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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di giovedì 15 marzo 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 marzo 2012.

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bocci, Bongiorno, Boniver, Brugger, Bruno, Buonfiglio, Caparini, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Delfino, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Dussin, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leo, Leone, Lucà, Lupi, Lusetti, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Rigoni, Paolo Russo, Stefani, Strizzolo, Valducci, Vitali, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 14 marzo 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
SAVINO: «Disposizioni in favore delle famiglie dei minori affetti da patologie ematologiche pediatriche e neoplasie infantili» (5050);
PALAGIANO e ZAZZERA: «Istituzione di uffici di statistica presso le amministrazioni e gli enti che fruiscono di fondi a carico della finanza pubblica» (5051).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge MOSCA ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti l'indennità giornaliera durante il congedo di maternità e l'introduzione del congedo di paternità obbligatorio» (2618) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Garavini.

La proposta di legge BARBIERI ed altri: «Disposizioni per la conservazione, il restauro, il recupero e la valorizzazione di monumenti e per la celebrazione di eventi storici di rilevanza nazionale» (4071) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Gelmini.

Trasmissione dal Senato.

In data 14 marzo 2012 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 2515. - «Istituzione del registro nazionale e dei registri regionali degli impianti protesici mammari, obblighi informativi alle pazienti, nonché divieto di intervento di plastica mammaria alle persone minori» (approvato, con modificazioni, dalla 12a Commissione permanente del Senato, già approvato dalla XII Commissione permanente della Camera) (3703-B).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

VII Commissione (Cultura):
RAMPELLI ed altri: «Disposizioni per il recupero e la valorizzazione delle città e dei nuclei di fondazione in Italia» (4371) Parere delle Commissioni I, III, V, VIII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

VIII Commissione (Ambiente):
TOGNI e LANZARIN: «Modifiche al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 5 agosto 1947, n. 871, concernenti la sede dell'ente "Parco nazionale Gran Paradiso"» (4540) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), con lettera in data 7 marzo 2012, ha trasmesso un documento, approvato dall'assemblea del CNEL nella seduta svoltasi nella medesima data, recante osservazioni e proposte concernenti il Piano nazionale delle riforme per l'anno 2012.

Questo documento è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettere del 13 marzo 2012, ha trasmesso due note relative all'attuazione data agli ordini del giorno ANGELI ed altri n. 9/3209-bis-AR/3, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 9 giugno 2010 e, per la parte di propria competenza, FEDI ed altri n. 9/3209-bis-AR/4, accolto come raccomandazione dal Governo nella medesima seduta dell'Assemblea, concernenti il processo di informatizzazione dei servizi della pubblica amministrazione per i cittadini italiani residenti all'estero, ed all'ordine del giorno DI STANISLAO n. 9/4201/1, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 27 luglio 2011, riguardante il monitoraggio su eventuali coinvolgimenti delle imprese e dei centri di ricerca italiani nella messa in atto del piano sul nucleare del Sudafrica.

Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.

Trasmissione dal Garante del contribuente della regione Basilicata.

Il Garante del contribuente della regione Basilicata, con lettera in data 8 marzo 2012, ha trasmesso la relazione sullo stato dei rapporti tra fisco e contribuenti nel campo della politica fiscale riferita all'anno 2011, predisposta ai sensi dell'articolo 13, comma 13-bis, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni.

Questa documentazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

Nell'Allegato A al resoconto della seduta del 14 marzo 2012, a pagina 5, seconda colonna, ventesima riga, in luogo delle parole: «n. 84/2011» deve leggersi: «n. 92/2011».

DISEGNO DI LEGGE: S. 3111 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 25 GENNAIO 2012, N. 2, RECANTE MISURE STRAORDINARIE E URGENTI IN MATERIA AMBIENTALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4999-A)

A.C. 4999-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame stabilisce che «per garantire la complementare dotazione impiantistica ai processi di lavorazione effettuati negli impianti di cui al comma 1, è autorizzata la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti nelle aree di pertinenza dei predetti impianti, ovvero, in presenza di comprovati motivi di natura tecnica, in altre aree confinanti, acquisite dal commissario straordinario nominato ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1»;
tra queste aree ricadrebbero la cava dismessa in località «Castagnaro Ovest» nel comune di Pozzuoli, come sito per il conferimento del rifiuto CER 19.05.03, ovvero compost «fuori specifica» e una cava nel comune di Sant'Anastasia, in pieno Parco nazionale del Vesuvio;
l'area del Castagnaro è sottoposta alle norme di tutela di Protezione Integrale (P.I.), secondo il vigente piano territoriale paesistico. Gli interventi ammissibili sono esclusivamente quelli volti alla conservazione e al miglioramento del verde nel rispetto dei processi dinamico evolutivi e delle potenzialità della vegetazione della zona e interventi di risanamento e restauro ambientale con l'eliminazione finanche di cartelloni pubblicitari. È in ogni caso vietata la costruzione di strade rotabili e di qualsiasi tipo; sono vietati gli attraversamenti di elettrodotti o di altre infrastrutture aeree; è vietata l'utilizzazione delle cave esistenti nella zona;
in base al Piano Regolatore Generale (articolo 37 - Zone agricole speciali - Zona Et - Agricola a tutela) inoltre, sono ammessi esclusivamente interventi per favorire l'agriturismo in Campania, opere di miglioramento fondiario e opere agrarie per lo sviluppo delle produzioni in funzione delle caratteristiche vocazionali dei terreni. Il PRG pone un vincolo idrogeologico su tutta l'area della ex cava;
il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico dell'Autorità di Bacino Nord Occidentale, inoltre, classifica a rischio frana R4 e pericolosità P3 la parte alta dell'area della ex cava e a Rischio Frana R2 e Pericolosità P1 la parte mediana; individua incisioni di possibili crisi per la strada che la serve trattandosi di un ex alveo. L'area insiste sul tracciato del tunnel stradale realizzato per il Piano internodale di evacuazione di emergenza per il rischio vulcanico e bradisismico dei Campi Flegrei. Inoltre a valle dell'ex cava, a 200 metri, passa la condotta idrica che alimenta l'acquedotto della zona fino all'isola d'Ischia;
anche la cava nell'area di Sant'Anastasia ricade in zone vincolate e di tutela ambientale;
la realizzazione di discariche a ridosso di queste aree appare dunque in aperto contrasto con i vincoli previsti dalla legge; essa inoltre determinerebbe concreti rischi, oltre che per le maestranze impiegate, per l'incolumità dei cittadini che ivi risiedono, nonché per tutto il comprensorio abitativo circostante;
la scelta della specifica cava dismessa in località «Castagnaro Ovest» è stata effettuata sulla base dell'elenco delle cave individuate come chiuse o abbandonate ai sensi del Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE) pubblicato su B.U.R.C. n. 27 del 19 giugno 2006; da tale elenco si evince che quella del Castagnaro identificata con codice 63060-12 ricade sia in Area di Crisi (A.C. n.4) che in Area di Particolare Attenzione ambientale (APA n.1) per le quali lo stesso PRAE prescrive interventi di Ricomposizione Ambientale, riqualificazione ambientate e Riqualificazione Territoriale incompatibili con la realizzazione di una discarica fosse anche per solo rifiuto CER 19.05.03;
il mancato coinvolgimento delle comunità locali nella determinazione della scelta ha già provocato un clima di forte preoccupazione e allarme sociale, con la costituzione di comitati di protesta e conseguenti manifestazioni. Inoltre alcuni rappresentanti dei comitati per la loro azione di protesta sono stati oggetto di minacce e danni da parte di soggetti non individuati e che su questi eventi stanno indagando gli organi inquirenti;
da ricostruzioni giornalistiche e denunce di autorevoli esponenti delle istituzioni locali (ad esempio del Presidente della Commissione Ecomafie della Regione Campania), si evincono fondati allarmi sul possibile coinvolgimento della criminalità organizzata nella realizzazione di discariche e soprattutto delle opere accessorie necessarie,

impegna il Governo

a prendere ogni iniziativa, nel rispetto delle competenze previste dalla legge per il Commissario Straordinario per l'individuazione dei siti e la costruzione di impianti di discarica nella provincia di Napoli, affinché - nell'individuazione dei siti per la costruzione di impianti di discarica nella provincia di Napoli - venga stralciata dal Piano redatto la possibilità di realizzare discariche in aree vincolate e di tutela ambientale, e in particolare all'interno della cava dismessa in località «Castagnaro Ovest», nel comune di Pozzuoli, e in località Sant'Anastasia.
9/4999-A/1. Bossa, Iannuzzi, Murer, Cuomo, Sarubbi, Ciriello, Piccolo, Boffa, Bonavitacola, Picierno, Farina Coscioni.

La Camera
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame stabilisce che «per garantire la complementare dotazione impiantistica ai processi di lavorazione effettuati negli impianti di cui al comma 1, è autorizzata la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti nelle aree di pertinenza dei predetti impianti, ovvero, in presenza di comprovati motivi di natura tecnica, in altre aree confinanti, acquisite dal commissario straordinario nominato ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1»;
tra queste aree ricadrebbero la cava dismessa in località «Castagnaro Ovest» nel comune di Pozzuoli, come sito per il conferimento del rifiuto CER 19.05.03, ovvero compost «fuori specifica» e una cava nel comune di Sant'Anastasia, in pieno Parco nazionale del Vesuvio;
l'area del Castagnaro è sottoposta alle norme di tutela di Protezione Integrale (P.I.), secondo il vigente piano territoriale paesistico. Gli interventi ammissibili sono esclusivamente quelli volti alla conservazione e al miglioramento del verde nel rispetto dei processi dinamico evolutivi e delle potenzialità della vegetazione della zona e interventi di risanamento e restauro ambientale con l'eliminazione finanche di cartelloni pubblicitari. È in ogni caso vietata la costruzione di strade rotabili e di qualsiasi tipo; sono vietati gli attraversamenti di elettrodotti o di altre infrastrutture aeree; è vietata l'utilizzazione delle cave esistenti nella zona;
in base al Piano Regolatore Generale (articolo 37 - Zone agricole speciali - Zona Et - Agricola a tutela) inoltre, sono ammessi esclusivamente interventi per favorire l'agriturismo in Campania, opere di miglioramento fondiario e opere agrarie per lo sviluppo delle produzioni in funzione delle caratteristiche vocazionali dei terreni. Il PRG pone un vincolo idrogeologico su tutta l'area della ex cava;
il Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico dell'Autorità di Bacino Nord Occidentale, inoltre, classifica a rischio frana R4 e pericolosità P3 la parte alta dell'area della ex cava e a Rischio Frana R2 e Pericolosità P1 la parte mediana; individua incisioni di possibili crisi per la strada che la serve trattandosi di un ex alveo. L'area insiste sul tracciato del tunnel stradale realizzato per il Piano internodale di evacuazione di emergenza per il rischio vulcanico e bradisismico dei Campi Flegrei. Inoltre a valle dell'ex cava, a 200 metri, passa la condotta idrica che alimenta l'acquedotto della zona fino all'isola d'Ischia;
anche la cava nell'area di Sant'Anastasia ricade in zone vincolate e di tutela ambientale;
la realizzazione di discariche a ridosso di queste aree appare dunque in aperto contrasto con i vincoli previsti dalla legge; essa inoltre determinerebbe concreti rischi, oltre che per le maestranze impiegate, per l'incolumità dei cittadini che ivi risiedono, nonché per tutto il comprensorio abitativo circostante;
la scelta della specifica cava dismessa in località «Castagnaro Ovest» è stata effettuata sulla base dell'elenco delle cave individuate come chiuse o abbandonate ai sensi del Piano Regionale delle Attività Estrattive (PRAE) pubblicato su B.U.R.C. n. 27 del 19 giugno 2006; da tale elenco si evince che quella del Castagnaro identificata con codice 63060-12 ricade sia in Area di Crisi (A.C. n.4) che in Area di Particolare Attenzione ambientale (APA n.1) per le quali lo stesso PRAE prescrive interventi di Ricomposizione Ambientale, riqualificazione ambientate e Riqualificazione Territoriale incompatibili con la realizzazione di una discarica fosse anche per solo rifiuto CER 19.05.03;
il mancato coinvolgimento delle comunità locali nella determinazione della scelta ha già provocato un clima di forte preoccupazione e allarme sociale, con la costituzione di comitati di protesta e conseguenti manifestazioni. Inoltre alcuni rappresentanti dei comitati per la loro azione di protesta sono stati oggetto di minacce e danni da parte di soggetti non individuati e che su questi eventi stanno indagando gli organi inquirenti;
da ricostruzioni giornalistiche e denunce di autorevoli esponenti delle istituzioni locali (ad esempio del Presidente della Commissione Ecomafie della Regione Campania), si evincono fondati allarmi sul possibile coinvolgimento della criminalità organizzata nella realizzazione di discariche e soprattutto delle opere accessorie necessarie,

impegna il Governo

a prendere ogni iniziativa, nel rispetto delle competenze previste dalla legge per il Commissario Straordinario per l'individuazione dei siti e la costruzione di impianti di discarica nella provincia di Napoli, affinché - nell'individuazione dei siti per la costruzione di impianti di discarica nella provincia di Napoli - venga stralciata dal Piano redatto la possibilità di realizzare discariche in aree vincolate e di tutela ambientale.
9/4999-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Bossa, Iannuzzi, Murer, Cuomo, Sarubbi, Ciriello, Piccolo, Boffa, Bonavitacola, Picierno, Farina Coscioni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 20, contenente disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 in materia di rifiuti, sancisce una serie di principi ed afferma in particolare che: « La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali»; quanto alla trasparenza, si dà atto che con il provvedimento all'esame dell'Aula è stata affidata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la redazione di una relazione, da presentare annualmente alle Camere, recante l'indicazione dei dati relativi alla gestione dei rifiuti e la connessa dotazione impiantistica nelle varie aree del territorio nazionale e ai risultati ottenuti nel conseguimento degli obiettivi prescritti dalla normativa nazionale e comunitaria, nonché l'individuazione delle eventuali situazioni di criticità e delle misure atte a fronteggiarle;
la mancanza di una piena ed effettiva trasparenza sui dati concernenti la gestione del ciclo dei rifiuti è tra le cause delle situazioni di criticità che si verificano nel nostro Paese e del mancato conseguimento degli obiettivi prescritti dalla normativa nazionale e comunitaria;
occorre pertanto che la relazione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare contenga un quadro quanto più puntuale possibile della situazione regione per regione,

impegna il Governo

a fornire con la relazione annuale alle Camere:
per quanto riguarda i dati relativi alla gestione dei rifiuti, le seguenti indicazioni, relativamente ad ogni regione:
1) produzione di rifiuti solidi urbani (in tonnellate/anno);
2) produzione pro-capite di rifiuti solidi urbani (in Kg/abitante/anno);
per quanto riguarda la quantità totale di materia (in tonnellate anno) raccolta in maniera differenziata:
1) la percentuale di raccolta differenziata totale;
2) la percentuale di raccolta differenziata da secco;
3) la percentuale di raccolta differenziata da umido;
4) la quantità di secco convertita in materie prime seconde;
5) le quantità di umido convertita in compost;
6) le quantità di secco e di umido conferite in discarica;
7) la quantità di secco e di umido termovalorizzate; le quantità di secco e di umido smaltite in altri modi;
a fornire, per quanto riguarda le informazioni relative alla dotazione impiantistica nelle varie aree del territorio nazionale, le seguenti indicazione, relativamente ad ogni regione:
1) le piattaforme per il conferimento dei materiali raccolti in maniera differenziata;
2) gli impianti di selezione del multi materiale; gli impianti di recupero (CARTA: cartiere e aziende di commercio carta da macero; PLASTICA: aziende di produzione granuli, scaglie o prodotti in plastica, recuperatori di energia; VERDE: compostatori, pannellifici, lavorazione del legno; ORGANICO: compostatori; VETRO: vetrerie e aziende lavorazione sabbie di vetro; METALLI: fonderie e aziende di commercio materiali di recupero);
3) gli impianti di trattamento meccanico biologico; gli impianti di compostaggio; ogni ulteriore tipo di impiantistica atta al trattamento di rifiuti solidi urbani indifferenziati;
per i termovalorizzatori ed i gassificatori, le seguenti informazioni: ubicazione, proprietà, capacità presente o autorizzata (t/a); totale input impianto (t/a) diviso per provenienza; produttività energetica, quantità di scorie prodotte;
per le discariche, le seguenti informazioni: numero di discariche ubicazione, proprietà, autorizzazioni, numero e date dei controlli effettuati, capacità residua disponibile (t/a) quantità di materiale ricevuto (t/a);
rispetto al materiale ricevuto annualmente, le informazioni relativamente ai quantitativi di: indifferenziato (tal quale), FOS (frazione organica stabilizzata), incenerimento/gassificazione (scorie), CDR di bassa qualità, scarti da raccolta differenziata ed altro;
a rendere altresì noti, con la relazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le tariffe, divise per impianto, per tonnellata, di RSU trattata o conferita in discarica. In particolare si fa riferimento a quelle degli impianti di: trattamento meccanico biologico, compostaggio, selezione del multi materiale, incenerimento/gassificazione; nonché del conferimento in discarica. Sono rese altresì note le situazioni debitorie dei comuni della regione nei confronti delle aziende pubbliche e/o private che si occupano nel territorio di trattamento e/o di smaltimento dei RSU.
9/4999-A/2. Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il decreto in esame contiene una serie d'interventi urgenti in materia ambientale, affrontando importanti temi tra cui: la disciplina del trattamento dei rifiuti in Campania; il divieto di commercializzare sacchi non biodegradabili per l'asporto; l'esclusione dei materiali di riporto dall'applicazione della normativa sui rifiuti, al fine di sbloccare importanti opere pubbliche;
nel corso dell'esame in Commissione Ambiente, sono state soppresse numerose disposizioni aggiuntive in considerazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, che ha stabilito l'illegittimità delle disposizioni che appaiono estranee rispetto all'oggetto e alle finalità del testo originario del decreto-legge;
in particolare è stato soppresso l'articolo 1-bis introdotto durante l'esame del provvedimento al Senato, che prevedeva una serie di novelle agli articoli 183 e 185 del Codice ambientale che perseguono l'obiettivo di restringere l'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti al fine precipuo di agevolare lo svolgimento delle attività agricole ed il riutilizzo di materiali vegetali agricoli e forestali;
il suesposto articolo interviene inoltre sulla disciplina dei trasporti di rifiuti effettuati dagli imprenditori agricoli con una serie di disposizioni volte a semplificare gli adempimenti per tali operatori nonché le procedure per la gestione dei rifiuti, pur consentendone la tracciabilità, e facendo chiarezza sull'utilizzo degli effluenti zootecnici a fini energetici negli impianti di biogas,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo ad hoc volto ad introdurre le disposizioni previste dall'articolo 1-bis esposto in premessa e successivamente soppresso a seguito della sentenza della Corte costituzionale, a favore delle imprese agricole al fine di aumentare la produzione di energia da biogas e valorizzare le filiere agroalimentari presenti sul territorio, ostacolate dalla differenza di normative tra le varie regioni e da difformità interpretative sulla natura degli effluenti.
9/4999-A/3. Nastri.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame all'articolo 1, commi da 1 a 3, reca misure volte a fronteggiare la situazione di criticità nella gestione dei rifiuti nella regione Campania e misure che riguardano la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR o in altre aree confinanti, nonché il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche; la possibilità di aumentare la capacità ricettiva degli impianti di compostaggio nazionali;
la norma prevista al comma 1, in particolare, autorizza la realizzazione dei previsti impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti nelle aree di pertinenza degli impianti STIR - ovvero, in presenza di comprovati motivi di natura tecnica, in altre aree confinanti, ripropone, ampliandola, quanto disposto dalla normativa previgente, specificando, tuttavia, che la sua finalità è di garantire la complementare dotazione impiantistica ai processi di lavorazione effettuati negli stessi STIR;
in questo modo, sarà possibile consentire lo smaltimento tramite termovalorizzatore della parte secca dei rifiuti ottenuta mediante gli impianti di digestione anaerobica della frazione organica realizzati in prossimità degli STIR;
il suddetto intervento s'inquadra, fra le soluzioni in grado di alleggerire la situazione degli STIR campani che verrebbero così posti nelle condizioni di miglior operatività;
occorre inoltre consentire per le imprese del settore che svolgono un processo produttivo terminale negli stabilimenti di trattamento, trito vagliatura e imballaggio (STIR), per i rifiuti derivanti dal trattamento meccanico praticato presso gli impianti STIR della regione Campania, la possibilità di avviare a recupero o a smaltimento dei medesimi rifiuti, presso impianti idonei autorizzati e ubicati nel territorio nazionale fino e non oltre il 31 dicembre 2012 anche senza l'accordo interregionale di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1 al fine di velocizzare e snellire gli interventi di smaltimento fuori dalla suddetta regione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere per le imprese del settore, che svolgono un processo a termine negli stabilimenti di trattamento, trito vagliatura e imballaggio (STIR), affinché i rifiuti derivanti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani praticato presso gli impianti STIR della regione Campania siano avviati a recupero o a smaltimento presso impianti idonei autorizzati e ubicati nel territorio nazionale fino e non oltre il 31 dicembre 2012 anche senza l'accordo interregionale di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, fermo restando quanto previsto dagli articoli 179 e 182, commi 1 e 2, del decreto-legislativo 3 aprile 2006, n. 152, circa i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti in considerazione del permanere di una situazione di criticità del sistema di recupero e smaltimento finale dei rifiuti della regione Campania e della necessità di completare le attività previste dal decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1.
9/4999-A/4. Di Cagno Abbrescia.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, in più punti, interviene sulla disciplina contenuta nel «codice» delle norme in materia ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006. Alcune delle modifiche introdotte si caratterizzano per un insufficiente coordinamento con le preesistenti fonti normative ed altre intervengono creando evidenti contraddizioni con la disciplina attuale. Considerato che il provvedimento afferisce alla materia ambientale, assegnata dall'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, alla competenza esclusiva dello Stato, ed evidenziato che il «governo del territorio» è riconducibile alla competenza concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, l'inserimento del comma 2-bis dell'articolo 1, relativo alla gestione dei rifiuti in Campania che modifica l'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1 rischia di creare incertezze nella gestione dei rifiuti della regione, oltre che palesarsi in contraddizione con la predetta competenza concorrente tra Stato e regioni definita ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di interpretare la norma inserita, durante l'esame alla Camera dei deputati, nel senso di escludere dalla sua applicazione gli accordi già presi ai sensi del medesimo comma 7 e promossi dal Governo nell'ambito della conferenza stato regioni con il fine specifico di non rendere inefficaci gli accordi già sottoscritti.
9/4999-A/5. De Girolamo, Nunzio Francesco Testa, Di Caterina, Formichella, Libè, Paolo Russo, Cesaro, Petrenga, D'Anna, Aniello Formisano, Carfagna.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 2-bis, del decreto-legge in esame prevede che all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, le parole: «il Governo promuove, nell'ambito di una seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, appositamente convocata anche in via d'urgenza, su richiesta della regione, un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre regioni» siano sostituite dalle seguenti: «lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata»;
per effetto del citato articolo 1, comma 2-bis, la nuova formulazione dell'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, verrà ad essere la seguente: «Fino alla completa realizzazione degli impianti necessari per la chiusura del ciclo integrato di gestione dei rifiuti nella regione Campania previsti dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, così come modificato dal presente decreto, ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata. L'attuazione del presente comma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
nella misura in cui impone la necessaria intesa tra la Regione Campania e la singola regione interessata ai fini dello smaltimento di rifiuti in altre regioni, l'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, si riferisce testualmente ai soli rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania;
tra i rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania per il cui smaltimento in altre regioni è necessaria la previa intesa tra la Regione Campania e la singola regione interessata, non rientrano i rifiuti provenienti dagli stabilimenti di trattamento, tritovagliatura e imballaggio (STIR) della Regione Campania, i quali sono da classificare come speciali ai sensi dell'articolo 184, comma 3, lettera g), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

impegna il Governo

ad adottare le misure di indirizzo e di natura interpretativa ed applicativa per chiarire che la previa intesa tra la Regione Campania e la singola regione interessata di cui al riformando articolo 1, comma 7, del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 gennaio 2011, n. 1, risulta necessaria ai fini dello smaltimento extraregionale dei soli rifiuti urbani.
9/4999-A/6. Paolo Russo, Nunzio Francesco Testa, Barani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, «Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente», del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, modifica il divieto originale di commercializzazione dei sacchi in plastica non biodegradabile, facendo riferimento alla norma UNI EN 13432:2002, che di fatto proibisce l'utilizzo della plastica tesa biodegradabile con additivi.
la norma prevede che il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello Sviluppo economico adottino entro il 31 dicembre 2012 un decreto interministeriale non regolamentare" al fine di regolamentare eventuali ulteriori caratteristiche tecniche e potrà anche prevedere forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti,

impegna il Governo

a valutare altre normative tecniche quali la UNI EN 17556:03, AS TMD 6954-04, BS 8472:2011, UAE 5009:2009, XP T 54 980, o equivalenti, imponendo i livelli ed i tempi di biodegradazione come richiesto dall'ISPRA (ad esempio 70 per cento di biodegradazione in due anni), considerato che la norma UNI EN 13432:2002 costituisce un test per la sola compostabilità, non per la biodegradabilità, e porterebbe ad avere sul mercato esclusivamente sacchi da asporto merci di derivazione amidacea, escludente di fatto i sacchi resi biodegradabili mediante additivi verdi, i quali non necessitano di risorse alimentari per la loro produzione e si biodegradano nell'ambiente in un tempo fino a cinque volte minore rispetto alla ed bioplastica.
9/4999-A/7.Toto, Di Biagio, Proietti Cosimi, Tommaso Foti, Ghiglia.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, «Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente», del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, modifica il divieto originale di commercializzazione dei sacchi in plastica non biodegradabile, facendo riferimento alla norma UNI EN 13432:2002, che di fatto proibisce l'utilizzo della plastica tesa biodegradabile con additivi.
la norma prevede che il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello Sviluppo economico adottino entro il 31 dicembre 2012 un decreto interministeriale non regolamentare" al fine di regolamentare eventuali ulteriori caratteristiche tecniche e potrà anche prevedere forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti,

impegna il Governo

a valutare altre normative tecniche quali la UNI EN 17556:03, AS TMD 6954-04, BS 8472:2011, UAE 5009:2009, XP T 54 980, o equivalenti, imponendo i livelli ed i tempi di biodegradazione come richiesto dall'ISPRA.
9/4999-A/7.(Testo modificato nel corso della seduta)Toto, Di Biagio, Proietti Cosimi, Tommaso Foti, Ghiglia.

La Camera,
premesso che:
in Italia si continuano a produrre, ogni anno, 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, il cui quantitativo è raddoppiato negli ultimi venti anni senza che venisse registrato un apprezzabile aumento della popolazione nello stesso periodo;
i soli imballaggi rappresentano ormai quasi il 50 per cento del totale dei rifiuti;
una grande quantità di rifiuti è costituita da prodotti che potrebbero tranquillamente essere riusati o, quantomeno, recuperati e immessi nell'industria del reimpiego;
il legislatore deve prendere atto di una situazione e individuare strumenti normativi che agevolino la filiera del recupero e del reimpiego, stimolando l'adozione di comportamenti più rispettosi dell'ambiente;
la soluzione che andrebbe approfondita è di una grande semplicità e viene praticata in moltissimi Paesi europei: l'introduzione di una cauzione sugli imballaggi e sui contenitori a rendere. L'attribuzione di un valore economico a quello che altrimenti diventerebbe un rifiuto ne favorisce grandemente la restituzione, consentendo di recuperare a costi piuttosto ridotti oltre il 90 per cento del materiale, ben al di là di ogni più rosea previsione per la normale raccolta differenziata;
il contenitore a rendere è un sistema che prevede una cauzione versata al momento dell'acquisto di una bevanda in contenitore. Tale cauzione è restituita nel momento in cui il contenitore viene riconsegnato al venditore in modo che possa essere riutilizzato più volte senza diventare rifiuto. Il deposito cauzionale sul contenitore a rendere è il mezzo più efficace per il ritiro dei contenitori e per il ritorno al loro produttore, com'è dimostrato dagli ottimi risultati raggiunti nei Paesi europei che hanno adottato questa pratica. Allo stesso tempo è un'efficiente misura per prevenire l'abbandono nell'ambiente dei rifiuti;
l'introduzione di una normativa che incentivi l'uso dei contenitori a rendere presenta alcuni importanti vantaggi: 1) il contenitore non diventa rifiuto, quindi non grava sui costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti e riduce l'esigenza di individuare nuove discariche o di realizzare inceneritori; 2) consente di risparmiare le materie prime necessarie per produrre altri contenitori 3) la sterilizzazione dei contenitori a rendere richiede circa sessanta volte meno energia rispetto alla produzione di nuovi contenitori; 4) stimola un più corretto comportamento del consumatore che sarà più facilmente portato a restituire il contenitore;
va sottolineato che attraverso l'utilizzazione delle nuove tecnologie (codici a barre e lettori ottici) la realizzazione del sistema di recupero dei prodotti può avvenire con costi relativamente bassi e con ottimi risultati dal punto di vista organizzativo e della funzionalità.

impegna il Governo

ad approfondire la tematica riferita alla possibilità della introduzione della cauzione per i contenitori a rendere, sulla base delle migliori pratiche europee per ottenere una consistente riduzione di rifiuti, avviando una approfondita analisi su costi e benefici di tale ipotesi che potrebbe gradualmente essere introdotta nel nostro Paese.
9/4999-A/8.Vannucci, Zucchi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, al fine della risoluzione di una serie di problematiche, di carattere emergenziale, rappresentate dal tema dei rifiuti in Campania, al fine di determinarne il rientro nella gestione ordinaria con il contributo di quanto positivamente ha concorso in precedenza il Governo Berlusconi, nonché dall'introduzione di norme che armonizzano esigenze di migliore tutela ambientale e di semplificazione burocratica;
nel corso dell'esame in Commissione Ambiente, sono state soppresse numerose disposizioni aggiuntive in considerazione della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che ha stabilito l'illegittimità delle disposizioni che appaiono estranee rispetto all'oggetto e alle finalità del testo originario del decreto-legge;
in particolare è stato soppresso l'articolo 3-sexies, inserito durante l'esame del provvedimento al Senato, che prevede affinché il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) pubblichi sul proprio sito istituzionale l'andamento effettivo dei flussi di riassegnazione di somme riguardanti politiche ambientali, con un aggiornamento almeno trimestrale, in tutti i casi in cui la normativa vigente prevede la riassegnazione di fondi a capitoli dello stato di previsione del MATTM o a Fondi istituiti con legge funzionali all'attuazione di politiche ambientali da parte dello stesso MATTM;
la suesposta disposizione evidenzia inoltre che, entro il 30 giugno di ciascun anno, il Ministro dell'ambiente è tenuto a presentare al Parlamento una relazione illustrativa su tale andamento che quantifica i fondi effettivamente riassegnati;
risulta importante monitorare la dinamica dei flussi per le riassegnazioni di stanziamenti a favore delle politiche ambientali, in considerazione del livello permanente di esigenze e di necessità che richiede il nostro Paese, al fine di migliorare le politiche per l'adattamento ai cambiamenti climatici, allo scopo di destinare le risorse necessarie per la messa in sicurezza del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel breve periodo un intervento legislativo ad hoc, volto ad introdurre quanto disposto dall'articolo 3-sexies, riportato in premessa, e successivamente soppresso a seguito di quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012.
9/4999-A/9.Faenzi, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il processo di bonifica dei siti industriali industriali ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e del decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, anche a causa della presenza di numerosi rifiuti derivanti dalle attività che vi si svolgono, è fondamentale anche per il rilancio di aree nelle quali continuano ad insistere attività economiche e processi industriali molto importanti;
spesso la indeterminatezza dei tempi su caratterizzazione e bonifica scoraggia l'insediamento o l'ampliamento di impianti produttivi,

impegna il Governo

impegna il Governo reperire nel prossimo biennio le risorse necessarie per le bonifiche dei siti di Priolo e Gela in Sicilia e Valbasento in provincia di Matera.
9/4999-A/10.Burtone.

La Camera,
premesso che:
il processo di bonifica dei siti industriali industriali ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e del decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468, anche a causa della presenza di numerosi rifiuti derivanti dalle attività che vi si svolgono, è fondamentale anche per il rilancio di aree nelle quali continuano ad insistere attività economiche e processi industriali molto importanti;
spesso la indeterminatezza dei tempi su caratterizzazione e bonifica scoraggia l'insediamento o l'ampliamento di impianti produttivi,

impegna il Governo

compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, a reperire nel prossimo biennio le risorse necessarie per le bonifiche dei siti di Priolo e Gela in Sicilia e Valbasento in provincia di Matera.
9/4999-A/10.(Testo modificato nel corso della seduta)Burtone.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento si ricollega a quanto disposto dall'articolo 49 del cosiddetto decreto liberalizzazioni secondo cui l'utilizzo delle tetre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti chiarendo la configurazione delle matrici materiali di riporto, la disciplina applicabile in materia e le condizioni per una loro configurazione come sottoprodotto;
in merito all'argomento in oggetto esiste un ventaglio di competenze di Dicasteri diversi, a cui si aggiunge una disciplina normativa variegata che richiama - tra l'altro - disposizioni contenute in un decreto-legge non ancora convertito in legge oltre che un decreto ministeriale non ancora emanato;
la suindicata complessità in termini di competenze nonché di richiami normativi rischia di generare incertezza circa le dinamiche di individuazione delle disposizioni concretamente applicabili oltre che limitare le possibilità di confronto e di dialogo con le Associazioni di categoria e le realtà, operative nei settori direttamente coinvolti che non hanno un interlocutore istituzionale unico,

impegna il Governo

a strutturare con adeguate iniziative, anche di carattere normativo, una cabina di regia tra Ministeri - aventi competenza in materia - al fine di procedere alla definizione di una disciplina unica in materia di identificazione ed utilizzo della categoria di sottoprodotto per la sua utilizzazione oltre che valorizzazione in termini di produzione energetica, e che serva da riferimento unico per le Associazioni di categoria e le realtà interessate ed operative nei settori direttamente coinvolti.
9/4999-A/11.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento si ricollega a quanto disposto dall'articolo 49 del cosiddetto decreto liberalizzazioni secondo cui l'utilizzo delle tetre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti chiarendo la configurazione delle matrici materiali di riporto, la disciplina applicabile in materia e le condizioni per una loro configurazione come sottoprodotto;
in merito all'argomento in oggetto esiste un ventaglio di competenze di Dicasteri diversi, a cui si aggiunge una disciplina normativa variegata che richiama - tra l'altro - disposizioni contenute in un decreto-legge non ancora convertito in legge oltre che un decreto ministeriale non ancora emanato;
la suindicata complessità in termini di competenze nonché di richiami normativi rischia di generare incertezza circa le dinamiche di individuazione delle disposizioni concretamente applicabili oltre che limitare le possibilità di confronto e di dialogo con le Associazioni di categoria e le realtà, operative nei settori direttamente coinvolti che non hanno un interlocutore istituzionale unico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di procedere alla definizione di una disciplina organica in materia di identificazione ed utilizzo della categoria di sottoprodotto per la sua utilizzazione oltre che valorizzazione in termini di produzione energetica, e che serva da riferimento unico per le Associazioni di categoria e le realtà interessate ed operative nei settori direttamente coinvolti.
9/4999-A/11.(Testo modificato nel corso della seduta)Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie di disposizioni, riconducibili complessivamente a tre tematiche: la disciplina del trattamento dei rifiuti in Campania; il divieto di commercializzare sacchi non biodegradabili per l'asporto; l'esclusione dei materiali di riporto dall'applicazione della normativa sui rifiuti al fine di sbloccare importanti opere pubbliche;
nel corso dell'esame in Commissione Ambiente, sono state soppresse numerose disposizioni aggiuntive a seguito della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che ha stabilito l'illegittimità delle disposizioni che appaiono estranee rispetto all'oggetto e alle finalità del testo originario del decreto-legge; in particolare è stato soppresso l'articolo 1-ter che esclude le attività di trattamento tramite compostaggio aerobico o digestione anaerobica dei rifiuti urbani organici biodegradabili dal regime autorizzatorio previsto dal Codice dell'ambiente per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, prevedendo che la realizzazione e l'esercizio di tali impianti siano soggetti a denuncia di inizio attività;
l'introduzione delle norme previste dal suesposto articolo avrebbe costituito importanti e positivi effetti di semplificazione delle procedure autorizzative per i piccoli impianti di compostaggio, migliorandone la competitività per le imprese del settore,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo ad hoc volto ad introdurre le disposizioni previste dall'articolo 1-ter esposto in premessa e soppresso nel corso dell'esame in sede referente, al fine di semplificare le procedure autorizzative a sostegno dei piccoli impianti di compostaggio, i cui effetti semplificheranno l'attività per numerose piccole e medie imprese del settore interessato.
9/4999-A/12.Garagnani, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie di disposizioni, riconducibili complessivamente a tre tematiche: la disciplina del trattamento dei rifiuti in Campania; il divieto di commercializzare sacchi non biodegradabili per l'asporto; l'esclusione dei materiali di riporto dall'applicazione della normativa sui rifiuti al fine di sbloccare importanti opere pubbliche;
nel corso dell'esame in Commissione Ambiente, sono state soppresse numerose disposizioni aggiuntive a seguito della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che ha stabilito l'illegittimità delle disposizioni che appaiono estranee rispetto all'oggetto e alle finalità del testo originario del decreto-legge; in particolare è stato soppresso l'articolo 1-ter che esclude le attività di trattamento tramite compostaggio aerobico o digestione anaerobica dei rifiuti urbani organici biodegradabili dal regime autorizzatorio previsto dal Codice dell'ambiente per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, prevedendo che la realizzazione e l'esercizio di tali impianti siano soggetti a denuncia di inizio attività;
l'introduzione delle norme previste dal suesposto articolo avrebbe costituito importanti e positivi effetti di semplificazione delle procedure autorizzative per i piccoli impianti di compostaggio, migliorandone la competitività per le imprese del settore,

impegna il Governo

ad assumere iniziative anche normative volte ad introdurre le disposizioni previste dall'articolo 1-ter esposto in premessa e soppresso nel corso dell'esame in sede referente, al fine di semplificare le procedure autorizzative a sostegno dei piccoli impianti di compostaggio, i cui effetti semplificheranno l'attività per numerose piccole e medie imprese del settore interessato.
9/4999-A/12.(Testo modificato nel corso della seduta)Garagnani, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame interviene, con misure straordinarie e urgenti, in materia ambientale;
durante l'iter di conversione in legge del provvedimento, iniziato al Senato, sono stati approvati emendamenti e articoli aggiuntivi che integravano notevolmente il testo e che poi sono stati oggetto di soppressione, alla Camera, durante l'esame in sede referente presso la Commissione Ambiente;
uno di questi articoli aggiuntivi, l'1-bis, recava disposizioni in tema di rifiuti di attività agricole e di materiali vegetali, agricoli e forestali, tutte misure importanti e necessarie per il settore agricolo che sta vivendo una dose di grave difficoltà;
la lettera a) del comma 2 novellava il comma 9 dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 205 del 2010 al fine di prevedere a regime (e non, come previsto dal testo vigente, in via transitoria fino al 2 luglio 2012) l'esclusione dal SISTRI per gli imprenditori agricoli che producono e trasportino ad una piattaforma di conferimento, oppure conferiscono ad un circuito organizzato di raccolta, i propri rifiuti pericolosi in modo occasionale e saltuario;
inoltre, le successive lettere b) e c), provvedevano a triplicare (elevandola a 300 chilogrammi o litri) la soglia annua per poter considerare i citati trasporti e conferimenti come occasionali e saltuari. La lettera d), invece, stabiliva che i trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli professionali verso i circuiti organizzati di raccolta e le piattaforme di conferimento non sono considerati svolti a titolo professionale e pertanto esonerava gli stessi imprenditori dall'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori provvedimenti volti a rivedere la normativa riguardante il SISTRI per il settore agricolo, con lo scopo di escludere gli imprenditori agricoli da eccessivi costi e adempimenti amministrativi.
9/4999-A/13.Brugger, Zeller, Nicco, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n, 296, come modificato dall'articolo 23, comma 21-novies, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, introduceva il divieto di commercializzazione di sacchi in plastica per l'asporto merci che non fossero risultati biodegradabili;
l'articolo 2 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, proroga questo divieto, ma lo modifica:
a) limitando la commercializzazione a sacchi per l'asporto delle merci, conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati;
b) escludendo dal divieto i sacchi in plastica di spossate superiore, rispettivamente, ai 200 micron per i sacchi per l'asporto destinati all'uso alimentare e 100 micron per i sacchi per l'asporto destinati agli altri usi;
la norma armonizzata UNI EN 13432:2002 (Requisiti per imballaggi recuperabili mediarne compostaggio e biodegradazione - Schema di prova e criteri di valutazione per l'accettazione finale degli imballaggi) fa riferimento alla compostabilità ma va ricordato che compostabilità e biodegradabilità non sono la stessa cosa;
la biodegradazione comincia con razione di decomposizione, propria delle sostanze organiche, per mezzo dei microrganismi presenti in natura atti a quest'attività in qualsiasi condizione tale sostanza si venga a trovare. L'arco temporale della biodegradazione è strettamente connesso a fattori quali temperatura, umidità, ossigenazione, concentrazione di microrganismi, che la sostanza Incontra nel suo iter di biodegradazione;
la compostabilità, invece, si attiva attraverso un processo biologico controllato dall'uomo, che porta alla produzione di una miscela di sostanze umide, il compost appunto. Questo costituisce il risultato di residui vegetali, sia verdi che legnosi, o anche animali mediante l'azione di batteri e funghi;
in questo senso le aziende che operano nel settore, che conta più di 5mila dipendenti, pur condannando l'ingiustificata e strumentale campagna di demonizzazione del sacco in plastica a cui si
assiste da mesi, hanno riconosciuto il principio che vi sia un evidente vantaggio per l'ambiente nell'utilizzo di sacchi in plastica biodegradabile e, pertanto, concordano sull'opportunità di una proroga del divieto di commercializzazione dei sacchi in plastica non biodegradabile;
le stesse associazioni, però, hanno fatto notare che le modifiche introdotte nel decreto-legge 25 gennaio 2012, n. 2, rischiano di essere peggiorative favorendo lo la cosiddetta bioplastica compostabile di derivazione amidacea e che con tale decisione non si sarebbe tenuto conto dei seguenti fattori:
a) un eccesso di sacchi realizzati con la cosiddetta bioplastica compostabile risulterebbe nocivo all'ambiente (emissione di metano e rilascio di percolato in discarica, perdita di energia in termovalorizzazione; proliferazione di insetti e roditori, eccetera);
b) non corrisponderebbe al vero che la cosiddetta bioplastica compostabile non si accumula nell'ambiente;
c) non sarebbe vero che la cosiddetta bioplastica compostabile di derivazione amidacea sarebbe sostenibile poiché la sfida dei prossimi 50 anni sarà quella di recuperare risorse alimentari per tutti gli abitanti del pianeta, non quella di utilizzare risorse alimentari per produrre sacchetti della spesa;
d) non sarebbe corrispondente al vero che la plastica compostabile non consuma risorse fossili, e comunque l'esaurimento del giacimenti fossili è un problema energetico: non una goccia di petrolio in più, rispetto a quello che serve per la trazione ed il riscaldamento, viene estratta per farne la plastica (la nafta è un sottoprodotto della raffinazione);
e) non sarebbe vero che le direttive comunitarie impongano l'utilizzo della cosiddetta bioplastica compostabile per i sacchi da asporto delle merci, meno che mai l'obbligatorietà di una norma volontaria come la UNI EN 1342:2002.
con l'approvazione dell'articolo 2 del decreto in oggetto, inoltre si escludono dal mercato gli additivi efficaci che rendono la plastica convenzionale, non tenendo conto, sempre secondo le aziende del settore che:
a) gli additivi non sono un imbroglio, al contrario rendono la plastica veramente biodegradabile, non solo frantumabile;
b) gli additivi efficaci sono «verdi» e al 90 per cento di origine rinnovabile e naturale: non sono tossici e non contengono metalli pesanti;
c) gli additivi efficaci - non la bioplastica compostabile - sono la migliore soluzione al problema dell'abbandono dei rifiuti plastici nell'ambiente: la biodegradabilità è una proprietà desiderabile almeno quanto la compostabilità;
d) la plastica resa biodegradabile dagli additivi efficaci è riciclabile al 100 per cento e si biodegrada completamente nell'ambiente dopo due anni dalla sua produzione. Invece, la bioplastica compostabile in primo luogo non è riciclabile ed in secondo luogo si biodegrada nell'ambiente dopo circa 10 anni;
e) anche se non superano la norma UNI EN 13432:2002, gli additivi efficaci non interferiscono con il compostaggio, anzi contribuiscono positivamente alla qualità del compost;
f) non è vero che non esistono norme per verificare l'efficacia degli additivi. Esiste una specifica norma inglese: la BS8472 e anche in sede UNI è stata presentata una norma che andrebbe discussa e approvata.
g) gli additivi efficaci possono essere utilizzati da tutti i trasformatori, anche quelli che non possono affrontare gli investimenti necessari alla lavorazione della cosiddetta bioplastica compostabile.
non va dimenticato infine che se fosse imposto l'utilizzo di sacchi realizzati nella cosiddetta bioplastica si avrebbe come immediata conseguenza la chiusura di centinaia di piccole e medie aziende distribuite su tutto il territorio e la perdita di oltre 5.000 posti di lavoro;
in questo momento, seguendo criteri di assoluta imparzialità, non si può non tenere conto di tutti i numerosi e complessi aspetti sollevati dai divieto, coniugando le esigenze della tutela dell'ambiente a quelle dello sviluppo economico del Paese, tenuta in debita considerazione anche la gravissima congiuntura economica ed occupazionale,

impegna il Governo

1) a verificare la possibilità, stante le considerazioni sopra esposte e vista l'esplicita menzione nel decreto-legge 25 gennaio 2012 di un decreto successivo da adottare entro il 31 dicembre 2012, che fissi definitivamente le caratteristiche tecniche dei sacchi, di avviare un completo processo di consultazioni prima di ulteriori decisioni che dovrebbero essere rimandate a detto decreto successivo;
2) a verificare in tale confronto la possibilità che tutte le aziende del settore possano contribuire allo sviluppo della green economy in Italia, fissando criteri che determinino l'utilizzo della cosiddetta bioplastica compostabile per le applicazioni che implicano il compostaggio come destinazione finale e la plastica resa biodegradabile mediante l'utilizzo di additivi efficaci per le applicazioni che non implicano necessariamente ti compostaggio come destinazione finale.
9/4999-A/14.Scilipoti, Gianni, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 prevede la creazione di una rete di impianti di trattamento e gestione del rifiuti urbani nella Campania e relativa proroga di un anno e ampliamento delle funzioni dei commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti;
la Commissione Europea ha avviato una procedura d'infrazione relativa all'emergenza rifiuti 2007-2008, che condanna l'Italia per non aver realizzato una rate di impianti adeguati a garantire lo smaltimento senza mettere in pericolo la salute e l'ambiente,

impegna il Governo

a concludere nel più breve tempo possibile l'emergenza rifiuti della Campania e a ristabilire le procedure di gestione ordinaria.
9/4999-A/15.Cavallotto, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Meroni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 1 autorizza la realizzazione di impianti di digestione anaerobica nelle aree di pertinenza degli STIR (Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti - ex impianti CDR) o in aree confinanti acquisite dal Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento dei rifiuti e alleggerire la situazione degli STIR campani,

impegna il Governo

a vigilare sull'autosufficienza della Regione Campania in ordine agli STIR (Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti - ex impianti CDR).
9/4999-A/16.Fabi, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, prevede l'acquisizione di ulteriori aree da parte del Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento dei rifiuti nella Regione Campania,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché la stessa Regione Campania oppure gli enti locali possano, mediante il proprio gestore del servizio rifiuti, acquistare loro le nuove aree e gestire in regime ordinario i nuovi Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti.
9/4999-A/17.Allasia, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, prevede l'acquisizione di ulteriori aree da parte del Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento del rifiuti nella Regione Campania,

impegna il Governo

a vigilate che nell'individuazione delle nuove aree per la realizzazione dei nuovi Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti, siano osservate le norme per la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
9/4999-A/18.Bitonci, Meroni, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, prevede l'acquisizione di ulteriori aree da parte del Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento dei rifiuti nella Regione Campania,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché nell'individuazione delle aree per realizzare i nuovi Stabilimenti di Tritovagliatura ed Imballaggio Rifiuti siano effettuate analisi preventive da parte dell'ISPRA o dell'ARPA Campania per la caratterizzazione fisica, chimica ed eco-tossicologica delle predette aree.
9/4999-A/19.Bonino, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, prevede l'acquisizione di ulteriori aree da parte del Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento dei rifiuti nella Regione Campania;
da notizie di stampa si apprende che i rifiuti trattati presso gli STIR (Stabilimenti di Tritovagliatura ed imballaggio Rifiuti) della Regione Campania sono inviati sia all'estero, sia agli impianti di smaltimento di altre Regioni;
eventuali trattamenti meccanici effettuati negli STIR non modificano la natura e la classificazione dei rifiuto per quanto concerne l'origine urbana del medesima,

impegna il Governo

a chiarire, anche con un'apposita circolare, che i rifiuti giacenti o stoccati presso gli STIR (provenienti dalla raccolta urbana) sono a tutti gli effetti rifiuti urbani e la rimozione e lo smaltimento degli stessi devono essere effettuati secondo la normativa vigente in materia di rifiuti urbani.
9/4999-A/20.Comaroli, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 1-bis dell'articolo 6-ter del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, come novellato dall'articolo 1 del provvedimento in esame, prevede l'acquisizione di ulteriori aree da parte del Commissario straordinario, per garantire l'impiantistica complementare al trattamento dei rifiuti nella Regione Campania;
da notizie di stampa si apprende che i rifiuti trattati presso gli STIR (Stabilimenti di Tritovagliatura ed imballaggio Rifiuti) della Regione Campania sono inviati sia all'estero, sia agli impianti di smaltimento di altre Regioni;
eventuali trattamenti meccanici effettuati negli STIR non modificano la natura e la classificazione dei rifiuto per quanto concerne l'origine urbana del medesima,

impegna il Governo

a chiarire, le condizioni alle quali i rifiuti giacenti o stoccati presso gli STIR (provenienti dalla raccolta urbana) sono da considerarsi rifiuti urbani.
9/4999-A/20.(Testo modificato nel corso della seduta)Comaroli, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 1 proroga da 12 a 24 mesi il mandato dei commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti, attribuendo a loro ulteriori poteri in tema di espropri e in deroga agli strumenti urbanistici, alle norme di carattere ambientale, e alle norme in materia di appalti (similmente ai poteri che erano attribuiti al Commissario Bertolaso),

impegna il Governo

a valutare opportunamente le norme richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sospendere immediatamente le gestioni commissariali, e ad applicare nel contempo le norme, già previste da precedenti decreti-legge e purtroppo rimaste inattuate, che prevedono penalizzazioni in forma di scioglimento dei consigli comunali o di mancato trasferimento di risorse dello Stato, per tutte quelle amministrazioni che mettono in crisi il proprio territorio, danneggiando la salute dei cittadini e l'economia dell'intero Paese.
9/4999-A/21.Martini, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 2, lettera a), dell'articolo 1, proroga da 12 a 24 mesi il mandato del commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti,

impegna il Governo

a non adottare più le procedure della decretazione d'urgenza per prorogare ulteriormente il mandato dei Commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti della Regione Campania.
9/4999-A/22.Togni, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 2, lettera a), dell'articolo 1, proroga da 12 a 24 mesi il mandato dei commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti;
i finanziamenti delle strutture commissariali hanno costituito una voce importante dei capitoli di spesa per l'emergenza rifiuti della Campania;
l'alimentazione dell'emergenza è servita in passato proprio a far funzionare le strutture commissariali,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché possa essere effettuato il passaggio delle funzioni dai Commissari straordinari allo stesso Presidente della Regione Campania che deve intervenire in conformità al modello già adottato dalla Protezione civile nei casi in cui si verifica uno stato di emergenza nel territorio regionale.
9/4999-A/23.Dussin, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Togni, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 2, lettera a), dell'articolo 1, proroga da 12 a 24 mesi il mandato dei commissari straordinari per la realizzazione delle discariche e degli impianti;
negli appalti relativi alla realizzazione degli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti campani sono state individuate infiltrazioni della criminalità organizzata,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per limitare l'utilizzo della trattativa privata per l'affidamento degli appalti connessi alla realizzazione degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani della Campania.
9/4999-A/24.Montagnoli, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-bis, nell'ambito delle misure per la realizzazione dei termovalorizzatori estende gli incentivi CIP6 all'impianto di recupero e smaltimento rifiuti del Comune di Giugliano, trasferendo gli incentivi già riconosciuti in passato per il termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa;
gli incentivi CIP6 sono stati prorogati anche per i termovalorizzatori di Acerra e di Salerno;
l'onere di tali incentivi ricade sul contribuenti provocando un incremento delle tariffe elettriche sul territorio nazionale;

impegna il Governo

nell'ambito dalla definizione delle condizioni e delle modalità della concessione degli Sentivi CIP6 al termovalorizzatori e gli impianti campani ad assicurare la limitazione di tali incentivi nelle quote massime che permettono di evitare qualsiasi aumento degli oneri a carico delle tariffe elettriche.
9/4999-A/25.Lanzarin, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la lettera c) del comma 2 dell'articolo 1 prevede che la procedura per il rilascio dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) per la realizzazione degli impianti contemplati dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge 196 del 2010 (vale a dire discariche e impianti di trattamento odi smaltimento dei rifiuti nella regione Campania) debba essere coordinata nell'ambito del procedimento di VIA (valutazione dell'impatto ambientale) e il provvedimento finale sostituisca anche l'autorizzazione integrata;
in realtà, le discariche della Campania sono realizzate (anche nelle cave abbandonate o dismesse) in deroga alle disposizioni relative alla valutazione di impatto ambientale (VIA) attraverso la convocazione della conferenza di servizi, che è tenuta a rilasciare il proprio parere entro e non oltre quindici giorni dalla convocazione e, qualora il parere reso dalla conferenza di servizi non intervenga nei termini previsti, interviene il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, che si esprime in ordine al rilascio della VIA entro i sette giorni successivi;
pertanto la disposizione di cui alla lettera c) che ripropone ima condizione già in essere (perché di norma si emette sempre un provvedimento integrato) ha lo scopo di effettuare anche l'AIA nel medesimo regime derogatorio e speciale;

impegna il Governo

a valutare attentamente gli effetti, anche sul piano ambientale, che potrebbero derivare dalla norma richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere il ritorno alle procedure normali per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) degli impianti, invece della procedura abbreviata, e solo in tal caso prevedere un procedimento unificato con l'Autorizzazione integrata, ambientale (AIA).
9/4999-A/26.Bragantini, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il comma 5 dell'articolo 1-bis, modifica la disposizione del comma 6-bis dell'articolo 10 del decreto-legge n. 195 del 2009, al fine di eliminare il riferimento al comune di Villa Literno o ad altri possibili siti alternativi, per realizzare ulteriori impianti di recupero e smaltimento rifiuti per la produzione di energia nella regione Campania mediante l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a salvaguardia della salute della popolazione e dell'ambiente, prevedendo la realizzazione dell'impianto di recupero e smaltimento dei rifiuti nel territorio del comune di Giugliano, conformemente alla pianificazione regionale;
relativamente all'impianto che dovrà sorgere a Giugliano si ricorda che, come ricordato nel nuovo Piano regionale dei rifiuti recentemente approvato dalla Regione Campania, tale impianto dovrà servire principalmente per lo smaltimento definitivo dei rifiuti stoccati (le c.d. ecoballe) soprattutto nell'area di Taverna del Re;
nel nuovo Piano regionale dei rifiuti viene evidenziata «la necessiti che la Ragione Campania, o un Commissario all'uopo nominato dal Presidente della Regione, predisponga in tempi brevissimi un Piano stralcio che, oltre a tutte le azioni necessarie a chiarire gli aspetti giuridico-amministrativi relativi alla definizione della «proprietà» di tali rifiuti, avvii anche un avviso per manifestazione di interesse alla realizzazione di un impianto di trattamento termico per lo smaltimento definitivo dell'intero ammontare di tali rifiuti. Le aziende eventualmente interessate dovranno indicare anche i dati analitici sui rifiuti da trattare che ritengono indispensabili per poter garantire un trattamento efficiente, che garantisca allo stesso tempo la sicurezza dei cittadini e la tutela dell'ambiente circostante»;

impegna il Governo

a valutare attentamente gli effetti che potrebbero derivare dalla norma richiamata in premessa, anche al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a stabilire che l'impianto di recupero e smaltimenti dei rifiuti nel territorio del Comune di Giugliano sia un termovalorizzatore e non una ulteriore discarica di rifiuti urbani tritovagliati.
9/4999-A/27.Buonanno, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
in Commissione VIII, con emendamenti del relatore, sono stati cancellati quasi tutti gli articoli aggiunti dal Senato, alla luce dell'intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2012 sul legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione;
l'articolo 3-bis, come inserito dal Senato e successivamente soppresso dalla Commissione VIII, recava modifiche agli articoli 183 e 195 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di gestione del compost;
l'articolo 195, comma 2, lettera e) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, affida alle competenze dello Stato la determinazione dei «limiti di accettabilità e delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche di talune sostanze contenute nei rifiuti in relazione a specifiche utilizzazioni degli stessi»;
il recupero dei rifiuti è tra gli obbiettivi prioritari della normativa europea e nazionale in particolare è fondamentale il recupero della frazione organica con produzione di compost di qualità liberamente utilizzabile in agricoltura;
il compost o ammendante compostato è un fertilizzante le cui caratteristiche sono definite nel decreto legislativo n. 75 del 2010 «Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti», proveniente soprattutto dalla frazione organica dei rifiuti, ma i relativi decreti sui limiti di accettabilità, ai sensi del citato articolo 195, non sono stati ancora emanati da parte del Governo;
in assenza degli appositi decreti ministeriali, si tende ad applicare, sulla base di un'erronea interpretazione della giurisprudenza maturata negli ultimi tempi, i limiti previsti dalla colonna A della tabella 1, allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 relativa alle bonifiche, in un ambito che non è proprio ad un prodotto destinato all'ammendamento dei suoli agricoli;
ciò impedisce l'utilizzo in agricoltura del compost, con alcune importanti conseguenze:
1) gli impianti di compostaggio dovrebbero avviare a smaltimento ingenti volumi di compost sprecando così una risorsa e avendo poi la necessità di individuare idonei siti di collocazione del compost (discarica? Inceneritore?) con un conseguente aggravio dei costi di gestione che si ripercuoterebbero sulla collettività;
2) perderebbe di qualsiasi significato la raccolta differenziata e la separazione secco/umido, e ciò in aperto contrasto con la politica europea, recepita a livello nazionale, che mira a raggiungere elevati obiettivi di raccolta differenziata, per il conseguimento dei quali il recupero della frazione organica dei rifiuti costituisce un passo indispensabile;
3) il settore agricolo sarebbe privato di un importante meno tecnico. È infatti ormai assodato che il compost prodotto a partire da matrici selezionate aumenta il contenuto di sostanza organica del terreno agrario e ne migliora significativamente le caratteristiche chimico-fisiche;
4) il rischio, in ultima analisi, è quello di vanificare investimenti e risorse impiegate nello sviluppo e nel consolidamento di un nuovo settore economico e di una mentalità che sempre più va diffondendosi veramente rispettosa e interessata alla salvaguardia dell'ambiente;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per riproporre in un prossimo provvedimento legislativo le disposizioni soppresse, affinché, fino all'emanazione dei decreti ministeriali di cui al comma 2, lettera c), dell'articolo 195 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che dovranno nel dettaglio regolamentate i limiti di accettabilità e le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche del compost, le Regioni possano definire proprie norme tecniche e regolamentari, per non bloccare la raccolte differenziate, facendo altresì salvi gli effetti delle disposizioni regolamentari e tecniche e dei relativi adeguamenti già adottati dalle regioni e le province autonome, in materia.
9/4999-A/28.Callegari, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Servodio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
in Commissione VIII, con emendamenti del relatore, sono stati cancellati quasi tutti gli articoli aggiunti dal Senato, alla luce dell'intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2032 sul legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione;
la lettera d) del comma 2 dell'articolo 1-bis, come introdotto dal Senato, e successivamente soppresso dalla Commissione ambiente, aveva lo scopo di stabilire che i trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli professionali (definiti dall'articolo 1 dei decreto legislativo n. 99 del 2004) verso i circuiti organizzati di raccolta e le piattaforme di conferimento non sono considerati svolti a titolo professionale, e di conseguenza, ad esonerare gli stessi imprenditori dall'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, istituito dall'articolo 212 del Decreto legislativo n. 152 del 2006;
l'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, ha previsto l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio, dell'Albo nazionale gestori ambientali. L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione del rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi;
il comma 8 della predetta norma dispone, tra l'altro, che una particolare categoria di i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi, in modo saltuario e in quantità ridotte, non sono soggetti alle disposizioni applicative dell'albo, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni;
una particolare categoria di produttori di rifiuti speciali sono gli agricoltori i quali, nello svolgere le loro attività agrarie, nella maggioranza dei casi provvedono anche a raccogliere e trasportare i propri rifiuti dall'azienda agricola a determinati centri di raccolta curati da organismi allo scopo proposti, come gli enti gestori del servizio rifiuti, i consorzi degli agricoltori o i comuni;
occorre valutare la possibilità di eliminare l'obbligo di iscrizione alla sezione speciale dell'Albo per le imprese agricole che svolgono attività di raccolta o di trasporto di rifiuti da loro stesse prodotti, a titolo non professionale, vale a dire in maniera non ordinaria e non regolare,

impegna il Governo

ad adottare le opportune Iniziative per riproporre in un prossimo provvedimento legislativo le disposizioni soppresse, affinché, sia eliminato l'obbligo di iscrizione all'albo nazionale gestori ambientali da parte dei piccoli agricoltori, sulla base di quanto esposto in premessa.
9/4999-A/29.Rainieri, Caparini, Gidoni, Consiglio, Servodio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
in VIII Commissione, con emendamenti del relatore, sono stati cancellati quasi tutti gli articoli aggiunti dal Senato, alla luce dell'intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2012 sul legame essenziale tra decretazione d'urgenza è potere di conversione;
il comma 1 dell'articolo 1-bis introduce la lettera ff-bis) al comma 1 dell'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante la definizione di «digestato da non rifiuto», inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti di cui all'articolo 184-bis che sia utilizzabile come ammendante ai sensi della normativa vigente in materia. L'articolo propone inoltre una serie di agevolazioni per l'utilizzo del digestato al di fuori della normativa sui rifiuti;
li digestato è un prodotto che deriva dai trattamenti anaerobici della biomassa proveniente dalla raccolta differenziata del rifiuti urbani, nonché di tutti quei materiali definiti dall'articolo 112 comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, in particolare degli affluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e da piccole aziende agroalimentari;
nell'articolo 183 comma 1, lettera ff) del decreto legislativo n. 152 del 2006 si definisce «digestato di qualità», il prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
pressando il digestato di base, contenente circa il 70 per cento di acqua, si ottiene compost e digestato liquido, quest'ultimo costituito da sostanza secca per l'11 per cento;
in tali circostanze, considerando che il digestato liquido è di fatto un elemento costitutivo del digestato ottenuto dal processo enaerobico, dal quale si ottiene anche il compost, appare logico e consequenziale che esso possa essere utilizzato per le stesse finalità cui è sottoposto il compost e quindi per fini agronomici;
a conferma di tale assunto vengono incontro i dati di caratterizzazione risultanti dalle prove di laboratorio cui per legge devono essere sottoposti i suddetti prodotti prima di poter essere utilizzati per i fini del caso;
sembra che alcune province non abbiano del tutto chiari gli elementi sopra descritti in materia di ottenimento e di possibilità di utilizzo del digestato liquido e ciò mette in difficoltà gli operatori interessati che ai riguardo chiedono maggiori certezze per poter lavorare in sicurezza e con maggiori tutele amministrative,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per riproporre in un prossimo provvedimento legislativo le disposizioni soppresse, affinché si possa chiarire che il digestato liquido derivante dal trattamenti anaerobici della biomassa proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, nonché delle sostanze di cui all'articolo 112 comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, in particolare degli effluenti di allevamento, dello acque di vegetazione del frantoi oleari, nonché delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), del medesimo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni e da piccole aziende agroalimentari, anche quando in miscela con biomasse agricole di origine vegetale, può essere utilizzato per fini agronomici.
9/4999-A/30.Negro, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Servodio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
in Commissione VIII, con emendamenti del relatore, sono stati cancellati quasi tutti gli articoli aggiunti dal Senato, alla luce dell'intervenuta pronuncia della Corte costituzionale n. 22 del 2012 sul legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione;
le modifiche al decreto legge inserite al Senato, e successivamente soppressa, riproponevano, tra l'altro, per intero, la proposta di legge presentata dal gruppo Lega Nord Padania, AC 4240, già approvata dall'Assemblea della Camera, che riguardava questioni fondamentali in materia ambientale;
in particolare venivano risolte alcune difficoltà sul procedimento autorizzatorio della miscelazione dei rifiuti speciali e sulla miscelazione degli oli minerali, emerse a seguito della modifica delle norme comunitarie sul recupero dei rifiuti e la conseguente modifica della normativa nazionale del codice dell'ambiente;
inoltre, si chiariva che dovevano essere considerati prodotti e non rifiuti anche gli sfalci e le potature provenienti dal verde pubblico e privato, qualora siano utilizzati per la produzione di energia, come già previsto per il verde agricolo. La norma andava a favore dei comuni ai fino dello smaltimento degli scarti di verde dei giardini e delle ville, da destinare ai biodigestori, e aveva ripercussioni positive sulle tasche dei cittadini, specialmente in considerazione del difficoltoso periodo economico che attraversano le nostre amministrazioni comunali a seguito dei tagli delle entrate e degli obblighi del patto di stabilità;
un ulteriore disposizione agevolava la raccolta di oggetti usati da parte delle associazioni di volontariato, per destinarli al riutilizzo, con una semplice convenzione con il comune, non onerosa, in analogia a quanto già permesso oggi solo per la raccolta degli Indumenti usati da associazioni come la Caritas. In assenza di un'apposita norma, oggi, è richiesta, invece, l'iscrizione all'Albo dei gestori dei rifiuti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per accelerare, per quanto di propria competenza, la definitiva approvazione della proposta di legge richiamata in premessa.
9/4999-A/31.Alessandri, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo e dispone l'assimilazione al suolo dei materiali di riporto nelle colmate storiche e la relativa esclusione dall'applicazione della normativa sui rifiuti sotto determinate condizioni;
la norma ha lo scopo di accelerare il processo di infrastrutturazione del Paese e il particolare la realizzazione dell'EXPO Milano 2015;
in particolare l'articolo 3 reca una norma di interpretazione autentica volta a ricomprendere nella definizione di «suolo» i materiali di riporto al fine di escluderli, alle condizioni indicate nella norma, dall'applicazione della normativa sui rifiuti, ferma restando comunque la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati e la caratterizzazione comunque del suolo ai fini del riutilizzo;
a seguito delle modifiche introdotte dalla Commissione VIII, è stato chiarito che, ai fini di quanto previsto dallo stesso articolo 3, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 sull'utilizzo delle terre e rocce da scavo, usati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei;
la Commissione ha altresì chiarito che, nella fase transitoria, e quindi fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 1 del 2012, le matrici materiali di riporto eventualmente presenti nel suolo sono da considerare come sottoprodotti solo se ricorrano le condizioni di cui all'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativamente ai sottoprodotti;
tali disposizioni comprovano l'intenzione del legislatore di garantire comunque i controlli e la preventiva caratterizzazione dei materiali, nonché la dimostrazione della mancanza di contaminazione da metalli pesanti e rifiuti pericolosi, ai fini del loro riutilizzo,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge in esame, a garantire comunque il divieto dell'utilizzo di materiali contaminati, l'attuazione dei controlli sulla gestione dei terreni e dei materiali da riporto e l'applicazione di tutte le norme sulla caratterizzazione dei materiali, ai fini della dimostrazione inconfutabile della non contaminazione da metalli pesanti e rifiuti pericolosi, preventivamente al loro riutilizzo
9/4999-A/32.Rondini, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo e dispone l'assimilazione al suolo dei materiali di riporto nelle colmate storiche e la relativa esclusione dall'applicazione della normativa sui rifiuti sotto determinate condizioni;
la norma ha lo scopo di accelerare il processo di infrastrutturazione del Paese e il particolare la realizzazione dell'EXPO Milano 2015;
in particolare l'articolo 3 reca una norma di interpretazione autentica volta a ricomprendere nella definizione di «suolo» i materiali di riporto al fine di escluderli, alle condizioni indicate nella norma, dall'applicazione della normativa sui rifiuti, ferma restando comunque la disciplina in materia di bonifica dei suoli contaminati e la caratterizzazione comunque del suolo ai fini del riutilizzo;
a seguito delle modifiche introdotte dalla Commissione VIII, è stato chiarito che, ai fini di quanto previsto dallo stesso articolo 3, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, come disciplinati dal decreto di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 sull'utilizzo delle terre e rocce da scavo, usati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei;
la Commissione ha altresì chiarito che, nella fase transitoria, e quindi fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 1 del 2012, le matrici materiali di riporto eventualmente presenti nel suolo sono da considerare come sottoprodotti solo se ricorrano le condizioni di cui all'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativamente ai sottoprodotti;
tali disposizioni comprovano l'intenzione del legislatore di garantire comunque i controlli e la preventiva caratterizzazione dei materiali, nonché la dimostrazione della mancanza di contaminazione da metalli pesanti e rifiuti pericolosi, ai fini del loro riutilizzo,

impegna il Governo

nell'ambito dell'attuazione delle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge in esame, a garantire comunque il divieto dell'utilizzo di materiali contaminati, ai sensi della disciplina sulle bonifiche, l'attuazione dei controlli sulla gestione dei terreni e dei materiali da riporto e l'applicazione di tutte le norme sulla caratterizzazione dei materiali, ai fini della dimostrazione inconfutabile della non contaminazione da metalli pesanti e rifiuti pericolosi, preventivamente al loro riutilizzo.
9/4999-A/32.(Testo modificato nel corso della seduta)Rondini, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 1 del decreto-legge proroga fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, l'entrata in vigore del divieto di commercializzare i sacchetti per l'asporto delle merci non biodegradabili, limitando pertanto tale periodo di proroga solo agli imballaggi compostabili in quanto realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, ed a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi. Il predetto decreto interministeriale dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2012, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell'Unione europea;
sembra in tal senso poter evincere che, a partire dalla data di emanazione del predetto decreto, cessando il periodo di proroga, debbano essere disposte nuove norme sulla tipologia dei sacchetti per l'asporto delle merci biodegradabili che potranno essere legalmente commercializzabili;
anche per semplificare la disciplina che verrà a delinearsi e soprattutto per evitare spiacevoli ricorsi da parte dei produttori tradizionali di sacchetti per l'asporto delle merci che certamente adiranno ai vari tribunali amministrativi se non addirittura alla Corte di Giustizia UE per le discriminazioni ingiustificate che l'attuale decreto prevede soprattutto in materia di spessori e di tipologia di imballaggi biodegradabili che si possono commercializzare, appare corretto che il predetto decreto ministeriale fissi criteri sulla composizione e sulle caratteristiche dei sacchetti biodegradabili che potranno essere commercializzati, maggiormente conformi alle normative europee sul commercio e sugli imballaggi,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il decreto ministeriale di cui all'articolo 2, comma 2, del provvedimento, da emanare entro il 31 dicembre 2012, consenta la commercializzazione sul territorio italiano dei sacchi monouso per l'asporto merci conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, e di quelli di spessore superiore a 40 micron per i sacchi per l'asporto, di qualunque materiale purché riutilizzabili e riciclabili, destinati all'uso alimentare e ad altri usi. Tale divieto di commercializzazione non si applica ai sacchi impiegati per il confezionamento di prodotti sfusi con il fine di garantire la qualità e la sicurezza igienico sanitaria.
9/4999-A/33.Consiglio, Caparini, Gidoni, Rainieri, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, del decreto-legge proroga fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, l'entrata in vigore del divieto di commercializzare i sacchetti per l'asporto delle merci non biodegradabili, limitando pertanto tale periodo di proroga solo agli imballaggi compostabili in quanto realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, ed a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi. Il predetto decreto micron se dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2012, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell'Unione europea;
anche per semplificare la disciplina che verrà a delinearsi e soprattutto per evitare spiacevoli ricorsi da parte dei produttori tradizionali di sacchetti per l'asporto delle merci che certamente adiranno ai vari tribunali amministrativi se non addirittura alla Corte di Giustizia UE per le discriminazioni ingiustificate che l'attuale decreto prevede soprattutto in materia di spessori e di tipologia di imballaggi biodegradabili che si possono commercializzare, appare corretto che li predetto decreto ministeriale fissi criteri sulla composizione e sulle caratteristiche dei sacchetti biodegradabili che potranno essere commercializzati, maggiormente conformi alle normative europee sul commercio e sugli imballaggi,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il decreto ministeriale di cui all'articolo 2, comma 2 del provvedimento, da emanare entro il 31 dicembre 2012, consenta, oltre la commercializzazione dei sacchi monouso per l'asporto merci conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, anche di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi con le seguenti: di quelli riutilizzabili, anche realizzati con altri polimeri, purché certificati da enti accreditati come biodegradabili in conformità ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 94/62/CE, che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 30 micron se destinati all'uso alimentare e 40 micron se destinati ad altri usi.
9/4999-A/34.Crosio, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge proroga fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, l'entrata in vigore del divieto di commercializzare i sacchetti per l'asporto delle merci non biodegradabili, limitando pertanto tale periodo di proroga solo agli imballaggi compostabili in quanto realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, ed a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentate e 60 micron se destinati agli altri usi. Il predetto decreto interministeriale dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2012, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell'Unione europea;
sembra in tal senso di poter evincere che a partire dalla data di emanazione del predetto decreto, cessando il periodo di proroga, debbano essere disposte nuove norme sulla tipologia dei sacchetti per l'asporto delle merci biodegradabili che potranno essere legalmente commercializzabili;
anche per semplificare la disciplina che verrà a delinearsi e soprattutto per evitare spiacevoli ricorsi da parte dei produttori tradizionali di sacchetti per L'asporto delle merci che certamente adiranno ai vari tribunali amministrativi se non addirittura alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per le discriminazioni ingiustificate che l'attuale decreto prevede soprattutto in materia di spessori e di tipologia di imballaggi biodegradabili che si possono commercializzare, appare corretto che il predetto decreto ministeriale fissi criteri più conformi alle normative europee sul commercio e sugli imballaggi riguardo alla composizione ed caratteristiche dei sacchetti biodegradabili che potranno essere commercializzati,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ulteriori iniziative normative volte a prevedere che il decreto ministeriale di cui all'articolo 2, comma del provvedimento, da emanare entro il 31 dicembre 2012, consenta, oltre la commercializzazione dei sacchi monouso per asporto merci conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilevate da organismi accreditati e di quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri e dotati di determinati spessori ed accessori, anche di quelli realizzati con qualunque altro materiale purché biodegradabile.
9/4999-A/35.D'Amico, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge proroga fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, l'entrata in vigore del divieto commercializzare i sacchetti per l'asporto delle merci non biodegradabili, limitando pertanto il periodo di proroga solo agli imballaggi compostabili in quanto realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilanciate da organismi accreditati ed a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 micron se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi. Il predetto decreto interministeriale essere adottato entro il 31 dicembre 2012, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell'Unione europea;
anche per consentire alle imprese interessate di potersi conformare pienamente ai nuovi standard commerciali dei sacchetti biodegradabili legalmente commercializzabili e così adeguare i relativi macchinari ai nuovi prodotti e dimensioni, appare utile mantenere aperta la predetta proroga fino a tutto il 31 dicembre 2012, emanando pertanto il previsto decreto interministeriale solo dopo tale data,

impegna il Governo

ad emanare il decreto ministeriale di cui all'articolo 2, comma 2, del provvedimento, non prima del 31 dicembre 2012.
9/4999-A/36.Desiderati, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge proroga fino all'emanazione di un decreto di natura non regolamentare adottato dai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, l'entrata in vigore del divieto di commercializzare i sacchetti per l'esporto delle merci non biodegradabili, limitando pertanto tale periodo di proroga solo agli imballaggi compostabili in quanto realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati, ed a quelli riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 200 microm se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi, a quelli riutilizzabili realizzati con alti polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore ai 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati agli altri usi, Il predetto decreto interministeriale dovrà essere adottato entro il 31 dicembre 2012, sentite le competenti Commissioni parlamentari, notificato secondo il diritto dell'Unione europea;
nel testo del provvedimento approvato, è previsto che con il predetto decreto interministeriale potranno essere individuate le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche, dei sacchi biodegradabili, ai fini della loro commercializzazione, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, nonché, in ogni caso, le modalità di informazione ai consumatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
sarebbe opportuno che in attuazione del decreto ministeriale di cui trattasi, oltre a disporre ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchetti biodegradabili per l'asporto delle merci, fossero indicate anche altre tipologie di tali imballaggi al fine di seguire le evoluzioni del mercati, i cambiamenti delle abitudini dei consumatori e le innovazioni di prodotto delle industrie interessate,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza ulteriori iniziative normative volte a far sì che il decreto di natura non regolamentare dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, da adottare entro il 31 dicembre 2012, individui oltre le eventuali ulteriori caratteristiche tecniche dei futuri sacchetti biodegradabili per l'asporto delle merci, anche possibili ulteriori tipologie di sacchi per l'asporto merci legalmente commercializzabili.
9/4999-A/37.Di Vizia, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure finalizzate a fronteggiare la grave situazione nella gestione dei rifiuti nella regione Campania e che prevedono anche azioni per il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche e la possibilità di aumentare la capacità ricettiva degli impianti di compostaggio;
nel corso dell'esame del provvedimento, è stato approvato un emendamento con il quale viene previsto, all'articolo 1, comma 2-bis, che lo smaltimento in altre regioni dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti nella regione Campania avvenga, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania avvenga, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata;
il decreto-legge 1o luglio 2011, n. 94, consentiva, sino al 31 dicembre 2011 ed in deroga al divieto di smaltimento extraregionale disposto, per i rifiuti urbani, dall'articolo 182, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e alle procedure di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 196 del 2010, lo smaltimento fuori regione dei rifiuti derivanti dalle attività di tritovagliatura praticate negli impianti STIR della regione Campania purché fosse richiesto il nulla osta della regione di destinazione e in considerazione del fatto che, come previsto in attuazione del principio comunitario della prossimità per lo smaltimento dei rifiuti, i trasferimenti extraregionali consentiti dovessero avere quale destinazione prioritaria gli impianti ubicati nelle regioni limitrofe alla Campania;
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», all'articolo 205, prevede misure per incrementare la raccolta differenziata, disponendo che in ogni altro ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccolta differenziata dei rifiuti urbani pari ad almeno il sessantacinque per cento entro il 31 dicembre 2012 e come sia necessario prevedere misure per assicurare l'efficienza delle attività di recupero e riciclaggio;
l'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, prevede lo scioglimento dei consigli comunali con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, allorché le amministrazioni locali compaiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge nonché per gravi motivi di ordine pubblico, e che il persistere della grave situazione concernente i rifiuti nella regione Campania è da imputarsi anche ad evidenti inadempienze delle amministrazioni comunali nello svolgimento dei propri obblighi dello smaltimento dei rifiuti e della raccolta differenziata;
la situazione nella quale da diversi anni si ritrova la regione Campania, e la città di Napoli in particolar modo, ha determinato per lungo tempo un'immagine negativa dell'Italia, costringendo a più riprese il Governo a numerosi interventi, anche con l'utilizzo dell'esercito, e richiesto altresì ad altre regioni di provvedere all'accoglimento ed allo smaltimento dei rifiuti prodotti per risolvere la situazione, senza considerare tuttavia il fatto che la problematica debba essere risolta rispettando le norme nazionali, decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, e nel rispetto delle direttive comunitarie, direttiva 2008/98/CE in base alle quali i rifiuti urbani devono essere trattati e smaltiti nella regione in cui sono prodotti in applicazione dei princìpi di prossimità e autosufficienza,

impegna il Governo

ad assumere iniziative finalizzate ad una maggiore responsabilizzazione degli enti locali della Campania nella risoluzione della emergenza dei rifiuti prodotti all'interno della propria regione prevedendo altresì, nel rispetto delle vigenti normative europee in materia di smaltimento dei rifiuti, la sospensione definitiva di ulteriori deroghe o modifiche alle vigenti normative nazionali.
9/4999-A/38.Forcolin, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca norme, all'articolo 1, volte a superare definitivamente l'emergenza rifiuti in Campania;
in Italia il sistema delle discariche ha sempre funzionato in modo assai precario a causa dell'assenza di un piano organico di norme e modelli di pianificazione che consentisse la localizzazione dei siti in aree lontane dai centri abitati e nelle quali non venissero messe a rischio la tutela dell'ambiente e la salute del cittadini;
i frutti di questa situazione sono in particolare due: da un lato le crisi nella gestione dei rifiuti che hanno colpito drammaticamente la Campania e, a tratti e in modo assai meno grave, altre regioni italiane come la Sicilia, il Lazio e la Puglia; dall'altro lato l'emergere di un profondo malcontento, anche a causa di un altro grave problema rimasto senza soluzione (l'assenza di sistemi efficienti di compensazioni per i territori che subiscono il disagio della presenza di discariche), tra le popolazioni interessate dalla presenza delle discariche;
in tale difficile contesto va ad inserirsi la recente decisione della Commissione europea di avviare, in assenza di nuove e incisive misure, una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la presenza, sull'intero territorio nazionale, di 102 discariche, di cui tre di rifiuti pericolosi, non conformi alla direttiva Ue del 1999. L'ampio numero di regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria) dimostra come questo grave problema colpisca in modo trasversale tutto il Paese, a nord come nel centro-sud;
l'Italia, in particolare, è finita nel mirino per non essersi conformata all'articolo 14 di quella direttiva, secondo cui gli Stati membri avrebbero preso della misure per assicurare che discariche non conformi con la direttiva europea avrebbero dovuto cessare le attività entro il luglio del 2009;
le deficienze finora riscontrate in molte parti d'Italia e i nuovi scenari aperti dall'azione della Commissione europea dimostrano chiaramente come ormai la situazione del sistema delle discariche nei nostro Paese sia complessivamente insostenibile e come quindi sia ormai improcrastinabile l'esigenza di varare misure organiche che ci facciano uscire dal perenne stato di emergenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare iniziative che, alla luce dei quadro di sofferenza ormai cronica di cui soffre il sistema delle discariche di rifiuti in Italia descritto in premessa e della procedura d'infrazione da parte della Commissione europea, consentano all'Italia di programmare e perseguire un piano nazionale di gestione delle discariche con le seguenti finalità:
identificare criteri utili alta localizzazione, senza rischi per la salute e per l'ambiente, delle aree da adibire a sedi di discariche;
dare avvio a un efficacie ed equo sistema di compensazioni per i territori penalizzati;
provvedere alla chiusura delle discariche dichiarate fuori norma dalla Commissione europea e alla messa in sicurezza dei rispettivi territori;
garantire reali meccanismi di tutela ambientale e paesaggistica per territori di particolare pregio e importanza (che è anche di carattere economico grazie alle attività turistiche) come per esempio i Campi Flegrei.
9/4999-A/39.Cosenza, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca norme, all'articolo 1, volte a superare definitivamente l'emergenza rifiuti in Campania;
in Italia il sistema delle discariche ha sempre funzionato in modo assai precario a causa dell'assenza di un piano organico di norme e modelli di pianificazione che consentisse la localizzazione dei siti in aree lontane dai centri abitati e nelle quali non venissero messe a rischio la tutela dell'ambiente e la salute del cittadini;
i frutti di questa situazione sono in particolare due: da un lato le crisi nella gestione dei rifiuti che hanno colpito drammaticamente la Campania e, a tratti e in modo assai meno grave, altre regioni italiane come la Sicilia, il Lazio e la Puglia; dall'altro lato l'emergere di un profondo malcontento, anche a causa di un altro grave problema rimasto senza soluzione (l'assenza di sistemi efficienti di compensazioni per i territori che subiscono il disagio della presenza di discariche), tra le popolazioni interessate dalla presenza delle discariche;
in tale difficile contesto va ad inserirsi la recente decisione della Commissione europea di avviare, in assenza di nuove e incisive misure, una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per la presenza, sull'intero territorio nazionale, di 102 discariche, di cui tre di rifiuti pericolosi, non conformi alla direttiva Ue del 1999. L'ampio numero di regioni interessate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Umbria) dimostra come questo grave problema colpisca in modo trasversale tutto il Paese, a nord come nel centro-sud;
l'Italia, in particolare, è finita nel mirino per non essersi conformata all'articolo 14 di quella direttiva, secondo cui gli Stati membri avrebbero preso della misure per assicurare che discariche non conformi con la direttiva europea avrebbero dovuto cessare le attività entro il luglio del 2009;
le deficienze finora riscontrate in molte parti d'Italia e i nuovi scenari aperti dall'azione della Commissione europea dimostrano chiaramente come ormai la situazione del sistema delle discariche nei nostro Paese sia complessivamente insostenibile e come quindi sia ormai improcrastinabile l'esigenza di varare misure organiche che ci facciano uscire dal perenne stato di emergenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare iniziative che, alla luce dei quadro di sofferenza ormai cronica di cui soffre il sistema delle discariche di rifiuti in Italia descritto in premessa e della procedura d'infrazione da parte della Commissione europea, consentano all'Italia di programmare e perseguire un piano nazionale di gestione delle discariche con le seguenti finalità:
identificare criteri utili alta localizzazione, senza rischi per la salute e per l'ambiente, delle aree da adibire a sedi di discariche;
dare avvio a un efficacie ed equo sistema di compensazioni per i territori penalizzati;
provvedere alla chiusura delle discariche dichiarate fuori norma dalla Commissione europea e alla messa in sicurezza dei rispettivi territori;
garantire reali meccanismi di tutela ambientale e paesaggistica per territori di particolare pregio e importanza (che è anche di carattere economico grazie alle attività turistiche).
9/4999-A/39.(Testo modificato nel corso della seduta)Cosenza, Girlanda.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, tra le quali particolare rilievo assumono quelle relative al settore dei rifiuti;
sono anni che in dottrina e giurisprudenza si discute la problematica connessa alla nozione di «rifiuto», insieme a quelle, correlate, dei «sottoprodotti» e delle «materie prime secondarie» (MPS);
negli ultimi tempi si assiste a un grande interesse intorno ai sottoprodotti agroindustriali ed ai rifiuti anche per problemi ambientali oltre che per lo sviluppo della bioeconomia;
la necessità di delineare e chiarire il contesto e l'interpretazione normativa per numerosi rifiuti e sottoprodotti agricoli o agroindustriali, utilizzabili successivamente in pratiche agronomiche, è quindi particolarmente urgente, al fine di adeguare la legislazione in materia alle nuove norme comunitarie;
infatti numerose biomasse sono definite rifiuti dalla legislazione vigente con la conseguente impossibilità ad essere utilizzate in impianti di tipo agricolo i quali non sono autorizzati a trattare rifiuti;
sarebbe opportuno uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e agricoli anche in considerazione dall'ampia convergenza parlamentare che si registra su questi temi,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti prevedendo in particolare di:
a) agevolare il riutilizzo di materiali vegetali e del digestato, inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti che siano utilizzabili come ammendanti;
b) favorire l'utilizzo degli sfalci e delle potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, per la produzione di energia da biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana;
c) chiarire che i sottoprodotti di origine animale destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio sono da considerare rifiuti quando non sono destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto, mentre sono esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti qualora siano destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto.
9/4999-A/40.Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure straordinarie e urgenti in materia ambientale, tra le quali particolare rilievo assumono quelle relative al settore dei rifiuti;
sono anni che in dottrina e giurisprudenza si discute la problematica connessa alla nozione di «rifiuto», insieme a quelle, correlate, dei «sottoprodotti» e delle «materie prime secondarie» (MPS);
negli ultimi tempi si assiste a un grande interesse intorno ai sottoprodotti agroindustriali ed ai rifiuti anche per problemi ambientali oltre che per lo sviluppo della bioeconomia;
la necessità di delineare e chiarire il contesto e l'interpretazione normativa per numerosi rifiuti e sottoprodotti agricoli o agroindustriali, utilizzabili successivamente in pratiche agronomiche, è quindi particolarmente urgente, al fine di adeguare la legislazione in materia alle nuove norme comunitarie;
infatti numerose biomasse sono definite rifiuti dalla legislazione vigente con la conseguente impossibilità ad essere utilizzate in impianti di tipo agricolo i quali non sono autorizzati a trattare rifiuti;
sarebbe opportuno uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti solidi urbani e agricoli anche in considerazione dall'ampia convergenza parlamentare che si registra su questi temi,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative al fine di uniformare la legislazione relativa alla definizione di sottoprodotto ed al ciclo integrato dei rifiuti prevedendo in particolare di:
a) agevolare il riutilizzo di materiali vegetali e del digestato, inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti che siano utilizzabili come ammendanti;
b) favorire l'utilizzo degli sfalci e delle potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato, per la produzione di energia da biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettano in pericolo la salute umana;
c) chiarire che i sottoprodotti di origine animale destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio sono da considerare rifiuti quando non sono destinati all'utilizzazione agronomica nell'ambito di una o più aziende agricole consorziate che ospitano l'impianto, mentre sono esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti qualora siano destinati all'utilizzazione agronomica e in conformità alla disciplina comunitaria di settore.
9/4999-A/40.(Testo modificato nel corso della seduta)Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il problema dei rifiuti aggrava profondamente i territori della Regione Campania anche in conseguenza di obiettive responsabilità degli organi preposti, creando forti disagi nelle aree della Campania interna che sono state sempre ossequenti alle norme di legge in materia ed hanno, con la predisposizione e la disponibilità di siti per discariche, contribuito fortemente allo smaltimento dei rifiuti dell'area metropolitana;
non possono essere ulteriormente penalizzate le aree della Campania interna, come la provincia di Benevento, con norme che vanno a disciplinare lo smaltimento, soprattutto per quelle comunità che non hanno assunto decisioni immediate ed urgenti, coniugando il danno - delle discariche già predisposte dalla provincia di Benevento - con la beffa di essere mortificate dalle disposizioni contenute nel decreto in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'attuazione del presente decreto-legge, di considerare alcune aree della Campania interna, come la provincia di Benevento, che hanno subìto il sequestro delle discariche - non per responsabilità dell'ente provincia ma per fatti emergenziali oggettivi - e che sono impossibilitate a smaltire nella quotidianità i rifiuti organici in attesa dei prescritti accordi interregionali, creando notevoli disagi alle popolazioni e difficoltà di sicurezza sanitaria.
9/4999-A/41.Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
le attuali normative prevedono che i cementifici possano emettere il triplo delle polveri, rispetto agli inceneritori, così come riportato:
inceneritori - polveri totali: mg 10/Nm3; cementifici - polveri totali: mg 30/Nm3;
inceneritori - biossido di zolfo: mg 50/Nm3; cementifici - biossido di zolfo: mg 600/Nm3;
inceneritori - ossido di azoto: mg 200/Nm3; cementifici - ossido di azoto: mg 1.800/Nm3;
si tratta evidentemente di un problema che ha un elevato impatto sulla salute dei cittadini e che costituisce un vero e proprio allarme ambientale come hanno evidenziato anche i comitati sorti a Monselice, in provincia di Padova, dove in un raggio di soli 5 chilometri e all'interno del parco regionale dei Colli euganei (istituito con legge regionale n. 38 del 10 ottobre 1989, BUR n. 58 del 1989) operano ben tre cementifici;
a causa dell'elevato inquinamento prodotto da queste attività industriali e dal traffico ad esse collegato il «piano di tutela e risanamento dell'atmosfera» (approvato il 12 novembre 2011 dal consiglio regionale del Veneto) ha collocato, i comuni di Este e Monselice in zona A - da risanare;
appare evidente la macroscopica ed incomprensibile diversità dei limiti di emissione tra cementifici e inceneritori per gli stessi inquinanti, molto pericolosi per la salute. Ancora più incomprensibile risulta l'agevolazione ai cementifici se si considera che le quantità assolute in peso (concentrazione per portata) dei sopraccitati inquinanti sono normalmente assai superiori per un cementificio rispetto a quelle di un inceneritore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, iniziative volte a far sì che i limiti imposti dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, attuativo della direttiva 2000/76/CE relativa all'emissione in atmosfera delle sostanze inquinanti emesse dagli inceneritori-termovalorizzatori, si applichino anche alle emissioni di sostanze inquinanti emesse in atmosfera dai cementifici;
a valutare l'opportunità di prevedere una regolamentazione dei limiti di emissione dei cementifici in funzione della distanza: tra di loro, dagli insediamenti abitativi e all'interno di territori protetti.
9/4999-A/42.Miotto.

La Camera,
premesso che:
le attuali normative prevedono che i cementifici possano emettere il triplo delle polveri, rispetto agli inceneritori, così come riportato:
inceneritori - polveri totali: mg 10/Nm3; cementifici - polveri totali: mg 30/Nm3;
inceneritori - biossido di zolfo: mg 50/Nm3; cementifici - biossido di zolfo: mg 600/Nm3;
inceneritori - ossido di azoto: mg 200/Nm3; cementifici - ossido di azoto: mg 1.800/Nm3;
si tratta evidentemente di un problema che ha un elevato impatto sulla salute dei cittadini e che costituisce un vero e proprio allarme ambientale come hanno evidenziato anche i comitati sorti a Monselice, in provincia di Padova, dove in un raggio di soli 5 chilometri e all'interno del parco regionale dei Colli euganei (istituito con legge regionale n. 38 del 10 ottobre 1989, BUR n. 58 del 1989) operano ben tre cementifici;
a causa dell'elevato inquinamento prodotto da queste attività industriali e dal traffico ad esse collegato il «piano di tutela e risanamento dell'atmosfera» (approvato il 12 novembre 2011 dal consiglio regionale del Veneto) ha collocato, i comuni di Este e Monselice in zona A - da risanare;
appare evidente la macroscopica ed incomprensibile diversità dei limiti di emissione tra cementifici e inceneritori per gli stessi inquinanti, molto pericolosi per la salute. Ancora più incomprensibile risulta l'agevolazione ai cementifici se si considera che le quantità assolute in peso (concentrazione per portata) dei sopraccitati inquinanti sono normalmente assai superiori per un cementificio rispetto a quelle di un inceneritore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, iniziative volte a far sì che i limiti imposti dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, attuativo della direttiva 2000/76/CE relativa all'emissione in atmosfera delle sostanze inquinanti emesse dagli inceneritori-termovalorizzatori, si applichino anche alle emissioni di sostanze inquinanti emesse in atmosfera dai cementifici;
a valutare l'opportunità di prevedere una regolamentazione dei limiti di emissione dei cementifici in funzione degli obiettivi di qualità dell'aria dei territori in cui sono ubicati.
9/4999-A/42.(Testo modificato nel corso della seduta)Miotto.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame prevede, all'articolo 2, «Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente»;
nello specifico, rispetto al testo licenziato dal Senato, al comma 4 dell'articolo 2, viene posticipata di un anno (31 dicembre 2013) l'applicazione delle sanzioni nei confronti delle aziende che commercializzano sacchetti realizzati con prodotti non conformi alla legislazione vigente;
questa ulteriore proroga risulta quantomeno inopportuna e penalizzante nei confronti di quelle aziende del settore che hanno investito per produrre sacchetti biodegradabili; va infatti ricordato che l'entrata in vigore del divieto di produzione e commercializzazione dei sacchetti di plastica era stato fissato, dall'articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007), il primo gennaio del 2010: con tre anni, quindi, di anticipo proprio per dare il tempo all'industria chimica di riconvertirsi;
l'introduzione dei bioshopper ha rappresentato una rivoluzione ambientale, accolta con grande favore da cittadini e consumatori, capace al tempo stesso di ridurre la produzione di rifiuti inquinanti, di sostenere un settore fondamentale della green economy e della ricerca e di creare nuova occupazione;
il 6 aprile 2011 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora con la quale si contesta il mancato rispetto dell'obbligo di notifica di progetti di misure tecniche di cui al combinato disposto dall'articolo 16 della direttiva sugli imballaggi (direttiva 94/62/CE) e dall'articolo 8 della direttiva 98/34/CE, che disciplina le procedure d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche; in particolare, la Commissione contesta la mancata notifica della disposizione che introduce il divieto - previsto dalla legge finanziaria 2007 e la cui decorrenza è stata successivamente modificata dal decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 - di commercializzazione di sacchi per l'asporto delle merci (ovvero sacchi di plastica non biodegradabili) non rispondenti, alla data del 1o gennaio 2011, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre, nel primo provvedimento utile, per le motivazioni esposte in premessa e coerentemente con la regolamentazione nazionale e le indicazioni comunitarie, una norma che anticipi al 31 dicembre 2012 l'applicazione delle sanzioni nei confronti delle aziende che commercializzano sacchi non biodegradabili per l'asporto delle merci che non rispondano ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario.
9/4999-A/43.Trappolino.

La Camera,
premesso che:
i cittadini italiani residenti all'estero che posseggono una casa, non locata, in Italia sono attualmente soggetti, come gli altri cittadini, alla tassa sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti (TARSU), pur non usufruendo del servizio poiché fisicamente non presenti sul territorio nazionale per l'intero anno tranne, in alcuni casi, per il periodo delle festività;
per i nostri connazionali all'estero mantenere una casa di proprietà in Italia ha un valore affettivo enorme ed è espressione di quell'attaccamento alla madrepatria che gli italiani nel mondo hanno sempre manifestato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nella fase di transizione verso il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, istituito dal comma 29 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, di adottare opportuni correttivi, sentite la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e L'ANCI, al fine di garantire ai cittadini italiani residenti all'estero ed iscritti nell'apposito registro AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) una congrua riduzione dell'imposta, tenendo conto del fatto che non usufruiscono pienamente del servizio.
9/4999-A/44.Narducci.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 è un sottoprodotto, e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183 comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le condizioni di cui al comma 1 del medesimo articolo;
con riferimento al comma 2 dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, il decreto-legge n. 1 del 2012, all'articolo 49 prevede che l'utilizzo di terre e di rocce da scavo sia regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto medesimo;
tale decreto stabilirà le condizioni alle quali le terre e le rocce da scavo sono da ponderarsi sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006;
ai sensi dell'articolo 185 dello stesso decreto n. 152 del 2006 non rientra nel campo di applicazione dello stesso decreto tra gli altri, il materiale litoide estratto da corsi d'acqua, bacini idrici ed alvei, a seguito di manutenzione disposta dalle autorità competenti;
il decreto-legge n. 1 del 2012 all'articolo 48, comma 1, introducendo l'articolo aggiuntivo 5-bis alla legge n. 84 del 1994, prevede che i materiali derivanti dal dragaggio nella aree portuali collocate in SIN (Siti di Interesse Nazionale) non siano qualificabili come rifiuti; per effetto di questa disciplina, tali sedimenti a determinate condizioni (prima fra tutte la non pericolosità) sono materiali che possono essere dragati e poi riutilizzati (per formare terrapieni costieri o per il rinascimento);
il decreto-legge n. 1 del 2012 all'articolo 48, comma 8, novella anche l'utilizzo dei materiali di dragaggio nei porti estendendone l'uso nel rispetto di quanto previsto all'articolo 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
le attività di scavo e dragaggio dei corsi d'acqua rappresentano una fondamentale e decisiva attività di prevenzione del rischio idraulico e la incertezza della norma comporta, spesso, l'aumento incontrollato dei costi di effettuazione di tali attività a carico degli enti preposti i quali anche per questi motivi sono costretti a limitare tale fondamentale attività,

impegna il Governo

a definire ed esplicitare in modo esaustivo nei prossimi provvedimenti che i materiali derivanti dall'attività di scavo e dragaggio dei corsi e alvei d'acqua conseguenti ad opere di manutenzione e regimentazione condotti ai fini della prevenzione del rischio idraulico e della difesa del suolo, siano qualificabili come sottoprodotti e come tali trattabili a determinati condizioni, prima tra tutte la non pericolosità certificata da analisi condotte da sistemi di controllo ufficiale.
9/4999-A/45.Viola, Benamati.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009 convertito nella legge 26 del 2010 ha previsto, al comma 2-ter, che fino al 31 dicembre 2010, le attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite dai comuni; il successivo comma 5-bis ha confermato in capo ai Comuni della Campania, per l'anno 2010, la competenza sul calcolo e riscossione della Tarsu e della Tia;
tali competenze comunali sono state poi confermate per l'anno 2011, e da ultimo, con il decreto-legge 29 dicembre 2011 n. 216, convertito dalla legge 24 febbraio 2012 n. 14, recante proroghe di termini, per sono state confermate anche per l'anno 2012;
precisamente, tali competenze comunali in materia di Tarsu e Tia sono sancite:
a) dal comma 2-ter dell'articolo 11 del decreto legge 195 del 2009 convertito nella legge 26 del 2010, che espressamente recita: «In fase transitoria, fino e non oltre il 31 dicembre 2012, le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite secondo le attuali modalità e forme procedimentali dai comuni»;
b) dal comma 5-bis, che espressamente recita: «Per gli anni 2010, 2011 e 2012 nella regione Campania, in fase di prima attuazione ed in via provvisoria e sperimentale, la TARSU e la TIA sono calcolate dai comuni sulla base di due distinti costi: uno elaborato dalle province, anche per il tramite delle società provinciali, che forniscono ai singoli comuni ricadenti nel proprio ambito territoriale le indicazioni degli oneri relativi alle attività di propria competenza afferenti al trattamento, allo smaltimento ovvero al recupero dei rifiuti, ed uno elaborato dai comuni, indicante gli oneri relativi alle attività di propria competenza di cui al comma 2-ter. I comuni determinano, sulla base degli oneri sopra distinti, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti. Per la corretta esecuzione delle previsioni recate dai presente comma, le amministrazioni comunali provvedono ad emettere, nel termine perentorio del 30 settembre 2012, apposito elenco, comprensivo di entrambe le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali per gli anni 2010, 2011 e 2012»;
c) dal comma 5-ter, che espressamente recita: «Per gli anni 2010, 2011 e 2012 i soggetti a qualunque titolo incaricati della riscossione emettono, nei confronti dei contribuenti, un unico titolo di pagamento, riportante le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali e, entro e non oltre venti giorni dall'incasso, provvedono a trasferire gli importi su due distinti conti, specificatamente dedicati, di cui uno intestato alla amministrazione comunale ed un altro a quella provinciale, ovvero alla società provinciale. Gli importi di cui al presente comma sono obbligatoriamente ed esclusivamente destinati a fronteggiare gli oneri inerenti al ciclo di gestione dei rifiuti di competenza».
Il quadro delle competenze comunali per l'anno 2012 disegnato dal comma 2-ter (gestione del servizio) e dai commi 5-bis e 5-ter (gestione della tariffa) non è modificato dalla reintroduzione, con decreto-legge 29 dicembre 2011 n. 216, convertito in legge 24 febbraio 2012 n. 14, in forma novellata, del comma 5-quater all'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009;
risulta di vitale importanza pervenire ad un assetto normativo definitivo a regime ordinario, in tale materia, attesa la rilevanza della problematica (Tarsu e Tia costituiscono presupposti in eliminabili degli equilibri di bilancio dei Comuni),

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative per garantire che in Campania le competenze comunali in materia di Tarsu e Tia, conservate in regime transitorio fino al 31 dicembre 2012, in forza delle disposizioni di cui in premessa, siano definitivamente attribuite ai Comuni, conformemente a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto-legge n. 211 del 2011, convertito nella legge 214 del 2011, che ha istituito su base nazionale il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.
9/4999-A/46.Iannuzzi, Bonavitacola, Mazzarella, Boffa, Bossa, Ciriello, Cuomo, Graziano, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 196 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2011 recita: «Fino alla completa realizzazione degli impianti necessari per la chiusura del ciclo integrato di gestione dei rifiuti nella regione Campania previsti dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, così come modificato dal presente decreto, ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, il Governo promuove, nell'ambito di una seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, appositamente convocata anche in via d'urgenza, su richiesta della Regione, un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre regioni. L'attuazione del presenta comma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
tale disposizione è novellata dal testo del decreto-legge in esame, come modificato in sede della presente conversione in legge, in quanto la disposizione richiamata nella precedente premessa è sostituita dalla seguente «Lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola Regione interessata»;
in conseguenza di tale novella, è intervenuta la sostituzione dello strumento dell'accordo interregionale in sede di Conferenza Stato-Regioni con la diretta negoziazione fra la Campania e le singole regioni interessate;
ai fini di dare concreti riscontri ai rilievi avanzati dall'Unione Europea nell'ambito della pendente procedura d'infrazione, nonché per approntare misure utili a fronteggiare la fase transitoria fino al raggiungimento dell'equilibrio di gestione del ciclo, si rende opportuno riaffermare a tali fini il ruolo della Conferenza Stato-Regioni;

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative normative volte a riaffermare il ruolo della Conferenza Stato-Regioni per la programmazione e coordinamento dei flussi destinati a smaltimento in ambito extraregionale in coerenza con le finalità di cui in premessa, estendendo il potere d'iniziativa per la convocazione della Conferenza anche al Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
9/4999-A/47.Bonavitacola, Iannuzzi, Mazzarella, Boffa, Bossa, Ciriello, Cuomo, Graziano, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
il comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 196 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2011 recita: «Fino alla completa realizzazione degli impianti necessari per la chiusura del ciclo integrato di gestione dei rifiuti nella regione Campania previsti dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, così come modificato dal presente decreto, ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, il Governo promuove, nell'ambito di una seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, appositamente convocata anche in via d'urgenza, su richiesta della Regione, un accordo interregionale volto allo smaltimento dei rifiuti campani anche in altre regioni. L'attuazione del presenta comma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
tale disposizione è novellata dal testo del decreto-legge in esame, come modificato in sede della presente conversione in legge, in quanto la disposizione richiamata nella precedente premessa è sostituita dalla seguente «Lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola Regione interessata»;
in conseguenza di tale novella, è intervenuta la sostituzione dello strumento dell'accordo interregionale in sede di Conferenza Stato-Regioni con la diretta negoziazione fra la Campania e le singole regioni interessate;
ai fini di dare concreti riscontri ai rilievi avanzati dall'Unione Europea nell'ambito della pendente procedura d'infrazione, nonché per approntare misure utili a fronteggiare la fase transitoria fino al raggiungimento dell'equilibrio di gestione del ciclo, si rende opportuno riaffermare a tali fini il ruolo della Conferenza Stato-Regioni;

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative in sede di Conferenza Stato-Regioni per la programmazione e coordinamento dei flussi destinati a smaltimento in ambito extraregionale in coerenza con le finalità di cui in premessa, rafforzando il potere d'iniziativa del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
9/4999-A/47.(Testo modificato nel corso della seduta)Bonavitacola, Iannuzzi, Mazzarella, Boffa, Bossa, Ciriello, Cuomo, Graziano, Mario Pepe (PD), Piccolo, Picierno, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
l'eventuale trasferimento alle Regioni dell'autorizzazione allo scarico in mare dei materiali di dragaggio, attualmente in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare, presenta evidenti criticità;
appare necessario tenere conto del vigente quadro regolamentare tecnico-scientifico, in modo da evitare interpretazioni soggettive della materia e consentire agli operatori del settore e organismi attenti alla salvaguardia ambientale di avere procedure certe, omogenee ed a garanzia dell'intera popolazione; la delimitazione dei confini regionali in mare è approssimativa ed imprecisa;
lo scarico a diverse miglia dalla coste non è tecnicamente riconducibile alle coste della regione più vicina in quanto gli eventuali effetti potrebbero farsi risentire su regioni limitrofe;
le competenze del Ministero in campo internazionale, sulla base delle vigenti direttive internazionali, richiedono l'effettiva competenza in materia e l'acquisizione di tutte le informazioni tecniche relative; le norme tecniche emesse a livello centrale (ISPRA) necessitano di una revisione periodica in raccordo con i diversi territori locali;
l'attuale proposta di Allegati Tecnici all'articolo 108 del decreto legislativo n. 152 del 2006, è di fatto già seguita in tutto il Paese, essendo non solo il riferimento per il ministero allo scarico in mare ma è anche presente in molti regolamenti provinciali e regionali, per l'intera gestione ambientale dei sedimenti dragati secondo le Indicazioni tecniche di ICRAM-APAT, attualmente ISPRA,

impegna il Governo:

a prevedere che la semplificazione delle procedure avvenga in modo trasparente attraverso un serio e costruttivo confronto con tutti gli operatori interessati, prevedendo, tra l'altro, il coi rivolgimento delle autorità portuali, degli enti di ricerca e controllo e delle associazioni ambientaliste;
a rivedere gli aspetti attuativi dell'articolo 48 del decreto-legge n. 1 del 2012, relativo al dragaggio del siti di interesse nazionale, in modo da porre in essere un'effettiva semplificazione e stabilire che quando, sulla base di adeguate analisi, non viene riscontrata l'esigenza di procedere alla bonifica, si rimanda alle norme generali stabilite dall'articolo 109 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
9/4999-A/48.Mariani.

La Camera,
premesso che:
l'eventuale trasferimento alle Regioni dell'autorizzazione allo scarico in mare dei materiali di dragaggio, attualmente in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare, presenta evidenti criticità;
appare necessario tenere conto del vigente quadro regolamentare tecnico-scientifico, in modo da evitare interpretazioni soggettive della materia e consentire agli operatori del settore e organismi attenti alla salvaguardia ambientale di avere procedure certe, omogenee ed a garanzia dell'intera popolazione; la delimitazione dei confini regionali in mare è approssimativa ed imprecisa;
lo scarico a diverse miglia dalla coste non è tecnicamente riconducibile alle coste della regione più vicina in quanto gli eventuali effetti potrebbero farsi risentire su regioni limitrofe;
le competenze del Ministero in campo internazionale, sulla base delle vigenti direttive internazionali, richiedono l'effettiva competenza in materia e l'acquisizione di tutte le informazioni tecniche relative; le norme tecniche emesse a livello centrale (ISPRA) necessitano di una revisione periodica in raccordo con i diversi territori locali;
l'attuale proposta di Allegati Tecnici all'articolo 108 del decreto legislativo n. 152 del 2006, è di fatto già seguita in tutto il Paese, essendo non solo il riferimento per il ministero allo scarico in mare ma è anche presente in molti regolamenti provinciali e regionali, per l'intera gestione ambientale dei sedimenti dragati secondo le Indicazioni tecniche di ICRAM-APAT, attualmente ISPRA,

impegna il Governo:

a prevedere che la semplificazione delle procedure avvenga in modo trasparente attraverso un serio e costruttivo confronto con tutti gli operatori interessati, prevedendo, tra l'altro, il coi rivolgimento delle autorità portuali, degli enti di ricerca e controllo e delle associazioni ambientaliste;
ad attuare l'articolo 48 del decreto-legge n. 1 del 2012, relativo al dragaggio dei siti di interesse nazionale, in modo da porre in essere un'effettiva semplificazione, in particolare qualora non sia riscontrata l'esigenza di procedere alla bonifica.
9/4999-A/48.(Testo modificato nel corso della seduta)Mariani.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge in esame, affronta la situazione di criticità del sistema di recupero e smaltimento finale dei rifiuti prodotti nella regione Campania;
detta perdurante situazione ha portato a una messa in mora del nostro Paese da parte della UE, in base a una sentenza del marzo 2010 per una procedura d'infrazione relativa all'emergenza 2007-2008, condannandola per non essere riuscita a creare una rete di impianti adeguati a garantire lo smaltimento senza mettere in pericolo la salute e l'ambiente;
una delle finalità previste dal suddetto articolo 1, è quella di alleggerire la situazione attuale degli STIR (Stabilimenti di trattamento, tritovagliatura ed imballaggio) anche in considerazione dei considerevoli quantitativi di rifiuti che non consentono la realizzazione di un corretto ed equilibrato flusso in entrata e in uscita dai medesimi stabilimenti;
attualmente parte dei rifiuti provenienti dagli STIR vengono portati fuori regione sulla base di accordi tra le province o la Regione Campania e impianti di trattamento ubicati in altre regioni;
il comma 2-bis introdotto all'articolo 1 del provvedimento in esame, modificando la normativa vigente dispone che ove si verifichi la non autosufficienza del sistema di gestione dei rifiuti urbani non pericolosi prodotti in Campania, tale da non poter essere risolta con le strutture e dotazioni esistenti nella stessa Regione, «lo smaltimento in altre regioni di tali rifiuti avviene, in conformità al principio di leale collaborazione, mediante intesa tra la regione Campania e la singola regione interessata»;
in pratica il suddetto comma 2-bis impone la necessaria intesa tra la Regione Campania e la singola regione interessata, per lo smaltimento unicamente dei «rifiuti urbani non pericolosi» prodotti in Campania;
si è ancora in attesa di un chiarimento da parte del Ministero dell'Ambiente sulla reale classificazione dei rifiuti provenienti dagli impianti STIR ossia se debbano essere considerati rifiuti urbani o rifiuti speciali;
allo stato attuale comunque, in attesa di un intervento chiarificatore dal parte del Ministero, i rifiuti provenienti dagli impianti STIR vengono classificati come speciali ai sensi dell'articolo 184, comma 3, lettera g), del Codice ambientale, e come tali dovrebbero essere esclusi dagli accordi tra le regioni, di cui al suddetto comma 2-bis, consentendo loro di poter essere portati fuori regione sulla sola base di accordi tra regione o provincia campana e gli impianti extra regione,

impegna il Governo

a chiarire che la prevista intesa tra la Regione Campania e la singola regione interessata ad accogliere i rifiuti campani, di cui all'articolo 1, comma 2-bis, del disegno di legge in esame, debba essere prevista per i soli rifiuti urbani.
9/4999-A/49.Palagiano, Barbato, Aniello Formisano, Piffari, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del decreto-legge n. 195 del 2009, convertito, con modificazioni dalla legge n. 26 del 2010, aveva previsto, che fino al 31 dicembre 2010, le attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuassero ad essere gestite dai Comuni;
con il decreto legge n. 216 del 2012, il cosiddetto decreto «mille proroghe», tali competenze dei Comuni sono state confermate anche per l'anno 2012;
per tutto l'anno 2012 è stato invece mantenuto, in modo contraddittorio rispetto alle precedenti disposizioni, in capo alle province campane le funzioni in materia di accertamento, riscossione e gestione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e della tariffa integrata ambientale (TIA);
il continuare a mantenere ancora per un anno, seppur formalmente, in capo alle province campane aspetti legati al tributo sui rifiuti, quando le competenze in materia sono assegnate giustamente ai comuni, oltre ad essere un controsenso rischia di originare confusioni applicative, specie nei rapporti con gli organismi di riscossione, come viene segnalato da diverse Amministrazioni comunali;
peraltro ricordiamo che dal 2013 entra in vigore per tutto il territorio nazionale, il nuovo «tributo comunale sui rifiuti e sui servizi» previsto dal recente decreto-legge n. 201 del 2011 «Salva Italia»,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di anticipare il termine entro il quale le province campane debbano svolgere le funzioni in materia di accertamento, riscossione e gestione della TARSU, e della TIA, al fine di consentire ai comuni di svolgere tutte le funzioni connesse al ciclo integrato dei rifiuti;
a definire - nell'ambito delle proprie prerogative - in maniera chiara la fase di transizione e le procedure di passaggio delle competenze tra le province e i comuni campani, in previsione della prossima entrata in vigore del suddetto nuovo tributo comunale sui rifiuti previsto dal decreto legge «salva Italia».
9/4999-A/50.Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Piffari, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, riguarda la nomina da parte del presidente della regione Campania di commissari straordinari e il prolungamento da 12 a 24 mesi del loro mandato, ampliando i poteri a loro conferiti dalla normativa vigente, e attribuendo loro anche la facoltà di espropriare ulteriori aree, anche fra cave abbandonate o dismesse, per realizzarvi siti da destinare a discarica;
i medesimi commissari sono autorizzati a derogare agli strumenti urbanistici vigenti, alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali;
inoltre detti commissari straordinari possono esercitare in via sostitutiva le funzioni attribuite in materia agli enti locali;
con queste norme si torna a tutti gli effetti al precedente periodo commissariale del sottosegretario Bertolaso. Questa norma implica il semplice assunto che, secondo le norme vigenti, in alcuni luoghi, come la provincia di Napoli, non è possibile localizzare siti da destinare a discarica, e quindi nasconde l'inadeguatezza della legge regionale che identifica come ambiti ottimali le stesse province;
in realtà se si vuole che la Campania torni alla gestione normale bisogna consentire alle autorità locali di programmare il futuro del ciclo dei rifiuti, rispettando le norme vigenti, anche in considerazione dell'ultima infrazione europea, e permettere alle istituzioni campane di tornare a una gestione ordinaria dei rifiuti e di muoversi ed agire con efficacia nel pieno rispetto delle leggi vigenti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative legislative urgenti volte a riassegnare alla regione e agli enti locali campani i compiti e le funzioni loro attribuite dalla normativa vigente, ora assegnate ai commissari straordinari; a valutare l'opportunità di abrogare delle figure e comunque di ridurre i termini di scadenza del loro mandato, favorendo in tal modo il ritorno a una gestione ordinaria ed efficace del ciclo dei rifiuti, nel rispetto delle leggi e delle procedure poste a tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
9/4999-A/51.Barbato, Aniello Formisano, Palagiano, Piffari, Paladini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-bis del disegno di legge in esame, reca disposizioni concernenti la realizzazione degli impianti di termovalorizzazione della regione Campania;
in particolare si prevede la soppressione della norma prevista dal decreto legge 90/2008, che disponeva la realizzazione del termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa (CE), e si individua nel territorio del Comune di Giugliano l'area dove realizzare un impianto di recupero dei rifiuti;
inoltre il comma 3 del suddetto articolo 1-bis, prevede che al futuro impianto di recupero dei rifiuti di Giugliano, vengano attribuiti gli incentivi CIP6, che - in deroga alla normativa vigente - erano stati previsti (articolo 8-bis del decreto-legge 90/2008) per i termovalorizzatori della Regione Campania;
ricordiamo infatti che l'articolo 8-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, aveva espressamente previsto la concessione dei finanziamenti e degli incentivi pubblici CIP6, per gli impianti di termovalorizzazione localizzati nei territori dei comuni di Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa (CE);
il disegno di legge in esame prevede quindi che l'attribuzione degli incentivi CIP6 non riguardi più l'impianto di Santa Maria La Fossa (ora soppresso), ma venga invece concessa all'impianto di Giugliano;
si rammenta che le tariffe incentivate previste dalla delibera del Comitato interministeriale prezzi del 29 aprile 1992, n. 6, meglio nota come CIP6, dovevano finanziare unicamente le energie rinnovabili;
in realtà gli incentivi che in virtù del CIP6 vengono pagati dai cittadini con la loro bolletta elettrica (attraverso la «componente tariffaria A3»), non riguardano solamente le fonti di energia rinnovabile, ma includono anche le cosiddette «energie assimilate», ossia quelle energie prodotte da impianti che utilizzano calore di risulta o fumi di scarico, da impianti che usano gli scarti di lavorazione o di processi, termovalorizzatori, scarti di raffineria e rifiuti anche non biodegradabili, ecc.;
è invece necessario che gli incentivi vadano unicamente verso le produzioni di energia prodotta da fonti rinnovabili (eolico, geotermico, fotovoltaico, ecc.);
peraltro va ricordato che il comma 136, articolo 2, della legge finanziaria 2008, con una norma correttiva della legge finanziaria 2007, ha fatto salvi gli incentivi CIP6 ai soli impianti alimentati da fonti assimilate già realizzati ed operativi;
gli incentivi CIP6 che saranno concessi agli impianti non ancora realizzati sono quindi in deroga alla suddetta normativa vigente;

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative legislative volte ad escludere la concessione degli incentivi CIP6 agli impianti di recupero e trattamento dei rifiuti non ancora realizzati, nel rispetto della normativa vigente.
9/4999-A/52.Piffari, Aniello Formisano, Barbato, Palagiano, Paladini.

La Camera,
premesso che:
il testo del disegno di legge in esame come approvato dal Senato prevedeva l'articolo 3-ter soppresso successivamente durante i lavori in Commissione Ambiente alla Camera. L'articolo in questione recava misure volte ad agevolare i cosiddetti acquisti verdi e per incentivare lo sviluppo del mercato dei materiali da riciclo da recupero. Il comma 1 in particolare prevedeva tra l'altro, la definizione e l'aggiornamento dei capitolati speciali d'appalto per opere pubbliche, in modo da privilegiare l'impiego di: a) prodotti ottenuti dal riciclo degli pneumatici fuori uso, rispondenti agli standard ed alle norme tecniche di settore, ove esistenti;
ogni anno vengono dismesse 380 mila tonnellate di pneumatici esausti e di questi oltre 100mila finiscono nel mercato illegale della mafia. In pratica, una gomma ogni quattro delle nostre macchine va ad arricchire il mercato nero;
solo nell'ultimo anno la Polizia ha sequestrato 286 discariche abusive in Italia su un'area occupata di circa 822 mila metri quadrati, mentre sono state 1334 i sequestri di aree illegali;
da recenti analisi è emerso che la perdita economica per il bilancio statale è fra i 140 e i 170 milioni di euro solo per il mancato gettito d'Iva sulle vendite di pneumatici e una decina di milioni di euro per il mancato pagamento sulle attività di trattamento dei pneumatici e sugli smaltimenti;
sono quantificati in circa 30 milioni di euro i mancati ricavi degli impianti costretti a lavorare a regime ridotto e gli eventuali costi di bonifica delle 1334 discariche abusive di pneumatici sequestrate negli Ultimi 6 anni oscillerebbero fra i 400 e i 500 milioni di euro;
oltre all'illegalità di smaltire pneumatici in discariche in quanto vanno smaltiti separatamente, il danno a volte irreparabile si evidenzia dal punto di vista ambientale e paesaggistico;
in molte città l'utilizzo dei copertoni esausti per appiccare i roghi nelle discariche abusive è diventato il simbolo dell'ecomafia dove gli inceneritori a cielo aperto della camorra bruciano tutto il giorno e cancellano le tracce degli scarichi;
tenuto conto, inoltre, che dallo scorso settembre il consumatore che compra gomme nuove versa un contributo per i costi di gestione e recupero degli pneumatici fuori uso;
considerato che per gli investigatori gli pneumatici dismessi sono una delle tipologie più ricercate di rifiuti perché hanno un riutilizzo in vari settori;
uno dei settori normativi più rilevanti in tema di green economy, oltre a quelli delle fonti rinnovabili di energia e dell'efficienza e del risparmio energetico è sicuramente quello degli acquisti verdi o Green public procurement (GPP);
per agevolare e incentivare l'applicazione degli acquisti verdi, l'Unione europea ha promosso l'adozione di specifici piani d'azione nazionali;

impegna il Governo

ad affrontare in maniera più incisiva ed efficace il business delle ecomafie e del mercato nero dei pneumatici dismessi al fine di sopperire agli ammanchi nelle casse dello Stato e nelle aziende che operano nel settore;
ad affrontare la questione sotto il profilo ambientale ed ecologico in termini di inquinamento e bonifica dei territori.
9/4999-A/53.Di Stanislao, Piffari, Paladini.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'esame del provvedimento presso l'VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici, relativamente al tema dei sacchi per l'asporto delle merci biodegradabili che possono essere commercializzabili senza incorrere nel divieto imposto ai sensi dell'articolo 1, comma 1130, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come modificato dall'articolo 23, comma 21-novies, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il Governo ha accolto una modifica che prevede la possibilità di sostenere le imprese che all'interno del periodo di proroga intendano riconvertire o adeguare i propri impianti ai nuovi standard degli imballaggi non vietati;
la norma al riguardo prevede un decreto ministeriale da adottare entro il 31 dicembre 2012 che stabilisca ulteriori caratteristiche tecniche dei sacchetti biodegradabili, ai fini della loro commercializzazione, anche prevedendo forme di promozione della riconversione degli impianti esistenti, ma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
sarebbe quindi necessario individuare una fonte di finanziamento certa per sostenere le predette riconversioni,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori urgenti iniziative normative, che gli eventuali oneri derivanti dall'attuazione delle previsioni di cui al comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge in oggetto, in particolare quelli destinati alla promozione della riconversione degli impianti esistenti, siano posti a carico delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
9/4999-A/54.Follegot, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
la conversione in legge del decreto-legge in materia ambientale ha creato una profonda amarezza nel mondo agricolo a causa della soppressione dell'articolo 1-bis, recante misure in tema di rifiuti di attività agricole e di materiali vegetali, agricoli e forestali;
la norma soppressa conteneva modifiche al codice ambientale propizie per le aziende agricole, soprattutto di piccole dimensioni, prevedendo per esse varie semplificazioni e agevolazioni idonee a risolvere molti problemi che rischiano di porre l'intera agricoltura fuori mercato per i costi e gli adempimenti sempre più insostenibili con ricavi non remunerativi e in un quadro generale di riforma della PAC fortemente preoccupante. Si è dunque perduta un'occasione favorevole e matura per la soluzione dei problemi ambientali d'interesse agricolo che occorre assolutamente recuperare per fornire chiarezza e certezza alle aziende relativamente agli obblighi loro incombenti di carattere ambientale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte al reinserimento per le piccole e medie imprese dell'ampliamento della fascia d'esenzione dall'iscrizione al Sistri, fissando il relativo tetto a 300 kg/l anno, all'esenzione per i trasportatori in proprio dall'iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, nonché all'esclusione dalla normativa sui rifiuti delle materie fecali, delle potature urbane e del digestato allorché destinati come sottoprodotti all'utilizzazione agronomica o energetica.
9/4999-A/55.Santori, Caparini, Gidoni, Rainieri, Consiglio.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca misure volte a fronteggiare la situazione di criticità nella gestione dei rifiuti nella regione Campania, nonché ulteriori disposizioni che riguardano la realizzazione di impianti di digestione anaerobica della frazione organica derivante dai rifiuti presso gli impianti STIR o in altre aree confinanti ed il potenziamento delle funzioni dei commissari straordinari regionali per la realizzazione delle discariche;
con riferimento alla gestione di alcune categorie di rifiuti, gli enti locali evidenziano numerose difficoltà di carattere tecnico-amministrativo inerenti l'applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 2011, con il quale è stato approvato il nuovo modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) per l'anno 2012;
tale provvedimenti introduce, rispetto a quanto previsto dal precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 aprile 2010, una nuova modulistica e nuove modalità di compilazione delle dichiarazioni MUD, da parte di soggetti che effettuano la gestione di alcune categorie di rifiuti;
i termini ravvicinati dell'approvazione del suesposto decreto del 23 dicembre 2011, non rendono possibile per i soggetti obbligati alla dichiarazione MUD di modificare i propri sistemi di approvazione dei dati per adeguarli alle nuove richieste, in considerazione tra l'altro che sino ad oggi il sito web www.mudcomuni.it non risulta operativo ai fini della trasmissione dei dati,

impegna il Governo

a consentire agli enti locali e agli altri soggetti interessati di poter adempiere adeguatamente agli obblighi previsti dalla normativa vigente, l'utilizzo del modello unico di dichiarazione, di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70 allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 aprile 2010, per l'anno 2012, ai fini delle dichiarazioni da presentare, entro il 30 aprile 2012, con riferimento all'anno 2011.
9/4999-A/56.Osvaldo Napoli, Girlanda.

INTERPELLANZE URGENTI

Elementi ed iniziative in relazione ad attività ispettive presso la procura della Repubblica di Siracusa - 2-01404

A)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
il senatore Elio Lannutti ha presentato in data 28 febbraio 2012 una circostanziata interrogazione relativa ad una serie di articoli pubblicati in quotidiani e periodici siciliani relativi a consolidati legami tra esponenti della magistratura siracusana ed avvocati che esercitano la professione nella stessa città, relazioni dovute a parentele, amicizie ed affari, in grado di compromettere il corretto esercizio della giustizia nella città di Siracusa;
a seguito di tali inchieste giornalistiche e alla loro pubblicazione, risulta agli interpellanti che il Ministro interpellato avrebbe disposto, nei giorni scorsi, un'inchiesta amministrativa nei confronti di magistrati in servizio o già in servizio alla procura della Repubblica di Siracusa, per gravi fatti segnalati da numerosi articoli di stampa, interrogazioni parlamentari ed esposti; per lo svolgimento di tale inchiesta sarebbe stato delegato l'ispettorato generale presso il Ministero della giustizia;
a quanto risulta agli interpellanti, l'ispettorato generale non solo non ha tempestivamente avviato l'inchiesta già formalmente disposta, ma avrebbe addirittura espressamente posto in discussione le determinazioni già formalmente assunte dal Ministro interpellato in ordine ai magistrati nei confronti dei quali effettuare i doverosi accertamenti;
in particolare, a quanto risulta agli interpellanti, l'ispettorato avrebbe, con propria nota indirizzata al Ministro interpellato, richiesto la modifica dell'incarico di inchiesta, al fine di ottenere l'esclusione dagli accertamenti della posizione di un magistrato;
pertanto, per effetto di tale contrasto, ad avviso degli interpellanti inammissibile, l'inchiesta amministrativa, già disposta e che presenta profili di estrema delicatezza e carattere di urgenza, in ragione dell'eccezionale risonanza pubblica delle vicende che ne formano oggetto, risulterebbe bloccata -:
se quanto esposto in premessa risulti confermato e quali siano i motivi addotti dall'ispettorato a sostegno della propria condotta;
quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di garantire, sia in relazione alla vicenda in questione che per il futuro, comportamenti ispirati a equilibrio, correttezza ed imparzialità da parte dell'ispettorato generale;
se, alla luce dei fatti esposti, non intenda valutare l'adozione di tutti i provvedimenti di propria competenza.
(2-01404) «Ciccioli, Castellani, Barani, Mancuso, Stagno d'Alcontres, Roccella, Di Virgilio, Speciale, Laboccetta, Mazzoni, Pizzolante, Gottardo, Contento, Alberto Giorgetti, Bocciardo, Del Tenno, Iapicca, Osvaldo Napoli, Frassinetti, Garofalo, De Corato, Bertolini, Palmieri, Ceccacci Rubino, Di Caterina, Vella, Bianconi, Dima, Bellotti, Grassano, Tortoli, Toccafondi, Sbai, Marinello, Centemero, Stasi, Pili, Cassinelli, Rampelli, Rosso, Calderisi, Golfo, Tommaso Foti, Porcu, Murgia, Aracri».

Iniziative per il recupero di proficue relazioni industriali con particolare riferimento a vicende riguardanti lo stabilimento FIAT di Pomigliano d'Arco - 2-01407

B)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
gli ultimi episodi di negoziazioni contrattuali, conclusesi con adesioni parziali e l'esclusione di importanti organizzazioni sindacali, sollecitano un'attenzione particolare da parte di tutte le istituzioni, al fine di assicurare il recupero di proficue e ordinate relazioni industriali e di scongiurare un contenzioso giudiziario circa l'efficacia delle clausole contrattuali;
l'auspicata ripresa del già debole sistema economico italiano e la stessa credibilità delle parti sociali non hanno bisogno di reciproca delegittimazione e di incertezza giuridica, mentre alcune iniziative assunte da importanti realtà aziendali rischiano di alimentare contrapposizioni e un peggioramento delle relazioni sindacali;
sulla base di informazioni ottenute in seguito ad incontri con lavoratori della Fiat di Pomigliano d'Arco (Napoli) e da notizie diffuse dagli organi di comunicazione, sembrerebbe che nessuno dei nuovi assunti presso il suddetto stabilimento per la produzione della nuova Fiat Panda sia iscritto alla Cgil, mentre, al momento del referendum sull'accordo aziendale di Pomigliano d'Arco, risultavano iscritti alla Fiom Cgil circa 650 lavoratori;
attualmente la Fiat a Pomigliano d'Arco utilizza la cassa integrazione straordinaria per cessazione attività per circa 4.500 lavoratori; l'avvio della produzione della nuova Panda per ora ha permesso il rientro nello stabilimento di Pomigliano d'Arco di un limitato numero di addetti e a tutt'oggi non si sa con certezza quale sarà la quota effettiva di lavoratori non riassorbita dalla nuova società;
queste scelte finiscono per incidere pesantemente sulla condizione materiale dei tanti lavoratori coinvolti, come, ad esempio, denunciato dalla signora Carmen Abbazia nel corso della trasmissione televisiva Piazzapulita, in cui si evidenziava il dramma umano di chi vede compromessa la propria condizione lavorativa, economica e familiare in ragione delle propria appartenenza sindacale;
è di questi giorni la sentenza del tribunale di Potenza che ha sanzionato per comportamento antisindacale l'operato della dirigenza Fiat nei confronti di alcuni lavoratori iscritti alla Cgil e ha decretato il loro reintegro -:
quale sia l'orientamento del Governo in merito alle vicende sommariamente esposte in premessa;
se non ritenga di fornire ogni utile elemento in merito ai fatti evidenziati e alle iniziative che intende intraprendere, anche al fine di scongiurare il protrarsi di un clima controproducente di relazioni industriali, nonché il non auspicabile proliferare del contenzioso giudiziario.
(2-01407) «Boccia, Bocci, Boffa, Bonavitacola, Calvisi, Capodicasa, Cenni, Dal Moro, Damiano, De Pasquale, Esposito, Fadda, Fiano, Genovese, Giacomelli, Ginefra, Ginoble, Giovanelli, Graziano, Iannuzzi, Letta, Lovelli, Marchioni, Misiani, Oliverio, Piccolo, Picierno, Portas, Antonino Russo, Sanga, Trappolino, Andrea Orlando».

Problematiche concernenti i criteri dei bandi di gara previsti per i contratti per la gestione dei centri di identificazione ed espulsione, centri di soccorso e prima assistenza, centri di accoglienza e centri di accoglienza per richiedenti asilo, anche alla luce di un bando emanato dalla prefettura di Modena - 2-01405

C)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
la prefettura di Modena, ufficio territoriale del Governo, per l'affidamento della gestione del centro di identificazione ed espulsione di Modena con capienza di 60 posti disponibili e, di conseguenza, per l'affidamento dei contratti per le forniture ed i servizi necessari che rientrano nell'ambito dell'allegato IIB della direttiva 2004/18/CE e del corrispondente allegato IIB del codice dei contratti pubblici adottato con decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni e integrazioni, ha emanato avviso pubblico di bando di gara mediante l'applicazione del criterio del prezzo più basso (articolo 82 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) alla ditta che avrà presentato il ribasso più alto per costo giornaliero per ospite assistito;
l'appalto sarà affidato all'impresa partecipante che avrà presentato l'offerta più vantaggiosa per l'amministrazione unicamente in base al prezzo più basso. Si è stabilito, come prezzo posto a base d'asta, l'importo di euro 30,00, oltre iva, quale corrispettivo giornaliero per ospite assistito;
l'appalto ha per oggetto la fornitura dei servizi, di seguito elencati, relativi al funzionamento e alla gestione dei centri di accoglienza e più precisamente:
a) servizio di gestione amministrativa e di minuta sussistenza e manutenzione:
1) registrazione ospiti secondo le direttive impartite dall'amministrazione e custodia di effetti e risparmi personali dei medesimi;
2) registrazione dei visitatori, con annotazione degli estremi del provvedimento autorizzativi;
3) tenuta del magazzino, con relativi registri di carico, scarico, rimanenze e insussistenze, sia dei materiali acquistati dal gestore, sia di quelli eventualmente affidati dalla prefettura;
4) controllo e verifica delle utenze telefoniche, elettriche, idriche, gas e combustibile per riscaldamento;
5) forniture economato (beni di facile consumo, cancelleria ed altro) e servizio di provvista, all'esterno della struttura, di beni per le esigenze degli ospiti ed a loro spese;
6) tenuta di un'apposita scheda su supporto informatico dei dati relativi ai richiedenti asilo;
7) registrazione, in un apposito registro, delle entrate e delle uscite giornaliere degli ospiti, i quali devono essere dotati di un apposito tesserino contenente i dati anagrafici e la foto del titolare;
b) servizio di assistenza generica alla persona:
1) mediazione linguistica/culturale;
2) servizio di informazione sulla normativa concernente l'immigrazione, i diritti e doveri e la condizione dello straniero;
3) orientamento generale sulle regole comportamentali all'interno della struttura, nonché sull'organizzazione del centro;
4) distribuzione, conservazione e controllo dei pasti;
5) servizio di barbieria;
6) servizio di lavanderia;
7) assistenza, ove necessario, ai bambini e ai neonati;
8) altri servizi di assistenza generica alla persona;
c) servizio di assistenza sanitaria:
1) screening medico d'ingresso e conseguente compilazione di una scheda sanitaria per ciascun ospite;
2) primo soccorso sanitario, espletato in apposito presidio medico, allestito all'interno della struttura, adeguatamente fornito di quanto necessario per le cure ambulatoriali urgenti ed organizzato con la presenza di personale medico e paramedico, che garantisce l'assistenza fino all'eventuale ricovero presso strutture del servizio sanitario nazionale. A richiesta della prefettura, il primo soccorso viene prestato anche sui luoghi di sbarco;
3) eventuali trasferimenti presso strutture ospedaliere saranno effettuati secondo quanto previsto ex articolo 34 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
d) servizio di pulizia e igiene ambientale:
1) pulizia dei locali diurni e notturni, uffici ed aree comuni;
2) disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e deblattizzazione delle superfici;
3) raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali;
4) raccolta di liquami proveniente dalla rete fognaria interna non collegata alla rete comunale;
5) cura delle aree verdi;
e) fornitura dei seguenti beni:
1) pasti;
2) effetti letterecci;
3) prodotti per l'igiene personale;
4) vestiario;
5) generi di conforto;
è, ad avviso degli interpellanti, del tutto evidente che il criterio del prezzo più basso applicato ai bandi per la gestione dei centri di identificazione ed espulsione, centri di soccorso e prima assistenza, centri di accoglienza e centri di accoglienza per richiedenti asilo non può garantire le condizioni minime per l'accoglienza dei cittadini stranieri e provocherà un deterioramento delle già precarie condizioni dei trattenuti;
il criterio del prezzo più basso potrebbe configurarsi come un impedimento alla partecipazione al bando di affidamento della gestione dei centri di accoglienza da parte delle aziende che offrono maggiori garanzie di affidabilità e più radicate nel territorio di pertinenza e potrebbe, invece, favorire l'accesso ad organizzazioni non idonee e inesperte, se non addirittura affiliate alla criminalità -:
se non si ritenga di provvedere urgentemente all'immediata sospensione dell'avviso di bando di gara emanato dalla prefettura di Modena;
se non sia necessario e urgente rivedere i criteri dei bandi di gara previsti per i contratti in scadenza per la gestione dei centri di identificazione ed espulsione, centri di soccorso e prima assistenza, centri di accoglienza e centri di accoglienza per richiedenti asilo su tutto il territorio nazionale, al fine di tutelare la dignità delle persone ospitate, con particolare riferimento alle donne, ai bambini e ai minori non accompagnati, ai portatori di handicap, agli ammalati, agli anziani, e di garantire livelli di servizi più corrispondenti alle reali necessità e ai bisogni delle persone trattenute;
se non sia urgente ripristinare il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa per i bandi di gara per la gestione dei centri di accoglienza previsto dall'articolo 83 del decreto legislativo n. 163 del 2006, che tiene conto della qualità del progetto di lavoro, dei requisiti tecnici, delle convenzioni con le istituzioni del territorio e di tutta una serie di migliorie offerte alla stazione appaltante;
se non si ritenga urgente assumere iniziative normative per modificare i tempi previsti per la reclusione oggi fissati a 18 mesi a seguito del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89;
se non si ritenga utile favorire scelte di metodo più corrispondenti alla tutela dei diritti umani dei cittadini stranieri trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione, centri di soccorso e prima assistenza, centri di accoglienza e centri di accoglienza per richiedenti asilo.
(2-01405) «Zampa, Miglioli, Brandolini, Schirru, Grassi, Garavini, Mazzarella, Castagnetti, Andrea Orlando, Arturo Mario Luigi Parisi, La Forgia, Melis, Marchignoli, Madia, Lo Moro, Villecco Calipari, Viola, De Torre, Zucchi, Mattesini, Santagata, Codurelli, Concia, Cuperlo, Bossa, Capano, Tullo, Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD), Vannucci, Marini, Cuomo, Sbrollini, Verini, Boccuzzi, Pes, De Biasi, D'Incecco, Albini, Bucchino, Cardinale, Colaninno, Gatti, Lenzi, Miotto, Murer, Livia Turco».

Elementi in merito alle procedure di individuazione dei siti di Riano e di Corcolle quali siti di discariche - 2-01395

D)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'interno e per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
con l'interrogazione del 26 ottobre 2011, n. 4-13722, era stata richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una circostanziata informativa sull'idoneità del sito di Riano quale sito di discarica alternativa a Malagrotta, sollecitando una verifica sulla legittimità dell'ordinanza prefettizia che aveva individuato detto sito;
nei giorni scorsi la procura della Repubblica di Roma ha formalizzato l'apertura di un procedimento penale sull'individuazione del sito di Riano; falso materiale e ideologico il reato ipotizzato: segnatamente, sarebbero state alterate le distanze tra il sito e le abitazioni per ricondurle nei limiti di legge; le attuali cave di tufo non sarebbero dismesse; la falda acquifera sarebbe riportata come di scarsa entità mentre è il principale approvvigionamento di tutta l'area circostante; gli asseriti emungimenti sperimentali della falda non sarebbero stati effettuati; tra l'altro, il sito sarebbe localizzato all'interno di un'area definita ai sensi dell'articolo 23, tabella B, punto 4.8.2 delle norme del piano territoriale paesaggistico regionale, «paesaggio naturale di continuità», ove non è consentita la realizzazione di nuove discariche;
nell'ordinanza del 6 settembre 2011, con la quale il prefetto di Roma veniva nominato commissario straordinario per il superamento della situazione di emergenza ambientale legata alla gestione dei rifiuti, veniva disposto che il prefetto si sarebbe avvalso del supporto di due esperti «di chiara fama» nella materia;
tra i due esperti di chiara fama, il commissario provvedeva alla nomina dell'ingegner Pietro Moretti: dal relativo curriculum, tuttavia, si evince che le pertinenti esperienze professionali dell'ingegnere Moretti sono quasi esclusivamente concentrate su iniziative in Campania svolte dalla società Fibe, in qualche caso al centro di inchieste giudiziarie per presunti illeciti ambientali;
con ordinanza del 19 giugno 2008, il Presidente del Consiglio dei ministri, «tenuto conto degli addebiti di natura penale a carico dei rappresentanti delle società Fibe spa e Fibe Campania spa, già affidatarie del servizio di smaltimento rifiuti nella regione Campania», provvedeva al trasferimento delle relative competenze alle province della regione;
il prefetto, tuttavia, non ha ritenuto di attenersi ad analoghe considerazioni di opportunità e ha nominato, quale esperto di fiducia, uno dei tecnici che avevano prestato attività professionale proprio nell'ambito delle iniziative in Campania richiamate nella citata ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri;
con provvedimento del 2 dicembre 2011, il prefetto incaricava la società Cidiemme Engineering srl dell'esecuzione di tutte le attività propedeutiche alla progettazione della discarica nel sito di Corcolle, l'altro sito individuato insieme a Riano;
le attività commissionate alla Cidiemme Engineering srl comportano anche indagini e valutazioni tecniche suscettibili di confermare l'idoneità del sito;
risulta, tuttavia, che l'ingegnere Moretti sia uno dei soci della Cidiemme Engineering srl, con la conseguenza che lo stesso ingegnere Moretti, che aveva convalidato l'idoneità del sito di Corcolle, è ora chiamato, attraverso la propria società, a svolgere le indagini tecniche che dovrebbero confermare le proprie precedenti valutazioni;
risulta, infatti, dalla mozione approvata il 22 febbraio 2012 dal Consiglio superiore dei beni culturali e paesaggistici che la discarica che dovrebbe essere realizzata in località Corcolle San Vittorino, che costituisce un patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti dell'Unesco, si trova infatti all'interno di una zona in cui sussistono due vincoli archeologici ai sensi del decreto-legge n. 42 del 2004, già legge n. 1089 del 1939, a protezione dell'area di Villa Adriana e della Necropoli di Corcolle, in quanto la zona: è tutta estremamente ricca di presenze storiche ed archeologiche; è oggetto di vincoli paesaggistici, in quanto l'area della cava e quella circostante ricade nel reticolo idrografico del sottobacino Aniene; è interessata dal passaggio di numerosi corsi d'acqua pubblica ed interferisce con aree boschive;
con riguardo a Riano, il prefetto, in data 20 dicembre 2011, demandava le attività di progettazione e le connesse verifiche tecniche al provveditorato per le opere pubbliche per il Lazio, che le ha, a sua volta, demandate a Sogesid spa, società pubblica che opera quale soggetto strumentale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Quest'ultima, all'esito di una procedura ristretta chiusa in tre giorni lavorativi, le ha affidate a Tecnoin spa, società di Napoli che aveva già condotto le indagini nel sito campano di Chiaiano, ora chiuso per disastro ambientale e sul quale gli organi di informazione riferiscono di indagini della magistratura per infiltrazioni camorristiche. Da notizie stampa si apprende, inoltre, che la stessa società Tecnoin risulta indagata per illeciti nella discarica di Pianura in Campania -:
se il Governo sia a conoscenza dell'apertura di un'inchiesta della procura di Roma sull'individuazione del sito di Riano, dalla quale risulterebbero gravi irregolarità di rilievo penale nella valutazione dei dati che hanno condotto a ritenere idoneo detto sito;
se il Governo sia a conoscenza del fatto che le attività propedeutiche alla progettazione sul sito di Corcolle siano state affidate a una società, Cidiemme Engineering srl, che fa capo alla stessa persona fisica, l'ingegnere Pietro Moretti, che aveva svolto le verifiche sull'idoneità del sito, annoverato tra l'altro tra i siti dell'Unesco;
se il Governo sia a conoscenza del fatto che Sogesid spa, società strumentale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha affidato le indagini tecniche sul sito di Riano alla Tecnoin spa, società di Napoli che aveva, a suo tempo, condotto le verifiche tecniche sul sito di Chiaiano, da cui sono derivati i ben noti disastri ambientali;
se il Governo non intenda chiedere al commissario delegato per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma, in relazione all'imminente chiusura della discarica di Malagrotta ed alla conseguente necessità di realizzare un sito alternativo per lo smaltimento dei rifiuti con la massima urgenza, adeguate garanzie sull'iter e sulle competenze tecniche impiegate nelle verifiche a Riano e Corcolle, all'occorrenza assumendo le necessarie iniziative per la revoca degli incarichi già conferiti e avendo cura che, per le attività prodromiche alla progettazione eventuale dei siti di Riano e Corcolle, vengano impiegati professionisti e società non coinvolti in negative esperienze che hanno caratterizzato il percorso amministrativo di altri siti in altre regioni, tra cui la Campania, ed oggetto di indagini penali;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda intraprendere misure urgenti per evitare danni irreparabili al sito di Corcolle, in relazione ai vincoli paesaggistici e archeologici ivi esistenti, e al sito di Riano, che risulta inserito in un'area che, dal piano territoriale paesaggistico regionale, è stata già definita a rischio paesistico.
(2-01395) «Ferranti, Bratti, Gasbarra, Fioroni, Amici, Argentin, Carella, Coscia, Meta, Morassut, Pompili, Realacci, Rugghia, Sposetti, Tidei, Villecco Calipari, Bellanova, Benamati, Braga, Capano, Marco Carra, Cavallaro, Cilluffo, Concia, D'Antona, Garavini, Losacco, Lolli, Marchi, Margiotta, Mariani, Pierdomenico Martino, Melis, Pedoto, Picierno, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Gianni Farina».

Elementi in merito all'esondazione del fiume Magra e alla conseguente inondazione della città di Aulla, in provincia di Massa Carrara - 2-01377

E)

I sottoscritti chiedono di interpellare i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'interno, per sapere - premesso che:
in riferimento agli eventi alluvionali verificatisi il 25 e il 26 ottobre 2011 in Toscana e in Liguria, con particolare concentrazione di effetti nella zona della Lunigiana (Massa Carrara) e delle Cinque Terre (La Spezia) sono state molte le interrogazioni parlamentari anche del primo firmatario del presente atto;
fra le zone più colpite c'è la Lunigiana ed, in particolare, la città di Aulla, in provincia di Massa Carrara, che ha subito, oltre le due vittime, anche ingenti danni a molte zone dell'abitato cittadino a seguito dell'esondazione del fiume Magra;
il quartiere Matteotti del comune di Aulla che si trova sul torrente Aulella e le scuole medie costruite nel 1961, le scuole elementari degli anni Trenta, il palazzo Centurione del XVI secolo e la chiesa abaziale di San Caprasio dell'VIII secolo sono state inondate dalla risalita del fiume Magra nel torrente Aulella e, a causa di questa onda anomala d'acqua, quindi si è determinata una inondazione da sud (da valle) a nord (a monte). Per quanto attiene in particolare al palazzo Centurione e alla chiesa abaziale di Aulla, dalla loro costruzione non c'è memoria storica alcuna che riporti casi di allagamento (per la chiesa di San Caprasio si parla di un periodo di oltre un millennio);
chiunque abbia un minimo di conoscenza di opere idrauliche sa che i fiumi si devono far scorrere nei centri abitati e ci devono essere argini curati e mantenuti idonei per proteggere le città, che da secoli sorgono vicino ai corsi d'acqua, basti pensare a Roma e Parigi e altre milioni di importanti città; a monte di tali città devono essere eseguite opere di sicurezza idraulica come le casse di espansione, che nel caso di Aulla o non hanno funzionato o non sono state ben progettate dalle autorità competenti o, ancora, non sono state ben realizzate;
in altri casi le casse di espansione «previste» non sono state mai realizzate, come nel comune di Filattiera, per l'opposizione della popolazione, senza che il genio civile, l'autorità di bacino competente e la regione Toscana studiassero o realizzassero apposite opere idrauliche, alternative, complementari e/o supplementari per la messa in sicurezza dell'abitato;
dal 2003 al 2006 si è potenziato e rinforzato per oltre un chilometro l'argine a protezione dell'abitato di Aulla, esistente dagli anni Cinquanta, argine costato diversi milioni di euro; quindi, dopo il collaudo, è stato messo completamente in sicurezza l'abitato di Aulla;
orbene, non si comprende perché questo argine non ha funzionato; se è stato progettato idoneamente, se è stato realizzato correttamente e se il collaudo è stato effettuato da professionisti competenti ed è stato fatto adeguatamente: sono questi tutti interrogativi che meritano una risposta compresi i ritardi derivanti dal sequestro preventivo del cantiere aperto per la realizzazione ed il rinforzo dell'argine a protezione della città di Aulla, all'inizio dei lavori nel 2003 a seguito del quale è stato necessario un lungo e travagliato dissequestro da parte dell'amministrazione comunale con gli avvocati all'uopo incaricati;
viene da chiedersi come mai, sapendo da domenica 23 ottobre 2011 del peggioramento del tempo, non è stato gradualmente svuotato l'invaso della diga di Rocchetta (Teglia), contenente nei suoi 29 chilometri circa 5 milioni di metri cubi d'acqua, evitando di aggiungere altra acqua alla piena e acclarato che erano 2 milioni e 600 mila i metri cubi presenti all'inizio delle piogge nella diga quel 25 ottobre 2011;
risulta da fonti amministrative che il sindaco di Pontremoli ha inviato un fax alla prefettura, alla protezione civile della provincia e alla comunità montana della Lunigiana per informare che la piena era in arrivo a valle ancora 3 ore prima della tragedia di Aulla;
sin da domenica 23 ottobre 2011 era stato dato l'allarme e comunicata l'allerta meteo. La prefettura tramite la protezione civile ha inviato, a tutti i sindaci, l'allarme e addirittura il sindaco di Pontremoli (ciò risulta da fonti amministrative) aveva rimandato un fax chiedendo di allertare gli uffici della prefettura, della provincia e della comunità montana; solo la prefettura si sarebbe messa in contatto con il sindaco di Aulla annunciandogli quello che sarebbe accaduto qualche ora dopo, ma nessuno ad Aulla ha dato l'allarme;
le popolazioni sono rimaste non avvisate e, quindi, si tratta di una sciagura annunciata perché nessuno ha dato adeguate comunicazioni alla popolazione affinché fosse messa in salvo o fossero attuati i piani di protezione civile che sono necessari in un momento di così particolare pericolo per le popolazioni;
la via Lunigiana, che corre lungo l'argine, molto trafficata, già esistente dagli anni Cinquanta, non è stata chiusa, così come la sua parallela a circa 70 metri, via della Resistenza, che è rimasta aperta al traffico;
secondo Edison, gestore dell'invaso, tutte le operazioni si sono svolte secondo le procedure; queste, a quanto si sa, sono svolte ad opera di un solo dipendente o sorvegliante, prevedendo, in caso di piena, l'apertura degli scarichi di fondo che fanno defluire le acque sotto l'alveo del fiume in modo graduale, evitando di peggiorare la situazione;
risultano particolarmente incriminate le paratoie alte di sommità della diga, che, secondo alcuni, potrebbero essere state azionate manualmente;
a quanto viene detto da Edison, la centrale della diga era rimasta senza corrente elettrica e senza telefono fisso e/o telefonia mobile per avvertire le amministrazioni competenti, al fine di dare l'allarme alle loro popolazioni;
ci sono testimonianze di alcuni abitanti di Aulla, i quali riportano di essere stati avvertiti di mettersi al sicuro, perché stavano per essere aperte le paratoie della diga di Rocchetta;
una testimonianza, in particolare, risulta importante per dare un timing ai fatti del giorno 25 ottobre 2011. La signora Fleana Albertoni, in particolare, ha raccontato che «alle ore 16,20 mi sono recata ad una riunione presso la suola dell'infanzia di Aulla sita in via Resistenza. L'incontro scuola famiglia era stato organizzato per l'elezione dei rappresentanti dei genitori delle tre sezioni presenti nella sede. A causa del maltempo, già manifestatosi nel corso della giornata, anche se non in modo preoccupante, gli insegnanti, di comune accordo con i genitori presenti, hanno proposto di ritardare di qualche minuto l'inizio delle operazioni di votazione per dare l'opportunità a coloro che erano in ritardo a causa delle piogge, di arrivare e seguire la parte iniziale della riunione che prevedeva altri punti all'ordine del giorno, prima delle elezioni vere e proprie. Alle 16,45 circa la maestra fiduciaria di sede propone di iniziare la discussione anche se eravamo ancora una piccola minoranza di genitori. In base ai miei ricordi, non così dettagliati e precisi nei tempi, ma certi nei contenuti, prima che la maestra iniziasse la discussione dei punti in programma, o poco dopo l'inizio, alla maestra Lucia è squillato il cellulare. Lei ha subito risposto. È stata una breve telefonata. Appena chiusa la telefonata la maestra rivolgendosi alle sue colleghe e a noi mamme dei suoi alunni, disposte quindi nelle sue vicinanze, ha detto "era la mia mamma, ha detto che hanno aperto la diga di Teglia". C'è stato un attimo di tensione all'udire questa notizia, ma poi abbiamo tutti proseguito la riunione fino alle votazioni per l'elezione dei rappresentanti (omissis). Abitando nella strada parallela alla sede della scuola, ero andata a piedi e, se non ricordo male, il viaggio di ritorno verso casa l'ho fatto con l'ombrello chiuso! Prima di salire in casa, direi attorno alle 18,00, sono passata dallo studio Galeazzi (studio andato distrutto dall'alluvione), che si trova proprio al piano terra del mio palazzo, (omissis) mio marito che era a casa con i bimbi si affaccia dal terrazzo di casa che da proprio sul Magra a guardare il fiume e mi dice che la situazione era ancora tranquilla e che il fiume era ancora basso rispetto al ponte di Podenzana. Io gli racconto cosa la maestra Lucia ci aveva detto a scuola sull'apertura della diga di Teglia. Lui senza, purtroppo dare troppa importanza alla notizia, è partito di corsa per rientrare in ufficio perché, essendo geologo, immaginava che avrebbe avuto una serata molto impegnativa a causa del maltempo. Intorno alle 18,40 è andata via la corrente. Ho chiamato mio marito, che nel frattempo era arrivato in ufficio, e gli ho detto della mancanza della luce. Dopo mi sono affacciata alla finestra ed ho visto l'inizio del finimondo: il fiume era uscito dal suo letto aveva scavalcato il muretto e i cassonetti sotto casa galleggiavano già. Ho chiuso ho provato a richiamare mio marito, ma i telefoni non facevano già più bene. Quando riesco a parlare con mio marito gli dico di venire a casa. Mi riaffaccio e vedo acqua ovunque allora provo a richiamare mio marito per dirgli di non venire, ma non riesco a comunicare con lui. Io e i miei tre figli di 1, 4 e 6 anni andiamo insieme a dei vicini di pianerottolo e viviamo impotenti le ore più brutte della nostra vita. Mio marito riesco a risentirlo solo dopo circa 30 minuti. E mi dice che era riuscito salvarsi, ma che aveva dovuto abbandonare la nostra macchina in mezzo alla strada. Dopo scopriremo che anche l'altra macchina era andata persa, ma che tutti eravamo sani e salvi»;
altre testimonianze riportano dubbi sulla gestione delle procedure messe in atto dalla Edison, in una situazione preannunciata di emergenza, suscitando il dubbio che si sia tentato di sfruttare al massimo la situazione di intensa piovosità per fini produttivi, anziché adottare una soluzione prudente di deflusso delle acque;
testimonianza oggettiva e concreta che qualcosa di anomalo ed eccezionale è accaduto è dato dal fatto che un tratto di autostrada A15 (Parma-La Spezia), tra Aulla e Villafranca, ha visto divelta un'intera carreggiata sul ponte che attraversa il fiume Magra e si tratta di un'autostrada concepita per le piene millenarie;
un altro fatto oggettivo è dato dai rilevatori altimetrici del fiume Magra che, ad un certo punto della «piena», non hanno inviato più dati perché divelti dall'onda anomala, a poco distanza di tempo, sia a monte che a valle;
ad avviso degli interpellanti, se la situazione fosse stata gestita in maniera seria e corretta dal momento dell'allarme in poi, con più personale e non con una persona sola, magari di mezza età e con qualche acciacco, che sorvegliava la diga, forse i morti e i danni si sarebbero evitati;
forse le procedure burocratiche sono state rispettate, ma c'è da chiedersi se sono corrette e in linea con la normativa vigente o se devono essere riviste. Ci si chiede per quale motivo l'invaso della diga di Rocchetta, man mano che si riempie, non venga svuotato lentamente senza aspettare l'apertura acuta e violenta nella sua massima piena, che è quella che poi ha provocato a valle i danni e i morti. Questi gli inquietanti interrogativi a cui si dovrà dare risposta; sono questi i quesiti che ci si pone;
troppo spesso i drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali, che con cadenza annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
i dati meteorologici dicono che si è riversato un quantitativo d'acqua paragonabile a due volte la diga del Vajont, che nel lontano 1963 aveva procurato così tanti morti e distruzione. Si è trattato, insomma, di un evento eccezionale, che ha portato soprattutto la città di Aulla a subire due morti e dove oltre 300 persone sono state evacuate e una cinquantina è stata tratta in salvo dai vigili del fuoco con i gommoni;
i dati della protezione civile dicono che, prima dell'apertura della diga di Rocchetta, il fiume Magra e gli affluenti avevano un quantitativo d'acqua da piena cinquecentennale o, addirittura, millenaria;
il paesaggio lunare, che si è visto dopo l'alluvione (sradicamenti, alberi spezzati, terreni, vigneti, castagneti e uliveti secolari completamente distrutti), fa pensare proprio a una cattiva gestione da parte delle autorità competenti sulla gestione dei bacini idrici; questa potrebbe essere una delle cause o concause;
non sono state create negli ultimi 20 anni le casse di espansione previste in certe zone, come l'autorità di bacino e la Regione Toscana avevano prospettato ed indicato nella loro relazione per la messa in sicurezza a valle, in particolare nelle zone di Bocca di Magra, di Villafranca in Lunigiana, Aulla, Terrarossa e Pontremoli, cioè in tutti quei paesi e quelle numerosissime città che sorgono lungo il fiume Magra;
vi era e vi è la necessità e l'urgenza di creare casse di espansione in certe zone, ad esempio a Filattiera, dove la popolazione e l'amministrazione si sono ribellate per la loro realizzazione, o a Villafranca dove, pur essendo state costruite, sulle quattro previste in serie, se ne è fatta solo una e la quarta, poi, ha ceduto e si è rotta. Si tratta proprio di quella cassa di espansione che doveva salvare i paesi a valle, che è stata costruita in maniera anomala e insufficiente, si è riempita e, poi, rompendosi, quando è venuta l'onda anomala, ha riportato centinaia, migliaia di metri cubi d'acqua a valle, danneggiando i ponti che erano a valle e contribuendo alle esondazioni negli abitati a valle;
è ormai palese che vi è stata una cattiva gestione dei fiumi, perché gli stessi sono diventati veri e propri boschi, che non si possono più toccare; per conseguenza, gli alberi e la vegetazione abbondantissima sono stati divelti, quindi, hanno prodotto un effetto diga a livello della luce degli archi dei piloni dei ponti ed hanno buttato giù diversi ponti a monte di Aulla; poi, i ponti sono andati giù anche a valle e, dunque, hanno contribuito alla piena e all'esondazione del fiume Magra;
l'alveo del fiume, secondo i dizionari, è tutto quello dove passa il fiume tra un argine e l'altro e fuori dei due argini non è alveo; il riporto di ghiaia è salito negli ultimi vent'anni da cinque a otto metri, da un calcolo idraulico, matematico, quindi elementare; se il centro dell'alveo del fiume è a dorso di mulo e, quindi, è superiore al livello dell'argine, è ovvio che prima o poi l'acqua esce dall'argine, rompendolo;
i fiumi, in base all'ingegneria idraulica, nei centri delle città vanno tenuti puliti e l'acqua va fatta scorrere velocemente al centro dell'alveo, mentre fuori dai centri abitati va rallentata per fargli fare cassa di espansione; invece, i fiumi si sono gestiti in maniera disordinata, irrazionale e non corretta per le pressioni di pseudo ambientalisti di cultura non certamente corretta, ed è palese che, se il riporto di ghiaia nei fiumi è superiore agli argini stessi, l'acqua è portata ad uscire, soprattutto se il fiume non scorre al centro; ci si chiede perché per 20 anni non si sono rimodulati gli alvei e i bacini dei fiumi facendoli scorrere al centro, ammassando la ghiaia ai lati, contro quindi gli argini per proteggerli e perché non si sia provveduto alla rimozione delle piante e della ghiaia accumulatasi in eccesso che hanno innalzato di diversi metri l'alveo del fiume stesso;
la corretta morfologia dei fiumi è quella secondo cui al centro si fa scorrere l'acqua, non contro gli argini. E, invece, nel fiume Magra, lì al centro, c'erano gli accumuli di ghiaia che costringono l'acqua a scorrere contro gli argini perché nessuno dava autorizzazione a intervenire nei fiumi e li manteneva come la legge dell'idraulica avrebbe voluto, anche alla luce di una corretta manutenzione -:
di quali elementi i Ministri interpellati dispongano in merito alla corretta interpretazione dei fatti accaduti e sopra riportati circa la diga di Rocchetta e quali siano le procedure messe in campo dalla Edison per queste situazioni d'emergenza, se le stesse siano state certificate per l'immissione delle acque nell'invaso del Magra e, qualora ritenute non corrette, se non siano da rivedere, per evitare nuovi eventi drammatici;
se i Ministri interpellati non ritengano di assumere le opportune iniziative di competenza per accertare se la tragedia poteva essere evitata e se tutti i soggetti istituzionali coinvolti abbiano ottemperato ai propri compiti in relazione a tutti i corsi d'acqua della zona e alla tenuta e manutenzione degli argini e degli alvei dei fiumi e dei torrenti, sia nella fase d'allerta meteo sia nei piani di bacino approvati e mai attuati;
se, in particolare, il Governo non ritenga di promuovere, per quanto di competenza, una modifica delle procedure per far realizzare il dragaggio dei fiumi affinché i corsi d'acqua dolce siano periodicamente ricalibrati, così da farli scorrere in modo corretto, senza pericoli per le popolazioni e gli abitanti, cioè al centro con gli ammassi di ghiaia ai lati e senza alberi, arbusti e vegetazione varia.
(2-01377) «Barani, Girlanda, De Luca, Castellani, Di Virgilio, Bocciardo, Ciccioli, D'Anna, Palumbo, Fucci, Mancuso, Porcu, Abelli, Gioacchino Alfano, Pianetta, Scapagnini, Mussolini, Berruti, Cazzola, De Nichilo Rizzoli, Vincenzo Antonio Fontana, Ascierto, Barba, Bellotti, Boniver, Ceccacci Rubino, Pagano, Rotondi, Scelli, Tortoli, Barbieri, Vessa, Testoni, Bernardo, Gibiino, Germanà, Formichella, De Camillis, Lisi, Stanca, Lunardi, Raisi, Roccella, Luciano Rossi, Scandroglio, Speciale, Stagno d'Alcontres, Giammanco, Ghedini, Garofalo, Cosentino, Crimi, Ceroni, Antonino Foti, Tommaso Foti, Catone, Bergamini, Frassinetti, Massimo Parisi, Gregorio Fontana, Faenzi, Divella, Di Centa, Dell'Elce, De Corato, De Angelis, Aracu, Bianconi, Biasotti, Colucci, D'Alessandro, Marinello, Martinelli, Nola».

Elementi ed iniziative di competenza in relazione agli sviluppi delle indagini sulle emissioni di sostanze pericolose ed inquinanti da parte dello stabilimento Ilva di Taranto - 2-01400

F)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
in data 2 febbraio 2012 il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto, dottor Francesco Sebastio, ha inviato una lettera al Ministro interpellato, al presidente della regione Puglia, al presidente della provincia di Taranto, nonché al sindaco del comune di Taranto, allo scopo di segnalare i recenti sviluppi dell'indagine avviata nei confronti dei responsabili dell'impianto siderurgico di proprietà dell'Ilva s.p.a.;
l'indagine ha ad oggetto gravi ipotesi di reato in danno della comunità, quali il disastro doloso e/o colposo, l'avvelenamento di terreni e sostanze alimentari, il danneggiamento aggravato, nonché remissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, a cui si aggiungono numerose violazioni della normativa in materia di inquinamento atmosferico;
la comunicazione del procuratore Sebastio riporta che il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Taranto ha ammesso un importante incidente probatorio, disponendo una consulenza tecnica multidisciplinare, avente ad oggetto la ricostruzione dei fatti e le possibili conseguenze negative degli stessi sulla salute degli operai dello stabilimento e delle popolazioni che vivono nei centri abitati limitrofi;
in tale procedimento tutte le autorità destinatarie della lettera rivestono la qualifica di parti lese in senso tecnico e, in quanto tali, hanno ricevuto notizia dell'indagine in corso e della possibilità di partecipare all'incidente probatorio mediante rituale costituzione;
come si apprende dalla predetta lettera, solo l'amministrazione provinciale ha provveduto in tale senso, mentre il sindaco di Taranto ha partecipato all'udienza stessa;
nell'ambito dell'incidente probatorio in corso, è stata depositata dal primo collegio peritale una rilevante relazione scritta relativa alla composizione e alla qualità delle emissioni all'interno e all'esterno dello stabilimento;
come confermato dal procuratore Sebastio, in sede di audizione avanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti in data 21 febbraio 2012, verrà a breve depositata anche la relazione avente ad oggetto gli aspetti sanitari dell'inquinamento, la cui discussione è stata fissata dal giudice per le indagini preliminari per il 30 marzo 2012;
la comunicazione del procuratore Sebastio, indirizzata anche, come visto, al Ministro interpellato, rileva segnatamente che: «Dal contenuto della relazione tecnica già depositata si desumono elementi conoscitivi tali da destare particolare allarme, prescindendo, ovviamente, dalla definizione di una connotazione penalistica che rientra nella competenza di questo ufficio e che dovrà essere verificata all'atto del completamento delle ulteriori verifiche ancora in itinere»; e che «sta di fatto, però, che gli clienti fin qui accertati possono e debbono essere valutati dagli enti diretti destinatari di questa comunicazione, i quali sono titolari di specifici "poteri-doveri" di intervento in materia di tutela dell'ambiente e, soprattutto, in materia di tutela della salute ed incolumità delle persone, da esercitare senza ritardi». «Nel quadro di una doverosa collaborazione istituzionale e nell'assoluto rispetto delle relative competenze, i cui limiti non possono e non debbono essere superati, ritengo opportuno e doveroso segnalare la situazione, sì da consentire agli organi legittimati di poter esercitare poteri che la normativa loro attribuisce»; si richiede, infine, in vista degli eventuali successivi sviluppi dell'indagine, di informare con la massima urgenza la procura delle iniziative che i soggetti destinatari della comunicazione riterranno di adottare -:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza della lettera sopra citata e, in particolare, dei preoccupanti elementi emersi, in sede di incidente probatorio, in merito alle sostanze pericolose che compongono le emissioni dell'impianto Ilva di Taranto e delle comunicazioni del 14 febbraio e 2 marzo 2012, in cui il servizio rischi industriali della regione Puglia fa rilevare che la perizia chimica introduce elementi nuovi rispetto all'autorizzazione integrata ambientale, esponendo successivamente uguali perplessità in merito all'indagine epidemiologica;
quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere a seguito di queste segnalazioni, in doverosa collaborazione con l'autorità giudiziaria e gli enti territoriali, in qualità di ente preposto alla tutela dell'ambiente e della salubrità delle condizioni di vita e lavoro della popolazione, e se, alla luce di quanto esposto, non ritenga opportuno riaprire i termini che nell'agosto del 2011 condussero il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore a concedere allo stabilimento siderurgico tarantino l'autorizzazione integrata ambientale.
(2-01400) «Bratti, Pecorella, Vico, Franceschini, Mariani».

Iniziative volte a prevedere la possibilità di accedere e frequentare il tirocinio formativo attivo senza sostenere i test di accesso per i docenti non abilitati all'insegnamento, ma che hanno maturato i requisiti per insegnare - 2-01397

G)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
c'è una situazione paradossale che si sta verificando nella scuola, che riguarda l'imminente avvio del tirocinio formativo attivo (tfa) che consentirà di conseguire l'abilitazione all'insegnamento ai neolaureati e a chi, come migliaia di italiani, in mancanza di docenti abilitati, sta già insegnando da anni tramite quella che viene chiamata «III fascia di Istituto», cioè una categoria di docenti non abilitati all'insegnamento da concorso o corsi specifici, ma che hanno i requisiti per insegnare (laurea del vecchio ordinamento o specialistica);
con la riforma Gelmini, solo per accedere a questo nuovo corso abilitante e non per entrare di ruolo tramite graduatoria come avveniva per le Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario - perché per avere il ruolo è necessario un concorso - c'è una tripletta di test di accesso da superare;
queste persone ritengono ingiusto che dopo aver già insegnato, cioè valutato, promosso, bocciato ed esaminato centinaia di alunni (senza considerare tutti i corsi di aggiornamento seguiti in qualità di docenti) debbano ancora essere sottoposte a una valutazione per sapere se sono in grado o no di insegnare, e i test rischiano di favorire solo i giovani neolaureati, visto che riguardano materie di studio universitario e non i programmi insegnati nelle scuole;
negli altri Stati europei non si parla di corsi abilitanti, ma la laurea è abilitante di per sé e dopo tre assunzioni a tempo determinato il rapporto di lavoro dovrebbe diventare indeterminato;
nel 2005, grazie al decreto ministeriale n. 85, chiunque avesse maturato almeno 360 giorni di servizio ha potuto frequentare la Scuola di specializzazione all'insegnamento secondario, senza test di accesso entrando in una graduatoria ad esaurimento per il ruolo. Ora, invece, i docenti che dal 2006 non hanno più avuto la possibilità di abilitarsi (in quanto le Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario sono state chiuse) e, nel frattempo, hanno maturati più di mille giorni di servizio, devono competere con chi non ha nemmeno mai visto una classe di ragazzi -:
se il Ministro interpellato ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di consentire a questa categoria di docenti la possibilità di accedere e frequentare il tirocinio formativo attivo senza passare dalle preselezioni.
(2-01397) «Mazzoni, Massimo Parisi, Castellani, Picchi, Speciale, Moles, Lainati, Berardi, Rosso, Di Caterina, Castiello, Toccafondi, Gottardo, Mazzuca, Holzmann, Giro, Sammarco, Iannarilli, Faenzi, D'Alessandro, De Corato, Garagnani, Pelino, Beccalossi, Bonciani, De Camillis, Mantovano, Milanese, Del Tenno, Petrenga, Bianconi, Mottola».

Informazioni circa l'incidenza degli strumenti finanziari derivati nell'ambito della complessiva esposizione debitoria dello Stato italiano - 2-01385

H)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
un interessante articolo è stato pubblicato il 4 febbraio 2012 sull'autorevole International Financing Review (si veda il sito ifre.com) e ripreso sul sito linkiesta dal giornalista economico Nicolò Cavalli, articolo che getta luce su un importante aspetto della composizione del debito pubblico del nostro Paese e, quindi, sulla sua sostenibilità. Si tratta di capire, infatti, quanti derivati possiede il Ministero dell'economia e delle finanze italiano nel suo portafoglio;
come riportato quasi un anno fa dal Wall Street Italia, il New York Times ha sostenuto che, a partire dal 1996, l'Italia avrebbe «truccato» i propri conti utilizzando derivati grazie all'aiuto di JP Morgan;
su questo argomento tutti i Governi succedutisi nel tempo hanno mantenuto uno scrupoloso silenzio, anche quando, il 19 dicembre del 2009, il Fatto Quotidiano aveva segnalato uno strano fenomeno: i tassi di interesse scendevano, ma lo Stato continuava a pagare sempre lo stesso tasso sullo stock di debito;
i dati Eurostat rivelano che il Ministero dell'economia e delle finanze italiano ha utilizzato massicciamente i derivati, in particolare dal 1998 al 2008, utilizzando cross currency swap e interest rate swap, ma anche cartolarizzazioni. Ciò che si sa dai dati Eurostat è che l'Italia ha guadagnato su questi strumenti almeno fino al 2006, anno in cui la tendenza ha iniziato ad invertirsi e le perdite hanno iniziato a materializzarsi. Per gli anni successivi non esistono dati accertati, a causa dell'assenza di informazioni provenienti da fonti ufficiali;
la maggior parte delle stime sostiene che i derivati del Ministero dell'economia e delle finanze abbiano un valore di circa 30 miliardi di euro, e molti banchieri sostengono che l'Italia sia il più grande utilizzatore sovrano di strumenti derivati. Ciò non sarebbe un problema in sé, se non fosse che l'opacità informativa rischia di alimentare dubbi circa la sostenibilità di questo stock di contratti, in particolare in un momento in cui nessun Paese è bersagliato come l'Italia, con 29 miliardi di dollari di scommesse contrarie su oltre 7500 contratti di solidarietà;
la questione è tutt'altro che irrilevante: l'articolo di Ifre prende l'esempio di Morgan Stanley, che ha recentemente ridotto la sua esposizione in swap verso l'Italia di circa 3,4 miliardi di dollari. Se questo interest rate swap fosse stato ristrutturato e assegnato a un'altra banca, allora l'Italia non sarebbe stata particolarmente toccata dalla vicenda. Ma se lo swap fosse stato chiuso, allora l'Italia avrebbe dovuto pagare almeno 2 miliardi di euro;
l'European Bank Authority riporta che l'Italia è esposta per 5,1 miliardi di euro in swap verso le banche europee e ciò non include quelle statunitensi, quelle svizzere né quelle inglesi. Se gli investitori decidessero di chiudere queste posizioni, che sono peraltro più costose con il nuovo regime regolatorio, l'Italia si troverebbe d'improvviso a dover pagare svariati miliardi di euro -:
quale sia la reale esposizione italiana al rischio sopra indicato e come possa incidere sulla tenuta dei conti pubblici italiani.
(2-01385) «Borghesi, Donadi, Mura, Messina, Barbato».

Iniziative per fronteggiare la crisi alimentare nel Corno d'Africa - 2-01388

I)

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
il 15 febbraio 2012 a Roma, nella sede del Programma alimentare mondiale, tutte le agenzie Onu hanno lanciato un nuovo «allarme fame» per milioni di persone, a causa dell'affacciarsi di un'altra drammatica carestia, dopo quella che ha colpito il Corno d'Africa;
questa volta l'area colpita dalla carestia è quella del Sahel, una vasta area di territorio nell'Africa occidentale che include parti di numerosi Paesi, come Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso, Camerun, Senegal, Gambia e Nigeria del nord. Per la terza volta in dieci anni la siccità sta colpendo la regione del Sahel, con circa 10 milioni di persone a rischio e proprio in un momento in cui molte famiglie tentano di ricostruire le proprie vite dopo l'ultima crisi alimentare nel 2010;
in tutta la fascia a sud del deserto del Sahara si rilevano emergenze alimentari straordinarie dovute all'effetto combinato delle scarse piogge, dell'alto prezzo del cibo, dell'instabilità politica di alcune zone e del calo di produzione di cereali di oltre il 50 per cento rispetto al 2011;
a preoccupare è anche l'intrecciarsi della carestia con l'instabilità di questa vastissima area del continente, potenzialmente esplosiva; si rilevano in tal senso l'insicurezza nel Mali per le recenti ribellioni delle popolazioni tuareg a Nord del Paese e le violenze crescenti nel nord della Nigeria che hanno provocato interruzioni nei flussi commerciali con aumenti sui prezzi dei generi alimentari nelle aree di confine con il Niger;
i livelli di insicurezza alimentare in Africa occidentale stanno progressivamente aumentando: gli agricoltori nella regione hanno visto i loro raccolti diminuire del 14 per cento in Burkina Faso e del 46 per cento in Mauritania; secondo il Governo del Niger, oltre 5,5 milioni di persone nel Paese corrono il rischio di soffrire la fame; in Ciad, sei delle undici regioni che si estendono sul Sahel, registrano livelli critici di malnutrizione, mentre nelle altre cinque regioni i livelli sono considerati molto seri;
secondo Olivier De Schutter, relatore speciale dell'Onu per il diritto al cibo, nell'immediato futuro il Sahel diventerà enormemente dipendente dall'importazione di cibo, costretto ad acquistarlo a prezzi esorbitanti sui mercati internazionali;
dall'inizio di febbraio del 2012 almeno 22 mila persone si sono spostate dalle loro terre alla ricerca di assistenza aggiungendosi alle popolazioni già costrette a sfollare per i numerosi conflitti dell'area, aggravatisi nel 2011 con la guerra in Libia;
si calcola che, a partire dal mese di marzo 2012, milioni di persone saranno in pericolo di grave malnutrizione e di morte per fame, e a rischio sono soprattutto le fasce più vulnerabili della popolazione, bambini, donne in gravidanza e in allattamento;
l'allarme sulla nuova emergenza umanitaria è stato lanciato anche dall'Unicef e da due organizzazioni non governative che operano nei Paesi coinvolti, ossia dall'italiana Intersos e dalla francese Action contre la faim (Acf); anche l'Organizzazione dell'Onu per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) e il Programma alimentare mondiale (World food program-WFP) stanno mettendo in campo le proprie risorse per evitare che la crisi possa peggiorare, ma è necessario che anche gli altri attori internazionali facciano la loro parte intervenendo rapidamente e con efficacia;
all'inizio di febbraio l'Onu ha dichiarato che la fase critica della carestia nel Corno d'Africa si è conclusa; tuttavia, le popolazioni della regione africana dipendono quasi completamente dagli aiuti delle organizzazioni umanitarie ed è ancora lontano il tetto dei 750 milioni di dollari di cui l'Onu ha bisogno per fare fronte all'emergenza. Sembra, dunque, non bastare l'ulteriore sforzo compiuto dall'Unione europea che il 20 gennaio 2012 ha raddoppiato gli aiuti per la regione, passando da 45 milioni di euro nel 2011 a 105 milioni per il 2012;
preoccupa l'insufficienza e la mancata implementazione di politiche a lungo termine in grado di affrontare le cause della povertà e delle crisi alimentari ricorrenti, nonostante i numerosi impegni annunciati dalla comunità internazionale in questi ultimi anni in tema di sicurezza alimentare; sono rimasti pressoché disattesi gli obiettivi della «Dichiarazione di Maputo» sull'agricoltura e la sicurezza alimentare con cui nel 2003 i Governi africani si erano impegnati a destinare all'agricoltura almeno il 10 per cento dei bilanci nazionali annuali (in alcuni Paesi come la Somalia non si è raggiunto neanche l'1 per cento) -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per fronteggiare l'emergenza della nuova carestia in Sahel e la crisi alimentare nel Corno d'Africa, anche in ragione di un ruolo storico svolto dall'Italia e dalle numerose associazioni di volontariato presenti nel nostro Paese, da anni impegnate in progetti di cooperazione in favore delle aree geografiche più povere del continente africano;
se il Governo non ritenga di dover intraprendere misure concrete per sostenere le azioni delle agenzie Onu, in particolare della Fao e del World food program, per scongiurare gli effetti di una crisi umanitaria di proporzioni drammatiche e dalle conseguenze incalcolabili.
(2-01388) «Pistelli, Touadi, Tempestini, Melandri, Veltroni, Narducci, Maran, Barbi, Mogherini Rebesani, Sarubbi, Colombo, Corsini, Fedi, Mecacci, Porta, Albonetti, Castagnetti, Farinone, Losacco, Lucà, Luongo, Pompili, Beltrandi, Gianni Farina, Garofani, La Forgia, Laganà Fortugno, Recchia, Rosato, Rugghia, Migliavacca».