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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 17 marzo 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 17 marzo 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Corsini, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lamorte, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mura, Narducci, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Picchi, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Scajola, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vietti, Vito, Volonté, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Corsini, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Alema, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lamorte, Leo, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Mura, Narducci, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Picchi, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Scajola, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vietti, Vito, Volonté, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 16 marzo 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
NUCARA: «Istituzione dell'Agenzia per il coordinamento e la realizzazione degli interventi connessi alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina» (3316);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE TORRISI: «Modifica all'articolo 21 della Costituzione in materia di divieto di pubblicazioni lesive della dignità della persona e del diritto alla riservatezza» (3317);
TORRISI: «Modifiche agli articoli 47 e 70 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in materia di sospensione dell'atto impugnato e di esecuzione della sentenza di accoglimento nel processo tributario» (3318);
NASTRI: «Disposizioni per la realizzazione di una campagna promozionale volta a favorire il consumo degli agrumi a sostegno del settore agrumicolo» (3319);
DI STANISLAO: «Disposizioni per l'inquadramento di alcune categorie di personale precario nei ruoli civili del Ministero della difesa» (3320);
SCANDROGLIO ed altri: «Disposizioni concernenti lo svolgimento di servizi di vigilanza privata per la protezione delle navi mercantili italiane in alto mare contro gli atti di pirateria» (3321).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge BUTTIGLIONE ed altri: «Istituzione della Fondazione nazionale per il sistema delle orchestre giovanili e infantili in Italia» (3126) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Calabria, Cosenza e Ruggeri.
La proposta di legge BUTTIGLIONE e COMPAGNON: «Disposizioni in materia di professioni non regolamentate» (3131) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Ruggeri.

Adesione di un deputato a una proposta di inchiesta parlamentare.

La proposta di inchiesta parlamentare LULLI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale» (doc. XXII, n. 16) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Vico.

Trasmissione dal Senato.

In data 17 marzo 2010 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 2007. - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 febbraio 2010, n. 10, recante disposizioni urgenti in ordine alla competenza per procedimenti penali a carico di autori di reati di grave allarme sociale» (approvato dal Senato) (3322).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

V Commissione (Bilancio):
VANNUCCI ed altri: «Modifica all'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, concernente la ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a diretta gestione statale» (3299) Parere delle Commissioni I, III, VII e VIII.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 16 marzo 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La politica internazionale sul clima dopo Copenaghen: intervenire subito per dare nuovo impulso all'azione globale sui cambiamenti climatici (COM(2010)86 definitivo), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e VIII (Ambiente), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Elementi e iniziative relative allo stanziamento dei fondi destinati alla tutela dei lavoratori delle piccole e medie imprese - 3-00968

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per affrontare gli effetti della gravissima crisi internazionale nell'ultimo biennio il Governo ha stanziato ingenti somme, pur in una strategia di cautela per la stabilità dei conti pubblici, per interventi di sostegno al reddito a beneficio dei lavoratori sospesi dal lavoro a causa delle difficoltà e criticità che d'improvviso tante imprese hanno dovuto affrontare;
si ricorda lo stanziamento di 600 milioni di euro, di cui alla legge finanziaria per il 2009, ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, nonché l'accordo con le regioni per complessivi 8 miliardi in un biennio (5,635 da fondi nazionali e 2,65 regionali) in favore dei lavoratori colpiti dalla crisi;
con delibera Cipe del 6 marzo 2009 sono stati stanziati, per il biennio 2009-2010, 4 miliardi di euro con la seguente ripartizione: 2 miliardi e 950 milioni di euro al Centro-Nord; 1 miliardo e 50 milioni di euro al Mezzogiorno, mentre con i decreti ministeriali n. 45080 del 19 febbraio 2009 e n. 46449 del 7 luglio 2009, a valere sulle risorse sopra dette, sono state assegnate alle regioni risorse per complessivi 825,5 milioni di euro, a copertura della quota nazionale di finanziamento degli ammortizzatori in deroga;
si rammenta, altresì, che l'articolo 19, comma 9-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha disposto che «in sede di prima assegnazione delle risorse destinate per l'anno 2009, di cui al comma 9 del presente articolo, nelle more della definizione degli accordi con le regioni e al fine di assicurare la continuità di trattamenti e prestazioni, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali assegna quota parte dei fondi disponibili direttamente alle Regioni ed eventualmente alle Province»;
la scelta di operare in raccordo con regioni e province per l'attuazione delle politiche di sostegno al reddito si instrada sulla via federalista ed è garante di risposte puntuali e circostanziate alle variegate esigenze territoriali dei lavoratori e datori di lavoro;
il recente dibattito politico sugli ammortizzatori sociali ha sottolineato l'importanza di non sottrarre fondi alla tutela dei lavoratori delle piccole e medie aziende, forza economica del nostro tessuto produttivo, cuore pulsante dell'economia nazionale;
la salvaguardia dei lavoratori delle piccole e medie imprese deve essere prioritaria e stabile nel quadro di una revisione degli ammortizzatori sociali -:
quanti degli stanziamenti di cui in premessa siano stati utilizzati in favore delle piccole e medie imprese, quante piccole e medie imprese ne abbiano beneficiato e, se è vero che i fondi a disposizione sono sufficienti per tutto il 2010, quali interventi intenda porre in essere a decorrere dal 2011. (3-00968)

Elementi e iniziative in merito agli ammortizzatori sociali per il secondo semestre del 2010 e per l'anno 2011 - 3-00969

LENZI, MARAN, DAMIANO, BARETTA, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei primi due mesi del 2010 sono state autorizzate 179,6 milioni di ore di cassa integrazione, contro i 72 milioni di ore dei primi due mesi del 2009;
l'attuale difficile congiuntura economica non può realisticamente essere considerata superata;
la cassa integrazione ordinaria è finanziata dalle imprese attraverso il versamento di un contributo fisso ad un apposito fondo Inps e tale fondo risulta da anni in attivo; in particolare, il Presidente dell'Inps Mastropasqua ha dichiarato che per l'anno 2009 sono state utilizzate solo il 60 per cento delle risorse;
come noto, la durata complessiva della cassa integrazione ordinaria non può superare le 52 settimane e la crisi aziendale deve dipendere da difficoltà temporanee, a seguito delle quali deve risultare certa la ripresa dell'attività;
la cassa integrazione straordinaria, finanziata anche grazie all'accordo tra Stato e regioni del 12 febbraio 2009, è stata modificata nella prassi, prevedendo come causa sufficiente l'attuale fase di crisi economica, senza che ciò si accompagni a processi di riconversione;
si registra il sempre maggiore ricorso alla cassa integrazione in deroga per le aziende che non possono accedere o hanno già utilizzato le altre tipologie;

pur mancando dati completi sul numero dei lavoratori e delle imprese coinvolte, si può ritenere che, stante l'esaurimento della possibilità di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria, si sia di fronte ad un sistema di ammortizzatori disgiunto da qualsiasi valutazione sulla possibilità di ripresa produttiva della singola impresa e di mero accompagnamento dei lavoratori verso l'espulsione dal mercato del lavoro, nella totale assenza di politiche industriali -:
quale sia l'entità delle risorse effettivamente erogate e impegnate per le diverse tipologie di interventi e quanto il Governo intenda mettere in campo per il secondo semestre del 2010 e per il 2011, a fronte del progressivo aumento di disoccupati di lungo periodo e della progressiva contrazione dell'apparato produttivo. (3-00969)

Misure a favore dei giovani ricercatori del campo biomedico - 3-00970

GIRLANDA e BALDELLI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si assiste ormai da tempo ad una rilevante emigrazione di giovani neolaureati - in particolare di giovani ricercatori del campo biomedico - verso università e centri di ricerca all'estero;
tale fenomeno, di per sé positivo, per l'arricchimento personale, culturale e professionale dei nostri giovani, è tuttavia preoccupante, perché l'Italia rischia di essere privata della professionalità e delle energie di tanti giovani ricercatori, con le inevitabili ricadute sulle strutture esistenti nel nostro Paese e sul progresso tecnologico nazionale;
tra le cause di questo fenomeno vi sono le ristrette opportunità professionali e le limitate risorse finanziarie destinate alla ricerca;
appare necessario affrontare in maniera radicale i vari aspetti del complesso fenomeno della «fuga dei cervelli» -:
quali iniziative intenda adottare per formare, trattenere e richiamare nel nostro Paese i giovani ricercatori del campo biomedico e, in particolare, cosa intenda fare per contrastare ed eliminare il problema delle strutture deputate alla formazione dei giovani ricercatori che investono molto in termini finanziari, ma paradossalmente non beneficiano della formazione profusa, non riuscendo a trattenere gli stessi ricercatori. (3-00970)

Iniziative di competenza in merito al decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Lazio, che prevede un ticket sui trattamenti di mantenimento a favore dei disabili - 3-00971

CIOCCHETTI, ANNA TERESA FORMISANO, DIONISI, VIETTI, DELFINO, CAPITANIO SANTOLINI, DE POLI, COMPAGNON, CICCANTI, VOLONTÈ, NARO, GALLETTI, BINETTI, BOSI, OCCHIUTO, LIBÈ, MEREU e RAO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto disposto dal decreto del commissario per l'emergenza sanità nel Lazio, Elio Guzzanti, che recepisce le indicazioni pervenute dal tavolo nazionale formato dai ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, dal 1o aprile 2010 i disabili residenti nel Lazio, compresi i minori, dovranno pagare un ticket sui trattamenti di mantenimento a loro indispensabili;
il decreto prevede una quota di compartecipazione per i pazienti adulti pari al 30 per cento della tariffa complessiva, quindi per le attività riabilitative in regime residenziale, cioè con il ricovero in strutture sanitarie, il ticket da versare sarà di 35,64 euro per la riabilitazione che richiede un impegno definito «elevato», 29,44 euro per le prestazioni ritenute di impegno «medio», mentre per gli interventi in regime semiresidenziale il ticket sarà di 18,73 euro per un impegno «elevato», di 14,98 per un impegno «medio», di 13,11 per un impegno «lieve»;
l'estensione delle quote ai minori rientra tra le indicazioni arrivate dal tavolo nazionale formato dai ministeri della salute e dell'economia e delle finanze, che, nel parere del 2 marzo 2010, scrive: «Si osserva che la quota di compartecipazione non è applicata ai minori, ciò non è coerente con il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, che non esenta i minori dal pagamento della compartecipazione»;
il provvedimento già di per sé inaccettabile per quanto riguarda tutti i disabili, è ancora più odioso per i bambini portatori di handicap, anche perché le famiglie, che hanno un bambino con handicap, sono state già pesantemente colpite dai tagli per gli insegnanti di sostegno e dovranno ora accollarsi anche questi ticket ingiustamente penalizzanti;
è opportuno ricordare che il piano citato ha previsto anche tagli a strutture di eccellenza di riabilitazione, come la Fondazione S. Lucia e il S. Raffaele di Cassino, nonché ai centri ex articolo 26 della legge n. 833 del 1978, per le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche o sensoriali, che stanno penalizzando fortemente le famiglie, i disabili e le persone che hanno diritto all'assistenza -:
se ritenga giusto sacrificare il diritto alla salute dei nostri concittadini disabili per risparmiare sui costi della sanità del Lazio, con un decreto previsto dal piano di rientro, firmato dall'allora commissario Marrazzo, che colpisce pesantemente le categorie più deboli, ossia le famiglie con figli portatori di handicap, che già ogni giorno si trovano ad affrontare mille difficoltà e certamente non si aspettavano un simile trattamento da parte delle istituzioni. (3-00971)

Elementi in merito alla vicenda delle intercettazioni telefoniche apparse sulla stampa riferite ad un'inchiesta della procura della Repubblica di Trani sul cosiddetto caso «Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni» - 3-00972

DI PIETRO, DONADI, ANIELLO FORMISANO, BORGHESI, EVANGELISTI e FAVIA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
in data 12 marzo 2010 il quotidiano il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo, a firma Antonio Massari, dal titolo «Telebavaglio, B. sotto inchiesta. L'indagine di Trani coinvolge il premier, Innocenzi (Agcom) e il direttore del Tg1. Santoro nel mirino: "Chiudere tutto"»,
l'articolo citato riferisce di telefonate intercettate nell'ambito di un'inchiesta della procura di Trani: intercettazioni nelle quali - si legge sul quotidiano - il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, il direttore del Tg1 Minzolini e il commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Giancarlo Innocenzi discutono della tv pubblica, delle sue trasmissioni e, sempre da quanto riporta il quotidiano, il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe chiesto ad Innocenzi di far chiudere Annozero e, sempre secondo il Fatto Quotidiano, il commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si sarebbe attivato in questo senso;
i fatti rappresentati nel citato articolo appaiono agli interroganti di eccezionale gravità e tali da pregiudicare l'applicazione di qualsiasi principio democratico di rispetto del pluralismo e della correttezza dell'informazione in Italia;
la pubblicazione dell'articolo di cui in premessa ha portato, nei giorni a seguire, altri giornali a pubblicare notizie ancora più dettagliate relative a ulteriori particolari e circostanze legati alle persone e ai fatti citate nell'ambito dell'inchiesta Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni della procura di Trani;
il Ministro della giustizia, Angelino Alfano, ha disposto immediatamente accertamenti sulla competenza territoriale e su un eventuale «abuso» delle intercettazioni, inviando ispettori ministeriali a Trani, che dovranno verificare eventuali anomalie compiute dalla procura nell'indagine Rai-Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
l'invio degli ispettori ha suscitato le proteste dell'Associazione nazionale magistrati di Bari, che lo ritiene un «rischio di intralcio all'inchiesta» -:
quali elementi ritenga di fornire al Parlamento in relazione alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di ristabilire la correttezza dei rapporti istituzionali.
(3-00972)

Iniziative di competenza del Ministro della giustizia in relazione alle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri circa l'operato dell'ufficio centrale circoscrizionale della corte d'appello di Roma con riferimento alla presentazione delle liste per le prossime elezioni regionali - 3-00973

TABACCI, CALEARO CIMAN, CALGARO, CESARIO, LANZILLOTTA, MOSELLA, PISICCHIO e VERNETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le consultazioni elettorali rappresentano la modalità più avanzata di partecipazione democratica alla gestione del Paese, per il convergere in esse dei cruciali momenti della legittimazione e del consenso;
nel nostro Paese, per la prima volta in forma così drammatica, viene posta la questione del funzionamento degli uffici elettorali presso le corti di appello;
il Presidente del Consiglio dei ministri in assemblea pubblica ha addebitato al presidente dell'ufficio centrale circoscrizionale dottor Durante e al giudice dottoressa Anna Argento la responsabilità della esclusione, a suo avviso immotivata, della lista del Popolo della libertà per le elezioni regionali nel Lazio;
il Presidente del Consiglio dei ministri ha affermato le erroneità della procedura seguita dall'ufficio circoscrizionale per non aver registrato gli arrivi dei presentatori delle liste in attesa entro le ore 12 del giorno di scadenza;
gli elettori della regione Lazio e di tutto il resto del Paese hanno il diritto di conoscere se sono chiamati a competizioni elettorali per le quali le regole relative alla partecipazione siano state violate, addirittura con l'aggravante di comportamenti dolosi;
la questione riveste carattere di urgenza e di particolare attualità politica, ai sensi dell'articolo 135 bis del regolamento della Camera dei deputati;
il presidente della corte d'appello ha poteri di sorveglianza, che esercita nei confronti dei magistrati, secondo l'articolo 14 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511;
i poteri del presidente della corte d'appello in ordine all'inoltro di esposti a carico di magistrati, tale potendosi considerare quello pronunciato dal Presidente del Consiglio dei ministri, sono stati chiariti nella risposta del Consiglio superiore della magistratura al quesito del 15 aprile 1987;
secondo la delibera del Consiglio superiore della magistratura, prima sezione, del 25 febbraio 1981, «allo scopo di evitare ritardi, l'autorità giudiziaria che rileva, nell'ambito circoscrizionale sottoposto al suo potere di vigilanza, fatti suscettibili di valutazione in sede disciplinare deve inviare immediatamente e direttamente il rapporto al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione» -:
se il presidente della corte d'appello di Roma abbia inviato immediatamente e direttamente un rapporto al Ministro interrogato o se questi abbia sollecitato la trasmissione diretta e immediata di un rapporto, nell'esercizio dei suoi poteri ispettivi, tale da consentire ai cittadini, all'atto della sua pubblicazione, di acquisire certezza circa le accuse mosse dal Presidente del Consiglio dei ministri e circa le responsabilità dell'ufficio elettorale coinvolto nella vicenda e da assolvere l'Italia dalla condizione di arretratezza tipica dei Paesi nei quali le elezioni sono pesantemente condizionate dall'illegalità.
(3-00973)

MOZIONI DI PIETRO ED ALTRI N.1-00336, BERSANI ED ALTRI N.1-00340, CASINI ED ALTRI N.1-00341, LO MONTE ED ALTRI N.1-00342, TABACCI ED ALTRI N.1-00345 E CICCHITTO, COTA ED ALTRI N.1-00346 CONCERNENTI MISURE URGENTI PER CONTRASTARE LA CRISI ECONOMICA IN ATTO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la recessione mondiale si è arrestata e si sta ora profilando - secondo la Banca d'Italia - una modesta ripresa, in larga parte grazie al sostegno delle politiche economiche espansive adottate dai principali Paesi ad esclusione dell'Italia;
secondo le previsioni degli organismi internazionali, tuttavia, la ripresa si presenterebbe con ritmi contenuti. Rimane molto elevata l'incertezza sulla sua solidità: vi è il rischio che con il venir meno degli stimoli fiscali e monetari, e una volta esaurito il ciclo di ricostituzione delle scorte, la domanda privata possa tornare a ristagnare, frenata in molte economie da una disoccupazione elevata e crescente, dalla limitata disponibilità di credito e dall'esigenza delle famiglie di risanare i propri bilanci;
la Banca centrale europea nel suo bollettino di febbraio 2010 prevede che la ripresa nel corso del 2010 proseguirà a ritmo «moderato» e «discontinuo». Sul piano internazionale la ripresa economica - secondo la Commissione europea - resta «debole» e soprattutto «fragile». Il maggior fattore di rischio per l'economia resta la volatilità dei mercati finanziari. Lo stesso Cancelliere dello Scacchiere, Aslistair Darling, il 5 febbraio 2010 dichiarava che «oggi nessuno può dire che siamo fuori dalla crisi»;
secondo il Governatore della Banca d'Italia: «Il ritorno alla crescita è ancora fragile, segnatamente nell'area dell'euro. L'occupazione tarda a riprendersi. Le condizioni del credito alle piccole e medie imprese, tuttora stringenti, frenano la ripresa. In Italia lo scorso anno il prodotto è diminuito di quasi il 5 per cento. Se ne prevede un recupero lento, con ampie incertezze legate in particolare agli andamenti del ciclo internazionale e alle condizioni del mercato del lavoro. Per molte nostre imprese si sono aggravate difficoltà strutturali preesistenti (...) Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600.000 occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finché la flessione dell'occupazione non s'inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul prodotto»;
se la crisi «è alle spalle» - come dice il nostro Governo - essa è, forse, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, alle spalle di qualche istituto finanziario. Ma Confindustria e Confcommercio sono preoccupate e le organizzazioni sindacali si mobilitano anche perché nel 2010 scadono le casse integrazioni ordinarie per 400 mila lavoratori, aumentano la disoccupazione, i livelli di povertà, le sperequazioni dei redditi e le prospettive sono per ulteriori chiusure di fabbriche e di perdita di posti di lavoro;
il 2009 è stato un anno difficile per il nostro Paese. L'Istat sostiene che nel 2009 il prodotto interno lordo è diminuito del 5 per cento e la produzione industriale è calata, rispetto al 2008, del 17,4 per cento. Nel 2009, inoltre, è salita anche la pressione fiscale passata al 43,2 per cento dal 42,9 per cento del 2008. Secondo lo stesso Istituto, bisogna risalire addirittura al 1945 per trovare in Italia una diminuzione del prodotto interno lordo totale e per abitante superiore a quella registrata nel 2009;
nel corso dell'anno 2009 le esportazioni italiane sono diminuite di quasi il 21 per cento, il peggior risultato degli ultimi 40 anni. Pur in un contesto di domanda mondiale più favorevole, i dati disponibili degli ultimi mesi sulle nostre esportazioni ne segnalano una persistente debolezza;
la crisi, che sta allentando la presa sul prodotto interno lordo, pesa ora, soprattutto, sul mondo del lavoro: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione - secondo l'Istat - da gennaio 2009 a gennaio 2010 è salito dal 6,8 per cento all'8,6 per cento ed esso continuerà a salire nei prossimi mesi, perché la reazione del mercato del lavoro si muove con ritardo rispetto al ciclo economico. Confindustria stessa stima che i disoccupati, tenendo conto dei lavoratori in cassa integrazione, abbiano ormai già raggiunto quota 10 per cento della popolazione attiva. La domanda non potrà che restare sotto tono: l'andamento del prodotto interno lordo non basta a definire se la crisi è finita e non può rappresentare l'unica guida per le politiche economiche;
nell'ultimo trentennio, in Italia e nel resto del mondo si è affermata una tendenza di lungo periodo che penalizza i redditi della stragrande maggioranza delle classi medie, lavoratori dipendenti e quanti ad essi assimilabili per condizione di lavoro. Le disparità di reddito sono tornate ad aumentare fino a livelli che erano normali negli anni '20, ma che si riteneva fossero stati eliminati. Questo è accaduto per l'abbandono della politica di piena occupazione e per la deregolamentazione del sistema finanziario. Il welfare state come base del contratto sociale è stato sostituito dall'accesso al credito. I poveri hanno cercato protezione nell'indebitamento e sono stati coinvolti nella finanziarizzazione dell'economia, contribuendo ad alimentare bolle speculative, fino al crollo e a una crisi che è insieme economica, politica e umana;
ma le cause storiche e strutturali (distribuzione troppo sperequata dei redditi, bassa produttività, peso eccessivo del settore pubblico) della stagnazione italiana, che dura da almeno dieci anni e sta penalizzando il lavoro dipendente e il settore privato più in generale, che accentua la degenerazione improduttiva e clientelare dell'apparato statale e del settore dei servizi pubblici, sono principalmente endogene;
infatti, la crisi dell'economia italiana non si identifica del tutto con quella mondiale. Superata la crisi mondiale, non sarà per ciò stesso risolto il problema economico italiano. Questo è ben più grave, ha natura specifica ed è risalente nel tempo. A differenza di quello mondiale, è reale e non finanziario, strutturale più che ciclico;
tra il luglio 2008 ed il dicembre 2009, l'Italia ha perso 600.000 posti di lavoro, ha più che triplicato la cassa integrazione e le piccole e medie imprese hanno ridotto in media del 30-40 per cento il loro fatturato;
nel 2010, secondo le «previsioni intermedie» della Commissione europea, la crescita nel nostro Paese, dopo la caduta del 5 per cento del 2009 (dato Istat), sarà pari ad appena lo 0,7 per cento, mentre la Germania e la Francia cresceranno dell'1,2 per cento;
si tratta essenzialmente di un effetto rimbalzo dovuto all'accumularsi delle scorte di magazzino, che restano comunque al di sotto dei valori considerati normali. Il basso tasso di utilizzo della capacità dell'industria non favorirà gli investimenti, né tanto meno l'occupazione, che peggiorerà sia nel 2010 che nel 2011, data la scadenza degli ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione ordinaria. Esiste concretamente il rischio di inevitabili tensioni sociali date dai processi di licenziamento di massa, con imprese e lavoratori che hanno invece bisogno di solidi accordi per mantenere il sistema Paese dentro la competizione internazionale, con intatto il patrimonio più importante che abbiamo, quale la professionalità e la capacità dei nostri ricercatori, tecnici e operai;
l'Italia rappresenta il fanalino di coda sugli stipendi: dalla classifica 2008, a parità di potere d'acquisto, il nostro Paese occupa il ventitreesimo posto sui trenta Paesi dell'Ocse, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro. Lo rileva l'Eurispes nel «Rapporto Italia 2010», dove si legge, inoltre, che a pesare ulteriormente sulle buste paga degli italiani è il cuneo fiscale. L'Italia occupa la ventitreesima posizione e supera solo il Portogallo, la Repubblica ceca, la Turchia, la Polonia, la Slovacchia, l'Ungheria ed il Messico;
volendo fare un paragone con gli altri cittadini europei, il lavoratore italiano percepisce un compenso salariale che è inferiore del 44 per cento rispetto al dipendente inglese, guadagna il 32 per cento in meno di quello irlandese, il 28 per cento in meno di un tedesco, il 19 per cento in meno di un greco, il 18 per cento in meno del cittadino francese e il 14 per cento in meno di quello spagnolo;
inoltre, dal confronto con altri Paesi dell'Ocse, emerge che l'Italia è ai primi posti per cuneo fiscale, ossia la parte di costo del lavoro che finisce nelle tasche dello Stato. Nel 2008 lo Stato si è preso il 46,5 per cento del salario lordo dei lavoratori;
la crescita media della produttività del lavoro nel settore manifatturiero durante il decennio 1990-2000 è stata solo del 2,3 per cento in Italia, mentre è stata pari al 4,2 per cento in Francia e del 4 per cento negli Usa;
è, quindi, l'intero «sistema Paese», quello economico e amministrativo, che deve essere rinnovato per renderlo capace di sostenere la forza innovativa delle nostre imprese sia sul mercato nazionale che internazionale, attraverso l'accesso al credito a tassi di interessi moderati e attraverso il sostegno nelle strategie di esportazione;
un «sistema Paese» deve avere una visione e promuovere investimenti a lungo termine in nuove infrastrutture, nuove tecnologie, ricerca e università per le sfide del futuro;
in attesa di una politica europea comune di rilancio dell'economia, il sostegno alla domanda deve partire a livello nazionale;
certamente l'azione di sostegno alla domanda nel nostro Paese è limitata dal debito pubblico del passato. Gli interventi attuati finora per attenuare i costi sociali della recessione hanno, soprattutto, utilizzato risorse già stanziate per altri impieghi;
poco o niente ha fatto il Governo per l'anno 2010, se non qualche timida estensione degli ammortizzatori sociali. Si insiste - e senza neanche troppa convinzione - su una politica a pioggia volta solo a ridurre i costi di produzione, quando si è di fronte ovunque ad un crollo dei consumi del settore privato;
la competizione sui costi per tentare di attrarre o di mantenere una parte della domanda su scala internazionale attualmente depressa è una politica illusoria, poiché le produzioni labour intensive, senza l'anello fondamentale della ricerca e dell'innovazione tecnologica, sono ormai trasferite in altre parti del mondo;
il Governo italiano non ha fatto dell'innovazione il settore strategico della politica di sviluppo e lo strumento più importante per uscire dalla crisi, ma ha puntato sulla politica delle mega-infrastrutture, come il Ponte sullo Stretto, che non mobilitano a breve l'attività economica e che in alcuni casi hanno effetti dubbi sullo sviluppo a lungo termine;
l'unico vero intervento di «politica industriale» del Governo è stata la privatizzazione dell'Alitalia a favore di un gruppo di imprenditori italiani, la cui funzione è sostanzialmente quella di traghettare la compagnia verso Air France-Klm. Rispetto all'accordo con Air France del 2008, il maggior costo della privatizzazione e costituzione della nuova Alitalia si colloca - secondo una stima avanzata da più parti - tra i 2,8 ed i 4,4 miliardi di euro;
la mancanza di una guida pubblica o di concertazione impedisce un cambiamento delle aspettative degli operatori privati, che sono diventate di breve respiro e, quindi, un rilancio degli investimenti a medio termine;
in poche parole, il Governo italiano sembra aspettare che la crisi mondiale sia superata e che riparta la domanda globale. Aspettare che la crisi internazionale sia superata è solo aspettare un aggravamento della crisi italiana. Esso, pertanto, coltiva una speranza illusoria, tanto è vero che, a differenza di altri Paesi europei, sta subendo il ricatto di molte multinazionali senza reagire, mentre pezzi importanti dell'apparato produttivo italiano si spostano in Germania, in Francia e nel Nord Europa;
la caduta del prodotto interno lordo italiano nel 2009 del 5 per cento è imputabile al calo della domanda interna, consumi e investimenti, ed alla diminuzione delle esportazioni diminuite del 20,7 per cento in un anno. La crescita annua della produttività del lavoro già nel 1992-2000 fletteva del 2,7 per cento (1,7 per cento nell'intera economia) rispetto ad una crescita del 4 per cento degli anni '80;
la crescita è stata frenata dalla finanza pubblica, dalla crescita fuori controllo della spesa corrente pubblica, dal numero eccessivo dei dipendenti pubblici, dall'inadeguatezza delle infrastrutture, dal perdurante nanismo delle imprese, dallo scemare della concorrenza. Esiste, dunque, per il nostro Paese il forte rischio di una ricaduta recessiva. Gli incagli e le sofferenze sui prestiti alle imprese, in rapido aumento, possono infliggere serie perdite alle banche, bloccare il credito agli investimenti. La caduta dell'occupazione può tagliare i consumi. Il debito pubblico si potrebbe avvitare in una spirale viziosa;
il sistema economico italiano, se pure colpito in misura minore sul lato della stabilità finanziaria degli istituti di credito, presenta, però, una maggior debolezza strutturale sotto due aspetti fondamentali. Il primo consiste nella proporzione delle quote distributive del reddito nazionale. La bassa quota dei redditi da lavoro comporta una tale debolezza della domanda aggregata nella componente interna da creare una pericolosa dipendenza dalla componente estera. Il secondo aspetto è costituito dalla struttura della base produttiva e dal drammatico rallentamento delle dinamiche della produttività rispetto agli altri Paesi;
per assicurare, quindi, un esito positivo alle manovre anticrisi occorre procedere in due direzioni: rimuovere le rigidità dell'offerta e realizzare una crescita della produttività. La prima richiede una politica economica orientata alla ristrutturazione produttiva, cioè a cambiare, modernizzare, trasformare, migliorare l'apparato produttivo del Paese. Ci sono settori strategici da sviluppare, ci sono aree e settori in crisi da ristrutturare. La seconda richiede una mobilitazione e un coordinamento di tutti i possibili strumenti di intervento per stimolare l'innovazione non soltanto di carattere strettamente tecnologico, ma anche di carattere gestionale, organizzativo, strategico ed anche istituzionale;
si devono affrontare le radici della crisi finanziaria, economica, ecologica: il non rispetto delle regole, l'affanno del breve termine, la crescita delle diseguaglianze sociali e lo sfruttamento irresponsabile della natura;
il cambiamento radicale del nostro modello di sviluppo deve passare su un più forte programma di investimenti in materia di educazione, di formazione e di ricerca, coerente cori il nostro progetto di civiltà. L'innovazione deve diventare la bussola della nostra politica dal lato dell'offerta;
le piccole e medie imprese vanno aiutate ed indirizzate verso l'innovazione, la crescita dimensionale, la conquista di nuovi mercati. È innegabile che, specie in Italia, le aziende devono essere aiutate a fare passi in avanti nella loro aggregazione e verso una maggiore capitalizzazione, anche attraverso una massiccia opera di sburocratizzazione delle procedure. L'Italia è un Paese che deve la sua ossatura produttiva alle piccole o medie imprese, ma che ha un sistema economico molto chiuso, carente di quella capacità di innovare che è la molla necessaria per la competitività. L'ovvia conseguenza è che le piccole e medie imprese dell'Italia risultano avere un livello di capitalizzazione basso;
secondo Draghi, «a dicembre i prestiti alle imprese erano del 3 per cento inferiori a quelli del dicembre 2008. Da un lato, se ne era ridotta la domanda, per la forte flessione degli investimenti; dall'altro, incideva l'accresciuta cautela delle banche nell'offrire finanziamenti in una fase di profonda recessione»;
alla fine di dicembre - secondo quanto riporta l'outlook mensile dell'Abi - le sofferenze lorde hanno raggiunto quota 59 miliardi di euro, circa un miliardo in più rispetto a novembre 2009, quasi 18 miliardi in più rispetto a fine 2008, con un incremento di circa il 43 per cento;
il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dal Governo Prodi, in 9 anni di attività ha ammesso alla garanzia del fondo stesso oltre 58 mila operazioni finanziarie per un totale di finanziamenti garantiti pari a 11,2 miliardi di euro;
appare evidente come l'entità dei finanziamenti a disposizione, il tetto dell'importo garantito, le percentuali su cui si applica la garanzia siano del tutto insufficienti e non consentano di fornire un sostegno adeguato alle piccole e medie imprese, incluse le imprese artigiane, in particolare in questa fase di crisi;
in Italia, il tasso di crescita dei prestiti si è ridotto, nel giro di un anno, di dieci punti, colpendo in primo luogo le piccole e medie imprese; le piccole e medie imprese risultano fortemente penalizzate dall'applicazione dell'accordo di «Basilea 2», sia in termini di possibilità di accesso al credito, sia in termini di aumento dei tassi di interesse legati all'erogazione del credito stesso;
in queste circostanze è fondamentale migliorare il sistema del credito nei confronti delle piccole e medie imprese, che, non si deve dimenticare, sono il motore della nostra economia;
siamo il Paese europeo a più alto tasso burocratico, dove è stabile una vera e propria diseconomia dell'adempimento, che alle microimprese costa 11,4 miliardi l'anno in oneri. L'avvio di una nuova attività imprenditoriale resta la fase burocraticamente più critica sia per i tempi (con 5-6 mesi, sono tra i più alti in Europa), sia per quanto concerne i costi (superiori del 67,2 per cento rispetto alla media europea). Ogni anno le oltre 400.000 nuove imprese italiane, per il loro avvio, bruciano in burocrazia 170 milioni di euro in più rispetto alla media degli altri Paesi europei, pari ad un aggravio di oltre 400 euro in più per ogni nuova impresa;
l'Italia ha un debito pubblico di un ordine di grandezza superiore a quello della Grecia (1.761 miliardi contro i 298 miliardi greci), un debito senza uguali (115 per cento) e prospettive inquietanti per i suoi conti pubblici, come segnalato da un articolo del New York Times del 23 febbraio 2010. L'articolo del New York Times, infatti, rivelando come la Grecia abbia mascherato i propri conti pubblici attraverso dei meccanismi di trading valutario che hanno consentito ad Atene di aggirare il patto di stabilità, nascondendo alle autorità di Bruxelles miliardi di debiti, cita anche l'Italia fra quei Paesi i cui Governi hanno fatto ricorso alla consulenza delle grandi banche americane (Goldman Sachs e JP Morgan Chase) per delle operazioni di «chirurgia estetica», che hanno dissimulato la vera entità dei deficit pubblici;
emerge, dunque, l'esigenza di una diversa politica economica che risponda alla crisi attuale rilanciando la domanda interna, la nostra capacità di competere sui nuovi mercati internazionali dei Paesi emergenti con la qualità dei nostri prodotti, che accompagni il nostro sistema produttivo verso la green economy, o per meglio dire verso una riconversione ecologica del nostro modello di sviluppo e della nostra società;
occorre investire sulla modernizzazione ecologica dell'economia tramite la riconversione dell'insieme delle attività produttive e dei servizi, riconversione che può essere l'occasione per centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro qualificati nelle energie rinnovabili, nell'edilizia, nei trasporti, in agricoltura, nella manutenzione, nel rifornimento dei materiali, nella riparazione, nel riciclaggio, nel commercio locale, nella ricerca e nell'innovazione o nella protezione degli ecosistemi;
per realizzare tale strategia occorre operare su più piani e programmare interventi e politiche pluriennali quali:
a) implementare un sistema universale di ammortizzatori sociali validi per tutti lavoratori, a partire dalla loro estensione ai lavoratori cosiddetti «atipici»;
b) salvaguardare i livelli occupazionali, prevedendo il ricorso generalizzato ai contratti di solidarietà;
c) semplificare, una volta per tutte, gli oneri amministrativi a carico delle imprese relativi all'avvio delle loro attività;
d) prevedere la deduzione graduale del costo del lavoro dall'imponibile irap, in particolare per le piccole e medie imprese, per non penalizzare l'occupazione;
e) prevedere per la piccola impresa e per l'artigianato il pagamento dell'iva al momento in cui si incassano le fatture;
f) escludere dal computo dei saldi validi ai fini del rispetto del patto di stabilità interno le spese per investimenti dei comuni virtuosi, consentendo così il finanziamento di opere pubbliche di piccole e medie dimensioni, immediatamente cantierabili, adatte all'intervento delle piccole e medie imprese, e creando un volano per le attività economiche, con un effetto di traino tanto più prezioso in questa fase di crisi economica ed occupazionale, tenendo anche conto che le spese degli enti locali per le opere pubbliche rappresentano più del 60 per cento delle spese in conto capitale delle nostre pubbliche amministrazioni;
g) presentare al più presto un piano di rientro del debito pubblico con una serie di tappe di abbattimento che rassicuri i mercati e scongiuri crisi di fiducia, tipo quella che sta coinvolgendo Grecia e Spagna;
nonché porre in essere una politica economica ed industriale volta:
a) allo sviluppo della green economy (incentivazione del risparmio energetico, sostegno alla ricerca per ottenere nuovi modelli di veicoli non inquinanti, incentivi per le energie rinnovabili, messa in sicurezza dell'assetto idrogeologico del territorio nazionale; messa in sicurezza degli edifici scolastici; attuazione del Protocollo di Kyoto);
b) a concentrare le risorse per le opere pubbliche su alcune infrastrutture prioritarie, in particolare per quanto concerne le aree meridionali sottodotate;
c) a investire sul capitale umano, favorire l'innovazione e la ricerca, rafforzando il credito d'imposta per l'innovazione a favore delle aziende, con un adeguato finanziamento della banda larga, garantendo l'accesso gratuito ad internet per tutti ed assicurando più risorse per la scuola, l'università e la ricerca scientifica e tecnologica;
d) a ridurre le barriere a fare imprese in molti comparti, aprendo alla concorrenza molti settori dei servizi che ancora mantengono barriere amministrative, a dare attuazione ai «provvedimenti Bersani»;
e) ad accelerare la liberalizzazione dei servizi pubblici locali con l'esclusione del servizio idrico, rafforzando nel contempo le authorities settoriali per consentire una maggiore tutela della concorrenza nei comparti di pubblica utilità;
ma tale nuova politica economica deve da subito compiere i primi passi,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative immediate al fine di rilanciare la domanda interna ed il potere d'acquisto delle famiglie, sostenendo i redditi da lavoro e da pensione:
a) raddoppiando la durata della cassa integrazione ordinaria da 52 a 104 settimane;
b) aumentando le detrazioni fiscali per carichi familiari, nonché le detrazioni per i redditi da lavoro e da pensione;
c) stabilendo in misura pari al 20 per cento la prima aliquota dell'irpef;
a sostenere finanziariamente le piccole e medie imprese, gli artigiani ed i commercianti, assumendo le necessarie iniziative volte a garantire:
a) l'estensione dell'attività di garanzia del fondo rivolto alle piccole e medie imprese, valutando la possibilità di incrementare in maniera consistente le risorse a disposizione del fondo stesso, il tetto dell'importo del credito garantito e le percentuali sulle quali si applica la garanzia;
b) l'istituzione di un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti per anticipare i pagamenti ai fornitori delle pubbliche amministrazioni;
c) la fissazione al 20 per cento dell'aliquota ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda per favorirne la capitalizzazione;
a recuperare le risorse necessarie a tali scopi: a) attraverso un efficace contrasto all'evasione fiscale, reintroducendo le norme introdotte dal Governo Prodi e soppresse dall'attuale Esecutivo, quali la tracciabilità dei pagamenti e l'elenco clienti fornitori; b) stabilendo che sia pari al 20 per cento l'aliquota dell'imposta sui proventi derivanti dalla speculazione finanziaria;
ad approntare una più globale riforma fiscale orientata a tassare meno i fattori produttivi, lavoro e capitale, e un po' di più i consumi di beni di lusso e le attività speculative, salvaguardando il principio costituzionale della progressività della tassazione in relazione ai livelli effettivi di reddito, tramite l'applicazione di tre aliquote ognuna pari al 20 per cento: 20 per cento come prima aliquota irpef per alleggerire il peso fiscale dei redditi medio-bassi; 20 per cento come aliquota ires da applicare agli utili societari reinvestiti in azienda; 20 per cento per la tassazione delle rendite derivanti dalle attività finanziarie speculative.
(1-00336)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica ancora in corso è per l'economia italiana la più seria dal dopoguerra;
il 2009 si è appena concluso con una contrazione del 5 per cento del prodotto interno lordo, la peggiore dal 1971, e con un impressionante aumento della disoccupazione;
dopo due anni di politica economica del Governo Berlusconi l'unico obiettivo dichiarato appare il controllo della finanza pubblica, assunto come obiettivo della politica economica, mentre doveva essere considerato come vincolo in relazione all'obiettivo della crescita. Non solo e non tanto in termini anti-ciclici, quanto in termini strutturali, ossia per aggredire i nodi che da un quarto di secolo determinano la caduta della nostra produttività totale dei fattori;
a gennaio 2010 la disoccupazione è arrivata all'8,6 per cento, nuovo massimo dal 2004 (ad aprile 2008 la percentuale era pari al 7 per cento). Soffrono, in particolare, i giovani, per i quali il tasso di disoccupazione si è impennato di 6,2 punti percentuali (dal 20,6 per cento dell'aprile 2008 al 26,8 per cento del gennaio 2010), e le donne, in particolar modo nel Mezzogiorno, dove due su tre non hanno un lavoro. E tra le donne il tasso di inattività in Italia sfiora il 50 per cento, molto più elevato della media europea, con differenziali a sfavore che vanno dai 14 punti nel confronto con la Spagna ai 26 con la Svezia;
per molti «senza lavoro» non esistono sostegni al reddito (il sussidio a favore dei lavoratori a progetto pari al 30 per cento del precedente salario è stato goduto, nel 2009, da 1.800 persone su una platea di quasi 300.000 lavoratori). Il tasso di occupazione, già notevolmente basso in Italia, in particolare per le donne ed i giovani, è caduto di 2 punti negli ultimi 18 mesi (dal 59 per cento al 57 per cento): diventa sempre più intensa la rassegnazione di quanti, soprattutto giovani e donne, soprattutto al Sud, non trovano lavoro e smettono di cercarlo. Le previsioni per il 2010 indicano un ulteriore aumento della disoccupazione e un ulteriore calo del tasso di occupazione;
secondo i dati diffusi dall'Inps le ore di cassa integrazione autorizzate alle aziende a febbraio 2010 sono state 95 milioni, in aumento del 12,4 per cento rispetto a gennaio 2010 e del 123,5 per cento rispetto a febbraio 2009, con un aumento tendenziale nei primi due mesi del 2010 del 149,3 per cento, con 179,6 milioni di ore complessive a fronte di 72 dello stesso periodo del 2009, quando la crisi già manifestava i suoi effetti sul sistema produttivo;
secondo autorevoli centri studi, nonostante lo straordinario valore della fittissima rete produttiva costituita da oltre 200 territori al loro interno omogenei (per cultura industriale e per modelli d'impresa), ma differenti tra loro e proprio per questo capaci di formare una vera e propria spina dorsale dell'economia italiana, le politiche economiche programmate dal Governo non determinano alcuna ripartenza nel 2010 e la lieve crescita sarà dovuta più a effetti di rimbalzo dai minimi dopo il crollo del 2009, che all'effettivo inizio di una fase di recupero. La distanza dai livelli pre-crisi rimarrà amplissima, soprattutto per le piccole e medie imprese;
la situazione, pertanto, evidenzia un settore industriale con un eccesso di capacità produttiva rispetto alla domanda interna, una domanda di lavoro in ripiegamento e il valore aggiunto diminuito in molti settori: industria in senso stretto (-15,1 per cento), costruzioni (-6,7 per cento), servizi (-2,6 per cento), agricoltura (-3,1 per cento). In agricoltura nel 2009 migliaia di imprese sono state costrette a chiudere e altre 50 mila aziende agricole rischiano di cessare l'attività nel 2010. Alle difficoltà strutturali del comparto si è aggiunto il crollo dei prezzi all'origine e la caduta dei redditi degli agricoltori (-25,3 per cento nel 2009);
il Paese appare incapace di penetrare nuovi mercati mondiali, con un'evidente assenza internazionale in molti comparti produttivi. In favore del made in Italy, vero patrimonio della cultura d'impresa italiana, non c'è stata alcuna misura in due anni;
il trend del prodotto interno lordo italiano è tale che, prima di recuperare la caduta del biennio 2008-2009, ci vorrà un periodo molto lungo, probabilmente si arriverà al 2015, ma in termini di prodotto pro-capite occorrerà aspettare il 2018;
l'Italia si caratterizza nell'Unione europea per la minore crescita, la maggiore contrazione dei consumi privati e la maggiore inflazione. Questo è accaduto non perché la crisi abbia colpito l'Italia più di altri Paesi, ma perché essa si è sovrapposta ai precedenti problemi interni e probabilmente li ha aggravati. Nell'ultimo biennio:
a) il prodotto interno lordo cumulato è diminuito del 6 per cento in Italia, del 3,8 per cento in Germania, del 2 per cento in Francia;
b) l'inflazione è cresciuta del 4,2 per cento in Italia e del 3 per cento in Germania e Francia;
c) i consumi privati (in termini reali) sono diminuiti del 2,7 per cento in Italia e aumentati dell'1 per cento in Germania e dell'1,7 per cento in Francia;
per il 2010 le previsioni stimano una crescita del prodotto interno lordo per l'Italia intorno all'1 per cento, mentre si prevede che la Germania crescerà dell'1,8 per cento e la Francia dell'1,4 per cento. Nel 2010 l'inflazione italiana è stimata pari all'1,6 per cento, quella tedesca all'1 per cento, quella francese all'1,2 per cento;
se si registra in Italia un'anomala relazione tra prodotto interno lordo ed inflazione è perché tra le ragioni della minore crescita si ritrovano anche le cause di maggiore inflazione: la scarsa produttività e concorrenza nel settore dei servizi privati (esempio emblematico è quello delle polizze assicurative) e pubblici;
molto preoccupante è il dato di febbraio 2010 relativo all'andamento dei prezzi nei servizi regolamentati, aumentati del 3,7 per cento su base annua contro un'inflazione media dell'1,2 per cento. Alcuni tassi di variazione sono molto significativi: trasporto ferroviario +14,6 per cento, servizi postali +11,2 per cento, assicurazione auto +7 per cento, pedaggi autostradali +7 per cento, rifiuti urbani +6,4 per cento, servizio idrico +6,2 per cento. Il Governo ha consentito aumenti nei servizi regolamentati ben al di sopra della media generale, sia con provvedimenti esplicitamente protettivi dei concessionari privati e pubblici che gestiscono i servizi, sia con quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare semplice inerzia;
le imprese segnalano, secondo la Banca d'Italia, difficoltà di accesso al credito, credito che rimane molto inferiore ai livelli storici, un problema estremamente grave per un Paese come l'Italia, fatto soprattutto di piccole e piccolissime imprese che utilizzano prevalentemente credito bancario, così che il credit crunch verificatosi a partire dagli ultimi mesi del 2008 ha colpito pesantemente anche quelle aziende che non avevano problemi di commesse;
l'Italia ha retto soltanto per l'impegno di imprenditori, professionisti e lavoratori e per il senso di responsabilità delle parti sociali. Il risparmio delle famiglie italiane è stato il vero ammortizzatore sociale operativo. La capacità di resistenza dei pilastri del tessuto economico e sociale italiano non è infinita. L'Italia ce la farà anche questa volta, come in altri passaggi critici della sua storia remota e recente. Ma le classi dirigenti, innanzitutto della politica, devono assumersi responsabilità di guida;
la gravità della crisi ha creato un vasto consenso a livello internazionale sulla necessità di affiancare agli stabilizzatori automatici e alla politica monetaria interventi discrezionali di bilancio a fini anticiclici;
tuttavia, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi: ossia il rifiuto di adottare, già negli ultimi mesi del 2008 e per tutto il 2009, una vera politica di bilancio anticiclica, secondo qualità e quantità della manovra coerenti con le condizioni della finanza pubblica italiana, lasciando andare il corso delle cose naturalmente senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
la politica è minimalista ma non prudenziale, perché altrimenti i fondamentali di finanza pubblica non sarebbero scesi ai livelli evidenziati dall'Istat nei giorni scorsi: nel 2009 l'indebitamento netto in rapporto al prodotto interno lordo è stato pari al 5,3 per cento (nel 2008 era stato il 2,7 per cento). In valore assoluto l'indebitamento netto è aumentato di circa 38.200 milioni di euro, attestandosi sul livello di 80.800 milioni di euro. Il saldo primario è risultato negativo e pari allo 0,6 per cento del prodotto interno lordo, inferiore di oltre 3 punti rispetto al livello positivo raggiunto nel 2008 (2,5 per cento);
il risultato, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, è che il Governo non ha realizzato una vera politica anticiclica, né è stato in grado di governare la spesa, che, nonostante i tagli introdotti dal decreto-legge n. 112 del 2008, sembra crescere più delle previsioni e senza controllo; le spese per consumi intermedi hanno registrato nel 2009 un aumento del 7,5 per cento, dopo il 6,4 per cento del 2008: circa 12 miliardi di euro in due anni. Quello dei tagli lineari è il secondo esempio in pochi anni, dopo il tetto alla spesa, che dimostra che la spesa pubblica non si governa con provvedimenti aggregati, né con misure uguali per tutti. Il Governo non ha neanche saputo approfittare dei margini offerti dalla diminuzione della spesa per interessi, che ha fatto registrare una flessione di quasi 10 miliardi di euro;
sul versante delle entrate, il gettito dell'iva è crollato del 10 per cento, a fronte di un aumento dei consumi nominali di oltre il 2 per cento, uno scarto che vale 20 miliardi di euro nel biennio. Soprattutto, aiutata dalla rimozione di importanti strumenti di contrasto e dall'avvio della stagione dei condoni, si è allargata a dismisura l'evasione fiscale. Lo scenario dell'evasione va a peggiorare a causa dello «scudo fiscale», un'anomalia assoluta in ambito Ocse, perché è garantito l'anonimato, è sospeso l'obbligo di segnalazione antiriciclaggio, il costo della regolarizzazione è pari ad 1/10 di quanto previsto negli altri Paesi. Sono anche state drasticamente abbattute le sanzioni, così creando un fortissimo incentivo a sotto-dichiarare, in quanto nell'improbabile caso di controlli si potrà pagare quanto richiesto dall'agenzia delle entrate con un modestissimo aggravio;
anche i risultati raggiunti dall'agenzia delle entrate attraverso i controlli non hanno alcunché di straordinario, sono in linea con gli anni precedenti, se depurati da partite improprie, e non possono comunque compensare gli effetti di crollo della «fedeltà fiscale»: l'incremento degli incassi dell'agenzia delle entrate copre appena il 10 per cento della perdita di gettito dovuta a maggior evasione;
pertanto, mentre il peggioramento delle condizioni di finanza pubblica nelle altri grandi economie europee, negli Stati Uniti ed in Giappone si spiega in larga misura con manovre anti-cicliche e salvataggi delle banche, in Italia è dovuto all'incapacità di controllare la spesa corrente per i consumi intermedi delle pubbliche amministrazioni e all'enorme aumento dell'evasione fiscale, solo in parte controbilanciato da entrate straordinarie;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del sistema industriale e, per questa via, dell'economia italiana. In particolare, anche gli strumenti di incentivazione a sostegno della domanda appaiono frammentari ed estemporanei e alcuni di essi si sono esauriti, senza che sia stata effettuata una circostanziata valutazione della loro reale validità. Al contempo, nonostante la contrarietà degli imprenditori, il Governo ha sostanzialmente vanificato, a causa del meccanismo del click-day, strumenti di provata efficacia, quali il credito d'imposta automatico per la ricerca e lo sviluppo, e ha smantellato «Industria 2015». È stato azzerato il fondo competitività (circa 7 miliardi di euro) destinato a sostenere l'infrastrutturazione tecnologica dei sistemi e delle reti di imprese, lo sviluppo della banda larga, la bonifica dei siti industriali inquinati, il sostegno sul territorio alle azioni prioritarie di «Industria 2015»;
in materia di lavoro, con il pretesto di rafforzare la competitività internazionale, il Governo ha operato una sistematica destrutturazione dei più importanti istituti, scegliendo la via della competizione «bassa», attraverso: l'abrogazione delle norme per la protezione delle lavoratrici dalle dimissioni in bianco; la cancellazione della responsabilità solidale in capo al committente negli appalti; la riduzione della durata dell'obbligo scolastico, consentendone il completamento attraverso un anno di contratto di apprendistato e dando alle aziende «carta bianca» per l'attività formativa. I tagli alle risorse a sostegno del lavoro, nonostante il perdurare della crisi, nella legge finanziaria per il 2010 assommano, attraverso varie misure, a 2 miliardi e 89 milioni di euro, mentre le risorse per gli ammortizzatori sociali traggono origine prevalentemente dal fondo per le aree sottoutilizzate;
il Mezzogiorno è uno degli aspetti più drammatici, la grande questione nazionale irrisolta in cui si sta manifestando un aggravamento delle condizioni materiali, con enormi rischi, che già si stanno verificando, di una nuova fuga di giovani laureati e diplomati, tale da lasciare esposti i territori più deboli al reclutamento nella grande e nella microcriminalità;
il Governo ha sistematicamente smantellato l'efficacia di tutte le agevolazioni fiscali automatiche che costituivano un punto di avanzamento reale verso le politiche meridionali, perché uscivano dalla discrezionalità e premiavano chi veramente investiva, mentre continua la propaganda relativa al Ponte sullo Stretto e rimangono incompiute le grandi infrastrutture ferroviarie e stradali necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno. Basti pensare al reiterato e distorto utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, con ciò distruggendo la programmazione 2007-2013;
in materia di opere pubbliche, i vincoli imposti dal patto di stabilità interno costringeranno gli enti locali nel triennio 2009-2011 a ridurre la spesa totale di circa il 10 per cento e, considerando che la spesa corrente è difficilmente contraibile, a risentirne sarà la spesa per investimenti che si potrebbe ridurre addirittura del 30 per cento, quando le analisi evidenziano che le opere medio-piccole producono sul sistema economico e sull'occupazione un effetto moltiplicatore e distribuito in modo diffuso sul territorio,

impegna il Governo:

a mettere sotto controllo e a riqualificare la spesa per acquisti di beni e servizi, a chiudere la stagione dei condoni e a riavviare la lotta all'evasione, così consentendo di finanziare una politica economica alternativa, un piano nazionale anti-crisi ad impatto di breve periodo, per spingere la domanda interna, sia i consumi delle famiglie che gli investimenti delle imprese, attraverso misure una tantum, senza effetti sul deficit strutturale e, in particolare, assumendo iniziative volte:
a) ad adottare un'indennità universale di disoccupazione, pari al 60 per cento dell'ultima retribuzione, per coloro i quali attualmente non dispongono di ammortizzatori o che hanno una copertura troppo bassa; a costituire presso l'Inps un fondo per pagare quei lavoratori che a causa delle difficoltà aziendali non ricevono una regolare retribuzione; a introdurre un credito d'imposta per le aziende che assumono lavoratrici a tempo indeterminato, valido su tutto il territorio nazionale, di importo doppio per le nuove assunte nel Mezzogiorno;
b) ad allentare il patto di stabilità interno per la spesa in conto capitale;
c) a rafforzare il fondo di garanzia per i crediti alle piccole e medie imprese, a ripristinare l'automatismo degli incentivi fiscali temporanei per gli investimenti, l'innovazione e la ricerca, a prorogare la detrazione fiscale per il risparmio energetico, a sospendere temporaneamente il limite alla deducibilità degli interessi passivi;
d) ad accelerare i pagamenti dei debiti pregressi della pubblica amministrazione verso i fornitori, stabilendo un termine non superiore a 120 giorni dall'avvenuta prestazione entro il quale effettuare il pagamento e prevedendo strumenti di garanzia statale all'attività di sconto svolta dal sistema bancario nei confronti delle piccole e medie imprese per i debiti pregressi della pubblica amministrazione;
e) a rilanciare la competitività del settore agricolo, attraverso un piano straordinario di intervento per le imprese agricole;
contestualmente, a investire sul potenziale di crescita del Paese, aprendo una volta per tutte il capitolo delle riforme strutturali in un'ottica di armonizzazione europea (welfare, scuola, università, mercati, fisco, spesa pubblica, mercato del lavoro), in particolare assumendo iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate:
a) ad affrontare la riforma del fisco, la sfida principale che condizionerà tutte le altre, considerato che si tratta di una riforma necessaria e non più procrastinabile per sostenere la domanda interna e la produttività, una riforma ad invarianza di gettito, con l'obiettivo di semplificare gli adempimenti, che dovrà riallocare il carico fiscale tra soggetti e fonti di entrata e, in particolare:
1) tra chi paga e chi non paga o paga molto meno del dovuto, ricostruendo un rapporto di fiducia tra l'amministrazione e i contribuenti attraverso la certezza della fine dei condoni, il contrasto all'evasione fiscale, il rafforzamento delle sanzioni penali e l'incremento della tax compliance, dando in questo quadro immediata attuazione a quanto richiesto nella nota congiunta della Banca d'Italia, dell'Isvap e della Consob in materia di trasparenza nei bilanci e relazioni finanziarie delle grandi aziende (società quotate, assicurazioni, banche e finanziarie);
2) tra i redditi da capitale, i patrimoni mobiliari ed immobiliari e le imposte indirette da un lato e i redditi da lavoro, impresa e attività professionali dall'altro;
3) tra investimenti, produzioni e consumi ad elevato impatto ambientale ed investimenti, produzioni e consumi verdi;
b) a dare rapida attuazione alla legge delega sul federalismo fiscale per la responsabilizzazione solidale e per l'efficienza di tutti i livelli di governo;
c) a rilanciare il programma «Industria 2015» in coerenza con «Europa 2020», strategia per la crescita intelligente, verde ed inclusiva, riqualificando il sistema produttivo e assicurando che i cardini della politica industriale per l'Italia poggino su filiere produttive che integrino manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie, utilizzando diverse leve dell'intervento pubblico (domanda pubblica, incentivi alla domanda privata, realizzazione di infrastrutture, incentivi alle imprese);
d) a rilanciare gli investimenti per le infrastrutture, in particolare nel Mezzogiorno attraverso la revisione dei meccanismi di governance (cabina di regia nazionale partecipata dalle regioni) e l'introduzione di più stringenti sistemi di valutazione in itinere e sanzioni per gli amministratori inadempienti;
e) a favorire il credito alle piccole e medie imprese, intervenendo sugli assetti del mercato creditizio, che, come sottolineato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato in un'audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, presenta conflitti di ruolo dovuti sia alla contemporanea presenza delle stesse persone fisiche negli organi di amministrazione o di gestione di più imprese, che dovrebbero, invece, competere tra loro, sia a partecipazioni societarie incrociate e a imprese comuni, che deprimono gli incentivi a competere;
f) a promuovere, infine, nelle sedi europee l'avvio di una politica economica comune, almeno nell'euro-area, tenuto conto dell'esigenza che le classi dirigenti dell'Unione europea si sottraggano alla perdente deriva protezionistica e puntino sulla domanda «interna» europea, dotandosi degli strumenti per finanziare decisivi investimenti nelle infrastrutture materiali e immateriali nell'Unione europea, per sostenere la domanda aggregata e innalzare la crescita potenziale dell'area, e considerando che, a Trattati vigenti, vi sono spazi giuridici per un'iniziativa di politica economica comune, di cui vi sono spunti già in «Europa 2020», che contiene importanti innovazioni di governance, che vanno colte e potenziate per spingere i Paesi membri alle riforme strutturali.
(1-00340)
«Bersani, Franceschini, Ventura, Boccia, Bindi, Maran, Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Quartini, Giachetti, Rosato, Bressa, Ferranti, Tempestini, Rugghia, Baretta, Fluvi, Ghizzoni, Mariani, Meta, Lulli, Damiano, Livia Turco, Oliverio, Gozi, De Pasquale».

La Camera,
premesso che:
il 2009 ha visto crescere negativamente tutti gli indicatori economici, confermando le preoccupazioni rispetto ad una crisi che non ha eguali negli ultimi settanta anni in Italia;
il conto 2009 dell'Istat delinea un contesto macroeconomico preoccupante: il prodotto interno lordo è crollato del 5 per cento, un calo registratosi solo nel 1971 e simile a quello rilevato in Germania, Gran Bretagna e Giappone. Il valore aggiunto è crollato in tutti i comparti, con un picco nell'industria in senso stretto (-15 per cento), mentre servizi e comparto agricolo hanno tenuto meglio (rispettivamente -2,6 per cento e -3,2 per cento);
la riduzione del prodotto interno lordo ha prodotto una contrazione dell'entrate e un aumento della spesa e, conseguentemente, un peggioramento dei conti pubblici: il rapporto deficit/prodotto interno lordo è salito dal 2,7 al 5,3 per cento;
il saldo primario per la prima volta dal 1991 è stato negativo ed è aumentato anche il rapporto debito/prodotto interno lordo, che ha raggiunto quota 115,8 per cento alla fine del 2009, pari a 10 punti in più rispetto al 2008;
le entrate fiscali complessive sono diminuite dell'1,9 per cento rispetto al 2008, mentre la pressione fiscale complessiva è salita al 43,2 per cento (+0,3 per cento);
unica nota positiva è la diminuzione del fabbisogno, che risulta inferiore di 8,8 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2008;
sempre secondo gli ultimi dati Istat, a gennaio 2010 il tasso dei senza lavoro è salito all'8,6 per cento dall'8,5 di dicembre 2009. In un anno sono stati persi 307 mila posti di lavoro, mentre i disoccupati sono saliti a quota 2.144.000; inoltre, il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 26,8 per cento, con una crescita del 2,6 rispetto a gennaio 2009;
secondo Eurostat il dato italiano sulla disoccupazione è inferiore alla media dell'Unione europea, ma questo è in parte dovuto al massiccio impiego degli ammortizzatori sociali, che ha di fatto evitato che il numero degli occupati diminuisse sensibilmente, anche se, inevitabilmente, qualora l'economia non dovesse ripartire in maniera concreta: anche questi strumenti di tutela sono destinati ad esaurirsi;
nel 2009 sono state autorizzate 918 milioni di ore di cassa integrazione, con un aumento del 311,4 per cento rispetto ai 223 milioni del 2008. I dati riferiti alla cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga sono stati diffusi dall'Inps;
il fatturato e gli ordini dell'industria nel 2009 sono crollati rispettivamente del 18,7 per cento e del 22,4 per cento rispetto al 2008: sono entrambi record negativi dal 2000, secondo quanto comunicato dall'Istat;
nonostante il contributo dei Consorzi fidi, che hanno concorso ad attenuare l'impatto della crisi, per artigiani e piccole imprese permangono, sul fronte dell'accesso al credito, notevoli difficoltà;
tutte le associazioni di categoria denunciano il grave stato in cui versa l'agricoltura, un settore in cui si registra, a fronte del calo dei prezzi all'origine, un aumento del costo dei mezzi di produzione ed il crollo della redditività delle imprese e dove nel solo 2008 il reddito reale per addetto è sceso del 18,9 per cento rispetto allo 0,2 per cento di quello rilevato nell'Europa a 15;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, che dovrebbero essere ripartite con finalità di riequilibrio economico e sociale e per realizzare interventi infrastrutturali aggiuntivi nel Mezzogiorno, sono state ridotte in misura considerevole (circa 18 miliardi di euro), destinate a impieghi diversi da quelli previsti dalla normativa e spesso senza rispettare neanche il criterio territoriale;
a fronte di Stati virtuosi che liquidano le prestazioni entro 30-70 giorni, in Italia i ritardi sui pagamenti della pubblica amministrazione viaggiano oltre i 140-150 giorni, una situazione intollerabile che compromette il mercato interno italiano e dell'Unione europea;
nonostante nel 2009 siano stati messi in campo numerosi provvedimenti per il settore delle costruzioni, i ritardi e le lentezze delle procedure amministrative hanno impedito a tutto il sistema di funzionare e di essere efficiente (basti pensare alla delibera Cipe che ha stanziato già da mesi 1 miliardo di euro per le scuole e 825 milioni di euro per le opere piccole e medie, ma nulla è ancora stato fatto);
si stima che le regole del patto di stabilità interno blocchino nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti, ed è opportuno ricordare che i comuni rappresentano la principale stazione appaltante del Paese, realizzando il 43 per cento degli investimenti pubblici, soprattutto nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
nonostante un lieve recupero nel terzo trimestre del 2009, la dinamica dei consumi e degli investimenti privati rimane debole; in particolare, sui consumi incide negativamente il calo del numero degli occupati, che si traduce in una caduta del reddito disponibile delle famiglie che tende a frenarne la propensione alla spesa;
un fisco più equo doveva essere uno dei temi centrali dell'agenda del Governo, ma ad oggi, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si registrano solo annunci, a cui non sono seguiti i fatti; in particolare, risulta ormai abbandonato, in vista di un non meglio qualificato nuovo sistema di deduzioni e detrazioni, il quoziente familiare,

impegna il Governo:

a promuovere, senza ulteriori rinvii, le riforme strutturali nel settore della previdenza, della pubblica amministrazione e delle liberalizzazioni in particolare, che consentirebbero al Paese di recuperare il livello di competitività all'interno del contesto, sia europeo che internazionale;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre in tempi rapidi un sistema di agevolazioni fiscali per i nuclei familiari con figli, riconsiderando l'opportunità di procedere all'avvio progressivo del quoziente familiare;
ad adottare misure di sostegno della domanda, soprattutto per quei settori maggiormente in difficoltà, e di rafforzamento del potere di acquisto delle famiglie;
a considerare l'opportunità di adottare iniziative volte ad alleviare il peso del cuneo fiscale che grava sulle imprese e sui lavoratori;
a valutare, altresì, l'opportunità di prevedere una moratoria per gli studi di settore, al fine di mitigare gli effetti negativi della crisi economica sugli operatori economici più esposti;
ad elaborare un piano effettivo di rilancio dell'impresa, del lavoro e dell'iniziativa dei cittadini meridionali nel Mezzogiorno, dopo gli innumerevoli e, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, vuoti annunci fatti nel corso della legislatura;
ad adottare iniziative volte a reintegrare le risorse prelevate dal fondo per le aree sottoutilizzate per destinarle al rilancio dell'impresa, del lavoro e dell'iniziativa imprenditoriale nel Mezzogiorno;
a prevedere interventi di rafforzamento patrimoniale dei Confidi, al fine di consentire ai piccoli imprenditori di ottenere i finanziamenti necessari ad effettuare investimenti e creare occupazione;
ad attivarsi in sede europea per una rapida approvazione della direttiva comunitaria che, attraverso una serie di strumenti, costringerà la pubblica amministrazione a pagare non oltre i 30 giorni i propri fornitori;
a favorire il rilancio del settore delle costruzioni attraverso uno snellimento delle procedure burocratiche, puntando in particolare sull'housing sociale;
ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad introdurre un'imposta sostitutiva per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo;
a predisporre un piano di interventi urgenti a sostegno del settore agricolo, sopratutto nei comparti maggiormente esposti alla crisi attuale, per agevolare l'accesso al credito delle imprese agricole e per ripristinare integralmente il fondo di solidarietà;
a valutare l'opportunità di consentire ai comuni la possibilità di utilizzare con una maggiore elasticità le risorse che risultassero disponibili per il rilancio degli investimenti pubblici negli enti locali, utili ai fini di una ripresa dell'economia del Paese;
a prevedere ogni strumento utile a rafforzare la lotta all'evasione fiscale, a cominciare dall'introduzione di una disciplina del conflitto di interessi.
(1-00341)
(Nuova formulazione) «Casini, Galletti, Vietti, Adornato, Binetti, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Cesa, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mannino, Mantini, Mereu, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Ria, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica che ha investito insieme al resto del mondo anche il nostro Paese, nonostante i tiepidi segnali di ripresa che, però, lasciano presagire scenari analoghi a quelli dell'anno appena concluso, sta mettendo a dura prova da una parte l'intero sistema produttivo nazionale, ove si susseguono a ritmi incalzanti le richieste di cassa integrazione e l'avvio di procedure di mobilità per tutto il 2010, e dall'altra numerose famiglie, a cui ha contratto la capacità di spesa e che si ritrovano a dover sopportare il peso maggiore delle conseguenze sociali della recessione. Infatti, il combinato disposto tra la perdita di lavoro di uno o più membri del nucleo familiare, la stretta creditizia che riduce la sostenibilità dei mutui, i tagli alle politiche sociali e l'erosione, avvenuta per varie ragioni in questi anni, di quella naturale capacità di autosostegno fra membri e generazioni propria della famiglia hanno aumentato la fragilità di quella che è la cellula fondamentale della nostra struttura sociale;
l'attuale congiuntura economica, col suo forte impatto negativo sull'economia reale, sta determinando l'espulsione dal processo produttivo di numerosi soggetti, molti dei quali vengono a trovarsi privi di adeguate protezioni sociali;
in tale contesto occorre considerare la peculiarità del Mezzogiorno costituito da una miriade di piccole imprese produttive, artigiane e commerciali, che rappresentano il tessuto vitale e fragile di un territorio ove gli stessi fattori della produzione, come i costi energetici, i trasporti ed il sistema creditizio, costituiscono cause di diseconomia;
l'andamento fortemente negativo dell'occupazione nel Mezzogiorno testimonia come la grave crisi internazionale iniziata nel 2008, e dalla quale faticosamente si cerca di uscire, in quelle zone «morde» di più. Secondo i dati Istat del terzo trimestre del 2009 la caduta occupazionale, purtroppo pesante in tutto il Paese, è più forte nel Sud, dove arriva al -3 per cento rispetto al 2008, dato più elevato sia del Nord (-2,3 per cento) che del Centro (-0,8 per cento). Conseguentemente, si è ridotto ancora nel Sud il già basso tasso di occupazione, che precipita al 45 per cento, perdendo l'1,5 per cento rispetto al 2008 e raggiungendo per le donne il 31 per cento, livello tra i più bassi in Europa;
colpisce particolarmente la caduta dell'occupazione nel comparto industriale che nel Sud diminuisce di quasi l'8 per cento, fatto ancor più preoccupante se si considera che non comprende il dato delle grandi aziende in crisi (su tutte Fiat di Termini Imerese e Alcoa), per le quali agisce ancora la cassa integrazione guadagni, ma le cui prospettive sono, purtroppo, molto incerte;
sullo stesso versante dell'occupazione il Mezzogiorno, nella recente classifica dell'Unione europea a 27, si aggiudica il triste primato di sei regioni italiane, con punte negative in percentuale che si aggirano, come nel caso della Sicilia, attorno al 38 per cento e che sono alla base della riemersione del trend migratorio dal Sud verso il Nord, che interessa, soprattutto, la popolazione giovanile in cerca di occupazione, con inevitabile ed irreversibile perdita a danno di quei territori di capitale umano, qualificato e professionalizzato;
nei suddetti territori i redditi da lavoro dipendente sono più bassi del 18 per cento rispetto alla media nazionale, con punte del 22 per cento rispetto al Nord Italia; il reddito medio mensile delle pensioni Inps è pari a 614,22 euro, a fronte della media nazionale pari a 781,89 euro, mentre quella del Centro è pari a 795,58 euro e quella del Nord a 845,48 euro;
segnali inequivocabili già prima ancora della crisi denunciavano il largo divario di sviluppo tra Sud e Centro-Nord del Paese. Dal 2001 al 2008, infatti, per sette anni consecutivi il prodotto interno lordo del Sud è cresciuto meno rispetto al resto del Paese, peraltro anch'esso cresciuto molto poco. La stessa dinamica negativa ha riguardato gli investimenti complessivi, sistematicamente inferiori nel Sud, con la particolarità molto grave di un vero e proprio crollo degli investimenti nell'industria, con una caduta tre volte più pesante rispetto al Paese;
a ciò si è aggiunta già dal 2008 la scelta del Governo di ricorrere ai fondi per le aree sottoutilizzate, utilizzandoli in sostanza come polmone economico e finanziario di fronte all'emergenza più acuta della crisi economica ed occupazionale, prelevando circa 18 miliardi di euro per altre destinazioni e per la stabilità del bilancio pubblico. Successivamente una quota nazionale dei fondi per le aree sottoutilizzate pari circa a 25 miliardi di euro è stata suddivisa in tre ambiti destinati, rispettivamente, alle infrastrutture (12,6 miliardi di euro), agli ammortizzatori sociali (4 miliardi di euro) e ad un fondo per l'economia reale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (9 miliardi di euro);
quanto fino ad ora esposto risulta ancora più grave se si considera il livello della stretta creditizia che il sistema bancario sta attuando, nonostante il forte sostegno assicurato dal Governo a favore delle banche, a discapito del sistema imprenditoriale italiano e, in particolare, di quello del Centro-Sud, circostanza che determina un aggravio della già precaria e sofferente condizione dell'imprenditoria meridionale, da sempre penalizzata dalle relazioni tra credito e impresa del Mezzogiorno, che vengono rese più inique da un'ulteriore riduzione (se non addirittura da una richiesta di rientro) del credito elargito e da un aggravio del già marcato differenziale del costo del denaro tra Sud e Nord del Paese;
il sistema finanziario italiano, marcatamente «bancocentrico», nel corso degli anni '90 ha visto il graduale processo di integrazione nazionale dei mercati bancari regionali (noto anche come «debancarizzazione del Mezzogiorno»), che ha avuto come conseguenza diretta da un lato che una parte rilevante dell'offerta finanziaria nelle diverse aree del Paese fa oggi capo agli stessi gruppi creditizi (per lo più del Nord) e dall'altro che gli stessi, nel corso di tale processo, hanno drenato ingenti flussi di denaro, con relativo trasferimento di risorse (incentivi e risparmio) dalle regioni meridionali a quelle del Centro-Nord. Da tale assorbimento è derivata anche una riduzione della capacità di offerta di credito nelle regioni meridionali;
l'azione di contrasto dei Governi dell'Unione europea si è risolta finora in una promessa di salvataggio del sistema bancario (nazionalizzazione di fatto) e in un modesto coordinamento dei piani nazionali di rilancio, che, pur nella loro modestia, stanno comunque comportando lo sfondamento dei parametri di Maastricht e, pertanto, rendono critica a lungo termine la tenuta dell'unione monetaria;
in tale contesto, a fronte di un maggiore bisogno di intervento pubblico e della necessità di protezione, attraverso politiche attive di sostegno del reddito e misure di riforma fiscale, gli enti locali, che negli ultimi anni hanno subito il drastico taglio dei trasferimenti a loro destinati, sono costretti a governare i propri territori con profonda preoccupazione ed amarezza, perché impotenti di fronte alla continua domanda di attenzione e di protezione sociale da parte dei cittadini più deboli;
gli stessi, per contenere gli effetti della crisi e rilanciare e sostenere la domanda di consumi nel pieno rispetto del patto di stabilità e di crescita, sono chiamati ad intervenire, adottando misure volte a contrastare gli effetti della crisi e a sostenere in modo particolare le fasce più deboli e meno tutelate della popolazione, non solo con contributi di tipo tradizionale in una logica assistenziale, ma sviluppando nuovi strumenti in grado di offrire un sostegno temporaneo a soggetti in temporanea difficoltà per la crisi economica;
alcuni di essi hanno stanziato ingenti somme per finanziare i fondi destinati alle politiche sociali, come fondi per l'affitto e per gli alloggi sociali, le misure di sostegno al reddito, l'assistenza agli indigenti, altri hanno applicato agevolazioni tariffarie (per le rette di frequenza ai nidi d'infanzia, per la ristorazione scolastica, il trasporto scolastico, le tariffe relative al servizio idrico integrato e la tariffa di igiene ambientale) temporanee ai residenti, concesse sulla base di mutate condizioni occupazionali e reddituali della famiglia e limitate al periodo di effettiva riduzione dell'attività lavorativa;
tali spese sostenute dagli enti locali per fronteggiare gli effetti della crisi vanno ad aggravare i loro bilanci già fortemente penalizzati dall'inadeguata copertura del mancato gettito derivante dalla soppressione dell'ici sulla prima casa, dal blocco dell'autonomia impositiva degli enti territoriali, dal taglio dei trasferimenti erariali e dei fondi destinati alle politiche sociali e dalle regole fortemente restrittive del patto di stabilità interno;
anche le scelte e gli interventi delle istituzioni locali possono rappresentare un volano importante per lo sviluppo e, conseguentemente, è necessario trovare nuove fonti di investimento che li vedano protagonisti;
molti comuni e numerose province hanno a disposizione risorse economiche libere ed utilizzabili per finanziare opere già progettate, cantierabili o già cantierate, ma ferme a causa dei vincoli posti dal patto di stabilità, vincoli che non consentono loro di poter legittimamente utilizzare le risorse proprie (avanzo di amministrazione, oneri di urbanizzazione riscossi, entrate da alienazioni patrimoniali dell'ente ed altre) per effettuare gli investimenti necessari economico/infrastrutturali sul territorio. Le ultime manovre del Governo hanno, infatti, sottoposto gli enti locali a tagli, vincoli e restrizioni senza le adeguate compensazioni, minandone, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, completamente l'autonomia finanziaria e dimostrando disinteresse per le già disagiate comunità locali;
la grave situazione economica e sociale che il Paese vive richiederebbe un'attenzione particolare nei confronti delle politiche sociali e un ulteriore sforzo che superi definitivamente quella visione puramente assistenzialistica e risarcitoria, che fino ad oggi ha caratterizzato le scelte delle politiche del welfare, utilizzando quegli interventi e quelle prestazioni che consentono di rilanciare e rafforzare lo sviluppo nazionale e del Mezzogiorno; in particolare, la crisi può rappresentare l'occasione per il nostro Paese per riconvertire il sistema di welfare, mettendo al centro dell'azione politica la famiglia, la non autosufficienza ed il terzo settore;
il documento di programmazione economico-finanziaria 2010-2013 risulta essere totalmente insufficiente rispetto alle necessità e alle aspettative del Mezzogiorno, non fornendo alcuna indicazione strutturale e non individuando alcuna forma aggiuntiva di finanziamento per sostenere l'attuazione di un non più prorogabile piano straordinario per il Mezzogiorno, che sostenga, tra l'altro: l'adeguamento e lo sviluppo di una rete infrastrutturale, il sostegno alle piccole e medie imprese, il sostegno al reddito delle famiglie, la garanzia di una rete di servizi efficienti ed efficaci, la programmazione di azioni forti a sostegno dell'agricoltura e, nel campo dell'energia, la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili;
il Mezzogiorno, fisicamente e storicamente proiettato nell'area mediterranea, potrebbe candidarsi a divenire zona-cerniera, ponte del partenariato e della zona di libero scambio euro mediterranei,

impegna il Governo:

al fine di fronteggiare gli effetti della crisi economica in atto, ad alleviare la vulnerabilità sociale indotta e a promuovere l'occupazione e l'inclusione sociale, in particolare nelle regioni meridionali, nell'ambito di una strategia che delinei un quadro completo di priorità e azioni chiave per sostenere l'occupazione e aiutare i cittadini in difficoltà, preparando allo stesso tempo il terreno alla ripresa;
a modificare profondamente le politiche nei confronti del Sud, avviando una profonda inversione di rotta sul piano degli investimenti economici e finanziari, restituendo al Mezzogiorno, in modo progressivo ma in tempi certi, le risorse sottratte negli ultimi anni, nonché a prendere atto della dimensione nazionale della questione meridionale e dell'impossibilità per una nazione di mantenere la propria unità se parti di essa procedono a diverse velocità, accentuando fra loro il disequilibrio;
ad assumere iniziative volte a reintegrare gradualmente nei prossimi anni le quote dei fondi per le aree sottoutilizzate distratte dalle loro finalità nel triennio 2008-2009, anche al fine di agevolare le regioni che, sulla base della garanzia della disponibilità dei fondi per le aree sottoutilizzate potranno mettere in campo, anche con anticipazioni, tutte le risorse disponibili per sostenere gli interventi anti-crisi condivisi, nonché a favorire una riprogrammazione dell'utilizzo dei fondi europei, finalizzandoli esplicitamente al contrasto della crisi e al sostegno allo sviluppo;
a prevedere la predisposizione in tempi brevi di un articolato ed efficace piano straordinario per il Mezzogiorno, sostenuto da adeguate e congrue risorse finanziarie, aggiuntive rispetto a quelle derivanti dai fondi europei;
a promuovere una maggiore coesione ed equità sociale, finalizzata a favorire un modello di sviluppo economico che coinvolga l'intero Paese e, in particolare, a sostenere le aree più svantaggiate;
a valutare attentamente le opere infrastrutturali da realizzare dal punto di vista della loro sostenibilità economica ed ambientale e della loro funzionalità, concentrando le risorse verso interventi infrastrutturali realmente utili al Paese, definendo uno specifico piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, in particolare assumendo come fondamentale la definizione del corridoio 1 Palermo-Berlino, attraverso la costruzione del Ponte sullo Stretto, il completamento dell'autostrada Reggio Calabria-Salerno, la realizzazione e l'ammodernamento delle opere di viabilità primaria e secondaria, nonché l'alta velocità Napoli-Bari;
a prevedere, attraverso iniziative normative certe nei tempi e nelle modalità, la restituzione delle risorse sottratte al Meridione, con l'approvazione di una serie di provvedimenti a partire dalla legge n. 126 del 2008, per la copertura degli oneri derivanti dall'abolizione dell'ici sulla prima casa;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per introdurre nel sistema tributario, dopo averne valutato i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, anche sulla scia delle ultime scelte operate da Governo e Parlamento in tema di zone franche urbane, meccanismi virtuosi come la fiscalità di vantaggio, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo dei territori meridionali, puntando soprattutto sul rafforzamento dei legami di rete e di cooperazione;
a favorire l'accesso al credito alle imprese del Mezzogiorno, rafforzando il sistema delle forme di garanzia collettiva dei fidi anche come azione di contrasto al ricorso a forme alternative ed illegali di finanziamento, come l'usura, con conseguente riduzione del peso della criminalità sul sistema imprenditoriale, studiando la possibilità, a tal fine, di uno specifico fondo rivolto agli enti territoriali, regioni ed enti locali, ricadenti nelle aree dell'obiettivo «convergenza» del regolamento (CE) n. 1083/2006;
ad assumere iniziative normative per l'istituzione di un fondo di garanzia per il microcredito, destinato a finanziare l'avvio di nuove imprese da parte di soggetti disoccupati residenti nelle regioni meridionali, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, che copra il 50 per cento dei rischi di insolvenza a favore degli intermediari finanziari che erogano il prestito;
a prevedere un aumento delle soglie di accesso, da parte degli enti locali, ai finanziamenti del cosiddetto fondo rotativo per la progettualità ed un aumento della soglia di indebitamento dell'importo annuale degli interessi dei mutui precedentemente contratti dagli stessi, al fine di rimettere in moto la loro attività di investimento con chiaro beneficio per i singoli territori e, in particolare, per quelli del Mezzogiorno;
al fine di far fronte alla grave situazione di crisi che attanaglia il sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento alle aree del Meridione, a consentire alle regioni di cui all'obiettivo «convergenza» del regolamento (CE) n. 1083/2006, di poter contrarre mutui presso la Cassa depositi e prestiti, per permettere il finanziamento di programmi straordinari di sostegno alle piccole e medie imprese e all'artigianato, da attuarsi attraverso il rafforzamento delle linee di intervento già previste dai singoli piani operativi regionali in attuazione della programmazione comunitaria 2007-2013;
ad adottare iniziative urgenti per l'immediata modifica delle norme attuali che regolano i vincoli del patto di stabilità per i comuni e le province, al fine di aprire una corsia preferenziale, in deroga ai suddetti vincoli, per l'utilizzo dei fondi residui passivi per la spesa in conto capitale, già disponibili per gli enti, da impegnare nella manutenzione di luoghi pubblici, quali scuole, reti idriche, edilizia residenziale pubblica;
a prevedere una serie di iniziative urgenti per consentire, in deroga al patto di stabilità interno, l'utilizzo immediato dei residui passivi per la spesa in conto capitale, degli avanzi di amministrazione per la spesa in conto capitale, di parte dei fondi strutturali, dei proventi derivanti dalla vendita del patrimonio per finanziare la spesa per investimenti e garantire la stabilità delle entrate comunali attraverso la compensazione dei tagli ai trasferimenti e la mancata integrale copertura degli interventi sull'ici;
a dare operatività ad un programma di opere pubbliche, in particolare nel Mezzogiorno, che consentano di incidere contestualmente sulla crescita della produttività del sistema e della qualità della vita, concentrando, in particolare, l'azione sugli interventi dell'edilizia sociale e scolastica, dell'edilizia pubblica e abitativa, di sicurezza sismica e difesa del suolo, per migliorare la qualità del territorio e dell'ambiente;
a favorire programmi di intervento a livello regionale e locale contro la vulnerabilità delle famiglie dovuta alla povertà inasprita dalla crisi economica in atto, con azioni diversificate di sostegno al reddito, di consumo responsabile e politiche abitative favorevoli, anche valutando l'opportunità di istituire un fondo per combattere la povertà e per sostenere i redditi da lavoro sotto la soglia di indigenza;
a dare centralità e riconoscimento alla famiglia, costretta, nel nostro Paese, ad un sovraccarico funzionale, partendo dall'adozione di politiche fiscali che tengano conto dei carichi familiari e assumendo iniziative volte ad introdurre un sistema di prelievo calcolato non solo in base al reddito percepito, ma anche in base al numero dei componenti del nucleo;
a dare operatività immediata alla pluralità dei suddetti interventi in una visione organica condivisa per una fuoriuscita dalla crisi in termini anticiclici e strutturali.
(1-00342)
«Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il problema dello sviluppo dell'economia italiana, o meglio del mancato sviluppo dell'economia italiana, cioè del suo declino, va inquadrato nella giusta prospettiva dei mercati globalmente integrati, risultando la crescita del nostro Paese stabilmente al di sotto della media dell'Unione europea e degli Stati Uniti;
secondo fonti statistiche ufficiali, il declino italiano è confermato: dal livello dell'indebitamento netto; dal valore del debito pubblico espresso in percentuale del prodotto interno lordo (poco meno del 120 per cento contro il 70 per cento dell'area euro, esclusa l'Italia); dal livello della pressione fiscale, stimato al di sopra del 43 per cento, contro il livello medio rilevato nell'Unione europea, esclusa l'Italia, del 38,5 per cento; dal livello delle spese primarie correnti, in percentuale del prodotto interno lordo, attestato al 42,5 per cento contro il 43,5 per cento europeo; dal tasso di occupazione della popolazione attiva, attestato intorno al 59 per cento, contro un livello medio europeo del 66 per cento; dagli scoraggianti indici del valore aggiunto per occupato; dall'indice del prodotto interno lordo per ora lavorata;
si affaccia, pur nelle forme disuguali rilevate dagli organismi internazionali, una ripresa dell'economia mondiale, più accentuata nell'area Bric che non in quella delle economie avanzate;
non è sorprendente che l'integrazione globale non contenga adeguati correttivi alle debolezze locali dei mercati del lavoro e del prodotto e, quindi, alle condizioni dei consumi e dei risparmi;
la fragilità del trend di crescita non innesca robusti processi di ripresa dell'occupazione, non potendo contare in Italia su appropriate e incoraggianti politiche creditizie nei confronti delle strutture portanti della nostra economia, a partire dalle piccole e medie imprese;
il dato relativo alla diminuzione del prodotto interno lordo intorno al 5 per cento nel 2009 non può essere inteso correttamente se non nella prospettiva segnata dalla perdita di competitività del Paese, che si protrae da 15 anni, ininterrottamente, a causa della mancata realizzazione di riforme strutturali. In una condizione aggravata dal fatto che di esse, della loro fisionomia, della loro sostenibilità, della loro teleologica ordinazione al superamento delle crisi più acute, si ha consapevolezza diffusa sia in ambito politico, sia in ambito sociale, sia in ambito culturale, e tuttavia i Governi che si sono succeduti non hanno saputo trasformare la conoscenza in azione politico-amministrativa; in chiave di etica delle responsabilità, chi ha detenuto le leve dell'iniziativa governativa avrebbe il dovere, ove tuttora collocato in posizione attiva, di ammettere il proprio fallimento e consentire il necessario ricambio;
per ammissione di autorevoli rappresentanti della maggioranza, il disallineamento tra consapevolezza e interventi riformatori strutturali è da addebitarsi alla protezione politica trasversale di cui si avvantaggiano gli autori degli sprechi in ambito pubblico, le forze economico-finanziarie non competitive, in una spirale negativa che ha impedito di cogliere le opportunità di un decennio di crescita economica globale;
le proposte avanzate per arrestare e invertire la tendenza al declino continuano a poggiare, in una stanca prospettiva liberista, sulla tradizionale equazione che lega crescita, consumo e benessere, senza illuminarsi né della forza trascinante della cultura e della tradizione italiana come fattori di promozione della produttività individuale e generale, né della via tracciata sul piano internazionale per le politiche di creazione del valore, avendo cura di legare lo sviluppo, e il conseguente benessere, ai parametri dei beni ambientali, relazionali e culturali;
si tratta di parametri che non sostituiscono ma si aggiungono, per condizionarle virtuosamente, alle leve economiche ordinarie; non potendosi immaginare, come testimoniato dalla drammatica realtà quotidiana del nostro Paese, purtroppo anche nella prospettiva storica, che nella politica delle opere pubbliche si possa prescindere dalla salvaguardia dell'ambiente, che nelle politiche industriali si possa ignorare il primato del lavoro, che nelle politiche dello sviluppo si possa continuare a trascurare il ruolo della famiglia e delle altre realtà associative di cui è intessuto il sistema sociale italiano;
le perdite di produzione e di reddito sono ingenti, nonostante i meccanismi di protezione sociale abbiano arginato i più gravi esiti di espulsione di lavoratori e cittadini dal contesto produttivo e sociale;
la crisi ha aggredito il nostro Paese, e tutti gli altri, nonostante l'integrazione europea abbia portato ad una sostanziale stabilità dei prezzi e ad un controllo continuo ed efficace sui deficit pubblici. Cosi che diviene necessario, parafrasando un concetto espresso autorevolmente da Joseph Stiglitz, riflettere sul fatto che se il tenore di vita di molti cittadini si abbassa fino a comprometterne i valori culturali di base, allora sorge l'esigenza politica di una revisione sui modi, sui mezzi, sui fini scelti ed utilizzati nella costruzione dei modelli di sviluppo, nazionali, sovranazionali, internazionali e globali;
attingendo ancora al pensiero di Stiglitz, se i processi politici e il sistema economico hanno avvantaggiato pochi soggetti a scapito di tutti gli altri, allora è indispensabile ripensare, strutturalmente, il nostro sistema di produzione delle politiche generali, perché non risultino mai indifferenti ai principi democratici che sovrintendono al governo del Paese;
l'Italia sopporta una crisi prolungata gravissima e gli italiani ne soffrono sul piano personale e comune,

impegna il Governo:

a varare un piano organico di riforme strutturali che poggino sui seguenti pilastri:
a) rafforzamento dell'integrazione europea nella prospettiva di un più forte governo economico dell'Unione e rafforzamento del ruolo internazionale dell'Italia;
b) riforma della pubblica amministrazione, per la salvaguardia dell'enorme serbatoio di conoscenze tecniche e scientifiche insidiato da pratiche di occupazione di parte e per la valorizzazione del potenziale in possesso delle giovani generazioni amministrative;
c) elaborazione di un modello sociale compatibile con i vincoli internazionali e con i vincoli interni che sviluppi una politica della famiglia, una politica del lavoro, una politica della previdenza e dell'assistenza, una politica della protezione della salute, armonicamente assunte in un quadro unitario;
d) riforma fiscale organica capace di sostenere il delineato quadro riformatore, rendendo prioritaria la riduzione del cuneo fiscale, il consolidamento delle occupazioni, la previsione di un reddito di cittadinanza e la qualificazione della protezione sanitaria;
e) politica meridionalista, che, nel rispetto dell'autonomia regionale, faccia del Mezzogiorno il fine di uno sforzo unitario e corale del Paese, applicando il principio di «convergenza condizionata», e quindi realizzando con priorità assoluta le condizioni di funzionamento (infrastrutture essenziali, materiali e umane) dei principali fattori di convergenza;
f) riqualificazione del sistema produttivo mediante politiche industriali coerenti con i programmi europei, che affianchino l'iniziativa privata mediante regole e incentivazioni che possono produrre le migliori condizioni per la crescita delle dimensioni delle imprese italiane e contestuale elaborazione di politiche di incentivazione della creazione di aree di concentrazione produttiva;
g) destinazione alla ricerca, alle università, all'istruzione, alla formazione di risorse oggi indirizzate a sostenere settori terziari, in particolare nell'area delle comunicazioni, con scarsissima propensione alla creazione di valore;
h) piano di valorizzazione culturale del Paese per il suo rilancio nel mercato mondiale dei patrimoni artistici e ambientali;
i) elaborazione di politiche del credito funzionali al quadro di sviluppo del Paese, secondo linee condivise, al cui interno trovino soddisfazione le attese e le ragioni dell'imprenditoria italiana, in una condizione di pari opportunità produttive;
l) inversione del trend di abbandono dell'agricoltura nazionale, con un'incisiva azione in ambito europeo;
m) elaborazione, congiuntamente alle parti sociali, nella distinzione dei ruoli e delle responsabilità, di un progetto nel quale i vincoli siano resi conoscibili dal Paese, ad evitare vane o miracolose promesse, miraggi, cadute democratiche.
(1-00345)
«Tabacci, Calearo Ciman, Calgaro, Cesario, Lanzillotta, Mosella, Pisicchio, Vernetti, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi finanziaria che ha investito i mercati internazionali si è presto manifestata come crisi economica a tutti gli effetti. Lungi dall'essere una crisi congiunturale è stata, invece, un fenomeno epocale che ha di fatto portato il sistema nel suo complesso sull'orlo del collasso. Come dichiarato dallo stesso ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti nel settembre del 2009: «L'anno scorso siamo andati molto vicini a una rottura di sistema, non solo abbiamo rischiato la caduta delle borse ma la rottura di meccanismi finanziari che avrebbero potuto determinare effetti uguali a una guerra anche se non combattuta»;
la crisi finanziaria ed economico-sociale internazionale è stata favorita dagli eccessi del mercatismo, dalla deregolamentazione del sistema finanziario e bancario, dallo strapotere delle banche d'affari e degli hedge fund, dai meccanismi di indebitamento dei consumatori e degli acquirenti di immobili;
l'Italia, pur coinvolta e colpita da questa crisi generale, tuttavia ha retto grazie ai suoi meccanismi di regolamentazione dei meccanismi finanziari e bancari; per la forza del suo risparmio privato; per l'esistenza di un sistema di piccole e medie imprese assai esteso e capillare;
punti deboli del Paese restano comunque l'alto debito pubblico, la carenza delle infrastrutture, le scarse spese in ricerca, il sottosviluppo e l'esistenza della criminalità organizzata nel Mezzogiorno; la spesa pubblica incontrollata ed una pubblica amministrazione poco efficiente e che non risponde alle effettive esigenze dei cittadini e del mondo delle imprese;
nel corso di questi anni di crisi, il Governo ha costantemente lavorato per mettere in sicurezza il sistema bancario e finanziario italiano, fare i conti con la concorrenza internazionale sul terreno dei titoli pubblici in presenza di un alto debito pubblico, favorire la coesione sociale non aumentando la pressione fiscale e sostenere la solidarietà sociale indirizzando grandi risorse agli ammortizzatori sociali. Diversamente da quello che afferma l'opposizione - la cui linea di finanziare in deficit la crescita ci avrebbe portato ad una situazione analoga a quella attualmente vissuta dalla Grecia - il Governo in questi due anni è intervenuto in modo consistente ed i risultati si vedono;
grazie a questa lungimirante politica del Governo, oggi si fa riferimento all'Italia per dimostrare come, nonostante il debito elevato, sia possibile mantenere in ordine i conti pubblici e contrastare una deriva finanziaria pericolosa. Valga per tutti un recente articolo dell'Economist, a firma di Charlemagne, uno dei più autorevoli commentatori del settimanale. Parlando dell'Europa, troppo ipocondriaca di fronte alla crisi, cita tra le cose positive, che gli europei sottovalutano, la forza dell'economia tedesca, il caso della Polonia «che ha saputo evitare la recessione» e quello dell'Italia che «ha contrastato ogni recrudescenza del suo deficit». Ma non è solo l'Economist a fotografare questa realtà. Nel lessico internazionale un nuovo acronimo è stato creato per descrivere in modo offensivo quei paesi che non reggono alle gravi difficoltà imposte dalla crisi internazionale: P.I.G.S. Sono le iniziali di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. L'Italia non solo è fuori da questa brutta classifica, ma meno di 15 giorni fa Bloomberg, uno dei principali centri di analisi finanziaria del mondo, nel valutare il rischio sistemico dei principali paesi pone l'Italia al primo posto come affidabilità. Il suo avanzo primario, corretto per l'andamento del ciclo, è l'unico ad avere valore positivo, quando per la Germania si indica un valore negativo (-1,2 per cento) e lo stesso avviene per la Francia (-3,8 per cento). Gli USA inoltre sono al -7,0 per cento. Non sorprende, pertanto, la dichiarazione di Moody's del 5 marzo scorso, per bocca del suo responsabile per l'Italia - Alexander Kockerbeck - secondo il quale la reputazione del nostro Paese è più che buona. Specie se essa è letta con quanto dichiara l'OCSE: «l'Italia continua ad avere il valore più elevato sia tra i paesi della zona euro che dell'area dell'OCSE nella lettura del leading indicator». Sono valutazioni che non si prestano ad equivoci, soprattutto perché suffragate da dati forniti dai principali organismi internazionali. Nelle sue ultime previsioni, la Commissione europea, (European economic forecast - autumn 2009) prevede un aumento del debito pubblico tedesco ad un ritmo che è pari ad una volta e mezza (2010) e di oltre tre volte (2011) quello italiano. Per la Francia, invece, il ritmo di incremento, sempre rispetto all'Italia, per il 2010 è pari a quasi quattro volte e più di cinque l'anno successivo. Si deve solo aggiungere che per il 2009 il deficit di bilancio italiano (previsto al 5 per cento) è solo leggermente superiore a quello tedesco (3,2 per cento), ma di gran lunga inferiore a quello francese (7,9 per cento). Allargando l'orizzonte l'Economist Intelligence Unit colloca l'Italia in quinta posizione (dopo Cina, Canada, Brasile e Germania) con un deficit che è pari alla metà degli altri partecipanti (nell'ordine Russia, Giappone, Francia, India, Portogallo, Usa, Spagna, Irlanda, Grecia ed Inghilterra). Nemmeno sul fronte della crescita l'Italia sfigura nei confronti degli altri partner. Lo testimoniano le ultime previsioni della Commissione europea. Nell'interim forecast February 2010, il tasso di crescita stimato, per il 2010, è pari allo 0,7 per cento, in linea con la media dell'euro-zona e dell'EU27;
i risultati conseguiti dimostrano la validità dell'azione del Governo che ha operato con grande oculatezza, rigore e senso di responsabilità;
in coerenza con il suo programma elettorale, dove già si esprimeva preoccupazione per il possibile incombere della crisi, il Governo, non appena costituitosi, ha garantito la stabilità dei conti pubblici anticipando, con il decreto-legge n. 112 del 2008, la manovra di bilancio, nonostante la contrarietà dell'opposizione. Con questa manovra, a pochi mesi di distanza dall'inizio della crisi finanziaria, sono state recuperate risorse per un valore, nel triennio, pari a circa 30 miliardi di euro, grazie alle quali si è potuto far fronte all'insorgere della successiva crisi finanziaria;
inoltre il Governo si è mosso per tutelare i risparmiatori dal possibile rischio di insolvenza, per altro rapidamente rientrato, di alcune banche ed a tal fine è stata aumentata la garanzia a favore dei depositanti, predisposte linee di credito per gli istituti a rischio, da attivare su richiesta degli interessati;
scongiurato il pericolo più incombente, il Governo si è quindi prodigato per gestire la crisi sul piano sociale. Era, infatti, evidente che alla caduta della domanda internazionale e di quella interna avrebbe fatto seguito una contrazione del reddito e degli spazi di mercato per la produzione industriale, con un effetto immediato sui livelli di occupazione. Era, pertanto, indispensabile approntare i mezzi finanziari per estendere la rete degli ammortizzatori sociali, sia per ragioni di equità sociale, sia per evitare, al tempo stesso, una più forte caduta della domanda interna, che avrebbe aggravato le condizioni complessive del Paese. Le risorse complessivamente stanziate per far fronte al fenomeno della disoccupazione, con provvedimenti diversi, ammontano nel triennio ad oltre 30 miliardi di euro. Queste saranno impiegate sia per la cassa integrazione guadagni, sia per estendere la rete di sicurezza a favore di coloro che erano sprovvisti di qualsiasi forma di assicurazione sociale. Misure di sostegno al reddito sono previste per i lavoratori precari, per gli apprendisti e per i collaboratori coordinati e continuativi. Sono state, al tempo stesso, accelerate le procedure di pagamento, al fine di chiudere la forbice tra l'esistenza di un diritto e la sua effettività e creati nuovi istituti, ad esempio quelli previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009, che consentiranno di attivare programmi di formazione a favore del personale posto in cassa integrazione. Per coloro invece che, a seguito dei contratti di solidarietà, subiranno una decurtazione salariale è prevista un'integrazione a carico del bilancio dello Stato, fino all'80 per cento della retribuzione originaria. La corresponsione anticipata della indennità di disoccupazione, in un'unica soluzione, consentirà a chi vuol mettersi in proprio di sviluppare un'attività autonoma, una volta cessato il suo rapporto di lavoratore dipendente. Sono state infine regolarizzate colf e badanti: provvedimento che ha finora interessato oltre 300 mila lavoratori stranieri;
grazie a questi provvedimenti il tasso di disoccupazione in Italia sebbene sia aumentato, rispetto agli anni passati, è, tuttavia, tra i più bassi (8,3 per cento) a livello occidentale. Nel confronto tra dati omogenei, solo il Giappone e la Germania, con un tasso di disoccupazione rispettivamente pari al 4,9 ed all'8,2 per cento, possono vantare risultati migliori. La media dell'euro zona indica valori pari al 9,9 per cento, con punte ancora maggiori per Francia (10,1 per cento) e Spagna (19,9 per cento). La disoccupazione negli USA risulta pari al 9,7 per cento;
complementare a questa linea è stata la scelta di concentrare risorse a favore dei ceti più deboli. Sono stati diluiti, d'intesa con le banche, le rate dei mutui al fine di impedire un eccessivo aumento della quota interessi. È stato fissato un tetto (4 per cento) massimo per gli interessi a tasso variabile e abolite tutte le spese notarili ai fini della portabilità del mutuo. È stato erogato per l'anno 2009 un bonus straordinario di 1.000 euro per le famiglie più numerose, con redditi compresi tra 15.000 e 22.000 euro l'anno. Le domande accolte, fino ad ottobre 2009, ammontano a circa 5 milioni. È stata distribuita la social card per gli acquisti di beni alimentari e per far fronte al rincaro delle bollette elettriche. È stato attivato un Fondo di garanzia per prestiti concessi dalle banche per le spese dei neonati. Le rette per gli asili nido statali potranno essere detratte dall'IRPEF per un'aliquota pari al 19 per cento. Sono stati aumentati gli assegni familiari. Le famiglie a più basso reddito (circa 1 milione) potranno avere uno sconto sulle bollette elettriche e di quelle del gas. Il fondo per gli affitti è stato aumentato di 20 milioni, nello stesso tempo sono state previste detrazioni fiscali per gli affitti di appartamenti. I proprietari, invece, potranno beneficiare di una detrazione fiscale, nel caso di ristrutturazione delle proprie dimore. Altre detrazioni sono previste, ai fini IRPEF, per gli abbonamenti ai mezzi di trasporto, mentre per i pendolari sono state bloccate le tariffe ferroviarie sulle tratte regionali. È infine previsto un bonus vacanze per le famiglie meno abbienti;
l'intervento a favore delle imprese si è sostanziato in numerose iniziative. È stato premiato il salario di produttività (straordinari e premi) con un'aliquota fiscale ridotta. È stata concessa una detrazione pari al 10 per cento dell'IRAP versata ai fini della determinazione del reddito (IRPEF ed IRE) imponibile; consentita una rivalutazione degli immobili iscritti a bilancio dietro pagamento di un'imposta sostitutiva; posticipato il pagamento dell'IVA all'effettivo incasso della fattura; detassati alcuni beni di investimento ed aumenti di capitale sociale. Prevista una diversa disciplina fiscale per le imprese che operano nel settore energetico e per gli interessi passivi, al fine di favorire la capitalizzazione delle imprese. Lo scudo fiscale ha consentito il rimpatrio di capitali dall'estero, in un momento in cui la stretta del credito rischia di avere ripercussioni negative sulla liquidità delle imprese. Infatti l'ammontare di attività rimpatriate in Italia a seguito dello scudo fiscale è pari a 85,1 miliardi di euro e questi vengono chiaramente ed automaticamente assoggettati alla tassazione nazionale, il che non potrà che comportare degli evidenti vantaggi per l'erario;
all'insieme di questi provvedimenti il Governo ha accompagnato un'azione tesa a contrastare le visioni catastrofistiche della crisi stessa, al fine di impedire un avvitamento in negativo delle aspettative dei grandi operatori economici: famiglie, imprese, lavoratori. Esse, del resto, non trovavano fondamento nei dati pure allarmanti della cattiva congiuntura, che non pochi commentatori hanno scambiato per un vero e proprio «crollo», non si sa se temuto od auspicato, del sistema di libero mercato. Non si dimentichi che, nonostante il forte aumento della cassa integrazione (in un anno più del 2,8 per cento ore lavorate) le retribuzioni lorde per i dipendenti sono aumentate del 2,8 per cento, in media. L'inflazione (indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività) è stata invece pari allo 0,8 per cento, (contro il 3,4 per cento del 2008) con un corrispondente incremento del potere d'acquisto pari a più del 2 per cento;
la necessità di far fronte in primo luogo all'emergenza finanziaria - per non parlare della crisi dei rifiuti di Napoli, ereditata dal Governo Prodi, e del tragico terremoto in Abruzzo - non ha impedito al Governo di attuare alcune importanti riforme di carattere strutturale. A distanza di oltre 30 anni, è stata approvata una riforma complessiva della sessione di bilancio. La vecchia «Legge finanziaria» viene sostituita dalla «legge di stabilità»: con lo scopo di porre fine alle vecchie abitudini parlamentari, che si traducevano nell'assalto alla diligenza dei conti pubblici. Si avrà pertanto un bilancio più trasparente e leggibile, che esalti il ruolo di indirizzo e di controllo del Parlamento;
al tempo stesso il Governo ha anche promosso l'approvazione della riforma del «federalismo fiscale» che introdurrà maggiori elementi di responsabilità nella gestione della spesa, responsabilizzando i singoli amministratori locali e attuando il principio di sussidiarietà. Viene, finalmente meno, la vecchia abitudine di considerare lo Stato centrale come una sorta di bancomat, da cui attingere risorse per le spese più stravaganti e superflue. Tale riforma comporterà innovazione dell'amministrazione nella direzione di una maggiore responsabilità e trasparenza,

impegna il Governo:

a proseguire nelle politiche del controllo della spesa e della salvaguardia dei conti pubblici;
ad operare al fine di avviare una graduale riduzione della pressione fiscale anche in vista del federalismo e compatibilmente con l'andamento dei conti pubblici e l'evoluzione del ciclo congiunturale;
ad avviare il processo della riforma fiscale da completare entro il 2013 e che in parte dovrà essere autofinanziato;
a continuare la lotta fin qui intrapresa all'evasione ed elusione fiscale che ha portato alle casse dell'erario pubblico nell'ultimo biennio ben 16 miliardi di euro;
ad avviare un'adeguata riflessione sulla riqualificazione della spesa pubblica, dando maggiore trasparenza agli strumenti contabili ed alla governance al fine di poter individuare le priorità dei programmi di spesa e la loro ricaduta in termini di sviluppo economico;
a sostenere con forza gli investimenti che consentano il rilancio e lo sviluppo del sistema delle infrastrutture;
a determinare una forte discontinuità nelle politiche per il rilancio dell'economia del Mezzogiorno d'Italia mediante un diverso utilizzo dei fondi comunitari e attraverso misure compatibili con la normativa comunitaria ed il sistema della fiscalità di vantaggio;
ad avviare un processo di riforma del welfare, secondo le indicazioni del Libro bianco del ministro Sacconi, agendo in materia di ammortizzatori sociali e a garantire l'efficienza dei servizi e l'adeguamento alle nuove esigenze sociali, mettendo al centro dell'azione politica l'inserimento nel mondo del lavoro dei giovani e il miglioramento della qualità della vita degli anziani;
a sostenere una forte ripresa dei processi di investimento; una maggiore internazionalizzazione dell'industria manifatturiera e dei servizi; una proiezione internazionale che sappia interagire con i nuovi soggetti dell'economia internazionale (Cina, India, paesi del Mediterraneo); più attività di ricerca ed innovazione e, quindi, un'adeguata crescita della dimensione aziendale;
ad adottare provvedimenti di politica industriale, prevedendo: la detassazione di una quota dell'investimento sostenuto per le imprese che investono in ricerca, un fondo incentivi ai consumi per i settori industriali e un fondo straordinario per le imprese in crisi;
a sostenere, incentivandolo il settore della green economy al fine di rilanciare politiche di risparmio energetico utili all'economia del Paese ed alla soluzione dei principali problemi dell'ambiente, primi fra tutti i cambiamenti climatici, settori energie, trasporti, eco-building, acque, rifiuti eccetera;
a predisporre d'intesa con le regioni un efficace piano di rilancio dell'edilizia residenziale pubblica.
(1-00346)
(Nuova formulazione)«Cicchitto, Cota, Bocchino, Sardelli, Baldelli, Moroni, Moffa, Giancarlo Giorgetti, Foti, Gioacchino Alfano, Bitonci, Aracu, Briguglio, Armosino, Cazzola, Vignali, Della Vedova, Catone, Ceccacci Rubino, Ceroni, Di Biagio, Corsaro, Fontana, De Angelis, Formichella, Fallica, Franzoso, Giacomoni, Girlanda, Mannucci, Laboccetta, Minardo, Lo Presti, Mottola, Marinello, Pelino, Marsilio, Rossi, Saltamartini, Toccafondi, Scandroglio, Traversa, Taglialatela, Zorzato, Giammanco».