili azioni militari dalla Serbia nei confronti del nuovo Stato balcanico. Pensiamo anzi che non sia il caso di mantenere nella nuova Repubblica più uomini di quelli strettamente necessari ad assicurare la protezione del patrimonio culturale e religioso dell'ortodossia serba in terra kosovara, ma siamo sulla strada giusta.
Onestamente, invece, non comprendiamo perché il Governo non abbia previsto di inserire nel provvedimento in esame, almeno nella fase dell'iter attualmente in corso, disposizioni che concernono le missioni interforze in atto ad Haiti.
Molti aspetti, in effetti, necessiterebbero di un intervento normativo e di un passaggio parlamentare; intanto, affinché le Camere si possano esprimere sull'opportunità del nuovo intervento e sul modo in cui viene finanziato, in verità non del tutto chiaro, posto che, nelle more della costituzione di Difesa Servizi Spa, non si capisce come le risorse stanziate da Fincantieri e Finmeccanica, di cui ha parlato il Ministro La Russa, possano essere incamerate.
Inoltre, in assenza di una diversa disposizione, occorre ricordare che a tutti i militari coinvolti in questo nuovo intervento si applica automaticamente il codice penale militare di guerra: un fatto paradossale, se si pensa che nel frattempo ai colleghi di stanza nell'infido Afghanistan si applica invece quello di pace; invece, applicando il codice penale militare di guerra riteniamo che la popolazione locale sarebbe forse più tutelata. Ci auguriamo che almeno tale problema venga risolto.
In ogni caso, preannuncio la valutazione positiva della Lega Nord nei confronti del provvedimento e la determinazione del gruppo parlamentare a votare a favore della sua approvazione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mogherini Rebesani. Ne ha facoltà.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, vorrei partire dal dato di fatto, che mi sembra oggi evidente, della condivisione unanime del Parlamento - e credo anche nel Paese - della necessità e dell'opportunità dell'impegno italiano nelle missioni internazionali di pace; come in fondo prevede anche la nostra Costituzione all'articolo 11, si tratta di un impegno concreto per costruire la pace. L'articolo 11 viene spesso ricordato per la prima parte, quella che ripudia la guerra, ma credo venga troppo poco ricordata la seconda parte, che impegna l'Italia a lavorare nelle sedi multilaterali per la costruzione delle condizioni di convivenza e di pace nel mondo.
La nostra partecipazione alle missioni internazionali viene oggi universalmente riconosciuta come uno degli strumenti fondamentali (sottolineo sia il termine «uno» sia il termine «fondamentali») per costruire la pace nel mondo, lo sviluppo di condizioni di vita decenti e di convivenza in molte aree di crisi del pianeta, condizioni di stabilità e prevenzione di conflitti anche in quei continenti sovente dimenticati. Pag. 17
La Lega Nord spesso ci ricorda che forse la nostra presenza è troppo frammentata, ritengo però che anche la singola presenza di uno, due o tre dei nostri militari in alcuni Paesi rappresenti un segnale non soltanto concreto, ma anche politico molto importante per zone del mondo che si sentono veramente dimenticate da tutto il resto dell'umanità (penso quindi che sia fondamentale riaffermare, tra gli impegni italiani, anche questo aspetto).
La nostra partecipazione è necessaria ed opportuna soprattutto in questa fase storica. Dopo la caduta del muro di Berlino si è aperta per l'umanità una fase di probabilmente illusoria pax americana: dopo l'11 settembre siamo stati in qualche modo costretti a far fronte alla terribile ed inaspettata minaccia del terrorismo internazionale, abbiamo poi assistito al fallimento dell'unilateralismo del Presidente Bush, ma con la Presidenza di Obama si apre oggi una finestra di opportunità nuove per la comunità internazionale (il ricorso alle sedi multilaterali, la valorizzazione delle Nazioni Unite, la richiesta agli alleati di giocare in pieno il proprio ruolo, di dare una mano, di aiutare non soltanto come forza lavoro, ma anche come forza pensante, come testa, come impegno). Siamo quindi di fronte ad un'opportunità ma anche a molte sfide, di cui quella militare è sicuramente una delle più importanti. Ma vorrei ricordare anche le altre sfide che abbiamo di fronte, perché credo che la nostra partecipazione alle missioni internazionali faccia parte di un quadro più ampio che volge alla stabilizzazione di alcune aree molto complicate ed alla soluzione di alcuni temi molto complessi che riguardano l'umanità intera.
Il Presidente Obama spesso ha citato il fatto che siamo un unico mondo e che, come unico mondo, dobbiamo trovare soluzioni a problemi che sono comuni. Parlare oggi della nostra partecipazione alle missioni internazionali significa quindi parlare sì di Afghanistan, di Libano, di Balcani, ma significa anche parlare di Iran, di non proliferazione e disarmo nucleare, di ambiente e in qualche modo di crisi economica e di come uscirne tutti insieme.
Proprio la completa condivisione presente in questo Parlamento circa gli obiettivi e lo spirito di fondo della nostra partecipazione alle missioni internazionali permette, credo, quella chiarezza e quella franchezza necessarie anche nell'indicare alcuni punti di perplessità ed alcuni elementi di dubbio, togliendo - con la premessa che ho appena fatto - ogni ipotesi di strumentalità a ciò che sto per dire.
La prima perplessità riguarda il metodo. Ci troviamo oggi a ridiscutere il rifinanziamento della nostra partecipazione alle missioni internazionali a distanza di un mese e mezzo (se non sbaglio) dall'ultima volta che lo abbiamo fatto in quest'Aula: la volta precedente avveniva infatti sei mesi fa e quella precedente ancora un anno fa. Si assiste cioè ad una frammentazione dei tempi del rifinanziamento della nostra partecipazione alle missioni militari, che abbiamo più volte segnalato come problematica, che so essere problematica anche per altre parti politiche presenti in questo Parlamento e che, oltretutto, rende non solo complicata e in qualche modo instabile (precaria, verrebbe da dire) la modalità di finanziamento della nostra partecipazione alle missioni, ma anche un po' svilente il nostro dibattito sul merito delle questioni. Sono anni probabilmente che si afferma infatti che non riusciamo mai ad affrontare nel merito alcune questioni che invece andrebbero esaminate con grande serietà, perché parliamo appunto, in genere, di soldi, di stanziamenti e di numeri.
Per questo sollecito - come abbiamo già fatto nei mesi scorsi - una rapida calendarizzazione, discussione ed approvazione della legge-quadro sulle missioni internazionali (il cui esame in Commissione sta andando avanti), perché penso che sia necessario arrivare in dirittura d'arrivo il più presto possibile proprio per toglierci da questa difficoltà nel discutere di missioni internazionali soltanto in occasione del loro rifinanziamento. Pag. 18
La questione del metodo riguarda anche e soprattutto quello che stiamo finanziando e discutendo oggi. Oggi finanziamo la nostra partecipazione alle missioni per sei mesi per un totale, se non erro, di 804 milioni di euro: di questi 804 milioni, solamente 750 erano stati destinati a questo scopo dalla legge finanziaria, mentre gli altri 54 provengono da tagli ad altri Ministeri. Un mese e mezzo fa avevamo segnalato la problematicità di indicare nella legge finanziaria solo 750 milioni ed avevamo detto che non sarebbero bastati già per i primi sei mesi, ed infatti non bastano neanche per i primi sei mesi.
Questo significa che, tra meno di sei mesi, a giugno, ci ritroveremo a fare i conti con il Ministero dell'economia e delle finanze per capire come rifinanziare le stesse missioni per i successivi due, quattro o sei mesi. È sinceramente uno spettacolo che dovremmo evitare non tanto a noi, ma a quei militari e a quei civili impegnati nelle missioni stesse. Proprio per questo motivo sarebbe utile che il Governo desse piena esecuzione a quell'ordine del giorno che il Governo stesso ha accolto nel dicembre scorso e che impegnava il Governo ad istituire di nuovo il Fondo speciale per le missioni internazionali che, invece, era stato cancellato proprio con l'ultima legge finanziaria.
Il secondo punto di perplessità è di merito e riguarda la riduzione del nostro contingente in Kosovo. So che è una decisione presa in sede NATO con gli alleati. Comunque, passiamo da circa 1.920 unità a 1.441 (so benissimo che non si può dire la cifra precisa) in termini di massimo contingente. È una riduzione di quasi 500 uomini e donne. Credo sia un nostro interesse nazionale avere come priorità la stabilizzazione e il perseguimento delle condizioni migliori di convivenza civile nell'area dei Balcani. È vero che la situazione sta migliorando, ma è anche ovvio che è una zona del mondo in cui le cose possono migliorare velocemente e peggiorare altrettanto velocemente. Vorrei leggere una parte della relazione che i Ministeri della difesa e degli affari esteri congiuntamente ci hanno fatto pervenire soltanto qualche mese fa, poco prima dell'estate, a giugno, riguardo alla missione KFOR in Kosovo: la fragilità della situazione e il rischio di recrudescenza dei conflitti interetnici confermano l'opportunità della decisione dell'Alleanza di mantenere inalterate le forze di KFOR nella consapevolezza che la presenza militare internazionale debba rimanere robusta finché non saranno garantite condizioni di sicurezza adeguate.
Mi auguro che le condizioni di sicurezza siano diventate adeguate in sei mesi; ho però qualche dubbio e qualche perplessità al riguardo. Comunque, se il Governo valuta opportuna questa riduzione così drastica, almeno, come noi indichiamo in uno dei nostri emendamenti, che si aumentino le risorse per la cooperazione e la presenza civile in quell'area, visto che ciò che possiamo forse non fare con i militari, potremmo forse utilmente farlo con mezzi civili.
Sul Libano non ho le perplessità che, invece, nutrono altri colleghi, in particolari quelli della Lega Nord. Credo che anzi sia stato un bene l'aver sventato una riduzione drastica del nostro contingente e averla limitata soltanto a neanche 200 unità (diminuzione dovuta effettivamente all'avvicendamento di comando che vede il generale Graziano sostituito da un generale spagnolo). Penso che l'aver limitato la riduzione del contingente sia stata una scelta saggia ed utile anche perché in Libano parlare di stabilità politica ed istituzionale purtroppo suona quasi come una contraddizione in termini, essendo un'altra di quelle aree del mondo dove la stabilità purtroppo a volte ha tempi molto brevi.
L'altro punto di perplessità riguarda l'Afghanistan. Questo decreto-legge prevede l'aumento di 170 uomini e donne, in questi sei mesi, dopo che vi era stato un annuncio roboante di un aumento di 1.000 uomini e donne, soltanto un mese e mezzo fa, e poi riconfermato, credo ieri, al segretario di stato alla difesa Gates dal Ministro La Russa. Mi chiedo per quale motivo avviene che si passi dall'annuncio di mille uomini alla concreta scelta di 170 Pag. 19uomini nei primi sei mesi del 2010. È noto che la primavera e l'estate in Afghanistan sono i momenti più utili per incrementare le forze militari sul campo. Mi chiedo perché il nostro Paese abbia scelto di aumentare significativamente il proprio contingente soltanto a partire dall'autunno, quando, quindi, le operazioni militari sono obiettivamente ridotte. Mi chiedo per quale motivo non seguire quelle indicazioni che anche la conferenza di Londra ha indicato molto chiaramente ovvero di aumentare le risorse per le operazioni civili. I fondi per la cooperazione è vero che non sono diminuiti rispetto all'anno scorso (l'anno scorso a gennaio erano spariti). In Commissione e poi in Aula siamo riusciti a reintrodurli con lo stesso identico stanziamento dell'anno precedente, ovvero 45 milioni per il primo semestre. Nel secondo semestre le risorse sono ancora diminuite. Oggi ci troviamo, fortunatamente, ad avere una cifra invariata rispetto al primo semestre del 2009. Invitiamo, però, anche questo attraverso un nostro emendamento che mi auguro possa essere valutato positivamente, ad aumentare le risorse per la cooperazione in Afghanistan.
Infatti, Londra dice chiaramente che la riconciliazione può avere successo, a condizione che vi sia un concreto miglioramento delle condizioni di vita dei civili. È evidente che la differenza tra ciò che spendiamo tutti noi (non solo noi italiani) impegnati in Afghanistan nel civile e nel militare è sproporzionatissima (il rapporto è 1 a 10: uno destinato al soccorso umanitario e alla ricostruzione civile; 10 alla spesa per le operazioni militari). In Italia devo dire che questo rapporto è leggermente migliore: 12,5 per cento per il civile, 87,5 per cento il militare. Credo però che le indicazioni della Conferenza di Londra di bilanciare - cito testualmente - gli sforzi militari e quelli civili possano richiedere da parte nostra uno sforzo leggermente maggiore per aumentare le risorse che destiniamo alla costruzione di una società civile più solida e di condizioni di vita più accettabili per gli afghani stessi, posto che il nostro obiettivo è rendere migliore la vita appunto degli afghani in Afghanistan e rendere così più difficile per i talebani il ricorso a sacche di insoddisfazione e di malcontento diffusi, che chiaramente non favoriscono la missione dell'Alleanza atlantica in quel Paese. Mi fa piacere poi vedere nel decreto che un capitolo particolare di spesa è destinato ad una conferenza regionale per la società civile da realizzarsi insieme alla rete delle ONG afghana. Mi auguro che siano false le voci sul fatto che questa conferenza dovrebbe svolgersi in Italia perché penso che sarebbe piuttosto complicato portare le organizzazioni non governative di società civile afghane nel nostro Paese, e sarebbe forse una contraddizione in termini rispetto a quanto vogliamo costruire lì (ma spero di essere smentita su questo). Inoltre - non è una perplessità, è una speranza, un auspicio - ho un dubbio, un interrogativo (che spero l'onorevole Crosetto possa aiutarmi a sciogliere) che riguarda la qualità del nostro intervento, oltre e soprattutto rispetto alla quantità: che cosa scegliamo di fare e che strumento scegliamo di impiegare. In fondo discutere degli obiettivi dovrebbe aiutarci ad identificare gli strumenti migliori e non viceversa. Noi partiamo sempre dallo strumento per arrivare poi a capire che cosa far fare alle persone e ai mezzi che abbiamo inviato sul territorio. A tal proposito, voglio citare di nuovo le conclusioni della Conferenza di Londra che si riferiscono chiaramente all'obiettivo principale del trasferimento dei poteri al Governo afghano, alle forze di polizia e alle forze armate afghane. Si tratta di due frasi riferite dai mezzi di informazione, una a Gates (presente a Roma proprio ieri ed oggi), e l'altra a Biden nel suo incontro con il Presidente Fini.
Gates avrebbe detto ieri a La Russa che, più che aumentare i numeri, bisogna vedere quanti sono addestratori, quanti formatori o guide, e come li impegniamo. Sappiamo che i nostri Carabinieri sono molto stimati e molto utili sul terreno afghano. Non sappiamo - in qualità di Parlamento - in questo momento come il Governo intenda comporre quei 170 che Pag. 20invieremo già nel primo semestre e i rimanenti che probabilmente saranno impegnati nel secondo semestre del 2010, e quanti di questi saranno formatori. Io mi auguro che siano molti, seguendo le indicazioni, che Francia e Germania stanno assumendo, di inviare - credo - solamente formatori, e capisco che il nostro orientamento sia diverso ma mi piacerebbe capire qual è la formazione interna delle forze aggiuntive che mandiamo in Afghanistan. Pare che anche il Vicepresidente Biden, parlando con il Presidente Fini, abbia indicato che dieci carabinieri hanno in Afghanistan il valore di cento soldati. Senza sminuire assolutamente il valore dei nostri soldati in Afghanistan, penso sia però prioritario partire dal che cosa facciamo e su quale terreno caratterizziamo la nostra presenza lì, sapendo che abbiamo dei punti di eccellenza che probabilmente è utile sfruttare al massimo. Quindi, mi auguro che riusciremo insieme - come Parlamento, quindi non mi riferisco solo alle forze di Governo - nelle Commissioni e in Assemblea a ragionare soprattutto di questo: degli obiettivi, degli strumenti, del cosa e del come fare al meglio la nostra parte all'interno della missioni internazionali, posto che sul se partecipare alle missioni internazionali dubbi in questa Assemblea non ve ne sono.
Da questo punto di vista ritengo che il Governo avrebbe tutto l'interesse a coinvolgere il più possibile il Parlamento. Sotto questo aspetto il fatto che il Ministero degli affari esteri non sia venuto nelle Commissioni riunite difesa ed esteri prima della Conferenza di Londra, come invece avevamo chiesto che facesse, per condividere - non soltanto per informarci - alcune linee di proposta d'azione italiana, ritengo che abbia costituito un'occasione mancata. Spero e mi auguro che in futuro avremo modo di recuperare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 3097-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la III Commissione, onorevole Stefani, rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, vorrei velocemente rispondere ad alcune domande che mi sono state poste, ringraziando i colleghi per gli interventi e per il fatto che ognuno ha preannunziato che il proprio gruppo voterà a favore di questo importante provvedimento.
Inizio dall'ultimo intervento. L'onorevole Mogherini Rebesani chiede perché in Afghanistan delle mille persone annunciate a dicembre ne saranno inviate centosettanta. Ciò proprio per le motivazioni che lei ha citato nella parte finale, nel senso che il Governo voleva prima osservare l'evoluzione anche dell'incontro di Londra. In secondo luogo, perché mille persone in più nella parte nord-ovest, dopo che vi era già stato lo spostamento ad Herat del contingente che avevamo a Kabul, significa anche un investimento infrastrutturale. Non c'era lo spazio fisico per ricevere le persone. Anche la composizione del contingente e la presenza all'interno del contingente di formatori, cioè dei carabinieri, dipende dalla possibilità del Governo afghano di fornire luoghi dove formare le persone e soprattutto alimentare le persone che devono essere formate. È lo stesso Governo afghano ad averci chiesto di frenare l'invio perché non avrebbe strutture idonee né l'offerta di personale da formare. Non è stato Gates a parlare di un aumento dei formatori: è stato il Ministro La Russa a dire che è nostro interesse, all'interno delle mille persone, aumentare il più possibile il numero di formatori rispetto al numero di militari presenti adesso in Afghanistan.
Se devo dire qualcosa sulla Conferenza di Londra, quest'ultima ha espresso quanto il Governo italiano, con minore Pag. 21autorevolezza rispetto al Governo americano, dice da anni. Adesso la strategia vincente sull'Afghanistan è una strategia di cui questo Governo ha riferito alle Camere in Commissione sin dall'inizio: lasciare poco per volta la parte militare e concentrarsi su quella civile. Se voi ascoltate l'audizione dei sottosegretari, del Ministro degli affari esteri e della difesa, sia alla Camera sia al Senato sia nelle Commissioni sia in Assemblea, è sempre stata questa la linea del Governo italiano. In questo momento siamo felici che queste siano le conclusioni di Londra ma prendiamoci il merito di aver anticipato dal punto di vista politico quanto poi gli altri Paesi, a Londra, hanno deciso di perseguire.
Per quanto riguarda il Kosovo, la domanda è stata posta non soltanto da lei ma anche dal collega Di Stanislao anche se con un garbo diverso. Per quanto riguarda il Kosovo, non è una scelta unilaterale del nostro Paese quella di lasciare questo Paese, ma è una scelta che, come noi abbiamo sempre detto e che potete leggere in tutti gli interventi che abbiamo svolto alla Camera e al Senato, abbiamo detto che avremmo preso con gli alleati.
A differenza degli altri Paesi, la Francia e la Spagna, che hanno deciso dalla mattina alla sera di togliere i loro contingenti, noi abbiamo aspettato che l'Alleanza prendesse una decisione ed il nostro contingente diminuisce in Kosovo in misura minore rispetto al resto della coalizione. Vale a dire che anche noi diminuiamo sull'ottica di una scelta condivisa con gli alleati ma, poiché il Kosovo è vicino a casa nostra e, come ricordava il rappresentante della Lega Nord, i monasteri ortodossi per noi rappresentano un elemento prioritario, il nostro contingente diminuirà in maniera inferiore rispetto agli altri.
Quindi, i numeri saranno ancora più alti rispetto a quanto ha riferito lei perché nella seconda parte scenderanno a 600 o 700, ma sempre nell'ottica di una decisione internazionale; tra l'altro le riflessioni che abbiamo trasmesso qualche mese fa in Parlamento, sul fatto che, per quanto la situazione fosse migliorata, non c'era la garanzia che la situazione fosse a posto, non sono condivise dalla comunità internazionale alle cui scelte noi, come in tutte le missioni internazionali, ci adeguiamo.
Per quanto riguarda le risorse, ahimè, il problema della certezza delle risorse è un problema dello stesso Governo.
La difficoltà a garantire risorse che potessero finanziarie le missioni per un anno è dovuta ai conti pubblici e all'impossibilità di prevedere quale sarebbe stato l'effetto della crisi sui mesi a venire. Quindi, il Ministero dell'economia si è riservato di vedere l'impatto sui conti pubblici della crisi e di ripensare un rifinanziamento per i secondi sei mesi, ma questo non dipende da una scelta politica: dipende da una necessità economica a cui tutti in qualche modo dobbiamo adeguarci.
Per il resto, il rappresentante della Lega Nord faceva rilevare nel provvedimento in esame la mancanza della missione ad Haiti, che penso sia una mancanza che in qualche modo verrà colmata nei prossimi giorni, perché lo stesso Ministero della difesa ha bisogno di un inquadramento giuridico di una missione, che ancora adesso è iniziata senza avere un inquadramento giuridico.
Sul problema del finanziamento, i contributi citati dal Ministro della difesa in relazione a società private in questa missione umanitaria non transiterebbero attraverso i bilanci del Ministero delle difesa, ma attraverso la Presidenza del Consiglio e la Protezione civile, perché si tratterebbe di un'ordinanza della Protezione civile, sulla base della quale la nave Cavour è intervenuta ad Haiti.
Per quanto riguarda alcune perplessità poste dall'onorevole Di Stanislao, devo cercare di capire, perché il Governo riferisce in Commissione e la Commissione è Parlamento. Non è che esista un Parlamento di serie A (quando si parla in Aula) e un Parlamento di serie B (quando si parla nelle Commissioni, riunite o non riunite): il Ministro riferisce quando viene chiamato. Il nostro Ministro - parlo del Ministro della difesa, ma anche del Ministro degli esteri - non si è mai rifiutato di Pag. 22riferire, anzi ha chiesto più volte l'audizione, soprattutto sui fatti internazionali, sia in Commissione sia in Parlamento. La linea è chiara, poi certo, le missioni internazionali si svolgono sulla base di uno strumento approvato dal Parlamento e siamo qui a discutere. Non è il Governo che ha deciso: decide il Parlamento, approvando, convertendo in legge o cambiando il decreto. Siamo qua e parliamo di questo, parliamo di numeri e parliamo di impegno. Se il documento che il Governo ha presentato uscisse dall'aula prevedendo per il contingente in Afghanistan 500 uomini e in Kosovo 10.000, domani mattina il Governo prenderebbe atto di quanto deciso dal Parlamento e cambierebbe. Dunque, al di là delle enunciazioni di politica che vengono fatte in una discussione alle Camere o nelle Commissioni, poi la decisione politica si concretizza in un atto che necessariamente è un atto che parla di numeri, di luoghi e di soldi, perché la legge alla fine non consente di mettere una visione generale, ma deve concretizzarsi per sapere quante persone vanno, quanto costano e dove vanno. Quindi, questo è il momento. Per il Governo il fatto di aver parlato di 1.000 uomini in Afghanistan in più non si è concretizzato con 1.000 uomini in Afghanistan, mandati il giorno dopo, ma si è concretizzato in un atto proveniente dal Parlamento e che in questa prima fase prevede 170 uomini in più, e nel decreto del secondo semestre prevedrà altre 830 persone in più e, dopo essere passato all'esame della Camera e del Senato, diventerà legge e quindi potrà concretizzarsi.
Questa è la garanzia democratica e questo è l'equilibrio democratico che vi sono nel nostro Paese e mi pare che siano sempre stati rispettati, perché non esistono atti in cui il Ministro della difesa non abbia indicato con mesi di anticipo quelli che sarebbero stati i passi successivi che la difesa avrebbe chiesto al Parlamento di fare.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 2934-A, 2935-A ed abbinata, 3071, 3072 e 3073.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei progetti di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese concernente la mutua assistenza in materia penale, fatto a Roma il 28 ottobre 1998 (A.C. 2934-A) (ore 16,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica: Ratifica ed esecuzione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese concernente la mutua assistenza in materia penale, fatto a Roma il 28 ottobre 1998.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2934-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della Commissione Affari esteri, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore.

STEFANO STEFANI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, colleghi, Pag. 23l'Accordo in esame ha lo scopo di estendere a tutta la materia penale la reciproca assistenza giudiziaria fra l'Italia e la regione amministrativa speciale cinese di Hong Kong, già in atto limitatamente alla materia del trasferimento di persone condannate, sulla scorta dell'Accordo del dicembre 1999 in vigore dal dicembre 2002 (ratificato dall'Italia con la legge n. 149 del 2002).
L'Accordo con Hong Kong si rende necessario poiché, dopo il passaggio della regione sotto la sovranità cinese, è venuta meno l'applicazione al territorio dell'Accordo italo-britannico in materia, fino ad allora vigente.
Limitandomi a citare gli articoli più rilevanti del provvedimento in oggetto, segnalo che l'articolo I sancisce l'obbligo dell'assistenza reciproca, in cui sono ricomprese l'identificazione e la localizzazione di persone; la notifica di documenti; l'acquisizione di prove; l'esecuzione di perquisizioni e sequestri; la facilitazione della comparizione personale di testimoni, anche se detenuti, o periti; la consegna o il prestito di reperti e di corpi di reato; la confisca dei proventi e strumenti di attività criminali. È bene precisare, che l'assistenza giudiziaria non attiene alla consegna di persone ricercate, né all'esecuzione nella parte richiesta di sentenze penali pronunciate nella parte richiedente, e neppure al trasferimento di persone detenute per l'esecuzione di pene.
L'assistenza giudiziaria può esser rifiutata, ai sensi dell'articolo III, qualora gli atti richiesti siano contrari alla sovranità, alla sicurezza, all'ordine pubblico e ad altri interessi vitali della parte richiesta; se quest'ultima considera il fatto per cui si procede alla stregua di reato politico o mero reato militare; se vi è il sospetto di pregiudizi politici, razziali, di sesso, di nazionalità o di religione verso le persone accusate; se l'accusato è già stato giudicato e ha, eventualmente, scontato la pena per lo stesso reato nel territorio della parte richiesta; se la richiesta di assistenza riguarda un reato punito dalla legge della parte richiedente con la pena di morte.
L'assistenza richiesta potrà, inoltre, essere meramente differita se l'esecuzione di essa possa interferire con indagini o procedimenti in corso nel territorio della parte richiesta. Nel fornire informazioni o prove, la parte richiesta (articolo VII) può chiedere che siano considerate riservate, ovvero vengano utilizzate solo a determinate condizioni. A sua volta, la parte richiedente non può utilizzare le informazioni o prove ricevute per scopi diversi da quelli da essa stessa indicati nella richiesta, se non preventivamente autorizzata in senso diverso dalla parte richiesta.
Gli articoli da XIII a XV concernono la comparizione di persone implicate dalla richiesta di assistenza: tale comparizione può avvenire sia in ordine a persone detenute nel territorio della parte richiesta, sia con riferimento a testimoni o periti ivi residenti, ma in entrambi i casi, con il consenso della persona interessata e, per quanto riguarda i testimoni a piede libero, o i periti, previo accertamento dell'esistenza di adeguate misure di sicurezza nel territorio della parte richiedente.
Segnalo che l'articolo 3, comma 1, del disegno di legge di ratifica in oggetto contiene la norma di copertura finanziaria. All'onere, valutato in 34.880 euro annui a partire dal 2010, si farà fronte mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170, riguardante la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione, in particolare in Africa, con allegati, fatta a Parigi il 14 ottobre 1994.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

STEFANO STEFANI, Presidente della III Commissione. Al riguardo, appare opportuno sottolineare che il Governo è più volte intervenuto sul punto su richiesta di esponenti dell'opposizione e ha chiarito che la copertura in oggetto è a valere sulle mere spese di gestione della Convenzione, restando del tutto impregiudicati i fondi destinati alla cooperazione italiana relativamente Pag. 24a progetti già deliberati o in corso di realizzazione.
Segnalo, infine, che nel corso dell'esame in III Commissione è stato approvato un emendamento all'articolo 3 del disegno di legge in esame, in recepimento della condizione apposta al parere favorevole espresso dalla Commissione bilancio, per tenere conto delle nuove norme in tema di contabilità e finanza pubblica, di cui alla legge 31 dicembre 2009, n. 196.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, in merito a questo provvedimento, che ha avuto un iter lunghissimo perché è stato firmato la prima volta nel 1998, posso soltanto dire che il perfezionamento di strumenti di cooperazione giudiziaria come questo si è reso necessario perché, ad un certo momento, il territorio di Hong Kong è passato dall'amministrazione britannica all'amministrazione cinese, pertanto quello che una volta era uno strumento di cooperazione bilaterale tra l'Italia e la Gran Bretagna ha dovuto, di conseguenza, essere modificato.
Sull'efficacia di questa cooperazione è già intervenuto il presidente Stefani. Posso aggiungere ancora che questo accordo, nella sostanza, recepisce e applica in pieno i principi giuridici propri delle convenzioni europee e internazionali in una materia di cui è parte il nostro Paese e servirà a contribuire a migliorare la qualità della collaborazione giudiziaria tra l'Italia e la regione amministrativa speciale di Hong Kong.
Sulla fattispecie di quelle che sono le eccezioni volute dalla parte contraente circa gli eventuali reati di cui ha parlato poc'anzi il presidente Stefani, che sono reati eventuali di tipo politico, forse esse meriterebbero una riflessione più approfondita, visto che con il passaggio del territorio di Hong Kong dalla proprietà britannica a quella cinese - come, peraltro, era negli accordi - sono venute a mancare quelle piene garanzie di indipendenza, democrazia e trasparenza che invece erano proprie del territorio nella sua precedente amministrazione.
Tuttavia, non spetta certamente ai Paesi europei e neanche all'Italia entrare in questo tipo di argomentazioni, perché ciò ci porterebbe su dibattiti molto più articolati e lontani che avrebbero potuto anche inficiare la firma di questo Accordo, che invece si rende necessario, utile e di complemento a preesistenti accordi in materia di cooperazione giudiziaria.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, l'accordo in questione tra il nostro Governo e la regione amministrativa speciale di Hong Kong si rende necessario in relazione alle crescenti esigenze di cooperazione in campo giudiziario, determinate anche dal notevole e sempre crescente interscambio economico-commerciale con la stessa Hong Kong, che ne ha determinato la stipula nel 1998 e che ci apprestiamo a ratificare.
L'accordo si sofferma sulla necessità di sostenere la mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra due Paesi, tra i quali, infatti, è anche in vigore l'Accordo sul trasferimento delle persone condannate, stipulato ad Hong Kong il 18 dicembre 1999 e ratificato con la legge 11 luglio 2002, n. 149, entrata in vigore il successivo dicembre.
A seguito del passaggio di Hong Kong sotto la sovranità cinese, si è reso naturalmente necessario ridefinire e perfezionare gli strumenti di cooperazione giudiziaria, anche per colmare il vuoto giuridico creatosi con la cessazione degli effetti, limitatamente al territorio di Hong Kong, dell'Accordo italo-britannico fino ad allora vigente. Pag. 25
Questo in oggetto è un Accordo che ci consente di migliorare l'efficacia della cooperazione tra Italia e Hong Kong nelle procedure investigative di identificazione e localizzazione di persone e convocazione di testimoni, nella notifica di atti giudiziari e nella acquisizione di prove e di documenti necessari a indagini e atti processuali. Tale scambio avverrà direttamente tra il Ministero della giustizia italiano e il Segretariato per la giustizia di Hong Kong indicati quali autorità centrali.
Il relatore ha già avuto modo di illustrare le finalità e gli intenti di questo Accordo. Ritengo che non ci sia null'altro da aggiungere, se non il fatto che lasciamo passare sempre troppo tempo tra la stipula di un accordo o un trattato e la sua ratifica. Quindi, ne auspichiamo, garantendo il favorevole voto del gruppo Italia dei Valori, la più celere approvazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono del tutto condivisibili le ragioni prospettate dal relatore e dai colleghi a favore della ratifica dell'Accordo sulla mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica Popolare cinese.
Come spesso accade, ahimè, ci troviamo dinanzi ad un tempo lunghissimo trascorso tra la data in cui l'Accordo fu concluso a Roma il 28 ottobre 1998 e l'adozione dello strumento di ratifica che permette l'entrata in vigore (quasi 12 anni).
Era chiaro allora (e fu questo il motivo della stipula dell'Accordo, concluso con tempismo da questo punto di vista), che il trasferimento della sovranità sulla ex colonia dalla Gran Bretagna alla Repubblica Popolare cinese avrebbe aperto un vuoto normativo che andava colmato in modo efficace e al più presto, vista la cessazione degli effetti degli Accordi in materia con la Gran Bretagna fino ad allora vigenti ed applicati anche al territorio di Hong Kong e visto il permanere - ed anzi l'accrescersi, come è notato nelle relazioni che accompagnano il provvedimento - delle esigenze di cooperazione nel campo giudiziario, determinate anche dal notevole ed anzi crescente interscambio economico e commerciale dell'Italia con Hong Kong.
È chiaro, infatti, che il territorio, che assumeva lo statuto di regione amministrativa speciale, non era e non sarebbe diventato un territorio qualunque, ma, ancorché minuscolo dal punto di vista territoriale, avrebbe continuato a rappresentare, con i suoi circa 7 milioni di abitanti, uno spazio di primaria importanza dal punto di vista sia economico che finanziario. Basti appena accennare qui al ruolo di piattaforma import-export da e verso il colosso cinese; passa da Hong Kong, per fermarsi o per proseguire, oltre il 16 per cento delle esportazioni cinesi verso il resto del mondo e viene riesportato in Cina quasi la metà dell'import in arrivo ad Hong Kong.
Si spiega anche così il fatto che tra Italia ed Hong Kong l'interscambio risulti con un saldo negativo di ben 2,6 miliardi di euro per il nostro Paese, che ivi esporta 580 milioni in valore a fronte di 3,2 miliardi che importa (dati del 2006). Comunque è un fatto che il numero di aziende italiane presenti stabilmente ad Hong Kong sia assai elevato, stimato intorno alle 300 imprese, inclusi 10 istituti bancari ed uno assicurativo.
Il rilievo di Hong Kong come piazza finanziaria è arcinoto. Forse è il caso di accennare appena a come le vicende della crisi mondiale abbiano richiamato alla memoria come il settore finanziario incroci i temi della trasparenza e della cooperazione internazionale in materia giudiziaria, come sia stato oggetto di una controversia se considerare o meno Hong Kong un paradiso fiscale proprio ai margini del G20 di Londra dell'aprile dello scorso anno e come fu osservato da qualcuno che Hong Kong, insieme a Macao, nella lista redatta poi dall'OCSE a questo fine, finì in una sorta di limbo giuridico menzionata in una nota a piè di pagina e spiegata poi ufficialmente dall'OCSE come segue. Pag. 26
Cito: «Hong Kong e Macao fanno parte della Cina che ha numerosi rapporti di scambio e di informazione rispetto agli standard internazionali. Hong Kong e Macao hanno annunciato qualche giorno fa che si conformeranno agli standard internazionali. Si può pensare che la Cina veglierà affinché questi ultimi tengano fede alle loro promesse». Quindi, grande fiducia alla Cina.
Osservo intanto che l'Accordo Italia - Hong Kong, cito, «si riferisce anche ai reati contro le leggi fiscali, tributarie e doganali, sul controllo dei cambi esteri ed in altre materie fiscali o tributarie»; si precisa subito dopo, tuttavia, che «esso non si riferisce ai relativi procedimenti non penali».
Ritornando, quindi, all'ambito generale della cooperazione giudiziaria forse è il caso di ricordare, come peraltro ha fatto il relatore, che tra Italia e Hong Kong è anche in vigore l'Accordo sul trasferimento delle persone condannate, del 18 dicembre 1999 in vigore dal 14 dicembre del 2002, secondo gli stessi principi della Convenzione del Consiglio d'Europa che ha fatto da base all'Accordo con la Repubblica Dominicana di cui discuteremo la ratifica tra poco.
Con l'Accordo che ci accingiamo a ratificare si migliorerà l'efficacia della cooperazione tra Italia e Hong Kong nelle procedure investigative, nella notifica degli atti giudiziari, nella acquisizione di prove, di documenti necessari alle indagini e di atti processuali; lo scambio di informazioni di questa documentazione non avverrà più, come normalmente succede in caso di assenza di accordi bilaterali, per via diplomatica, ma direttamente tra il Ministero della giustizia italiana e il Secretary for Justice di Hong Kong, indicati quali autorità centrali.
Sulle modalità operative si è soffermato il relatore e non mi dilungo. Accenno solo ad alcuni punti di particolare rilievo dal mio punto di vista. L'Accordo disciplina le modalità di esecuzione delle richieste di perquisizioni e sequestri, degli accertamenti relativi ai proventi di reato e della loro confisca, e di risoluzione delle controversie. Sono indicati i casi in cui l'assistenza potrà essere rifiutata, ad esempio in caso di contrasto con l'ordine pubblico e in caso di reati politici. La collega Boniver ne ha fatto cenno e questo rappresenterebbe effettivamente un campo che non potremo approfondire qui neanche con la migliore buona volontà.
È stato osservato tuttavia che l'Accordo che recepisce ed applica in pieno i principi giuridici propri delle convenzioni europee ed internazionali in materia di cui è parte il nostro Paese contribuirà a migliorare la qualità della collaborazione giudiziaria tra l'Italia e la regione amministrativa speciale di Hong Kong.
In proposito vorrei ricordare qui, senza alcuna enfasi, che siamo proprio in presenza di una vicenda in cui tale operazione sembra essersi inceppata. Ne parla un articolo del Corriere della Sera del 27 gennaio scorso che riguarda la richiesta dell'Alta Corte di Hong Kong di sentire come testimoni due pubblici ministeri italiani a proposito di una propaggine di un'indagine in corso in Italia da questi svolta ad Hong Kong proprio con l'assistenza delle locali autorità. Questa richiesta da parte di Hong Kong è stata sollevata a seguito di eccezioni avanzate dagli indagati, cosa che sta creando, pare, un rompicapo giuridico e anche qualche scompiglio. Ho visto che Hong Kong si richiama in questa richiesta ad una Convenzione dell'Aja in materia civile e commerciale, mentre l'indagine della procura italiana, inclusa quella effettuata ad Hong Kong, è di natura penale ed il diritto italiano comunque pare non prevedere che i magistrati possano deporre come testi sui medesimi procedimenti che hanno istruito.
Mi sono chiesto, ma confesso che non so rispondere, se tale caso si sarebbe presentato comunque nel caso in cui l'Accordo che discutiamo fosse già stato in vigore.
Comunque non vi è dubbio che il presente Accordo, benché firmato nel 1998, sia ancora attuale non soltanto in quanto intimamente connesso con l'altro Accordo in materia giudiziaria già ricordato ratificato nel 2002, ma anche in Pag. 27considerazione del fatto che l'interscambio in materia giudiziaria tra i due Paesi, come si osserva nella relazione al disegno di legge presentato dal Governo, è molto frequente.
Accenno da ultimo al fatto che questo Accordo di cooperazione si colloca in un quadro assai esteso di accordi del genere nel settore giudiziario riferiti a diverse e distinte fattispecie: a) di estradizione, con la variante comunitaria del mandato d'arresto europeo; b) di assistenza giudiziaria nel campo delle indagini, come l'Accordo al nostro esame; c) di trasferimento dei condannati.
Gli accordi siglati dall'Italia in questo settore sono più di una ottantina e costituiscono un tessuto di collaborazione internazionale in campo giudiziario assai rilevante.
È una rete che peraltro ha maglie molto larghe in Asia e in Africa, mentre è assai fitta in Europa e negli altri due continenti, le Americhe e l'Oceania.
Mi resta da svolgere un'ultima annotazione. La copertura del provvedimento attinge ad un Fondo destinato a finanziare il contrasto della desertificazione ai sensi di un impegno internazionale assunto dall'Italia e la somma dedicata al provvedimento in esame, di circa 35 mila euro, non è ingente, forse è sottostimata...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARIO BARBI. Concludo, signor Presidente. Comunque, il fatto che il nostro Paese per procedere alla ratifica di accordi indispensabili come questo debba sottrarre risorse ad altri fondi che impegnano l'Italia sul piano internazionale non è un bell'esempio e mi pare biasimevole. Mi auguro che il Governo ne tenga conto. Il Partito Democratico, comunque, è favorevole alla ratifica di questo Accordo.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2934-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente della Commissione Affari esteri, onorevole Stefani.

STEFANO STEFANI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, intervengo telegraficamente. In tutti gli interventi è stato sollecitato di accorciare o quanto meno rendere più plausibili i tempi delle ratifiche, io mi associo a questa richiesta, soprattutto quando per le ratifiche come quella in esame l'intervento di spesa è ridotto e risibile.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Sta bene. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, fatto a Roma il 31 ottobre 2006 (A.C. 2935-A); e dell'abbinata proposta di legge: Nicco ed altri (A.C. 1608) (ore 17,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, fatto a Roma il 31 ottobre 2006; e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa dei deputati Nicco ed altri.

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(Discussione sulle linee generali - A.C. 2935-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo con il Consiglio federale elvetico, fatto a Roma il 31 ottobre 2006, fa seguito alla decisione del Consiglio dei Ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea (l'ECOFIN) del 21 ottobre 2004 che ha autorizzato l'Italia ad applicare una misura in deroga alla direttiva 77/388/CEE, relativa alle imposte sulla cifra di affari. L'autorizzazione richiesta dal Governo italiano ha lo scopo di stabilire la non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) sul pagamento dei pedaggi dovuti per il transito del traforo del Gran San Bernardo poiché - da qui deriva la necessità dell'Accordo - in Svizzera non è prevista l'IVA sui pedaggi, e quindi si era venuta a creare una disparità dei costi per gli utenti, nonché una distorsione del settore della concorrenza degli abbonamenti; infatti molti, sia per il traffico pesante, sia per il traffico passeggeri, facevano l'abbonamento in Svizzera aggirando quindi la norma sull'IVA. Inoltre, tutto ciò aveva creato difficoltà amministrative nella gestione congiunta italo-elvetica del traffico del Gran San Bernardo e della ripartizione degli introiti connessi.
L'Accordo in esame si compone di un preambolo e di un unico articolo. Tra la normativa richiamata nel preambolo di cui si è appena dato conto, compare anche la Convenzione del 23 maggio 1958 tra Italia e Svizzera relativa alla costruzione e all'esercizio di un traforo stradale sotto il Gran San Bernardo, la cui ratifica è stata autorizzata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1216 del 1958. L'articolo 8 di tale Convenzione prevede che eventuali questioni fiscali relative alla costruzione e alla gestione del traforo siano regolate da appositi accordi quale si configura quello in esame.
Le parti si sono quindi accordate per non sottoporre ad imposta sul valore aggiunto e ad altra analoga l'importo dei pedaggi dovuti per il transito nella galleria del Gran San Bernardo.
Detto Accordo entrerà in vigore alla data di ricezione della seconda notifica e, se denunciato, resterà in vigore ancora per i dodici mesi successivi al preavviso di denuncia. Il disegno di legge al nostro esame si compone di quattro articoli: i primi due recano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera del 31 ottobre 2006 in materia di non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo. L'articolo 3 quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo, valutati in 547 mila euro per il 2010 e in 589 mila euro a partire dal 2011. La copertura di tali oneri è reperita mediante riduzione delle proiezioni, a partire dal 2010, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge del 4 giugno 1997, n. 170, riguardante la ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazione Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità. A tal riguardo, vorrei specificare che come Commissione affari esteri abbiamo interpellato il Governo, visto che su questo capitolo si attingono molte risorse e devo dire che la risposta data dal Governo è stata convincente. A tale proposito, devo rilevare che nella relazione tecnica viene stimata una perdita del gettito IVA pari a 547 mila euro per il 2010, mentre l'articolo 3 del disegno di legge prevede un onere pari a 589 mila euro già a partire dal 2011. Il comma 2 del richiamato articolo dispone il monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione della legge in esame a carico del Ministero dell'economia e delle finanze. Sottolineo che vi è la necessità di coordinare le previsioni di cui al comma 2 con quelle introdotte dall'articolo 17 della nuova Pag. 29legge di contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 2009 recante disposizioni relative alla copertura finanziaria e al monitoraggio sull'attuazione delle leggi che determinano conseguenze onerose per la finanza pubblica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, il relatore, onorevole Narducci, ha illustrato in modo molto esauriente il contenuto di questo Accordo che, in realtà, è un atto dovuto perché si era venuto a creare una sorta di pasticcio fiscale in vista dei difformi regimi fiscali tra la Svizzera e l'Italia. Questo Accordo si affianca anche ad una Convenzione del lontano 1958 tra l'Italia e la Svizzera, costituita relativamente alla costruzione e all'esercizio di un traforo stradale sotto il Gran San Bernardo, la cui ratifica è stata autorizzata il 29 ottobre del 1958. L'articolo 8 di questa Convenzione prevede che eventuali questioni fiscali relative alla costruzione e alla gestione del traffico sotto il traforo siano regolate da appositi accordi. Quindi, anche in questo caso, come nel precedente Accordo di ratifica con Hong Kong, si tratta di una sorta di atto dovuto di cui il nostro Paese si è fatto carico, questa volta in modo molto più celere rispetto al disegno di legge di ratifica di Accordo con Hong Kong. Quindi, come già preannunciato in Commissione, dichiaro che il voto del mio gruppo su questo disegno di legge sarà favorevole.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, così come si è detto in precedenza, questo è un Accordo che, di fatto, è quasi un atto dovuto e la relazione puntuale ed esaustiva del relatore Narducci ce ne conferma la bontà.
Mi limito solo ad alcune precisazioni che riguardano le riflessioni del gruppo dell'Italia dei Valori.
Nella sessione del 21 ottobre 2004, il Consiglio Economia e Finanza dell'Unione europea, sulla base della direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 1977, ha autorizzato il nostro Paese e quello svizzero, in deroga all'articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, a convenire di non assoggettare all'imposta sul valore aggiunto i corrispettivi relativi ai pedaggi per il transito nel traforo del Gran San Bernardo. La deroga si è resa necessaria al fine di eliminare le distorsioni alla libera concorrenza nel settore degli abbonamenti, causata dall'introduzione in Italia, a decorrere dal 1o gennaio 2003, dell'IVA sui pedaggi del traforo del Gran San Bernardo, a seguito dell'abrogazione di alcune disposizioni dal nostro ordinamento, mentre in Svizzera sui predetti pedaggi non si applica né l'IVA né altra analoga imposta. Come sappiamo, gli introiti del pedaggio sono attualmente divisi e distribuiti, secondo criteri economici di concorrenza, alle spese di gestione e di manutenzione del traforo, comprensive, tra l'altro, anche dei costi dell'autostrada che lo collega alla rete stradale italiana, conoscibili solo a posteriori.
L'applicazione dell'imposta secondo i principi di territorialità sul solo tratto italiano comporterebbe notevoli costi amministrativi e, comunque, determinerebbe la riscossione non immediata dell'IVA. Considerando, dunque, che tale Accordo va incontro alla necessità di semplificare considerevolmente l'attività delle società a partecipazione mista italo-svizzera e delle due società concessionarie, italiana e svizzera, che gestiscono il tunnel transfrontaliero del Gran San Bernardo, il gruppo dell'Italia dei Valori annuncia fin d'ora che non farà mancare il proprio voto favorevole.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

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FABIO PORTA. Signor Presidente, come Partito Democratico, interveniamo anche su questo Accordo, ovviamente per esprimere un parere favorevole. Il perché è stato bene esposto dal relatore Narducci, che, tra l'altro, essendo come parlamentare residente all'estero interessato assieme all'Italia da questo Accordo, conosce bene la questione.
L'Accordo tra l'Italia e il Consiglio federale elvetico, come è stato detto, fa seguito alla decisione dell'ECOFIN del 21 ottobre 2004, che ha autorizzato il nostro Paese ad applicare una deroga alla direttiva 77/388/CEE sull'imposta sulla cifra di affari. Questa autorizzazione ha permesso al Governo di risolvere questa sorta di situazione paradossale, che si era venuta a creare a seguito della differenza di imposta tra i due Paesi e con la relativa disparità di costi per gli utenti.
L'Accordo si compone di un preambolo e di un unico articolo. Il preambolo richiama anche la Convenzione del maggio del 1958 tra Italia e Svizzera, relativa alla costruzione del traforo stradale sotto il Gran San Bernardo, che prevede che eventuali questioni fiscali, relative alla costruzione e alla gestione del traforo, siano regolate da appositi accordi, come quello in esame.
Sul disegno di legge, che è composto di quattro articoli, i primi due relativi all'autorizzazione e all'ordine di esecuzione dell'accordo, voglio solo soffermarmi - lo ha fatto anche il relatore - sull'articolo 3, che è relativo alla copertura finanziaria, agli oneri derivanti dall'applicazione di tale Accordo.
Anche questa volta - questo varrà anche per gli altri accordi che stiamo ratificando e per quelli che sono già stati ratificati da questa Assemblea nelle settimane scorse - facciamo riferimento ad un fondo importante, il Fondo per la lotta alla desertificazione.
È vero, come ha ricordato il relatore Narducci, che il Governo in Commissione ci ha tranquillizzato, dicendo che queste somme utilizzate dal Fondo per la lotta alla desertificazione, che vengono adesso destinate alla copertura di questi accordi, ricadranno soltanto sulle spese di funzionamento di quegli accordi, e quindi non sull'impegno finanziario in sé.
Rimane, comunque, la nostra censura rispetto al fatto che non esista un fondo specifico per importanti ratifiche internazionali; questo, tra l'altro, «inviabilizza» e rende difficile l'iter di importanti accordi di sicurezza sociale, come quelli con il Canada e con il Cile, e di importanti accordi per l'estradizione di detenuti, come quello con il Brasile.
Concludo ribadendo il nostro parere positivo, ma invitando, ancora una volta, il Governo a destinare per queste ratifiche un fondo specifico del Ministero degli affari esteri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2935-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Narducci.

FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica e mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire in sede di replica. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1828 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno di Norvegia, per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Oslo il 16 giugno 2004 (Approvato dal Senato) (A.C. 3071) (ore 17,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 31approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno di Norvegia, per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Oslo il 16 giugno 2004.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3071)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pini, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANLUCA PINI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, l'Accordo con la Norvegia per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, firmato il 16 giugno 2004 a Oslo, si compone di un preambolo, 26 articoli e un allegato concernente i principi fondamentali in materia di protezione di dati personali.
Nel preambolo si evidenzia, tra i vari aspetti e motivi della cooperazione doganale, quello della lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, con un esplicito richiamo alla Convenzione ONU del 20 dicembre 1988 e relativi allegati ed emendamenti.
Nella relazione illustrativa che correda il disegno di legge originario, atto Senato 1828, viene precisato che i Governi italiano e norvegese si impegnano a fornirsi, attraverso le rispettive autorità doganali, assistenza e cooperazione reciproca, al fine di assicurare il pieno rispetto della legislazione doganale e di realizzare un'efficace azione di prevenzione, investigazione e repressione delle violazioni a tale normativa, per rendere maggiormente trasparente l'interscambio commerciale tra i due Paesi.
Quanto al contenuto dell'Accordo, analogo ad altri già stipulati da Oslo con numerosi Paesi europei, dopo le definizioni per una puntuale specificazione dei termini e degli elementi dell'Accordo, recate dall'articolo 1, con l'articolo 2 se ne delimita il campo di applicazione e si individuano nelle amministrazioni doganali delle due Parti contraenti le autorità competenti per l'applicazione. Il comma 3, in particolare, limita esclusivamente alla mutua assistenza amministrativa tra le Parti l'ambito di applicazione dell'Accordo, escludendo l'assistenza in campo penale.
L'articolo 3 definisce l'ambito di applicazione dell'assistenza, precisando che essa è scambiata direttamente tra le amministrazioni doganali, le quali, su richiesta o di propria iniziativa, si forniscono reciprocamente informazioni, documenti e intelligence utili ad assicurare la corretta applicazione della legge doganale.
Gli articoli da 4 a 10 individuano i casi di assistenza e lo scambio di informazioni. L'articolo 5 prevede, in particolare, lo scambio di informazioni tra le amministrazioni doganali circa la legittimità delle operazioni di importazione ed esportazione delle merci, mentre il successivo articolo 6 riguarda lo scambio di informazioni ai fini dell'esatta percezione di diritti e tasse doganali. L'articolo 8 prevede lo scambio di informazioni sulle transazioni, in essere o progettate, che possono costituire infrazione doganale, nonché nei casi suscettibili di comportare un danno sostanziale per l'economia, la salute pubblica, la sicurezza pubblica e ogni altro interesse essenziale di una delle parti contraenti.
Le disposizioni in materia di recupero crediti sono dettate dall'articolo 11, mentre la disciplina dei casi di richieste di documenti in originale e la trasmissione dei documenti in formato elettronico è dettata dall'articolo 12.
Le norme che le amministrazioni doganali sono tenute ad osservare in ordine all'utilizzo e alla diffusione delle informazioni e dei documenti ricevuti sono dettate dall'articolo 13, mentre le procedure e le formalità da rispettare da parte delle amministrazioni Pag. 32doganali nella formulazione delle richieste di assistenza sono descritte al successivo articolo 14.
L'articolo 17 condiziona l'eventuale scambio di dati personali alla circostanza che le Parti contraenti ne garantiscano un livello di protezione giuridica almeno equivalente a quello indicato nell'apposito allegato, che costituisce, come abbiamo già ricordato, parte integrante dell'Accordo insieme al preambolo.
L'articolo 19 disciplina i casi in cui l'assistenza può essere rifiutata, differita oppure sottoposta a condizioni.
L'articolo 20 disciplina i casi in cui le amministrazioni doganali possono rinunciare a rivendicare il rimborso delle spese derivanti dall'applicazione dell'accordo. La norma nello specifico stabilisce altresì che, qualora il dare seguito ad una richiesta comporti sostenere spese elevate e non usuali, le Parti debbano concordare le modalità di presa in carico di tali spese.
L'articolo 21 detta le procedure che le amministrazioni doganali devono seguire per risolvere i problemi connessi con l'attuazione dell'Accordo e istituisce una Commissione mista italo-norvegese per seguire l'evoluzione dell'Accordo e per individuare le soluzioni degli eventuali problemi.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANLUCA PINI, Relatore. Ho quasi concluso, signor Presidente.
L'articolo 22 stabilisce che le amministrazioni doganali delle Parti contraenti comunichino direttamente e concordino disposizioni dettagliate per l'applicazione dell'Accordo.
Gli ultimi tre articoli, infine, dispongono rispettivamente in tema di entrata in vigore dell'Accordo (articolo 24), di denuncia dell'Accordo, che ha durata illimitata, azionabile in qualsiasi momento con notifica per via diplomatica (articolo 25), e di riesame del medesimo (articolo 26).
Il disegno di legge di ratifica in esame, approvato dal Senato il 16 dicembre 2009, consta di quattro articoli. Gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo. L'articolo 3 autorizza, per l'attuazione della legge, la spesa di 28.455 euro l'anno a decorrere dal 2009, disponendo che l'onere sia coperto mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170, riguardante l'esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione nei Paesi gravemente colpiti dalla siccità e/o dalla desertificazione.
Nel parere espresso dalla Commissione bilancio si precisa che le risorse utilizzate a copertura del provvedimento sono ricomprese nell'elenco degli slittamenti di cui all'articolo 18, comma 3, della legge n. 196 del 2009.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel seguito del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, anche il disegno di legge di ratifica in esame segue uno schema già configurato in innumerevoli altre occasioni con moltissimi altri Paesi, con i quali l'Italia ha firmato accordi di assistenza amministrativa.
Rispetto alla relazione dell'onorevole Pini, francamente non vi è molto da aggiungere, salvo che, anche in questa occasione, durante i lavori in Commissione il nostro gruppo, così come gli altri, si è espresso a favore dell'entrata in vigore del disegno di legge in esame.
Vorrei soltanto soffermarmi su quanto contenuto nell'articolo 8, perché è abbastanza interessante in questo periodo di cooperazione, anche per quanto riguarda le pandemie: esso prevede, tra l'altro, che ciascuna amministrazione possa fornirsi spontaneamente informazione ed intelligence su quanto vi sia di pericoloso per Pag. 33l'economia del proprio Paese, per la salute pubblica, per la sicurezza ed ogni altro interesse essenziale alla Parte contraente.
Credo che il contenuto di questo articolo sia particolarmente utile in un momento in cui la cooperazione internazionale si svolge anche in ambiti che fuoriescono dagli stretti parametri obbligati dal tipo di Accordo in discussione, e fa capire l'intelligenza e lo spessore di chi ha voluto contrarre questo Accordo. Con queste considerazioni, ancora una volta preannunzio quindi il voto favorevole del mio gruppo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, l'Accordo che ci apprestiamo a ratificare muove dalla necessità di avviare spazi di cooperazione doganale con Paesi non aderenti all'Unione europea, ricordando che la Norvegia fa parte tuttavia dello Spazio economico europeo e ha già stipulato con numerosi altri Paesi europei accordi analoghi a quello oggi al nostro esame.
Va ricordato che tali accordi di cooperazione doganale, come è accaduto anche per quelli volti ad evitare le doppie imposizioni, che in questa legislatura abbiamo già più volte ratificato, sono finalizzati a incentivare e incrementare i rapporti commerciali. Questo Accordo - oltre al contenuto - convince anche per la procedura che si è deciso di adottare per la sua stesura: non si è fatto ricorso infatti alla tecnica della novella legislativa, decidendo invece di interpellare e coinvolgere direttamente le amministrazioni doganali dei due Paesi, vincolandoli però al rispetto del testo standard precedentemente redatto dall'Organizzazione mondiale delle dogane.
Armonizzare e portare chiarezza nelle legislazioni doganali del nostro Paese e del Regno di Norvegia non può che contribuire a delineare un quadro giuridico più chiaro in grado di guidare l'agire delle autorità preposte al controllo delle frontiere.
Un'azione più decisa può garantire un migliore e più incisivo contrasto verso atteggiamenti fraudolenti quali i traffici illeciti (ad esempio, di stupefacenti). Non bisogna inoltre sottovalutare gli effetti positivi che tali controlli più serrati e coordinati potrebbero apportare all'economia dei nostri due Paesi: sarebbero infatti tutelate e rese ancora più trasparenti le transazioni commerciali legali a scapito di altre tipologie di interscambio meno cristalline.
Per questi motivi e nella convinzione che un confronto e uno scambio tra autorità di diverse nazioni preposte allo stesso scopo possa solo essere positivo, preannunzio a nome del mio gruppo il voto favorevole.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA. Signor Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, anche questo Accordo vede e vedrà il nostro voto favorevole. L'Accordo con la Norvegia del quale stiamo parlando per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali è stato firmato il 16 giugno 2004 a Oslo ed è composto - come ha ben illustrato il relatore - di un preambolo, di 26 articoli e di un allegato concernente i principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali.
Evidenzio soltanto l'importanza in questo Accordo, sottolineata anche nel preambolo, della lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, con esplicito richiamo alla Convenzione delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1988.
La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di ratifica precisa che i Governi italiano e norvegese si impegnano a fornirsi, attraverso le rispettive autorità doganali, assistenza e cooperazione reciproca al fine di assicurare il pieno rispetto della legislazione doganale e di realizzare un'efficace azione di prevenzione, investigazione e repressione delle violazioni a tale normativa per rendere maggiormente trasparente l'interscambio commerciale tra i due Paesi. Pag. 34
È un intervento normativo quindi finalizzato ad assicurare una più corretta applicazione delle legislazioni doganali dei due Paesi contraenti, rafforzando i mezzi di lotta contro la frode, e ad agevolare e semplificare le procedure doganali connesse alle transazioni legittime, per rendere più trasparente l'interscambio commerciale tra le Parti e meno oneroso il compito degli operatori. L'unica osservazione che mi sembra appropriato fare è che certo è un po' particolare che con un Paese come la Norvegia, non membro dell'Unione europea ma parte integrante dello Spazio economico europeo, si debbano ancora migliorare per via legislativa, a causa della specifica riserva costituzionale, gli accordi di tipo doganale.
Con questa osservazione, ribadisco comunque il parere positivo sul provvedimento, anche a nome del mio gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3071)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1829 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002 (Approvato dal Senato) (A.C. 3072) (ore 17,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3072)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Pini, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANLUCA PINI. Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra l'Italia e la Repubblica dominicana, firmato il 14 agosto 2002, ricalca in larga misura altri analoghi strumenti convenzionali sottoscritti dall'Italia in sede bilaterale e si compone di 16 articoli.
L'articolo 2 contiene, anzitutto, l'impegno delle parti all'oggetto principale del Trattato in esame. L'articolo 3 prevede una serie di condizioni in mancanza delle quali non si applicherà il Trattato in esame: l'essere la persona condannata cittadino dello Stato di esecuzione, ossia dello Stato in cui dovrà effettivamente scontare la pena o il residuo di essa; il carattere definitivo della sentenza; il rimanere alla persona condannata, al momento del ricevimento della richiesta, ancora almeno un anno di pena da scontare; il consenso della persona condannata o del suo rappresentante legale al trasferimento; il costituire il reato alla base della condanna fattispecie penale anche per lo Stato di esecuzione; il non essere la persona interessata stata condanna a morte, salvo commutazione della pena; l'intesa sul trasferimento tra lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione.
Quanto al requisito del consenso, nel corso dell'esame in Commissione ho ritenuto di segnalare in più occasioni che il requisito del consenso della persona condannata Pag. 35depotenzia l'effetto di deterrenza che la norma potrebbe produrre nei confronti del reo controinteressato al rientro nel proprio Paese per scontare la pena definitiva, ma qui siamo in una fase di ratifica e non di modifica del Trattato.
L'articolo 4 prevede la debita informazione da parte dello Stato di condanna di ogni soggetto interessato all'applicazione del presente Trattato. Il successivo articolo 6 rende lo Stato di condanna garante anche della volontarietà del consenso al trasferimento da parte dell'interessato.
In base all'articolo 5, ogni persona interessata può chiedere di essere trasferita ai sensi del Trattato in esame mediante domanda rivolta per iscritto alle competenti autorità dello Stato di condanna, le quali trasmettono conseguentemente allo Stato di esecuzione sia la richiesta della persona condannata, sia una dettagliata documentazione dei fatti che hanno provocato la condanna, della sentenza, degli elementi relativi all'esecuzione della condanna e, se necessarie, delle informazioni sullo stato di salute e di socializzazione del condannato.
L'articolo 7 fornisce indirettamente una delle principali motivazioni del Trattato in esame, ovvero quella di favorire il reinserimento sociale del condannato.
Gli articoli che vanno dall'8 al 13 sono assai rilevanti e reggono i delicati rapporti tra due parti relativamente all'esecuzione della pena, prevedendo anzitutto che l'esecuzione della condanna sia regolata dalla legge dello Stato di esecuzione e che, qualora quest'ultimo consideri la pena pienamente scontata, essa non potrà ulteriormente essere eseguita nello Stato di condanna. In nessun caso potrà divenire operante il trasferimento previsto dal Trattato in oggetto se a carico dell'interessato e relativamente agli stessi fatti che hanno portato alla condanna esiste nello Stato di esecuzione un procedimento penale o una sentenza di condanna definitiva.
Per quanto concerne la possibilità di revisione delle sentenze, la competenza appartiene in via esclusiva allo Stato di condanna. Peraltro, ciascuno dei due Stati potrà accordare la grazia, l'amnistia o l'indulto con un'immediata comunicazione all'altro Stato. Se il provvedimento di clemenza viene adottato in uno Stato di condanna, dovrà essere immediatamente attuato nello Stato di esecuzione, conformemente alle leggi di quest'ultimo.
In base all'articolo 14 i costi dell'applicazione del Trattato in oggetto ricadono sullo Stato di esecuzione, con la sola esclusione di quelli verificatisi sul territorio dello Stato di condanna.
In base poi all'articolo 15 l'applicabilità del Trattato riguarderà anche l'esecuzione di condanne pronunciate prima della sua entrata in vigore.
L'articolo 16, infine, contiene le consuete clausole finali del Trattato.
Il disegno di legge in esame, approvato dall'altro ramo del Parlamento il 16 dicembre scorso, è formato di quattro articoli, dei quali i primi due contengono - come tutte le ratifiche di trattati - l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione. L'articolo 3 prevede la copertura finanziaria del provvedimento per il quale si autorizza la spesa di 29.260 euro a decorrere dal 2009. La relativa copertura si ricava dall'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170 (si tratta della legge di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione).
Anche qui, come nel precedente provvedimento, nel parere espresso dalla V Commissione (Bilancio) si precisa che le risorse utilizzate a copertura del provvedimento sono ricomprese nell'elenco degli slittamenti di cui all'articolo 18, comma 3, della legge n. 196 del 2009.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

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MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, non ho moltissimo da aggiungere a quanto già illustrato dal relatore, onorevole Pini, su questo Trattato, che si è reso necessario non soltanto per la normale cooperazione in molti ambiti che intercorre tra l'Italia e la Repubblica di Santo Domingo, ma anche per un motivo assai più pratico, cioè il pessimo stato delle carceri in quella parte del mondo. Questo Trattato, infatti, oltre a prevedere la possibilità di scontare la pena nel proprio Paese, fornisce, all'articolo 7, indirettamente una delle principali motivazioni di questo tipo di cooperazione giudiziaria, cioè quella di favorire il reinserimento sociale del condannato. A tale scopo, prima di decidere sul trasferimento, le autorità di entrambe le parti prendono in considerazione non soltanto la gravità del reato, i precedenti penali del condannato e altro, ma anche le sue condizioni di salute e i suoi rapporti socio-familiari eventualmente conservati con l'ambiente di provenienza.
In ambito di discussione in sede di Commissione abbiamo già espresso il nostro parere favorevole all'entrata in vigore di questo disegno di legge di ratifica, pertanto ribadisco ancora una volta il nostro voto a favore.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, il Trattato che ci apprestiamo a ratificare conferma la bontà di un accordo tra il nostro Paese e il Governo della Repubblica dominicana per ciò che concerne il trattamento e la detenzione delle persone condannate, specialmente alla luce della mancata adesione di quest'ultimo Paese alla Convenzione europea sottoscritta a Strasburgo nel marzo del 1983.
L'Accordo è finalizzato ad istituire una migliore cooperazione nel campo giudiziario tra questi due Paesi e stabilisce che il trasferimento dei detenuti possa avvenire conformemente agli accordi internazionali in materia, prevedendo che la sentenza di condanna sia passata in giudicato, che la parte di condanna ancora da espiare sia almeno di un anno, che l'infrazione penale sia considerata tale anche dalla legge dello Stato in cui il detenuto deve essere trasferito e che entrambi gli Stati siano d'accordo sul trasferimento.
L'Accordo riveste una particolare importanza per il nostro Paese proprio perché salvaguarda i cittadini italiani attualmente detenuti nelle carceri dominicane. Infatti, non va dimenticato che il numero di persone potenzialmente soggette a condanne e a pene detentive è in continuo aumento, vista soprattutto la sempre più grande affluenza di turisti italiani nell'isola. Si tratta certamente di una questione che riveste una grande delicatezza, data la situazione delle carceri del Paese centroamericano, dove tra l'altro non sempre ci si trova dinanzi a forze dell'ordine che incarnano un sistema democratico.
Notevoli, infatti, sono le prevaricazioni e l'indifferenza verso i detenuti costretti a vivere in condizioni pessime all'interno delle celle, in mancanza di igiene e rispetto dei diritti umani. Un altro aspetto che mi preme sottolineare, prima di passare alla disponibilità e quindi al voto favorevole dell'Italia dei Valori, è quello che attualmente, pur con il progressivo maturare dei requisiti previsti per ottenere il beneficio del Trattato in oggetto, il numero dei detenuti trasferibili in Italia dalla Repubblica dominicana non dovrebbe superare le cinque unità: questo non ci mette nelle condizioni di poter ottemperare nel dare quelle risposte di cui magari, invece, ha bisogno un più alto numero di persone in queste condizioni. Per il resto, ritengo che sia già stato detto tutto e confermo la posizione favorevole del gruppo dell'Italia dei Valori alla ratifica del Trattato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbi. Ne ha facoltà.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, l'Accordo di cui discutiamo la ratifica è un provvedimento significativo e direi anche atteso. Il relatore ne ha illustrato il contenuto. Da parte mia, vorrei sottolineare che ci troviamo dinanzi ad un Pag. 37Accordo che persegue principalmente finalità umanitarie e che va incontro a domande poste anzitutto da nostri concittadini. L'Accordo disciplina, infatti, la possibilità per i cittadini dell'uno e dell'altro Paese, condannati ad una pena detentiva nel Paese di cui non hanno la nazionalità di chiedere di scontare la loro pena nel Paese di origine. In pratica, un cittadino italiano condannato e detenuto in carcere nella Repubblica dominicana potrà chiedere ed ottenere il permesso di scontare la pena in Italia e, viceversa, potrà fare un cittadino dominicano.
Si tratta di una previsione importante che persegue l'obiettivo, con appropriate forme di collaborazione penale internazionale, di favorire il reinserimento sociale delle persone condannate. È questo uno degli obiettivi che sono alla base della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate che fu approvata dal Consiglio d'Europa nel 1983. Tale Convenzione che è stata ratificata non solo da Paesi europei ma anche da Paesi di altri continenti - sono 64 in tutto ma tra essi non vi è la Repubblica dominicana - fissa i principi e i criteri che ritroviamo anche nell'Accordo bilaterale che stiamo discutendo. La Convenzione stabilisce che una persona condannata nel territorio di una parte può, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, essere trasferita nel territorio di un'altra parte per scontare la pena inflittale. A tal fine essa può manifestare presso lo Stato di condanna o presso lo Stato di esecuzione il desiderio di essere trasferita in applicazione della presente condizione. Una condizione indispensabile richiesta per il trasferimento ai sensi della Convenzione è che il condannato sia cittadino dello Stato in cui sarà trasferito per scontare la condanna e che chieda o acconsenta al trasferimento. In pratica, l'Accordo che è oggi oggetto di ratifica estende alla Repubblica dominicana la validità della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate per quanto riguarda l'Italia con qualche aggiustamento. Ad esempio, l'Accordo bilaterale prevede che il condannato al momento del trasferimento debba scontare ancora almeno un anno di pena, mentre la Convenzione si accontenta di sei mesi. Sottolineo l'elemento della volontarietà della richiesta di trasferimento in patria da parte del detenuto in un carcere straniero anche perché nel dibattito in Commissione è stata evocata l'opportunità o l'utilità di prevedere un trasferimento coattivo in patria del detenuto straniero in termini - aggiungo - meramente accademici: infatti tutti sono d'accordo e lo ha ricordato poc'anzi anche il relatore alla ratifica dell'Accordo. Credo che ci si riferisse all'ipotesi dei cittadini dominicani detenuti in Italia, dove le carceri ancorché non eccellenti sono probabilmente migliori di quelle della Repubblica dominicana, da trasferire quindi in patria. Tuttavia, mi pare che questa ipotesi andrebbe scartata anche da un punto di vista, per dir così, meramente accademico, perché violerebbe il principio basilare della Convenzione internazionale che fa da matrice e da sfondo all'Accordo.
Comunque, il tema dell'espulsione dei cittadini stranieri condannati in Italia per reati commessi nel nostro Paese deve esser trattato e anche mantenuto su un diverso piano. Peraltro, non ci sono stati forniti dal Governo elementi di informazione concreta sulla popolazione dominicana detenuta in Italia potenzialmente interessata all'Accordo.
Non so quanti siano i cittadini dominicani condannati in Italia con sentenza definitiva che scontano in carcere la relativa pena. Complessivamente mi risulta che i cittadini dominicani in Italia siano intorno ai 20.000 - secondo i dati di Caritas Migrantes, un rapporto presentato a Roma nel settembre scorso - e di questi la grande maggioranza sarebbero donne.
Sappiamo invece - perché vi ha fatto riferimento in Commissione il rappresentante del Governo - che sarebbero 21 gli italiani detenuti nelle carceri della Repubblica dominicana. Presumibilmente, questi detenuti italiani attendono con una qualche impazienza di avere la facoltà di richiedere il trasferimento per scontare la pena in patria. A me non è nota la ragione delle condanne nella Repubblica dominicana; Pag. 38osservo comunque che, secondo dati non aggiornatissimi, ma nemmeno vecchissimi (fine del 2007), le carceri della Repubblica dominicana ospitavano non pochi stranieri: oltre 1.500. Gli italiani segnalati allora erano solo 7. Secondo l'allora procuratore generale della Repubblica dominicana - forse è lo stesso ancora oggi - questo stato di cose aveva a che fare innanzitutto con il traffico di droga e con l'utilizzo della Repubblica dominicana come piattaforma usata dai corrieri per portare droga verso l'Europa e gli Stati Uniti. Molti di quegli oltre 1.500 detenuti apparterrebbero a Paesi europei e, secondo quanto dichiarato dal procuratore della Repubblica, la maggior parte di loro erano stati arrestati negli aeroporti ed in punti diversi con un carico di droga. I detenuti stranieri sono una quota percentuale tra l'altro non irrilevante della popolazione detenuta nelle 34 prigioni censite nella Repubblica dominicana (abbondantemente sopra il 10 per cento) e gli interessi dei narcotrafficanti sono cospicui: si stima che la merce smistata verso Stati Uniti ed Europa dalla Repubblica dominicana valga non meno di un miliardo di dollari l'anno. Non credo che, da allora, siano intervenuti grandi cambiamenti.
Naturalmente questo flash sulla presenza nella Repubblica dominicana di trafficanti di droga non deve e non vuole mettere in ombra la presenza di una comunità italiana attiva e numerosa, l'esistenza di rapporti bilaterali intensi e con grandi potenzialità di sviluppo. Nella Repubblica dominicana risultano infatti registrati all'AIRE circa 2.800 italiani, vi è una presenza commerciale significativa, sono attivi operatori turistici importanti, il clima è mite ed accogliente e sembra avere attirato anche italiani che hanno concluso la loro vita lavorativa in Italia ed hanno deciso di godersi là la pensione (vi è un'associazione di pensionati italiani); un accordo bilaterale sulla promozione e la protezione degli investimenti è stato siglato nel 2006 e ratificato nel settembre 2008 da questa Camera. Vi è, quindi, un intreccio di relazioni che include anche la dimensione complessa e delicata della collaborazione in campo penale e delle persone che commettono reati.
L'accordo che è al nostro esame affronta tale questione - come ho ricordato - sotto il profilo umanitario, definendo le condizioni per il rientro in patria, per scontarvi la pena, di persone condannate nell'altro Stato. Si tratta di una misura opportuna, che senza nulla togliere all'eventuale gravità dei reati commessi, consente all'interessato di scontare la pena in un ambiente più prossimo alla propria esperienza di vita, alle proprie relazioni personali ed affettive, al fine di favorirne, come detto, il recupero sociale ed il reinserimento nella vita della comunità.
Per queste ragioni, il Partito Democratico è favorevole alla ratifica dell'accordo, non senza segnalare come improprio e sbagliato - è stato fatto riferimento a questo anche dal relatore - il fatto che la somma di circa 30.000 euro necessaria per coprire l'attuazione dell'accordo venga tolta al fondo destinato a contrastare i fenomeni di desertificazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3072)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1830 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova sulla collaborazione nel settore del turismo, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (Approvato dal Senato) (A.C. 3073) (ore 18).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già Pag. 39approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova sulla collaborazione nel settore del turismo, fatto a Roma il 7 dicembre 2006.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3073)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Barbi, ha facoltà di svolgere la relazione.

MARIO BARBI, Relatore. Signor Presidente, colleghi, l'Accordo tra l'Italia e la Repubblica di Moldova sulla cooperazione nel settore del turismo, di contenuto analogo a numerose altre intese siglate in materia con altri Paesi, è finalizzato ad ampliare le relazioni economiche e commerciali con Chisinau e fa seguito a due altre importanti intese, nel settore della cooperazione giudiziaria ed in quello della difesa, che la Camera ha ratificato nei mesi scorsi.
Nel corso del dibattito che si è svolto in Aula sulla ratifica dell'Accordo in materia di difesa, ebbi a ricordare che la Moldova è un Paese di recente indipendenza: lasciò l'URSS nel 1991 e, da allora, è impegnata in un complesso processo di democratizzazione politica e liberalizzazione economica, che comprende anche la collaborazione internazionale, in cui rientra l'Accordo in oggetto.
Venendo ai contenuti dell'articolato, l'articolo 1 contiene l'impegno delle parti contraenti ad incoraggiare lo sviluppo delle attività turistiche tra i due Paesi nelle diverse forme elencate all'articolo 2 (turismo culturale, d'affari, accademico, eccetera).
Le parti, in base all'articolo 3 dell'Accordo, si impegnano a realizzare la cooperazione tra istituzioni pubbliche e agenti economici mediante una serie di azioni, che comprendono il sostegno alle aziende che operano nel campo del turismo, gli scambi di esperti e informazioni del settore turistico, e così via.
All'articolo 4 è prevista l'istituzione di uffici di informazione turistica nei rispettivi territori, che opereranno in base alla legislazione nazionale di ciascuno dei Paesi.
L'articolo 5 impegna le parti alla realizzazione della semplificazione delle reciproche formalità di controllo per l'ingresso nei due Paesi, facendo menzione, per quanto riguarda l'Italia, degli accordi di Schengen dei quali è firmataria.
L'articolo 6 impegna le parti a favorire lo sviluppo della cooperazione tra imprese private.
L'articolo 7 reca un elenco di attività destinate allo sviluppo della reciproca collaborazione in materia di turismo; fra di esse, la realizzazione di fiere e mostre e lo scambio di informazioni riguardanti vari aspetti che compongono il settore del turismo.
L'articolo 8, riguardante la formazione di esperti e di tecnici, prevede lo scambio di studenti e di docenti, che verrà stabilito dalle parti con apposito progetto separato.
L'articolo 9 prevede l'istituzione di un gruppo misto di lavoro con il compito di provvedere al funzionamento dell'Accordo, mentre l'articolo 10 definisce le autorità responsabili della realizzazione dell'Accordo (per l'Italia il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri).
L'articolo 11 contiene la clausola che fa salvi i diritti e le obbligazioni derivanti dai trattati internazionali di cui i due Paesi sono parte.
L'articolo 12 prevede la soluzione amichevole delle eventuali controversie, mentre l'articolo 13 disciplina le modalità per successive modifiche dell'Accordo.
L'Accordo è concluso per un periodo di cinque anni (articolo 14), con proroga tacita quinquennale, salvo denuncia di una delle due parti contraenti.
Il disegno di legge, approvato dal Senato il 16 dicembre scorso, consta di Pag. 40quattro articoli. I primi due recano l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e l'ordine di esecuzione.
L'articolo 3 quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo (3.360 euro annui a partire dal 2011), alla cui copertura si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione.
Il disegno di legge presentato al Senato è, inoltre, accompagnato da un'analisi tecnico-normativa e da un'analisi dell'impatto della regolamentazione. L'analisi tecnica afferma che la ratifica dell'Accordo in oggetto non presenta profili di incompatibilità con l'ordinamento comunitario e, pur riconoscendo il turismo quale competenza costituzionale delle regioni, fa salvo l'Accordo in quanto connesso alle relazioni internazionali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO BARBI, Relatore. In proposito - questo è l'ultimo punto, e concludo - segnalo che in Commissione è stato chiesto al Governo di chiarire meglio la compatibilità tra le previsioni del disegno di legge e il disposto della legge 5 giugno 2003, n. 131, articolo 6, commi 1 e 3, che riguarda proprio le facoltà delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano relative alla questione del turismo.
In proposito, il Governo ha riferito che non vi è alcuna incompatibilità, in quanto l'accordo consiste in un'intesa quadro fra i Governi dei due Paesi che non tocca le funzioni delle regioni e delle province autonome relative all'esecuzione degli accordi internazionali ratificati nelle materie di competenza legislativa (Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, anche questo accordo di collaborazione nel campo del turismo entra a far parte prepotentemente delle relazioni internazionali fra i due Paesi, viste le eccellenti relazioni bilaterali con la Repubblica moldava, ed entra a far parte di un quadro di auspicabile allargamento delle relazioni economiche tra le nostre due realtà territoriali.
L'accordo prevede l'individuazione di strategie - soprattutto - e di linee di intervento comuni nei settori non soltanto del turismo, ma anche dell'accoglienza e della formazione e si costituisce come importante quadro normativo per lo sviluppo di future relazioni culturali e commerciali fra i nostri Paesi.
Le amministrazioni coinvolte sono le amministrazioni nazionali del turismo. Inoltre, come è stato precedentemente rilevato dall'onorevole Barbi, gli aspetti più qualificanti di questo accordo sono innanzitutto la collaborazione nelle attività di formazione settoriali e di scambi di informazione e di materiale turistico, nonché di statistiche e la promozione congiunta. In particolare, gli articoli stabiliscono le linee guida dell'accordo che prevedono l'eventuale reciproca apertura di uffici del turismo nei due Paesi, le formalità di ingresso (questo è sempre stato un punto dolente per quello che riguarda la gestione dei visti), la possibile collaborazione nel campo delle imprese private e via di seguito iniziative comuni nella promozione turistica, culturale e commerciale.
Sono queste le ragioni per le quali, come già annunciato in Commissione, il mio gruppo esprimerà un voto favorevole.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, colleghi, prima di passare ad esporre brevemente il tema dell'accordo, vorrei riprendere alcune argomentazioni che sono state svolte poc'anzi, soprattutto Pag. 41riferite all'analisi tecnico-normativa, perché credo che, come si è detto, pur riconoscendo la competenza costituzionale delle regioni in materia di turismo, si fa salvo l'Accordo in quanto connesso alle relazioni internazionali, citando testualmente l'articolo 6, comma 1, della legge n. 131 del 5 giugno 2003. Vorrei, però, invitare anche a riflettere sul comma 3 dello stesso articolo, il quale afferma che «le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale (...)».
Detto questo, evidentemente occorre capire in che modo e in che misura questi due aspetti possano diventare complementari.
Il gruppo dell'Italia dei Valori è a favore della ratifica di questo accordo e il disegno di legge concernente il presente accordo di collaborazione nel campo del turismo tra Italia e Moldova si inquadra nell'ambito delle relazioni internazionali fra i due Paesi, creando anche le premesse per l'instaurazione di una serie di rapporti commerciali tesi a favorire così anche l'incremento delle relazioni economiche. Il gruppo dell'Italia dei Valori vede con favore l'approvazione di questo accordo, perché riteniamo utile che anche la Moldova, unitamente al nostro Paese, possa sviluppare sinergie volte, in particolar modo, alla preparazione degli operatori del turismo, soprattutto da quando abbiamo addirittura ricreato il Ministero del turismo.
Nel caso in questione si tratta di un Accordo siglato dal Governo Prodi e ci auguriamo che l'attuale Ministro possa assicurarne l'applicazione e l'esecuzione nel migliore dei modi. Tale Accordo mi sembra peraltro giustificato dall'apertura dell'ambasciata d'Italia in Moldova, mentre in precedenza occorreva fare riferimento per ogni esigenza a quella italiana in Romania.
Ritengo che l'Accordo vada ratificato celermente e soprattutto che si dia luogo a quelle che vengono definite nel Trattato «eventuali aperture di uffici del turismo» e «le possibili collaborazioni nel settore di imprese private». Questo perché agli accordi internazionali devono far seguito serie attività pratiche di cui la politica ha il dovere di farsi carico, anche perché diversamente - ovvero se i privati non investono nel settore e se alla formazione congiunta dei nostri funzionari non segue l'apertura di sportelli dove rendere fruibili queste competenze acquisite - non si comprenderebbe il motivo della sottoscrizione e della promozione di detto Accordo.
Concludo con l'auspicio che questo Accordo porti davvero giovamento al nostro Paese e a quello della Moldavia e che effettivamente si tragga beneficio dall'invio dei nostri funzionari al fine di preparare al lavoro gli omologhi moldavi, così come speriamo che questa sinergia possa svilupparsi presto nel senso opposto, per poter avviare importanti flussi turistici anche verso il nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo Accordo è del 2006, quindi già viene un po' incontro all'auspicio del presidente della nostra Commissione, onorevole Stefani, di ratificare accordi che non vadano così lontano nel tempo. Si tratta di una riflessione che forse andrebbe anche accompagnata a una semplificazione dell'iter parlamentare di queste ratifiche che potrebbe portare alla soluzione di un lungo arretrato in questo campo.
Il relatore, onorevole Barbi, è stato più che esauriente, non solo nella descrizione dell'Accordo, ma anche in una serie di riflessioni che riguardano il contesto nel quale l'Accordo viene firmato.
Si tratta di un Accordo analogo a numerose altre intese siglate dall'Italia in Pag. 42questa materia con altri Paesi e finalizzato ad ampliare le relazioni economiche e commerciali, a partire dal settore del turismo, con la Repubblica di Moldova e fa seguito anche ad altre importanti intese avvenute nel campo della cooperazione giudiziaria e in quello della difesa.
È un Accordo importante perché la Moldova è un paese collocato in un'area di frontiera che con una certa fatica cerca un assetto stabile dopo la proclamazione dell'indipendenza avvenuta nel 1991. È un Accordo che noi del Partito Democratico sosterremo con il voto favorevole del nostro gruppo.
Mi sia permessa soltanto una ulteriore osservazione oltre a quella, che ribadisco, relativa alla copertura finanziaria impropriamente riferita, in maniera necessaria, al Fondo per la desertificazione. L'ultima osservazione è relativa al fatto che la Moldova, secondo gli osservatori internazionali, ma anche secondo numerosi reportage apparsi sui mass media di questi anni, si è distinta purtroppo come uno dei Paesi dove si è manifestato con più virulenza il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione e anche vari episodi di turismo sessuale.
Quindi, rivolgo un invito a tutti noi, alle istituzioni e allo stesso Governo al fine di accompagnare possibilmente la ratifica e l'applicazione di questo Accordo anche ad una dovuta azione di monitoraggio e lotta a questi fenomeni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3073)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Brandolini ed altri; Rainieri ed altri: Disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma (A.C. 975-2513-A) (ore 18,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di iniziativa dei deputati Brandolini ed altri; Rainieri ed altri: Disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 975-2513-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Beccalossi, ha facoltà di svolgere la relazione.

VIVIANA BECCALOSSI, Relatore. Signor Presidente, sono relatrice di questo provvedimento che abbiamo affrontato in Commissione agricoltura. Si tratta di due proposte di legge: A.C. 975, il cui primo firmatario è l'onorevole Brandolini, e l'A.C. 2513 il cui primo firmatario è l'onorevole Rainieri. Si tratta di due disegni di legge che hanno come obiettivo quello di meglio normare un settore che negli ultimi anni è in grande crescita: quello dei prodotti di quarta gamma.
Il testo è stato elaborato dalla Commissione agricoltura e ha come fine ultimo Pag. 43quello di migliorare le garanzie igienico-sanitarie nonché l'informazione dei consumatori per quanto riguarda la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei cosiddetti prodotti ortofrutticoli di quarta gamma.
Abbiamo iniziato l'esame di questo provvedimento il 10 febbraio 2009 ed abbiamo subito dato vita ad un comitato ristretto. Mi sento di poter dire che abbiamo fatto un buon lavoro, assolutamente bipartisan: almeno sulle insalate siamo tutti d'accordo.
Abbiamo colto l'occasione per intervenire anche per quanto riguarda un potenziamento della presenza di questi prodotti che provengono dal territorio nelle mense scolastiche, laddove abbiamo potuto introdurre questi prodotti delle nostre terre.
All'articolo 2 si definiscono i prodotti ortofrutticoli di quarta gamma, ovvero i prodotti ortofrutticoli freschi, confezionati e pronti per il consumo che dopo la raccolta sono sottoposti a processi tecnologici di minima entità, atti a valorizzarli seguendo le buone pratiche di lavorazione, articolate nelle seguenti fasi: la selezione, la cernita, l'eventuale monda e taglio, il lavaggio, l'asciugatura, il confezionamento in busta o in vaschette sigillate, con eventuale utilizzo di atmosfera protettiva.
I principi generali della disciplina che si intende introdurre sono indicati invece nell'articolo 3 e riguardano sia il confezionamento, al comma 1, sia la distribuzione, al comma 2, dei prodotti in questione.
In particolare, si prevede che i prodotti ortofrutticoli di quarta gamma possano essere confezionati singolarmente o in miscela, in contenitori di peso e dimensione diversi. È consentita l'eventuale aggiunta, in quantità percentuale limitata, di ingredienti di origine vegetale non freschi o secchi. Si prevede inoltre che possano essere distribuiti nelle catene commerciali tradizionali o mediante distributori automatici, purché siamo rispettati i parametri chimico-fisici e igienico-sanitari stabiliti dal decreto ministeriale attuativo della legge.
Al comma 3 dell'articolo 3 si stabilisce, qualora i prodotti ortofrutticoli di quarta gamma siano distribuiti ai consumatori nella ristorazione scolastica, che le produzioni vegetali utilizzate debbano provenire prevalentemente dal territorio nazionale ed essere preferibilmente garantite nella tracciabilità. Su questo punto mi preme di sottolineare come in Commissione agricoltura sia arrivata una nota da parte del Ministro per le politiche europee Ronchi con cui si sottolinea che questa norma potrebbe dare dei problemi in ambito comunitario.
Di conseguenza, già domani mattina, nel Comitato dei nove che è stato convocato per le 10,30, ci riserviamo di trovare una soluzione che possa andare incontro, da un lato, all'esigenza che la Commissione si era posta, ossia quella di promuovere i nostri prodotti, dall'altra, però, alla necessità di non cozzare con la normativa comunitaria.
Mi preme anche sottolineare che il Comitato ristretto ha ascoltato in sede di audizione tutti coloro che potevano essere interessati, a partire dalle organizzazioni professionali agricole per arrivare alle aziende che sono specializzate nel settore e abbiamo raccolto consensi su questo provvedimento da parte di ognuno. Per questo ringrazio tutti gli auditi, i funzionari, ma soprattutto tutti i componenti della Commissione agricoltura per l'attenzione con la quale è stato seguito questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GUIDO CROSETTO, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire successivamente.

PRESIDENTE. Sta bene.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 44

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, la relazione della relatrice Beccalossi è stata assolutamente esaustiva e noi la ringraziamo molto perché credo che ci consenta di poter affrontare questo dibattito con parecchia carne al fuoco.
Io la pregherei, se fosse possibile, visto che il sottosegretario per la difesa sicuramente è molto competente in materia, di garantirci che il suo intervento si realizzi a conclusione del dibattito, così il relatore che lo ha aperto lo potrà anche chiudere con la replica. Noi saremmo molto interessati ad avere la parola del Governo su questa materia approfittando anche del contributo che viene dato da coloro che interverranno adesso e in senso di rispetto ai colleghi, in maniera che questa fase del dibattito, che è quella nella quale poi si prevede anche la replica del Governo, si concluda, come di consueto, ed anzi come si dovrebbe fare, appunto con la replica del Governo, e domani non accada che magari un sottosegretario che non è competente come l'onorevole Crosetto, approfittando della fase del parere sugli emendamenti oppure su qualunque altro argomento, svolga la replica che l'onorevole Crosetto, che dalla difesa si sposta rapidamente anche alla confezione di prodotti e a materie di questo tipo, in questo momento ci vorrebbe risparmiare. Noi stiamo in viva attesa di conoscere qual è l'opinione del Governo anche su questo argomento.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, non sfugge a nessuno di noi la sottile ironia del suo intervento. A me tocca farle rilevare due questioni. La prima è che il Governo ha facoltà di parlare, non è tenuto a parlare, a differenza del relatore che invece può non replicare, ma è tenuto ad introdurre la discussione. Quindi, come ho detto più volte, qui iure suo utitur, neminem laedit dicevano i romani: chi sta sul terreno del proprio buon diritto non può essere incolpato di nulla.
In secondo luogo, posso garantirle che l'onorevole Crosetto ha ampie competenze in materia di agricoltura, soprattutto in materia di agricoltura piemontese, ma è un atto di discrezione da parte sua il non usurpare una valutazione politica che spetta al suo collega competente in materia. Esaurito l'intervento sull'ordine dei lavori, proseguiamo nella discussione sulle linee generali.
È iscritta a parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, in ordine all'intervento del collega Giachetti vorrei fare solo una considerazione; per me, invece, è importante avere in Aula il sottosegretario per la difesa, ad una pacifista come me è venuto da pensare: mettiamo dei fiori nei nostri cannoni, quindi siamo quasi in sintonia. Certo che ambasciator non porta pena, ma forse sarebbe stato anche il caso che almeno un rappresentante, un deputato della Lega fosse presente in Aula oggi pomeriggio, considerando anche che questo testo unificato viene fuori proprio da due proposte di legge: una a firma Brandolini e l'altra a firma Rainieri, che è appunto un deputato della Lega.
Comunque, veniamo a noi. Il mercato dei prodotti di quarta gamma negli ultimi dieci anni è considerevolmente aumentato; in Italia, infatti, è aumentato il fatturato di questi prodotti ed il mercato italiano è diventato addirittura il secondo in Europa.
Questi prodotti, pronti al consumo, rispondono al bisogno del consumatore di ridurre i tempi di preparazione, ma anche di eliminare, o per lo meno di ridurre, il volume degli scarti di cucina. Per questo motivo è sorta la necessità di adottare una legge che disciplini la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma destinati all'alimentazione umana. Di conseguenza, in Commissione agricoltura c'è stata una voce unanime, siamo stati tutti d'accordo e abbiamo concordato le modifiche delle due proposte di legge Brandolini e Ranieri.
Bisogna anche considerare che i consumatori hanno opinioni diverse sui prodotti di quarta gamma. Ad esempio, quando viene preparata un'insalata partendo dal prodotto tal quale, per semplicità Pag. 45ne viene usata un solo tipo, al massimo con l'aggiunta di un secondo ingrediente. Con le insalate pronte, invece, si può facilmente ricorrere a dei mix che includono molte varietà e ciò permette anche al consumatore di assumere dei prodotti antiossidanti in maggior quantità rispetto al consumo delle insalate fresche. Le verdure di quarta gamma, inoltre, possono essere facilmente trasportate e consumate non solo a casa, ma anche in altri luoghi.
Tuttavia, non tutti apprezzano i vantaggi dei prodotti di quarta gamma. Ci sono, infatti, consumatori che non ricorrono mai alle verdure di quarta gamma e sono poco più del 50 per cento. Si tratta di persone che hanno consumi più tradizionali e che non hanno l'abitudine di utilizzare e di consumare questi prodotti innovativi. Ci sono quindi anche gli scettici e i diffidenti. C'è chi si lamenta che questi prodotti sono più o meno buoni, o chi si lamenta di odori strani, ma soprattutto i consumatori si lamentano per i prezzi, che sono senz'altro più elevati rispetto a quelli delle verdure fresche. È, soprattutto, il processo di produzione (dalla coltivazione alla distribuzione refrigerata) che ha un costo elevato e proprio per questo motivo i prodotti di quarta gamma costano di più rispetto a quelli freschi. Le insalate e le verdure di quarta gamma sono più deperibili degli equivalenti prodotti di prima gamma e il punto debole è anche il loro arrivo nei supermercati, soprattutto per la carica batterica a causa della quale le verdure di quarta gamma sono incriminate.
Altro argomento controverso riguarda le vitamine, in quanto molti pensano che in questi prodotti vadano perse in seguito ai trattamenti. Certamente durante il taglio e il lavaggio si verifica una certa perdita di vitamine, ma senz'altro ciò succede anche a casa quando si compiono le stesse operazioni. Le verdure di quarta gamma, quindi, hanno una vita molto più breve dell'equivalente fresco, per cui alla fine è probabile (e questo magari giustifica un po' chi utilizza questi prodotti) che di vitamine ce ne siano di più.
Questi sono i pro e i contro, ma è certo che oggi il consumo di questi prodotti di quarta gamma raggiunge il fatturato di spesa della stessa pasta: ciò vuol dire che i consumatori italiani, in maggioranza, preferiscono utilizzarli. Ecco, quindi, il motivo di queste due proposte di legge nate per garantire la sicurezza e la qualità alimentare anche di questi prodotti, visto l'uso crescente che gli italiani stessi ne fanno.
È fondamentale evitare il rischio di frodi, l'utilizzo di prodotti di origine poco certa e garantire al consumatore la qualità della materia all'origine. Si tratta sempre del solito discorso della tracciabilità che, comunque, riguarda tutti i prodotti alimentari che provengono dalla terra.
È necessario, nel contempo, garantire sia la qualità nutrizionale del prodotto, sia i requisiti igienici. Questo testo unificato approvato dalla Commissione agricoltura regolamenta questo prodotto, garantendo soprattutto e principalmente il consumatore.
È una proposta di legge ben fatta, onorevole Brandolini, che definisce i prodotti di quarta gamma, di cui non solo sottolinea le buone pratiche di lavorazione, come la selezione, la cernita, la monda, il taglio, il lavaggio, l'asciugatura, il confezionamento in busta o nella vaschetta sigillata, ma regola anche la commercializzazione.
Ebbene, a nostro avviso, è importante la precisazione che, nell'eventualità in cui il prodotto venga destinato alle scuole, le produzioni vegetali utilizzate provengano prevalentemente dal territorio nazionale e ne venga garantita quindi la tracciabilità. Il gruppo dell'Italia dei Valori presenterà un emendamento che evidenzierà la necessità che il decreto ministeriale, individuando tutti i parametri e le caratteristiche chimiche, ma soprattutto igieniche e sanitarie relative al ciclo produttivo, al confezionamento e anche ad altro, nonché le informazioni in etichetta a tutela dei consumatori dei prodotti ortofrutticoli, tenga conto della normativa comunitaria.
Per quanto riguarda, invece, il parere della Commissione bilancio, che chiede di Pag. 46riformulare l'articolo 3, comma 3, questo articolo prevede che i prodotti ortofrutticoli utilizzati nella ristorazione scolastica debbano provenire prevalentemente dal territorio nazionale, requisito che il gruppo dell'Italia dei Valori ritiene comunque necessario. Infatti, può anche non essere compatibile con la normativa comunitaria, ma è un requisito importante, perché è una garanzia a tutti gli effetti, perché abbiamo a che fare con i ragazzi che frequentano le nostre scuole, perché l'articolo va ad evidenziare soprattutto a cosa serve la tracciabilità del prodotto stesso, quindi va a tutelare la salute dei nostri ragazzi, che non mi sembra una cosa da niente. Lo valuteremo domani in Commissione agricoltura, nel Comitato dei nove, perché a nostro avviso bisogna anche valutare il significato di quel «prevalentemente», che non significa «esclusivamente». Comunque, il nostro voto sarà sicuramente favorevole.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Carra. Ne ha facoltà.

MARCO CARRA. Signor Presidente, anche io mi sento di sottolineare, come hanno fatto la relatrice, onorevole Beccalossi, e la collega dell'Italia dei Valori, il lavoro positivo che la Commissione ha sviluppato su questo tema. Penso sia importante sottolineare questo dato - almeno per noi lo è - in ragione del fatto che, non più tardi di qualche settimana fa, il nostro gruppo, attraverso il capogruppo, onorevole Oliverio, ha indirizzato una lettera piuttosto critica al presidente della Commissione agricoltura, attraverso la quale ha inteso denunciare una sorta di inefficacia dell'azione della Commissione su tutta una serie di temi ed anche una cattiva volontà da parte del Governo di interessarsi compiutamente dei temi agricoli ed agroalimentari.
Quindi, a maggior ragione, alla luce di quella lettera, oggi viceversa sottolineiamo questo dato importante che ha caratterizzato - lo ribadisco - il lavoro della Commissione. In particolare, mi sia consentito sottolineare - ha fatto bene l'onorevole Beccalossi ad evidenziare questo dato bipartisan - l'impegno che l'onorevole Brandolini, del mio stesso gruppo, ha profuso affinché questa proposta potesse procedere, la positiva insistenza attraverso la quale ha portato avanti questo progetto.
Credo che sia significativo sottolinearlo proprio perché certifica anche l'operosità di un singolo deputato. Peraltro, è un lavoro che è stato portato avanti in un ambito del comparto agricolo, quale appunto quello dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma, che possiamo ancora considerare di nicchia, ma che è destinato a crescere. Sta dimostrando potenzialità di sviluppo che potrebbero rivelarsi - questa affermazione può apparire un po' presuntuosa, tuttavia la voglio fare - strategiche per contrastare la crisi dell'agroalimentare.
È sufficiente pensare che nel 2004 il giro di affari era di poco al di sotto dei 400 milioni di euro e nel 2007 è praticamente raddoppiato; oggi l'Italia - è bene ricordarlo - è il secondo Paese europeo, dopo la Gran Bretagna, nel consumo di prodotti di quarta gamma.
Questo significa che questi prodotti sono sempre più richiesti: vi è un aumento del cosiddetto consumatore single, sta crescendo la necessità o la volontà del consumatore stesso di consumare il pasto fuori casa, le abitudini alimentari stanno mutando e vi è da parte del consumatore una sempre maggiore richiesta di velocità e di praticità, una sorta di volontà del tutto pronto.
Dal mio punto di vista, una questione rilevante è rappresentata non solo dalla distribuzione di questi prodotti attraverso la grande distribuzione organizzata, come ha ricordato l'onorevole Di Giuseppe, ma anche direttamente, attraverso i servizi di ristorazione e le mense scolastiche.
A questo proposito, il punto verrà ripreso poi compiutamente dall'onorevole Brandolini, però è evidente che è oggetto di discussione - lo sarà domani ancora nel Comitato dei nove - la nota che il Ministro Ronchi ci ha inviato relativa alla provenienza prevalentemente dal territorio nazionale delle produzioni vegetali; è, Pag. 47quindi, un punto sul quale domani credo che il Comitato dei nove concentrerà la sua attenzione.
Il servizio di lavaggio e confezionamento, che è un po' la sintesi del processo produttivo, è un valore aggiunto, che, in qualche modo, trasforma il prodotto agricolo in prodotto grosso modo industriale. I vantaggi sono evidenti, non solo in termini di praticità, perché, se penso alla verdura, questa, per potere essere tagliata senza presentare segni di deterioramento, deve essere non solo fresca, ma soprattutto deve godere di buona salute.
Solo i prodotti della migliore qualità in termini di sviluppo, di condizione fisiologica, di aspetto e di integrità reggono bene questo processo produttivo, in modo da risultare appetibili fino al loro consumo finale.
Penso, pertanto, che in questo provvedimento ritroviamo alcuni concetti fondamentali: la salubrità del prodotto, le condizioni igienico-sanitarie, che devono e dovranno essere ottimali (ci sarà un apposito decreto del Ministero della salute che riguarderà questo aspetto), l'informazione e la tutela del consumatore. Come ha ricordato ancora nella relazione del 10 febbraio 2009 la relatrice, onorevole Beccalossi, questo può essere un punto importante per la lotta all'obesità, soprattutto e in particolare quella giovanile.
È, quindi, un provvedimento che sosteniamo con convinzione, e lo faremo anche nei prossimi giorni, sia nel Comitato dei nove sia nel momento in cui vi saranno le votazioni degli articoli e del provvedimento nel suo insieme in Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brandolini. Ne ha facoltà.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Presidente, cari colleghi, questo piccolo provvedimento, che riusciamo come Commissione agricoltura a portare in Aula, è comunque provvedimento importante, perché, come dicevano la relatrice e gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto - i ringraziamenti li farò in sede di dichiarazione di voto, non oggi - affronta un tema di forte attualità.
Cambiano le abitudini alimentari, diminuiscono spesso i tempi - penso in particolare alle donne - per preparare il pasto, e quindi avere a disposizione prodotti pronti per il consumo è sicuramente anche una risposta che diamo all'esigenza di contenere i tempi, ma, nello stesso tempo, di avere dei prodotti sani e salubri, anche per affrontare i temi che ricordavano i colleghi negli interventi precedenti.
È un settore, a dire il vero, quello di quarta gamma che, dopo un'evoluzione, anzi un'esplosione, sta attraversando da un paio d'anni una certa stazionarietà. Ciò dipende fondamentalmente da due ragioni. La prima di natura anche economica, perché di fronte alla difficoltà delle famiglie si comprimono anche i consumi che danno un valore aggiunto, ma che hanno un costo aggiuntivo per il bilancio familiare; ma penso che il motivo fondamentale - e da esso nasce la scelta di presentare il provvedimento, dopo sollecitazioni, colloqui, confronti con gli operatori del settore - sia, come diceva anche la collega Di Giuseppe, che vi è ancora un certo scetticismo, che deriva prima di tutto dalla mancanza di una regolamentazione: gli stessi operatori del settore, soprattutto quelli che operano bene sul mercato, ritengono che essa sia fondamentale per assicurare un prodotto di qualità, ma anche una giusta concorrenza. Infatti, lavorare bene, mantenere un determinato standard nel processo lavorativo ha dei costi, che chi non segue correttamente il processo non sostiene, e quindi oltre a dare un prodotto non sempre certo nelle sue caratteristiche crea anche un'ingiusta concorrenza.
Ritengo che lo sviluppo fondamentale stia nel passaggio dalla verdura alla frutta. Lo stiamo verificando in questi anni anche con progetti importanti, sostenuti dall'Unione europea, dal Ministero della salute prima di tutto per combattere l'obesità: aumentare il consumo oltre che della verdura anche della frutta. Un consumo che trova difficoltà, in particolare nei Pag. 48bambini, perché un frutto maturo è difficile da mangiare: è più facile mangiare uno snack, una merendina, un cioccolato; essi non creano, al di là del gusto, dei disagi nel consumo. La quarta gamma invece ha cominciato a confezionare dei prodotti, anche attraverso i distributori, come si diceva; e oggi, sostenuta da progetti come quelli del Ministero della salute, quelli all'interno dell'OCM ortofrutta, che si svilupperà a partire dal prossimo anno nelle scuole, con investimenti anche importanti, ha l'obiettivo di creare una cultura del consumo della frutta. Per semplificare: dare delle vaschette, come si intende fare con la produzione di quarta gamma, di prodotto pronto all'uso, magari spezzettato, che non ha bisogno di essere tagliato, e non ha quindi l'handicap del frutto maturo, che creerebbe altrimenti qualche difficoltà se dato da mangiare a scuola, è sicuramente un fatto molto importante. E da questo punto di vista la regolamentazione è ancora più urgente, perché in questo caso abbiamo una deperibilità ancora maggiore, soprattutto se il prodotto, come è necessario per essere di qualità, è fresco; di conseguenza, seguire un determinato processo non solo di lavorazione, ma anche di mantenimento del prodotto, che probabilmente è la questione più significativa che dovrà essere affrontata con il decreto ministeriale, è la condizione essenziale per assicurare che il prodotto non solo sia pronto per l'uso, ma abbia mantenuto le sue caratteristiche, la sua qualità, e soprattutto non crei disturbi di natura gastrica che diversamente potrebbero essere causati da un prodotto non adeguatamente conservato.
Detto questo, quindi, abbiamo lavorato positivamente in Commissione, partendo dalla mia proposta di legge, poi da quella, praticamente uguale se non per un aspetto, presentata come primo firmatario dall'onorevole Rainieri.
Abbiamo quindi trovato una quadra con un lavoro bipartisan che ci mette nella condizione di giungere in Assemblea per concludere l'esame di questo provvedimento che, lo ripeto, rappresenta una piccola cosa ma è sicuramente importante per i consumatori e per i produttori di tali prodotti frutticoli e orticoli.
Ciò detto, abbiamo audito tutto il settore della produzione, della lavorazione nonché della distribuzione del prodotto, acquisendo ulteriori elementi e soprattutto la conferma della giustezza della scelta di una regolamentazione di tale tipo di prodotti.
Domani dovremo comunque affrontare nel Comitato dei nove, oltre agli emendamenti che potevano essere presentati entro la giornata di oggi (ed uno è stato preannunziato dalla collega Di Giuseppe), anche alcune questioni non particolarmente significativi e mi pare sostanzialmente acquisibili, che sono state proposte nei pareri espressi sia dalle Commissioni parlamentari sia dai vari Ministeri. Voglio concludere sottolineando un aspetto che, a mio giudizio, può essere risolto. Il prodotto pronto di quarta gamma è necessariamente un prodotto, come si dice, a filiera corta: questo è il dato di fondo, quindi in sé è un prodotto locale, un prodotto territoriale e, ancor più, un prodotto nazionale.
Da questo punto di vista, non trovo difficoltà ad accogliere peraltro quelle osservazioni del Governo, anche per non incorrere in procedure di infrazione comunitaria, circa l'indicazione di una specificità italiana di un prodotto. È chiaro che quando parliamo di miscele, sia frutticole che orticole, allora potremmo avere all'interno della miscela anche produzioni - penso a quelle esotiche, in particolare della frutta - che provengono dall'estero, come le arachidi, in ogni caso queste sono sempre in una quantità molto minoritaria, raccogliendo dunque lo spirito che abbiamo indicato nella proposta di legge.
Ritengo comunque che, anche attraverso l'altro provvedimento che esamineremo ed attraverso l'etichettatura e la tracciabilità del prodotto, riusciremo a garantire non solo la qualità ma anche la provenienza del prodotto stesso, che in ogni caso, ripeto, se vuole mantenere le caratteristiche necessarie per il consumo Pag. 49deve essere inevitabilmente un prodotto territoriale, un prodotto che si consuma nell'arco di pochi giorni.
Complessivamente oggi siamo comunque in grado di consegnare all'Assemblea per il voto finale un buon provvedimento e senz'altro nel Comitato dei nove affronteremo le ultime questioni sulle quali - sono convinto - verrà mantenuta alla fine quella unitarietà che abbiamo raggiunto nel corso dell'esame in Commissione (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 975-2513-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Colgo l'occasione per ringraziare l'onorevole Crosetto, che ci ha accompagnati per tutta questa seduta e per riprendere, in termini poco diversi, una osservazione del collega Giachetti. Sarebbe segno di attenzione dovuta da parte del Governo nei confronti dell'Assemblea di questo ramo del Parlamento fare intervenire i sottosegretari competenti per materia, fare in modo che essi possano intervenire (Applausi del deputato Giachetti). Non è un problema di competenza personale, che tutti noi le riconosciamo, è un problema di essere autorizzati a rappresentare con forza la posizione del Governo sul provvedimento specifico in esame.
Il seguito del dibattito è pertanto rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 9 febbraio 2010, alle 11:

1. - Svolgimento di interrogazioni.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 1o gennaio 2010, n. 1, recante disposizioni urgenti per la proroga degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia e disposizioni urgenti per l'attivazione del Servizio europeo per l'azione esterna e per l'Amministrazione della Difesa (3097-A).
- Relatori: Stefani, per la III Commissione; Cirielli, per la IV Commissione.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare (2260-A).
e delle abbinate proposte di legge: COSENZA ed altri; D'INIZIATIVA DEI SENATORI: SCARPA BONAZZA BUORA ed altri (Approvata dal Senato) (2646-2743).
- Relatore: Beccalossi.

4. - Seguito della discussione dei progetti di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese concernente la mutua assistenza in materia penale, fatto a Roma il 28 ottobre 1998 (2934-A).
- Relatore: Pianetta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore Pag. 50aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, fatto a Roma il 31 ottobre 2006 (2935-A).
e dell'abbinata proposta di legge: NICCO ed altri (1608).
- Relatore: Narducci.

S. 1828 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno di Norvegia, per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Oslo il 16 giugno 2004 (Approvato dal Senato) (3071).
- Relatore: Pini.

S. 1829 - Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana, fatto a Santo Domingo il 14 agosto 2002 (Approvato dal Senato) (3072).
- Relatore: Pini.

S. 1830 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova sulla collaborazione nel settore del turismo, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (Approvato dal Senato) (3073).
- Relatore: Barbi.

5. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
BRANDOLINI ed altri; RAINIERI ed altri: Disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma (975-2513-A).
- Relatore: Beccalossi.

La seduta termina alle 18,50.