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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 30 marzo 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 30 marzo 2011.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Mistrello Destro, Moffa, Mura, Leoluca Orlando, Polidori, Prestigiacomo, Rainieri, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sanga, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Moffa, Mura, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Romani, Rotondi, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 29 marzo 2011 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
MINARDO: «Misure per lo sviluppo dell'imprenditoria e dell'occupazione giovanili» (4225);
RIA: «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, per la semplificazione delle procedure per l'adozione dei minori» (4226);
CARLUCCI: «Delega al Governo per l'adozione di disposizioni per la tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attività sportiva agonistica» (4227);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LUCIANO DUSSIN: «Modifica all'articolo 136 della Costituzione, concernente il quorum per l'adozione delle sentenze della Corte costituzionale che dichiarano l'illegittimità costituzionale di norme di legge o di atto avente forza di legge» (4228);
LUCIANO DUSSIN: «Modifica all'articolo 3 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di durata di validità della carta d'identità, nonché disposizioni in materia di iscrizione degli stranieri nell'anagrafe della popolazione residente» (4229);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE CIRIELLI: «Modifica dell'articolo 131 della Costituzione, concernente l'istituzione della regione "Principato di Salerno"» (4230);
MIOTTO ed altri: «Modifica all'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, in materia di calcolo del limite di reddito per le pensioni di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili» (4231);
MONTAGNOLI e DESIDERATI: «Modifiche alla disciplina relativa alla circolazione dei veicoli eccezionali e ai trasporti in condizioni di eccezionalità» (4232).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge PAOLO RUSSO: «Istituzione della festa nazionale del 17 marzo per la celebrazione della proclamazione dell'Italia unita» (229) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Biancofiore.

La proposta di legge CARLUCCI: «Disposizioni in favore delle attività dello spettacolo, mediante la partecipazione alla gestione, alla destinazione e ai proventi dell'alienazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575» (2755) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Barba, Barbieri, Beccalossi, Biancofiore, Castiello, Colucci, Divella, Di Virgilio, Galati, Marinello, Nastri, Nizzi, Pugliese, Raisi, Speciale, Torrisi, Traversa e Ventucci.

La proposta di legge ABRIGNANI: «Modifiche all'articolo 8 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, in materia di obbligo di utilizzo del casco protettivo nell'esercizio della pratica dello sci alpino e dello snowboard» (4043) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Biancofiore.

La proposta di legge MOFFA ed altri: «Deleghe al Governo per l'adozione di norme in materia di rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, di rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di esercizio del diritto di sciopero» (4044) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Biancofiore.

La proposta di legge FRASSINETTI ed altri: «Disposizioni per l'insegnamento dell'inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell'istruzione» (4117) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Botta, Castiello e Tassone.

La proposta di legge LA LOGGIA ed altri: «Norme per la stabilizzazione dei vigili del fuoco volontari discontinui» (4123) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Biancofiore.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

II Commissione (Giustizia):
BIANCONI: «Modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni e controlli preventivi sulle comunicazioni» (4134) Parere delle Commissioni I e V.

XI Commissione (Lavoro):
SCHIRRU ed altri: «Modifica all'articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di quote di riserva per le assunzioni obbligatorie» (4089) Parere delle Commissioni I, V, X e XII.

XII Commissione (Affari sociali):
NUNZIO FRANCESCO TESTA ed altri: «Disposizioni in materia di ricerca e di utilizzo di tessuti e di cellule staminali a fini terapeutici» (4096) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

PROPOSTA DI LEGGE: S. 1880 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: GASPARRI ED ALTRI: MISURE PER LA TUTELA DEL CITTADINO CONTRO LA DURATA INDETERMINATA DEI PROCESSI, IN ATTUAZIONE DELL'ARTICOLO 111 DELLA COSTITUZIONE E DELL'ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI (APPROVATA DAL SENATO) (A.C. 3137-A)

A.C. 3137-A - Questioni pregiudiziali

QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ

La Camera,
premesso che:
nel corso della discussione del provvedimento in sede referente è stato approvato un emendamento del relatore sostitutivo del secondo comma dell'articolo 161 del codice penale che riduce da un quarto ad un sesto l'aumento automatico della prescrizione, ma soltanto per gli incensurati e per i processi di primo grado;
la predetta disposizione appare lesiva del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione, introducendo una grave differenziazione di trattamento nell'applicazione dei termini di prescrizione in funzione degli imputati tra incensurati e recidivi in quanto gli interessi che la prescrizione tutela, non mutano, in qualità o in intensità, a seconda della condizione soggettiva degli imputati;
la Corte costituzionale, in occasione della sentenza n. 249 del 2010, ha dichiarato incostituzionale l'aggravante costituita dalla clandestinità, introdotta dall'articolo 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, rilevando l'illegittimità di trattamenti penali più severi fondati su qualità personali dei soggetti che derivino dal precedente compimento di atti «del tutto estranei al fatto-reato», introducendo così una responsabilità penale d'autore «in aperta violazione del principio di offensività [...]» (sentenza n. 354 del 2002);
ulteriore profilo discriminatorio è rinvenibile nella previsione di cui al secondo comma dell'articolo 3 introdotto sempre a seguito dell'approvazione di un emendamento del relatore, che dispone sul regime transitorio della prescrizione breve prevista per gli incensurati. Tale previsione risulta ancora una volta lesiva del principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione in riferimento al concetto stesso dello status di recidivo, da collegarsi unicamente al momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna. Lo stesso comma, in considerazione del riconoscimento della natura sostanziale dell'istituto della prescrizione del reato, contrasterebbe inoltre con il principio di retroattività della legge penale favorevole, consolidatosi da tempo nella giurisprudenza costituzionale;
la citata disposizione transitoria inoltre non stabilisce se la sentenza di primo grado debba essere di assoluzione o di condanna. La Corte Costituzionale è intervenuta con la sentenza 393 del 2006 dichiarando l'illegittimità dell'esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia sta la dichiarazione di apertura del dibattimento e in assenza di «sufficienti ragioni giustificative». Nella fattispecie non si è in presenza di una grande riforma processuale ma di una ingiustificata modifica ad hoc del regime processuale per gli incensurati, i quali peraltro già godono di notevoli benefici sulla pena;
l'articolo 4 stabilisce l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione i casi di superamento dei termini di durata delle fasi processuali. Tale obbligo di comunicazione risulta preordinato, in assenza di altre motivazioni, all'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati titolari del processo che diverrebbero responsabili in via oggettiva dei tempi di durata dei processi. Una tale previsione lede i principi di autonomia e indipendenza della magistratura nonché il principio della responsabilità personale a cui è connessa ogni misura sanzionatoria;
le misure previste dal testo, come si evince dal titolo della proposta di legge, sono rivolte esclusivamente ai «cittadini» mentre invece il godimento dei diritti inviolabili dell'uomo, come ribadito dalle pronunce della Corte Europea dei diritti dell'uomo (sentenza n. 120 del 1967, n. 10 del 1993, n. 105 del 2001, n. 99 del 2010), non tollera discriminazioni tra le posizioni del cittadino e quella dello straniero in materia processuale,

delibera

di non procedere all'esame dell'atto Camera n. 3137-A.
n. 1. Rao, Ria, Mantini, Tassone, Scanderebech, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Naro, Angela Napoli.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame del provvedimento n. 3137-A, recante « Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali», approvato dal Senato;
il provvedimento in esame non introduce alcuna misura volta a migliorare il servizio giustizia in quanto non solo non assicura termini ragionevoli al processo, ma determina una anticipazione dei tempi di estinzione del reato per prescrizione per (alcuni) soggetti incensurati ed aggrava le difficoltà del sistema giudiziario, imponendo adempimenti burocratici ulteriori quali la segnalazione al Ministro della giustizia ed al Procuratore generale della Cassazione nei casi del nuovo articolo 4;
il testo della proposta di legge reca rilevanti aporie di carattere costituzionale oltre che logico, in quanto rappresenta l'ennesimo intervento legislativo in materia di giustizia, apparendo ispirato, più che a requisiti della generalità ed astrattezza, a perseguire l'interesse di un soggetto determinato. Al contrario, la disciplina complessiva della prescrizione andrebbe affrontata in maniera autonoma ed organica, con provvedimenti che abbiano ad oggetto esclusivo tale materia, anziché con interventi sporadici in provvedimenti di contenuto diverso e chiaramente funzionali ad esigenze personalistiche e contingenti di una persona che governa la propria maggioranza parlamentare;
il provvedimento in esame è incostituzionale per violazione dell'articolo 3, in quanto è diretto unicamente a ridurre i tempi della prescrizione del reato a favore di soggetti incensurati e indebitamente pertanto aumenta la forbice del termine massimo di prescrizione tra incensurati e recidivi. Trattamento giuridico che si caratterizza per essere del tutto irragionevole. Infatti, il comma 1 dell'articolo 3, in particolare, prevede che l'interruzione della prescrizione non può in nessun caso comportare l'aumento di «più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all'articolo 99, primo comma, della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105»;
la modifica dell'articolo 3, che riduce la maggior durata dei termini prescrizionali in caso di atti interrottivi, pretende di prefiggersi come obiettivo la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. In realtà finisce, invece, per ridurre, ancora una volta, i termini massimi di prescrizione necessari per estinguere il reato: cosa che non giova al processo, ma solo alla persona beneficiata, favorendo ingiustamente chi, di questo passo, a furia di benefici individuali, finisce per non essere mai condannato facendo di tutto per non essere giudicato;
la volontà di ridurre la durata indeterminata dei processi solo ed esclusivamente mediante la semplice riduzione dei termini prescrizionali non risponde in alcun modo all'esigenza di garantire i valori costituzionali del giusto processo sotto il profilo della ragionevole durata del processo stesso, trasportando esigenze processuali e di organizzazione della giustizia in una sfera esclusivamente individuale e di beneficio personale, quale è l'ulteriore riduzione del termine per prescrivere. È del resto la stessa Corte Costituzionale a dichiarare che, insieme alla ragionevole durata dei processi, occorre anche assicurare le altre garanzie processuali fondamentali, comprese quelle delle vittime, compreso lo Stato nei delitti contro la pubblica amministrazione o l'amministrazione della giustizia, rispondendo alle esigenze della collettività che i processi si celebrino;
l'articolo 111 della Costituzione, infatti, prescrive che «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale». La necessità di non ancorare alla sola durata le garanzie del processo giusto è, poi, ribadita nello stesso articolo 111 della Costituzione, comma terzo, laddove si prevedono alcune cause necessarie di rallentamento del processo volte ad assicurare un effettivo esercizio del diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione);
d'altronde, l'inviolabilità del diritto di difesa è sempre stata un faro della giurisprudenza costituzionale, che l'ha collocata tra i diritti supremi insuscettibili di essere pretermessi persino da una legge costituzionale. La stessa Corte Costituzionale, infatti, in una recentissima sentenza, la n. 317 del 2009, ha rilevato che il processo non è conforme al modello costituzionale, quale che ne sia la durata, se è carente sotto il profilo delle garanzie per tutti (imputato e parti offese compresi);
inoltre, per quanto concerne il comma 2 dell'articolo 3, appare non solo tecnicamente mal formulato ma anche del tutto non conforme a Costituzione per irragionevolezza e per violazione del principio di uguaglianza. Si tratta infatti di una disposizione transitoria che non rende applicabile la disciplina differenziata e più favorevole all'incensurato, ove nel procedimento, alla data di entrata in vigore della legge, sia stata già pronunciata sentenza di primo grado;
sul piano dell'irragionevolezza non è logico che si faccia riferimento alla sentenza di primo grado (anche di assoluzione!) e non, ad esempio, ad altri parametri, quale quello del decreto che dispone il giudizio, essendo quella fase non ancorata a termini;
sul piano della disparità di trattamento, si inseriscano arbitrariamente due categorie di incensurati, quelli prima della sentenza di primo grado e quelli dopo, i quali ultimi - del tutto ingiustamente - non godrebbero della presunzione di non colpevolezza assicurata dal comma secondo dell'articolo 27 della Costituzione a tutti gli imputati, compresi gli incensurati. Peraltro, è del tutto errato collegare la durata della prescrizione alle condizioni soggettive del reo, che vengono prese in esame in relazione alla commisurazione dell'entità della pena, mentre il provvedimento comporta una commistione ingiustificabile tra l'entità della pena da applicare per il fatto concreto e l'entità della durata della prescrizione, che invece dovrebbe riferirsi unicamente al reato commesso;
la suindicata norma, quindi, fa dipendere i differenti termini massimi di prescrizione, in caso di atti interruttivi, non dalla gravità oggettiva del fatto o dall'indice di complessità del processo, bensì dallo status soggettivo dell'imputato e cioè dalla incensuratezza o dalla recidiva, dall'abitualità e dalla professionalità nel reato (richiamando l'articolo 99 del codice penale), fatto che contrasta con il principio di ragionevolezza e quindi con l'articolo 3 della Costituzione. La scelta di far dipendere i differenti termini massimi di prescrizione non dalla gravità oggettiva del fatto, ma dallo status soggettivo dell'imputato, potrebbe determinare un ritorno al «diritto penale d'autore» con l'introduzione di una discrezione estremamente pericolosa che rischierebbe di pregiudicare gli autori di reati «bagatellari», commessi con continuità, rispetto ai reati dei «colletti bianchi»;
proprio in relazione alla violazione dell'articolo 3 della Costituzione, occorre evidenziare che ogni norma deve presentare una «motivazione» obiettivata nel sistema, che si manifesta come entità tipizzante, del tutto avulsa dai «motivi» storicamente contingenti che possono aver indotto il legislatore ad introdurla;
con la disciplina introdotta si realizza, invece, un vizio di legittimità costituzionale della norma fondato sulla irragionevole, e per ciò stesso arbitraria, scelta di introdurre un regime che necessariamente finisce per omologare fra loro situazioni diverse o, al contrario, per differenziare il trattamento di situazioni analoghe;
la volontà di dare attuazione al principio della durata ragionevole dei processi solo ed esclusivamente mediante una riduzione dei termini di prescrizione finirebbe inevitabilmente per sacrificare, puramente e semplicemente, sia il diritto al contraddittorio sancito dallo stesso articolo 111 della Costituzione sia il diritto di difesa espressamente previsto e riconosciuto dall'articolo 24 della Costituzione;
si dovrebbe intervenire sui tempi del processo al fine di renderlo più celere ma, il provvedimento in esame, si limita a ridurre da un quarto ad un sesto il tempo per il quale la prescrizione può protrarsi rispetto a quello che si determina sulla base dell'entità della pena;
la scarsa portata dell'articolo aggiuntivo rispetto al tema più complessivo della prescrizione nonché a quello che dovrebbe essere l'oggetto della proposta di legge in esame, evidenzia la sola finalità del provvedimento stesso che risulta mirato ad un obiettivo ben preciso e sicuramente estraneo all'interesse generale,

delibera

di non procedere all'esame dell'atto Camera n. 3137-A.
n. 2. Di Pietro, Palomba, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame ridefinisce il regime della prescrizione, peraltro nel solco degli indirizzi di politica legislativa contenuti nella legge n. 251 del 2005 (c.d. ex Cirielli) già in violazione di fondamentali princìpi costituzionali;
l'articolo 3, introduce modifiche all'articolo 161 del codice penale, sostituendone il comma 2 con il seguente: «Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all'articolo 99, primo comma, della metà nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105»;
tale norma riduce da un quarto ad un sesto l'aumento automatico della prescrizione, ma soltanto per gli incensurati e per i processi di primo grado;
siffatta riduzione del termine massimo di prescrizione avrà inevitabilmente ricadute sul funzionamento del sistema giudiziario, incrementando il numero dei processi destinati a svolgersi inutiliter (già oggi aumentati rispetto al passato per effetto della legge n. 251 del 2005), dato che i termini di prescrizione appaiono troppo brevi per consentire il dispiegamento delle potenzialità effettive del sistema giudiziario, in particolare per i reati con pena edittale stabilita nel massimo fino a sei anni (tra i quali rientrano molti dei reati contro la pubblica amministrazione come la corruzione e i reati societari);
determina un incentivo a pratiche dilatorie di per sé antitetiche alla ragionevole durata del processo e nel contempo - contraddittoriamente - addirittura premia siffatte pratiche dilatorie, contraddicendo così i principi basilari del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione, che è tale in quanto contempera le esigenze della difesa della persona accusata con quelle della pubblica accusa;
nel caso della riduzione da un quarto ad un sesto dell'aumento automatico della prescrizione soltanto per gli incensurati si introduce una differenziazione di trattamento sulla base di caratteristiche soggettive degli individui, su presunzioni attinenti all'incensuratezza, senza che sussistano ragionevoli motivi per differenziare la disciplina della prescrizione rispetto a chi ha avuto già una sola condanna, ledendo in tal modo il principio di eguaglianza/ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione: gli interessi che l'istituto della prescrizione mira a tutelare non mutano difatti, in qualità o in intensità, a seconda che l'imputato sia o meno recidivo «semplice»;
far scaturire dall'incensuratezza un particolare beneficio è già di per sé contraddittorio con la natura della potestà punitiva e contrasta con le esigenze generali-preventive del diritto penale;
la violazione del principio di eguaglianza/ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione è dunque netta e chiara, poiché la proposta di legge in esame introduce discipline differenziate in materia di prescrizione sulla base di caratteristiche soggettive degli individui, nel caso specifico su presunzioni attinenti all'incensuratezza, che già da tempo la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime;
il medesimo presupposto alla base dell'applicazione della riduzione dell'aumento massimo previsto del termine di prescrizione del reato (e, cioè l'essere incensurati), può essere già oggi preso in considerazione dal giudice nell'ambito delle valutazioni connesse alla concessione della circostanza delle attenuanti generiche, ed è tale dunque anche da giustificare una diminuzione della pena: ciò costituisce quindi un ulteriore elemento di irragionevolezza (intesa questa volta come illogicità della norma in rapporto ad altre norme dell'ordinamento);
tra l'altro con il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge n. 125 del 24 luglio 2008, recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, il legislatore ha stabilito che «l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato (cioè l'incensuratezza formale) non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle attenuanti generiche»;
ora lo stesso legislatore, all'articolo 3 della proposta di legge in esame afferma che l'incensuratezza, per ciò solo, impone una prescrizione più breve del reato;
infine la legge 3 agosto 2009, n. 116, recante la ratifica della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 a Merida, impone agli Stati firmatari il rafforzamento delle misure sostanziali e processuali volte a prevenire e combattere la corruzione in modo sempre più efficace, chiedendo di «ricercare, perseguire e giudicare effettivamente» i responsabili di fatti corruttivi e di adoperarsi perché i relativi procedimenti giudiziari si svolgano in modo tale da «ottimizzare l'efficacia di misure di individuazione e di repressione di tale reati» e prevedendo che «ciascuno Stato Parte fissi, nell'ambito del proprio diritto interno, un lungo termine di prescrizione entro il quale i procedimenti» per i reati previsti dalla Convenzione «possono essere avviati»,

delibera

di non procedere all'esame dell'atto Camera n. 3137-A.
n. 3. Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Bressa, Ferranti, Zaccaria, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato.

A.C. 3137-A - Questione sospensiva

QUESTIONE SOSPENSIVA

La Camera,
premesso che:
l'eventuale approvazione dell'A. C. 3137, recante «Misure contro la durata indeterminata dei processi», il cosiddetto «processo breve», determinerebbe gravissime conseguenze sul sistema giudiziario, portando all'estinzione immediata di centinaia di processi in corso;
la proposta di legge in esame, infatti, agisce nuovamente sulla prescrizione, peggiorando ulteriormente i già gravissimi effetti causati dalla legge cosiddetta «ex Cirielli», la n. 251 del 2005;
lo scorso 10 marzo, il Consiglio dei Ministri, appositamente convocato, ha approvato all'unanimità, su proposta del Presidente del Consiglio, Berlusconi, e del Ministro della giustizia, Alfano, un disegno di legge costituzionale per una riforma della giustizia, definito una riforma «epocale» che modifica il Titolo IV della Costituzione, che assumerebbe la nuova denominazione de «La Giustizia», del quale però ad oggi non vi è traccia in Parlamento;
dunque, mentre da un lato si vagheggia di una «riforma epocale del sistema giustizia», dall'altro si introducono norme di impatto devastante per il nostro sistema giudiziario,

delibera

di sospendere l'esame dell'atto Camera n. 3137-A per un periodo di due anni.
n. 1.(versione corretta) Franceschini, Ventura, Maran, Villecco Calipari, Amici, Bressa, Ferranti, Zaccaria, Boccia, Lenzi, Quartiani, Giachetti, Rosato.

A.C. 3137-A - Proposte emendative dichiarate inammissibili

PROPOSTE EMENDATIVE DICHIARATE INAMMISSIBILI NEL CORSO DELLA SEDUTA

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. Al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, recante «Ordinamento giudiziario», l'articolo 210 è sostituito dal seguente:
«Art. 210. - (Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali). - I collocamenti fuori ruolo sono consentiti soltanto nei casi in cui i compiti e le funzioni di riferimento siano previsti dalla legge o da norme dell'Unione europea, da trattati internazionali, da altre norme primarie o dalle cosiddette "azioni comuni".
I collocamenti fuori ruolo non possono essere autorizzati prima del conseguimento della seconda valutazione di professionalità, ad eccezione degli incarichi presso gli organismi internazionali per i quali è sufficiente la prima valutazione di professionalità. I collocamenti fuori ruolo non possono protrarsi per un periodo superiore ai cinque anni, né è consentito superare detto limite nel caso di collocamenti fuori ruolo che si susseguano senza soluzione di continuità, con l'eccezione degli incarichi per i quali la legge stabilisca espressamente una durata minima superiore e delle cariche elettive, la cui durata non viene computata ai fini della determinazione del quinquennio. Trascorso il periodo di cinque anni, prima di essere autorizzato ad un nuovo collocamento fuori ruolo, il magistrato deve rimanere in ruolo per almeno cinque anni.
Le disposizioni relative ai limiti quinquennali di cui al comma precedente non si applicano, oltre che nei casi previsti dalla legge, per compiti e funzioni da svolgere:
a) presso la Presidenza della Repubblica;
b) presso la Corte Costituzionale, limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale ed agli assistenti di studio;
c) presso il Consiglio Superiore della Magistratura limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale;
d) presso organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e uffici consolari all'estero ovvero nell'ambito do programmi di assistenza o scambio con amministrazioni pubbliche di altri Stati o con organismi internazionali.

La durata complessiva del periodo fuori ruolo non può, comunque, superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, nell'arco del servizio, con esclusione del periodo di aspettativa previsto dalla legge per l'assunzione di cariche elettive o di mandato al Consiglio Superiore della magistratura.
Il periodo trascorso fuori ruolo antecedentemente alla data del 31 luglio 2007 (data dell'entrata in vigore della legge 30 luglio 2007, n. 111) non è computato ai fini della determinazione della durata massima del periodo fuori ruolo consentito nell'arco della carriera.
Il Consiglio Superiore, decorsi diciotto mesi dall'adozione della presente circolare, provvederà a richiedere il ricollocamento in ruolo dei magistrati che, in epoca antecedente al 31 luglio 2007, hanno svolto, per un periodo superiore ai cinque anni, un incarico di fuori ruolo diverso da quelli indicati al comma precedente. Il termine è ridotto ad un anno per i magistrati che, in epoca antecedente al 31 luglio 2007, hanno svolto un incarico fuori ruolo, diverso da quelli indicati al comma precedente, per un periodo superiore ai dieci anni. I predetti termini costituiscono, inoltre, il limite entro il quale il Consiglio Superiore potrà autorizzare eventuali proroghe dell'incarico fuori ruolo, ovvero prosecuzioni dell'incarico fuori ruolo presso altra istituzione o ente o con diverse funzioni, in favore dei magistrati che abbiano già svolto un periodo di fuori ruolo superiore ai cinque anni.
I magistrati che, alla data di adozione della presente circolare, hanno svolto un incarico di fuori ruolo diverso da quelli indicati al quinto comma per un periodo superiore ai tre anni verranno richiamati in ruolo entro due anni dall'approvazione della presente circolare.
I magistrati che, alla data di adozione della presente circolare, hanno svolto un incarico di fuori ruolo per un periodo inferiore ai tre anni e i magistrati che verranno collocati fuori ruolo dopo l'adozione della presente circolare sono sottoposti alla disciplina di cui ai commi terzo e quinto.
Nel caso di richiesta di proroga dell'incarico fuori ruolo o di prosecuzione dell'incarico fuori ruolo presso altra istituzione o ente o con diverse funzioni, il magistrato richiedente è tenuto a presentare una relazione scritta sull'attività svolta che costituisce elemento di valutazione ai fini della decisione del Consiglio.
La competente Commissione del Consiglio comunica ai magistrati interessati ed alle istituzioni e gli enti presso i quali si svolge l'incarico la scadenza dei collocamenti fuori ruolo con almeno sei mesi di anticipo rispetto al termine entro il quale deve avvenire il rientro. Il magistrato interessato dovrà far pervenire al Consiglio le proprie indicazioni in ordine all'ufficio giudiziario al quale chiede di essere destinato.
Non può essere autorizzato il collocamento fuori ruolo di un magistrato che sia impegnato nella trattazione di procedimenti, processi o affari tali che il suo allontanamento possa nuocere al regolare funzionamento dell'ufficio, ovvero quando quest'ultimo presenti un indice di scopertura dell'organico superiore al 20 per cento.
Possono essere chiamati a svolgere funzioni diverse da quello giudiziarie ordinarie, con collocamento fuori del ruolo organico della magistratura, non più di centottantacinque magistrati, di merito o di legittimità, nonché di equiparati ai medesimi. In tal numero sono compresi i posti di cui alla pianta organica dei magistrati del Ministero della giustizia.
Dal numero dei centottantacinque magistrati collocabili fuori ruolo non si considerano:
a) gli incarichi elettivi, compreso quello di consigliere del CSM;
b) gli incarichi non elettivi, presso il CSM (ufficio studi e di segreteria) e gli incarichi presso la costituenda Scuola della magistratura; gli incarichi presso organismi internazionali o comunque all'estero.

Si applicano le seguenti norme procedimentali:
a) il magistrato può essere collocato fuori ruolo solamente se ha comunicato al CSM il suo assenso con atto scritto. L'assenso è revocabile, con la stessa forma, sino a che non sia avvenuta l'immissione in possesso nell'ufficio. In tale caso, il collocamento fuori ruolo si considera ad ogni effetto come mai avvenuto;
b) ogni richiesta di collocamento fuori ruolo, avanzata da un soggetto diverso dal Ministro della giustizia, qualora non sia stata comunicata a quest'ultimo dall'Amministrazione richiedente, deve essergli trasmessa dal CSM insieme alla documentazione rilevante, per le sue eventuali osservazioni;
c) il magistrato deve allegare all'atto di assenso la seguente documentazione dalla quale risultino:
1) caratteristiche, durata e luogo di svolgimento dell'attività;
2) compensi, indennità o remunerazioni previsti sotto qualsiasi forma o titolo;
3) eventuali procedimenti o processi da lui trattati o in corso di trattazione, nei quali sia stato o sia parte l'ente o il soggetto che ha formulato la richiesta;
4) incarichi extra-giudiziari da lui espletati nell'ultimo biennio;
5) certificazione della cancelleria relativa al lavoro svolto nell'ultimo biennio, comparato con quello svolto dagli altri magistrati addetti alla medesima sezione o ufficio;
6) parere del dirigente dell'ufficio, che deve comprendere l'indicazione motivata delle circostanze ostative di cui al comma undicesimo qualora sussistenti;
7) parere del Consiglio Giudiziario.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, con separata delibera adottata all'esito della consultazione degli enti richiedenti, determinerà i criteri numerici e di priorità per la valutazione delle richieste di collocamento fuori ruolo».
1. 01. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
Art. 2-bis. - 1. Il comma 2 dell'articolo 13 del decreto legislativo n.160 del 2006, così come modificato dalla legge 30 luglio 2007, n. 111, è abrogato.
2. 02. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
Art. 2-bis. - 1. È abrogato l'articolo 210 (Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali), del Capo XIII del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, recante «Ordinamento giudiziario».
2. È abrogato il terzo comma dell'articolo 15 della legge 24 marzo 1958, n. 195 recante «Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura».
2. 03. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
Art. 3-bis. - (Pagamento telematico dei contributi, dei diritti e delle spese dei processi civili e penali). - 1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 191 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, gli uffici giudiziari utilizzano nel processo civile sistemi di pagamento telematici ovvero con carte di debito, carte di credito o carte prepagate o altri mezzi di pagamento con moneta elettronica disponibili nei circuiti bancario e postale, allo scopo di semplificare le modalità di pagamento, a carico dei privati, del contributo unificato, del diritto di copia, del diritto di certificato e delle spettanze degli ufficiali giudiziari relative ad attività, di notificazione e di esecuzione.
2. Nell'ambito del processo penale, per il pagamento del diritto di copia e del diritto di certificato, per il pagamento relativo al recupero delle somme per il patrocinio a spese dello Stato, per il pagamento delle spese processuali, delle spese di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie processuali, si utilizzano gli strumenti di cui al comma 1.
3. I soggetti preposti all'erogazione del servizio di pagamento telematico ricevono il versamento delle somme, effettuano il riversamento delle stesse alla tesoreria dello Stato e registrano in apposito sistema informatico a disposizione dell'amministrazione i pagamenti eseguiti e la relativa causate, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli di entrata. I maggiori introiti netti, accertati a consuntivo, connessi alla riduzione del costo del servizio sono versati in conto entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad appositi fondi nell'ambito dello stato di previsione del Ministero della giustizia, finalizzati all'incentivazione del personale.
4. Il Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, stipula, a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica, apposite convenzioni per la fornitura dei servizi e delle infrastrutture necessari per l'attuazione del presente articolo.
5. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante le maggiori entrate derivanti dal comma 6.
6. All'articolo 82, comma li, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «0,30 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «0,29 per cento.».
3. 014. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - (Norme sui depositi giudiziari). - 1. Le somme depositate presso le banche e la società, Poste italiane Spa, di cui è stata disposta la restituzione con provvedimento definitivo o di archivi azione, non riscosse o non reclamate dagli aventi diritto entro cinque anni, sono acquisite dallo Stato e sono versate, a cura delle medesime banche e della società Poste italiane Spa, in conto entrate del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
2. Le somme depositate presso le banche e la società Poste italiane Spa in relazione a procedure esecutive, non riscosse o non reclamate dagli aventi diritto entro cinque anni dal giorno in cui è divenuta definitiva l'ordinanza di distribuzione o di approvazione del progetto di distribuzione ovvero, in caso di opposizione, dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia, sono acquisite allo Stato e sono versate, a cura delle medesime banche e della società Poste italiane Spa, in conto entrate del bilancio dello Stato per essere rassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, alle pertinenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
3. All'articolo 67, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Le ripartizioni hanno luogo secondo le disposizioni degli articoli 110, secondo, terzo e quarto comma, 111, 111-bis, 111-ter, 111-quater, 112, 113, 113-bis, 114, 115 e 117, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge fallimentare».

4. Con regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate:
a) le modalità di comunicazione dello stato del procedimento e dei provvedimenti adottati, che garantiscano la prova dell'avvenuta ricezione;
b) le modalità con cui le banche e la società Poste italiane Spa versano le somme di cui ai commi 1 e 2 e gli interessi maturati.

5. Una somma pari al 20 per cento di quanto riscosso annualmente ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo è destinata al fondo unico di amministrazione costituito presso il Ministero della giustizia, anche per finanziare progetti relativi al recupero di crediti dell'amministrazione e delle somme di cui ai commi 1, 2 e 3.
6. E istituito un fondo per l'incentivazione della permanenza dei magistrati in sedi non richieste di cui all'articolo 3 della legge 16 ottobre 1991, n. 321, e successive modificazioni, e in sedi disagiate di cui all'articolo 1 della legge 4 maggio 1998, n. 133, alimentato con una somma pari al 4 per cento di quanto riscosso annualmente ai sensi delle disposizioni di cui al presente articolo. L'impiego del fondo è disciplinato con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare, d'intesa con il Consiglio superiore della magistratura, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Gli uffici giudiziari verificano l'esistenza di depositi per i quali ricorrono le condizioni di cui ai commi i e 2, alla data di entrata in vigore della presente legge e fino all'emanazione del regolamento di cui al comma 4, richiedendo alla banca o alla società Poste italiane Spa, presso cui è aperto il deposito, di provvedere al versamento delle rispettive somme all'entrata del bilancio dello Stato, ai fini della loro riassegnazione secondo quanto disposto dai medesimi commi 1 e 2».
3. 015. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

Art. 3-bis. - 1. Dopo l'articolo 374-bis del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 374-ter. - (Frode in procedimenti penali celebrati in assenza dell'imputato). - Chiunque, nel corso di un procedimento penale, compie artifizi o raggiri volti a trarre in inganno il giudice in ordine alla conoscenza da parte dell'imputato che si procede nei suoi confronti, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di una professione, si applica altresì la pena accessoria dell'interdizione dall'esercizio della professione».
2. All'articolo 383 del codice penale, dopo le parole: «preveduti dagli articoli» è inserita la seguente: «374-ter».
3. 016. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
Art. 3-bis. - 1. (Modifiche al codice penale in materia di celebrazione del procedimento in assenza dell'imputato). 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 374-bis è inserito il seguente:
«Art. 374-ter. - (Frode in procedimenti penali celebrati in assenza dell'imputato). - Chiunque, nel corso di un procedimento penale, compie artifizi o raggiri volti a trarre in inganno il giudice in ordine alla conoscenza da parte dell'imputato che si procede nei suoi confronti, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di una professione, si applica altresì la pena accessoria dell'interdizione dall'esercizio della professione»;
b) all'articolo 383, dopo le parole: «preveduti dagli articoli» è inserita la seguente: «374-ter».
3. 017. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 5, aggiungere il seguente:
Art. 5-bis. - (Modifiche al codice di procedura civile). 1. Gli articoli 296 e 297 del codice di procedura civile sono abrogati.
5. 0300. Ria.

A.C. 3137-A - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, nonché sugli emendamenti 4.350 e Tit. 100 della Commissione.

A.C. 3137-A - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimenti elaborato dalla Commissione di merito:

NULLA OSTA

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.5, 1.6 e sugli articoli aggiuntivi 1.02, 2.020, 2.021, 3.01, 3.09, 3.014, 3.015, 3.023, 3.0100 e 3.0112, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti.

A.C. 3137-A - Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DL SENATO

Art. 1.
(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).

1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 10, comma 1, le parole: «, il processo di cui all'articolo 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89» sono soppresse;
b) all'articolo 13, comma 1, lettera b), dopo le parole: «volontaria giurisdizione,» sono inserite le seguenti: «per il procedimento regolato dall'articolo 3, commi da 1 a 4, della legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni,».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai procedimenti iscritti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.
(Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).

Sopprimerlo.
*1. 1. Ferranti, Andrea Orlando, Samperi, Melis, Tenaglia, Rossomando, Capano, Ciriello, Cavallaro, Touadi, Cuperlo, Concia, Tidei, Picierno.

Sopprimerlo.
*1. 2. Di Pietro, Palomba.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. - 1. Al comma 1 dell'articolo 129 del codice di procedura penale, dopo le parole: «come reato» sono inserite le seguenti: «o che per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, è di particolare tenuità».
2. Al comma 1 dell'articolo 425 del codice di procedura penale, dopo le parole: «non costituisce reato» sono inserite le seguenti: «o che, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, è di particolare tenuità.
3. Dopo l'articolo 530 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«Art. 530-bis. - (Proscioglimento per particolare tenuità del fatto). 1. Il giudice pronuncia sentenza di proscioglimento quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto è di particolare tenuità».

4. All'articolo 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«1-bis. Il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione anche quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità delle conseguenze dannose o pericolose della stessa, il fatto è di particolare, tenuità».
1. 4. Ferranti, Andrea Orlando, Samperi, Melis, Tenaglia, Rossomando, Capano, Ciriello, Cavallaro, Touadi, Cuperlo, Concia, Tidei, Picierno.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. - (Modifiche al codice di procedura penale in materia di disciplina dell'udienza preliminare e di richieste di prova). - 1. All'articolo 421 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le parole: «salvo che accerti che il fatto è enunciato in forma non chiara e non precisa»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Qualora il giudice accerti, ai sensi del comma 1, che il fatto è enunciato in forma non chiara e non precisa, ordina al pubblico ministero la correzione dell'imputazione concedendo, a richiesta dell'imputato e del suo difensore, un termine a difesa non superiore a cinque giorni»;
c) al quarto periodo del comma 2 sono aggiunte, in fine, le parole: «, anche sulla base dei verbali delle investigazioni difensive, depositati, a pena di decadenza, all'atto della conclusione degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti».

2. Al comma 1 dell'articolo 423 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso il giudice concede un termine a difesa non inferiore a cinque giorni».
3. L'articolo 431 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 431. - (Fascicolo per il dibattimento). - 1. Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, le parti costituite indicano i fatti che intendono provare e i mezzi di prova di cui chiedono l'ammissione. Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, di periti o di consulenti tecnici nonché delle persone indicate all'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, indicare le circostanze su cui deve vertere l'esame.
2. Il giudice, nel contraddittorio delle parti, provvede sulle richieste di ammissione delle prove e alla formazione del fascicolo per il dibattimento, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. Dispone quindi che, a cura delle parti che hanno chiesto l'ammissione delle prove, siano citati per il giudizio i testimoni, i periti e i consulenti tecnici, nonché le persone indicate all'articolo 210.
3. Se necessario, anche d'ufficio, il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per le decisioni sulle richieste di prove e per la formazione del fascicolo.
4. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti:
a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;
b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;
c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero;
d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;
e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;
f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;
g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati all'articolo 236;
h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

5. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva».

4. L'articolo 468 del codice di procedura penale è abrogato.
5. L'articolo 493 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 493. - (Richieste di prova) - 1. Le parti private non costituite all'udienza preliminare indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove.
2. Il giudice ammette altresì i mezzi di prova non richiesti immediatamente dopo il decreto che dispone il giudizio dalle parti costituite in udienza preliminare se queste dimostrano di non averle potute indicare tempestivamente.
3. In ogni caso, le parti possono presentare direttamente a dibattimento, per l'assunzione a prova contraria, testimoni, periti e consulenti non indicati immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio.
4. Il giudice revoca il provvedimento di ammissione se la parte che ne ha fatto richiesta non ha provveduto alla citazione dei testimoni, dei periti o dei consulenti tecnici nonché delle persone indicate all'articolo 210, salvo che non ricorrano giustificati motivi».
1. 3. Ferranti, Andrea Orlando, Samperi, Melis, Tenaglia, Rossomando, Capano, Ciriello, Cavallaro, Touadi, Cuperlo, Concia, Tidei, Picierno.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. - (Delega al Governo per l'istituzione e la disciplina dell'ufficio per il processo). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui al comma 2, uno o più decreti legislativi diretti alla costituzione ed alla disciplina di articolazioni organizzative delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, denominate «ufficio per il processo».
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) istituzione negli uffici giudiziari di ogni ordine e grado dell'ufficio per il processo, quale articolazione delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie e fattore di impulso per una nuova organizzazione incentrata sul lavoro di squadra, allo scopo di razionalizzare e rendere efficiente lo svolgimento dell'attività giudiziaria;
b) attribuzione all'ufficio per il processo dei compiti e delle funzioni necessari per garantire assistenza ai magistrati nell'attività preparatoria e preliminare rispetto all'attività giurisdizionale, mediante istituzione di unità operative, assegnate alle sezioni, a singoli magistrati o ai gruppi di lavoro, secondo le previsioni contenute nel provvedimento di cui alla lettera d), destinate, tra l'altro, a coadiuvare i magistrati nell'organizzazione dell'attività processuale di udienza e di decisione, svolgendo attività di ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, curando la stesura di relazioni preliminari e collaborando nell'espletamento delle attività strumentali all'esercizio della funzione giurisdizionale;
c) attribuzione all'ufficio per il processo dei compiti strumentali a garantire assistenza nell'esercizio dell'attività giurisdizionale, anche attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie, collaborando alla sua semplificazione mediante la rilevazione dei flussi dei processi e la formazione e la tenuta dell'archivio informatizzato dei provvedimenti emessi, curando i rapporti con le parti e con il pubblico per i profili connessi a dette attività;
d) previsione che la composizione, il funzionamento e le modalità di coordinamento delle attività dell'ufficio per il processo siano definiti con provvedimenti assunti dal magistrato titolare dell'ufficio giudiziario, sentiti i presidenti di sezione o i procuratori aggiunti, e dal dirigente amministrativo, che, nell'ambito delle rispettive competenze, stabiliscono compiti, obiettivi e articolazioni della struttura, tenuto conto dei carichi dell'ufficio e delle disposizioni sull'organizzazione degli uffici giudiziari;
e) previsione dell'inserimento dei provvedimenti di cui alla lettera d) nelle tabelle di cui agli articoli 7-bis e 1-ter dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e della loro indicazione nel programma delle attività annuali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240;
f) attribuzione dei compiti di monitoraggio dell'attività e dei risultati dell'ufficio per il processo e dell'ufficio giudiziario al magistrato capo e al dirigente amministrativo, secondo le rispettive competenze, di cui alla lettera d), e ai sensi del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240;
g) previsione della possibilità di assegnare all'ufficio per il processo, allo scopo di svolgere le attività indicate nelle lettere b) e c), per un periodo massimo di un anno non rinnovabile, i praticanti avvocati, i tirocinanti delle scuole di specializzazione per le professioni legali e i dottorandi di ricerca in materie giuridiche, che abbiano svolto il primo anno rispettivamente di pratica forense, di tirocinio o di dottorato;
h) previsione della assegnazione di cui alla lettera g) mediante apposite convenzioni stipulate, nell'osservanza di modalità dirette a garantire l'imparzialità della scelta ed a privilegiare il merito degli aspiranti, per il periodo massimo di due anni, dal presidente della corte di appello e dal presidente del tribunale, sentiti i consigli giudiziari ed i presidenti di sezione, con il consiglio dell'ordine degli avvocati, con le scuole di specializzazione nelle professioni legali o con le università;
i) disciplina dell'accesso dei soggetti assegnati all'ufficio per il processo ai sensi della lettera g) ai fascicoli processuali, nonché della loro partecipazione alle udienze, prevedendo i casi nei quali tale accesso o partecipazione debbano essere esclusi;
l) attribuzione ai magistrati del controllo sull'attività svolta da coloro che sono assegnati all'ufficio per il processo ai sensi della lettera g) e disciplina delle modalità di autorizzazione al trattamento dei dati giudiziari ai sensi degli articoli 21 e 22 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché degli obblighi di riservatezza e di riserbo per quanto attiene ai dati, alle informazioni e alle conoscenze acquisite durante il periodo di collaborazione, nonché dell'obbligo del segreto per quanto conosciuto in ragione della loro attività, prevedendo l'obbligo di astensione dalla deposizione testimoniale per i fatti e le notizie appresi nello svolgimento dell'attività;
m) previsione, per coloro che sono assegnati all'ufficio per il processo ai sensi della lettera g), che l'ammissione al periodo di collaborazione presso l'ufficio giudiziario sospende, per tutta la sua durata, l'eventuale abilitazione al patrocinio, nonché del divieto, in ogni fase e grado del processo, di rappresentare o difendere le parti dei procedimenti svoltisi dinanzi al magistrato affidatario, o comunque in relazione ai quali hanno svolto attività preparatoria, o di assumere da costoro qualsiasi incarico professionale;
n) previsione, per coloro che sono assegnati all'ufficio per il processo ai sensi della lettera g) e che siano praticanti avvocati o tirocinanti delle scuole di specializzazione, che il periodo di collaborazione è riconosciuto, per il tempo effettivamente prestato, al fine del completamento della pratica ovvero del tirocinio.

3. I decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega di cui al presente articolo sono emanati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il parere è espresso entro un mese dalla data di trasmissione dei relativi schemi, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi contenuti nella presente legge. Decorso il predetto termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
4. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 3, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al presente articolo e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati nei medesimi articoli, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.
1. 5. Ferranti, Andrea Orlando, Samperi, Melis, Tenaglia, Rossomando, Capano, Ciriello, Cavallaro, Touadi, Cuperlo, Concia, Tidei, Picierno.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. - (Delega al Governo in materia di dotazione organica dell'amministrazione giudiziaria). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 2, uno o più decreti legislativi per la rideterminazione della dotazione organica e la programmazione delle assunzioni del personale dell'amministrazione giudiziaria.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere, in coerenza con le disposizioni della presente legge e al fine di dare compiuta attuazione agli interventi organizzativi ivi previsti, che le dotazioni organiche del personale dell'amministrazione giudiziaria del Ministero della giustizia siano rideterminate sulla base delle effettive esigenze di funzionalità dell'amministrazione giudiziaria stessa, tenendo conto dei principi che disciplinano l'ufficio del processo;

3. I decreti legislativi adottati nell'esercizio della delega di cui al presente articolo sono emanati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il parere è espresso entro un mese dalla data di trasmissione dei relativi schemi, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti ai princìpi e ai criteri direttivi contenuti nella presente legge. Decorso il predetto termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
4. Il Governo, con la procedura indicata nel comma 3, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al presente articolo e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati nei medesimi articoli, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.
1. 6. Ferranti, Andrea Orlando, Samperi, Melis, Tenaglia, Rossomando, Capano, Ciriello, Cavallaro, Touadi, Cuperlo, Concia, Tidei, Picierno.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. All'articolo 544 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le parole: «, omessa la analitica confutazione degli argomenti difformi»;
b) i commi 2, 3 e 3-bis sono abrogati.

2. All'articolo 545 del codice di procedura penale, il comma 3 è abrogato.
1. 04. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 3 dell'articolo 593 è sostituito dal seguente:
«3. Sono inappellabili le sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria anche se irrogata in sostituzione di pena detentiva»;
b). dopo l'articolo 601 è aggiunto il seguente:
«Art. 601-bis. - 1. Il Presidente della Corte di Appello se rileva una causa di inammissibilità della impugnazione o se sussistono i presupposti per il proscioglimento ai sensi dell'articolo 469, ovvero se la impugnazione deve essere convertita in altro tipo, assegna il procedimento ad apposita sezione. La apposita sezione procede con le formalità di cui all'articolo 610 del codice di procedura penale in udienza non partecipata».
1. 03. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. All'articolo 605 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Si applica il comma 1 dell'articolo 544»;
b) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
«1-bis. In caso di conferma della sentenza appellata o di difformità relativa alla quantificazione della pena all'applicazione o esclusione di circostanze attenuanti o aggravanti, applicazione di pene accessorie o di misure di sicurezza, il giudice può omettere la motivazione eccettuato il caso di reformatio in peius».
1. 08. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. All'articolo 606, comma 1, del codice di procedura penale le lettere c), d) ed e) sono abrogate;
2. Dopo l'articolo 606 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«Art. 606-bis. - (Ricorso inammissibile). - 1. Il ricorso è inammissibile:
a) quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa;
b) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.
2. L'inammissibilità è dichiarata con ordinanza non impugnabile».

3. All'articolo 615, comma 1, del codice di procedura penale, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Se la decisione applica o si uniforma a principi di diritto consolidati, questi vengono richiamati nella sentenza, omessa ogni motivazione. Questa è necessaria in caso di rilevante mutamento giurisprudenziale».
1. 09. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:
Art. 1-bis. - 1. Al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12, recante «Ordinamento giudiziario», l'articolo 210 è sostituito dal seguente:
«Art. 210. - (Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali). - I collocamenti fuori ruolo sono consentiti soltanto nei casi in cui i compiti e le funzioni di riferimento siano previsti dalla legge o da norme dell'Unione europea, da trattati internazionali, da altre norme primarie o dalle cosiddette "azioni comuni".
I collocamenti fuori ruolo non possono essere autorizzati prima del conseguimento della seconda valutazione di professionalità, ad eccezione degli incarichi presso gli organismi internazionali per i quali è sufficiente la prima valutazione di professionalità. I collocamenti fuori ruolo non possono protrarsi per un periodo superiore ai cinque anni, né è consentito superare detto limite nel caso di collocamenti fuori ruolo che si susseguano senza soluzione di continuità, con l'eccezione degli incarichi per i quali la legge stabilisca espressamente una durata minima superiore e delle cariche elettive, la cui durata non viene computata ai fini della determinazione del quinquennio. Trascorso il periodo di cinque anni, prima di essere autorizzato ad un nuovo collocamento fuori ruolo, il magistrato deve rimanere in ruolo per almeno cinque anni.
Le disposizioni relative ai limiti quinquennali di cui al comma precedente non si applicano, oltre che nei casi previsti dalla legge, per compiti e funzioni da svolgere:
a) presso la Presidenza della Repubblica;
b) presso la Corte Costituzionale, limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale ed agli assistenti di studio;
c) presso il Consiglio Superiore della Magistratura limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale;
d) presso organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e uffici consolari all'estero ovvero nell'ambito do programmi di assistenza o scambio con amministrazioni pubbliche di altri Stati o con organismi internazionali.

La durata complessiva del periodo fuori ruolo non può, comunque, superare il periodo massimo complessivo di dieci anni, nell'arco del servizio, con esclusione del periodo di aspettativa previsto dalla legge per l'assunzione di cariche elettive o di mandato al Consiglio Superiore della magistratura.
Il periodo trascorso fuori ruolo antecedentemente alla data del 31 luglio 2007 (data dell'entrata in vigore della legge 30 luglio 2007, n. 111) non è computato ai fini della determinazione della durata massima del periodo fuori ruolo consentito nell'arco della carriera.
Il Consiglio Superiore, decorsi diciotto mesi dall'adozione della presente circolare, provvederà a richiedere il ricollocamento in ruolo dei magistrati che, in epoca antecedente al 31 luglio 2007, hanno svolto, per un periodo superiore ai cinque anni, un incarico di fuori ruolo diverso da quelli indicati al comma precedente. Il termine è ridotto ad un anno per i magistrati che, in epoca antecedente al 31 luglio 2007, hanno svolto un incarico fuori ruolo, diverso da quelli indicati al comma precedente, per un periodo superiore ai dieci anni. I predetti termini costituiscono, inoltre, il limite entro il quale il Consiglio Superiore potrà autorizzare eventuali proroghe dell'incarico fuori ruolo, ovvero prosecuzioni dell'incarico fuori ruolo presso altra istituzione o ente o con diverse funzioni, in favore dei magistrati che abbiano già svolto un periodo di fuori ruolo superiore ai cinque anni.
I magistrati che, alla data di adozione della presente circolare, hanno svolto un incarico di fuori ruolo diverso da quelli indicati al quinto comma per un periodo superiore ai tre anni verranno richiamati in ruolo entro due anni dall'approvazione della presente circolare.
I magistrati che, alla data di adozione della presente circolare, hanno svolto un incarico di fuori ruolo per un periodo inferiore ai tre anni e i magistrati che verranno collocati fuori ruolo dopo l'adozione della presente circolare sono sottoposti alla disciplina di cui ai commi terzo e quinto.
Nel caso di richiesta di proroga dell'incarico fuori ruolo o di prosecuzione dell'incarico fuori ruolo presso altra istituzione o ente o con diverse funzioni, il magistrato richiedente è tenuto a presentare una relazione scritta sull'attività svolta che costituisce elemento di valutazione ai fini della decisione del Consiglio.
La competente Commissione del Consiglio comunica ai magistrati interessati ed alle istituzioni e gli enti presso i quali si svolge l'incarico la scadenza dei collocamenti fuori ruolo con almeno sei mesi di anticipo rispetto al termine entro il quale deve avvenire il rientro. Il magistrato interessato dovrà far pervenire al Consiglio le proprie indicazioni in ordine all'ufficio giudiziario al quale chiede di essere destinato.
Non può essere autorizzato il collocamento fuori ruolo di un magistrato che sia impegnato nella trattazione di procedimenti, processi o affari tali che il suo allontanamento possa nuocere al regolare funzionamento dell'ufficio, ovvero quando quest'ultimo presenti un indice di scopertura dell'organico superiore al 20 per cento.
Possono essere chiamati a svolgere funzioni diverse da quello giudiziarie ordinarie, con collocamento fuori del ruolo organico della magistratura, non più di centottantacinque magistrati, di merito o di legittimità, nonché di equiparati ai medesimi. In tal numero sono compresi i posti di cui alla pianta organica dei magistrati del Ministero della giustizia.
Dal numero dei centottantacinque magistrati collocabili fuori ruolo non si considerano:
a) gli incarichi elettivi, compreso quello di consigliere del CSM;
b) gli incarichi non elettivi, presso il CSM (ufficio studi e di segreteria) e gli incarichi presso la costituenda Scuola della magistratura; gli incarichi presso organismi internazionali o comunque all'estero.

Si applicano le seguenti norme procedimentali:
a) il magistrato può essere collocato fuori ruolo solamente se ha comunicato al CSM il suo assenso con atto scritto. L'assenso è revocabile, con la stessa forma, sino a che non sia avvenuta l'immissione in possesso nell'ufficio. In tale caso, il collocamento fuori ruolo si considera ad ogni effetto come mai avvenuto;
b) ogni richiesta di collocamento fuori ruolo, avanzata da un soggetto diverso dal Ministro della giustizia, qualora non sia stata comunicata a quest'ultimo dall'Amministrazione richiedente, deve essergli trasmessa dal CSM insieme alla documentazione rilevante, per le sue eventuali osservazioni;
c) il magistrato deve allegare all'atto di assenso la seguente documentazione dalla quale risultino:
1) caratteristiche, durata e luogo di svolgimento dell'attività;
2) compensi, indennità o remunerazioni previsti sotto qualsiasi forma o titolo;
3) eventuali procedimenti o processi da lui trattati o in corso di trattazione, nei quali sia stato o sia parte l'ente o il soggetto che ha formulato la richiesta;
4) incarichi extra-giudiziari da lui espletati nell'ultimo biennio;
5) certificazione della cancelleria relativa al lavoro svolto nell'ultimo biennio, comparato con quello svolto dagli altri magistrati addetti alla medesima sezione o ufficio;
6) parere del dirigente dell'ufficio, che deve comprendere l'indicazione motivata delle circostanze ostative di cui al comma undicesimo qualora sussistenti;
7) parere del Consiglio Giudiziario.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, con separata delibera adottata all'esito della consultazione degli enti richiedenti, determinerà i criteri numerici e di priorità per la valutazione delle richieste di collocamento fuori ruolo».
1. 01. Di Pietro, Palomba.

Dopo l'articolo 1, aggiungere i seguenti:
Art. 1-bis. - (Ufficio per il processo). - 1. Negli uffici giudiziari di ogni ordine e grado sono costituite strutture organizzative denominate «ufficio per il processo», mediante la riorganizzazione delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, con la finalità di rendere effettivi le garanzie e i diritti riconosciuti ai cittadini, nonché la ragionevole durata dei processi.
2. L'ufficio per il processo svolge tutti i compiti e le funzioni necessari ad assicurare la piena assistenza all'attività giurisdizionale ed è finalizzato all'innovazione e alla semplificazione delle attività svolte, anche attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie. Esso provvede altresì alla rilevazione dei flussi dei processi e cura i rapporti con le parti e con il pubblico, l'organizzazione dei flussi dei processi nonché la formazione e la tenuta dell'archivio informatizzato dei provvedimenti emessi.
3. Nell'ambito dell'organizzazione dell'ufficio per il processo sono istituite unità operative assegnate alle sezioni, ai singoli magistrati o ai gruppi di lavoro, compatibilmente con le risorse disponibili e dedotte quelle assolutamente indispensabili per lo svolgimento delle funzioni generali, con il compito di svolgere attività di ricerca dottrinale e dei precedenti giurisprudenziali, di prestare assistenza ai magistrati nell'organizzazione dell'attività processuale di udienze e di decisione, nonché di collaborare all'espletamento degli incombenti strumentali all'esercizio dell'attività giurisdizionale.

Art. 1-ter. - (Composizione dell'ufficio per il processo). - 1. La composizione, il funzionamento e le modalità di coordinamento delle attività dell'ufficio per il processo sono stabiliti, tenuto conto dei carichi dell'ufficio e delle disposizioni sull'organizzazione degli uffici giudiziari, con provvedimenti assunti dal magistrato titolare dell'ufficio giudiziario, sentiti i presidenti di sezione o i procuratori aggiunti, e dal dirigente amministrativo che, nell'ambito delle rispettive competenze, individuano compiti, obiettivi e articolazioni della struttura.
2. I provvedimenti assunti a norma del comma 1 sono inseriti nelle tabelle di cui agli articoli 7-bis e 7-ter dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e indicati nel programma delle attività annuali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240.
3. Il monitoraggio dell'attività e dei risultati dell'ufficio per il processo e dell'ufficio giudiziario cui appartiene è effettuato dal dirigente titolare dell'ufficio giudiziario, che a tale fine si avvale anche del servizio statistico.

Art. 1-quater. - (Tirocinio presso gli uffici giudiziari). - 1. I praticanti avvocati, i tirocinanti delle scuole di specializzazione per le professioni legali e i dottorandi di ricerca in materie giuridiche possono essere ammessi, dopo aver svolto il primo anno di pratica forense, di tirocinio e di dottorato, in forza di apposite convenzioni stipulate dal presidente della corte di appello e dal presidente del tribunale, sentiti i consigli giudiziari e i presidenti di sezione, con il consiglio dell'Ordine degli avvocati, con le scuole di specializzazione nelle professioni legali o con le università, ad espletare, per il periodo massimo di un anno, un'attività di collaborazione con i magistrati addetti alle sezioni penali e civili, del lavoro, delle corti di appello e dei tribunali.
2. Gli ammessi all'attività di collaborazione sono affidati a un magistrato dell'ufficio giudiziario di destinazione tranne che questi abbia espresso, con atto motivato, la propria indisponibilità.
3. Durante il periodo di collaborazione, gli ammessi, sotto la guida e il controllo del magistrato affidatario e la vigilanza e la disciplina del consiglio dell'Ordine degli avvocati, agiscono con diligenza, correttezza e lealtà. Essi sono autorizzati a trattare i dati giudiziari previsti dagli articoli 21 e 22 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono tenuti a rispettare gli obblighi di riservatezza e di riserbo verso chiunque per quanto attiene ai dati, alle informazioni e alle conoscenze acquisiti durante il periodo di collaborazione e sono tenuti a mantenere il segreto per quanto conosciuto in ragione della loro attività, con obbligo di astensione dalla deposizione testimoniale.
4. Gli ammessi hanno accesso ai soli fascicoli processuali loro specificamente sottoposti dal magistrato affidatario, partecipano alle udienze, tranne che nei casi in cui sia disposto lo svolgimento a porte chiuse a norma dell'articolo 128 del codice di procedura civile, incluse le udienze civili camerali di trattazione e istruttorie, con la sola esclusione della partecipazione alle camere di consiglio.
5. L'ammissione al periodo di collaborazione presso un ufficio giudiziario sospende, per tutta la sua durata, l'eventuale abilitazione al patrocinio, né gli ammessi possono, neppure nelle fasi successive della causa, rappresentare o difendere le parti dei procedimenti svoltisi davanti al magistrato affidatario o assumere da costoro qualsiasi incarico professionale.
6. Per i praticanti avvocati e per i tirocinanti delle scuole di specializzazione, il periodo di collaborazione è riconosciuto, per il tempo effettivamente prestato, al fine del completamento della pratica ovvero del tirocinio.
7. L'attività prestata non costituisce, in ogni caso, rapporto di lavoro e non comporta alcun onere per la finanza pubblica.
1. 02. Di Pietro, Palomba.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative normative per una moratoria degli affidamenti cosiddetti in house del servizio idrico integrato - 3-01549

MESSINA, FAVIA e PIFFARI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) - come successivamente modificato dall'articolo 15 del decreto-legge cosiddetto «Ronchi» (n. 135 del 2009), recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee» - ha realizzato una vera e propria riforma ordinamentale in materia di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, allo scopo di dare applicazione alla «disciplina comunitaria», come indicato in preambolo, ed in modo da renderlo applicabile anche al servizio idrico integrato, sostituendo le forme di gestione precedentemente previste dall'articolo 150 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (il citato codice ambientale, che a sua volta, per il servizio idrico integrato, rinvia all'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
l'estensione della nuova disciplina degli affidamenti anche al settore idrico integrato non è imposta da alcuna normativa comunitaria, dal momento che a tale settore non si applica né la direttiva 2004/18/CE sugli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, né la direttiva 2004/17/CE sulle procedure di appalto, tra l'altro, degli enti erogatori di acqua;
le due direttive comunitarie, infatti, si applicano ai soli casi in cui l'affidamento della gestione di un pubblico servizio avviene in forza di un appalto, laddove il modello di gestione idrica nazionale rappresenta sicuramente un'ipotesi di assentimento in concessione, dal momento che: la proprietà della rete idrica resta pubblica (si confronti l'articolo 15, comma 1-ter, del decreto-legge n. 135 del 2009); resta ferma anche la competenza del pubblico potere in materia di governo delle risorse idriche, «in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio» (si confronti il citato articolo 15, comma 1-ter); al privato viene affidata la sola gestione del servizio;
l'Italia è stata sì oggetto di infrazione comunitaria e condannata dalla Corte di giustizia, ma non perché la disciplina di cui all'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali contrastasse con la normativa comunitaria, ma in conseguenza del fatto - ben diverso - che gli enti locali, nell'affidare la gestione dei servizi pubblici, hanno manifestato la tendenza ad elaborare soluzioni «creative» quanto ai soggetti ai quali concedere l'affidamento, violando i severi limiti imposti certo non dalla normativa comunitaria, ma dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, formatasi soprattutto in tema di affidamento «in house»;
la disciplina attualmente vigente in materia di servizi pubblici locali prevede quali modalità ordinarie di affidamento della gestione: la gara, con procedure ad evidenza pubblica, e l'affidamento a società miste pubblico-private, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette «a doppio oggetto» (sulla qualità del socio e su specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio), con l'ulteriore condizione che il socio privato partecipi con non meno del 40 per cento;
è confermata, ma in posizione assolutamente «residuale», la possibilità di deroga dagli affidamenti ordinari per gli affidamenti cosiddetti «in house», purché conformi alle seguenti disposizioni:
a) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile per le situazioni particolarmente caratterizzate, tra l'altro, dall'essere situazioni «eccezionali»;
b) previsione per cui l'affidamento «in house» è possibile solo a favore di società totalmente partecipate dall'ente locale;
c) previsione per cui dette società devono avere i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione «in house»;
d) previsione per cui siano comunque rispettati i principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
è stato dettato, infine, il regime transitorio per gli affidamenti non compatibili con la nuova disciplina in materia di servizi pubblici locali: in particolare, per le gestioni «in house» che soddisfino i principi comunitari, la cessazione è stata fissata al 31 dicembre 2011, a meno che le amministrazioni non cedano almeno il 40 per cento del capitale a privati, attraverso gara pubblica;
il citato articolo 23-bis, insieme alle nuove norme introdotte dall'articolo 15 del decreto-legge «Ronchi» ribadiscono, tuttavia, il principio della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche: «Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato di cui all'articolo 23-bis del citato decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio»;
tale previsione conferma per via normativa la condizione peculiare del servizio idrico rispetto agli altri servizi pubblici locali, dovuta alla peculiarità del bene che ne è oggetto, l'acqua, bene pubblico per natura e preziosa risorsa per l'umanità intera;
sul bene acqua, sulla sua disponibilità, sull'accesso universale discute e si interroga il mondo, per questo archiviarne così rapidamente le modalità di gestione - la scadenza delle gestioni non conformi è fissata al dicembre 2011 - rischia di avere conseguenze fortemente negative, in particolare economico-finanziarie per le amministrazioni e per le collettività;
pur nella bontà dello spirito concorrenziale dei servizi pubblici locali, va segnalato che il nodo principale è quello di aver introdotto una disciplina univoca in una materia, i servizi pubblici locali appunto, che comporta notevoli specificità di settore, in cui le opportunità di introdurre spinte concorrenziali sono molto diverse;
si è ormai a ridosso della scadenza del periodo transitorio per la cessazione delle società «in house», pur conformi ai principi comunitari, e la loro trasformazione in società miste, in cui la presenza dei privati non sia inferiore al 40 per cento;
tale scadenza incide sui temi oggetto della consultazione referendaria cui i cittadini saranno chiamati il 12 ed il 13 giugno 2011 per pronunciarsi sui quesiti in materia di gestione del servizio idrico integrato -:
se il Governo non intenda adottare un'iniziativa normativa di moratoria per gli affidamenti «in house» del servizio idrico integrato, che ne posticipi alla fine del 2012 l'entrata in vigore al fine di consentire al popolo sovrano di esprimersi in materia senza creare dei fatti compiuti che in questo contesto sarebbero, a parere degli interroganti, antidemocratici.
(3-01549)

Misure per l'informatizzazione delle procedure relative ai servizi sanitari - 3-01550

REGUZZONI, LUSSANA, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
Il Sole 24 ore di martedì 15 febbraio 2011 riporta l'annuncio del presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, della nuova procedura di informatizzazione delle visite fiscali per malattia;
secondo quanto preannunciato, nel giro di un mese dovrebbe esser operativo un sistema on line, messo a punto dall'Inps, che consentirà al datore di lavoro di richiedere per via telematica la visita di controllo per il dipendente, quindi l'ente attiverà il medico più vicino e nel giro di poche ore il lavoratore malato o presunto tale riceverà la visita fiscale;
per il presidente dell'istituto l'immediatezza della visita consentirà di controllare anche le malattie di un solo giorno ed in tal modo «sarà più semplice scoprire eventuali frodi e ridurre gli oltre 2 miliardi di euro di spesa» che l'ente versa annualmente per le indennità di malattia;
è opinione condivisa che l'informatizzazione e la digitalizzazione delle procedure comporta uno snellimento burocratico e, quindi, un risparmio di oneri;
l'obiettivo 4 del piano e-gov 2012 del Governo prevede che entro il 2012 siano semplificati e digitalizzati i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione on line) e create le infrastrutture per un'erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini (fascicolo sanitario elettronico e innovazione delle aziende sanitarie), migliorando il rapporto costo-qualità dei servizi e limitando sprechi ed inefficienze;
secondo un progetto di Confindustria denominato «Progetto Ict nella sanità», l'informatizzazione di tutta la sanità - dalla telemedicina alla ricetta digitale, dai servizi clinici ed amministrativi di aziende sanitarie locali e ospedali, al fascicolo elettronico del singolo paziente - porterebbe ad un risparmio di oltre l'11 per cento della spesa sanitaria pubblica, per un valore di 12,6 miliardi di euro: la sola telemedicina farebbe risparmiare 7,3 miliardi di euro, altri 4 miliardi con la ricetta digitale ed il fascicolo sanitario elettronico;
sulla base di quanto pubblicato sempre su Il Sole 24 ore di martedì 15 febbraio 2011, il predetto progetto è al vaglio del Governo -:
a quale stato di attuazione sia l'obiettivo 4 del piano e-gov 2012, quale sia la valutazione del Governo sul progetto di Confindustria citato in premessa, se ritenga plausibile il risparmio di spesa quantificato nel progetto medesimo e, in caso di risposta affermativa, se non convenga sull'opportunità di far decollare quanto prima la cosiddetta sanità elettronica.
(3-01550)

Benefici derivanti dagli strumenti introdotti dal codice dell'amministrazione digitale - 3-01551

BALDELLI e PALMIERI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il 25 gennaio 2011 è entrato in vigore il nuovo codice dell'amministrazione digitale (cad), con il quale viene rinnovato il quadro normativo in materia di amministrazione digitale;
si tratta di un provvedimento orientato a modernizzare l'intero sistema pubblico attraverso l'introduzione di strumenti digitali idonei a semplificare il dialogo tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese;
la digitalizzazione consente, in sostanza, di conseguire l'auspicata «sburocratizzazione» della pubblica amministrazione, in quanto i tradizionali strumenti cartacei vengono sostituiti con mezzi più snelli, più rapidi e meno costosi, a vantaggio dei cittadini e delle imprese -:
quali saranno i benefici concreti che potranno ottenere i cittadini e le imprese dall'applicazione delle nuove misure introdotte dal codice dell'amministrazione digitale nell'ambito dei loro rapporti con la pubblica amministrazione.
(3-01551)

Iniziative in materia di etichettatura dei contenitori di olio di oliva - 3-01552

SARDELLI e RUVOLO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il comma 4-quater dell'articolo 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, prevede che negli esercizi pubblici, a garanzia dei consumatori, sia vietato l'utilizzo di contenitori di olio di oliva non etichettati conformemente alla normativa vigente;
sull'applicazione di tale norma vi sono state, in passato, interpretazioni e circolari addirittura contrapposte tra i Ministeri competenti delle politiche agricole, forestali e alimentari e dello sviluppo economico. Il risultato di tali interpretazioni contrapposte è stato che attualmente tutti si sentono abilitati a interpretare la norma come meglio credono, rendendo di fatto la stessa totalmente inutile;
la norma fu introdotta sia per maggiore garanzia dei consumatori, sia per valorizzare un uso cosciente e diffuso di un prodotto, l'olio di oliva, di cui il nostro Paese può essere giustamente orgoglioso;
in questa materia, com'è noto, è cresciuta enormemente tra gli esercenti la coscienza che un utilizzo di prodotti di qualità arricchisce la propria azienda e porta i clienti a una maggiore affezione al luogo, per cui tale disciplina ormai è diventata estremamente comune. Ciò non toglie che, in una situazione di estrema confusione determinata dallo stesso legislatore, vi possano essere comportamenti non corretti a tutto danno dei consumatori;
non va dimenticato, inoltre, che gli italiani sono tra i principali consumatori mondiali di olio di oliva, con circa 13-14 chili per persona all'anno, e che l'Italia, con circa 600.000 tonnellate in media, è il secondo produttore europeo di olio di oliva e dispone di 37 oli di oliva extravergini riconosciuti dall'Unione europea e di circa 250 milioni di piante di ulivo coltivate praticamente su tutto il territorio nazionale, anche se le regioni con maggiore produzione sono la Puglia e la Sicilia;
fare chiarezza su tale norma rappresenterebbe, di conseguenza, un vantaggio sia per i consumatori, essendo noti i benefici per la salute dell'olio di oliva extravergine, sia per i produttori, che si vedrebbero riconoscere un lavoro di qualità;
infine, ma non per ultimo, va ricordato che con l'applicazione di tale norma si darebbe un contributo importante alla conservazione del patrimonio ambientale rappresentato dagli ulivi nel nostro Paese -:
se non si ritenga necessario promuovere l'adozione di una circolare coordinata tra i due ministeri competenti al fine di dirimere la questione e affinché, oltre all'etichettatura conforme alla normativa vigente, nei pubblici esercizi siano utilizzate bustine o contenitori mignon monouso dotati di un sistema di chiusura che impedisca eventuali frodi nel commercio dell'olio d'oliva.
(3-01552)

Iniziative per favorire la concorrenza e la trasparenza nel mercato pubblicitario - 3-01553

DELLA VEDOVA e RAISI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 23 marzo 2011 il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato la valutazione delle dimensioni del sistema integrato delle comunicazioni (sic) relativa all'anno 2009;
come si evince dal documento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel 2009 il valore complessivo del sistema integrato delle comunicazioni (sic) si è attestato sui 23 miliardi di euro; con il 40,4 per cento (pari a circa 9,3 miliardi di euro), l'area radiotelevisiva rappresenta l'ambito con la maggiore incidenza sul totale delle risorse economiche, seguita dalla stampa quotidiana e periodica con il 28,5 per cento;
tra i soggetti operanti nei settori ricompresi nel sistema integrato delle comunicazioni (sic), le imprese che fanno riferimento al gruppo Fininvest (Mediaset e Arnoldo Mondadori editore) hanno raggiunto nel 2009 complessivamente il 13,34 per cento dei ricavi complessivi, seguite da Rai con l'11,80 e dal gruppo News corporation (costituito da Sky Italia e Fox) con l'11,58;
sulla base della valutazione dell'autorità indipendente, nessun operatore supera la soglia del 20 per cento dei ricavi complessivi, limite fissato dal comma 9 dell'articolo 43 del testo unico sulla radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177) per individuare eventuali posizioni dominanti nel settore delle comunicazioni, e neppure quella del 40 per cento dei singoli mercati rilevanti, come individuati dalla stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla base di quanto previsto dall'articolo 18 del codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259);
con delibera n. 367/10/Cons del 15 luglio 2010 (il cui procedimento è stato prorogato con la successiva delibera 473/10/Cons del 16 settembre 2010), l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha avviato una consultazione per l'individuazione dei mercati rilevanti nell'ambito del sistema integrato delle comunicazioni (sic); il procedimento si è concluso il 28 ottobre 2010 con l'individuazione di cinque mercati (cui è pertanto riconosciuta rilevanza ai fini della tutela del pluralismo) - televisione in chiaro, televisione a pagamento, radiofonia, editoria quotidiana, editoria periodica - e la contestuale esclusione di mercati quali la pubblicità e l'informazione via internet, nonostante i volumi dimensionali degli stessi, l'evidente influenza esercitata dal settore della pubblicità per la sopravvivenza dei mezzi d'informazione e la conservazione di un elevato grado di pluralismo dell'informazione, nonché le sollecitazioni per una loro inclusione da parte di importanti soggetti coinvolti nella consultazione (tra i quali, la Federazione italiana editori giornali);
ci sono nel settore della pubblicità imprese che, laddove la loro quota di mercato fosse valutata secondo i criteri che regolano il sistema integrato delle comunicazioni (sic), sarebbero oltre o molto vicine alla soglia della «posizione dominante»: il gruppo Wpp detiene, come desunto da uno studio effettuato dall'istituto di ricerca indipendente Recma, con riferimento all'anno 2009, una quota sul mercato dei centri media pari al 38 per cento; nell'ambito delle concessionarie il gruppo Fininvest - con Publitalia e Mondadori - ha raccolto nello stesso anno il 40,28 per cento della pubblicità;
la situazione sopra descritta rende il mercato pubblicitario particolarmente esposto al rischio di pratiche potenzialmente lesive della concorrenza e del pluralismo, come d'altronde indicano le denunce giacenti presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato; alcune fonti di stampa, peraltro, hanno recentemente ipotizzato che lo sfruttamento della sua posizione dominante avrebbe consentito negli ultimi esercizi al gruppo Fininvest, nonostante il calo degli ascolti patito dalle reti televisive del gruppo, un aumento della raccolta pubblicitaria (in termini assoluti e percentuali);
da tempo è sentita l'opportunità di una ricognizione effettiva della situazione concorrenziale sul mercato pubblicitario, come testimonia l'indagine conoscitiva avviata dalla stessa Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel luglio 2010 con la delibera n. 402/10/Cons, ed un ammodernamento del quadro normativo esistente in materia, sulla falsariga delle buone esperienze legislative adottate in altri Paesi europei (la «legge Sapin» in Francia), anche al fine di evitare che un assetto oligopolistico del mercato pubblicitario possa determinare un aumento dei prezzi per gli inserzionisti e i consumatori;
a parere degli interroganti, la decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di escludere il mercato pubblicitario dai cosiddetti «mercati rilevanti», inclusi nel sistema integrato delle comunicazioni (sic), suscita particolari perplessità sotto molteplici profili -:
cosa il Governo intenda fare, nell'ambito delle sue competenze, per favorire la concorrenzialità e la trasparenza nel mercato pubblicitario, al fine di contrastare pratiche opache e creare chiare condizioni paritetiche e concorrenziali di accesso al mercato pubblicitario, sia per gli operatori che per gli inserzionisti.
(3-01553)

Iniziative per una razionale distribuzione sul territorio nazionale degli immigrati provenienti dal Nord Africa a seguito della crisi in atto nei Paesi del Maghreb - 3-01554

PISICCHIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la drammatica crisi che travolge i Paesi del Maghreb e del vicino Medio Oriente sta generando un'emergenza umanitaria di proporzioni eccezionali;
l'esodo di massa dei profughi ha posto all'Europa mediterranea il grande problema dell'accoglienza, che fino ad oggi non ha trovato un'adeguata risposta da parte delle istituzioni comunitarie;
in particolare, il Meridione d'Italia sta sopportando, in piena solitudine e fuori da ogni prospettiva concreta di lenimento in tempi ragionevoli, l'impatto con una marea umana in cui disperazione, miseria, paura, fame ma anche intelligenza di organizzazioni criminose si mescolano, producendo un effetto esplosivo che si riversa su alcune aree del Sud;
dopo Lampedusa il secondo approdo dei profughi, per il numero cospicuo degli ospiti, sembra essere la Puglia, dove sono stati già collocate centinaia di persone nel centro di Manduria, in attesa di completare l'allestimento di una tendopoli per ospitarne tremila;
dalla tendopoli pugliese, peraltro, si sono già verificate fughe per almeno un centinaio di ospiti, generando allarme presso la popolazione residente;
la Puglia, così come altre regioni meridionali, ha mostrato in più di una occasione la sua grande sensibilità umanitaria attraverso numerosi e concreti gesti di disponibilità e di accoglienza nei confronti di migranti e profughi. Tuttavia, non appare né equo, né coerente con quanto dichiarato dal Ministro interrogato scaricare sulle spalle esclusive di alcune generose regioni l'onere di un'emergenza umanitaria, che ha bisogno della collaborazione e della responsabilizzazione dell'intero Paese e dell'intera Europa -:
quali urgenti interventi il Ministro interrogato intenda compiere per adempiere all'impegno che si era assunto di operare una razionale distribuzione sul territorio nazionale dei profughi, facendo sì che si allenti la pressione nelle realtà come la Puglia e la Sicilia che stanno sopportando il peso dell'emergenza umanitaria, garantendo in questo modo anche un'accoglienza più rispettosa della dignità degli immigrati.
(3-01554)

Iniziative per la definizione di un piano d'emergenza per la gestione degli immigrati, con particolare riferimento alla situazione dell'isola di Lampedusa e ai numerosi minori non accompagnati - 3-01555

BERSANI, LIVIA TURCO, DE TORRE, CAPODICASA, MARAN, AMICI, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, BRESSA, FIANO e MINNITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante la visita di una delegazione di parlamentari del gruppo del Partito Democratico, nonché di esponenti regionali, avvenuta lunedì 28 marzo 2011 a Lampedusa è stata evidenziata una situazione totalmente fuori controllo, emergendo una profonda discordanza con l'informativa tenuta dal Sottosegretario Mantovano;
attualmente, sull'isola di Lampedusa si trovano migliaia e migliaia di immigrati ammassati intorno al centro abitato e, in particolare, intorno all'area del porto in condizioni disumane e a rischio di epidemie, visto che possono avvalersi di soli tre bagni chimici, di un solo presidio medico con due medici e due infermieri, senza acqua per lavarsi e con razioni alimentari povere tali da destare scontento e tensione tra le persone;
il centro di identificazione ed espulsione risulta essere sovraffollato oltre misura con due soli punti di identificazione per migliaia di persone, da cui consegue un'oggettiva impossibilità di identificarne la maggior parte;
la situazione comporta oltretutto un grave danno economico per l'intera isola ed un senso di insicurezza e di abbandono che è stato denunciato da tutti i cittadini incontrati;
nonostante la situazione sia gravissima ed estrema, vi è stato e vi continua ad essere un grande impegno di tutti i lampedusani, che in prima persona soccorrono ed assistono insieme ai volontari e alla straordinaria azione della Chiesa le persone che arrivano, fornendo loro coperte, vestiti e cibo ed assicurando, tra le altre cose, che la situazione non degeneri con rivolte e atti d'intolleranza, sopperendo in tal modo alla totale assenza ed incapacità della macchina organizzativa dello Stato;
la scelta del Governo di trasformare il centro di Lampedusa in un centro di transito ed identificazione veloce mostra la sua inadeguatezza, di fronte al bisogno urgente di vedere accolti e trasferiti in altri siti più adatti i migranti che affluiscono sulle coste italiane;
a tutt'oggi, nonostante l'annunciata gravità della situazione, non emerge nessun preciso piano volto alla gestione del fenomeno e al decongestionamento dell'isola, che preveda il pieno coinvolgimento degli altri territori nazionali e delle loro amministrazioni regionali e locali;
si segnala, in particolare, la grave situazione di diverse centinaia di minori non accompagnati che, dalle prime notizie, sono arrivati e continuano ad arrivare sull'isola e che, secondo le convenzioni internazionali a cui l'Italia ha aderito, hanno diritto ad una totale presa in carico dello Stato ospitante fino alla maggiore età -:
quali siano le ragioni del ritardo nella definizione di un piano d'emergenza per la gestione dei profughi nel Paese, che a tutt'oggi grava esclusivamente sul limitato territorio di Lampedusa, con particolare riguardo alla condizione dei moltissimi minori non accompagnati, anche alla luce dell'annunciato accordo tra l'Italia e la Tunisia.
(3-01555)

Iniziative urgenti relative all'organizzazione dell'Expo 2015 a Milano - 3-01556

VOLONTÈ, MANTINI, PEZZOTTA, MARCAZZAN, GALLETTI, CICCANTI, COMPAGNON e NARO.- Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2008 veniva conferita alla città di Milano l'organizzazione dell'Esposizione universale del 2015, a scapito della città turca di Smirne;
a distanza di tre anni la realizzazione del progetto per l'Expo 2015 segna decisamente il passo e non risultano acquistati neanche i terreni su cui tenere l'evento;
si tratta di più di un milione di metri quadri di terreni incolti, di cui oltre la metà di proprietà della Fondazione Fiera di Milano, per un quarto del gruppo Cabassi e la restante parte in mano a Poste italiane e ai comuni di Milano e Rho;
oltre ai terreni, più volte è stata segnalata la mancanza di risorse necessarie per allestire il sito e per sostenere i costi dell'organizzazione;
il budget di spesa per l'organizzazione dell'evento si aggirerebbe intorno ai 1,7 miliardi di euro, di cui circa la metà a carico dello Stato, ma le maggiori difficoltà le stanno incontrando gli enti locali che non sembrano in grado di sostenere le spese previste;
nel corso del consiglio comunale di lunedì 28 marzo 2011 il sindaco di Milano, Moratti, ha ostentato tranquillità e fiducia: «Entreremo nella storia (...) e non ci sono ritardi né rebus irrisolvibili»;
nel corso di questi tre anni, tuttavia, si sono registrati inefficienze, continui cambi al vertice della società Expo 2015 e, soprattutto, la questione della disponibilità delle aree che alcuni mesi fa sembrava risolta, mentre oggi vi è ancora il rischio di rinviare i lavori sulle aree prescelte, compromettendo una tabella di marcia già molto compressa;
rispetto ai terreni la confusione regna sovrana, in quanto non si è ancora deciso che strada seguire tra il comodato d'uso, una società mista in cui i privati mettono i terreni e i soci pubblici i soldi, oppure l'acquisto semplice;
entro il 5 aprile 2011 è attesa la relazione dell'Agenzia del territorio che dovrà stimare il valore dei terreni e delle infrastrutture che li renderanno fruibili;
si teme che dietro ai ritardi vi sia anche una guerra di potere su come sfruttare i terreni una volta terminato l'evento;
intanto subirà un nuovo slittamento a giugno 2011 la prima gara da 90 milioni di euro per la pulizia dei terreni, per cui è presumibile che prima di ottobre 2011 le ruspe non entreranno in azione;
a complicare le cose è sorta anche la notizia di una probabile rinuncia alla realizzazione di un grande orto botanico, previsto dal masterplan iniziale e riapprovato nuovamente a Parigi a novembre 2010;
anche il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Roberto Castelli, ha lanciato un monito alle istituzioni lombarde, perché risolvano in via definitiva il nodo dei terreni su cui sorgerà l'Expo 2015 di Milano, dal momento che - ha detto - «non c'è più tempo da perdere»;
esistono fondati dubbi che la società Expo non sia in grado di onorare l'impegno preso a livello internazionale e con il Paese di riuscire nei tempi previsti ad organizzare l'evento -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che un evento che doveva rappresentare l'occasione per il rilancio dell'economia e dell'immagine dell'Italia si trasformi in un clamoroso fallimento.
(3-01556)