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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 22 novembre 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 22 novembre 2012.

  Albonetti, Alessandri, Antonione, Barbieri, Bergamini, Bindi, Bongiorno, Boniver, Borghesi, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Di Biagio, Dozzo, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Garavini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, La Malfa, Leo, Leone, Lombardo, Lucà, Lupi, Lusetti, Martini, Antonio Martino, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mogherini Rebesani, Mura, Mussolini, Nucara, Palumbo, Pisacane, Pisicchio, Razzi, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Zeller.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Albonetti, Alessandri, Antonione, Bindi, Bongiorno, Boniver, Borghesi, Brugger, Bruno, Buonfiglio, Buttiglione, Calderisi, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Dozzo, Duilio, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, La Malfa, Leo, Leone, Lo Moro, Lombardo, Lucà, Lupi, Martini, Antonio Martino, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mura, Mussolini, Nucara, Palumbo, Mario Pepe (PD), Pisacane, Pisicchio, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Volontè, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 21 novembre 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GIORGIO MERLO ed altri: «Disposizioni per l'imputazione alle società calcistiche professionistiche dei costi relativi all'impiego delle Forze di polizia per il mantenimento dell'ordine pubblico durante le partite e nelle trasferte dei tifosi» (5595);
   CARLUCCI: «Disposizioni riguardanti la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali e assicurativi pubblici, degli enti previdenziali privatizzati e delle società partecipate dallo Stato» (5596);
   REGUZZONI: «Abrogazione della legge 21 dicembre 2005, n. 270, recante modifiche alle norme per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, e ripristino dell'efficacia delle disposizioni preesistenti» (5597);
   LOSACCO e ZANI: «Modifiche al decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, e alla legge 7 marzo 1996, n. 108, in materia di esercizio dell'agenzia in attività finanziaria e dell'attività di mediazione creditizia» (5598);
   LAINATI: «Disposizioni concernenti il congedo anticipato di personale militare e il suo impiego per la prestazione di servizi tecnico-logistici e di sicurezza» (5599).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge FIORONI ed altri: «Istituzione del Fondo per la non autosufficienza» (5319) è Stata successivamente sottoscritta dal deputato Lo Moro.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   VII Commissione (Cultura):
  DE PASQUALE: «Modifica all'articolo 5 del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, concernente la disciplina dell'adozione dei libri di testo nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo e di secondo grado» (5310) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   X Commissione (Attività produttive):
  S. 3270. – FRONER ed altri; ANNA TERESA FORMISANO; BUTTIGLIONE ed altri; DELLA VEDOVA e CAZZOLA; QUARTIANI ed altri: «Disposizioni in materia di professioni non organizzate» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (1934-2077-3131-3488-3917-B) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XI, XII e XIV.

   XI Commissione (Lavoro):
  BRIGUGLIO ed altri: «Modifiche all'articolo 17 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, in materia di termini per la stabilizzazione di personale che ha prestato servizio presso pubbliche amministrazioni, e all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle regioni a statuto speciale e dagli enti territoriali facenti parte delle medesime» (5533) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   XII Commissione (Affari sociali):
  LAURA MOLTENI e FABI: «Riconoscimento della sindrome post-polio come malattia cronica e invalidante, nonché disposizioni per promuovere la ricerca, la diagnosi e la riabilitazione» (5575) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 15 novembre 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato, in relazione a interventi da realizzare tramite contributi assegnati in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dai soggetti sottoindicati:
   comune di Cittadella (Padova), a valere sul contributo concesso nel 2010, per l'esecuzione di ulteriori interventi nella cinta muraria del comune di Cittadella – Quadrante sud/est – III e IV intervento;
   Ministero per i beni culturali e le attività culturali – Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Abruzzo – L'Aquila, a valere sul contributo concesso nel 2009, per il completamento dei lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa dei Beato Andrea da Montereale (L'Aquila).

  Tali comunicazioni sono trasmesse alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

  La Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato – con lettera in data 20 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 13 del 2012, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 25 ottobre 2012, e la relativa relazione concernente la gestione dei lavori di interesse statale sulle Grandi stazioni e rispetto delle finalità sottese alla contribuzione pubblica dello Stato pertinente all'attuazione della legge obiettivo.

  Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio), alla VIII Commissione (Ambiente) e alla IX Commissione (Trasporti).

  La Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – con lettera in data 20 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa, per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 472).

  Questo documento è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  La Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – con lettera in data 21 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS), per gli esercizi 2010 e 2011. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV. n. 473).

  Questo documento è stato trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissioni dal ministro degli affari esteri.

  Il ministro degli affari esteri, con lettera del 20 novembre 2012, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno FRONER ed altri n. 9/2451-A/2, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 25 ottobre 2011, concernente la ratifica del protocollo sui trasporti della Convenzione per la protezione delle Alpi.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri), competente per materia.

  Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 21 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera g), della legge 22 dicembre 1990, n. 401, la relazione sull'attività svolta nel 2011 per la riforma degli Istituti italiani di cultura e sugli interventi per la promozione della cultura e della lingua italiane all'estero, corredata dal rapporto della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana riferito alla medesima annualità (doc. LXXX, n. 5).

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport.

  Il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, con lettera del 20 novembre 2012, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno FORCOLIN ed altri n. 9/5273-A/60, e FUGATTI n. 9/5273-A/61, accolti dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 3 luglio 2012, concernente l'istituzione da parte della Provincia autonoma di Trento delle Comunità di valle.

  La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), competente per materia.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 21 novembre 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo – Attuazione e sviluppo della politica comune in materia di visti per stimolare la crescita nell'Unione europea (COM(2012)649 final), che è assegnata in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
   Relazione della Commissione al Parlamentare europeo e al Consiglio sulla valutazione delle finanze dell'Unione in base ai risultati conseguiti (COM(2012)675 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

  Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 20 novembre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell'articolo 14, comma 21, lettera c), della legge 28 novembre 2005, n. 246, la richiesta di parere parlamentare sul nuovo testo dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante la determinazione del maggior fabbisogno relativo agli anni 2003-2007 in favore di alcune regioni per l'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi degli articoli 8 e 12 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, in materia di trasporto pubblico locale (516).

  Tale richiesta è assegnata, dal Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, alla Commissione parlamentare per la semplificazione, che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 22 dicembre 2012.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (LEGGE DI STABILITÀ 2013) (A.C. 5534-BIS-A)

A.C. 5534-bis-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è l'unica associazione che in forza del regio decreto n. 1789 del 29 luglio 1923 e del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 (Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1979 n. 62), essendo posta sotto la vigilanza del Governo (decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 1990 in Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1990 n. 134), rappresenta tutti i ciechi, e gli ipovedenti italiani, un universo di circa 1.800.000 persone, e non soltanto i propri iscritti. Inoltre, l'Unione è l'unica associazione che ha scelto di non limitare il proprio impegno al ruolo di rappresentanza e tutela, ma di estenderlo all'erogazione diretta di servizi ai ciechi e agli ipovedenti iscritti e non iscritti all'associazione;
    l'Unione italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è l'unica associazione posta sotto il controllo della Corte dei Conti che redige annualmente la relazione al Parlamento sulle attività dell'Unione. Detta Corte così si esprime nei confronti dell'organizzazione: «L'Unione anche nel periodo oggetto di referto si conferma ... punto di riferimento per i non vedenti anche considerato l'elevato numero di aderenti al sodalizio, continuando ad operare con convinzione e tenacia, anche in presenza di difficoltà oggettive»;
    la cecità rappresenta una minorazione gravissima i cui condizionamenti si sono accresciuti con l'avvento della civiltà delle immagini: le più recenti ricerche hanno confermato che l'83 per cento delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso il canale visivo, essa incide, quindi, non soltanto sulla mobilità della persona cieca ma su tutti gli aspetti della vita: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l'informazione, la cultura, la prevenzione della cecità, la riabilitazione, l'accesso ai beni culturali, alle attività sportive ed al tempo libero;
    tali condizionamenti richiedono l'erogazione di servizi specialistici che il settore pubblico non era e non è in grado di assicurare, motivo per il quale il legislatore ha scelto di concedere all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti con diverse leggi nate anche in compensazione di specifici tributi soppressi il cui gettito aveva analoga destinazione – contributi finalizzati all'erogazione dei summenzionati servizi che vanno dal settore dell'integrazione scolastica, alla assistenza personale ai disabili visivi, dal settore della pensionistica alla produzione di pubblicazioni in Braille e in caratteri ingranditi diffuse gratuitamente, dal settore della formazione a quello della riabilitazione e della ricerca;
    l'articolo 4, comma 17, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto a decorrere dal 2012 una decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo compensativo annuo concesso all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, fissandolo in euro 65.828, costringendo l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ad interrompere l'erogazione di molti dei predetti servizi a solo danno dell'utenza rappresentata dai ciechi, dagli ipovedenti e dalle loro famiglie e a collocare temporaneamente il proprio personale in cassa integrazione con la prospettiva del licenziamento;
    l'articolo 4, comma 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto una ulteriore analoga decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo annuo concesso all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.Ri.Fo.R.) ed all'Istituto europeo ricerca, formazione orientamento professionale (I.E.R.F.O.P.), fissandolo in euro 291.142, costringendo anche in questo caso entrambi gli enti a sospendere di fatto la propria attività in favore dei disabili visivi;
    in più occasioni, e da ultimo il 19 ottobre us., a margine del vertice dei 27 che si è tenuto a Bruxelles, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha ricordato che eventuali modifiche alla legge di stabilità potranno essere valutate solo «a saldi invariati»;
    la legge 157/92 all'articolo 24 istituisce un fondo presso il Ministero del tesoro la cui dotazione è alimentata da una addizionale alla tassa di cui al numero 26, sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni. Il 95 per cento di tale fondo è ripartito fra le associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza associativa,

impegna il Governo

a ripristinare nei loro importo originario i contributi di cui all'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, e di cui all'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379, attingendo, nella misura necessaria, al 95 per cento delle risorse, anche relative a diverse annualità, del fondo di cui all'articolo 24 della legge n. 157 del 1992.
9/5534-bis-A/1Brambilla.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è l'unica associazione che in forza del regio decreto n. 1789 del 29 luglio 1923 e del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 (Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1979 n. 62), essendo posta sotto la vigilanza del Governo (decreto del Presidente della Repubblica 17 febbraio 1990 in Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1990 n. 134), rappresenta tutti i ciechi, e gli ipovedenti italiani, un universo di circa 1.800.000 persone, e non soltanto i propri iscritti. Inoltre, l'Unione è l'unica associazione che ha scelto di non limitare il proprio impegno al ruolo di rappresentanza e tutela, ma di estenderlo all'erogazione diretta di servizi ai ciechi e agli ipovedenti iscritti e non iscritti all'associazione;
    l'Unione italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è l'unica associazione posta sotto il controllo della Corte dei Conti che redige annualmente la relazione al Parlamento sulle attività dell'Unione. Detta Corte così si esprime nei confronti dell'organizzazione: «L'Unione anche nel periodo oggetto di referto si conferma ... punto di riferimento per i non vedenti anche considerato l'elevato numero di aderenti al sodalizio, continuando ad operare con convinzione e tenacia, anche in presenza di difficoltà oggettive»;
    la cecità rappresenta una minorazione gravissima i cui condizionamenti si sono accresciuti con l'avvento della civiltà delle immagini: le più recenti ricerche hanno confermato che l'83 per cento delle informazioni che arrivano al cervello passano attraverso il canale visivo, essa incide, quindi, non soltanto sulla mobilità della persona cieca ma su tutti gli aspetti della vita: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, l'informazione, la cultura, la prevenzione della cecità, la riabilitazione, l'accesso ai beni culturali, alle attività sportive ed al tempo libero;
    tali condizionamenti richiedono l'erogazione di servizi specialistici che il settore pubblico non era e non è in grado di assicurare, motivo per il quale il legislatore ha scelto di concedere all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti con diverse leggi nate anche in compensazione di specifici tributi soppressi il cui gettito aveva analoga destinazione – contributi finalizzati all'erogazione dei summenzionati servizi che vanno dal settore dell'integrazione scolastica, alla assistenza personale ai disabili visivi, dal settore della pensionistica alla produzione di pubblicazioni in Braille e in caratteri ingranditi diffuse gratuitamente, dal settore della formazione a quello della riabilitazione e della ricerca;
    l'articolo 4, comma 17, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto a decorrere dal 2012 una decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo compensativo annuo concesso all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, fissandolo in euro 65.828, costringendo l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ad interrompere l'erogazione di molti dei predetti servizi a solo danno dell'utenza rappresentata dai ciechi, dagli ipovedenti e dalle loro famiglie e a collocare temporaneamente il proprio personale in cassa integrazione con la prospettiva del licenziamento;
    l'articolo 4, comma 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012) ha previsto una ulteriore analoga decurtazione di ben 2.000.000 di euro del contributo annuo concesso all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione (I.Ri.Fo.R.) ed all'Istituto europeo ricerca, formazione orientamento professionale (I.E.R.F.O.P.), fissandolo in euro 291.142, costringendo anche in questo caso entrambi gli enti a sospendere di fatto la propria attività in favore dei disabili visivi;
    in più occasioni, e da ultimo il 19 ottobre us., a margine del vertice dei 27 che si è tenuto a Bruxelles, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha ricordato che eventuali modifiche alla legge di stabilità potranno essere valutate solo «a saldi invariati»;
    la legge 157/92 all'articolo 24 istituisce un fondo presso il Ministero del tesoro la cui dotazione è alimentata da una addizionale alla tassa di cui al numero 26, sottonumero I), della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni. Il 95 per cento di tale fondo è ripartito fra le associazioni venatorie nazionali riconosciute, in proporzione alla rispettiva, documentata consistenza associativa,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di ripristinare nei loro importo originario i contributi di cui all'articolo 1 della legge 12 gennaio 1996, n. 24, e di cui all'articolo 1 della legge 23 settembre 1993, n. 379, attingendo, nella misura necessaria, al 95 per cento delle risorse, anche relative a diverse annualità, del fondo di cui all'articolo 24 della legge n. 157 del 1992.
9/5534-bis-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Brambilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetta «manovra salva Italia») ha stabilito che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, è riconosciuta per gli anni 2012 e 2013 esclusivamente ai trattamenti di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento;
    la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del criterio di valutazione del sistema di perequazione automatica delle pensioni ed il meccanismo di rivalutazione per fasce, ha ripetutamente stabilito (da ultimo con sentenza n. 316/2010) che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo, esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d'acquisto della moneta. Ed ancora: una perequazione solo parziale, se protratta nel tempo, fa inevitabilmente arretrare il trattamento pensionistico al di sotto della soglia di adeguatezza;
    che la sospensione della rivalutazione già in vigore per l'anno 2012, seppure limitata ai trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo Inps, appare in linea con le disposizioni di «equità» stabilite per le altre categorie di cittadini,

impegna il Governo

a ripristinare la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici a partire dal 1o gennaio 2013 con la conseguente abrogazione, da tale data, del comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011.
9/5534-bis-A/2Santori.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetta «manovra salva Italia») ha stabilito che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, è riconosciuta per gli anni 2012 e 2013 esclusivamente ai trattamenti di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo Inps, nella misura del 100 per cento;
    la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del criterio di valutazione del sistema di perequazione automatica delle pensioni ed il meccanismo di rivalutazione per fasce, ha ripetutamente stabilito (da ultimo con sentenza n. 316/2010) che la frequente reiterazione di misure intese a paralizzare il meccanismo perequativo, esporrebbe il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalità, perché le pensioni potrebbero non essere sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d'acquisto della moneta. Ed ancora: una perequazione solo parziale, se protratta nel tempo, fa inevitabilmente arretrare il trattamento pensionistico al di sotto della soglia di adeguatezza;
    che la sospensione della rivalutazione già in vigore per l'anno 2012, seppure limitata ai trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo Inps, appare in linea con le disposizioni di «equità» stabilite per le altre categorie di cittadini,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di ripristinare la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici a partire dal 1o gennaio 2013 con la conseguente abrogazione, da tale data, del comma 25 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011.
9/5534-bis-A/2. (Testo modificato nel corso della seduta) Santori.


   La Camera,
   considerato che:
    le attività e i progetti sviluppati dall'ente associativo Ev-K2 CNR con il CNR e in particolare i progetti: Stations at High Altitude for Research on the Environment SHARE; Social Economie Environment Development - SEED; Archivi Informatici e Modellistica Climatica e Ambientale - NextData; Medical Research on Hypoxia - MeRHY; Potenziamento delle Attività di Ricerca e Formazione sull'Ambiente Marino nel Meridione d'Italia - PARFAMAR, consentono all'Italia di vantare una posizione di eccellenza scientifica e tecnologica nel monitoraggio e la valutazione dei cambiamenti climatici e nella gestione ambientale sostenibile;
    tali attività, riconosciute a livello internazionale e in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite nella «Conference on Sustainable Development - R1O+20» dello scorso giugno, si esplicano nell'adesione e nella partecipazione, in taluni casi anche con un ruolo di protagonista, a specifici progetti promossi dalle Nazioni Unite e in particolare della World Meteorological Organization (WMO), dell'United Environment Programme (UNEP), della United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dell'International Centre for Integrated Development (ICIMOD);
    Ev-K2-CNR partecipa anche a progetti per lo sviluppo scientifico tecnologico e produttivo dell'Unione europea e progetti volti alla valorizzazione e alla costituzione di parchi nazionali e internazionali in regioni particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dello sviluppo socio-economico e geopolitico; l'attività svolta nel corso di 25 anni di vita dall'ente e l'esperienza tecnico-scientifica acquisita sono un esempio di efficace collaborazione tra pubblico e privato;
    il Parlamento ha già espresso più volte il proprio sostegno alle iniziative realizzate e da realizzare, anche con riferimento alla diffusione nei Paesi emergenti di una immagine positiva dell'Italia,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le necessarie iniziative volte a mantenere e potenziare da parte dei Ministeri e delle Istituzioni competenti (Ricerca Scientifica, Affari Esteri, Ambiente, Sviluppo Economico, CNR) il supporto scientifico, diplomatico, organizzativo ed economico, alle attività scientifiche in corso e a quelle previste dagli accordi internazionali;
   a sostenere l'iniziativa congiunta di Ev-K2-CNR e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, mettendo a disposizione supporti logistici e strumentali, nonché adeguate risorse umane ed economiche, al fine di consolidare ed orientare questa importante esperienza, anche con riferimento alla partecipazione congiunta a specifici bandi e a gare nazionali e internazionali, promosse nell'ambito di accordi bilaterali tra Stati o organizzazioni multilaterali sulle tematiche ambientali.
9/5534-bis-A/3Jannone, Piffari.


   La Camera,
   considerato che:
    le attività e i progetti sviluppati dall'ente associativo Ev-K2 CNR con il CNR e in particolare i progetti: Stations at High Altitude for Research on the Environment SHARE; Social Economie Environment Development - SEED; Archivi Informatici e Modellistica Climatica e Ambientale - NextData; Medical Research on Hypoxia - MeRHY; Potenziamento delle Attività di Ricerca e Formazione sull'Ambiente Marino nel Meridione d'Italia - PARFAMAR, consentono all'Italia di vantare una posizione di eccellenza scientifica e tecnologica nel monitoraggio e la valutazione dei cambiamenti climatici e nella gestione ambientale sostenibile;
    tali attività, riconosciute a livello internazionale e in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite nella «Conference on Sustainable Development - R1O+20» dello scorso giugno, si esplicano nell'adesione e nella partecipazione, in taluni casi anche con un ruolo di protagonista, a specifici progetti promossi dalle Nazioni Unite e in particolare della World Meteorological Organization (WMO), dell'United Environment Programme (UNEP), della United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dell'International Centre for Integrated Development (ICIMOD);
    Ev-K2-CNR partecipa anche a progetti per lo sviluppo scientifico tecnologico e produttivo dell'Unione europea e progetti volti alla valorizzazione e alla costituzione di parchi nazionali e internazionali in regioni particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dello sviluppo socio-economico e geopolitico; l'attività svolta nel corso di 25 anni di vita dall'ente e l'esperienza tecnico-scientifica acquisita sono un esempio di efficace collaborazione tra pubblico e privato;
    il Parlamento ha già espresso più volte il proprio sostegno alle iniziative realizzate e da realizzare, anche con riferimento alla diffusione nei Paesi emergenti di una immagine positiva dell'Italia,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare tutte le necessarie iniziative volte a mantenere e potenziare da parte dei Ministeri e delle Istituzioni competenti (Ricerca Scientifica, Affari Esteri, Ambiente, Sviluppo Economico, CNR) il supporto scientifico, diplomatico, organizzativo ed economico, alle attività scientifiche in corso e a quelle previste dagli accordi internazionali;
   di sostenere l'iniziativa congiunta di Ev-K2-CNR e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, mettendo a disposizione supporti logistici e strumentali, nonché adeguate risorse umane ed economiche, al fine di consolidare ed orientare questa importante esperienza, anche con riferimento alla partecipazione congiunta a specifici bandi e a gare nazionali e internazionali, promosse nell'ambito di accordi bilaterali tra Stati o organizzazioni multilaterali sulle tematiche ambientali.
9/5534-bis-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta) Jannone, Piffari.


   La Camera,
   considerato che:
    con l'articolo 13, comma 14-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011 si è stabilito che «I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012»; in tale ambito sono compresi:
     a) i «fabbricati ex rurali», ovvero gli edifici che hanno perso i requisiti di ruralità e che occorre censire;
     b) i «fabbricati rurali» ovvero i fabbricati che sono corretti in mappa, che occorre accatastare e che possono mantenere i requisiti soggettivi ed oggettivi di ruralità;
     c) i «fabbricati di montagna», i cosiddetti «scau o baite», per i quali è comunque indispensabile provvedere all'accatastamento;
    il 14 novembre 2012, presso la Commissione finanze della Camera è stata approvata la risoluzione 8-00212, con la quale si è impegnato il Governo, stante le difficoltà per molti soggetti ad ottemperare nel termine previsto al disposto di legge per cause del tutto estranee alla propria volontà, a prorogare il suddetto termine fino a fine maggio 2013;
    la proroga richiesta al Governo ha anche il fine di evitare defatiganti contenziosi, che avrebbero esiti incerti per la pubblica amministrazione, in quanto i collegi giudicanti non potrebbero non riconoscere per numerose situazioni l'impossibilità ad ottemperare al disposto di legge nei tempi stabiliti, con conseguenti costi e perdite di gettito,

impegna il Governo

a disporre nel primo provvedimento utile la proroga al 31 maggio 2013 del termine previsto dall'articolo 13, comma 14-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalle legge n. 214 del 2011.
9/5534-bis-A/4Costa.


   La Camera,
   considerato che:
    con l'articolo 13, comma 14-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011 si è stabilito che «I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012»; in tale ambito sono compresi:
     a) i «fabbricati ex rurali», ovvero gli edifici che hanno perso i requisiti di ruralità e che occorre censire;
     b) i «fabbricati rurali» ovvero i fabbricati che sono corretti in mappa, che occorre accatastare e che possono mantenere i requisiti soggettivi ed oggettivi di ruralità;
     c) i «fabbricati di montagna», i cosiddetti «scau o baite», per i quali è comunque indispensabile provvedere all'accatastamento;
    il 14 novembre 2012, presso la Commissione finanze della Camera è stata approvata la risoluzione 8-00212, con la quale si è impegnato il Governo, stante le difficoltà per molti soggetti ad ottemperare nel termine previsto al disposto di legge per cause del tutto estranee alla propria volontà, a prorogare il suddetto termine fino a fine maggio 2013;
    la proroga richiesta al Governo ha anche il fine di evitare defatiganti contenziosi, che avrebbero esiti incerti per la pubblica amministrazione, in quanto i collegi giudicanti non potrebbero non riconoscere per numerose situazioni l'impossibilità ad ottemperare al disposto di legge nei tempi stabiliti, con conseguenti costi e perdite di gettito,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di disporre nel primo provvedimento utile la proroga al 31 maggio 2013 del termine previsto dall'articolo 13, comma 14-ter, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalle legge n. 214 del 2011.
9/5534-bis-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Costa.


   La Camera,
   considerato che:
    i commi 75-79 dell'articolo 1 dispongono una parziale deroga al turn over del Comparto sicurezza e dei Vigili del fuoco;
    il 31 dicembre 2012 scade, in forza di quanto disposto decreto-legge del 29 dicembre 2011, n. 216, coordinato con la legge di conversione 24 febbraio 2012, n. 14, la validità della graduatoria relativa al concorso a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 24 del 27 marzo 1998;
    il 31 luglio 2012, in sede di esame del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è stato accolto l'Ordine del Giorno 9/05369/015 che impegnava il Governo a considerare positivamente la posizione di coloro che hanno partecipato, risultando poi idonei, al concorso in titolo,

impegna il Governo

in sede di attuazione dei commi 75-79 dell'articolo 1, a procedere alla copertura del turn over riguardante i Vigili del fuoco tenendo conto della necessità di esaurire prioritariamente le graduatorie da più tempo aperte e in ogni caso a prorogare la validità della graduatoria relativa al concorso a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 24 del 27 marzo 1998.
9/5534-bis-A/5Miserotti, Iannuzzi.


   La Camera,
   considerato che:
    i commi 75-79 dell'articolo 1 dispongono una parziale deroga al turn over del Comparto sicurezza e dei Vigili del fuoco;
    il 31 dicembre 2012 scade, in forza di quanto disposto decreto-legge del 29 dicembre 2011, n. 216, coordinato con la legge di conversione 24 febbraio 2012, n. 14, la validità della graduatoria relativa al concorso a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 24 del 27 marzo 1998;
    il 31 luglio 2012, in sede di esame del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, recante misure urgenti per garantire per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, è stato accolto l'Ordine del Giorno 9/05369/015 che impegnava il Governo a considerare positivamente la posizione di coloro che hanno partecipato, risultando poi idonei, al concorso in titolo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, in sede di attuazione dei commi 75-79 dell'articolo 1, di procedere alla copertura del turn over riguardante i Vigili del fuoco tenendo conto della necessità di esaurire prioritariamente le graduatorie da più tempo aperte e in ogni caso a prorogare la validità della graduatoria relativa al concorso a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – n. 24 del 27 marzo 1998.
9/5534-bis-A/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Miserotti, Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impianto normativo del disegno di legge di stabilità per il 2013, nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio, è stato oggetto di numerose e sostanziali modifiche volte a restituire maggiore equità ed equilibrio, nell'ambito delle risorse a disposizione, alle famiglie ed alle imprese, con particolare riguardo anche al settore sociale e delle emergenze ambientali;
    nel corso della fase emendativa sono stati infatti introdotti importanti e significativi interventi a favore delle aree territoriali dell'Umbria e della Toscana colpite dalla recente alluvione di rilevante gravità dove i fenomeni temporaleschi hanno continuato ad insistere con una configurazione di eccezionale stazionarietà sul versante tirrenico centrale della Penisola;
    l'evento calamitoso in particolare, ha investito luoghi e insediamenti particolarmente produttivi e ad alta vocazione agricola come quelli della Maremma toscana il cui tessuto economico è essenzialmente formato da piccole e medie imprese che producono le eccellenze dell'agroalimentare italiano;
    le misure agevolative sia economiche che fiscali, previste dai decreti-legge approvati nel corso dell'anno a favore dei territori colpiti dal sisma del maggio 2012, a cui si associano anche gli interventi previsti dal provvedimento legislativo in esame, che assegnano ulteriori contributi, pari a 40 milioni di euro per il 2013 al Fondo della protezione civile per favorire azioni di risanamento da realizzare in determinati territori colpiti da eventi atmosferici ed alluvionali, quali quelli in Liguria e Toscana del dicembre 2009-gennaio 2010; in Veneto dell'ottobre-novembre 2010; nella provincia di Messina del febbraio-marzo e novembre 2011; nelle Marche del marzo 2011; nelle Marche e nell'Emilia Romagna del febbraio 2012; in Calabria e Basilicata per il sisma del 26 ottobre 2012, confermano la volontà del Governo e della maggioranza di tradurre in azioni di solidarietà e di sostegno alle popolazioni e agli enti locali colpiti da tali tragici eventi calamitosi, le disposizioni contenute all'interno dei provvedimenti sottoposti all'esame del Parlamento;
    gli interventi fiscali introdotti a favore delle imprese ed in particolare quelle agricole devastate dal sisma del 2012 in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, quali la sospensione dell'IMU e di ulteriori imposte, sebbene insufficienti in considerazione della gravità dell'evento sismico, hanno tuttavia consentito di fronteggiare temporaneamente una situazione economica e finanziaria, divenuta insostenibile, per l'intero tessuto produttivo soprattutto agricolo delle aree territoriali delle province dei comuni delle suesposte regioni;
    interventi similari ed affini di sospensione degli adempimenti fiscali, affiancati a quelli già previsti nei confronti delle zone colpite dal sisma del 2012, appaiono pertanto urgenti ed indifferibili, nei riguardi delle popolazioni e delle imprese in particolare quelle agricole e agroalimentari della Maremma toscana interessate dall'alluvione di domenica 11 e lunedì 12 novembre, che hanno subito danni patrimoniali ed infrastrutturali probabilmente irreparabili nel breve periodo,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la sospensione, per l'anno 2013 e fino al giugno 2014, dell'IMU relativamente ai terreni agricoli e ai fabbricati rurali ad uso strumentale, nei riguardi delle imprese agricole delle aree territoriali colpite dall'alluvione di domenica 11 e lunedì 12 novembre 2012, delle province di Grosseto e della Maremma Toscana.
9/5534-bis-A/6Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impianto normativo del disegno di legge di stabilità per il 2013, nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio, è stato oggetto di numerose e sostanziali modifiche volte a restituire maggiore equità ed equilibrio, nell'ambito delle risorse a disposizione, alle famiglie ed alle imprese, con particolare riguardo anche al settore sociale e delle emergenze ambientali;
    nel corso della fase emendativa sono stati infatti introdotti importanti e significativi interventi a favore delle aree territoriali dell'Umbria e della Toscana colpite dalla recente alluvione di rilevante gravità dove i fenomeni temporaleschi hanno continuato ad insistere con una configurazione di eccezionale stazionarietà sul versante tirrenico centrale della Penisola;
    l'evento calamitoso in particolare, ha investito luoghi e insediamenti particolarmente produttivi e ad alta vocazione agricola come quelli della Maremma toscana il cui tessuto economico è essenzialmente formato da piccole e medie imprese che producono le eccellenze dell'agroalimentare italiano;
    le misure agevolative sia economiche che fiscali, previste dai decreti-legge approvati nel corso dell'anno a favore dei territori colpiti dal sisma del maggio 2012, a cui si associano anche gli interventi previsti dal provvedimento legislativo in esame, che assegnano ulteriori contributi, pari a 40 milioni di euro per il 2013 al Fondo della protezione civile per favorire azioni di risanamento da realizzare in determinati territori colpiti da eventi atmosferici ed alluvionali, quali quelli in Liguria e Toscana del dicembre 2009-gennaio 2010; in Veneto dell'ottobre-novembre 2010; nella provincia di Messina del febbraio-marzo e novembre 2011; nelle Marche del marzo 2011; nelle Marche e nell'Emilia Romagna del febbraio 2012; in Calabria e Basilicata per il sisma del 26 ottobre 2012, confermano la volontà del Governo e della maggioranza di tradurre in azioni di solidarietà e di sostegno alle popolazioni e agli enti locali colpiti da tali tragici eventi calamitosi, le disposizioni contenute all'interno dei provvedimenti sottoposti all'esame del Parlamento;
    gli interventi fiscali introdotti a favore delle imprese ed in particolare quelle agricole devastate dal sisma del 2012 in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, quali la sospensione dell'IMU e di ulteriori imposte, sebbene insufficienti in considerazione della gravità dell'evento sismico, hanno tuttavia consentito di fronteggiare temporaneamente una situazione economica e finanziaria, divenuta insostenibile, per l'intero tessuto produttivo soprattutto agricolo delle aree territoriali delle province dei comuni delle suesposte regioni;
    interventi similari ed affini di sospensione degli adempimenti fiscali, affiancati a quelli già previsti nei confronti delle zone colpite dal sisma del 2012, appaiono pertanto urgenti ed indifferibili, nei riguardi delle popolazioni e delle imprese in particolare quelle agricole e agroalimentari della Maremma toscana interessate dall'alluvione di domenica 11 e lunedì 12 novembre, che hanno subito danni patrimoniali ed infrastrutturali probabilmente irreparabili nel breve periodo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la sospensione, per l'anno 2013 e fino al giugno 2014, dell'IMU relativamente ai terreni agricoli e ai fabbricati rurali ad uso strumentale, nei riguardi delle imprese agricole delle aree territoriali colpite dall'alluvione di domenica 11 e lunedì 12 novembre 2012, delle province di Grosseto e della Maremma Toscana.
9/5534-bis-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame recante: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» che s'individua nella legge di stabilità per il 2013 è l'ultimo della legislatura, caratterizzata da una crisi economica senza precedenti, dalla conseguente bassa crescita del PIL e della produttività e soprattutto contraddistinta da una serie di manovre correttive dei conti pubblici finalizzate a rispettare i nostri impegni con l'Europa e il Patto di stabilità;
    l'impianto del provvedimento, che ha subito nel complesso profonde modifiche nel corso dell'esame in Commissione Bilancio, nel confermare il rigore nelle politiche di bilancio e al contempo l'avvio di percorsi virtuosi per la crescita, finalizzati all'aumento di produttività del lavoro e alla riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, prevede l'istituzione di un nuovo Fondo per le esigenze indifferibili, dotato di 315 milioni di euro per l'anno 2013 da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, per finanziare una serie di attività meritevoli di sostegno in prevalenza di carattere sociale;
    il medesimo Fondo inoltre, assegna risorse a favore di quelle comunità locali che hanno subito gravi danni derivanti da calamità naturali, al fine di assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario, per i comuni interessati da tali tragici eventi sia sismici che alluvionali, nonché ulteriori misure a favore del Mose di Venezia e l'individuazione di nuove risorse destinate ad interventi infrastrutturali;
    nell'ambito delle indicazioni delle suesposte disposizioni volte a sostenere le economie locali e incoraggiare la ripresa e lo sviluppo degli enti territoriali, necessitano tuttavia ulteriori azioni volte a completare gli interventi già programmati, alcuni dei quali in fase di realizzazione, relativi a determinate opere infrastrutturali in specifiche aree geografiche del Mezzogiorno;
    l'articolo 1, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 5 dicembre 2007, n. 3633, con riferimento allo stato di emergenza ambientale determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nella città di Messina, dispone infatti che in relazione alla situazione di grave crisi che rischia di compromettere la qualità della vita della collettività interessata, il Commissario delegato, anche avvalendosi di soggetti attuatori cui affidare specifici settori d'intervento, provvede all'individuazione di una serie di misure efficaci per il miglioramento del traffico, della viabilità e della circolazione stradale;
    le lettere e), i) ed l), del suesposto articolo, si concentrano in particolare, su una serie di interventi relativamente ad opere infrastrutturali, alcune delle quali già avviate e che tuttavia necessitano di essere completate, attraverso i poteri speciali assegnati al sindaco di Messina, nell'ambito dell'ordinanza della protezione civile per l'emergenza traffico, la cui gestione commissariale scade il prossimo 31 dicembre;
    occorre in definitiva garantire la prosecuzione e il perfezionamento dei suesposti interventi infrastrutturali, necessari e determinanti per contribuire al superamento delle criticità derivanti dalla situazione emergenziale tuttora in corso, nel settore del traffico e della mobilità nella città di Messina, che presenta peculiarità tali da incidere negativamente sulla qualità della vita, nonché sulle relazioni sociali ed economiche dei cittadini per i suoi riflessi indotti,

impegna il Governo

a prevedere, fino al 31 dicembre 2013, lo stato di emergenza ambientale determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nella città di Messina, al solo fine di completare gli interventi già programmati ed in fase di realizzazione relativi alle opere infrastrutturali di cui all'articolo 1, comma 1, lettere e), i) ed l), dell'ordinanza del Presidente del Consiglio 5 dicembre 2007, n. 3633, esposti in premessa.
9/5534-bis-A/7Garofalo, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità per il 2013 in esame, volto a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012 e consentire, al contempo, il raggiungimento nel 2013, dell'obiettivo del pareggio di bilancio, nonché il finanziamento di alcune spese indifferibili, è stato profondamente modificato nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio, al fine di rendere l'impianto normativo più equo e orientato alla crescita e allo sviluppo delle famiglie e delle imprese;
    il provvedimento, nel rispetto dei vincoli di bilancio e degli impegni presi in sede comunitaria, in terna di risanamento della finanza pubblica, non si limita a conseguire gli obiettivi intrapresi dal Governo e dalla maggioranza parlamentare, ma contemporaneamente, stabilisce una serie di misure volte ad accrescere i livelli di competitività del sistema delle imprese, al fine di creare con fermezza ogni presupposto volto a determinare le condizioni per una ripresa economica ed interrompere l'avvitamento di una spirale recessiva discendente;
    l'istituzione di due grandi fondi: il primo finalizzato all'introduzione di un credito per la ricerca e lo sviluppo, destinato in particolare alle piccole e medie imprese e alle reti d'impresa, nonché alla riduzione del cuneo fiscale, ed il secondo volto al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e finanziato dalle maggiori entrate strutturali derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale e contributiva e dalla differenza tra la spesa per interessi sul debito pubblico, conferma come il provvedimento legislativo sia indirizzato a perseguire obiettivi di politica economica di medio periodo volti al rigore, equità e alla ripresa economica e produttiva;
    l'Expo 2015, rappresenta un'occasione di rilevante importanza proprio in termini di ripresa economica del Paese, come ha ribadito recentemente il Presidente del Consiglio Monti, alla platea del Meeting dei Paesi partecipanti all'avvenimento mondiale di Milano, evidenziando inoltre come saranno coinvolte positivamente anche altre regioni limitrofe della Lombardia;
    la regione Piemonte infatti sarà direttamente interessata dall'evento mondiale, che costituirà un'occasione socioeconomica importante per la promozione dell'intero bacino padano-alpino, con ricadute proporzionali non secondarie per l'attrazione dei visitatori, che non limiteranno la loro visita soltanto all'esposizione internazionale, ma coglieranno l'occasione per vedere anche il territorio piemontese;
    la promozione dell'agroalimentare, dello sviluppo sostenibile del sistema rurale, della valorizzazione del territorio della cultura e del turismo, costituiscono infatti gli obiettivi prioritari delle attività che saranno condivise nel corso dell'Expo 2015 e che interesseranno anche le regione Piemonte essendo quella più prossima al luogo dell'evento;
    sostenere la suesposta area regionale, nell'ambito dell'organizzazione delle proprie attività, in particolare per le iniziative legate al settore turistico agrituristico e alberghiero, volte a favorire l'afflusso di visitatori e attirare l'attenzione anche di imprenditori stranieri al fine di promuovere il livello della conoscenza in termini organizzativi, esistente all'interno della medesima regione, determinerà un ritorno sotto il profilo economico e finanziario favorevole non soltanto per il Piemonte, ma per l'intero Paese,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti legislativi, lo stanziamento di risorse finanziarie a favore della regione Piemonte, per le finalità connesse all'Expo 2015.
9/5534-bis-A/8Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità per il 2013 in esame, volto a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012 e consentire, al contempo, il raggiungimento nel 2013, dell'obiettivo del pareggio di bilancio, nonché il finanziamento di alcune spese indifferibili, è stato profondamente modificato nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio, al fine di rendere l'impianto normativo più equo e orientato alla crescita e allo sviluppo delle famiglie e delle imprese;
    il provvedimento, nel rispetto dei vincoli di bilancio e degli impegni presi in sede comunitaria, in terna di risanamento della finanza pubblica, non si limita a conseguire gli obiettivi intrapresi dal Governo e dalla maggioranza parlamentare, ma contemporaneamente, stabilisce una serie di misure volte ad accrescere i livelli di competitività del sistema delle imprese, al fine di creare con fermezza ogni presupposto volto a determinare le condizioni per una ripresa economica ed interrompere l'avvitamento di una spirale recessiva discendente;
    l'istituzione di due grandi fondi: il primo finalizzato all'introduzione di un credito per la ricerca e lo sviluppo, destinato in particolare alle piccole e medie imprese e alle reti d'impresa, nonché alla riduzione del cuneo fiscale, ed il secondo volto al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e finanziato dalle maggiori entrate strutturali derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale e contributiva e dalla differenza tra la spesa per interessi sul debito pubblico, conferma come il provvedimento legislativo sia indirizzato a perseguire obiettivi di politica economica di medio periodo volti al rigore, equità e alla ripresa economica e produttiva;
    l'Expo 2015, rappresenta un'occasione di rilevante importanza proprio in termini di ripresa economica del Paese, come ha ribadito recentemente il Presidente del Consiglio Monti, alla platea del Meeting dei Paesi partecipanti all'avvenimento mondiale di Milano, evidenziando inoltre come saranno coinvolte positivamente anche altre regioni limitrofe della Lombardia;
    la regione Piemonte infatti sarà direttamente interessata dall'evento mondiale, che costituirà un'occasione socioeconomica importante per la promozione dell'intero bacino padano-alpino, con ricadute proporzionali non secondarie per l'attrazione dei visitatori, che non limiteranno la loro visita soltanto all'esposizione internazionale, ma coglieranno l'occasione per vedere anche il territorio piemontese;
    la promozione dell'agroalimentare, dello sviluppo sostenibile del sistema rurale, della valorizzazione del territorio della cultura e del turismo, costituiscono infatti gli obiettivi prioritari delle attività che saranno condivise nel corso dell'Expo 2015 e che interesseranno anche le regione Piemonte essendo quella più prossima al luogo dell'evento;
    sostenere la suesposta area regionale, nell'ambito dell'organizzazione delle proprie attività, in particolare per le iniziative legate al settore turistico agrituristico e alberghiero, volte a favorire l'afflusso di visitatori e attirare l'attenzione anche di imprenditori stranieri al fine di promuovere il livello della conoscenza in termini organizzativi, esistente all'interno della medesima regione, determinerà un ritorno sotto il profilo economico e finanziario favorevole non soltanto per il Piemonte, ma per l'intero Paese,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito dei prossimi provvedimenti legislativi, lo stanziamento di risorse finanziarie a favore della regione Piemonte, per le finalità connesse all'Expo 2015.
9/5534-bis-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Nastri.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 31 comma 24 della legge n. 183 del 12 novembre 2011 (Legge Stabilità 2012) prevede che «...gli enti locali commissariati ai sensi dell'articolo 143 del testo unico enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dall'anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali...»;
    il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con legge n. 214 del 2011 recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, successivo all'emanazione della suddetta Legge di Stabilità 2012, all'articolo 23, comma 20, prescrive che agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 si applica, fino al 31 marzo 2013, l'articolo 141 del TUEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Gli organi provinciali che devono essere rinnovati successivamente al 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale. Decorsi i termini di cui al primo e secondo periodo del presente comma, si procede all'elezione dei nuovi organi provinciali di cui ai commi 16 e 17;
    l'articolo 141 del TUEL individua le ipotesi tassative di scioglimento anticipato dei consiglieri provinciali e comunali e non dispone alcunché in tema di sospensione del rinnovo elettorale; al contrario al comma 4 precisa che «Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge» e, quindi, seguendo l'interpretazione letterale della suddetta normativa, sembrerebbe una norma che circoscrive l'ambito di applicazione dell'articolo 141 esclusivamente agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 e sino al 31 marzo 2013;
    i decreti di nomina dei Commissari non prevedono tali scadenze ma stabiliscono che «sono nominati fino all'elezione dei nuovi organi provinciali, a norma di legge», con conseguente incertezza sul termine di scadenza della gestione commissariale, sul futuro e sulle nuove modalità di elezione;
    sussistono seri dubbi sull'applicabilità dell'articolo 141 e che, data la continua evoluzione normativa in merito, si possa ritenere prevedibile una durata della gestione commissariale per un periodo riferibile all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, comma 3,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna misura, al fine di stabilire che agli enti commissariati per effetto dell'applicazione dei commi da 14 a 20 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applicano le disposizioni dell'articolo 31 comma 24 della legge n. 183 del 12 novembre 2011, relativo al Patto di stabilità, dall'anno successivo a quello del rinnovo degli organi istituzionali.
9/5534-bis-A/9Minardo.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 31 comma 24 della legge n. 183 del 12 novembre 2011 (Legge Stabilità 2012) prevede che «...gli enti locali commissariati ai sensi dell'articolo 143 del testo unico enti locali (TUEL) di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono soggetti alle regole del patto di stabilità interno dall'anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali...»;
    il decreto-legge n. 201 del 2011 convertito con legge n. 214 del 2011 recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, successivo all'emanazione della suddetta Legge di Stabilità 2012, all'articolo 23, comma 20, prescrive che agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 si applica, fino al 31 marzo 2013, l'articolo 141 del TUEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Gli organi provinciali che devono essere rinnovati successivamente al 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale. Decorsi i termini di cui al primo e secondo periodo del presente comma, si procede all'elezione dei nuovi organi provinciali di cui ai commi 16 e 17;
    l'articolo 141 del TUEL individua le ipotesi tassative di scioglimento anticipato dei consiglieri provinciali e comunali e non dispone alcunché in tema di sospensione del rinnovo elettorale; al contrario al comma 4 precisa che «Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge» e, quindi, seguendo l'interpretazione letterale della suddetta normativa, sembrerebbe una norma che circoscrive l'ambito di applicazione dell'articolo 141 esclusivamente agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 e sino al 31 marzo 2013;
    i decreti di nomina dei Commissari non prevedono tali scadenze ma stabiliscono che «sono nominati fino all'elezione dei nuovi organi provinciali, a norma di legge», con conseguente incertezza sul termine di scadenza della gestione commissariale, sul futuro e sulle nuove modalità di elezione;
    sussistono seri dubbi sull'applicabilità dell'articolo 141 e che, data la continua evoluzione normativa in merito, si possa ritenere prevedibile una durata della gestione commissariale per un periodo riferibile all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, comma 3,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ogni opportuna misura, al fine di stabilire che agli enti commissariati per effetto dell'applicazione dei commi da 14 a 20 dell'articolo 23 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, si applicano le disposizioni dell'articolo 31 comma 24 della legge n. 183 del 12 novembre 2011, relativo al Patto di stabilità, dall'anno successivo a quello del rinnovo degli organi istituzionali.
9/5534-bis-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economico-finanziaria ha indotto tagli drastici ad un settore strategico quale quello dei trasporti e della rete cinematica che dovrebbe invece rappresentare una priorità nell'agenda istituzionale in quanto lo sviluppo ed il rilancio delle nostre comunità è legato in modo imprescindibile alla facilità ed alla capacità di spostamento;
    per raggiungere l'obiettivo di un trasporto pubblico funzionale e fruibile e, di conseguenza, allinearsi agli standard degli altri Paesi europei è quanto mai necessario avviare una politica strutturale che dia prospettive per affrontare il problema della mobilità, superando i ritardi nelle infrastrutture e negli investimenti insieme all'incertezza delle risorse necessarie a garantire il funzionamento dei servizi erogati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, d'intesa con le regioni e con il sistema delle autonomie territoriali e senza oneri aggiuntivi sul bilancio dello Stato, un programma di potenziamento del trasporto che, attraverso un piano di interventi e di investimenti, consenta di rendere strategico il sistema del trasporto pubblico non solo per la qualità della vita nelle nostre comunità ma anche per la competitività ed il rilancio dell'economia di tutto il Paese.
9/5534-bis-A/10Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD).


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economico-finanziaria ha indotto tagli drastici ad un settore strategico quale quello dei trasporti e della rete cinematica che dovrebbe invece rappresentare una priorità nell'agenda istituzionale in quanto lo sviluppo ed il rilancio delle nostre comunità è legato in modo imprescindibile alla facilità ed alla capacità di spostamento;
    per raggiungere l'obiettivo di un trasporto pubblico funzionale e fruibile e, di conseguenza, allinearsi agli standard degli altri Paesi europei è quanto mai necessario avviare una politica strutturale che dia prospettive per affrontare il problema della mobilità, superando i ritardi nelle infrastrutture e negli investimenti insieme all'incertezza delle risorse necessarie a garantire il funzionamento dei servizi erogati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare l'opportunità di avviare, d'intesa con le regioni e con il sistema delle autonomie territoriali e senza oneri aggiuntivi sul bilancio dello Stato, un programma di potenziamento del trasporto che, attraverso un piano di interventi e di investimenti, consenta di rendere strategico il sistema del trasporto pubblico non solo per la qualità della vita nelle nostre comunità ma anche per la competitività ed il rilancio dell'economia di tutto il Paese.
9/5534-bis-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD).


   La Camera,
   premesso che:
    lo sviluppo ed il rilancio economico e sociale delle aree interne della Campania, fortemente penalizzate dalla carenza di un'adeguata rete infrastrutturale, passa attraverso la realizzazione di tutta una rete di vie d'accesso tali da tenere quest'ultime unite alla Campania e, quindi, al Mezzogiorno;
    per superare l'enorme gap infrastrutturale del Sannio rispetto a tutte le altre province della Campania e, di conseguenza, ridurre lo stato di disagio e di isolamento cui sono storicamente costrette le comunità del Fortore beneventano, offrendo loro opportunità di crescita e di sviluppo socioeconomico, è necessario portare a compimento la realizzazione della costruenda superstrada denominata «Fortorina», a servizio delle realtà territoriali del Sannio, del Molise e della Daunia Puglia,

impegna il Governo

a valutare lo stato dei lavori afferenti ai lotti già eseguiti e, contestualmente, a considerare l'opportunità di predisporre, d'intesa con le regioni interessate e con il sistema delle autonomie territoriali, a fronte delle priorità già ribadite in altri provvedimenti per la rinascita e lo sviluppo del Mezzogiorno, un piano programma di interventi per il completamento della suddetta superstrada, onde rimuovere dall'isolamento un'area mortificata da anni.
9/5534-bis-A/11Mario Pepe (PD).


   La Camera,
   premesso che:
    a decorrere dal 1o gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne sia comprovata, documentalmente l'indispensabilità e l'indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento;
    sono sempre più numerosi i cittadini Italiani che ricorrono a cure proprie delle Medicine non convenzionali, soprattutto nei casi di patologie autoimmuni, degenerative e in molti casi per la prevenzione delle suddette patologie o di altre conseguenza, spesso, di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo creato da agenti chimici;
    in patologie come la sensibilità chimica multipla (MCS) o in altri casi di ridotta risposta del sistema immunitario suddetti pazienti necessitano di ricevere cure in ambienti il più possibile asettici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di consentire agli enti del servizio sanitario nazionale, la stipula di contratti di comodato d'uso di immobili di altre amministrazioni pubbliche, per la realizzazione di dipartimenti di medicina non convenzionale, o riconversione di strutture dismesse in ospedali e centri o asili olistici, convenzionati.
9/5534-bis-A/12Scilipoti.


   La Camera,
   premesso che:
    a decorrere dal 1o gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne sia comprovata, documentalmente l'indispensabilità e l'indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento;
    sono sempre più numerosi i cittadini Italiani che ricorrono a cure proprie delle Medicine non convenzionali, soprattutto nei casi di patologie autoimmuni, degenerative e in molti casi per la prevenzione delle suddette patologie o di altre conseguenza, spesso, di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo creato da agenti chimici;
    in patologie come la sensibilità chimica multipla (MCS) o in altri casi di ridotta risposta del sistema immunitario suddetti pazienti necessitano di ricevere cure in ambienti il più possibile asettici,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di consentire agli enti del servizio sanitario nazionale, la stipula di contratti di comodato d'uso di immobili di altre amministrazioni pubbliche, per la realizzazione di dipartimenti di medicina non convenzionale, o riconversione di strutture dismesse in ospedali e centri o asili olistici, convenzionati.
9/5534-bis-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Scilipoti.


   La Camera,
   premesso che:
    la IV Commissione, nella relazione approvata nella seduta del 24 ottobre 2012, sullo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa (Tabella n. 11 del disegno di legge di bilancio per l'anno finanziario 2013, C. 5535 Governo) e sulle connesse parti del disegno di legge di stabilità per il 2013 (C. 5534-bis Governo) ha rilevato:
     a) come le spese di esercizio siano ormai del tutto insufficienti a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale nonché di manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
     b) che l'impatto delle misure di contenimento della spesa sarà presumibilmente riversato integralmente sulle spese per investimenti e che, pertanto, le previsioni di spesa in conto capitale non saranno sufficienti per sostenere la prosecuzione dei programmi di investimento pianificati e già approvati, rendendo necessaria un'integrale revisione della pianificazione pluriennale;
     c) che in Tabella C, la voce relativa ai contributi ad enti e organismi vigilati dal Ministero della difesa ha un importo pari a 259.000 euro per il 2013, 257.000 euro nel 2014 e 253.000 euro nel 2015 che risulta non solo ridotto rispetto allo scorso anno, ma anche incapiente rispetto all'esigenza di assicurare per il triennio alle associazioni combattentistiche un flusso di contributi congruo;
     d) che occorreva sopprimere l'articolo 12, comma 17, il quale nella sua formulazione originaria escludeva benefici fiscali a favore dei percettori di pensioni di guerra e di redditi assimilati ai sensi dell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, trattandosi di somme erogate per finalità di particolare rilevanza sociale;
     e) che risultava necessario rendere adeguato il fondo per il finanziamento delle missioni di pace in relazione delle attività prevedibili per il prossimo anno;
     f) che sussiste l'assoluta necessità di pervenire, per il 2013, ad un progressivo superamento del blocco del turn-over per i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco atteso che il decreto-legge n. 95 del 2012 lo ha limitato alla misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento soltanto a decorrere dall'anno 2016;
    preso atto che delle richiamate valutazioni espresse dalla Commissione difesa è stato tenuto conto solo parzialmente nel corso dell'esame presso la Commissione competente,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni recate dal provvedimento in esame in materia di difesa, al fine di assumere le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per:
    a) assicurare un adeguato stanziamento per le spese di esercizio, in ragione della natura essenziale che la categoria dei «consumi intermedi» riveste per il settore della Difesa, essendo destinata a garantire la funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale nonché di manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
    b) modificare ulteriormente, nel senso indicato dalla Commissione Difesa, la disciplina concernente le «pensioni di guerra», originariamente recata dall'articolo 12, comma 17 ed adesso contenuta nell'articolo 3, comma 13;
    c) ripartire il fondo di cui all'articolo 2, comma 30 nel senso di destinare al finanziamento delle missioni di pace risorse non inferiori a quelle utilizzate lo scorso anno;
    d) ripristinare lo stanziamento a carattere almeno triennale finalizzato ad assicurare una stabile contribuzione alle associazioni combattentistiche;
    e) incrementare le percentuali entro cui consentire il turn over del personale del comparto sicurezza e difesa, individuando risorse aggiuntive rispetto agli stanziamenti attualmente previsti dai commi 75 e 76 dell'articolo 3.
9/5534-bis-A/13Cirielli, De Angelis, Ascierto.


   La Camera,
   premesso che:
    la IV Commissione, nella relazione approvata nella seduta del 24 ottobre 2012, sullo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa (Tabella n. 11 del disegno di legge di bilancio per l'anno finanziario 2013, C. 5535 Governo) e sulle connesse parti del disegno di legge di stabilità per il 2013 (C. 5534-bis Governo) ha rilevato:
     a) come le spese di esercizio siano ormai del tutto insufficienti a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale nonché di manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
     b) che l'impatto delle misure di contenimento della spesa sarà presumibilmente riversato integralmente sulle spese per investimenti e che, pertanto, le previsioni di spesa in conto capitale non saranno sufficienti per sostenere la prosecuzione dei programmi di investimento pianificati e già approvati, rendendo necessaria un'integrale revisione della pianificazione pluriennale;
     c) che in Tabella C, la voce relativa ai contributi ad enti e organismi vigilati dal Ministero della difesa ha un importo pari a 259.000 euro per il 2013, 257.000 euro nel 2014 e 253.000 euro nel 2015 che risulta non solo ridotto rispetto allo scorso anno, ma anche incapiente rispetto all'esigenza di assicurare per il triennio alle associazioni combattentistiche un flusso di contributi congruo;
     d) che occorreva sopprimere l'articolo 12, comma 17, il quale nella sua formulazione originaria escludeva benefici fiscali a favore dei percettori di pensioni di guerra e di redditi assimilati ai sensi dell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, trattandosi di somme erogate per finalità di particolare rilevanza sociale;
     e) che risultava necessario rendere adeguato il fondo per il finanziamento delle missioni di pace in relazione delle attività prevedibili per il prossimo anno;
     f) che sussiste l'assoluta necessità di pervenire, per il 2013, ad un progressivo superamento del blocco del turn-over per i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco atteso che il decreto-legge n. 95 del 2012 lo ha limitato alla misura del 20 per cento per il triennio 2012-2014, del 50 per cento nell'anno 2015 e del 100 per cento soltanto a decorrere dall'anno 2016;
    preso atto che delle richiamate valutazioni espresse dalla Commissione difesa è stato tenuto conto solo parzialmente nel corso dell'esame presso la Commissione competente,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni recate dal provvedimento in esame in materia di difesa, al fine di assumere le opportune iniziative, anche di tipo normativo, per:
    a) assicurare un adeguato stanziamento per le spese di esercizio, in ragione della natura essenziale che la categoria dei «consumi intermedi» riveste per il settore della Difesa, essendo destinata a garantire la funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale nonché di manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
    b) modificare ulteriormente, nel senso indicato dalla Commissione Difesa, la disciplina concernente le «pensioni di guerra», originariamente recata dall'articolo 12, comma 17 ed adesso contenuta nell'articolo 3, comma 13;
    c) ripartire il fondo di cui all'articolo 2, comma 30 nel senso di destinare al finanziamento delle missioni di pace risorse non inferiori a quelle utilizzate lo scorso anno;
    d) ripristinare lo stanziamento a carattere almeno triennale finalizzato ad assicurare una stabile contribuzione alle associazioni combattentistiche;
    e) incrementare le percentuali entro cui consentire il turn over del personale del comparto sicurezza e difesa, individuando risorse aggiuntive rispetto agli stanziamenti attualmente previsti dai commi 75 e 76 dell'articolo 3.
9/5534-bis-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Cirielli, De Angelis, Ascierto.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   preso atto della volontà del Governo di procedere con il presente disegno di legge ad un'importante innovazione del sistema tributario italiano, introducendo nel regime italiano la tassazione sulle transazioni finanziarie (cosiddetta Tobin Tax);
   verificato che tale volontà ha nettamente anticipato la volontà della Commissione Europea di legiferare in merito, imponendo una norma che crea al momento delle disomogeneità;
   valutato in particolare il contenuto dell'articolo 3, commi 14-17, che introduce misure che saranno sicuramente nel prossimo futuro soggette a modifiche per recepire l'eventuale intervento di armonizzazione delle istituzioni europee;
   ritenuto fondamentale evitare che l'attuale formulazione della disposizione determini una forte penalizzazione per l'operatività in strumenti derivati e generi rischi di elusione;
   ritenuto altrettanto importante contenere gli eccessi speculativi e destabilizzanti della finanza, ma attraverso misure tanto più efficaci quanto più diffuse geograficamente;
   ritenuto strategico che le Istituzioni tutelino i mercati italiani, evitando la fuga all'estero di capitali e la perdita di competitività del nostro Paese,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di far sì che l'introduzione nel nostro ordinamento di una tassazione sulle transazioni finanziarie mediante il previsto decreto attuativo del Ministero dell'Economia e delle Finanze avvenga entro una cornice concordata a livello europeo, ipotizzando una revisione delle attuali aliquote d'imposta al fine di differenziare, all'interno della categoria degli strumenti finanziari derivati, tra quelli stipulati per finalità meramente speculative e quelli il cui utilizzo è direttamente connesso all'operatività di soggetti imprenditoriali, a copertura dei rischi di fluttuazione della quotazione di materie prime o beni necessari per il processo produttivo, ovvero di monete;
   a valutare altresì l'ipotesi di esentare dall'imposta di bollo gli strumenti finanziari derivati destinati agli investitori retail, ovvero agli investimenti delle persone fisiche, in ottica di salvaguardia del pubblico risparmio.
9/5534-bis-A/14Moroni.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   preso atto della volontà del Governo di procedere con il presente disegno di legge ad un'importante innovazione del sistema tributario italiano, introducendo nel regime italiano la tassazione sulle transazioni finanziarie (cosiddetta Tobin Tax);
   verificato che tale volontà ha nettamente anticipato la volontà della Commissione Europea di legiferare in merito, imponendo una norma che crea al momento delle disomogeneità;
   valutato in particolare il contenuto dell'articolo 3, commi 14-17, che introduce misure che saranno sicuramente nel prossimo futuro soggette a modifiche per recepire l'eventuale intervento di armonizzazione delle istituzioni europee;
   ritenuto fondamentale evitare che l'attuale formulazione della disposizione determini una forte penalizzazione per l'operatività in strumenti derivati e generi rischi di elusione;
   ritenuto altrettanto importante contenere gli eccessi speculativi e destabilizzanti della finanza, ma attraverso misure tanto più efficaci quanto più diffuse geograficamente;
   ritenuto strategico che le Istituzioni tutelino i mercati italiani, evitando la fuga all'estero di capitali e la perdita di competitività del nostro Paese,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare l'opportunità di far sì che l'introduzione nel nostro ordinamento di una tassazione sulle transazioni finanziarie mediante il previsto decreto attuativo del Ministero dell'Economia e delle Finanze avvenga entro una cornice concordata a livello europeo, ipotizzando una revisione delle attuali aliquote d'imposta al fine di differenziare, all'interno della categoria degli strumenti finanziari derivati, tra quelli stipulati per finalità meramente speculative e quelli il cui utilizzo è direttamente connesso all'operatività di soggetti imprenditoriali, a copertura dei rischi di fluttuazione della quotazione di materie prime o beni necessari per il processo produttivo, ovvero di monete;
   a valutare altresì l'ipotesi di esentare dall'imposta di bollo gli strumenti finanziari derivati destinati agli investitori retail, ovvero agli investimenti delle persone fisiche, in ottica di salvaguardia del pubblico risparmio.
9/5534-bis-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Moroni.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2013 e considerati gli interventi introdotti da tale disegno di legge in relazione alle deroghe previste dall'articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 in favore dei cosiddetti «esodati»,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 21, del disegno di legge in esame – a parziale copertura dei relativi oneri – prevede che, per l'anno 2014, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici non sia riconosciuta con riferimento alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo dell'INPS;
    in ogni caso, il medesimo comma 21 dispone che entro il 30 settembre 2013 il Governo, sulla base dei dati forniti dall'INPS, monitori gli esiti dell'attuazione, anche in termini finanziari, delle disposizioni in materia di «esodati» e, qualora l'esito di tale monitoraggio riveli la disponibilità di risorse continuative a decorrere dall'anno 2014, entro i successivi trenta giorni, con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è disposto il riconoscimento della rivalutazione automatica con riferimento alle fasce di importo di cui sopra, nella misura prevista prima della data di entrata in vigore della presente legge ovvero in misura ridotta;
    è del tutto evidente che una misura restrittiva delle rivalutazioni di un importo pensionistico in favore di un numero ampio di cittadini, come è quello che percepisce trattamenti previdenziali superiori a sei volte in «minimo INPS» (sostanzialmente, la «classe media» della società italiana), non può facilmente essere sostenuta dal punto di vista sociale, sia pure per finalità meritorie come la tutela dei cosiddetti «esodati»,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, affinché qualora non si realizzassero le condizioni per l'emanazione del decreto non regolamentare di cui al citato comma 21 dell'articolo 2, siano adottate ulteriori iniziative normative, quali ad esempio il ddl di stabilità per il 2014, volte ad individuare una soluzione finanziaria differente per assicurare la copertura degli oneri di cui in premessa.
9/5534-bis-A/15Tommaso Foti.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2013 e considerati gli interventi introdotti da tale disegno di legge in relazione alle deroghe previste dall'articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 in favore dei cosiddetti «esodati»,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 21, del disegno di legge in esame – a parziale copertura dei relativi oneri – prevede che, per l'anno 2014, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici non sia riconosciuta con riferimento alle fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo dell'INPS;
    in ogni caso, il medesimo comma 21 dispone che entro il 30 settembre 2013 il Governo, sulla base dei dati forniti dall'INPS, monitori gli esiti dell'attuazione, anche in termini finanziari, delle disposizioni in materia di «esodati» e, qualora l'esito di tale monitoraggio riveli la disponibilità di risorse continuative a decorrere dall'anno 2014, entro i successivi trenta giorni, con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è disposto il riconoscimento della rivalutazione automatica con riferimento alle fasce di importo di cui sopra, nella misura prevista prima della data di entrata in vigore della presente legge ovvero in misura ridotta;
    è del tutto evidente che una misura restrittiva delle rivalutazioni di un importo pensionistico in favore di un numero ampio di cittadini, come è quello che percepisce trattamenti previdenziali superiori a sei volte in «minimo INPS» (sostanzialmente, la «classe media» della società italiana), non può facilmente essere sostenuta dal punto di vista sociale, sia pure per finalità meritorie come la tutela dei cosiddetti «esodati»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, affinché qualora non si realizzassero le condizioni per l'emanazione del decreto non regolamentare di cui al citato comma 21 dell'articolo 2, siano adottate ulteriori iniziative normative, quali ad esempio il ddl di stabilità per il 2014, volte ad individuare una soluzione finanziaria differente per assicurare la copertura degli oneri di cui in premessa.
9/5534-bis-A/15. (Testo modificato nel corso della seduta) Tommaso Foti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 25, del disegno di legge n. 5534, nel testo originario presentato dal Governo alle Camere, – al fine di recepire numerose proposte in tale senso pervenute al Commissario straordinario per la spending review nell'ambito di una consultazione pubblica volta a segnalare sprechi e inefficienze –, demandava ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione di misure per lo spegnimento, ovvero l'affievolimento dell'illuminazione pubblica nelle ore notturne, per finalità di contenimento della spesa pubblica, di risparmio energetico, nonché di razionalizzazione e ammodernamento delle fonti di illuminazione medesima;
    la medesima disposizione, affidava al richiamato D.P.C.M. il compito di individuare modalità di ammodernamento degli impianti o dispositivi di illuminazione esistenti in modo da introdurre tecnologie innovative e di pervenire progressivamente a una maggiore efficienza energetica;
    nel corso dell'esame in sede referente la norma è stata eliminata dal provvedimento in esame sebbene anche in ambito parlamentare, in diverse occasioni e da più tempo, è stata manifestata la necessità di individuare misure che, attraverso nuove forme di risparmio energetico e di razionalizzazione e ammodernamento delle fonti di illuminazione medesima, comportino una riduzione della spesa pubblica;
    occorre, inoltre, individuare adeguate misure dirette ad agevolare e promuovere investimenti, pubblici e privati, in nuove tecnologie capaci di coniugare al meglio l'obiettivo della riduzione delle spese con quello della garanzia di una moderna e sicura vita quotidiana per i cittadini e per le famiglie,

impegna il Governo

   ad avviare ogni iniziativa di propria competenza affinché si proceda quanto prima all'individuazione di adeguate misure di ammodernamento degli impianti e dei dispositivi di illuminazione, in modo da convergere, progressivamente e con sostituzioni tecnologiche, verso obiettivi di maggiore efficienza energetica dei diversi dispositivi di illuminazione, anche mediante l'indicazione di modalità e tempi di funzionamento e accensione di impianti specifici e l'utilizzo di tecnologie per la gestione, il comando e la diagnostica dei punti luce e la predisposizione razionale di servizi per la città tramite la rete di illuminazione pubblica come canale dati.
9/5534-bis-A/16Speciale, Mazzoni, Holzmann, Moles.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7, comma 25, del disegno di legge n. 5534, nel testo originario presentato dal Governo alle Camere, – al fine di recepire numerose proposte in tale senso pervenute al Commissario straordinario per la spending review nell'ambito di una consultazione pubblica volta a segnalare sprechi e inefficienze –, demandava ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione di misure per lo spegnimento, ovvero l'affievolimento dell'illuminazione pubblica nelle ore notturne, per finalità di contenimento della spesa pubblica, di risparmio energetico, nonché di razionalizzazione e ammodernamento delle fonti di illuminazione medesima;
    la medesima disposizione, affidava al richiamato D.P.C.M. il compito di individuare modalità di ammodernamento degli impianti o dispositivi di illuminazione esistenti in modo da introdurre tecnologie innovative e di pervenire progressivamente a una maggiore efficienza energetica;
    nel corso dell'esame in sede referente la norma è stata eliminata dal provvedimento in esame sebbene anche in ambito parlamentare, in diverse occasioni e da più tempo, è stata manifestata la necessità di individuare misure che, attraverso nuove forme di risparmio energetico e di razionalizzazione e ammodernamento delle fonti di illuminazione medesima, comportino una riduzione della spesa pubblica;
    occorre, inoltre, individuare adeguate misure dirette ad agevolare e promuovere investimenti, pubblici e privati, in nuove tecnologie capaci di coniugare al meglio l'obiettivo della riduzione delle spese con quello della garanzia di una moderna e sicura vita quotidiana per i cittadini e per le famiglie,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di avviare ogni iniziativa di propria competenza affinché si proceda quanto prima all'individuazione di adeguate misure di ammodernamento degli impianti e dei dispositivi di illuminazione, in modo da convergere, progressivamente e con sostituzioni tecnologiche, verso obiettivi di maggiore efficienza energetica dei diversi dispositivi di illuminazione, anche mediante l'indicazione di modalità e tempi di funzionamento e accensione di impianti specifici e l'utilizzo di tecnologie per la gestione, il comando e la diagnostica dei punti luce e la predisposizione razionale di servizi per la città tramite la rete di illuminazione pubblica come canale dati.
9/5534-bis-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Speciale, Mazzoni, Holzmann, Moles.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 5, del disegno di Legge di Stabilità 2013, come modificato durante l'esame del provvedimento in sede referente, innalza l'importo delle detrazioni IRPEF spettanti per figli a carico, andando a tal fine a modificare l'articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);
    in particolare, viene elevata da 800 a 950 euro la detrazione IRPEF per figli a carico di età pari o superiore a tre anni, da 900 a 1.220 euro quella prevista per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, nonché da 220 a 400 euro quella per ciascun figlio portatore di handicap;
    il comma 2, dell'articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni sopra indicate spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo annuo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili;
    nonostante le disposizioni in titolo dispongano un aumento del totale delle somme deducibili, la soglia limite di reddito di cui sopra, pari a 2840,51 euro e considerata presupposto necessario al fine di poter usufruire delle detrazioni IRPEF previste per i familiari a carico, continua a rimanere invariata entro il limite introdotto a partire dal 1994;
    dagli anni Novanta ad oggi molte disposizioni di natura fiscale che possono considerarsi a sostegno del contribuente, denominate più genericamente «detrazioni per oneri» e previste dal TUIR, sono rimaste sostanzialmente invariate, con conseguenti ripercussioni negative sul cittadino, spesso anche a causa di un mancato reale adeguamento nel passaggio dalla lira all'euro,

impegna il Governo

ad operare un adeguamento, eventualmente anche nell'ambito dell'attuazione della delega per un sistema fiscale più equo, dell'importo recante la soglia limite di reddito, pari a 2840,51 euro annui, oltre che all'effettiva riduzione del potere d'acquisto conseguente all'introduzione dell'euro, anche all'evidente aumento del costo della vita, dovuto alla crescente inflazione.
9/5534-bis-A/17Zeller, Brugger, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 5, del disegno di Legge di Stabilità 2013, come modificato durante l'esame del provvedimento in sede referente, innalza l'importo delle detrazioni IRPEF spettanti per figli a carico, andando a tal fine a modificare l'articolo 12, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);
    in particolare, viene elevata da 800 a 950 euro la detrazione IRPEF per figli a carico di età pari o superiore a tre anni, da 900 a 1.220 euro quella prevista per ciascun figlio di età inferiore a tre anni, nonché da 220 a 400 euro quella per ciascun figlio portatore di handicap;
    il comma 2, dell'articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni sopra indicate spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo annuo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili;
    nonostante le disposizioni in titolo dispongano un aumento del totale delle somme deducibili, la soglia limite di reddito di cui sopra, pari a 2840,51 euro e considerata presupposto necessario al fine di poter usufruire delle detrazioni IRPEF previste per i familiari a carico, continua a rimanere invariata entro il limite introdotto a partire dal 1994;
    dagli anni Novanta ad oggi molte disposizioni di natura fiscale che possono considerarsi a sostegno del contribuente, denominate più genericamente «detrazioni per oneri» e previste dal TUIR, sono rimaste sostanzialmente invariate, con conseguenti ripercussioni negative sul cittadino, spesso anche a causa di un mancato reale adeguamento nel passaggio dalla lira all'euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di operare un adeguamento, eventualmente anche nell'ambito dell'attuazione della delega per un sistema fiscale più equo, dell'importo recante la soglia limite di reddito, pari a 2840,51 euro annui, oltre che all'effettiva riduzione del potere d'acquisto conseguente all'introduzione dell'euro, anche all'evidente aumento del costo della vita, dovuto alla crescente inflazione.
9/5534-bis-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Zeller, Brugger, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, che reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, appare particolarmente orientato alla riduzione della spesa pubblica;
    è noto che le Regioni impiegano la gran parte delle risorse a loro disposizione per la gestione della sanità pubblica, con risultati e servizi disomogenei sul territorio nazionale e con differenti livelli di spesa in particolare riferimento all'acquisto di beni e servizi sanitari;
    il mercato italiano dei dispositivi medici è composto prevalentemente da piccole e medie imprese, che svolgono soprattutto attività di distribuzione;
    in ambito di acquisto di beni e servizi sanitari, il quadro normativo nazionale ha subito rilevanti modifiche a seguito dell'approvazione della direttiva 2004/18/Ce che rappresenta un testo unico comunitario per gli appalti di forniture, servizi e lavori ed è orientata a due tendenze: apertura alla collaborazione e irrigidimento di forme di controllo;
    la direttiva è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture), che introduce una disciplina unificata sugli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi sopra e sotto la soglia comunitaria;
    ulteriori e importanti novità sono state introdotte anche con il decreto-legge n. 52 del 7 maggio 2012, convertito nella legge n. 94 del 6 luglio 2012 (cosiddetto Spending Review 1) e ancora con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetto Spending Review 2);
    nonostante i tentativi di regolare le procedure di acquisto di beni e servizi sanitari introducendo l'obbligo di rinegoziazione nel caso in cui le differenze significative di prezzo non siano giustificate da particolari condizioni tecniche o logistiche delle forniture, appare comunque urgente avviare una seria e definitiva riformulazione della normativa orientata alla omogeneizzazione degli acquisti;
    la centralizzazione permette e facilita forme di analisi costi-benefici per la scelta delle categorie di beni e servizi;
    è possibile inoltre favorire la razionalizzazione delle risorse umane dedicate alla gestione del processo di approvvigionamento, una maggiore specializzazione del personale amministrativo dedicato agli acquisti (sia funzionale che legato a singoli mercati o categorie di prodotti), standardizzazione, maggiore efficienza delle diverse fasi e procedure che compongono i processi di acquisto;
    è ragionevole pensare a notevoli risparmi derivanti sia da economie di scala (riduzione del costo unitario di acquisto), sia dalla riduzione dei costi amministrativi e di gestione della gara (ad esempio, costi pubblicazione, costi commissioni di gara), sia dai tempi in cui vengono effettuati i pagamenti (nelle regioni in cui i pagamenti vengono effettuati entro i 30-60 giorni i costi delle forniture risultano essere molto più bassi di quelli registrati nelle regioni in cui i tempi vanno ben oltre quei limiti, superando talvolta anche i 12-15 mesi);
    le motivazioni che generalmente giustificano e favoriscono l'adozione di un modello d'acquisto centralizzato, sono correlate ai risparmi registrabili su prezzi e costi. Tali risparmi rappresentano anche uno degli obiettivi principali assegnati alle regioni in Piano di rientro;
    è opportuno istituire presso il Ministero della salute una Commissione che possa avere il compito di certificare la conformità dei prodotti agli standard qualitativi e ai costi previsti dalla normativa nazionale e comunitaria;
    in una logica di inclusione nel mercato sarebbe consigliabile invitare le aziende che intendono concorrere alla fornitura di beni e servizi sanitari a predispone un listino di campionatura dei prodotti, riportante prezzi e caratteristiche, che sarà sottoposto alla valutazione della Commissione ministeriale competente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predispone ulteriori interventi normativi volti a prevedere che gli enti del servizio sanitario nazionale stipulino contratti di acquisto di beni e servizi esclusivamente con i fornitori i cui listini di campionatura risultano approvati come da indicazioni esposte in premessa, assumendo l'impegno di non superare il limite di 60 giorni per i relativi pagamenti.
9/5534-bis-A/18Patarino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, che reca disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, appare particolarmente orientato alla riduzione della spesa pubblica;
    è noto che le Regioni impiegano la gran parte delle risorse a loro disposizione per la gestione della sanità pubblica, con risultati e servizi disomogenei sul territorio nazionale e con differenti livelli di spesa in particolare riferimento all'acquisto di beni e servizi sanitari;
    il mercato italiano dei dispositivi medici è composto prevalentemente da piccole e medie imprese, che svolgono soprattutto attività di distribuzione;
    in ambito di acquisto di beni e servizi sanitari, il quadro normativo nazionale ha subito rilevanti modifiche a seguito dell'approvazione della direttiva 2004/18/Ce che rappresenta un testo unico comunitario per gli appalti di forniture, servizi e lavori ed è orientata a due tendenze: apertura alla collaborazione e irrigidimento di forme di controllo;
    la direttiva è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture), che introduce una disciplina unificata sugli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi sopra e sotto la soglia comunitaria;
    ulteriori e importanti novità sono state introdotte anche con il decreto-legge n. 52 del 7 maggio 2012, convertito nella legge n. 94 del 6 luglio 2012 (cosiddetto Spending Review 1) e ancora con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetto Spending Review 2);
    nonostante i tentativi di regolare le procedure di acquisto di beni e servizi sanitari introducendo l'obbligo di rinegoziazione nel caso in cui le differenze significative di prezzo non siano giustificate da particolari condizioni tecniche o logistiche delle forniture, appare comunque urgente avviare una seria e definitiva riformulazione della normativa orientata alla omogeneizzazione degli acquisti;
    la centralizzazione permette e facilita forme di analisi costi-benefici per la scelta delle categorie di beni e servizi;
    è possibile inoltre favorire la razionalizzazione delle risorse umane dedicate alla gestione del processo di approvvigionamento, una maggiore specializzazione del personale amministrativo dedicato agli acquisti (sia funzionale che legato a singoli mercati o categorie di prodotti), standardizzazione, maggiore efficienza delle diverse fasi e procedure che compongono i processi di acquisto;
    è ragionevole pensare a notevoli risparmi derivanti sia da economie di scala (riduzione del costo unitario di acquisto), sia dalla riduzione dei costi amministrativi e di gestione della gara (ad esempio, costi pubblicazione, costi commissioni di gara), sia dai tempi in cui vengono effettuati i pagamenti (nelle regioni in cui i pagamenti vengono effettuati entro i 30-60 giorni i costi delle forniture risultano essere molto più bassi di quelli registrati nelle regioni in cui i tempi vanno ben oltre quei limiti, superando talvolta anche i 12-15 mesi);
    le motivazioni che generalmente giustificano e favoriscono l'adozione di un modello d'acquisto centralizzato, sono correlate ai risparmi registrabili su prezzi e costi. Tali risparmi rappresentano anche uno degli obiettivi principali assegnati alle regioni in Piano di rientro;
    è opportuno istituire presso il Ministero della salute una Commissione che possa avere il compito di certificare la conformità dei prodotti agli standard qualitativi e ai costi previsti dalla normativa nazionale e comunitaria;
    in una logica di inclusione nel mercato sarebbe consigliabile invitare le aziende che intendono concorrere alla fornitura di beni e servizi sanitari a predispone un listino di campionatura dei prodotti, riportante prezzi e caratteristiche, che sarà sottoposto alla valutazione della Commissione ministeriale competente,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predispone ulteriori interventi normativi volti a prevedere che gli enti del servizio sanitario nazionale stipulino contratti di acquisto di beni e servizi esclusivamente con i fornitori i cui listini di campionatura risultano approvati come da indicazioni esposte in premessa, assumendo l'impegno di non superare il limite di 60 giorni per i relativi pagamenti.
9/5534-bis-A/18. (Testo modificato nel corso della seduta) Patarino.


   La Camera,
   premesso che:
    i regolamenti e gli atti amministrativi del CNEL allo stato attuale sono esenti da qualsiasi forma di controllo, poiché i primi vengono approvati dalla sua Assemblea e i secondi adottati dal Segretariato generale, senza alcun parere preventivo del Consiglio di Stato e senza alcun controllo di legittimità da parte della Corte dei Conti;
    la mancanza di controlli esterni, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, non è compensata dalla presenza di un collegio dei revisori idoneamente costituito, poiché quello attualmente esistente è composto da soli consiglieri del CNEL (cinque) e viola il principio di indipendenza e professionalità dei membri degli organi interni di controllo, come evidenziato anche dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in un parere reso sulla specifica questione, non ancora recepito;
    le anomalie interne al CNEL sono già state portate all'attenzione di questa Assemblea tramite un'interpellanza urgente (n. 2/01665), e di una interrogazione a risposta scritta (n. 4/18460), nonché segnalate da alcuni organi di stampa e possono essere adeguatamente acclarate, nella loro oggettiva dimensione giuridico-amministrativa, dalle competenti Autorità giudiziarie;
    l'autonomia organizzativa riconosciuta al CNEL non dovrebbe impedire il rispetto da parte di questo organo di rilevanza costituzionale delle vigenti disposizioni in materia di finanza pubblica, essendo la cosiddetta «clausola di compatibilità» delle medesime disposizioni riservata ai soli organi costituzionali, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, della legge n. 196 del 2009,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, nell'ambito delle sue competenze, ogni iniziativa legislativa o regolamentare necessaria affinché anche il CNEL rispetti le vigenti disposizioni in materia di finanza pubblica, con specifico riferimento all'impiego delle risorse finanziarie e all'esplicazione dell'attività negoziale finalizzata allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali.
9/5534-bis-A/19Barbaro, Della Vedova.


   La Camera,
   premesso che:
    i regolamenti e gli atti amministrativi del CNEL allo stato attuale sono esenti da qualsiasi forma di controllo, poiché i primi vengono approvati dalla sua Assemblea e i secondi adottati dal Segretariato generale, senza alcun parere preventivo del Consiglio di Stato e senza alcun controllo di legittimità da parte della Corte dei Conti;
    la mancanza di controlli esterni, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, non è compensata dalla presenza di un collegio dei revisori idoneamente costituito, poiché quello attualmente esistente è composto da soli consiglieri del CNEL (cinque) e viola il principio di indipendenza e professionalità dei membri degli organi interni di controllo, come evidenziato anche dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in un parere reso sulla specifica questione, non ancora recepito;
    le anomalie interne al CNEL sono già state portate all'attenzione di questa Assemblea tramite un'interpellanza urgente (n. 2/01665), e di una interrogazione a risposta scritta (n. 4/18460), nonché segnalate da alcuni organi di stampa e possono essere adeguatamente acclarate, nella loro oggettiva dimensione giuridico-amministrativa, dalle competenti Autorità giudiziarie;
    l'autonomia organizzativa riconosciuta al CNEL non dovrebbe impedire il rispetto da parte di questo organo di rilevanza costituzionale delle vigenti disposizioni in materia di finanza pubblica, essendo la cosiddetta «clausola di compatibilità» delle medesime disposizioni riservata ai soli organi costituzionali, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, della legge n. 196 del 2009,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di assumere, nell'ambito delle sue competenze, ogni iniziativa legislativa o regolamentare necessaria affinché anche il CNEL rispetti le vigenti disposizioni in materia di finanza pubblica, con specifico riferimento all'impiego delle risorse finanziarie e all'esplicazione dell'attività negoziale finalizzata allo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali.
9/5534-bis-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbaro, Della Vedova.


   La Camera,
   premesso che:
    dal 1992 la Società Inps Gestione Immobiliare IGEI Spa si occupa della gestione del patrimonio immobiliare da reddito dell'INPS tramite apposita convenzione e le è stato concesso di proseguire questa attività, nonostante sia stata posta in liquidazione a far data dal 31 dicembre 1996, fino al completamento della dismissione immobiliare prevista con entrata in vigore del decreto-legge n. 351 del 2001 recante «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», con cui si individuava la cartolarizzazione come strumento per la vendita del patrimonio immobiliare pubblico;
    l'INPS, per garantire il processo di dismissione immobiliare, ha indetto una procedura ristretta di gara per affidare il servizio di gestione amministrativa, tecnica e di supporto alla vendita ad un nuovo operatore, che è stato poi individuato come si evince dalla determinazione del 13 giugno 2012 (sono tuttavia ancora in corso verifiche relative al possesso dei requisiti generali e speciali in capo all'aggiudicatario, nonché all'esito dei ricorsi pendenti);
    nelle more della stipula del contratto con il nuovo gestore, è stato mantenuto lo stesso assetto gestionale da parte della società IGEI Spa, mentre l'INPS ha reso noto di esse impegnato a trovare soluzioni per garantire al personale della suddetta società l'inserimento in ruoli organici;
    attualmente la società in liquidazione IGEI Spa impegna una forza lavorativa di circa 17 unità di personale di comprovata professionalità e pluriennale esperienza nel settore della gestione immobiliare, mentre l'INPS è interessato da riassetto organizzativo e funzionale derivante da accorpamento dell'INPDAP e dell'ENPALS previsto dal decreto-legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, nell'ambito delle sue competenze, di favorire il trasferimento all'INPS delle risorse umane in servizio presso la IGEI Spa posta in liquidazione.
9/5534-bis-A/20Perina, Barbaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore del recupero crediti stragiudiziale ha assunto negli ultimi anni una particolare rilevanza nel tessuto economico ed occupazionale italiano e la crescita di questo mercato risulta particolarmente significativa nel momento congiunturale che l'Italia sta attraversando, posto che si avverte una maggiore difficoltà dei debitori a rispettare gli impegni di pagamento assunti, ed assolve anche ad una funzione sociale considerato che consente alle società mandatarie di mantenere in equilibrio i loro bilanci;
    le società di recupero credito hanno adottato modelli organizzativi improntati alla flessibilità del rapporto, tenuto conto del fatto che i contratti di mandato sono predisposti dalle società clienti senza la previsione di minimi di affidamento garantiti con la conseguenza che non sussiste alcuna certezza per le società di recupero in merito al «se» ed al «quanto» verrà affidato periodicamente dalle società mandanti, basandosi quest'ultime solo sulle performance di recupero raggiunte dalle varie società, messe in competizione tra loro;
    per tali motivi le società di recupero hanno sin oggi fatto ricorso allo strumento delle collaborazioni coordinate e continuative per disciplinare il rapporto di lavoro con gli operatori di recupero crediti telefonico, la cui funzione è quella di occuparsi di sollecitare telefonicamente i debitori affinché paghino il dovuto, gli operatori infatti svolgono l'attività telefonica presso la società committente prenotando l'utilizzo di una postazione attrezzata messa a loro disposizione dalla medesima società di recupero, con gestione autonoma dei tempi e dei ritmi di lavoro nel rispetto di principi della legge Biagi;
    il mercato è pertanto cresciuto e si è sviluppato, nella reciproca soddisfazione dei committenti e dei collaboratori, sul presupposto dell'impiego di tale strumento contrattuale, reso legittimo dal decreto legislativo n. 276 del 2003 e fatto anche certificare per prassi delle società di recupero dagli organi di certificazione a ciò deputati;
    oggi sono 10.000 le risorse che si occupano del recupero crediti telefonico in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa e – considerato il divieto di coincidenza formalizzato nell'articolo 61 del decreto legislativo n. 276 del 2003 come riformulato dalla legge n. 92 del 2012 – temono di non veder stipulato un nuovo contratto di collaborazione, una volta terminati (a fine anno) i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della “Legge Fornero”,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità nell'ambito delle sue competenze di salvaguardare l'utilizzo del contratto di collaborazione coordinata e continuativa nella modalità a progetto nel settore del recupero crediti telefonico preservando quelle caratteristiche necessarie per far funzionare il mercato, e ciò anche in presenza del divieto di coincidenza tra oggetto sociale e progetto dedotto nei contratti.
9/5534-bis-A/21Briguglio.


   La Camera,
   esaminato il Disegno di legge di stabilità 2013, come modificato dalla Commissione V della Camera;
   premesso che:
    dai dati diffusi dal Cnr-Irpi, l'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si apprende un drammatico bilancio delle vittime delle catastrofi idrogeologiche nel nostro Paese dal 1960 a oggi: oltre 4 mila le vittime causate da frane e inondazioni, 200 mila gli sfollati e i senzatetto per le frane, 45 mila gli sfollati e i senzatetto per le inondazioni;
    in questi giorni abbiamo assistito ad eventi alluvionali catastrofici che hanno messo alla ribalta la fragilità e la vulnerabilità del territorio del nostro Paese, richiamando alla mente di tutti le altre catastrofi del recente passato, dovute a cause legate al rischio idrogeologico e aggravate da eventi meteo-climatici anomali;
    urge pertanto una seria politica territoriale indirizzata alla prevenzione che promuove e finanzia una serie di operazioni come:
     l'adeguamento e l'ammodernamento delle strutture deputate alla funzione di regimazione delle acque quali canali, impianti idrovori, sistemazioni, idrauliche, canali collettori, vasche di laminazione, sistemi di consolidamento, ed altre opere con analoghe finalità;
     la promozione di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del territorio;
     l'esecuzione di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione delle opere di sistemazione idraulico-forestale e degli alvei dei corsi d'acqua, per conservare in efficienza gli interventi e mantenere sufficienti sezioni di deflusso;
     l'attuazione di un presidio costante, recupero e mantenimento della funzionalità idraulica del reticolo idrografico minore;
     l'attuazione di interventi mirati alla riqualificazione ambientale dei corsi d'acqua con particolare riferimento alla ricostruzione morfologica e alla rinaturalizzazione di tratti degradati;
     l'esecuzione di interventi di rimboschimenti, cespugliamenti e rinverdimenti di terreni denudati anche a seguito di incendi, interventi di arricchimento della composizione floristica e di riequilibrio dei popolamenti forestali comprese le cure culturali e quelle indirizzate alla normalizzazione dei caratteri del bosco;
     il miglioramento delle caratteristiche di efficienza idrologica dei suoli nel territorio montano e collinare, in particolare favorendo il recupero e l'evoluzione verso forme equilibrate di ripristini forestali;
     si tratta di operazioni basilari per la tutela del territorio che denotano la necessità di un contatto diretto tra cittadini e territorio, che senz'altro devono essere attuati da parte degli enti locali, quali migliori conoscitori delle proprie esigenze e necessità, ma ovviamente devono essere coordinate e programmate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che dovrebbe utilizzare al meglio le risorse e razionalizzare la spesa,

impegna il Governo

a individuare congrue risorse economiche per il finanziamento di un piano pluriennale di lavori nel campo della difesa del suolo e dell'assetto idraulico, volto a rafforzare il sistema della tutela del territorio e a colmare le lacune emergenti del Paese nel campo della prevenzione del rischio idrogeologico.
9/5534-bis-A/22Aracri, Alessandri.


   La Camera,
   esaminato il Disegno di legge di stabilità 2013, come modificato dalla Commissione V della Camera;
   premesso che:
    dai dati diffusi dal Cnr-Irpi, l'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si apprende un drammatico bilancio delle vittime delle catastrofi idrogeologiche nel nostro Paese dal 1960 a oggi: oltre 4 mila le vittime causate da frane e inondazioni, 200 mila gli sfollati e i senzatetto per le frane, 45 mila gli sfollati e i senzatetto per le inondazioni;
    in questi giorni abbiamo assistito ad eventi alluvionali catastrofici che hanno messo alla ribalta la fragilità e la vulnerabilità del territorio del nostro Paese, richiamando alla mente di tutti le altre catastrofi del recente passato, dovute a cause legate al rischio idrogeologico e aggravate da eventi meteo-climatici anomali;
    urge pertanto una seria politica territoriale indirizzata alla prevenzione che promuove e finanzia una serie di operazioni come:
     l'adeguamento e l'ammodernamento delle strutture deputate alla funzione di regimazione delle acque quali canali, impianti idrovori, sistemazioni, idrauliche, canali collettori, vasche di laminazione, sistemi di consolidamento, ed altre opere con analoghe finalità;
     la promozione di pratiche di vigilanza attiva e di manutenzione costante del territorio;
     l'esecuzione di interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione delle opere di sistemazione idraulico-forestale e degli alvei dei corsi d'acqua, per conservare in efficienza gli interventi e mantenere sufficienti sezioni di deflusso;
     l'attuazione di un presidio costante, recupero e mantenimento della funzionalità idraulica del reticolo idrografico minore;
     l'attuazione di interventi mirati alla riqualificazione ambientale dei corsi d'acqua con particolare riferimento alla ricostruzione morfologica e alla rinaturalizzazione di tratti degradati;
     l'esecuzione di interventi di rimboschimenti, cespugliamenti e rinverdimenti di terreni denudati anche a seguito di incendi, interventi di arricchimento della composizione floristica e di riequilibrio dei popolamenti forestali comprese le cure culturali e quelle indirizzate alla normalizzazione dei caratteri del bosco;
     il miglioramento delle caratteristiche di efficienza idrologica dei suoli nel territorio montano e collinare, in particolare favorendo il recupero e l'evoluzione verso forme equilibrate di ripristini forestali;
     si tratta di operazioni basilari per la tutela del territorio che denotano la necessità di un contatto diretto tra cittadini e territorio, che senz'altro devono essere attuati da parte degli enti locali, quali migliori conoscitori delle proprie esigenze e necessità, ma ovviamente devono essere coordinate e programmate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che dovrebbe utilizzare al meglio le risorse e razionalizzare la spesa,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare congrue risorse economiche per il finanziamento di un piano pluriennale di lavori nel campo della difesa del suolo e dell'assetto idraulico, volto a rafforzare il sistema della tutela del territorio e a colmare le lacune emergenti del Paese nel campo della prevenzione del rischio idrogeologico.
9/5534-bis-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Aracri, Alessandri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3 del provvedimento prevede l'esclusione dall'agevolazione di cui all'articolo 34 primo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 degli emolumenti percepiti a titolo di reversibilità, da soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15.000,00 euro;
    dette pensioni di reversibilità riguardano, ai sensi della predetta norma, «le pensioni di guerra di ogni tipo e denominazione e le relative indennità accessorie, gli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, le pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare d'Italia e i soprassoldi connessi alle medaglie al valor militare»;
    il previsto assoggettamento a tassazione, oltre ad essere viziato da dubbi profili di costituzionalità, risulta palesemente e profondamente ingiusto se non immorale, nonché dagli incerti effetti finanziari. A titolo esemplificativo, con riferimento alle pensioni di guerra, secondo un'analisi dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra basata sui dati ufficiali della «elaborazione statistica delle partite delle pensioni di guerra in pagamento al 31 dicembre 2011» del Ministero dell'Economia e delle Finanze, i titolari di questi trattamenti di reversibilità risultano essere 87.641. Di questi 11.823 sono sicuramente esclusi dal campo di applicazione della norma, perché possessori – per definizione – di un reddito inferiore a euro 15.300,00 (orfani maggiorenni inabili e coniugi con assegno di maggiorazione). Per quanto riguarda i restanti 75.818, facendo riferimento al dato generale dei contribuenti italiani tratto da un'analisi statistica elaborata pubblicata dal Dipartimento delle Finanze (http://www.finanze. gov.it/stat_dbNew2010/contenuti/analisi_ dati_2010_irpef.pdf) che indica nella percentuale del 52 per cento coloro che hanno un reddito superiore ai 15.000 euro, la tassazione riguarderebbe 39.500 persone circa, con un imponibile complessivo intorno ai 53 milioni di euro;
    tenendo conto del tasso di decremento numerico dei titolari all'anno (pari ora al 7 per cento) e calcolando un'aliquota media effettiva del 25 per cento, l'introito per l'Erario sarebbe nel 2013 di circa 12 milioni di euro, assoggettando a tassazione pensioni che variano dai 90 euro mensili ai 190 euro mensili;
    al di là di queste considerazioni di carattere finanziario, è obbligo giuridico e morale dello Stato e del Governo mantenere nei confronti di queste persone – nella maggior parte dei casi anziane vedove che hanno trascorso un'intera vita ad assistere il proprio marito mutilato, invalido o cieco di guerra o per servizio – quell'impegno risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà per la perdita subita;
    sarebbe, pertanto, auspicabile la soppressione del citato comma 13 dell'articolo 3,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a dare attuazione a quanto previsto nell'ultimo capoverso della premessa.
9/5534-bis-A/23Alessandri, Aracri.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3 del provvedimento prevede l'esclusione dall'agevolazione di cui all'articolo 34 primo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 degli emolumenti percepiti a titolo di reversibilità, da soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15.000,00 euro;
    dette pensioni di reversibilità riguardano, ai sensi della predetta norma, «le pensioni di guerra di ogni tipo e denominazione e le relative indennità accessorie, gli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, le pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare d'Italia e i soprassoldi connessi alle medaglie al valor militare»;
    il previsto assoggettamento a tassazione, oltre ad essere viziato da dubbi profili di costituzionalità, risulta palesemente e profondamente ingiusto se non immorale, nonché dagli incerti effetti finanziari. A titolo esemplificativo, con riferimento alle pensioni di guerra, secondo un'analisi dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra basata sui dati ufficiali della «elaborazione statistica delle partite delle pensioni di guerra in pagamento al 31 dicembre 2011» del Ministero dell'Economia e delle Finanze, i titolari di questi trattamenti di reversibilità risultano essere 87.641. Di questi 11.823 sono sicuramente esclusi dal campo di applicazione della norma, perché possessori – per definizione – di un reddito inferiore a euro 15.300,00 (orfani maggiorenni inabili e coniugi con assegno di maggiorazione). Per quanto riguarda i restanti 75.818, facendo riferimento al dato generale dei contribuenti italiani tratto da un'analisi statistica elaborata pubblicata dal Dipartimento delle Finanze (http://www.finanze. gov.it/stat_dbNew2010/contenuti/analisi_ dati_2010_irpef.pdf) che indica nella percentuale del 52 per cento coloro che hanno un reddito superiore ai 15.000 euro, la tassazione riguarderebbe 39.500 persone circa, con un imponibile complessivo intorno ai 53 milioni di euro;
    tenendo conto del tasso di decremento numerico dei titolari all'anno (pari ora al 7 per cento) e calcolando un'aliquota media effettiva del 25 per cento, l'introito per l'Erario sarebbe nel 2013 di circa 12 milioni di euro, assoggettando a tassazione pensioni che variano dai 90 euro mensili ai 190 euro mensili;
    al di là di queste considerazioni di carattere finanziario, è obbligo giuridico e morale dello Stato e del Governo mantenere nei confronti di queste persone – nella maggior parte dei casi anziane vedove che hanno trascorso un'intera vita ad assistere il proprio marito mutilato, invalido o cieco di guerra o per servizio – quell'impegno risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarietà per la perdita subita;
    sarebbe, pertanto, auspicabile la soppressione del citato comma 13 dell'articolo 3,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a dare attuazione a quanto previsto nell'ultimo capoverso della premessa.
9/5534-bis-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Alessandri, Aracri.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 112 del 2011 è stata introdotto finalmente anche nel nostro ordinamento l'istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza;
    le risorse provenienti dal bilancio dello Stato assegnate per l'anno 2012 al bilancio di previsione dell'Autorità garante per l'Infanzia e l'adolescenza ammontano a euro 913.479 in termini di competenza e di cassa;
    con il disegno di legge di bilancio per l'anno 2013 si è incrementato lo stanziamento per il 2013 di euro 90.363;
    le previsioni di competenza e di cassa per gli anni 2013, 2014 e 2015 sono pertanto le seguenti:
     2013: 1.003.842;
     2014: 1.095.564;
     2015: 1.079.980.
    la riduzione rispetto lo stanziamento iniziale è avvenuta con la legge di bilancio dello scorso anno: Bilancio per l'anno finanziario 2012 e sconta gli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi di attuazione delle diverse manovre che si sono succedute nell'ultimo biennio che hanno determinato una importante riduzione delle risorse destinate alle spese rimodulabili delle Amministrazioni pubbliche e, pertanto, anche a quelle iscritte nel bilancio dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
    gli stanziamenti risultanti subiscono gli obiettivi di risparmio disposti con il decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con la legge di stabilità per il 2012 e, da ultimo, con il decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16 convertito dalla legge 26 aprile 2012 n. 44;
    nell'ambito del provvedimento di Bilancio per l'anno finanziario 2012 lo stanziamento previsto di euro 1.500.000 annui per il 2012, 2013 e 2014 è stato rispettivamente ridotto di:
     586.521 euro nel 2012 con conseguente stanziamento per l'anno 2012 di 913.479 euro;
     487.723 euro nel 2013 con conseguente stanziamento per l'anno 2013 di 1.012.277 euro;
     387.599 euro nel 2014 con conseguente stanziamento per l'anno 2014 di 1.112.401 euro;
    a fronte della dotazione di euro 1.500.000 prevista, «a decorrere» dal 2012, dall'articolo 7, comma 1, della legge n. 112 del 2011 per il funzionamento dell'Ufficio, le risorse che affluiscono al bilancio dell'Autorità si attestano in euro 898.888,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche attraverso ulteriori iniziative normative, di reperire tutte le risorse economiche e finanziarie necessarie a ripristinare adeguati fondi per il funzionamento del Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza.
9/5534-bis-A/24Zampa, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 112 del 2011 è stata introdotto finalmente anche nel nostro ordinamento l'istituzione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza;
    le risorse provenienti dal bilancio dello Stato assegnate per l'anno 2012 al bilancio di previsione dell'Autorità garante per l'Infanzia e l'adolescenza ammontano a euro 913.479 in termini di competenza e di cassa;
    con il disegno di legge di bilancio per l'anno 2013 si è incrementato lo stanziamento per il 2013 di euro 90.363;
    le previsioni di competenza e di cassa per gli anni 2013, 2014 e 2015 sono pertanto le seguenti:
     2013: 1.003.842;
     2014: 1.095.564;
     2015: 1.079.980.
    la riduzione rispetto lo stanziamento iniziale è avvenuta con la legge di bilancio dello scorso anno: Bilancio per l'anno finanziario 2012 e sconta gli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi di attuazione delle diverse manovre che si sono succedute nell'ultimo biennio che hanno determinato una importante riduzione delle risorse destinate alle spese rimodulabili delle Amministrazioni pubbliche e, pertanto, anche a quelle iscritte nel bilancio dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
    gli stanziamenti risultanti subiscono gli obiettivi di risparmio disposti con il decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con la legge di stabilità per il 2012 e, da ultimo, con il decreto-legge 2 marzo 2012 n. 16 convertito dalla legge 26 aprile 2012 n. 44;
    nell'ambito del provvedimento di Bilancio per l'anno finanziario 2012 lo stanziamento previsto di euro 1.500.000 annui per il 2012, 2013 e 2014 è stato rispettivamente ridotto di:
     586.521 euro nel 2012 con conseguente stanziamento per l'anno 2012 di 913.479 euro;
     487.723 euro nel 2013 con conseguente stanziamento per l'anno 2013 di 1.012.277 euro;
     387.599 euro nel 2014 con conseguente stanziamento per l'anno 2014 di 1.112.401 euro;
    a fronte della dotazione di euro 1.500.000 prevista, «a decorrere» dal 2012, dall'articolo 7, comma 1, della legge n. 112 del 2011 per il funzionamento dell'Ufficio, le risorse che affluiscono al bilancio dell'Autorità si attestano in euro 898.888,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, anche attraverso ulteriori iniziative normative, di reperire tutte le risorse economiche e finanziarie necessarie a ripristinare adeguati fondi per il funzionamento del Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza.
9/5534-bis-A/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Zampa, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che,
    il Comune di Gangi (Palermo) è un ente sottoposto al «patto di stabilità interno»;
    il Comune di Gangi ha predisposto il bilancio di previsione del 2012 creando, al fine del rispetto del patto di stabilità, un capitolo nel bilancio denominato «Fondo per il rispetto del patto» destinando ad esso 325 mila euro nel 2012 e oltre 400 mila euro nel 2013 e nel 2014;
    per il Comune di Gangi il rispetto del patto non è più possibile in quanto si è visto notificare una sentenza esecutiva che lo condanna al pagamento di una somma di oltre 872 mila euro a causa di una occupazione illegittima di una area nel 1981, sentenza che ha ribaltato la sentenza di secondo grado che era stata favorevole al Comune;
    la sentenza obbliga ora il comune di Gangi al riconoscimento del debito fuori bilancio, se ciò non avvenisse i creditori potrebbero procedere al pignoramento la Tesoreria comunale, tenuto conto che l'ammontare del fondo cassa del comune è pari a 4 milioni di euro;
    l'unico finanziamento possibile del debito derivante dalla sentenza, sarebbe costituito dall'avanzo di amministrazione che però non è considerato tra le entrate valide ai fini del calcolo del saldo finanziario del patto di stabilità;
    in questo modo il Comune di Gangi subirà lo sforamento del patto di stabilità con la conseguenza, tra le altre, della perdita di tutti i trasferimenti erariali, ciò si tradurrà nel dissesto finanziario per il Comune di Gangi;
    il Comune di Gangi così come tutti i Comuni in Italia, che hanno le stesse problematiche o similari, né pretestuose né elusive del patto di stabilità, avrebbero bisogno di una deroga di carattere eccezionale ai fini del patto di stabilità 2012 e 2013, con l'autorizzazione a poter detrarre dalle spese finali considerate ai fini del rispetto del patto di stabilità, quanto debba essere pagato per il debito fuori bilancio non preventivabile, che possa essere pagato solo con l'avanzo di amministrazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere deroghe di carattere eccezionale ai fini del patto di stabilità per i comuni che a fronte di debiti non preventivabili si trovino nella necessità di poterlo pagare solo con l'avanzo di amministrazione, consentendo di poterlo detrarre dalla spese finali considerate ai fini del rispetto del patto di stabilità, evitando a tanti comuni, nella situazione del comune di Gangi, di perdere i trasferimenti erariali e di precipitare nel dissesto finanziario.
9/5534-bis-A/25Ruvolo.


   La Camera,
   premesso che,
    il Comune di Gangi (Palermo) è un ente sottoposto al «patto di stabilità interno»;
    il Comune di Gangi ha predisposto il bilancio di previsione del 2012 creando, al fine del rispetto del patto di stabilità, un capitolo nel bilancio denominato «Fondo per il rispetto del patto» destinando ad esso 325 mila euro nel 2012 e oltre 400 mila euro nel 2013 e nel 2014;
    per il Comune di Gangi il rispetto del patto non è più possibile in quanto si è visto notificare una sentenza esecutiva che lo condanna al pagamento di una somma di oltre 872 mila euro a causa di una occupazione illegittima di una area nel 1981, sentenza che ha ribaltato la sentenza di secondo grado che era stata favorevole al Comune;
    la sentenza obbliga ora il comune di Gangi al riconoscimento del debito fuori bilancio, se ciò non avvenisse i creditori potrebbero procedere al pignoramento la Tesoreria comunale, tenuto conto che l'ammontare del fondo cassa del comune è pari a 4 milioni di euro;
    l'unico finanziamento possibile del debito derivante dalla sentenza, sarebbe costituito dall'avanzo di amministrazione che però non è considerato tra le entrate valide ai fini del calcolo del saldo finanziario del patto di stabilità;
    in questo modo il Comune di Gangi subirà lo sforamento del patto di stabilità con la conseguenza, tra le altre, della perdita di tutti i trasferimenti erariali, ciò si tradurrà nel dissesto finanziario per il Comune di Gangi;
    il Comune di Gangi così come tutti i Comuni in Italia, che hanno le stesse problematiche o similari, né pretestuose né elusive del patto di stabilità, avrebbero bisogno di una deroga di carattere eccezionale ai fini del patto di stabilità 2012 e 2013, con l'autorizzazione a poter detrarre dalle spese finali considerate ai fini del rispetto del patto di stabilità, quanto debba essere pagato per il debito fuori bilancio non preventivabile, che possa essere pagato solo con l'avanzo di amministrazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere deroghe di carattere eccezionale ai fini del patto di stabilità per i comuni che a fronte di debiti non preventivabili si trovino nella necessità di poterlo pagare solo con l'avanzo di amministrazione, consentendo di poterlo detrarre dalla spese finali considerate ai fini del rispetto del patto di stabilità, evitando a tanti comuni, nella situazione del comune di Gangi, di perdere i trasferimenti erariali e di precipitare nel dissesto finanziario.
9/5534-bis-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Ruvolo.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)», sono presenti, norme che riguardano le spese degli enti territoriali;
    nel disegno di legge in esame è stato inoltre introdotta (all'articolo 2, comma 27) una deroga per il Patto di stabilità per gli enti locali, per quanto riguarda però esclusivamente il finanziamento per le scuole non statali;
    l'articolo 16, comma 31, della legge numero 148 del 2011 dispone che dal 2013 anche i comuni superiori a 1000 abitanti siano soggetti al Patto di stabilità interno;
    i piccoli comuni avranno conseguentemente enormi difficoltà a gestire i relativi vincoli, sia dal punto di vista amministrativo, che soprattutto dal punto di vista finanziario;
    dal punto di vista amministrativo il Patto di stabilità, come oggi concepito, impone infatti una serie di adempimenti organizzativi e burocratici cui difficilmente il personale degli enti di minori dimensioni (generalmente esiguo, privo di una formazione specialistica e impegnato a gestire attività eterogenee) sarà in grado di far fronte;
    è comunque soprattutto sul versante finanziario che l'allargamento della platea degli enti soggetti al Patto di stabilità rischia di produrre effetti negativi, determinando un'ulteriore, drastica riduzione della spesa pubblica per investimenti;
    il Patto di stabilità rischia inoltre di rappresentare un ostacolo insormontabile alla costruzione delle forme associative (unioni o convenzioni) che entro la fine del 2013 dovranno obbligatoriamente gestire le funzioni fondamentali comunali;
    nel nostro paese circa 4600 comuni (su 8092 complessivi) hanno una popolazione inferiore a 3000 abitanti;
    riguardo a quanto esposto, ed in relazione al tessuto demografico nazionale, è auspicabile che la soglia per l'assoggettamento al Patto di stabilità sia elevata ai comuni inferiori a 3.000 abitanti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di inserire, nel primo provvedimento utile, la deroga di un anno per l'applicazione del Patto di stabilità per i comuni italiani con popolazione inferiore a 3000 abitanti.
9/5534-bis-A/26Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)», sono presenti, norme che riguardano le spese degli enti territoriali;
    nel disegno di legge in esame è stato inoltre introdotta (all'articolo 2, comma 27) una deroga per il Patto di stabilità per gli enti locali, per quanto riguarda però esclusivamente il finanziamento per le scuole non statali;
    l'articolo 16, comma 31, della legge numero 148 del 2011 dispone che dal 2013 anche i comuni superiori a 1000 abitanti siano soggetti al Patto di stabilità interno;
    i piccoli comuni avranno conseguentemente enormi difficoltà a gestire i relativi vincoli, sia dal punto di vista amministrativo, che soprattutto dal punto di vista finanziario;
    dal punto di vista amministrativo il Patto di stabilità, come oggi concepito, impone infatti una serie di adempimenti organizzativi e burocratici cui difficilmente il personale degli enti di minori dimensioni (generalmente esiguo, privo di una formazione specialistica e impegnato a gestire attività eterogenee) sarà in grado di far fronte;
    è comunque soprattutto sul versante finanziario che l'allargamento della platea degli enti soggetti al Patto di stabilità rischia di produrre effetti negativi, determinando un'ulteriore, drastica riduzione della spesa pubblica per investimenti;
    il Patto di stabilità rischia inoltre di rappresentare un ostacolo insormontabile alla costruzione delle forme associative (unioni o convenzioni) che entro la fine del 2013 dovranno obbligatoriamente gestire le funzioni fondamentali comunali;
    nel nostro paese circa 4600 comuni (su 8092 complessivi) hanno una popolazione inferiore a 3000 abitanti;
    riguardo a quanto esposto, ed in relazione al tessuto demografico nazionale, è auspicabile che la soglia per l'assoggettamento al Patto di stabilità sia elevata ai comuni inferiori a 3.000 abitanti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire, nel primo provvedimento utile, la deroga di un anno per l'applicazione del Patto di stabilità per i comuni italiani con popolazione inferiore a 3000 abitanti.
9/5534-bis-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    in Sicilia dal 1988 una vastissima platea di giovani, dopo aver sperimentato le più variegate forme di lavoro atipico e dopo anni di rivendicazioni sindacali ha ottenuto la possibilità di iniziare un nuovo percorso tramite la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato;
    nella Regione siciliana, da oltre dodici anni, tale tipologia di lavoro flessibile viene utilizzata per far fronte ad esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario degli enti locali;
    tale categoria di lavoratori, unitamente a quelli a tempo indeterminato ancora in servizio, in assenza di regolare turn-over, hanno garantito i servizi fondamentali ed essenziali alle proprie comunità locali;
    è ben noto che le posizioni di ruolo negli enti territoriali, con lo svuotamento degli organici per effetto dei pensionamenti, non consentono di assicurare la funzionalità degli stessi;
    gli Enti locali territoriali, forti della presenza del personale precario e da oltre un ventennio, hanno rinunciato ad attivare procedure concorsuali ed hanno continuato ad utilizzare questi lavoratori in posizioni anche strategiche ed apicali, sfruttando i titoli di studio posseduti dai precari e la professionalità da questi acquisita;
    un'eventuale mancata concessione della proroga dei rapporti da parte del legislatore nazionale, paralizzerebbe in moltissimi enti, settori strategici quali la polizia municipale, il servizio scuolabus, gli uffici di ragioneria, gli uffici tecnici ed i servizi amministrativi, sociali ed assistenziali;
    la mancata proroga creerebbe altra disoccupazione in una Regione che ne soffre da tempo immemore e la cui Assemblea regionale non è riuscita in questi anni a legiferare per la tutela del mondo del lavoro siciliano;
    le istituzioni siciliane sono state richiamante dalla Corte dei Conti al rispetto del principio costituzionale di accesso per concorso all'impiego pubblico rendendo inapplicabile la legge regionale n. 24 del 2010;
    gli errori e i ritardi del legislatore regionale, però, non possono e non devono ricadere sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie;
    disattendere adesso le aspettative di un precariato storico, si arriva ad anzianità pari a 23 anni di lavoro precario, venendo meno all'impegno sociale e morale assunto con l'investimento di ingenti risorse finanziare pubbliche protese all'attuazione di annunciati processi di stabilizzazione mai definiti, costituirebbe una vera e propria «macelleria sociale»;
    s'impone la chiusura, speriamo definitiva, del fenomeno del precariato proveniente dal bacino dei lavoratori socialmente utili in Sicilia e questo può avvenire solo ad opera del legislatore nazionale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché si favorisca l'avvio di un legittimo percorso di stabilizzazione per i lavoratori impegnati nelle attività socialmente utili della Regione siciliana.
9/5534-bis-A/27Catanoso, Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    in Sicilia dal 1988 una vastissima platea di giovani, dopo aver sperimentato le più variegate forme di lavoro atipico e dopo anni di rivendicazioni sindacali ha ottenuto la possibilità di iniziare un nuovo percorso tramite la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato;
    nella Regione siciliana, da oltre dodici anni, tale tipologia di lavoro flessibile viene utilizzata per far fronte ad esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario degli enti locali;
    tale categoria di lavoratori, unitamente a quelli a tempo indeterminato ancora in servizio, in assenza di regolare turn-over, hanno garantito i servizi fondamentali ed essenziali alle proprie comunità locali;
    è ben noto che le posizioni di ruolo negli enti territoriali, con lo svuotamento degli organici per effetto dei pensionamenti, non consentono di assicurare la funzionalità degli stessi;
    gli Enti locali territoriali, forti della presenza del personale precario e da oltre un ventennio, hanno rinunciato ad attivare procedure concorsuali ed hanno continuato ad utilizzare questi lavoratori in posizioni anche strategiche ed apicali, sfruttando i titoli di studio posseduti dai precari e la professionalità da questi acquisita;
    un'eventuale mancata concessione della proroga dei rapporti da parte del legislatore nazionale, paralizzerebbe in moltissimi enti, settori strategici quali la polizia municipale, il servizio scuolabus, gli uffici di ragioneria, gli uffici tecnici ed i servizi amministrativi, sociali ed assistenziali;
    la mancata proroga creerebbe altra disoccupazione in una Regione che ne soffre da tempo immemore e la cui Assemblea regionale non è riuscita in questi anni a legiferare per la tutela del mondo del lavoro siciliano;
    le istituzioni siciliane sono state richiamante dalla Corte dei Conti al rispetto del principio costituzionale di accesso per concorso all'impiego pubblico rendendo inapplicabile la legge regionale n. 24 del 2010;
    gli errori e i ritardi del legislatore regionale, però, non possono e non devono ricadere sulle spalle dei lavoratori e delle loro famiglie;
    disattendere adesso le aspettative di un precariato storico, si arriva ad anzianità pari a 23 anni di lavoro precario, venendo meno all'impegno sociale e morale assunto con l'investimento di ingenti risorse finanziare pubbliche protese all'attuazione di annunciati processi di stabilizzazione mai definiti, costituirebbe una vera e propria «macelleria sociale»;
    s'impone la chiusura, speriamo definitiva, del fenomeno del precariato proveniente dal bacino dei lavoratori socialmente utili in Sicilia e questo può avvenire solo ad opera del legislatore nazionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative affinché si favorisca l'avvio di un legittimo percorso di stabilizzazione per i lavoratori impegnati nelle attività socialmente utili della Regione siciliana.
9/5534-bis-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Catanoso, Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di Legge Stabilità sono previsti stanziamenti per la realizzazione delle parti, di competenza nazionale, delle reti infrastrutturali e dei nodi TEN-1;
    nell'ambito di tali opere ricadono opere prioritarie e fondamentali per l'intero Paese ed, in particolare, per il Mezzogiorno;
    fra tali opere, sicuramente fondamentali sono l'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria, l'Autostrada Salerno-Reggio Calabria, la Strada Statale 106 Ionica, l'asse ferroviario Catania-Palermo, il Raccordo Autostradale Salerno-Mercato San Severino che collega le Autostrade A3 Salerno-Reggio Calabria ed A30 Caserta-Roma,

impegna il Governo

a reperire risorse finanziarie necessarie per l'adeguamento, il potenziamento, la velocizzazione degli assi ferroviari Salerno-Reggio Calabria e Catania-Palermo, per completare i lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, per completare la Strada Statale 106 Ionica, per la messa in sicurezza e l'adeguamento del Raccordo Salerno-Mercato San Severino che collega le Autostrade A3 (Salerno-Reggio Calabria) ed A30 (Caserta-Roma).
9/5534-bis-A/28Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di Legge Stabilità sono previsti stanziamenti per la realizzazione delle parti, di competenza nazionale, delle reti infrastrutturali e dei nodi TEN-1;
    nell'ambito di tali opere ricadono opere prioritarie e fondamentali per l'intero Paese ed, in particolare, per il Mezzogiorno;
    fra tali opere, sicuramente fondamentali sono l'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Reggio Calabria, l'Autostrada Salerno-Reggio Calabria, la Strada Statale 106 Ionica, l'asse ferroviario Catania-Palermo, il Raccordo Autostradale Salerno-Mercato San Severino che collega le Autostrade A3 Salerno-Reggio Calabria ed A30 Caserta-Roma,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire risorse finanziarie necessarie per l'adeguamento, il potenziamento, la velocizzazione degli assi ferroviari Salerno-Reggio Calabria e Catania-Palermo, per completare i lavori di ammodernamento e messa in sicurezza dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, per completare la Strada Statale 106 Ionica, per la messa in sicurezza e l'adeguamento del Raccordo Salerno-Mercato San Severino che collega le Autostrade A3 (Salerno-Reggio Calabria) ed A30 (Caserta-Roma).
9/5534-bis-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi di quanto prescrive l'articolo 31 della Legge n. 183 del 2011 e in considerazione della normativa nazionale (manovre correttive rispettivamente approvate con decreto-legge n. 98 del 2011 e decreto-legge n. 136 del 2011) relativa al Patto di Stabilità che sono chiamati a rispettare gli enti Locali, al fine della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, i Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti, dal 2013 anche quelli con popolazione inferiore a questa soglia) e le province devono conseguire per ciascuno degli anni 2012, 2013 e successivi, un saldo finanziario calcolato in termini di competenza mista non inferiore al valore dell'obiettivo specifico, il cui calcolo deve tenere conto del saldo finanziario tra entrate finali e spese finali, al netto delle riscossioni, concessioni e crediti con esclusione delle risorse provenienti dallo stato per calamità naturali, grandi eventi, investimenti provenienti direttamente o indirettamente dall'Europa;
    come è noto, sono in corso di approvazione da parte dei competenti organi, le assegnazioni dei finanziamenti pubblici previsti dal fondo per lo sviluppo dei Comuni di Confine, il cosiddetto Fondo ODI (istituito dalla legge n. 191 del 2009) e dal fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale cosiddetto fondo Letta (di cui alla legge n. 127 del 2007);
    tali finanziamenti sono di vitale importanza ai fini della perequazione territoriale, la coesione e la crescita dei territori a confine con le regioni a statuto speciale;
    è indispensabile che tali risorse veicolate attraverso gli enti locali siano spese in modo rapido ed efficace siano occasione di crescita e valorizzazione delle aree interessate,

impegna il Governo

ad escludere dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto di Stabilità interno le entrate provenienti dal fondo per lo sviluppo delle aree di confine di cui alla legge 23 dicembre 2009 n. 191 e dal fondo per la valorizzazione e promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale di cui alla legge n. 127 del 2007 e le relative spese in conto capitale.
9/5534-bis-A/29Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi di quanto prescrive l'articolo 31 della Legge n. 183 del 2011 e in considerazione della normativa nazionale (manovre correttive rispettivamente approvate con decreto-legge n. 98 del 2011 e decreto-legge n. 136 del 2011) relativa al Patto di Stabilità che sono chiamati a rispettare gli enti Locali, al fine della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, i Comuni con popolazione superiore ai 5000 abitanti, dal 2013 anche quelli con popolazione inferiore a questa soglia) e le province devono conseguire per ciascuno degli anni 2012, 2013 e successivi, un saldo finanziario calcolato in termini di competenza mista non inferiore al valore dell'obiettivo specifico, il cui calcolo deve tenere conto del saldo finanziario tra entrate finali e spese finali, al netto delle riscossioni, concessioni e crediti con esclusione delle risorse provenienti dallo stato per calamità naturali, grandi eventi, investimenti provenienti direttamente o indirettamente dall'Europa;
    come è noto, sono in corso di approvazione da parte dei competenti organi, le assegnazioni dei finanziamenti pubblici previsti dal fondo per lo sviluppo dei Comuni di Confine, il cosiddetto Fondo ODI (istituito dalla legge n. 191 del 2009) e dal fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale cosiddetto fondo Letta (di cui alla legge n. 127 del 2007);
    tali finanziamenti sono di vitale importanza ai fini della perequazione territoriale, la coesione e la crescita dei territori a confine con le regioni a statuto speciale;
    è indispensabile che tali risorse veicolate attraverso gli enti locali siano spese in modo rapido ed efficace siano occasione di crescita e valorizzazione delle aree interessate,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di escludere dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del Patto di Stabilità interno le entrate provenienti dal fondo per lo sviluppo delle aree di confine di cui alla legge 23 dicembre 2009 n. 191 e dal fondo per la valorizzazione e promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale di cui alla legge n. 127 del 2007 e le relative spese in conto capitale.
9/5534-bis-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta) Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    le continue riduzioni di assegnazioni finanziarie agli Istituti di cultura italiani hanno determinato grandi difficoltà per le attività da loro svolte, fino al punto da determinarne la chiusura;
     alcune Istituzioni dispongono di beni immobili acquistati con contributi statali e vincolati per molti anni che creano difficoltà nella utilizzazione da parte degli enti stessi,

impegna il Governo

ad adottare misure che liberino le istituzioni dai vincoli temporali ai quali sono sottoposti al fine di avere una maggiore flessibilità nell'utilizzazione di tali beni per il raggiungimento delle finalità culturali previste dagli statuti degli enti.
9/5534-bis-A/30Burtone, Cuomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame – a seguito dell'approfondimento in sede referente – è intervenuto sulla rimodulazione del turn over nel comparto difesa-sicurezza e vigili del Fuoco;
    nello specifico è stata superata una parte delle criticità relativa alla configurazione del turn over nel comparto così come delineato dalla spending review del luglio 2012: infatti i ministeri interessati «sulla base di metodologie per la quantificazione dei relativi fabbisogni (...) procedono alla rimodulazione e alla riprogrammazione delle dotazioni dei programmi di spesa» finalizzate anche «ad assunzioni a tempo indeterminato sulla base di procedure concorsuali già avviate» e le assunzioni sono da effettuarsi – secondo l'emendamento alla legge di stabilità 2013 – anche in deroga «alle percentuali di turn over di cui all'articolo 66, comma 9-bis del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133»;
    per quanto riguarda gli aspetti relativi al personale della Polizia di Stato ad esempio, il Ministro dell'interno, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 26 settembre 2012 (n. 3-02489), ha precisato che «L'assunzione nel ruolo della polizia di Stato, una volta terminato il periodo di ferma, deve comunque essere valutata alla luce dei ridimensionamenti imposti dalla spending review, che incidono anche sul sistema delle dinamiche del turn over per il personale delle forze di polizia. La quota dei volontari che non potrà essere subito assunta sarà, comunque, immessa in servizio con il venir meno delle limitazioni imposte dal turn over»;
    per cui il suindicato intervento sul turn over del comparto andrebbe a configurarsi come una conditio propedeutica a qualsiasi iniziativa volta a superare la questione dei vincitori di concorsi già espletati e non ancora inglobati nei diversi corpi;
    per far fronte al nuovo fabbisogno di personale, le amministrazioni competenti potrebbero utilizzare le graduatorie ancora vigenti dei concorsi pubblici già espletati a decorrere dal 2006 per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, ricorrendo a tali graduatorie quando si tratta di procedere all'assunzione di profili corrispondenti o analoghi a quelli previsti nei bandi dei concorsi ai quali si riferiscono le graduatorie medesime;
    la suddetta ipotesi potrebbe garantire l'esigenza di economicità in capo all'Amministrazione sia la tutela del diritto del cittadino a ricoprire il ruolo per il quale è già risultato vincitore tramite concorso pubblico,

impegna il Governo

a valutare – per far fronte alle nuove esigenze assunzionali del comparto sancite dal provvedimento in esame – ogni utile iniziativa volta a consentire l'assunzione dei cittadini vincitori di concorsi già banditi ed espletati – a partire dal 2006 – e rientranti in graduatorie e non ancora transitati nei ruoli per cui hanno vinto il concorso, al fine di evitare che vengano indetti nuovi concorsi con conseguenti oneri a carico dell'amministrazione.
9/5534-bis-A/31Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame – a seguito dell'approfondimento in sede referente – è intervenuto sulla rimodulazione del turn over nel comparto difesa-sicurezza e vigili del Fuoco;
    nello specifico è stata superata una parte delle criticità relativa alla configurazione del turn over nel comparto così come delineato dalla spending review del luglio 2012: infatti i ministeri interessati «sulla base di metodologie per la quantificazione dei relativi fabbisogni (...) procedono alla rimodulazione e alla riprogrammazione delle dotazioni dei programmi di spesa» finalizzate anche «ad assunzioni a tempo indeterminato sulla base di procedure concorsuali già avviate» e le assunzioni sono da effettuarsi – secondo l'emendamento alla legge di stabilità 2013 – anche in deroga «alle percentuali di turn over di cui all'articolo 66, comma 9-bis del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112 convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133»;
    per quanto riguarda gli aspetti relativi al personale della Polizia di Stato ad esempio, il Ministro dell'interno, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea del 26 settembre 2012 (n. 3-02489), ha precisato che «L'assunzione nel ruolo della polizia di Stato, una volta terminato il periodo di ferma, deve comunque essere valutata alla luce dei ridimensionamenti imposti dalla spending review, che incidono anche sul sistema delle dinamiche del turn over per il personale delle forze di polizia. La quota dei volontari che non potrà essere subito assunta sarà, comunque, immessa in servizio con il venir meno delle limitazioni imposte dal turn over»;
    per cui il suindicato intervento sul turn over del comparto andrebbe a configurarsi come una conditio propedeutica a qualsiasi iniziativa volta a superare la questione dei vincitori di concorsi già espletati e non ancora inglobati nei diversi corpi;
    per far fronte al nuovo fabbisogno di personale, le amministrazioni competenti potrebbero utilizzare le graduatorie ancora vigenti dei concorsi pubblici già espletati a decorrere dal 2006 per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, ricorrendo a tali graduatorie quando si tratta di procedere all'assunzione di profili corrispondenti o analoghi a quelli previsti nei bandi dei concorsi ai quali si riferiscono le graduatorie medesime;
    la suddetta ipotesi potrebbe garantire l'esigenza di economicità in capo all'Amministrazione sia la tutela del diritto del cittadino a ricoprire il ruolo per il quale è già risultato vincitore tramite concorso pubblico,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità – per far fronte alle nuove esigenze assunzionali del comparto sancite dal provvedimento in esame – di ogni utile iniziativa volta a consentire l'assunzione dei cittadini vincitori di concorsi già banditi ed espletati – a partire dal 2006 – e rientranti in graduatorie e non ancora transitati nei ruoli per cui hanno vinto il concorso, al fine di evitare che vengano indetti nuovi concorsi con conseguenti oneri a carico dell'amministrazione.
9/5534-bis-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1 comma 45, lettera a, misure di modifica dell'articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale prevede che l'amministrazione scolastica, centrale e periferica, possa avvalersi, per i compiti connessi con l'attuazione dell'autonomia scolastica, dell'opera di dirigenti scolastici e di docenti, compreso il personale educativo, forniti di adeguati titoli culturali, scientifici e professionali, nei limiti di un contingente non superiore a cinquecento unità, determinato con decreto interministeriale n. 30 del 9 febbraio 1999;
    il citato limite di cinquecento unità è stato successivamente abbassato a trecento, ai sensi dell'articolo 4, comma 68, della legge n. 183 del 2011. Il provvedimento in esame, nel determinare un ulteriore abbassamento di tale limite a centocinquanta unità, determina gravi criticità in capo alle unità di personale già interessate da decreti direttoriali e assegnati all'Autonomia Scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014;
    difatti, il contingente di personale da assegnarsi all'Amministrazione scolastica, centrale e periferica, viene rideterminato con Circolare Ministeriale 22 giugno 2012 (di seguito “CM”), protocollo n. AOODPIT 1300, n. 54, ridefinendo la selezione e l'utilizzo di dirigenti scolastici e di docenti a partire dal 1° settembre 2012;
    a seguito della procedura di selezione, successivamente espletata dai singoli uffici scolastici regionali, dirigenti e docenti sono stati assegnati con decreto direttoriale ai singoli uffici per gli anni 2012/2013 e 2013/2014;
    qualora non intervenga un'opportuna deroga al citato articolo 1, comma 45, del provvedimento in esame, che specifichi che le disposizioni formulate si applicano a partire dall'anno scolastico 2014/2015 per quelle unità i cui decreti direttoriali, emanati a seguito della CM 54/2012, sono assegnati in supporto all'Autonomia Scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014, sarebbe inevitabile il generarsi di innumerevoli contenziosi con l'amministrazione, da parte di quei docenti e dirigenti, già assegnati all'autonomia fino al 2013/2014, che si trovassero oggetto di una interruzione del rapporto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative finalizzate a prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 45, lettera a) del provvedimento in esame si applichino a partire dall'anno scolastico 2014/2015 per quelle unità i cui decreti direttoriali, emanati a seguito della CM 54/2012, sono assegnati in supporto all'autonomia scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014.
9/5534-bis-A/32Granata, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1 comma 45, lettera a, misure di modifica dell'articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale prevede che l'amministrazione scolastica, centrale e periferica, possa avvalersi, per i compiti connessi con l'attuazione dell'autonomia scolastica, dell'opera di dirigenti scolastici e di docenti, compreso il personale educativo, forniti di adeguati titoli culturali, scientifici e professionali, nei limiti di un contingente non superiore a cinquecento unità, determinato con decreto interministeriale n. 30 del 9 febbraio 1999;
    il citato limite di cinquecento unità è stato successivamente abbassato a trecento, ai sensi dell'articolo 4, comma 68, della legge n. 183 del 2011. Il provvedimento in esame, nel determinare un ulteriore abbassamento di tale limite a centocinquanta unità, determina gravi criticità in capo alle unità di personale già interessate da decreti direttoriali e assegnati all'Autonomia Scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014;
    difatti, il contingente di personale da assegnarsi all'Amministrazione scolastica, centrale e periferica, viene rideterminato con Circolare Ministeriale 22 giugno 2012 (di seguito “CM”), protocollo n. AOODPIT 1300, n. 54, ridefinendo la selezione e l'utilizzo di dirigenti scolastici e di docenti a partire dal 1° settembre 2012;
    a seguito della procedura di selezione, successivamente espletata dai singoli uffici scolastici regionali, dirigenti e docenti sono stati assegnati con decreto direttoriale ai singoli uffici per gli anni 2012/2013 e 2013/2014;
    qualora non intervenga un'opportuna deroga al citato articolo 1, comma 45, del provvedimento in esame, che specifichi che le disposizioni formulate si applicano a partire dall'anno scolastico 2014/2015 per quelle unità i cui decreti direttoriali, emanati a seguito della CM 54/2012, sono assegnati in supporto all'Autonomia Scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014, sarebbe inevitabile il generarsi di innumerevoli contenziosi con l'amministrazione, da parte di quei docenti e dirigenti, già assegnati all'autonomia fino al 2013/2014, che si trovassero oggetto di una interruzione del rapporto,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative finalizzate a prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 45, lettera a) del provvedimento in esame si applichino a partire dall'anno scolastico 2014/2015 per quelle unità i cui decreti direttoriali, emanati a seguito della CM 54/2012, sono assegnati in supporto all'autonomia scolastica fino all'anno scolastico 2013/2014.
9/5534-bis-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Granata, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 26 del 2007, emanato in attuazione della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici, e il decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico sulle accise) prevedono specifiche disposizioni per la tassazione degli oli vegetali non modificati chimicamente;
    ai sensi del punto 11 della Tabella A del decreto legislativo n. 504 del 1995, gli oli vegetali non modificati chimicamente utilizzati nella «produzione diretta o indiretta di energia elettrica», con impianti obbligati alla denuncia di officina elettrica, sono esenti da accisa;
    le caratteristiche chimico-fisiche degli oli vegetali, invece, vengono indicati nel paragrafo 1 della circolare 32/D del 5 agosto 2008 della Agenzia delle dogane;
    il comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, integrando il punto 11 della Tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 dispone che, per i combustibili impiegati per la produzione combinata di energia elettrica e calore, trovino applicazione le aliquote previste per la produzione di energia elettrica rideterminate sulla base di coefficienti da individuare con apposito decreto interministeriale;
    malgrado quanto disposto dalla Nota dell'Agenzia delle dogane 31 maggio 2012, protocollo 62488/Ru, recante chiarimenti sulla tassazione dell'elettricità dopo la legge n. 44 del 2012 di conversione del decreto-legge «fiscale» n. 16 del 2012, attualmente manca una norma di interpretazione autentica di quanto disposto ai sensi della citata legge;
    in virtù del principio di coerenza fiscale, nell'ambito della promozione del calore ottenuto da fonti rinnovabili, sarebbe auspicabile che l'esenzione dell'accisa si intendesse estesa all'impiego di calore per gli usi civili e industriali in ogni caso in cui la produzione combinata di energia elettrica e calore avvenga mediante l'impiego di oli vegetali non modificati chimicamente. In assenza di una norma chiarificatrice in tal senso sussisterebbe un principio di inefficienza derivante dal fatto che la sola produzione di energia elettrica mediante oli vegetali non modificati chimicamente sarebbe in esenzione di accise, mentre la produzione contemporanea di energia elettrica e calore risulterebbe una attività pesantemente penalizzata da fonti rinnovabili;
    sono frequenti i dubbi presso le agenzie territoriali delle Agenzie delle dogane nel momento in cui un operatore utilizzi – nello stesso anno – sia prodotti che beneficiano di un'esenzione totale, sia prodotti che siano soggetti all'applicazione delle accise;
    il reimpiego di calore prodotto dalle dinamiche di produzione di energia da oli vegetali non modificati rappresenta una prassi virtuosa orientata all'ottimizzazione dell'uso delle risorse in armonia con le disposizioni vigenti in materia di tutela e promozione delle energie rinnovabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'esenzione dell'accisa di cui al punto 11 della tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 anche all'impiego di calore per gli usi civili e industriali, in ogni caso in cui la produzione combinata di energia elettrica e calore avvenga mediante l'impiego di oli vegetali non modificati chimicamente.
9/5534-bis-A/33Raisi, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo n. 26 del 2007, emanato in attuazione della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici, e il decreto legislativo n. 504 del 1995 (Testo unico sulle accise) prevedono specifiche disposizioni per la tassazione degli oli vegetali non modificati chimicamente;
    ai sensi del punto 11 della Tabella A del decreto legislativo n. 504 del 1995, gli oli vegetali non modificati chimicamente utilizzati nella «produzione diretta o indiretta di energia elettrica», con impianti obbligati alla denuncia di officina elettrica, sono esenti da accisa;
    le caratteristiche chimico-fisiche degli oli vegetali, invece, vengono indicati nel paragrafo 1 della circolare 32/D del 5 agosto 2008 della Agenzia delle dogane;
    il comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, integrando il punto 11 della Tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995 dispone che, per i combustibili impiegati per la produzione combinata di energia elettrica e calore, trovino applicazione le aliquote previste per la produzione di energia elettrica rideterminate sulla base di coefficienti da individuare con apposito decreto interministeriale;
    malgrado quanto disposto dalla Nota dell'Agenzia delle dogane 31 maggio 2012, protocollo 62488/Ru, recante chiarimenti sulla tassazione dell'elettricità dopo la legge n. 44 del 2012 di conversione del decreto-legge «fiscale» n. 16 del 2012, attualmente manca una norma di interpretazione autentica di quanto disposto ai sensi della citata legge;
    in virtù del principio di coerenza fiscale, nell'ambito della promozione del calore ottenuto da fonti rinnovabili, sarebbe auspicabile che l'esenzione dell'accisa si intendesse estesa all'impiego di calore per gli usi civili e industriali in ogni caso in cui la produzione combinata di energia elettrica e calore avvenga mediante l'impiego di oli vegetali non modificati chimicamente. In assenza di una norma chiarificatrice in tal senso sussisterebbe un principio di inefficienza derivante dal fatto che la sola produzione di energia elettrica mediante oli vegetali non modificati chimicamente sarebbe in esenzione di accise, mentre la produzione contemporanea di energia elettrica e calore risulterebbe una attività pesantemente penalizzata da fonti rinnovabili;
    sono frequenti i dubbi presso le agenzie territoriali delle Agenzie delle dogane nel momento in cui un operatore utilizzi – nello stesso anno – sia prodotti che beneficiano di un'esenzione totale, sia prodotti che siano soggetti all'applicazione delle accise;
    il reimpiego di calore prodotto dalle dinamiche di produzione di energia da oli vegetali non modificati rappresenta una prassi virtuosa orientata all'ottimizzazione dell'uso delle risorse in armonia con le disposizioni vigenti in materia di tutela e promozione delle energie rinnovabili,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di estendere l'esenzione dell'accisa di cui al punto 11 della tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 anche all'impiego di calore per gli usi civili e industriali, in ogni caso in cui la produzione combinata di energia elettrica e calore avvenga mediante l'impiego di oli vegetali non modificati chimicamente.
9/5534-bis-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Raisi, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 1, misure relative alle spese dei Ministeri, nonché ad ulteriori misure correttive degli stessi;
    in particolare, con l'articolo 1, comma 62, si prevedono interventi di modifica sul decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante «Misure urgenti per la crescita del Paese». La disposizione è tesa a modificare, nella fattispecie, l'articolo 59, concernente «disposizioni urgenti per il settore agricolo»;
    in merito a tale ambito, sussistono criticità in capo al comparto della ristorazione, circa il termine del pagamento delle forniture nell'ambito della distribuzione alimentare per le merci deteriorabili e per tutte le altre merci, rispettivamente a 30 gg. e a 60 gg. dalla consegna o dal ritiro delle merci stesse o delle relative fatture, come stabilito dall'articolo 62, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 17;
    il decreto interministeriale, emanato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, attuativo delle disposizioni di cui al citato articolo 62, nel fissare le specifiche caratteristiche applicative della norma, ne ha fissato l'entrata in vigore a decorrere dal 24 ottobre p.v.;
    le misure introdotte determinano forti criticità per il comparto della ristorazione, giacché non tengono conto della fondamentale differenza tra aziende che operano nella distribuzione diretta di prodotti alimentari ai concittadini – quali ipermercati, supermercati e analoghe realtà – e aziende che distribuiscono prodotti alimentari ad attività di ristorazione – i cosiddetti food service. In particolare, questi ultimi ottengono il pagamento delle forniture dai clienti molto spesso a 60 gg. o più;
    in tal senso i food service si trovano, di fatto, ad esercitare la funzione di erogatori di credito nei confronti delle tante piccole e medie attività del settore ristorazione che hanno sempre più difficoltà di accesso al credito bancario;
    la necessità di allinearsi alla norma sopraccitata comporterebbe la necessità, per i titolari dei food service, di restringere sensibilmente i tempi di dilazione da poter concedere alle aziende servite, comportando fondamentali criticità che, in tempi di crisi economica e di mancanza di liquidità, rischiano di pregiudicare l'operatività di un comparto importante come quello della ristorazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le dovute iniziative di natura legislativa finalizzate a sanare le criticità evidenziate in premessa, concedendo una proroga dei tempi di allineamento alle sopracitate disposizioni, al fine di consentire alla filiera interessata di adeguarsi progressivamente alla normativa senza subire i contraccolpi negativi che l'impatto della stessa produrrebbe sull'intero comparto della ristorazione nell'immediato futuro.
9/5534-bis-A/34Proietti Cosimi, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure inerenti le gestioni previdenziali e disposizioni per la riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni, introducendo al contempo misure finalizzate al finanziamento di esigenze indifferibili;
    il provvedimento introduce altresì misure finalizzate a sanare le criticità sussistenti in capo al personale delle forze dell'ordine, tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze, in particolare, del comparto sicurezza difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    resto escluso dalle misure, pur nella frequente analogia di incarichi e responsabilità, il personale della polizia locale, che pure è interessato da forti criticità a seguito dell'abrogazione degli istituti di «dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata», prevista dall'articolo 6 comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
    il sopraccitato decreto ha infatti previsto di mantenere in deroga tali istituti per alcune categorie particolarmente esposte a rischio indicate con la dicitura «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico», tralasciando di includere nelle deroghe il personale di polizia locale, afferente il comparto vigilanza degli enti locali;
    la criticità interessa circa 65.000 unità di personale di polizia locale, distribuite su tutto il territorio nazionale, le quali operano quotidianamente in situazioni di potenziale esposizione a rischio, come i fatti di cronaca costantemente testimoniano, analogamente ai loro colleghi afferenti i corpi di polizia di Stato, vigili del fuoco, croce rossa, arma dei carabinieri, già tutelati dalla deroga;
    la costante esclusione della polizia locale dalle misure che tutelano la specificità e le peculiari esigenze degli comparti che si occupano di ordine pubblico, sicurezza e analoghi ambiti di intervento, rivela l'esistenza di una grave lacuna normativa in merito all'idoneo inquadramento giuridico ed economico di questo personale, anche in considerazione del ruolo che è chiamato a svolgere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare urgentemente le opportune misure di natura normativa, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire l'inclusione del personale della polizia locale tra le deroghe dell'articolo 6 comma 1, citato in premessa, per tutelarne i diritti e l'operatività.
9/5534-bis-A/35Giorgio Conte, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure inerenti le gestioni previdenziali e disposizioni per la riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni, introducendo al contempo misure finalizzate al finanziamento di esigenze indifferibili;
    il provvedimento introduce altresì misure finalizzate a sanare le criticità sussistenti in capo al personale delle forze dell'ordine, tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze, in particolare, del comparto sicurezza difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    resto escluso dalle misure, pur nella frequente analogia di incarichi e responsabilità, il personale della polizia locale, che pure è interessato da forti criticità a seguito dell'abrogazione degli istituti di «dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata», prevista dall'articolo 6 comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
    il sopraccitato decreto ha infatti previsto di mantenere in deroga tali istituti per alcune categorie particolarmente esposte a rischio indicate con la dicitura «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico», tralasciando di includere nelle deroghe il personale di polizia locale, afferente il comparto vigilanza degli enti locali;
    la criticità interessa circa 65.000 unità di personale di polizia locale, distribuite su tutto il territorio nazionale, le quali operano quotidianamente in situazioni di potenziale esposizione a rischio, come i fatti di cronaca costantemente testimoniano, analogamente ai loro colleghi afferenti i corpi di polizia di Stato, vigili del fuoco, croce rossa, arma dei carabinieri, già tutelati dalla deroga;
    la costante esclusione della polizia locale dalle misure che tutelano la specificità e le peculiari esigenze degli comparti che si occupano di ordine pubblico, sicurezza e analoghi ambiti di intervento, rivela l'esistenza di una grave lacuna normativa in merito all'idoneo inquadramento giuridico ed economico di questo personale, anche in considerazione del ruolo che è chiamato a svolgere,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare urgentemente le opportune misure di natura normativa, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di garantire l'inclusione del personale della polizia locale tra le deroghe dell'articolo 6 comma 1, citato in premessa, per tutelarne i diritti e l'operatività.
9/5534-bis-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Giorgio Conte, Di Biagio.


   La Camera,
   premesso che:
    è stato pubblicato il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione alla delega di cui all'articolo 1, commi da 2 a 6, della legge 14 settembre 2011, n. 148;
    la soppressione di tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e di procure della Repubblica è ricondotta a due esigenze: maggiore efficienza e riduzione della spesa;
    la relazione illustrativa evidenzia che «tutti gli studi in materia guardano al recupero delle risorse umane scarsamente utilizzate negli uffici giudiziari di più modeste dimensioni come ad uno strumento strategico per restituire efficienza al sistema giudiziario. Se a ciò si aggiunge che, a regime, la diminuzione degli uffici giudiziari di primo grado è destinata a realizzare notevoli risparmi di spesa (...) uniti ad una più marcata specializzazione delle funzioni giudiziarie (per definizione non realizzabile nei piccoli uffici) si coglie appieno il rilievo determinante del riassetto della geografia giudiziaria italiana (...)»;
    l'amministrazione giudiziaria ha perseguito l'intento di garantire che ciascun tribunale potesse acquisire – anche mediante la ridefinizione dei suoi uffici territoriali e non necessariamente attraverso accorpamenti conseguenti a soppressione – una dimensione media quanto più vicina possibile al modello ideale di ufficio giudiziario individuato attraverso il ricorso a standard oggettivi, in grado di assicurare anche l'indispensabile specializzazione dei magistrati;
    nel distretto di Corte di appello di Trieste il Governo ha soppresso solo il tribunale di Tolmezzo, che viene assorbito dal Tribunale di Udine;
    gli altri tribunali del distretto hanno sede nel capoluogo di provincia e dunque non potevano essere soppressi;
    il Governo ha corretto l'ipotesi originale dello schema di decreto che, allo scopo di razionalizzare la distribuzione degli uffici in questo distretto per riequilibrare i carichi (a fronte di tribunali particolarmente piccoli come Gorizia e Trieste), stabiliva che il tribunale di Udine cedesse al tribunale di Gorizia i comuni della sezione distaccata di Palmanova, in modo tale che il bacino di utenza di Udine scendesse di 36.150 unità, mentre quello di Gorizia salisse a 255.451 residenti;
    il Governo ha ritenuto di mantenere i comuni della sezione distaccata di Palmanova al Tribunale di Udine;
    rimane immutata la necessità di razionalizzare la distribuzione degli uffici in questo distretto proprio al fine di riequilibrare i carichi;
    nella provincia di Gorizia e nel mandamento di Cervignano (Udine) vige il sistema tavolare e l'esistenza di una precisa competenza dell'autorità giudiziaria, prevista dalla legge tavolare e ovviamente esistente nei soli territori dove vige la legge tavolare, rende addirittura ipotizzabile la previsione di un giudice specializzato e comunque opportuno assicurare la specializzazione dei magistrati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, in sede di decreti attuativi, un provvedimento normativo correttivo del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 che preveda l'accorpamento al circondario del tribunale di Gorizia del mandamento di Cervignano del Friuli.
9/5534-bis-A/36Maran.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone misure di contenimento della spesa per il welfare, in particolare mediante la previsione di un programma di revisione di 150.000 prestazioni pensionistiche d'invalidità;
    dalla documentazione allegata al Documento di economia e finanza, risulta che le spese per il welfare sono aumentate nell'ultimo anno del 2 per cento, avendo come base le spese per il medesimo titolo sostenute nell'anno precedente; di conseguenza, rispetto ad un PIL calante, le spese per il welfare sono cresciute assai di più;
    sotto il profilo contabile le suddette spese sono considerate obbligatorie o comunque prevalenti rispetto ad altre spese quali gli investimenti, gli ammortamenti e i consumi intermedi; di conseguenza le spese per il welfare hanno un carattere di automaticità che non tiene conto degli andamenti del ciclo economico e prevale su spese che potrebbero essere maggiormente produttive;
    giova ricordare che la Grecia deve ampia parte del suo tracollo economico ad una spesa sociale eccessiva; il risultato di una spesa sociale incontrollata è in definitiva l'azzeramento finale di essa,

impegna il Governo:

   a introdurre disposizioni generali di indirizzamento di spesa, nel senso di considerare, anche sotto il profilo della contabilità di Stato, come spese prevalenti quelle volte alla crescita dell'economia e all'educazione dei giovani;
   a introdurre disposizioni che pongano un tetto massimo alle spese per il welfare e che le leghino all'andamento del ciclo economico.
9/5534-bis-A/37Santelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone misure di contenimento della spesa per il welfare, in particolare mediante la previsione di un programma di revisione di 150.000 prestazioni pensionistiche d'invalidità;
    dalla documentazione allegata al Documento di economia e finanza, risulta che le spese per il welfare sono aumentate nell'ultimo anno del 2 per cento, avendo come base le spese per il medesimo titolo sostenute nell'anno precedente; di conseguenza, rispetto ad un PIL calante, le spese per il welfare sono cresciute assai di più;
    sotto il profilo contabile le suddette spese sono considerate obbligatorie o comunque prevalenti rispetto ad altre spese quali gli investimenti, gli ammortamenti e i consumi intermedi; di conseguenza le spese per il welfare hanno un carattere di automaticità che non tiene conto degli andamenti del ciclo economico e prevale su spese che potrebbero essere maggiormente produttive;
    giova ricordare che la Grecia deve ampia parte del suo tracollo economico ad una spesa sociale eccessiva; il risultato di una spesa sociale incontrollata è in definitiva l'azzeramento finale di essa,

impegna il Governo:

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di introdurre disposizioni generali di indirizzamento di spesa, nel senso di considerare, anche sotto il profilo della contabilità di Stato, come spese prevalenti quelle volte alla crescita dell'economia e all'educazione dei giovani.
9/5534-bis-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Santelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità per il 2013, prevede una serie di particolari misure, nel rispetto dei vincoli imposti dai saldi di finanza pubblica, volte a sostenere le famiglie e le imprese, al fine di fronteggiare la crisi economica che insiste sul nostro Paese;
    nell'ambito degli interventi stabiliti dal provvedimento in esame per il sostegno allo sviluppo del trasporto, incluso quello locale e ferroviario in particolare, sono stabiliti una serie di stanziamenti, nonostante le riduzioni in termini strutturali subite dal comparto recentemente;
    con riferimento al sistema di trasporto intermodale occorre tuttavia favorire con maggiore incisività il settore dei trasporti, nel suo complesso al fine di determinare le condizioni di sviluppo che consentano al Paese una ripresa di crescita infrastrutturale attraverso iniziative volte a definire politiche di competitività per l'evoluzione della logistica e dell'autotrasporto;
    le autostrade del mare rappresentano in tal senso uno strumento decisivo al fine di sollecitare l'autotrasporto a trasferire quote sempre maggiori di traffico sulla modalità marittima, in considerazione della saturazione del traffico su strada, nonché del livello di pericolosità ad esso attribuibile,

impegna il Governo

a prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi un incremento delle risorse a favore del Capitolo 7750 – «Spese per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato denominato Autostrada del Mare» dello stato di previsione della spesa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
9/5534-bis-A/38Di Cagno Abbrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità per il 2013, prevede una serie di particolari misure, nel rispetto dei vincoli imposti dai saldi di finanza pubblica, volte a sostenere le famiglie e le imprese, al fine di fronteggiare la crisi economica che insiste sul nostro Paese;
    nell'ambito degli interventi stabiliti dal provvedimento in esame per il sostegno allo sviluppo del trasporto, incluso quello locale e ferroviario in particolare, sono stabiliti una serie di stanziamenti, nonostante le riduzioni in termini strutturali subite dal comparto recentemente;
    con riferimento al sistema di trasporto intermodale occorre tuttavia favorire con maggiore incisività il settore dei trasporti, nel suo complesso al fine di determinare le condizioni di sviluppo che consentano al Paese una ripresa di crescita infrastrutturale attraverso iniziative volte a definire politiche di competitività per l'evoluzione della logistica e dell'autotrasporto;
    le autostrade del mare rappresentano in tal senso uno strumento decisivo al fine di sollecitare l'autotrasporto a trasferire quote sempre maggiori di traffico sulla modalità marittima, in considerazione della saturazione del traffico su strada, nonché del livello di pericolosità ad esso attribuibile,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi un incremento delle risorse a favore del Capitolo 7750 – «Spese per il finanziamento delle attività inerenti alla programmazione e realizzazione del sistema integrato denominato Autostrada del Mare» dello stato di previsione della spesa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
9/5534-bis-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Cagno Abbrescia.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure previste dall'articolo 2, dai commi 16 a 22, del provvedimento in oggetto, riguardanti l'ampliamento della platea dei cosiddetti lavoratori salvaguardati, pur apprezzabili, sono ancora molto lontane dal risolvere la vicenda creatasi a seguito dell'emanazione del decreto SalvaItalia, il quale riformando il sistema previdenziale italiano ha prodotto alcune storture e distorsioni tra le quali quella degli «esodati» è certamente la più grave e dalle conseguenze umane e sociali più drammatiche;
    gli interventi di salvaguardia sin qui effettuati non hanno escluso la possibilità che per gli anni 2013 e 2014 vi siano ancora lavoratori esposti al rischio di non poter usufruire di alcun tipo di provento;
    il Partito Democratico ha immediatamente denunciato i rischi di una riforma varata senza sufficienti elementi di gradualità e non ha cessato di operare al fine di concludere felicemente la vicenda, tutelando l'intera platea di lavoratori trovatisi senza lavoro, senza il sostegno degli ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    tali perplessità sono state confermate dalle dichiarazioni recentemente rilasciate dal presidente dell'Inps – per il quale il nostro Paese già prima della riforma del dicembre 2011 era completamente allineato ai migliori standard europei avendo un'età media di pensionamento, destinata a crescere, superiore di 2 anni alla Francia e di soli 4 mesi inferiore alla Germania – e dai dati forniti dal medesimo istituto – rilevanti nei primi 9 mesi del 2012, a seguito dell'introduzione delle «quote» (Governo Prodi) e delle «finestre» (Governo Berlusconi), una riduzione del 35,5 per cento degli assegni liquidati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e un calo del 44,1 per cento delle pensioni di anzianità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le ulteriori iniziative a sua disposizione, al fine di garantire per gli anni 2013 e 2014 la salvaguardia a tutti i lavoratori trovatisi a seguito della riforma previdenziale introdotta dal decreto SalvaItalia senza forme di reddito o di ammortizzatori sociali e con l'allontanamento di diversi anni del traguardo pensionistico.
9/5534-bis-A/39Bobba, Damiano, Gnecchi, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure previste dall'articolo 2, dai commi 16 a 22, del provvedimento in oggetto, riguardanti l'ampliamento della platea dei cosiddetti lavoratori salvaguardati, pur apprezzabili, sono ancora molto lontane dal risolvere la vicenda creatasi a seguito dell'emanazione del decreto SalvaItalia, il quale riformando il sistema previdenziale italiano ha prodotto alcune storture e distorsioni tra le quali quella degli «esodati» è certamente la più grave e dalle conseguenze umane e sociali più drammatiche;
    gli interventi di salvaguardia sin qui effettuati non hanno escluso la possibilità che per gli anni 2013 e 2014 vi siano ancora lavoratori esposti al rischio di non poter usufruire di alcun tipo di provento;
    il Partito Democratico ha immediatamente denunciato i rischi di una riforma varata senza sufficienti elementi di gradualità e non ha cessato di operare al fine di concludere felicemente la vicenda, tutelando l'intera platea di lavoratori trovatisi senza lavoro, senza il sostegno degli ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    tali perplessità sono state confermate dalle dichiarazioni recentemente rilasciate dal presidente dell'Inps – per il quale il nostro Paese già prima della riforma del dicembre 2011 era completamente allineato ai migliori standard europei avendo un'età media di pensionamento, destinata a crescere, superiore di 2 anni alla Francia e di soli 4 mesi inferiore alla Germania – e dai dati forniti dal medesimo istituto – rilevanti nei primi 9 mesi del 2012, a seguito dell'introduzione delle «quote» (Governo Prodi) e delle «finestre» (Governo Berlusconi), una riduzione del 35,5 per cento degli assegni liquidati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e un calo del 44,1 per cento delle pensioni di anzianità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare tutte le ulteriori iniziative a sua disposizione, al fine di garantire per gli anni 2013 e 2014 la salvaguardia a tutti i lavoratori trovatisi a seguito della riforma previdenziale introdotta dal decreto SalvaItalia senza forme di reddito o di ammortizzatori sociali e con l'allontanamento di diversi anni del traguardo pensionistico.
9/5534-bis-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta) Bobba, Damiano, Gnecchi, Berretta, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone all'articolo 2, commi da 20 a 22, l'istituzione di un Fondo al fine di finanziare interventi in favore dei lavoratori da salvaguardare e nel quale confluiranno oltre a 36 milioni per l'anno 2013 anche le eventuali economie derivanti dalle risorse destinate alla copertura degli oneri di salvaguardia dei precedenti provvedimenti,

impegna il Governo

ad adoperarsi per consentire la massima trasparenza, in particolar modo mediante la previsione di una partecipe attività di controllo parlamentare, delle procedure di finanziamento e utilizzo del suddetto Fondo.
9/5534-bis-A/40Santagata, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Bobba, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone all'articolo 2, commi da 20 a 22, l'istituzione di un Fondo al fine di finanziare interventi in favore dei lavoratori da salvaguardare e nel quale confluiranno oltre a 36 milioni per l'anno 2013 anche le eventuali economie derivanti dalle risorse destinate alla copertura degli oneri di salvaguardia dei precedenti provvedimenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adoperarsi per consentire la massima trasparenza, in particolar modo mediante la previsione di una partecipe attività di controllo parlamentare, delle procedure di finanziamento e utilizzo del suddetto Fondo.
9/5534-bis-A/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Santagata, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Bobba, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone all'articolo 2, commi da 20 a 22, l'istituzione di un Fondo al fine di finanziare interventi in favore dei lavoratori da salvaguardare e nel quale confluiranno oltre a 36 milioni per l'anno 2013 anche le eventuali economie derivanti dalle risorse destinate alla copertura degli oneri di salvaguardia dei precedenti provvedimenti,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché le risorse di cui al predetto Fondo siano utilizzate per coprire gli oneri di salvaguardia sia delle tipologie di lavoratori individuati nei provvedimenti precedenti e in corso sia delle eventuali nuove tipologie auspicabilmente individuate da ulteriori provvedimenti.
9/5534-bis-A/41Gatti, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone all'articolo 2, commi da 20 a 22, l'istituzione di un Fondo al fine di finanziare interventi in favore dei lavoratori da salvaguardare e nel quale confluiranno oltre a 36 milioni per l'anno 2013 anche le eventuali economie derivanti dalle risorse destinate alla copertura degli oneri di salvaguardia dei precedenti provvedimenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adoperarsi affinché le risorse di cui al predetto Fondo siano utilizzate per coprire gli oneri di salvaguardia sia delle tipologie di lavoratori individuati nei provvedimenti precedenti e in corso sia delle eventuali nuove tipologie auspicabilmente individuate da ulteriori provvedimenti.
9/5534-bis-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta) Gatti, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, pur ampliando la platea di salvaguardati, non risolve la vicenda dei cosiddetti «esodati»; gli interventi sin qui effettuati – in gran parte grazie alla spinta del Partito Democratico che sin dall'entrata in vigore del decreto SalvaItalia ha denunciato i rischi di una riforma previdenziale effettuata senza sufficienti elementi di gradualità e operato per attenuarne gli effetti – lasciano ancora decine di migliaia di persone in una condizione di difficoltà economica e di penosa incertezza riguardo al futuro;
    in un contesto come quello attuale, caratterizzato da una crisi economica senza precedenti nel dopoguerra, al fine di trovare almeno una parziale risposta ai bisogni delle persone trovatesi senza alcuna forma di provento e con la pensione ancora lungi dall'essere raggiunta, occorrerebbero ulteriori forme di sostegno,

impegna il Governo

nell'attesa di una soluzione definitiva della vicenda e sino a tale momento, a valutare l'opportunità di adottare tutti i provvedimenti a sua disposizione al fine di prevedere per i lavoratori cosiddetti «esodati» la possibilità di usufruire di ammortizzatori sociali.
9/5534-bis-A/42Codurelli, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto, pur ampliando la platea di salvaguardati, non risolve la vicenda dei cosiddetti «esodati»; gli interventi sin qui effettuati – in gran parte grazie alla spinta del Partito Democratico che sin dall'entrata in vigore del decreto SalvaItalia ha denunciato i rischi di una riforma previdenziale effettuata senza sufficienti elementi di gradualità e operato per attenuarne gli effetti – lasciano ancora decine di migliaia di persone in una condizione di difficoltà economica e di penosa incertezza riguardo al futuro;
    in un contesto come quello attuale, caratterizzato da una crisi economica senza precedenti nel dopoguerra, al fine di trovare almeno una parziale risposta ai bisogni delle persone trovatesi senza alcuna forma di provento e con la pensione ancora lungi dall'essere raggiunta, occorrerebbero ulteriori forme di sostegno,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'attesa di una soluzione definitiva della vicenda e sino a tale momento, a valutare l'opportunità di adottare tutti i provvedimenti a sua disposizione al fine di prevedere per i lavoratori cosiddetti «esodati» la possibilità di usufruire di ammortizzatori sociali.
9/5534-bis-A/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Codurelli, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24, comma 15-bis, del decreto SalvaItalia prevede per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni siano liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima, la possibilità di accedere al trattamento pensionistico anticipato al compimento dei 64 anni se in possesso di determinati requisiti;
    la circolare Inps n. 35/2013 che «le predette disposizioni si applicano ai lavoratori ed alle lavoratrici che alla data di entrata in vigore della legge di conversione con modifiche del decreto in esame (28 dicembre 2011) svolgono attività di lavoro dipendente nel settore privato, a prescindere dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico»;
    l'interpretazione fornita dall'Inps sembra quindi escludere dalle disposizioni suddette i lavoratori disoccupati alla data del 28 dicembre 2011,

impegna il Governo

a fornire chiare indicazioni volte a rimuovere ogni interpretazione restrittiva delle disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 15-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, al fine di includere tra i soggetti destinatari anche i lavoratori disoccupati al 28 dicembre 2011.
9/5534-bis-A/43Rampi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24, comma 15-bis, del decreto SalvaItalia prevede per i lavoratori dipendenti del settore privato le cui pensioni siano liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive della medesima, la possibilità di accedere al trattamento pensionistico anticipato al compimento dei 64 anni se in possesso di determinati requisiti;
    la circolare Inps n. 35/2013 che «le predette disposizioni si applicano ai lavoratori ed alle lavoratrici che alla data di entrata in vigore della legge di conversione con modifiche del decreto in esame (28 dicembre 2011) svolgono attività di lavoro dipendente nel settore privato, a prescindere dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico»;
    l'interpretazione fornita dall'Inps sembra quindi escludere dalle disposizioni suddette i lavoratori disoccupati alla data del 28 dicembre 2011,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di fornire chiare indicazioni volte a rimuovere ogni interpretazione restrittiva delle disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 15-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, al fine di includere tra i soggetti destinatari anche i lavoratori disoccupati al 28 dicembre 2011.
9/5534-bis-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità, tra le altre cose, dispone un ulteriore ampliamento, positivo ma ancora insufficiente, della platea dei lavoratori che potranno accedere alla pensione con i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto «Salva Italia»;
    quest'ultimo riformando il sistema previdenziale italiano ha introdotto anche diversi elementi di criticità, tra i quali si segnala il caso relativo ai lavoratori che siano stati impiegati presso imprese svolgenti attività a contatto con l'amianto, per i quali la legge n. 257 del 1992 aveva disposto forme di indennizzo previdenziale;
    tali benefìci rischiano di essere in parte contraddetti e vanificati a seguito della mancata inclusione dei periodi di contribuzione figurativa maturati dai suddetti lavoratori tra quelli che consentono la non applicazione della riduzione percentuale del trattamento in caso di accesso anticipato alla pensione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconsiderare le norme che determinano una considerevole riduzione del trattamento pensionistico per i lavoratori beneficiari delle disposizioni contenute nella legge n. 257 del 1992.
9/5534-bis-A/44Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità, tra le altre cose, dispone un ulteriore ampliamento, positivo ma ancora insufficiente, della platea dei lavoratori che potranno accedere alla pensione con i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto «Salva Italia»;
    quest'ultimo riformando il sistema previdenziale italiano ha introdotto anche diversi elementi di criticità, tra i quali si segnala il caso relativo ai lavoratori che siano stati impiegati presso imprese svolgenti attività a contatto con l'amianto, per i quali la legge n. 257 del 1992 aveva disposto forme di indennizzo previdenziale;
    tali benefìci rischiano di essere in parte contraddetti e vanificati a seguito della mancata inclusione dei periodi di contribuzione figurativa maturati dai suddetti lavoratori tra quelli che consentono la non applicazione della riduzione percentuale del trattamento in caso di accesso anticipato alla pensione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di riconsiderare le norme che determinano una considerevole riduzione del trattamento pensionistico per i lavoratori beneficiari delle disposizioni contenute nella legge n. 257 del 1992.
9/5534-bis-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Boccuzzi, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, commi da 16 a 22, del provvedimento in oggetto interviene, ampliandone la platea, in materia di lavoratori da salvaguardare e, in particolare, prevedendo un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, mediante il quale definire le modalità di attuazione delle disposizioni introdotte;
    a tal riguardo occorre segnalare che il decreto attuativo previsto dal precedente provvedimento con il quale si è disposta la salvaguardia di 55 mila soggetti – articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 – non risulta ancora essere stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale,

impegna il Governo

a render noto l’iter del decreto attuativo previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012 e ad adoperarsi per garantire l'adozione del decreto attuativo disposto dal presente provvedimento nei tempi più rapidi possibili al fine di restituire tranquillità a decine di migliaia di lavoratori.
9/5534-bis-A/45Madia, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, commi da 16 a 22, del provvedimento in oggetto interviene, ampliandone la platea, in materia di lavoratori da salvaguardare e, in particolare, prevedendo un Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, mediante il quale definire le modalità di attuazione delle disposizioni introdotte;
    a tal riguardo occorre segnalare che il decreto attuativo previsto dal precedente provvedimento con il quale si è disposta la salvaguardia di 55 mila soggetti – articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 – non risulta ancora essere stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di render noto l’iter del decreto attuativo previsto dal decreto-legge n. 95 del 2012 e ad adoperarsi per garantire l'adozione del decreto attuativo disposto dal presente provvedimento nei tempi più rapidi possibili al fine di restituire tranquillità a decine di migliaia di lavoratori.
9/5534-bis-A/45. (Testo modificato nel corso della seduta) Madia, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il nostro Paese è caratterizzato da diversi anni da un drammatico contesto socioeconomico che non mostra ancora sufficienti segnali di miglioramento; la crisi economica ha fortemente indebolito il sistema produttivo italiano, rendendolo più fragile ed esponendolo a una crisi di competitività che si ripercuote sui lavoratori e sul loro posto di lavoro, sempre più a rischio;
    per far fronte a quella che si va delineando come una vera e propria emergenza sociale occorre sfruttare tutti gli strumenti a disposizione dello Stato al fine di consentire che gli effetti della grave recessione non si acuiscano,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare per l'anno 2013 le risorse volte all'utilizzo della cassa integrazione guadagni in deroga, al fine di attenuare le drammatiche conseguenze ai danni dei lavoratori provocate dal protrarsi della crisi economica.
9/5534-bis-A/46Bellanova, Damiano, Gnecchi, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il nostro Paese è caratterizzato da diversi anni da un drammatico contesto socioeconomico che non mostra ancora sufficienti segnali di miglioramento; la crisi economica ha fortemente indebolito il sistema produttivo italiano, rendendolo più fragile ed esponendolo a una crisi di competitività che si ripercuote sui lavoratori e sul loro posto di lavoro, sempre più a rischio;
    per far fronte a quella che si va delineando come una vera e propria emergenza sociale occorre sfruttare tutti gli strumenti a disposizione dello Stato al fine di consentire che gli effetti della grave recessione non si acuiscano,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rifinanziare per l'anno 2013 le risorse volte all'utilizzo della cassa integrazione guadagni in deroga, al fine di attenuare le drammatiche conseguenze ai danni dei lavoratori provocate dal protrarsi della crisi economica.
9/5534-bis-A/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Bellanova, Damiano, Gnecchi, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi anni, caratterizzati dal perdurare di una crisi economica dalle proporzioni sconosciute nel secondo dopoguerra, i contratti di solidarietà hanno rappresentato una preziosa risorsa al fine di mantenere intatta l'occupazione all'interno delle imprese in difficoltà;
    l'articolo 1, comma 6, del decreto- legge n. 78 del 2009 aveva disposto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 un aumento – del venti per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario – del trattamento di integrazione salariale per i suddetti contratti; tale misura nel corso di provvedimenti successivi è stata prorogata sino a tutto il 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, dato il persistere della crisi economica, di adottare sin dal prossimo provvedimento utile una misura di proroga per tutto il 2013 della norma relativa all'aumento del trattamento di integrazione salariale dei contratti di solidarietà.
9/5534-bis-A/47Miglioli, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso degli ultimi anni, caratterizzati dal perdurare di una crisi economica dalle proporzioni sconosciute nel secondo dopoguerra, i contratti di solidarietà hanno rappresentato una preziosa risorsa al fine di mantenere intatta l'occupazione all'interno delle imprese in difficoltà;
    l'articolo 1, comma 6, del decreto- legge n. 78 del 2009 aveva disposto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 un aumento – del venti per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario – del trattamento di integrazione salariale per i suddetti contratti; tale misura nel corso di provvedimenti successivi è stata prorogata sino a tutto il 2012,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, dato il persistere della crisi economica, di adottare sin dal prossimo provvedimento utile una misura di proroga per tutto il 2013 della norma relativa all'aumento del trattamento di integrazione salariale dei contratti di solidarietà.
9/5534-bis-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Miglioli, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto interviene sulla materia dei cosiddetti esodati, disponendo un ampliamento della platea di lavoratori che potranno beneficiare della pensione con i requisiti in vigore prima dell'emanazione del decreto «SalvaItalia»;
    il suddetto decreto, varato, come noto, in un contesto di piena emergenza per evitare la bancarotta del Paese, ha completamente ridefinito il sistema previdenziale italiano, con il dichiarato scopo di metterlo in sicurezza, apportando, però, elementi di criticità e vere e proprie distorsioni, immediatamente rilevate dal Partito Democratico che si è impegnato in tutte le sedi allo scopo di caratterizzare la riforma sotto il segno di una maggiore equità e di porre rimedio alla vicenda dei lavoratori trovatisi in un limbo perché sprovvisti di reddito e di forme di ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    tra questi, vivono una situazione di particolare difficoltà tutti quei lavoratori che, posti in mobilità precedentemente all'entrata in vigore del decreto SalvaItalia, nel corso degli anni si erano rivolti agli uffici territoriali Inps al fine di presentare domanda di prosecuzione volontaria della contribuzione ed erano stati incoraggiati dagli stessi uffici a farlo solo successivamente alla fine della fruizione del periodo di mobilità o avevano rinviato tale procedura nella speranza di trovare presto un'occupazione;
    il requisito posto dall'articolo 24, comma 14, del decreto SalvaItalia, relativo all'ottenimento dell'autorizzazione volontaria entro il 4 dicembre 2011 per poter usufruire delle deroghe mediante le quali accedere al trattamento pensionistico in vigore prima della riforma previdenziale del dicembre 2011, ha gravemente e ingiustamente penalizzato i suddetti lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative a sua disposizione al fine di garantire la salvaguardia previdenziale ai soggetti che precedentemente all'entrata in vigore del decreto SalvaItalia erano posti in mobilità e che avendo diritto di inoltrare richiesta di prosecuzione volontaria della contribuzione non l'avevano esercitato anche a causa di rassicurazioni provenienti dagli uffici Inps.
9/5534-bis-A/48Berretta, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto interviene sulla materia dei cosiddetti esodati, disponendo un ampliamento della platea di lavoratori che potranno beneficiare della pensione con i requisiti in vigore prima dell'emanazione del decreto «SalvaItalia»;
    il suddetto decreto, varato, come noto, in un contesto di piena emergenza per evitare la bancarotta del Paese, ha completamente ridefinito il sistema previdenziale italiano, con il dichiarato scopo di metterlo in sicurezza, apportando, però, elementi di criticità e vere e proprie distorsioni, immediatamente rilevate dal Partito Democratico che si è impegnato in tutte le sedi allo scopo di caratterizzare la riforma sotto il segno di una maggiore equità e di porre rimedio alla vicenda dei lavoratori trovatisi in un limbo perché sprovvisti di reddito e di forme di ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    tra questi, vivono una situazione di particolare difficoltà tutti quei lavoratori che, posti in mobilità precedentemente all'entrata in vigore del decreto SalvaItalia, nel corso degli anni si erano rivolti agli uffici territoriali Inps al fine di presentare domanda di prosecuzione volontaria della contribuzione ed erano stati incoraggiati dagli stessi uffici a farlo solo successivamente alla fine della fruizione del periodo di mobilità o avevano rinviato tale procedura nella speranza di trovare presto un'occupazione;
    il requisito posto dall'articolo 24, comma 14, del decreto SalvaItalia, relativo all'ottenimento dell'autorizzazione volontaria entro il 4 dicembre 2011 per poter usufruire delle deroghe mediante le quali accedere al trattamento pensionistico in vigore prima della riforma previdenziale del dicembre 2011, ha gravemente e ingiustamente penalizzato i suddetti lavoratori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare tutte le iniziative a sua disposizione al fine di garantire la salvaguardia previdenziale ai soggetti che precedentemente all'entrata in vigore del decreto SalvaItalia erano posti in mobilità e che avendo diritto di inoltrare richiesta di prosecuzione volontaria della contribuzione non l'avevano esercitato anche a causa di rassicurazioni provenienti dagli uffici Inps.
9/5534-bis-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Berretta, Damiano, Gnecchi, Bellanova, Boccuzzi, Bobba, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone che l'INPS, per il periodo 2013-201, nell'ambito dell'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2009, realizzi un piano – aggiuntivo rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali – di 150.000 verifiche straordinarie annue, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità;
    l'attività di verifica degli invalidi e delle forme di prestazione sociale ed assistenziale è un tema molto serio ma poco dibattuto ed approfondito, determinato da una situazione estremamente critica che si registra nel nostro Paese e che richiede grande impegno e responsabilità al fine di razionalizzare la spesa sociale indirizzata alle persone che hanno problemi di salute e soffrono di disabilità reali;
    si intravede nella suddetta disposizione uno spreco enorme di risorse per un piano già testato in passato e che non ha mai dato risultati apprezzabili né apportato concreti risparmi: i dati della relazione della Corte dei Conti del 2011 sui risultati del primo piano di verifica, denuncia un risparmio di 70 milioni sulle pensioni di invalidità, ma un aumento vertiginoso delle spese per i medici esterni impegnati nelle attività di verifica;
    a nulla sono valsi i tentativi passati di fornire al Governo indirizzi utili, e a costo zero, per smascherare efficacemente i falsi invalidi, impegnando ad esempio l'INPS in un controllo incrociato, trasmettendo i dati delle persone titolari di assegni sociali, indennità d'invalidità e assegno di accompagnamento, ai servizi sociali e all'anagrafe dei Comuni, ai quali spetterà poi l'obbligo di comunicare alla stessa INPS e all'ASL i decessi, i cambi di residenza e qualsiasi variazione della composizione del nucleo familiare;
    già col decreto Semplificazioni avevamo presentato più di un emendamento teso a favorire meccanismi semplici di comunicazione dati tra le amministrazioni allo scopo di semplificare la vita delle persone con maggiori difficoltà; lo scambio automatico dei dati permetterebbe di evitare il fenomeno dell'appropriazione indebita di provvidenze e degli assegni d'invalidità a coloro che, con la connivenza dei medici che hanno certificato false patologie, sono stati considerati invalidi gravi, così come i congedi usufruiti da parte di familiari che non hanno il carico della persona invalida;
    l'anagrafe comunale dei dati dei pensionati eviterebbe l'erogazione delle indennità dopo il decesso o il ricovero in struttura protetta e/o residenziale di chi percepisce indebitamente gli assegni pensionistici e di accompagnamento;
    in un'ottica di risparmio concreto, gli operatori dei servizi sociali comunali in visita domiciliare presso le abitazioni degli invalidi civili, dei ciechi e sordomuti, delle persone non autosufficienti potrebbero trasmettere report precisi sui veri bisogni dei malati con una verifica delle condizioni reali di salute,

impegna il Governo:

   ad intraprendere una preliminare azione programmata di verifica degli impegni già assunti dall'INPS, acquisire e conoscere i dati ed i risultati portati avanti in questi ultimi 3 anni dai dovuti controlli dall'ente, per indirizzare lo stesso verso altri obiettivi di recupero energie tese a migliorare e ridurre i tempi per l'erogazione prestazioni sociali ai lavoratori, gli invalidi e recupero evasione contributiva che spesso ha gravi ricadute di maggiore onerosità sulle aziende e gli stessi lavoratori;
   ad intervenire presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali affinché programmi al meglio le attività, privilegiando quelle di tipo ordinario, quali ad esempio le revisioni che, laddove trascurate, ritardate o sospese, comportano al «vero invalido» la sospensione della protezione sociale e dell'indennità;
   ad incentivare il personale INPS a ridurre i tempi per le chiamate dei richiedenti le visite ordinarie, per l'erogazione delle prestazioni quando dovute, e per una migliore attenzione e valutazione delle nuove certificazioni e istanze;
   a dirottare le risorse destinate al nuovo piano di verifica verso il sociale, al recupero delle prestazioni di sostegno già decise per i lavoratori, come ad esempio i pagamenti delle cassa integrazione, compreso il recupero della evasione contributiva, al fine di evitare che tali vertenze siano dirottate su Equitalia con le note problematiche ad essa connesse;
   a incrementare piuttosto le risorse da destinare ai Comuni per le politiche sociali e ai fondi per la non autosufficienza.
9/5534-bis-A/49Schirru, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto dispone che l'INPS, per il periodo 2013-201, nell'ambito dell'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, di cui all'articolo 20, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2009, realizzi un piano – aggiuntivo rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali – di 150.000 verifiche straordinarie annue, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità;
    l'attività di verifica degli invalidi e delle forme di prestazione sociale ed assistenziale è un tema molto serio ma poco dibattuto ed approfondito, determinato da una situazione estremamente critica che si registra nel nostro Paese e che richiede grande impegno e responsabilità al fine di razionalizzare la spesa sociale indirizzata alle persone che hanno problemi di salute e soffrono di disabilità reali;
    si intravede nella suddetta disposizione uno spreco enorme di risorse per un piano già testato in passato e che non ha mai dato risultati apprezzabili né apportato concreti risparmi: i dati della relazione della Corte dei Conti del 2011 sui risultati del primo piano di verifica, denuncia un risparmio di 70 milioni sulle pensioni di invalidità, ma un aumento vertiginoso delle spese per i medici esterni impegnati nelle attività di verifica;
    a nulla sono valsi i tentativi passati di fornire al Governo indirizzi utili, e a costo zero, per smascherare efficacemente i falsi invalidi, impegnando ad esempio l'INPS in un controllo incrociato, trasmettendo i dati delle persone titolari di assegni sociali, indennità d'invalidità e assegno di accompagnamento, ai servizi sociali e all'anagrafe dei Comuni, ai quali spetterà poi l'obbligo di comunicare alla stessa INPS e all'ASL i decessi, i cambi di residenza e qualsiasi variazione della composizione del nucleo familiare;
    già col decreto Semplificazioni avevamo presentato più di un emendamento teso a favorire meccanismi semplici di comunicazione dati tra le amministrazioni allo scopo di semplificare la vita delle persone con maggiori difficoltà; lo scambio automatico dei dati permetterebbe di evitare il fenomeno dell'appropriazione indebita di provvidenze e degli assegni d'invalidità a coloro che, con la connivenza dei medici che hanno certificato false patologie, sono stati considerati invalidi gravi, così come i congedi usufruiti da parte di familiari che non hanno il carico della persona invalida;
    l'anagrafe comunale dei dati dei pensionati eviterebbe l'erogazione delle indennità dopo il decesso o il ricovero in struttura protetta e/o residenziale di chi percepisce indebitamente gli assegni pensionistici e di accompagnamento;
    in un'ottica di risparmio concreto, gli operatori dei servizi sociali comunali in visita domiciliare presso le abitazioni degli invalidi civili, dei ciechi e sordomuti, delle persone non autosufficienti potrebbero trasmettere report precisi sui veri bisogni dei malati con una verifica delle condizioni reali di salute,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere una preliminare azione programmata di verifica degli impegni già assunti dall'INPS, acquisire e conoscere i dati ed i risultati portati avanti in questi ultimi 3 anni dai dovuti controlli dall'ente, per indirizzare lo stesso verso altri obiettivi di recupero energie tese a migliorare e ridurre i tempi per l'erogazione prestazioni sociali ai lavoratori, gli invalidi e recupero evasione contributiva che spesso ha gravi ricadute di maggiore onerosità sulle aziende e gli stessi lavoratori;
   di coordinare le attività di verifica delle visite di invalidità con programmi che privilegiando le visite di revisione che, laddove trascurate, ritardate o sospese, comportano al «vero invalido» la sospensione della protezione sociale e dell'indennità;
   di incentivare il personale INPS a ridurre i tempi per le chiamate dei richiedenti le visite ordinarie, per l'erogazione delle prestazioni quando dovute, e per una migliore attenzione e valutazione delle nuove certificazioni e istanze;
   di dirottare le risorse destinate al nuovo piano di verifica verso il sociale, al recupero delle prestazioni di sostegno già decise per i lavoratori, come ad esempio i pagamenti delle cassa integrazione, compreso il recupero della evasione contributiva, al fine di evitare che tali vertenze siano dirottate su Equitalia con le note problematiche ad essa connesse.
9/5534-bis-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Schirru, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3, modificato durante l'esame in sede referente, sottopone ad IRPEF le pensioni di guerra e assimilate erogate a titolo di reversibilità a soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
    l'originario comma 17 dell'articolo 12 abrogava l'esenzione dall'IRPEF per le pensioni di guerra e per gli altri redditi assimilati, come indicati nell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, per i soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
    per effetto delle modifiche apportate, si specifica che l'esenzione IRPEF per le pensioni di guerra di ogni tipo e denominazione, delle relative indennità accessorie, degli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, delle pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare d'Italia e dei soprassoldi connessi alle medaglie al valor militare non opera per gli emolumenti percepiti a titolo di reversibilità dai soggetti titolari di reddito complessivo superiore a euro 15.000, i quali dunque sono assoggettati a prelievo: rispetto alla formulazione originaria della norma, quindi, viene reintrodotta l'esenzione IRPEF per i predetti emolumenti, purché diversi da quelli di reversibilità ed, in tal caso, indipendentemente dal reddito complessivo del percettore;
    al di là degli effetti finanziari che la nuova disposizione comporterebbe, secondo le stime ufficiali fornite, che comunque non appaiono condivisibili, la questione riveste un alto valore simbolico e la misura introdotta, anche se in un contesto di grave congiuntura economica-finanziaria, appare del tutto iniqua e indegna per un Paese civile che ha il dovere di rispettare e onorare, in ogni forma, la dignità e il sacrificio di quanti hanno giurato fedeltà alla Patria, anche a costo della propria vita;
    durante l'esame in sede referente, il Sottosegretario Polillo ha assicurato l'impegno del Governo a modificare la disposizione, nel rispetto dei saldi di bilancio;
    appare opportuno, oltre che doveroso nei confronti di quanti hanno servito con lealtà e onore il proprio Paese e sacrificato la propria vita per difendere la libertà e la sicurezza, escludere da ogni forma di tassazione emolumenti, che, erogati per finalità di particolare rilevanza sociale, non hanno carattere reddituale bensì risarcitorio, come ha ribadito la Corte Costituzionale (sentenza n. 75/1989),

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle citate disposizioni al fine di adottare le opportune modifiche normative volte a reintrodurre la totale esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche per le pensioni di guerra e per gli altri redditi assimilati, come indicati nell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, al fine di tributare un formale riconoscimento a quanti, con il loro sacrificio, hanno permesso oggi, di vivere in uno stato più libero e democratico.
9/5534-bis-A/50Paglia, Di Biagio, Menia.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3, modificato durante l'esame in sede referente, sottopone ad IRPEF le pensioni di guerra e assimilate erogate a titolo di reversibilità a soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
    l'originario comma 17 dell'articolo 12 abrogava l'esenzione dall'IRPEF per le pensioni di guerra e per gli altri redditi assimilati, come indicati nell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, per i soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
    per effetto delle modifiche apportate, si specifica che l'esenzione IRPEF per le pensioni di guerra di ogni tipo e denominazione, delle relative indennità accessorie, degli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, delle pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare d'Italia e dei soprassoldi connessi alle medaglie al valor militare non opera per gli emolumenti percepiti a titolo di reversibilità dai soggetti titolari di reddito complessivo superiore a euro 15.000, i quali dunque sono assoggettati a prelievo: rispetto alla formulazione originaria della norma, quindi, viene reintrodotta l'esenzione IRPEF per i predetti emolumenti, purché diversi da quelli di reversibilità ed, in tal caso, indipendentemente dal reddito complessivo del percettore;
    al di là degli effetti finanziari che la nuova disposizione comporterebbe, secondo le stime ufficiali fornite, che comunque non appaiono condivisibili, la questione riveste un alto valore simbolico e la misura introdotta, anche se in un contesto di grave congiuntura economica-finanziaria, appare del tutto iniqua e indegna per un Paese civile che ha il dovere di rispettare e onorare, in ogni forma, la dignità e il sacrificio di quanti hanno giurato fedeltà alla Patria, anche a costo della propria vita;
    durante l'esame in sede referente, il Sottosegretario Polillo ha assicurato l'impegno del Governo a modificare la disposizione, nel rispetto dei saldi di bilancio;
    appare opportuno, oltre che doveroso nei confronti di quanti hanno servito con lealtà e onore il proprio Paese e sacrificato la propria vita per difendere la libertà e la sicurezza, escludere da ogni forma di tassazione emolumenti, che, erogati per finalità di particolare rilevanza sociale, non hanno carattere reddituale bensì risarcitorio, come ha ribadito la Corte Costituzionale (sentenza n. 75/1989),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle citate disposizioni al fine di adottare le opportune modifiche normative volte a reintrodurre la totale esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche per le pensioni di guerra e per gli altri redditi assimilati, come indicati nell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, al fine di tributare un formale riconoscimento a quanti, con il loro sacrificio, hanno permesso oggi, di vivere in uno stato più libero e democratico.
9/5534-bis-A/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Paglia, Di Biagio, Menia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto interviene anche nell'ambito sanitario al fine di razionalizzarne le risorse; tale obiettivo, pur condivisibile nell'impostazione generale, non può però far dimenticare lo stato di necessità di alcune categorie di persone duramente provate dalla malattia;
    nello specifico ci si riferisce ai soggetti affetti da sindrome da talidomide – sostanza contenuta in un farmaco anti-nausea e ipnotico, utilizzato soprattutto dalle donne in stato di gravidanza, distribuito in 50 Paesi, introdotto nel mercato europeo nel 1957 e ritirato in Italia nel 1962 a seguito della accertata correlazione tra la sua assunzione e le malformazioni a carico dei neonati che risultavano essere vittime di gravissime alterazioni congenite dello sviluppo degli arti – per i quali la legge finanziaria 2008 ha riconosciuto il risarcimento e la corresponsione dell'assegno vitalizio;
    l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge n. 207 del 2008, ha disposto che gli indennizzi ai soggetti di cui sopra siano riconosciuti esclusivamente ai nati dal 1959 al 1965;
    tale arco temporale non tiene conto dell'esistenza di alcuni casi di persone colpite da sindrome da talidomide nel biennio 1957/58 e nel 1966,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi al fine di garantire il riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge finanziaria 2008 a tutti i soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia, inclusi i nati nel 1957, 1958 e nel 1966.
9/5534-bis-A/51Scarpetti, Schirru, Pes, Damiano, Bellanova, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 8 novembre 1991, n. 381, ha definito la categoria delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate;
    attualmente le prestazioni erogate dalle cooperative sociali sono soggette all'IVA al 4 per cento fino alla fine del 2013 per poi passare, stante la normativa prevista nel provvedimento in esame al 10 per cento alla fine del 2013;
    le 9 mila coop sociali italiane occupano oltre 330 mila persone e offrono servizi di welfare a più di 5 milioni di cittadini, lavorando per Comuni e Asl. È il mondo delle comunità d'accoglienza per giovani o minori, di tanti asili nido, dei servizi socio-sanitari per anziani e disabili, di aiuto ai lavoratori espulsi dal sistema produttivo. Secondo l'Alleanza delle cooperative sociali 6 punti in più di Iva avrebbero significato un aumento di costi per il sistema dei servizi sociali di 510 milioni di euro, per il 70 per cento a carico dei Comuni e per il 30 per cento delle famiglie degli utenti;
    se effettivamente tale aumento dell'IVA dovesse verificarsi, si tratterebbe di un aumento pari al 150 per cento con la conseguenza non solo di mettere in ginocchio centinaia di cooperative del settore sociosanitario ed educativo ma produrrebbe anche l'effetto di una considerevole perdita di posti di lavoro;
    questo ambito è già stato duramente colpito prima dai tagli ai fondi nazionali del sociale e ai bilanci di Regioni e comuni, poi dalla «spending review» che ha consentito il ribasso del 5 per cento sugli appalti in essere, oggi nella legge di stabilità questo ribasso in ambito sanitario viene addirittura raddoppiato, evidenziando una filosofia per cui ci sarebbero sprechi su cui intervenire;
    se il vero obiettivo dell'aumento dell'IVA dal 4 per cento al 10 per cento fosse evitare l'infrazione davanti all'Unione europea, procedura d'infrazione che per altro non è stata ancora avviata, essendoci ad oggi, soltanto l'apertura di una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo che non ha ancora coinvolto livelli politici della commissione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a predisporre tutte le misure economiche e normative, anche in sede europea non solo in fase di preistruttoria ma anche in caso di apertura di una procedura d'infrazione atte a mantenere l'IVA al 4 per cento per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali anche oltre il 31 dicembre 2013.
9/5534-bis-A/52Murer, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Mattesini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 8 novembre 1991, n. 381, ha definito la categoria delle cooperative sociali individuando nella società cooperativa lo strumento idoneo per il perseguimento di finalità sociali e di promozione umana, da realizzare attraverso la gestione di servizi socio-sanitari, educativi e di attività produttive, attraverso i quali permettere l'integrazione lavorativa di persone socialmente svantaggiate;
    attualmente le prestazioni erogate dalle cooperative sociali sono soggette all'IVA al 4 per cento fino alla fine del 2013 per poi passare, stante la normativa prevista nel provvedimento in esame al 10 per cento alla fine del 2013;
    le 9 mila coop sociali italiane occupano oltre 330 mila persone e offrono servizi di welfare a più di 5 milioni di cittadini, lavorando per Comuni e Asl. È il mondo delle comunità d'accoglienza per giovani o minori, di tanti asili nido, dei servizi socio-sanitari per anziani e disabili, di aiuto ai lavoratori espulsi dal sistema produttivo. Secondo l'Alleanza delle cooperative sociali 6 punti in più di Iva avrebbero significato un aumento di costi per il sistema dei servizi sociali di 510 milioni di euro, per il 70 per cento a carico dei Comuni e per il 30 per cento delle famiglie degli utenti;
    se effettivamente tale aumento dell'IVA dovesse verificarsi, si tratterebbe di un aumento pari al 150 per cento con la conseguenza non solo di mettere in ginocchio centinaia di cooperative del settore sociosanitario ed educativo ma produrrebbe anche l'effetto di una considerevole perdita di posti di lavoro;
    questo ambito è già stato duramente colpito prima dai tagli ai fondi nazionali del sociale e ai bilanci di Regioni e comuni, poi dalla «spending review» che ha consentito il ribasso del 5 per cento sugli appalti in essere, oggi nella legge di stabilità questo ribasso in ambito sanitario viene addirittura raddoppiato, evidenziando una filosofia per cui ci sarebbero sprechi su cui intervenire;
    se il vero obiettivo dell'aumento dell'IVA dal 4 per cento al 10 per cento fosse evitare l'infrazione davanti all'Unione europea, procedura d'infrazione che per altro non è stata ancora avviata, essendoci ad oggi, soltanto l'apertura di una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo che non ha ancora coinvolto livelli politici della commissione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a predisporre tutte le misure economiche e normative, anche in sede europea non solo in fase di preistruttoria ma anche in caso di apertura di una procedura d'infrazione atte a mantenere l'IVA al 4 per cento per le prestazioni erogate dalle cooperative sociali anche oltre il 31 dicembre 2013.
9/5534-bis-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta) Murer, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Mattesini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha previsto uno stanziamento di 200 milioni di euro per l'anno 2013 «per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    la sclerosi laterale amiotrofica (S.L.A.) è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto (motoneuroni), sia centrali – 1o motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia periferici – 2o motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale;
    attualmente, nonostante la gravità di tale malattia, non esiste una panoramica completa e dettagliata su quanti siano questi malati in Italia e sulle loro condizioni cliniche: si stima che in totale siano circa 10 mila, ma è probabile che siano di più;
    disporre di questi dati è però fondamentale per ricercatori e clinici impegnati nella messa a punto di terapie: maggiori sono i dettagli a disposizione – soprattutto se raccolti con criteri standardizzati e omogenei con quelli adottati anche a livello internazionale – maggiore è la probabilità di disegnare uno studio clinico di successo, che possa dare cioè risultati attendibili,

impegna il Governo

a predisporre tutti gli elementi normativi, economici ed organizzativi necessari, alla costituzione di una banca dati nazionale sui malati di SLA che copra l'intero territorio italiano da nord a sud in modo uniforme, omogeneo e capillare quale strumento indispensabile per sorvegliare l'andamento di tale malattia in Italia e di conseguenza per meglio attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca.
9/5534-bis-A/53D'Incecco, Murer, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha previsto uno stanziamento di 200 milioni di euro per l'anno 2013 «per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    la sclerosi laterale amiotrofica (S.L.A.) è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto (motoneuroni), sia centrali – 1o motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia periferici – 2o motoneurone, a livello del tronco encefalico e del midollo spinale;
    attualmente, nonostante la gravità di tale malattia, non esiste una panoramica completa e dettagliata su quanti siano questi malati in Italia e sulle loro condizioni cliniche: si stima che in totale siano circa 10 mila, ma è probabile che siano di più;
    disporre di questi dati è però fondamentale per ricercatori e clinici impegnati nella messa a punto di terapie: maggiori sono i dettagli a disposizione – soprattutto se raccolti con criteri standardizzati e omogenei con quelli adottati anche a livello internazionale – maggiore è la probabilità di disegnare uno studio clinico di successo, che possa dare cioè risultati attendibili,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predisporre tutti gli elementi normativi, economici ed organizzativi necessari, alla costituzione di una banca dati nazionale sui malati di SLA che copra l'intero territorio italiano da nord a sud in modo uniforme, omogeneo e capillare quale strumento indispensabile per sorvegliare l'andamento di tale malattia in Italia e di conseguenza per meglio attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca.
9/5534-bis-A/53. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Incecco, Murer, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti aziendali di solidarietà stipulati tra imprese e i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, volti a concordare una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale anche attraverso un suo più razionale impiego, rappresentano un importante istituto per la gestione concordata delle fasi di crisi, così come dimostrano alcune realtà territoriali e alcuni settori produttivi;
    alle prime fasi di quella che si è poi rivelata la peggiore crisi economico-finanziaria degli ultimi decenni, l'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 78/2009 aveva disposto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 un aumento – del venti per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario – del trattamento di integrazione salariale per i suddetti contratti; tale misura nel corso di provvedimenti successivi è stata opportunamente prorogata sino a tutto il 2012,

impegna il Governo

stante il protrarsi della congiuntura economica e produttiva, ad adottare ogni misura utile volta ad assicurare la proroga della norma relativa all'aumento del trattamento di integrazione salariale dei contratti di solidarietà.
9/5534-bis-A/54Velo, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti aziendali di solidarietà stipulati tra imprese e i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, volti a concordare una riduzione dell'orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esuberanza del personale anche attraverso un suo più razionale impiego, rappresentano un importante istituto per la gestione concordata delle fasi di crisi, così come dimostrano alcune realtà territoriali e alcuni settori produttivi;
    alle prime fasi di quella che si è poi rivelata la peggiore crisi economico-finanziaria degli ultimi decenni, l'articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 78/2009 aveva disposto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 un aumento – del venti per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario – del trattamento di integrazione salariale per i suddetti contratti; tale misura nel corso di provvedimenti successivi è stata opportunamente prorogata sino a tutto il 2012,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, stante il protrarsi della congiuntura economica e produttiva, a valutare l'opportunità di adottare ogni misura utile volta ad assicurare la proroga della norma relativa all'aumento del trattamento di integrazione salariale dei contratti di solidarietà.
9/5534-bis-A/54. (Testo modificato nel corso della seduta) Velo, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 9 maggio 2011 è stato pubblicato il «Terzo Piano biennale nazionale per l'infanzia», che contiene le linee strategiche fondamentali e gli impegni concreti che il Governo intende perseguire per sviluppare un'adeguata politica per l'infanzia e l'adolescenza e stabilisce le priorità fra i programmi riferiti ai minori;
    il «Piano» rappresenta l'esito del confronto tra le istituzioni centrali dello Stato, le Regioni, gli Enti Locali, le formazioni sociali e impegnate a promuovere il benessere dei bambini e dei ragazzi, per realizzare interventi culturali, normativi e amministrativi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
    l'Italia è ai primi posti della classifica fra i vari paesi sul rischio povertà e sulla povertà vera e propria;
    i bambini che vivono in povertà relativa sono 1.876.000 e quelli che vivono in povertà assoluta sono 653.000. Dal 2009 ci sono 120.000 minori poveri in più;
    le situazioni peggiori sono quelle:
     a) di madri sole (l'incidenza di povertà sale al 28,5 per cento);
     b) i figli di genitori in cui il capofamiglia ha meno di 35 anni;
     c) i figli di genitori che vivono al sud e nelle isole (circa il 40 per cento);
     d) i figli di famiglie di origine straniera;
    la povertà non è mai solo economica ma è anche povertà di relazioni, l'isolamento sociale, negazione del sapere, cattiva alimentazione, scarsa cura della salute, carenza di servizi ed offerte educative;
    una situazione certo peggiorata dalla crisi economica, ma frutto soprattutto di politiche carenti e frammentarie, rese ancora più inefficaci ed inesistenti dai tagli degli ultimi anni alle politiche sociali ed alla legge n. 285 del 1997, affinché il piano possa essere attuato e non rimanga solo sulla carta, è necessario che questo sia adeguatamente finanziato;
    occorre un Piano strategico di contrasto alla povertà e di promozione dei diritti dei minori. Occorre partire dai bambini più svantaggiati, occorre rivolgere l'attenzione ai bambini ed agli adolescenti più vulnerabili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare tutte le risorse economiche e finanziarie adeguate, anche avvalendosi degli stanziamenti previsti dal fondo di cui all'articolo 2, comma 30, prevedendo tra le possibili finalità anche il III piano nazionale per l'infanzia.
9/5534-bis-A/55Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 9 maggio 2011 è stato pubblicato il «Terzo Piano biennale nazionale per l'infanzia», che contiene le linee strategiche fondamentali e gli impegni concreti che il Governo intende perseguire per sviluppare un'adeguata politica per l'infanzia e l'adolescenza e stabilisce le priorità fra i programmi riferiti ai minori;
    il «Piano» rappresenta l'esito del confronto tra le istituzioni centrali dello Stato, le Regioni, gli Enti Locali, le formazioni sociali e impegnate a promuovere il benessere dei bambini e dei ragazzi, per realizzare interventi culturali, normativi e amministrativi a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
    l'Italia è ai primi posti della classifica fra i vari paesi sul rischio povertà e sulla povertà vera e propria;
    i bambini che vivono in povertà relativa sono 1.876.000 e quelli che vivono in povertà assoluta sono 653.000. Dal 2009 ci sono 120.000 minori poveri in più;
    le situazioni peggiori sono quelle:
     a) di madri sole (l'incidenza di povertà sale al 28,5 per cento);
     b) i figli di genitori in cui il capofamiglia ha meno di 35 anni;
     c) i figli di genitori che vivono al sud e nelle isole (circa il 40 per cento);
     d) i figli di famiglie di origine straniera;
    la povertà non è mai solo economica ma è anche povertà di relazioni, l'isolamento sociale, negazione del sapere, cattiva alimentazione, scarsa cura della salute, carenza di servizi ed offerte educative;
    una situazione certo peggiorata dalla crisi economica, ma frutto soprattutto di politiche carenti e frammentarie, rese ancora più inefficaci ed inesistenti dai tagli degli ultimi anni alle politiche sociali ed alla legge n. 285 del 1997, affinché il piano possa essere attuato e non rimanga solo sulla carta, è necessario che questo sia adeguatamente finanziato;
    occorre un Piano strategico di contrasto alla povertà e di promozione dei diritti dei minori. Occorre partire dai bambini più svantaggiati, occorre rivolgere l'attenzione ai bambini ed agli adolescenti più vulnerabili,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare tutte le risorse economiche e finanziarie adeguate, anche avvalendosi degli stanziamenti previsti dal fondo di cui all'articolo 2, comma 30, prevedendo tra le possibili finalità anche il III piano nazionale per l'infanzia.
9/5534-bis-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta) Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame viene introdotta la tassazione sulle pensione di guerra se gli emolumenti sono percepite a titolo di reversibilità da soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15 mila euro;
    il regime precedente prevedeva l'esenzione Irpef di tutte le pensioni di guerra di ogni tipo e per le relative indennità, gli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, le pensioni relative a decorazioni dell'ordine militare e alle medaglie al valor militare;
    la detassazione deve essere estesa anche alle pensioni di reversibilità, non può essere prevista solo per quelle dirette di guerra in quanto così si attua una grave discriminazione, rischiando di creare vittime di «serie a» e vittime «di serie b»: non è certo privando di quel minimo, doveroso risarcimento le famiglie di chi si è sacrificato per lo Stato che si risanerà il bilancio italiano;
    una pensione di reversibilità, sommata a un reddito di 15 mila euro annui, di certo non porta alla ricchezza ma permette appena di vivere decorosamente a tutte quelle mogli e madri che hanno perso il marito o il figlio, o che dedicano la loro vita ad assistere un congiunto che porta addosso le conseguenze della guerra,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare le ulteriori iniziative normative volte ad individuare tutte le risorse necessarie affinché tale normativa possa essere modificata escludendo anche le pensioni di guerra percepite a titolo di reversibilità dalla tassazione.
9/5534-bis-A/56Bossa, Murer, Bucchino, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Schirru, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame viene introdotta la tassazione sulle pensione di guerra se gli emolumenti sono percepite a titolo di reversibilità da soggetti titolari di reddito complessivo superiore a 15 mila euro;
    il regime precedente prevedeva l'esenzione Irpef di tutte le pensioni di guerra di ogni tipo e per le relative indennità, gli assegni connessi alle pensioni privilegiate ordinarie, le pensioni relative a decorazioni dell'ordine militare e alle medaglie al valor militare;
    la detassazione deve essere estesa anche alle pensioni di reversibilità, non può essere prevista solo per quelle dirette di guerra in quanto così si attua una grave discriminazione, rischiando di creare vittime di «serie a» e vittime «di serie b»: non è certo privando di quel minimo, doveroso risarcimento le famiglie di chi si è sacrificato per lo Stato che si risanerà il bilancio italiano;
    una pensione di reversibilità, sommata a un reddito di 15 mila euro annui, di certo non porta alla ricchezza ma permette appena di vivere decorosamente a tutte quelle mogli e madri che hanno perso il marito o il figlio, o che dedicano la loro vita ad assistere un congiunto che porta addosso le conseguenze della guerra,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare le ulteriori iniziative normative volte ad individuare tutte le risorse necessarie affinché tale normativa possa essere modificata escludendo anche le pensioni di guerra percepite a titolo di reversibilità dalla tassazione.
9/5534-bis-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta) Bossa, Murer, Bucchino, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Sbrollini, Livia Turco, Schirru, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli uffici della Commissione Europea hanno richiesto al Governo italiano di esprimere le proprie valutazioni circa la fondatezza di una denuncia ricevuta in merito all'aliquota IVA del 4 per cento dettata per i servizi di assistenza e di insegnamento prestati da cooperative e loro consorzi;
    la disposizione riguarda essenzialmente le cooperative sociali di cui all'articolo 1 lettera a) della legge 8 novembre 1991, n. 381;
    le suddette cooperative sociali svolgono un ruolo essenziale nei sistemi di welfare delle comunità locali, e garantiscono lavoro regolare e stabile a fasce deboli dell'occupazione come le donne e i giovani laureati e diplomati;
    il particolare valore delle cooperative sociali è stato costantemente riconosciuto dalle stesse istituzioni comunitarie;
    l'assoggettamento delle prestazioni da esse effettuate all'aliquota del 4 per cento ha lo scopo di valorizzare insieme le finalità sociali e la natura imprenditoriale delle cooperative sociali, distinguendole da altri enti non imprenditoriali, come le organizzazioni di volontariato, che svolgono le stesse attività in regime di esenzione IVA;
    il 19 ottobre scorso la Commissione Europea ha aperto la consultazione pubblica «Consultation paper Review of existing legislation on VAT reduced rates» con la quale chiede un parere sulla aliquote Iva ridotte, nel contesto del progetto di riforma del sistema europeo dell'Iva che mira a far sì che esso sia più semplice, più efficiente e più solido;
    tale Consultazione terminerà il 4 gennaio 2013, e che i risultati confluiranno nella preparazione delle nuove proposte sulle aliquote Iva che l'esecutivo UE presenterà il prossimo anno;
    le politiche europee previste dall'iniziativa per l'imprenditoria sociale. Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell'economia e dell'innovazione sociale della Commissione mirano a promuovere lo sviluppo delle imprese sociali e vede tra gli obiettivi (con le undici azioni chiave) lo sviluppo di buone pratiche tra Stati Membri sull'adeguamento dei regimi fiscali nazionali a favore delle imprese sociali,

impegna il Governo

a proporre agli Uffici della Commissione Europea di istituire tempestivamente un tavolo di confronto per l'esame congiunto e la positiva soluzione della questione, tenendo presenti il valore sociale del settore e le gravi ricadute sull'occupazione e sui servizi per i cittadini che un'eventuale modifica normativa potrebbe determinare.
9/5534-bis-A/57Lenzi, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Pedoto, Miotto, Murer, Sbrollini, Livia Turco, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli uffici della Commissione Europea hanno richiesto al Governo italiano di esprimere le proprie valutazioni circa la fondatezza di una denuncia ricevuta in merito all'aliquota IVA del 4 per cento dettata per i servizi di assistenza e di insegnamento prestati da cooperative e loro consorzi;
    la disposizione riguarda essenzialmente le cooperative sociali di cui all'articolo 1 lettera a) della legge 8 novembre 1991, n. 381;
    le suddette cooperative sociali svolgono un ruolo essenziale nei sistemi di welfare delle comunità locali, e garantiscono lavoro regolare e stabile a fasce deboli dell'occupazione come le donne e i giovani laureati e diplomati;
    il particolare valore delle cooperative sociali è stato costantemente riconosciuto dalle stesse istituzioni comunitarie;
    l'assoggettamento delle prestazioni da esse effettuate all'aliquota del 4 per cento ha lo scopo di valorizzare insieme le finalità sociali e la natura imprenditoriale delle cooperative sociali, distinguendole da altri enti non imprenditoriali, come le organizzazioni di volontariato, che svolgono le stesse attività in regime di esenzione IVA;
    il 19 ottobre scorso la Commissione Europea ha aperto la consultazione pubblica «Consultation paper Review of existing legislation on VAT reduced rates» con la quale chiede un parere sulla aliquote Iva ridotte, nel contesto del progetto di riforma del sistema europeo dell'Iva che mira a far sì che esso sia più semplice, più efficiente e più solido;
    tale Consultazione terminerà il 4 gennaio 2013, e che i risultati confluiranno nella preparazione delle nuove proposte sulle aliquote Iva che l'esecutivo UE presenterà il prossimo anno;
    le politiche europee previste dall'iniziativa per l'imprenditoria sociale. Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell'economia e dell'innovazione sociale della Commissione mirano a promuovere lo sviluppo delle imprese sociali e vede tra gli obiettivi (con le undici azioni chiave) lo sviluppo di buone pratiche tra Stati Membri sull'adeguamento dei regimi fiscali nazionali a favore delle imprese sociali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di proporre agli Uffici della Commissione Europea di istituire tempestivamente un tavolo di confronto per l'esame congiunto e la positiva soluzione della questione, tenendo presenti il valore sociale del settore e le gravi ricadute sull'occupazione e sui servizi per i cittadini che un'eventuale modifica normativa potrebbe determinare.
9/5534-bis-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta) Lenzi, Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Pedoto, Miotto, Murer, Sbrollini, Livia Turco, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità 2013 si inserisce in un contesto economico e sociale particolarmente difficile dove si intravedono solo alcuni timidi segnali di miglioramento della produzione industriale, soprattutto nel campo delle esportazioni, ciò però non deve comportare ulteriori e continui tagli al settore sanitario già fortemente penalizzato;
    dal dossier «La sanità nelle manovre finanziarie» predisposto dalle Regioni si elenca in modo dettagliato tutti gli interventi normativi e i tagli che hanno toccato la sanità dal 2010 ad oggi e anche per il futuro;
    dal 2010 e fino al 2015 sono state ridotte le risorse per il finanziamento della sanità per un ammontare di 26 miliardi di euro, se si considerano anche gli ultimi tagli previsti dalla legge di stabilità;
    nell'attuale legge di stabilità si prevede un taglio di 600 milioni di euro al Fsn per il 2013 e di un miliardo nel 2014, nonché una riduzione dei prezzi di beni e servizi con esclusione dei farmaci e dei dispositivi medici del 10 per cento ed infine si prevede un tetto di spesa dei dispositivi medici, riducendolo ulteriormente di 0,1 punto percentuale per l'anno 2013 e di 0,4 punti a decorrere dall'anno 2014 rispetto ai livelli previsti dal decreto-legge 95/12 («spending review» che ha sua volta era già intervenuto in riduzione rispetto ai livelli fissati, sempre a partire dal 2013 dal decreto-legge 98/11;
    questi continui tagli al tetto di spesa dei dispositivi medici si ritengono necessari al fine di contenere, in un periodo di forte crisi economica, come quella attuale, le spese sanitarie, ciò però non deve comunque andare a compromettere la salute e la sicurezza degli stessi cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, nel rispetto delle competenze regionali, misure idonee affinché non solo siano definiti quali siano i dispositivi medici cosiddetti «salvavita», ma che questi possano essere esclusi dalla riduzione del tetto di spesa prevista per tutti i dispositivi al fine di assicurare una maggiore tutela e sicurezza alla salute degli stessi cittadini.
9/5534-bis-A/58Pedoto.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità 2013 si inserisce in un contesto economico e sociale particolarmente difficile dove si intravedono solo alcuni timidi segnali di miglioramento della produzione industriale, soprattutto nel campo delle esportazioni, ciò però non deve comportare ulteriori e continui tagli al settore sanitario già fortemente penalizzato;
    dal dossier «La sanità nelle manovre finanziarie» predisposto dalle Regioni si elenca in modo dettagliato tutti gli interventi normativi e i tagli che hanno toccato la sanità dal 2010 ad oggi e anche per il futuro;
    dal 2010 e fino al 2015 sono state ridotte le risorse per il finanziamento della sanità per un ammontare di 26 miliardi di euro, se si considerano anche gli ultimi tagli previsti dalla legge di stabilità;
    nell'attuale legge di stabilità si prevede un taglio di 600 milioni di euro al Fsn per il 2013 e di un miliardo nel 2014, nonché una riduzione dei prezzi di beni e servizi con esclusione dei farmaci e dei dispositivi medici del 10 per cento ed infine si prevede un tetto di spesa dei dispositivi medici, riducendolo ulteriormente di 0,1 punto percentuale per l'anno 2013 e di 0,4 punti a decorrere dall'anno 2014 rispetto ai livelli previsti dal decreto-legge 95/12 («spending review» che ha sua volta era già intervenuto in riduzione rispetto ai livelli fissati, sempre a partire dal 2013 dal decreto-legge 98/11;
    questi continui tagli al tetto di spesa dei dispositivi medici si ritengono necessari al fine di contenere, in un periodo di forte crisi economica, come quella attuale, le spese sanitarie, ciò però non deve comunque andare a compromettere la salute e la sicurezza degli stessi cittadini,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predisporre, nel rispetto delle competenze regionali, misure idonee affinché non solo siano definiti quali siano i dispositivi medici cosiddetti «salvavita», ma che questi possano essere esclusi dalla riduzione del tetto di spesa prevista per tutti i dispositivi al fine di assicurare una maggiore tutela e sicurezza alla salute degli stessi cittadini.
9/5534-bis-A/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Pedoto.


   La Camera,
   premesso che:
    le famiglie con un solo genitore rappresentano una realtà sempre più diffusa nella società odierna; la famiglia monoparentale, per sua natura contrassegnata da elementi di vulnerabilità e debolezza, nell'attuale congiuntura economica è quella che rischia di subire i contraccolpi più forti e gli effetti negativi della crisi; è necessario, pertanto, approntare misure di sostegno e interventi specifici volti a scongiurare situazioni di grave povertà e di disagio sociale, sempre più in aumento nel nostro Paese;
    studi condotti dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), analizzando la situazione delle famiglie monoparentali nel nostro Paese e in altri Stati membri dell'Unione europea, hanno drammaticamente rilevato il legame di questa realtà con condizioni di precarietà e povertà, e come questi nuclei familiari rappresentino una sfida per le politiche sociali di ogni Paese;
    quasi il 90 per cento delle famiglie monoparentali è costituito da donne costrette a dover prendere su se stesse tutte le responsabilità di capofamiglia per fornire sia il sostentamento sia le eventuali cure; la tipica madre sola è spesso disoccupata oppure ha un'occupazione precaria o a tempo parziale, caratterizzata da un salario e da una sicurezza del posto di lavoro inferiore alla media, con scarse possibilità di un avanzamento in carriera o di un miglioramento della qualità dell'impiego;
    quelle delle famiglie monoparentali è un fenomeno in continuo aumento, rivelato dal fatto che nel 1983 i genitori single in Italia erano stimati in 1.371.000, nel 2000 erano diventati 1.787.000 e attualmente sono più di 2 milioni; donne, spesso con figli piccoli, che lavorano per fare fronte alle spese necessarie per mandare avanti la famiglia; sono single perché separate, divorziate, vedove o perché hanno fatto la scelta coraggiosa di portare avanti da sole una gravidanza indesiderata e non voluta dal proprio compagno; nella gran parte dei casi la loro condizione di mamme single non deriva da una libera scelta;
    uno studio della Commissione europea sulla povertà e l'esclusione sociale delle famiglie monoparentali ha messo in evidenza come il 20 per cento dei bambini europei viva con un solo genitore; è stato calcolato che, in media, il rischio che questi bambini diventino poveri è del 34 per cento, contro il 19 per cento degli altri bambini; l'OCSE ha, inoltre, pubblicato una statistica sulla composizione delle famiglie nei 30 Stati membri: la media delle famiglie monoparentali in tali Paesi è del 9,1 per cento; in risposta a questa realtà, la Commissione europea ha segnalato la necessità di orientare le politiche sociali verso i genitori soli e i loro figli, attraverso misure di assistenza finanziaria, servizi sociali e una maggiore integrazione nel mondo del lavoro;
    è utile richiamare il fatto che fino ad oggi le politiche attuate in Italia per soddisfare i fabbisogni delle madri sole – intese come soggetti beneficiai di interventi socio-assistenziali – siano state realizzate prevalentemente dagli enti locali (regioni e comuni), mediante iniziative finalizzate ad approntare aiuti per l'accesso a mutui e affitti agevolati, per assegnare posti negli asili nido, per garantire il diritto di accesso ad alloggi di edilizia residenziale pubblica o per accordare agevolazioni di tipo fiscale; mentre sono rare le leggi a livello nazionale a sostegno della famiglia, della genitorialità o dell'infanzia che fanno esplicito riferimento alla categoria «madri sole»; tra queste rileva la legge n. 53 del 2000 sui congedi parentali; la gestione frammentata delle leggi non solo rende il quadro normativo più confuso, ma non garantisce neanche equità di trattamento e quindi possibilità di risoluzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di predisporre una legislazione organica nazionale che disciplini e riesamini complessivamente il sistema di tutela e di assistenza in favore dei soggetti più deboli con particolare attenzione al sistema di tutela normativa delle famiglie monoparentali predisposto attualmente in massima parte dagli enti locali, introducendo un assegno di solidarietà allo scopo di far fronte alle esigenze di base e impellenti delle famiglie monoparentali in stato di bisogno.
9/5534-bis-A/59Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Murer, Sbrollini, Livia Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    le famiglie con un solo genitore rappresentano una realtà sempre più diffusa nella società odierna; la famiglia monoparentale, per sua natura contrassegnata da elementi di vulnerabilità e debolezza, nell'attuale congiuntura economica è quella che rischia di subire i contraccolpi più forti e gli effetti negativi della crisi; è necessario, pertanto, approntare misure di sostegno e interventi specifici volti a scongiurare situazioni di grave povertà e di disagio sociale, sempre più in aumento nel nostro Paese;
    studi condotti dall'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), analizzando la situazione delle famiglie monoparentali nel nostro Paese e in altri Stati membri dell'Unione europea, hanno drammaticamente rilevato il legame di questa realtà con condizioni di precarietà e povertà, e come questi nuclei familiari rappresentino una sfida per le politiche sociali di ogni Paese;
    quasi il 90 per cento delle famiglie monoparentali è costituito da donne costrette a dover prendere su se stesse tutte le responsabilità di capofamiglia per fornire sia il sostentamento sia le eventuali cure; la tipica madre sola è spesso disoccupata oppure ha un'occupazione precaria o a tempo parziale, caratterizzata da un salario e da una sicurezza del posto di lavoro inferiore alla media, con scarse possibilità di un avanzamento in carriera o di un miglioramento della qualità dell'impiego;
    quelle delle famiglie monoparentali è un fenomeno in continuo aumento, rivelato dal fatto che nel 1983 i genitori single in Italia erano stimati in 1.371.000, nel 2000 erano diventati 1.787.000 e attualmente sono più di 2 milioni; donne, spesso con figli piccoli, che lavorano per fare fronte alle spese necessarie per mandare avanti la famiglia; sono single perché separate, divorziate, vedove o perché hanno fatto la scelta coraggiosa di portare avanti da sole una gravidanza indesiderata e non voluta dal proprio compagno; nella gran parte dei casi la loro condizione di mamme single non deriva da una libera scelta;
    uno studio della Commissione europea sulla povertà e l'esclusione sociale delle famiglie monoparentali ha messo in evidenza come il 20 per cento dei bambini europei viva con un solo genitore; è stato calcolato che, in media, il rischio che questi bambini diventino poveri è del 34 per cento, contro il 19 per cento degli altri bambini; l'OCSE ha, inoltre, pubblicato una statistica sulla composizione delle famiglie nei 30 Stati membri: la media delle famiglie monoparentali in tali Paesi è del 9,1 per cento; in risposta a questa realtà, la Commissione europea ha segnalato la necessità di orientare le politiche sociali verso i genitori soli e i loro figli, attraverso misure di assistenza finanziaria, servizi sociali e una maggiore integrazione nel mondo del lavoro;
    è utile richiamare il fatto che fino ad oggi le politiche attuate in Italia per soddisfare i fabbisogni delle madri sole – intese come soggetti beneficiai di interventi socio-assistenziali – siano state realizzate prevalentemente dagli enti locali (regioni e comuni), mediante iniziative finalizzate ad approntare aiuti per l'accesso a mutui e affitti agevolati, per assegnare posti negli asili nido, per garantire il diritto di accesso ad alloggi di edilizia residenziale pubblica o per accordare agevolazioni di tipo fiscale; mentre sono rare le leggi a livello nazionale a sostegno della famiglia, della genitorialità o dell'infanzia che fanno esplicito riferimento alla categoria «madri sole»; tra queste rileva la legge n. 53 del 2000 sui congedi parentali; la gestione frammentata delle leggi non solo rende il quadro normativo più confuso, ma non garantisce neanche equità di trattamento e quindi possibilità di risoluzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, di predisporre una legislazione organica nazionale che disciplini e riesamini complessivamente il sistema di tutela e di assistenza in favore dei soggetti più deboli con particolare attenzione al sistema di tutela normativa delle famiglie monoparentali predisposto attualmente in massima parte dagli enti locali, introducendo un assegno di solidarietà allo scopo di far fronte alle esigenze di base e impellenti delle famiglie monoparentali in stato di bisogno.
9/5534-bis-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Bucchino, Bossa, Burtone, Argentin, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Pedoto, Miotto, Murer, Sbrollini, Livia Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    una significativa attività orientata a promuovere e rafforzare il rapporto tra Forze armate e società civile è sostenuta, nell'ambito della libertà di associazione garantita dalla Costituzione e dalle norme in vigore, da numerose associazioni che operano in collaborazione con Ministero della difesa;
    tali attività sono svolte dalle associazioni definite «combattentistiche e partigiane» in qualità di soggetti attivi nel fare propri, sostenere e diffondere i valori costituzionali cui si ispira l'ordinamento delle Forze Armate della Repubblica;
    il valore che assume nella memoria storica collettiva la testimonianza rappresentata dalle associazioni combattentistiche e partigiane, laddove le stesse si pongono proprio in ragione della loro esperienza come custodi del valore della pace è stato riconosciuto anche sul piano legislativo prevedendo inoltre l'erogazione di un contributo annuale attraverso i Ministero della Difesa;
    nel prossimo triennio l'entità di questo contributo non risulta ancora definita,

impegna il Governo

a definire un contributo finanziario da destinare a sostegno delle attività delle associazioni citate in premessa non inferiore a un milione di euro per ciascun anno del triennio.
9/5534-bis-A/60Giacomelli, Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico, Gianni Farina, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    una significativa attività orientata a promuovere e rafforzare il rapporto tra Forze armate e società civile è sostenuta, nell'ambito della libertà di associazione garantita dalla Costituzione e dalle norme in vigore, da numerose associazioni che operano in collaborazione con Ministero della difesa;
    tali attività sono svolte dalle associazioni definite «combattentistiche e partigiane» in qualità di soggetti attivi nel fare propri, sostenere e diffondere i valori costituzionali cui si ispira l'ordinamento delle Forze Armate della Repubblica;
    il valore che assume nella memoria storica collettiva la testimonianza rappresentata dalle associazioni combattentistiche e partigiane, laddove le stesse si pongono proprio in ragione della loro esperienza come custodi del valore della pace è stato riconosciuto anche sul piano legislativo prevedendo inoltre l'erogazione di un contributo annuale attraverso i Ministero della Difesa;
    nel prossimo triennio l'entità di questo contributo non risulta ancora definita,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di definire un contributo finanziario da destinare a sostegno delle attività delle associazioni citate in premessa non inferiore a un milione di euro per ciascun anno del triennio.
9/5534-bis-A/60. (Testo modificato nel corso della seduta) Giacomelli, Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico, Gianni Farina, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    durante la discussione per l'approvazione delle leggi recanti «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» e del «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015», è emerso in tutta chiarezza come la crisi finanziaria internazionale ed esigenze di bilancio rendono necessario intervenire sulla spesa pubblica anche riconsiderando impegni già programmati;
    per quanto riguarda le spese per la difesa, risulta improponibile qualunque riduzione per tutto ciò che è necessario a garantire la sicurezza dei contingenti militari impiegati fuori area, in termini di mezzi, supporto logistico e addestramento così come non appare in alcun modo possibile né realistico sostenere ulteriori riduzioni delle risorse da destinare alle spese per l'esercizio;
    il settore degli investimenti per l'acquisizione dei sistemi d'arma ha fruito di risorse finanziarie relative a programmazioni di lunga durata approvate dal Parlamento negli ultimi decenni, nel quadro di una diversa condizione della finanza pubblica, con il risultato che ci vede in questo momento impegnati in più di settanta programmi relativi ad altrettanti sistemi d'arma;
    molti paesi europei sono alla ricerca di strategie per contenere e possibilmente ridurre i costi dei loro sistemi di difesa attraverso una più forte integrazione europea sia nel settore industriale che in quello degli assetti operativi. Le riunioni convocate in questi giorni a Bruxelles di un Consiglio dei Ministri degli Esteri e della Difesa, contemporaneamente a quelle dell'Agenzia europea della Difesa hanno come obiettivo la possibilità di trasferire parte delle spese della Difesa nel bilancio europeo a vantaggio di una riduzione di quelle nazionali,

impegna il Governo

a dare impulso a tutte le possibili sinergie a livello europeo, sia dal punto di vista delle politiche industriali che degli assetti operativi, al fine di verificare possibili convergenze nelle politiche di spesa e in questo quadro, prima di decidere ulteriori investimenti, verificare l'utilità, le priorità, i tempi d'attuazione ed i costi dei programmi d'armamento a carico del bilancio nazionale coerentemente con i nuovi obiettivi di finanza pubblica.
9/5534-bis-A/61Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    durante la discussione per l'approvazione delle leggi recanti «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» e del «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013 e bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015», è emerso in tutta chiarezza come la crisi finanziaria internazionale ed esigenze di bilancio rendono necessario intervenire sulla spesa pubblica anche riconsiderando impegni già programmati;
    per quanto riguarda le spese per la difesa, risulta improponibile qualunque riduzione per tutto ciò che è necessario a garantire la sicurezza dei contingenti militari impiegati fuori area, in termini di mezzi, supporto logistico e addestramento così come non appare in alcun modo possibile né realistico sostenere ulteriori riduzioni delle risorse da destinare alle spese per l'esercizio;
    il settore degli investimenti per l'acquisizione dei sistemi d'arma ha fruito di risorse finanziarie relative a programmazioni di lunga durata approvate dal Parlamento negli ultimi decenni, nel quadro di una diversa condizione della finanza pubblica, con il risultato che ci vede in questo momento impegnati in più di settanta programmi relativi ad altrettanti sistemi d'arma;
    molti paesi europei sono alla ricerca di strategie per contenere e possibilmente ridurre i costi dei loro sistemi di difesa attraverso una più forte integrazione europea sia nel settore industriale che in quello degli assetti operativi. Le riunioni convocate in questi giorni a Bruxelles di un Consiglio dei Ministri degli Esteri e della Difesa, contemporaneamente a quelle dell'Agenzia europea della Difesa hanno come obiettivo la possibilità di trasferire parte delle spese della Difesa nel bilancio europeo a vantaggio di una riduzione di quelle nazionali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di dare impulso a tutte le possibili sinergie a livello europeo, sia dal punto di vista delle politiche industriali che degli assetti operativi, al fine di verificare possibili convergenze nelle politiche di spesa e in questo quadro, prima di decidere ulteriori investimenti, verificare l'utilità, le priorità, i tempi d'attuazione ed i costi dei programmi d'armamento a carico del bilancio nazionale coerentemente con i nuovi obiettivi di finanza pubblica.
9/5534-bis-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel prossimo triennio 2013-2015 ricorre il settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione (’43-’45); un triennio segnato da numerosi eventi storici che furono decisivi per la nascita della Repubblica Italiana;
    a così tanti anni di distanza, la memoria di quegli avvenimenti passa, sempre meno attraverso la testimonianza diretta di chi li visse in prima persona, e sempre più attraverso gli strumento dell'analisi storica e della conoscenza;
    questo chiama le Istituzioni ad un supplemento di responsabilità, affinché la conoscenza di queste pagine della nostra storia non rimanga confinata nei documenti d'archivio ma possa continuare a vivere nella quotidianità di una memoria condivisa tra generazioni,

impegna il Governo

al fine di consentire la promozione e lo svolgimento di iniziative per la celebrazione del settantesimo della resistenza e della Guerra di liberazione ad istituire, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un fondo triennale destinato a finanziare, in misura adeguata, le iniziative promosse dalla Confederazione delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane nell'arco del triennio 2013-2015.
9/5534-bis-A/62Ventura, Villecco Calipari, Rugghia, Garofani, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico, Mattesini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel prossimo triennio 2013-2015 ricorre il settantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione (’43-’45); un triennio segnato da numerosi eventi storici che furono decisivi per la nascita della Repubblica Italiana;
    a così tanti anni di distanza, la memoria di quegli avvenimenti passa, sempre meno attraverso la testimonianza diretta di chi li visse in prima persona, e sempre più attraverso gli strumento dell'analisi storica e della conoscenza;
    questo chiama le Istituzioni ad un supplemento di responsabilità, affinché la conoscenza di queste pagine della nostra storia non rimanga confinata nei documenti d'archivio ma possa continuare a vivere nella quotidianità di una memoria condivisa tra generazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, al fine di consentire la promozione e lo svolgimento di iniziative per la celebrazione del settantesimo della resistenza e della Guerra di liberazione, di istituire, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un fondo triennale destinato a finanziare, in misura adeguata, le iniziative promosse dalla Confederazione delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane nell'arco del triennio 2013-2015.
9/5534-bis-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ventura, Villecco Calipari, Rugghia, Garofani, Giacomelli, Gianni Farina, Fioroni, La Forgia, Letta, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Rigoni, Vico, Mattesini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3 (comma 17 dell'articolo 12 del testo iniziale) del disegno di legge di stabilità prevede l'abrogazione dell'esenzione IRPEF per le pensioni di guerra, per i soggetti titolari di reddito complessivo superiore ai 15.000 euro;
    l'iniziativa risultava in evidente contraddizione con il principio del risarcimento del danno alla incolumità psicofisica delle persone colpite da qualsiasi tipologia di eventi, che è escluso da tassazione ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 917/1986, nonché specificamente dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978, Testo Unico sulle pensioni di guerra;
    le pensioni di guerra hanno natura risarcitoria e non di reddito e ciò per espressa presa di posizione da parte della stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 375 del 1989) e conseguentemente non sono mai state sottoposte a tassazione nella storia del nostro Paese;
    durante l'esame nella Commissione bilancio con un emendamento dei Relatori sono state escluse dalla tassazione IRPEF le pensioni dirette, lasciando quindi solo alle pensioni a titolo di reversibilità superiori ai 15.000 euro l'abrogazione dell'esenzione dall'IRPEF;
    la pensione di reversibilità, prevista peraltro in favore di una più ristretta categoria di soggetti nell'ambito della famiglia dell'invalido titolare di pensione di guerra diretta, deceduto per causa diversa da quella che ha dato luogo all'invalidità, è un beneficio derivato che, come la Corte Costituzionale ha precisato con la sentenza n. 186 del 1985, risponde ad esigenze di ordine naturale ed etico;
    una pensione di reversibilità, sommata a un reddito di 15 mila euro annui, permette di vivere decorosamente a tutte quelle donne che hanno perso un familiare o che hanno dedicato la loro vita ad assistere un congiunto che portava addosso le conseguenze della guerra, agli orfani minori di 21 anni o maggiorenni inabili;
    durante la discussione nella Commissione Bilancio è emersa la necessità di una revisione da parte della Ragioneria dello Stato in merito alle cifre complessive fornite per coprire l'esenzione fiscale per i trattamenti di reversibilità per i congiunti di un titolare defunto di pensione di guerra in considerazione del fatto che si tratta di cifre con andamenti decrescenti e valutando l'oggettiva previsione di risparmio su una platea numericamente limitata;
    gli emendamenti presentati in Commissione sul comma 17 dell'articolo 12 sono stati accantonati su proposta del rappresentante del Governo, che ha assicurato la responsabilità dell'Esecutivo stesso affinché la disposizione sia modificata in modo da riportare i termini della questione al loro giusto equilibrio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a risolvere questa sperequazione rimasta insoluta nel testo, perché sia ristabilita, ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 917/1986, nonché specificamente dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978, l'esenzione dall'IRPEF anche per le pensioni di guerra a titolo di reversibilità.
9/5534-bis-A/63Villecco Calipari, Ventura, Maran, Lenzi, Veltroni, Nannicini, Causi, Lo Moro, Realacci, Recchia, Rossa, Rugghia, Touadi, Verini, Calvisi, Ghizzoni, D'Incecco, Schirru, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 13 dell'articolo 3 (comma 17 dell'articolo 12 del testo iniziale) del disegno di legge di stabilità prevede l'abrogazione dell'esenzione IRPEF per le pensioni di guerra, per i soggetti titolari di reddito complessivo superiore ai 15.000 euro;
    l'iniziativa risultava in evidente contraddizione con il principio del risarcimento del danno alla incolumità psicofisica delle persone colpite da qualsiasi tipologia di eventi, che è escluso da tassazione ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 917/1986, nonché specificamente dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978, Testo Unico sulle pensioni di guerra;
    le pensioni di guerra hanno natura risarcitoria e non di reddito e ciò per espressa presa di posizione da parte della stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 375 del 1989) e conseguentemente non sono mai state sottoposte a tassazione nella storia del nostro Paese;
    durante l'esame nella Commissione bilancio con un emendamento dei Relatori sono state escluse dalla tassazione IRPEF le pensioni dirette, lasciando quindi solo alle pensioni a titolo di reversibilità superiori ai 15.000 euro l'abrogazione dell'esenzione dall'IRPEF;
    la pensione di reversibilità, prevista peraltro in favore di una più ristretta categoria di soggetti nell'ambito della famiglia dell'invalido titolare di pensione di guerra diretta, deceduto per causa diversa da quella che ha dato luogo all'invalidità, è un beneficio derivato che, come la Corte Costituzionale ha precisato con la sentenza n. 186 del 1985, risponde ad esigenze di ordine naturale ed etico;
    una pensione di reversibilità, sommata a un reddito di 15 mila euro annui, permette di vivere decorosamente a tutte quelle donne che hanno perso un familiare o che hanno dedicato la loro vita ad assistere un congiunto che portava addosso le conseguenze della guerra, agli orfani minori di 21 anni o maggiorenni inabili;
    durante la discussione nella Commissione Bilancio è emersa la necessità di una revisione da parte della Ragioneria dello Stato in merito alle cifre complessive fornite per coprire l'esenzione fiscale per i trattamenti di reversibilità per i congiunti di un titolare defunto di pensione di guerra in considerazione del fatto che si tratta di cifre con andamenti decrescenti e valutando l'oggettiva previsione di risparmio su una platea numericamente limitata;
    gli emendamenti presentati in Commissione sul comma 17 dell'articolo 12 sono stati accantonati su proposta del rappresentante del Governo, che ha assicurato la responsabilità dell'Esecutivo stesso affinché la disposizione sia modificata in modo da riportare i termini della questione al loro giusto equilibrio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alla premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a risolvere questa sperequazione rimasta insoluta nel testo, perché sia ristabilita, ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 917/1986, nonché specificamente dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978, l'esenzione dall'IRPEF anche per le pensioni di guerra a titolo di reversibilità.
9/5534-bis-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)  Villecco Calipari, Ventura, Maran, Lenzi, Veltroni, Nannicini, Causi, Lo Moro, Realacci, Recchia, Rossa, Rugghia, Touadi, Verini, Calvisi, Ghizzoni, D'Incecco, Schirru, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia, come è noto, è ormai collocata in posizione lontanissima dal raggiungimento di quegli obiettivi fissati nel Consiglio europeo del maggio 2005, che prevedevano il raggiungimento di una quota di risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,5 per cento del PIL entro il 2010 e allo 0,7 per cento entro il 2015;
    nel Documento di Economia e Finanza 2012, per la prima volta veniva espressamente dichiarato il non raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL entro il 2015,
    tuttavia, nell'ambito del medesimo DEF l'Italia si è impegnata a predispone un piano di riallineamento graduale dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) alla media G8 pari allo 0,28 per cento;
    riconfermando il sostegno politico all'obiettivo dello 0,7 per cento APS/RNL fissato a livello europeo, ma considerando le eccezionali circostanze macroeconomiche, si ritiene che debba essere stabilito un calendario, che tenga conto del pagamento degli impegni bilaterali e multilaterali e del reperimento graduale di risorse aggiuntive per gli stanziamenti ex legge 49/87 e per le Banche e Fondi di Sviluppo, coerentemente con gli obiettivi esplicitati nel DEF;
    anche in uno scenario minimalista tale incremento, su base annuale, dovrebbe corrispondere almeno al 10 per cento in più rispetto agli stanziamenti 2011 della legge n. 49/1987;
    coerentemente con gli impegni del DEF, e tenuto conto dell'inversione di tendenza affermata dalla legge di stabilità per il 2013 che, a fronte dei soli 86 milioni di euro previsti lo scorso anno, stanzia sulla legge 49/87, 228 milioni di euro, è apprezzabile lo sforzo compiuto per autorizzare le somme necessarie per rientrare in quattro anni degli arretrati multilaterali relativi ai fondi di sviluppo, autorizzando risorse importanti fino al 2022 e restituendo così credibilità e prevedibilità all'Italia quale paese donatore,

impegna il Governo

anche alla luce dell'ultimo DEF presentato che prevedeva il non raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL entro il 2015, a produrre entro la fine del 2012 un calendario di riallineamento che espliciti i livelli di APS previsti fino al 2015.
9/5534-bis-A/64Mogherini Rebesani, Sarubbi, Narducci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia, come è noto, è ormai collocata in posizione lontanissima dal raggiungimento di quegli obiettivi fissati nel Consiglio europeo del maggio 2005, che prevedevano il raggiungimento di una quota di risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,5 per cento del PIL entro il 2010 e allo 0,7 per cento entro il 2015;
    nel Documento di Economia e Finanza 2012, per la prima volta veniva espressamente dichiarato il non raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL entro il 2015,
    tuttavia, nell'ambito del medesimo DEF l'Italia si è impegnata a predispone un piano di riallineamento graduale dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) alla media G8 pari allo 0,28 per cento;
    riconfermando il sostegno politico all'obiettivo dello 0,7 per cento APS/RNL fissato a livello europeo, ma considerando le eccezionali circostanze macroeconomiche, si ritiene che debba essere stabilito un calendario, che tenga conto del pagamento degli impegni bilaterali e multilaterali e del reperimento graduale di risorse aggiuntive per gli stanziamenti ex legge 49/87 e per le Banche e Fondi di Sviluppo, coerentemente con gli obiettivi esplicitati nel DEF;
    anche in uno scenario minimalista tale incremento, su base annuale, dovrebbe corrispondere almeno al 10 per cento in più rispetto agli stanziamenti 2011 della legge n. 49/1987;
    coerentemente con gli impegni del DEF, e tenuto conto dell'inversione di tendenza affermata dalla legge di stabilità per il 2013 che, a fronte dei soli 86 milioni di euro previsti lo scorso anno, stanzia sulla legge 49/87, 228 milioni di euro, è apprezzabile lo sforzo compiuto per autorizzare le somme necessarie per rientrare in quattro anni degli arretrati multilaterali relativi ai fondi di sviluppo, autorizzando risorse importanti fino al 2022 e restituendo così credibilità e prevedibilità all'Italia quale paese donatore,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, anche alla luce dell'ultimo DEF presentato che prevedeva il non raggiungimento dell'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL entro il 2015, di produrre entro la fine del 2012 un calendario di riallineamento che espliciti i livelli di APS previsti fino al 2015.
9/5534-bis-A/64. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mogherini Rebesani, Sarubbi, Narducci.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevedono per il triennio 2011-2013, rispettivamente, il divieto di superare il trattamento economico ordinariamente spettante per l'anno 2010, anche con riferimento all'assegno funzionale, al trattamento economico superiore correlato all'anzianità di servizio senza demerito, compresa quella nella qualifica o nel grado, agli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, previsti per il personale delle Forze di polizia ed armate, e il congelamento degli effetti economici delle progressione di carriere, dei meccanismi retributivi per classi e scatti e degli adeguamenti annuali per il personale dirigente delle Forze di polizia e delle stesse Forze armate;
    il legislatore, tenendo conto della specificità del Comparto Sicurezza e Difesa e del Soccorso Pubblico, in sede di conversione in legge del predetto decreto, ha istituito, all'articolo 8, comma 11-bis, un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, interessato alle disposizioni del blocco del trattamento economico di cui ai citati comma 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010;
    dopo ripetute manifestazioni sindacali, il legislatore ha previsto con l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, l'incremento del citato fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011- 2012 e 2013, ed ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum, in favore del personale interessato alla corresponsione delle relative indennità, bloccate dall'articolo 9 commi 1 e 21 del richiamato decreto-legge n. 78 del 2010;
    l'istituzione del citato fondo è finalizzata, come emerge anche dal dibattito parlamentare relativo ai due decreti legge sopra richiamati e dagli impegni assunti dal Governo, ad assicurare al personale interessato, una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all'applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai citati commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
    i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 e 2013;
    in particolare per il 2012 il fabbisogno complessivo è di 450 milioni di euro per corrispondere il cento per cento degli incrementi stipendiali congelati con la manovra dell'agosto 2010. Sono disponibili 224 milioni (195 milioni sono dati dagli stanziamenti relativi al 2012 e 29 milioni dall'avanzo di cassa del 2011) che consentono di versare un assegno una tantum pari alla misura del 46 per cento del dovuto. Non possiamo consentirci di non assecondare le legittime aspettative delle donne e degli uomini del comparto sicurezza, difesa e del soccorso pubblico a cui il Paese deve molto per lo spirito di sacrificio reale con cui affrontano l'impegno quotidiano, che unito al senso dello stato e di responsabilità di cui sono espressione rappresenta il valore aggiunto che garantisce la sicurezza di tutti i cittadini;
    in merito, va rammentato che in sede di conversione del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, il legislatore all'articolo 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze, ha previsto espressamente l'impiego delle risorse utilizzabili del Fondo Unico Giustizia;
   per quanto sopra esposto si:

impegna il Governo

ad attribuire priorità all'utilizzo per il 2012 e il 2013 delle risorse disponibili sul FUG, per incrementare il fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, destinato alla corresponsione di assegni una tantum ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge del 26 marzo 2011, n 27, al personale delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/5534-bis-A/65Naccarato.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, prevedono per il triennio 2011-2013, rispettivamente, il divieto di superare il trattamento economico ordinariamente spettante per l'anno 2010, anche con riferimento all'assegno funzionale, al trattamento economico superiore correlato all'anzianità di servizio senza demerito, compresa quella nella qualifica o nel grado, agli incrementi stipendiali parametrali non connessi a promozioni, previsti per il personale delle Forze di polizia ed armate, e il congelamento degli effetti economici delle progressione di carriere, dei meccanismi retributivi per classi e scatti e degli adeguamenti annuali per il personale dirigente delle Forze di polizia e delle stesse Forze armate;
    il legislatore, tenendo conto della specificità del Comparto Sicurezza e Difesa e del Soccorso Pubblico, in sede di conversione in legge del predetto decreto, ha istituito, all'articolo 8, comma 11-bis, un fondo di 80 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011 e 2012, destinato al finanziamento di misure perequative per il personale delle Forze di polizia e delle Forze armate, interessato alle disposizioni del blocco del trattamento economico di cui ai citati comma 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78/2010;
    dopo ripetute manifestazioni sindacali, il legislatore ha previsto con l'articolo 1 del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, l'incremento del citato fondo di 115 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2011- 2012 e 2013, ed ha esteso la destinazione del medesimo fondo al finanziamento di assegni una tantum, in favore del personale interessato alla corresponsione delle relative indennità, bloccate dall'articolo 9 commi 1 e 21 del richiamato decreto-legge n. 78 del 2010;
    l'istituzione del citato fondo è finalizzata, come emerge anche dal dibattito parlamentare relativo ai due decreti legge sopra richiamati e dagli impegni assunti dal Governo, ad assicurare al personale interessato, una compensazione economica conseguente agli effetti relativi all'applicazione del congelamento di alcuni elementi retributivi, di cui ai citati commi 1 e 21 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
    i fondi disponibili per l'anno 2011 sono stati sufficienti per assecondare tutte le esigenze del personale, che ha maturato i requisiti per la corresponsione delle indennità cosiddette «congelate» nello stesso anno 2011, mentre le somme disponibili del citato fondo sono del tutto insufficienti per gli anni 2012 e 2013;
    in particolare per il 2012 il fabbisogno complessivo è di 450 milioni di euro per corrispondere il cento per cento degli incrementi stipendiali congelati con la manovra dell'agosto 2010. Sono disponibili 224 milioni (195 milioni sono dati dagli stanziamenti relativi al 2012 e 29 milioni dall'avanzo di cassa del 2011) che consentono di versare un assegno una tantum pari alla misura del 46 per cento del dovuto. Non possiamo consentirci di non assecondare le legittime aspettative delle donne e degli uomini del comparto sicurezza, difesa e del soccorso pubblico a cui il Paese deve molto per lo spirito di sacrificio reale con cui affrontano l'impegno quotidiano, che unito al senso dello stato e di responsabilità di cui sono espressione rappresenta il valore aggiunto che garantisce la sicurezza di tutti i cittadini;
    in merito, va rammentato che in sede di conversione del decreto-legge 26 marzo 2011, n. 27, il legislatore all'articolo 1, comma 2, per reperire le somme necessarie al soddisfacimento delle esigenze, ha previsto espressamente l'impiego delle risorse utilizzabili del Fondo Unico Giustizia;
   per quanto sopra esposto si:

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di attribuire priorità all'utilizzo per il 2012 e il 2013 delle risorse disponibili sul FUG, per incrementare il fondo di cui all'articolo 8, comma 11-bis del decreto-legge n. 78 del 2010, destinato alla corresponsione di assegni una tantum ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge del 26 marzo 2011, n. 27, al personale delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
9/5534-bis-A/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Naccarato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, dal decreto ministeriale 19 settembre 2008 ha bandito tre concorsi per l'accesso alla qualifica di Vice Sovrintendente riservato al personale interno, con le modalità differite per gli Ass. Capo e per gli Agenti che alla data della vacanza in organico avevano maturato almeno quattro anni di servizio;
    alla luce delle vacanze che si sono sommate negli anni che vanno dal 2001 ad oggi sono circa 8000 le unità mancanti, con conseguenti difficoltà operative;
    per questo – ed anche in considerazione del fatto che i due suddetti ruoli restano entrambi ruoli esecutivi – lo scorrimento delle graduatorie degli ultimi concorsi è da intendersi come un'esigenza operativa della Polizia di Stato;
    va inoltre considerato anche che il meccanismo dei concorsi interni esula dalla tenaglia che agisce sugli organici complessivi non trattandosi di nuove immissioni nei ruoli della Polizia di Stato, a seguito del blocco del turn over;
    si evidenzia dal punto di vista della Spesa Pubblica lo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori non arreca alcun aggravio trattandosi di vacanze organiche, che al 31 dicembre di ogni anno vengono inserite nella previsione di spesa per l'anno successivo; infine, che il costo dei singoli concorsi non risulta essere inferiore ad 1,5 milioni di euro per la copertura di poche centinaia di posti, pertanto un provvedimento teso allo scorrimento risulta fortemente favorevole al contenimento della spesa pubblica,

impegna il Governo:

a valutare lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni riservati al personale dei Corpi di Polizia.
9/5534-bis-A/66Fiano, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, dal decreto ministeriale 19 settembre 2008 ha bandito tre concorsi per l'accesso alla qualifica di Vice Sovrintendente riservato al personale interno, con le modalità differite per gli Ass. Capo e per gli Agenti che alla data della vacanza in organico avevano maturato almeno quattro anni di servizio;
    alla luce delle vacanze che si sono sommate negli anni che vanno dal 2001 ad oggi sono circa 8000 le unità mancanti, con conseguenti difficoltà operative;
    per questo – ed anche in considerazione del fatto che i due suddetti ruoli restano entrambi ruoli esecutivi – lo scorrimento delle graduatorie degli ultimi concorsi è da intendersi come un'esigenza operativa della Polizia di Stato;
    va inoltre considerato anche che il meccanismo dei concorsi interni esula dalla tenaglia che agisce sugli organici complessivi non trattandosi di nuove immissioni nei ruoli della Polizia di Stato, a seguito del blocco del turn over;
    si evidenzia dal punto di vista della Spesa Pubblica lo scorrimento delle graduatorie degli idonei non vincitori non arreca alcun aggravio trattandosi di vacanze organiche, che al 31 dicembre di ogni anno vengono inserite nella previsione di spesa per l'anno successivo; infine, che il costo dei singoli concorsi non risulta essere inferiore ad 1,5 milioni di euro per la copertura di poche centinaia di posti, pertanto un provvedimento teso allo scorrimento risulta fortemente favorevole al contenimento della spesa pubblica,

impegna il Governo:

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni riservati al personale dei Corpi di Polizia.
9/5534-bis-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fiano, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame dell'Atto Camera: 5534-bis: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)» sono state avanzate proposte di attuazione e modifica relative alla legge 3 agosto 2004 n. 206 «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice», che tale legge non ha allo stato attuale, trovato completa attuazione, come è dimostrato da numerosi atti parlamentari presentati volti a sollecitare il Governo ad agire per dare risposta alle legittime istanze delle associazioni in rappresentanza dei familiari delle vittime e dei superstiti.
    Più volte il Governo Monti si è impegnato di fronte al Parlamento e all'opinione pubblica in sede di approvazione dei seguenti ordini del giorno 9/4357-A/2, 9/4829-A/12, 9/4940-A/8 e in occasione della 32a ricorrenza della strage di Bologna il 2 agosto 2012. Il Presidente della Repubblica ha pronunciato numerosi appelli volti al fine di dare completa attuazione alla legge 3 agosto 2004 n. 206. Le proposte all'attenzione del Governo riguardano:
     l'adeguamento delle pensioni dirette, indirette e di reversibilità alle retribuzioni dei lavoratori in attività con procedura semplificata e uniforme per tutte le categorie nonché congrui criteri di rivalutazione su base annuale a decorrere dal 26 agosto 2004;
     la completa estensione dei diversi benefici pensionistici sui trattamenti diretti riconosciuti ai familiari delle vittime decedute ai familiari degli invalidi;
     la completa estensione dei diversi benefici tra cui gli assegni vitalizi, riconosciuti ai familiari delle vittime deceduta anche ai familiari dei gravi invalidi in vita;
     il congelamento dei requisiti in vigore al 31 dicembre 2007 per la pensione di anzianità e vecchiaia stabiliti dai singoli enti pensionistici;
     il riconoscimento del diritto al pensionamento immediato per gli invalidi non inferiori all'80 per cento con misura della pensione pari all'ultima retribuzione prescindendo dall'apertura o meno di una posizione assicurativa al momento dell'atto terroristico;
     le possibilità per i dipendenti privati che abbiano presentato domanda amministrativa entro il 2007 di vedersi riconoscere ai fini pensionistici la qualifica immediatamente superiore in alternativa al riconoscimento della maggiorazione del 7,5 per cento;
     il riconoscimento dei benefici pensionistici anche ai familiari degli invalidi subentrati allo stato anagrafico dello stesso invalido, successivamente all'atto terroristico, anche se la posizione assicurativa è stata aperta dopo l'evento terroristico,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad adottare iniziative di natura interpretativa e legislativa volte a recepire tali proposte nel primo provvedimento utile al fine di rispettare gli impegni assunti con l'accoglimento degli ordini del giorno citati in premessa e quelli con le associazioni delle vittime del terrorismo e delle stragi per dare definitiva soluzione alle problematiche più importanti e indifferibili ancora aperte, al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari e definitiva attuazione alla legge 3 agosto n. 206 e successive modificazioni.
9/5534-bis-A/67Rossa, Cazzola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame dell'Atto Camera: 5534-bis: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)» sono state avanzate proposte di attuazione e modifica relative alla legge 3 agosto 2004 n. 206 «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice», che tale legge non ha allo stato attuale, trovato completa attuazione, come è dimostrato da numerosi atti parlamentari presentati volti a sollecitare il Governo ad agire per dare risposta alle legittime istanze delle associazioni in rappresentanza dei familiari delle vittime e dei superstiti.
    Più volte il Governo Monti si è impegnato di fronte al Parlamento e all'opinione pubblica in sede di approvazione dei seguenti ordini del giorno 9/4357-A/2, 9/4829-A/12, 9/4940-A/8 e in occasione della 32a ricorrenza della strage di Bologna il 2 agosto 2012. Il Presidente della Repubblica ha pronunciato numerosi appelli volti al fine di dare completa attuazione alla legge 3 agosto 2004 n. 206. Le proposte all'attenzione del Governo riguardano:
     l'adeguamento delle pensioni dirette, indirette e di reversibilità alle retribuzioni dei lavoratori in attività con procedura semplificata e uniforme per tutte le categorie nonché congrui criteri di rivalutazione su base annuale a decorrere dal 26 agosto 2004;
     la completa estensione dei diversi benefici pensionistici sui trattamenti diretti riconosciuti ai familiari delle vittime decedute ai familiari degli invalidi;
     la completa estensione dei diversi benefici tra cui gli assegni vitalizi, riconosciuti ai familiari delle vittime deceduta anche ai familiari dei gravi invalidi in vita;
     il congelamento dei requisiti in vigore al 31 dicembre 2007 per la pensione di anzianità e vecchiaia stabiliti dai singoli enti pensionistici;
     il riconoscimento del diritto al pensionamento immediato per gli invalidi non inferiori all'80 per cento con misura della pensione pari all'ultima retribuzione prescindendo dall'apertura o meno di una posizione assicurativa al momento dell'atto terroristico;
     le possibilità per i dipendenti privati che abbiano presentato domanda amministrativa entro il 2007 di vedersi riconoscere ai fini pensionistici la qualifica immediatamente superiore in alternativa al riconoscimento della maggiorazione del 7,5 per cento;
     il riconoscimento dei benefici pensionistici anche ai familiari degli invalidi subentrati allo stato anagrafico dello stesso invalido, successivamente all'atto terroristico, anche se la posizione assicurativa è stata aperta dopo l'evento terroristico,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità nell'ambito delle sue proprie prerogative, di adottare iniziative di natura interpretativa e legislativa volte a recepire tali proposte nel primo provvedimento utile al fine di rispettare gli impegni assunti con l'accoglimento degli ordini del giorno citati in premessa e quelli con le associazioni delle vittime del terrorismo e delle stragi per dare definitiva soluzione alle problematiche più importanti e indifferibili ancora aperte, al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari e definitiva attuazione alla legge 3 agosto n. 206 e successive modificazioni.
9/5534-bis-A/67. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rossa, Cazzola.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità reca diversi interventi finalizzati al risparmio di risorse finanziarie, da impiegare anche ai fini del della riduzione del disavanzo pubblico;
    in realtà un significativo contributo in questo senso potrebbe essere conseguito ove si procedesse all'asta «a pagamento» per l'assegnazione delle frequenze digitali;
    il Governo ha annunciato che, entro il prossimo mese di dicembre, si svolgerà tale asta;
    la Commissione europea ha invitato l'Italia a recepire alcune indicazioni affinché l'asta non premi i gruppi che hanno già una posizione dominante,

impegna il Governo

a recepire l'indicazione di effettuare l'asta «a pagamento» per l'assegnazione delle frequenze digitali entro la scadenza prevista e ad utilizzare una giusta parte dei proventi in tal modo ottenuti a sostegno delle entrate e della riduzione del deficit pubblico, nonché per impedire l'ulteriore impoverimento del pluralismo informativo ed editoriale.
9/5534-bis-A/68Giulietti, Zazzera, Crosio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità reca diversi interventi finalizzati al risparmio di risorse finanziarie, da impiegare anche ai fini del della riduzione del disavanzo pubblico;
    in realtà un significativo contributo in questo senso potrebbe essere conseguito ove si procedesse all'asta «a pagamento» per l'assegnazione delle frequenze digitali;
    il Governo ha annunciato che, entro il prossimo mese di dicembre, si svolgerà tale asta;
    la Commissione europea ha invitato l'Italia a recepire alcune indicazioni affinché l'asta non premi i gruppi che hanno già una posizione dominante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di recepire l'indicazione di effettuare l'asta «a pagamento» per l'assegnazione delle frequenze digitali entro la scadenza prevista e ad utilizzare una giusta parte dei proventi in tal modo ottenuti a sostegno delle entrate e della riduzione del deficit pubblico, nonché per impedire l'ulteriore impoverimento del pluralismo informativo ed editoriale.
9/5534-bis-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giulietti, Zazzera, Crosio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 9 del provvedimento prevede a partire dal 1o gennaio 2013 la stabilizzazione dell'incremento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sul gasolio già disposto con la determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane 9 agosto 2012, n. 88789;
    in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 61, comma 4 del decreto-legge n. 1 del 2012, il maggior onere derivante dal suddetto aumento dell'aliquota sarà rimborsato agli esercenti attività di trasporto merci ed alle categorie di soggetti operanti nel settore del trasporto passeggeri;
    il territorio della Regione siciliana subisce i costi dell'inquinamento ambientale derivanti da alcuni dei più grandi impianti di raffinazione, pari al 36 per cento della materia prima lavorata in Italia nell'anno 2010, senza alcuna possibilità di trattenere quote di gettito, neppure per la componente riferibile al gettito correlato al prodotto immesso in consumo nel territorio regionale che, stando ai dati, ammonterebbe, nel solo anno 2010 a 1.192.000.000 di euro;
    la Sicilia, infatti, con le sue cinque raffinerie, tre in provincia di Siracusa (Augusta, Melilli e Priolo), una in provincia di Messina (Milazzo) e una in provincia di Caltanissetta (Gela), fornisce un contributo importante alla lavorazione del petrolio per l'intero territorio nazionale, raffinando circa il 42 per cento del totale di greggio lavorato in Italia;
    i costi di queste lavorazioni sull'ambiente e le dannose ricadute sulla salute dei cittadini sono rilevanti: i siti siciliani ed i territori circostanti ove sono localizzate le suddette raffinerie hanno subito una grave compromissione del suolo, delle falde acquifere, delle coste e dell'atmosfera;
    la Sicilia consuma 2.258.000 tonnellate di carburanti, circa il 6,3 per cento del totale dei consumi sui quali viene pagata dai consumatori l'accisa;
    la legislazione nazionale prevede, in alcuni casi, l'esenzione per alcune categorie e situazioni particolari e la riduzione del prezzo alla pompa in zone di confine: la legge consente alla Regione Valle d'Aosta, che è zona franca, con un accordo Stato-regione di far entrare nel territorio regionale contingenti di benzine in regime di esenzione, mentre la Regione Friuli Venezia Giulia, con la finanziaria 1996, è stata autorizzata a praticare una riduzione consistente dell'imposta di fabbricazione, a carico del bilancio regionale, determinando un incremento dei consumi con conseguente aumento delle entrate regionali;
    nel mese di dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità uno schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie che consente di procedere ulteriormente nella definizione dell'annoso problema del trasferimento da parte dello Stato alla Regione Siciliana delle risorse relative alle accise, prevedendo che, a compendio dell'integrale spettanza tributaria, lo Stato riconosca alla Regione, oltre al gettito dell'imposta di produzione sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi e sui gas petroliferi raffinati ed immessi in consumo nel territorio regionale, ed a titolo di ristoro ambientale, anche il venti per cento del gettito dell'imposta di produzione sugli stessi prodotti raffinati nel territorio regionale, ma immessi in consumo in quello delle altre regioni;
    l'articolo 158 (ex articolo 130 A) del Trattato CE prevede che al fine di promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, questa persegua la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale in particolare mirando a ridurre il divario. Infatti in tema di valutazione degli svantaggi il regime armonizzato delle accise non esclude che vi siano margini di intervento sussidiario di ogni Stato membro poiché le accise rilevano ai fini delle scelte politiche non solo in campo tributario ma anche nei diversi settori produttivi;
    uno studio di Eurisles (European Islands System of Link and Exchanges) del 2000, nel rilevare 4 tipologie di spedizioni di merci, mostra alcuni risultati da cui si ricava un indicatore della penalizzazione che l'insularità determina per il sistema Sicilia, in termini di costi di trasporto. I costi che si rappresentano pongono, infatti, la Regione Sicilia a livelli di svantaggio competitivo paragonabile alle destinazioni più periferiche dell'UE come Madeira o Azzorre,

impegna il Governo

nel quadro delle politiche economiche per il mezzogiorno, ad adottare iniziative legislative atte a compensare parzialmente lo squilibrio economico della regione Sicilia, anche attraverso il risarcimento dei cittadini dai danni all'ambiente ed alla salute causati dalle attività di estrazione e raffinazione dei petrolio e dei suoi derivati, riconoscendo loro il diritto all'abbattimento di parte delle accise sui prodotti petroliferi escludendo per le accise sui prodotti petroliferi di cui alle lettere b), c), d) dell'Allegato I del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modifiche ed integrazioni, al momento dell'immissione al consumo nel territorio della regione siciliana, l'applicazione delle le misure indicate dall'articolo 15, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/5534-bis-A/69Oliveri, Lombardo, Commercio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, comma 9 del provvedimento prevede a partire dal 1o gennaio 2013 la stabilizzazione dell'incremento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sul gasolio già disposto con la determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane 9 agosto 2012, n. 88789;
    in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 61, comma 4 del decreto-legge n. 1 del 2012, il maggior onere derivante dal suddetto aumento dell'aliquota sarà rimborsato agli esercenti attività di trasporto merci ed alle categorie di soggetti operanti nel settore del trasporto passeggeri;
    il territorio della Regione siciliana subisce i costi dell'inquinamento ambientale derivanti da alcuni dei più grandi impianti di raffinazione, pari al 36 per cento della materia prima lavorata in Italia nell'anno 2010, senza alcuna possibilità di trattenere quote di gettito, neppure per la componente riferibile al gettito correlato al prodotto immesso in consumo nel territorio regionale che, stando ai dati, ammonterebbe, nel solo anno 2010 a 1.192.000.000 di euro;
    la Sicilia, infatti, con le sue cinque raffinerie, tre in provincia di Siracusa (Augusta, Melilli e Priolo), una in provincia di Messina (Milazzo) e una in provincia di Caltanissetta (Gela), fornisce un contributo importante alla lavorazione del petrolio per l'intero territorio nazionale, raffinando circa il 42 per cento del totale di greggio lavorato in Italia;
    i costi di queste lavorazioni sull'ambiente e le dannose ricadute sulla salute dei cittadini sono rilevanti: i siti siciliani ed i territori circostanti ove sono localizzate le suddette raffinerie hanno subito una grave compromissione del suolo, delle falde acquifere, delle coste e dell'atmosfera;
    la Sicilia consuma 2.258.000 tonnellate di carburanti, circa il 6,3 per cento del totale dei consumi sui quali viene pagata dai consumatori l'accisa;
    la legislazione nazionale prevede, in alcuni casi, l'esenzione per alcune categorie e situazioni particolari e la riduzione del prezzo alla pompa in zone di confine: la legge consente alla Regione Valle d'Aosta, che è zona franca, con un accordo Stato-regione di far entrare nel territorio regionale contingenti di benzine in regime di esenzione, mentre la Regione Friuli Venezia Giulia, con la finanziaria 1996, è stata autorizzata a praticare una riduzione consistente dell'imposta di fabbricazione, a carico del bilancio regionale, determinando un incremento dei consumi con conseguente aumento delle entrate regionali;
    nel mese di dicembre 2011 l'Assemblea regionale siciliana ha approvato all'unanimità uno schema di disegno di legge voto per la modifica dell'articolo 36 dello Statuto regionale in materia di entrate tributarie che consente di procedere ulteriormente nella definizione dell'annoso problema del trasferimento da parte dello Stato alla Regione Siciliana delle risorse relative alle accise, prevedendo che, a compendio dell'integrale spettanza tributaria, lo Stato riconosca alla Regione, oltre al gettito dell'imposta di produzione sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi e sui gas petroliferi raffinati ed immessi in consumo nel territorio regionale, ed a titolo di ristoro ambientale, anche il venti per cento del gettito dell'imposta di produzione sugli stessi prodotti raffinati nel territorio regionale, ma immessi in consumo in quello delle altre regioni;
    l'articolo 158 (ex articolo 130 A) del Trattato CE prevede che al fine di promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, questa persegua la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale in particolare mirando a ridurre il divario. Infatti in tema di valutazione degli svantaggi il regime armonizzato delle accise non esclude che vi siano margini di intervento sussidiario di ogni Stato membro poiché le accise rilevano ai fini delle scelte politiche non solo in campo tributario ma anche nei diversi settori produttivi;
    uno studio di Eurisles (European Islands System of Link and Exchanges) del 2000, nel rilevare 4 tipologie di spedizioni di merci, mostra alcuni risultati da cui si ricava un indicatore della penalizzazione che l'insularità determina per il sistema Sicilia, in termini di costi di trasporto. I costi che si rappresentano pongono, infatti, la Regione Sicilia a livelli di svantaggio competitivo paragonabile alle destinazioni più periferiche dell'UE come Madeira o Azzorre,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità nel quadro delle politiche economiche per il mezzogiorno, di adottare iniziative legislative atte a compensare parzialmente lo squilibrio economico della regione Sicilia, anche attraverso il risarcimento dei cittadini dai danni all'ambiente ed alla salute causati dalle attività di estrazione e raffinazione dei petrolio e dei suoi derivati, riconoscendo loro il diritto all'abbattimento di parte delle accise sui prodotti petroliferi escludendo per le accise sui prodotti petroliferi di cui alle lettere b), c), d) dell'Allegato I del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e successive modifiche ed integrazioni, al momento dell'immissione al consumo nel territorio della regione siciliana, l'applicazione delle le misure indicate dall'articolo 15, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
9/5534-bis-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Oliveri, Lombardo, Commercio.


   La Camera,
   premesso che:
    il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, pur producendo un quarto del prodotto nazionale lordo è ancora ben lontano dal tasso potenziale di crescita che sarebbe lecito attendersi da un'area così ricca di risorse sottoutilizzate;
    incentivare politiche per il suo sviluppo rappresenta, come in più di un'occasione hanno sollecitato esperti economici e studi di settore, l'unica concreta opportunità di progresso economico per l'intero Paese, e ciò non solo perché il Sud possiede le maggiori opportunità di crescita produttiva e le risorse materiali e immateriali, ma soprattutto perché ha le potenzialità per far crescere il livello di competitività complessiva della nostra nazione;
    il tessuto produttivo del Mezzogiorno è costituito da una miriade di piccole imprese produttive, artigiane e commerciali, che rappresentano il ganglio vitale ma fragile di un territorio ove i costi energetici, i trasporti ed il sistema creditizio, costituiscono alcune tra le cause principali di diseconomia;
    tra le tante difficoltà del Sud vi è quella riconducibile alla difficoltà di accesso al credito che ostacola l'avvio di nuova impresa, avvio impedito in particolare da un sistema bancario inefficace e da un marcato differenziale del costo del denaro rispetto al Nord del Paese;
    sarebbe auspicabile dotare le regioni meridionali di un sistema creditizio e finanziario in grado di accompagnare e promuovere la crescita dimensionale delle imprese, la loro innovazione e l'internazionalizzazione,

impegna il Governo

ad istituire, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale, un Fondo di garanzia per il microcredito nelle regioni meridionali, destinato a finanziare l'avvio di nuova impresa da parte di soggetti disoccupati residenti in tali regioni, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, che copra il 50 per cento dei rischi di insolvenza a favore degli intermediari finanziari che erogano il prestito.
9/5534-bis-A/70Lombardo, Commercio, Oliveri.


   La Camera,
   premesso che:
    il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, pur producendo un quarto del prodotto nazionale lordo è ancora ben lontano dal tasso potenziale di crescita che sarebbe lecito attendersi da un'area così ricca di risorse sottoutilizzate;
    incentivare politiche per il suo sviluppo rappresenta, come in più di un'occasione hanno sollecitato esperti economici e studi di settore, l'unica concreta opportunità di progresso economico per l'intero Paese, e ciò non solo perché il Sud possiede le maggiori opportunità di crescita produttiva e le risorse materiali e immateriali, ma soprattutto perché ha le potenzialità per far crescere il livello di competitività complessiva della nostra nazione;
    il tessuto produttivo del Mezzogiorno è costituito da una miriade di piccole imprese produttive, artigiane e commerciali, che rappresentano il ganglio vitale ma fragile di un territorio ove i costi energetici, i trasporti ed il sistema creditizio, costituiscono alcune tra le cause principali di diseconomia;
    tra le tante difficoltà del Sud vi è quella riconducibile alla difficoltà di accesso al credito che ostacola l'avvio di nuova impresa, avvio impedito in particolare da un sistema bancario inefficace e da un marcato differenziale del costo del denaro rispetto al Nord del Paese;
    sarebbe auspicabile dotare le regioni meridionali di un sistema creditizio e finanziario in grado di accompagnare e promuovere la crescita dimensionale delle imprese, la loro innovazione e l'internazionalizzazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di istituire, al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale, un Fondo di garanzia per il microcredito nelle regioni meridionali, destinato a finanziare l'avvio di nuova impresa da parte di soggetti disoccupati residenti in tali regioni, gestito dalla Cassa depositi e prestiti, che copra il 50 per cento dei rischi di insolvenza a favore degli intermediari finanziari che erogano il prestito.
9/5534-bis-A/70. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lombardo, Commercio, Oliveri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è agli ultimi posti in Europa per finanziamenti a favore delle famiglie, infanzia e maternità con l'1,3 per cento del prodotto interno lordo contro il 2,2 per cento della media europea;
    negli ultimi anni si è proceduto ad una costante riduzione delle risorse finanziarie stanziate per le politiche a favore dei minori, tanto che il documento conclusivo, approvato l'8 febbraio 2011, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, relativamente ad una indagine conoscitiva su aspetti dell'attuazione delle politiche a favore dell'infanzia e adolescenza rileva come «la questione centrale nella programmazione di efficaci politiche per i minori consiste nell'individuazione e nella garanzia stabile lungo un arco di tempo pluriennale delle risorse finanziarie da destinare a tali politiche. Al contrario, invece, il succedersi di diverse leggi in questa materia ha posto in luce un processo di progressiva erosione delle risorse destinate a finanziare le politiche per l'infanzia e l'adolescenza»,
    il Comitato ONU ha raccomandato all'Italia, altresì, di introdurre un sistema di monitoraggio che consenta di analizzare annualmente la quota di risorse che l'Italia destina complessivamente e, per settore, all'infanzia e all'adolescenza, tenendo presente le risorse stanziate dai diversi Ministeri competenti, dalle regioni e dagli enti locali;
    lo stesso Comitato ha anche raccomandato all'Italia di incrementare nei prossimi bilanci annuali le risorse destinate ai fondi nazionali che finanziano i servizi dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Fondo nazionale per le politiche sociali, dentro cui è confluito al 70 per cento il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, come previsto dall'articolo 8 comma 31 del provvedimento all'esame dell'aula è stato incrementato di 300 milioni di euro per l'anno 2013;
    lo stanziamento risulta essere del tutto insufficiente visto il costante e pesante taglio di risorse ad esso assegnate in questi ultimi anni. Tale disegno di legge di stabilità stanzia solamente 43,9 milioni di euro per il 2014 e 43,3 milioni di euro per il 2015;
    secondo i dati forniti da un recente rapporto di Save The Children sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, pari al 16,9 per cento del totale della popolazione: di essi 1.876.000 vivono in povertà e il 18,6 per cento in condizione di deprivazione materiale;
    è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2 per cento dei minori), seguita dalla Campania (31,9 per cento) e Basilicata (31,1 per cento) mentre la Lombardia (7,3 per cento), Emilia Romagna (7,5 per cento) e Veneto (8,6 per cento) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa;
    la crisi economica rischia di pesare soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, in assenza di misure specifiche di tutela;
    del resto, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della grande recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con 1 minore è aumentata dell'1,8 per cento, e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha 2 o più figli;
    secondo il Rapporto Unicef 2012 nonostante l'Italia sia tra i 15 Paesi europei più ricchi, il 15,9 per cento dei bambini e degli adolescenti tra 0 e 17 anni vive in una condizione di povertà relativa. In questa classifica, l'Italia è agli ultimi posti: 29o su 35 Paesi. Anche considerando il poverty gap (divario tra la soglia di povertà e il reddito mediano di coloro che si trovano al di sotto di tale soglia), l'Italia è agli ultimi posti (32o su 35 Stati);
    i dati mostrano che il 13,3 per cento dei minori italiani vive in una condizione di deprivazione materiale, intesa come la mancanza di accesso ad alcuni beni ritenuti «normali» nelle società economicamente avanzate come almeno un pasto al giorno contenente carne o pesce, libri e giochi adatti all'età del bambino, un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti. L'Italia in questa classifica è al 20o posto su 29 Paesi considerati;
    oggi i nostri minori sono costretti a fare i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l'infanzia, le città inquinate;
    problemi che l'attuale crisi economica rischia di amplificare se non c’è un'inversione di rotta immediata e si pone la tutela dell'infanzia e adolescenza come una priorità delle scelte politiche-economiche di un paese che finora ha sempre investito molto nelle pensioni e molto meno di quanto avviene altrove per aiutare i minori, i giovani e le famiglie con figli;
    i dati che emergono rivelano quanto sia drammatica la situazione e quanto sia necessaria una presa di coscienza di tutta la società civile, le istituzioni ed il governo affinché si riesca ad arginare un problema che, se non arginato, avrà ripercussioni su tutto il sistema Paese,

impegna il Governo:

   a considerare tra le sue priorità la lotta alla povertà anche attraverso la creazione di un Fondo nazionale per il contrasto della emarginazione, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in stato di emarginazione nonché di contrastare il disagio nelle periferie urbane;
   ad integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali.
9/5534-bis-A/71Commercio, Lombardo, Oliveri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è agli ultimi posti in Europa per finanziamenti a favore delle famiglie, infanzia e maternità con l'1,3 per cento del prodotto interno lordo contro il 2,2 per cento della media europea;
    negli ultimi anni si è proceduto ad una costante riduzione delle risorse finanziarie stanziate per le politiche a favore dei minori, tanto che il documento conclusivo, approvato l'8 febbraio 2011, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, relativamente ad una indagine conoscitiva su aspetti dell'attuazione delle politiche a favore dell'infanzia e adolescenza rileva come «la questione centrale nella programmazione di efficaci politiche per i minori consiste nell'individuazione e nella garanzia stabile lungo un arco di tempo pluriennale delle risorse finanziarie da destinare a tali politiche. Al contrario, invece, il succedersi di diverse leggi in questa materia ha posto in luce un processo di progressiva erosione delle risorse destinate a finanziare le politiche per l'infanzia e l'adolescenza»,
    il Comitato ONU ha raccomandato all'Italia, altresì, di introdurre un sistema di monitoraggio che consenta di analizzare annualmente la quota di risorse che l'Italia destina complessivamente e, per settore, all'infanzia e all'adolescenza, tenendo presente le risorse stanziate dai diversi Ministeri competenti, dalle regioni e dagli enti locali;
    lo stesso Comitato ha anche raccomandato all'Italia di incrementare nei prossimi bilanci annuali le risorse destinate ai fondi nazionali che finanziano i servizi dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Fondo nazionale per le politiche sociali, dentro cui è confluito al 70 per cento il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, come previsto dall'articolo 8 comma 31 del provvedimento all'esame dell'aula è stato incrementato di 300 milioni di euro per l'anno 2013;
    lo stanziamento risulta essere del tutto insufficiente visto il costante e pesante taglio di risorse ad esso assegnate in questi ultimi anni. Tale disegno di legge di stabilità stanzia solamente 43,9 milioni di euro per il 2014 e 43,3 milioni di euro per il 2015;
    secondo i dati forniti da un recente rapporto di Save The Children sono 10 milioni 229 mila i minori in Italia, pari al 16,9 per cento del totale della popolazione: di essi 1.876.000 vivono in povertà e il 18,6 per cento in condizione di deprivazione materiale;
    è la Sicilia ad avere la quota più elevata di minori poveri (il 44,2 per cento dei minori), seguita dalla Campania (31,9 per cento) e Basilicata (31,1 per cento) mentre la Lombardia (7,3 per cento), Emilia Romagna (7,5 per cento) e Veneto (8,6 per cento) sono le regioni con la percentuale inferiore di minori in povertà relativa;
    la crisi economica rischia di pesare soprattutto sui bambini e sugli adolescenti, in assenza di misure specifiche di tutela;
    del resto, dal 2008 ad oggi, sono proprio le famiglie con minori ad aver pagato il prezzo più alto della grande recessione mondiale: negli ultimi anni la percentuale delle famiglie a basso reddito con 1 minore è aumentata dell'1,8 per cento, e tre volte tanto (5,7 per cento) quella di chi ha 2 o più figli;
    secondo il Rapporto Unicef 2012 nonostante l'Italia sia tra i 15 Paesi europei più ricchi, il 15,9 per cento dei bambini e degli adolescenti tra 0 e 17 anni vive in una condizione di povertà relativa. In questa classifica, l'Italia è agli ultimi posti: 29o su 35 Paesi. Anche considerando il poverty gap (divario tra la soglia di povertà e il reddito mediano di coloro che si trovano al di sotto di tale soglia), l'Italia è agli ultimi posti (32o su 35 Stati);
    i dati mostrano che il 13,3 per cento dei minori italiani vive in una condizione di deprivazione materiale, intesa come la mancanza di accesso ad alcuni beni ritenuti «normali» nelle società economicamente avanzate come almeno un pasto al giorno contenente carne o pesce, libri e giochi adatti all'età del bambino, un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti. L'Italia in questa classifica è al 20o posto su 29 Paesi considerati;
    oggi i nostri minori sono costretti a fare i conti con la povertà, la scarsità di servizi per l'infanzia, le città inquinate;
    problemi che l'attuale crisi economica rischia di amplificare se non c’è un'inversione di rotta immediata e si pone la tutela dell'infanzia e adolescenza come una priorità delle scelte politiche-economiche di un paese che finora ha sempre investito molto nelle pensioni e molto meno di quanto avviene altrove per aiutare i minori, i giovani e le famiglie con figli;
    i dati che emergono rivelano quanto sia drammatica la situazione e quanto sia necessaria una presa di coscienza di tutta la società civile, le istituzioni ed il governo affinché si riesca ad arginare un problema che, se non arginato, avrà ripercussioni su tutto il sistema Paese,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di considerare tra le sue priorità la lotta alla povertà anche attraverso la creazione di un Fondo nazionale per il contrasto della emarginazione, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in stato di emarginazione nonché di contrastare il disagio nelle periferie urbane;
   di integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali.
9/5534-bis-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)  Commercio, Lombardo, Oliveri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 comma 76 della legge sulla stabilità amplia significativamente la possibilità del turn over tra le forze di polizia, le forze armate e i vigili del fuoco, permettendo di rendere meno drammatici gli effetti – decisi con i provvedimenti di spending review – derivanti dalla contrazione di personale e dall'innalzamento dell'età media degli appartenenti al comparto sicurezza, difesa e protezione civile;
    sono più d'uno i concorsi per differenti posizioni nel predetto comparto – si ricordi, per tutti, quello per 1850 allievi carabinieri – che, pur essendo stati completati, tuttavia vedono in concreto l'immissione in servizio limitata a una piccola percentuale di coloro che sono stati dichiarati vincitori;
    nella norma richiamata le risorse finanziarie per provvedere all'ampliamento del turn over sono state individuate in appena dieci milioni di euro all'anno per il prossimo triennio: voce del tutto insufficiente con riferimento alla possibilità di avvicinarsi al massimo delle nuove soglie percentuali – rispetto al personale in uscita dal comparto per pensionamento – individuate dalla presente legge, sì che appare necessario prevedere un incremento delle dotazioni aventi tale obiettivo, ricavandole da altre poste del bilancio,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della normativa citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, nel rispetto dei saldi, rendere più congrue rispetto a quelle previste le risorse finanziarie a sostegno dell'innalzamento delle soglie di turn over previste dal comma 76 dell'articolo 1;
   sempre nel rispetto dei saldi, a immettere in servizio nei tempi più rapidi non meno del 50 per cento dei vincitori dei concorsi fin qui completati per il comparto sicurezza – difesa – vigili del fuoco, a cominciare da quello per 1850 allievi carabinieri.
9/5534-bis-A/72Mantovano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 comma 76 della legge sulla stabilità amplia significativamente la possibilità del turn over tra le forze di polizia, le forze armate e i vigili del fuoco, permettendo di rendere meno drammatici gli effetti – decisi con i provvedimenti di spending review – derivanti dalla contrazione di personale e dall'innalzamento dell'età media degli appartenenti al comparto sicurezza, difesa e protezione civile;
    sono più d'uno i concorsi per differenti posizioni nel predetto comparto – si ricordi, per tutti, quello per 1850 allievi carabinieri – che, pur essendo stati completati, tuttavia vedono in concreto l'immissione in servizio limitata a una piccola percentuale di coloro che sono stati dichiarati vincitori;
    nella norma richiamata le risorse finanziarie per provvedere all'ampliamento del turn over sono state individuate in appena dieci milioni di euro all'anno per il prossimo triennio: voce del tutto insufficiente con riferimento alla possibilità di avvicinarsi al massimo delle nuove soglie percentuali – rispetto al personale in uscita dal comparto per pensionamento – individuate dalla presente legge, sì che appare necessario prevedere un incremento delle dotazioni aventi tale obiettivo, ricavandole da altre poste del bilancio,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della normativa citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, nel rispetto dei saldi, rendere più congrue rispetto a quelle previste le risorse finanziarie a sostegno dell'innalzamento delle soglie di turn over previste dal comma 76 dell'articolo 1;
   sempre nel rispetto dei saldi, a immettere in servizio nei tempi più rapidi non meno del 50 per cento dei vincitori dei concorsi fin qui completati per il comparto sicurezza – difesa – vigili del fuoco, a cominciare da quello per 1850 allievi carabinieri.
9/5534-bis-A/72. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mantovano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel Sud c’è una situazione di grave emergenza relativa alla condizione giovanile: oltre il 30 per cento dei laureati under 34 non lavora e non studia;
    nel 2010 il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 25 per cento più del quadruplo del Centro-Nord;
    l'occupazione è in calo in tutte le regioni meridionali. Particolarmente forte è la diminuzione in Basilicata (dal 48,5 al 47,1 per cento) e Molise (dal 52,3 al 51,1 per cento). Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione – segnala la Svimez – si registrano in Campania, dove è occupata meno del 40 per cento della popolazione in età da lavoro, in Calabria 42,2 per cento e Sicilia 42,6 per cento;
    le recenti crisi dell'ILVA, dell'IRISBUS, della SULCIS e di altre importanti realtà del meridione non hanno fatto altro che aggravare la situazione. Non a caso il Ministro Fornero è oggetto di contestazione in tutte le parti del nostro paese;
    la legge 22 dicembre 2011 n. 214 all'articolo 24 (comma 27) istituisce presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il «Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne»;
    il Fondo è finanziato per l'anno 2012 con 200 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2013 con 300 milioni di euro. Con decreti del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono definiti i criteri e le modalità del predetto fondo;
    le misure fin qui prese non appaiono adeguate anche e soprattutto in relazione alla fotografia fatta dallo SVIMEZ e che pertanto va predisposto un piano straordinario per l'occupazione giovanile al Sud,

impegna il Governo

a predisporre in tempi brevi un piano straordinario per l'occupazione giovanile al Sud attraverso la convocazione di più tavoli specifici al fine di individuare soluzioni concrete ed efficaci.
9/5534-bis-A/73Porfidia, Belcastro, Iannaccone.


   La Camera,
   premesso che:
    nel Sud c’è una situazione di grave emergenza relativa alla condizione giovanile: oltre il 30 per cento dei laureati under 34 non lavora e non studia;
    nel 2010 il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 25 per cento più del quadruplo del Centro-Nord;
    l'occupazione è in calo in tutte le regioni meridionali. Particolarmente forte è la diminuzione in Basilicata (dal 48,5 al 47,1 per cento) e Molise (dal 52,3 al 51,1 per cento). Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione – segnala la Svimez – si registrano in Campania, dove è occupata meno del 40 per cento della popolazione in età da lavoro, in Calabria 42,2 per cento e Sicilia 42,6 per cento;
    le recenti crisi dell'ILVA, dell'IRISBUS, della SULCIS e di altre importanti realtà del meridione non hanno fatto altro che aggravare la situazione. Non a caso il Ministro Fornero è oggetto di contestazione in tutte le parti del nostro paese;
    la legge 22 dicembre 2011 n. 214 all'articolo 24 (comma 27) istituisce presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali il «Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne»;
    il Fondo è finanziato per l'anno 2012 con 200 milioni di euro e a decorrere dall'anno 2013 con 300 milioni di euro. Con decreti del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono definiti i criteri e le modalità del predetto fondo;
    le misure fin qui prese non appaiono adeguate anche e soprattutto in relazione alla fotografia fatta dallo SVIMEZ e che pertanto va predisposto un piano straordinario per l'occupazione giovanile al Sud,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predisporre in tempi brevi un piano straordinario per l'occupazione giovanile al Sud attraverso la convocazione di più tavoli specifici al fine di individuare soluzioni concrete ed efficaci.
9/5534-bis-A/73. (Testo modificato nel corso della seduta)  Porfidia, Belcastro, Iannaccone.


   La Camera,
   premesso che:
    ultimamente l'Italia è stata attraversata da svariati terremoti che hanno, di fatto, provocato ingenti danni;
    nell'aprile del 2009 vi fu un violento terremoto che sconvolse il territorio abruzzese ed in modo particolare la città de L'Aquila;
    nel maggio scorso fu l'Emilia Romagna ad essere oggetto di scosse telluriche di alta intensità che provocò una serie danni a persone e cose tanto da mettere in ginocchio l'intera economia della zona;
    il 26 ottobre 2012 è stata colpita la zona del Pollino con epicentro a Mormanno. A tutt'oggi lo sciame sismico continua,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, ai fini del completamento della ricostruzione di cui all'articolo 3 comma 1 lettera a) del decreto-legge n. 39 del 2009, di assumere iniziative normative volte a reperire le risorse finanziarie necessarie per la completa attuazione della ricostruzione in Abruzzo;
   ad attivare tutte le risorse necessarie per procedere alla competa ricostruzione dell'Emilia;
   ad attivare tutte le risorse necessarie per avviare la ricostruzione nel Pollino.
9/5534-bis-A/74Belcastro, Porfidia, Iannaccone.


   La Camera,
   premesso che:
    ultimamente l'Italia è stata attraversata da svariati terremoti che hanno, di fatto, provocato ingenti danni;
    nell'aprile del 2009 vi fu un violento terremoto che sconvolse il territorio abruzzese ed in modo particolare la città de L'Aquila;
    nel maggio scorso fu l'Emilia Romagna ad essere oggetto di scosse telluriche di alta intensità che provocò una serie danni a persone e cose tanto da mettere in ginocchio l'intera economia della zona;
    il 26 ottobre 2012 è stata colpita la zona del Pollino con epicentro a Mormanno. A tutt'oggi lo sciame sismico continua,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, ai fini del completamento della ricostruzione di cui all'articolo 3 comma 1 lettera a) del decreto-legge n. 39 del 2009, di assumere iniziative normative volte a reperire le risorse finanziarie necessarie per la completa attuazione della ricostruzione in Abruzzo;
   di attivare tutte le risorse necessarie per procedere alla competa ricostruzione dell'Emilia;
   di attivare tutte le risorse necessarie per avviare la ricostruzione nel Pollino.
9/5534-bis-A/74. (Testo modificato nel corso della seduta)  Belcastro, Porfidia, Iannaccone.


   La Camera,
   premesso che:
    in un periodo di profonda crisi economica e di recessione, occorre evitare di innalzare le tasse e ridurre drasticamente le spese della Pubblica Amministrazione ad ogni livello nonché delle società a partecipazione statale, regionale o delle autonomie locali;
    appare necessario normare per legge un tetto massimo per gli emolumenti che, a qualunque titolo, vengano erogati per le funzioni in organi di governo sia a livello nazionale che periferico;
    tale disposizione andrebbe anche estesa a coloro che occupano ruoli nella gestione e amministrazione di società a partecipazione pubblica a qualsiasi livello;
    prevedendo un tetto massimo si otterrebbero risparmi notevoli da destinare alla riduzione del debito pubblico;
    inoltre ci sarebbe un'azione diretta sul contenimento dei costi della politica in quanto tale misura riguarderebbe anche gli eletti a tutti i livelli e coloro che ricoprono incarichi di Governo;
    inoltre si porrebbe fine alla giungla di elevatissime retribuzioni che riguardano le Società partecipate dallo Stato quali RAI, Poste Italiane, Ferrovie dello Stato, Finmeccanica, eccetera;
    si darebbe, inoltre, una risposta concreta alle esigenze dei cittadini di recuperare fiducia nei propri rappresentanti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere iniziative normative affinché la Pubblica Amministrazione ad ogni livello non corrisponda a qualsiasi titolo a ciascuno importi superiori ai cinquemila euro netti mensili ricomprendendo, in tale misura, gli organi elettivi e costituzionali, i consigli di amministrazione e tutti coloro che ricoprono ruoli e funzioni, a qualsiasi titolo e ad ogni livello, nella Pubblica Amministrazione e a destinare i relativi risparmi di spesa alla riduzione del debito pubblico.
9/5534-bis-A/75Iannaccone, Belcastro, Porfidia.


   La Camera,
   premesso che:
    le risorse destinate nel bilancio del Ministero degli Esteri al finanziamento delle politiche migratorie, pur registrando qualche significativo segno di inversione di tendenza rispetto all'andamento negativo degli ultimi anni, non hanno subito miglioramenti adeguati rispetto alle attese degli italiani all'estero e alle opportunità che questi investimenti determinano per l'Italia;
    in una fase, purtroppo non breve, di stagnazione economica e di difficoltà sociali e occupazionali, come quella che il Paese attraversa, l'obiettivo dell'internazionalizzazione deve costituire una priorità da perseguire con lungimiranza e determinazione e che la rete di comunità di origine e il retroterra di decine di milioni di oriundi costituiscono uno straordinario fattore di sostegno per la proiezione globale dei nostri interessi nazionali;
    un'attenzione più viva per le vicende della nostra emigrazione nel mondo costituisce non solo un atto dovuto ai milioni di lavoratori italiani che da lontano hanno aiutato l'Italia a sollevarsi da momenti difficili come quello che attraversiamo, ma anche un'occasione per delineare nuove forme di dialogo, soprattutto di ordine culturale, con le generazioni di origine che ormai sono classe dirigente in numerosi e importanti Paesi del mondo;
    il movimento migratorio in uscita dall'Italia è in piena ripresa e vede in prima linea giovani dotati di elevate qualifiche professionali, che rischiano di venire a mancare per la ripresa e Io sviluppo della nostra economia e della nostra vita sociale, e con i quali comunque è necessario mantenere rapporti e forme di dialogo,

impegna il Governo:

   a considerare l'opportunità, in occasione dei prossimi provvedimenti finalizzati alla crescita e delle misure di assestamento finanziario che si succederanno nel corso del 2013, di rafforzare le dotazioni degli interventi destinati a:
    a) promuovere la cultura e la lingua italiana nel mondo, che ha registrato una preoccupante regressione di corsi e di utenti a seguito dei tagli di oltre i due terzi delle risorse a questo scopo destinate all'inizio di questa legislatura;
    b) consentire la copertura degli interventi di solidarietà per i nostri connazionali, soprattutto anziani, in condizioni di bisogno che vivono in aree attraversate da difficoltà di ordine economico-sociale;
    c) ripristinare le voci relative alle operazioni elettorali riguardanti i COMITES e il CGIE, inspiegabilmente soppresse nonostante la legge di rinvio preveda il rinnovo entro il 2014.
9/5534-bis-A/76Porta, Bucchino, Gianni Farina, Fedi, Garavini, Narducci.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43 della legge di stabilità nel testo in discussione, reca disposizioni volte al rafforzamento del trasporto pubblico locale, allo scopo istituendo il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario;
    la norma dispone che i criteri di ripartizione del Fondo dovranno essere finalizzati, tra l'altro, ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, mediante, in particolare, il miglioramento dell'offerta di servizio, rendendola più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della relativa domanda, nonché l'incremento progressivo del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
    al riguardo va osservato che uno dei problemi maggiori che grava sui trasporti pubblici è l'usura e l'eccessiva età dei veicoli utilizzati, segnatamente degli autobus, ciò che oltre a non soddisfare i bisogni e le aspettative dei cittadini, provoca anche costi eccessivi per la gestione e la manutenzione dei mezzi e per i danni che si creano all'ambiente ed alla salute pubblica a causa delle emissioni che vengono emesse dai loro vecchi motori a combustione interna alimentati con carburanti di origine fossile ad alto tenore di carbonio (gasolio);
    una misura idonea a superare tali inefficienze e soddisfare parte dei criteri di ripartizione del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale stabiliti dal predetto articolo 2, comma 43 del provvedimento, potrebbe essere quella di sottoporre a processi di efficientamento o di rigenerazione degli autobus circolanti, sia per il trasporto pubblico e sia per quello privato, in particolare trasformandoli a trazione elettrica o ibrida;
    in tale contesto va fatto presente che il Capo IV-Bis, articoli da 17-bis a 17-ter-decies, del decreto legge n. 83/2012, reca specifiche disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive;
    in particolare, va evidenziata la norma di cui al citato articolo 17-ter-decies la quale consente di effettuare con procedure semplificate le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 ed N1, consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli il cui motore sia ad esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida, e per tali fini si applica l'articolo 75, comma 3-bis, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;
    si prevede l'emanazione di un DM che stabilisca norme specifiche per la trasformazione del motore dei veicoli, volte a esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida. In seguito all'emanazione del DM non sarà più necessario ottenere l'eventuale nulla osta della casa costruttrice del veicolo. La norma si applica ai veicoli a due e tre ruote; ai veicoli a quattro ruote per il trasporto di persone con non più di 8 posti a sedere, oltre quello del conducente, ed ai veicoli per il trasporto merci di massa massima non superiore a 3,5 tonnellate;
    più in dettaglio, si dispone l'applicabilità dell'articolo 75 (Accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e omologazione), comma 3-bis, del codice della strada per le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L (veicoli a 2 e 3 ruote e quadricicli), M1 (veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente) e NI (veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t) consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli il cui motore sia ad esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia elettrico o ibrido. Il predetto comma 3-bis demanda a decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire con propri decreti norme specifiche per l'approvazione nazionale dei sistemi, componenti ed entità tecniche, nonché le idonee procedure per la loro installazione quali elementi di sostituzione o di integrazione di parti dei veicoli, su tipi di autovetture e motocicli nuovi o in circolazione. I sistemi, componenti ed entità tecniche, per i quali siano stati emanati i suddetti decreti contenenti le norme specifiche per l'approvazione nazionale degli stessi, sono esentati dalla necessità di ottenere l'eventuale nulla osta della casa costruttrice, salvo che sia diversamente disposto nei decreti medesimi;
    per la prima volta in Italia, viene accordata la possibilità di modificare veicoli esistenti al fine di trasformarli in elettrici o ibridi senza la preventiva autorizzazione da parte della casa costruttrice del veicolo originale e senza il vincolo dell'età inferiore a sette anni per il veicolo da modificare, si tratta di due pesantissimi vincoli pregiudiziali che costituivano un unicum ostativo tutto italiano;
    pur essendo assai opportuna l'introduzione delle norme in questione, bisogna tuttavia evidenziare alcune criticità residue che da sole possono invalidare la nascita di un intero comparto industriale con grave compromissione sia delle aziende già coinvolte in attività imprenditoriali connesse e con attese di futuri sviluppi estremamente promettenti sia dal punto di vista economico che strategico;
    per le operazioni di trasformazione in oggetto non sono riconosciuti incentivi, pur essendo i veicoli trasformati in elettrici quelli che hanno il minore impatto in assoluto in termini ambientali (non vi è rottamazione, con conseguente dispersione sia di materie prime sia di energia impiegata per la realizzazione dei veicoli, spesso avente un ordine di grandezza confrontabile con quella consumata dal veicolo durante la sua vita);
    si vieta espressamente di riconoscere gli incentivi ai veicoli nuovi di fabbrica senza previa radiazione e demolizione dei veicoli esistenti, mentre si potrebbe prevedere il riconoscimento dei contributi anche nel caso che il veicolo, in seguito a radiazione ed alla riconversione in elettrico sia nuovamente immatricolato. Si cita il caso paradossale dei veicoli attualmente modificati, circa una trentina, i quali sono stati radiati, reimmatricolati in altro paese europeo come elettrici e poi importati e reimmatricolati in Italia, con elevati extracosti;
    soprattutto, la norma esclude le modifiche ai veicoli di maggior importanza, ossia quelli aventi massa superiore alle 3,5 tonnellate, usualmente adibiti ad autobus per trasporto pubblico, ciò che costituisce un limite rilevante ed ingiustificato, tanto più quanto è proprio nel settore dei trasporti pubblici che ci si attendono maggiori e più positive ricadute di queste tipologie di attività di trasformazione (a tal proposito si fa espresso riferimento al progetto Hybus relativo al prototipo recentissimamente presentato da Pininfarina);
    infine, si rischia di provocare un serio danno alle residue aziende del settore automotive elettrico in Italia ed alla nascente industria del settore della trasformazione, la quale ha realizzato il 10 per cento degli autoveicoli elettrici venduti in Italia nel 2011, primo anno di attività di produzione, recando così un grave pregiudizio allo sviluppo ed alla stessa sopravvivenza della filiera produttiva del settore, mentre si incentiva l'acquisto di veicoli che, allo stato, sono prodotti, al 100 cento da paesi esteri;
    da ultimo va anche osservato che ove si desse la possibilità alle industrie innovative dell’automotive di poter effettuare in maniera semplificata le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1, M2, M3 ed N1, consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli a trazione elettrica o ibrida ed ove, anche al fine di meglio attuare una politica di anti-inquinamento attraverso la riqualificazione dei veicoli circolanti con anzianità superiore ai 7 anni della categoria M3 ad uso urbano o sub-urbano, fossero conseguentemente annullati i vincoli di anzianità dettati dalla circolare Ministeriale 68/77 del 08/11/1977, potrebbero costituirsi le condizioni favorevoli per consentire il salvataggio ed il rilancio delle nostre industrie di produzione dei veicoli per i trasporti pubblici in crisi, in particolare dello stabilimento Irisbus di Flumeri (AV) oggi a rischio di chiusura, il quale potrebbe diventare strategico non solo a livello nazionale ma anche in ambito europeo ed internazionale ove fosse destinato alla rigenerazione degli attuali autobus per il trasporto pubblico troppo vecchi ed inquinanti, così da poter essere trasformati in veicoli ecocompatibili a trazione elettrica o ibrida,

impegna il Governo

anche al fine di favorire un più efficace conseguimento dei criteri e degli obiettivi disposti dall'articolo 2, comma 43 della legge di stabilità nel testo approvato dalla Camera dei Deputati, nonché anche al fine di assicurare maggiori prospettive di rilancio al citato stabilimento Irisbus di Flumeri (AV), ad intraprendere le occorrenti iniziative, se del caso, adottando le iniziative di competenza per favorire un rapido iter di eventuali iniziative già in corso di esame presso il Parlamento, volte a superare le criticità esposte in premessa ed in particolare a prevedere che si possano effettuare in maniera facilitata le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle intere categorie internazionali L, M ed N (segnatamente i veicoli delle categorie L, M1, M2, M3 ed N1), così da includervi anche gli autobus per il trasporto pubblico locale ivi compreso i veicoli con anzianità superiore ai 7 anni per quelli della categoria M3 ad uso urbano o sub-urbano, allo scopo di trasformarli in veicoli il cui motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida, attraverso l'utilizzo di specifiche procedure amministrative semplificate direttamente applicabili, possibilmente sostitutive dei più complessi decreti ministeriali.
9/5534-bis-A/77Milanese.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43 della legge di stabilità nel testo in discussione, reca disposizioni volte al rafforzamento del trasporto pubblico locale, allo scopo istituendo il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario;
    la norma dispone che i criteri di ripartizione del Fondo dovranno essere finalizzati, tra l'altro, ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, mediante, in particolare, il miglioramento dell'offerta di servizio, rendendola più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della relativa domanda, nonché l'incremento progressivo del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;
    al riguardo va osservato che uno dei problemi maggiori che grava sui trasporti pubblici è l'usura e l'eccessiva età dei veicoli utilizzati, segnatamente degli autobus, ciò che oltre a non soddisfare i bisogni e le aspettative dei cittadini, provoca anche costi eccessivi per la gestione e la manutenzione dei mezzi e per i danni che si creano all'ambiente ed alla salute pubblica a causa delle emissioni che vengono emesse dai loro vecchi motori a combustione interna alimentati con carburanti di origine fossile ad alto tenore di carbonio (gasolio);
    una misura idonea a superare tali inefficienze e soddisfare parte dei criteri di ripartizione del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale stabiliti dal predetto articolo 2, comma 43 del provvedimento, potrebbe essere quella di sottoporre a processi di efficientamento o di rigenerazione degli autobus circolanti, sia per il trasporto pubblico e sia per quello privato, in particolare trasformandoli a trazione elettrica o ibrida;
    in tale contesto va fatto presente che il Capo IV-Bis, articoli da 17-bis a 17-ter-decies, del decreto legge n. 83/2012, reca specifiche disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive;
    in particolare, va evidenziata la norma di cui al citato articolo 17-ter-decies la quale consente di effettuare con procedure semplificate le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 ed N1, consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli il cui motore sia ad esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida, e per tali fini si applica l'articolo 75, comma 3-bis, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni;
    si prevede l'emanazione di un DM che stabilisca norme specifiche per la trasformazione del motore dei veicoli, volte a esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida. In seguito all'emanazione del DM non sarà più necessario ottenere l'eventuale nulla osta della casa costruttrice del veicolo. La norma si applica ai veicoli a due e tre ruote; ai veicoli a quattro ruote per il trasporto di persone con non più di 8 posti a sedere, oltre quello del conducente, ed ai veicoli per il trasporto merci di massa massima non superiore a 3,5 tonnellate;
    più in dettaglio, si dispone l'applicabilità dell'articolo 75 (Accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e omologazione), comma 3-bis, del codice della strada per le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L (veicoli a 2 e 3 ruote e quadricicli), M1 (veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente) e NI (veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t) consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli il cui motore sia ad esclusiva trazione elettrica motopropulsore sia elettrico o ibrido. Il predetto comma 3-bis demanda a decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire con propri decreti norme specifiche per l'approvazione nazionale dei sistemi, componenti ed entità tecniche, nonché le idonee procedure per la loro installazione quali elementi di sostituzione o di integrazione di parti dei veicoli, su tipi di autovetture e motocicli nuovi o in circolazione. I sistemi, componenti ed entità tecniche, per i quali siano stati emanati i suddetti decreti contenenti le norme specifiche per l'approvazione nazionale degli stessi, sono esentati dalla necessità di ottenere l'eventuale nulla osta della casa costruttrice, salvo che sia diversamente disposto nei decreti medesimi;
    per la prima volta in Italia, viene accordata la possibilità di modificare veicoli esistenti al fine di trasformarli in elettrici o ibridi senza la preventiva autorizzazione da parte della casa costruttrice del veicolo originale e senza il vincolo dell'età inferiore a sette anni per il veicolo da modificare, si tratta di due pesantissimi vincoli pregiudiziali che costituivano un unicum ostativo tutto italiano;
    pur essendo assai opportuna l'introduzione delle norme in questione, bisogna tuttavia evidenziare alcune criticità residue che da sole possono invalidare la nascita di un intero comparto industriale con grave compromissione sia delle aziende già coinvolte in attività imprenditoriali connesse e con attese di futuri sviluppi estremamente promettenti sia dal punto di vista economico che strategico;
    per le operazioni di trasformazione in oggetto non sono riconosciuti incentivi, pur essendo i veicoli trasformati in elettrici quelli che hanno il minore impatto in assoluto in termini ambientali (non vi è rottamazione, con conseguente dispersione sia di materie prime sia di energia impiegata per la realizzazione dei veicoli, spesso avente un ordine di grandezza confrontabile con quella consumata dal veicolo durante la sua vita);
    si vieta espressamente di riconoscere gli incentivi ai veicoli nuovi di fabbrica senza previa radiazione e demolizione dei veicoli esistenti, mentre si potrebbe prevedere il riconoscimento dei contributi anche nel caso che il veicolo, in seguito a radiazione ed alla riconversione in elettrico sia nuovamente immatricolato. Si cita il caso paradossale dei veicoli attualmente modificati, circa una trentina, i quali sono stati radiati, reimmatricolati in altro paese europeo come elettrici e poi importati e reimmatricolati in Italia, con elevati extracosti;
    soprattutto, la norma esclude le modifiche ai veicoli di maggior importanza, ossia quelli aventi massa superiore alle 3,5 tonnellate, usualmente adibiti ad autobus per trasporto pubblico, ciò che costituisce un limite rilevante ed ingiustificato, tanto più quanto è proprio nel settore dei trasporti pubblici che ci si attendono maggiori e più positive ricadute di queste tipologie di attività di trasformazione (a tal proposito si fa espresso riferimento al progetto Hybus relativo al prototipo recentissimamente presentato da Pininfarina);
    infine, si rischia di provocare un serio danno alle residue aziende del settore automotive elettrico in Italia ed alla nascente industria del settore della trasformazione, la quale ha realizzato il 10 per cento degli autoveicoli elettrici venduti in Italia nel 2011, primo anno di attività di produzione, recando così un grave pregiudizio allo sviluppo ed alla stessa sopravvivenza della filiera produttiva del settore, mentre si incentiva l'acquisto di veicoli che, allo stato, sono prodotti, al 100 cento da paesi esteri;
    da ultimo va anche osservato che ove si desse la possibilità alle industrie innovative dell’automotive di poter effettuare in maniera semplificata le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1, M2, M3 ed N1, consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli a trazione elettrica o ibrida ed ove, anche al fine di meglio attuare una politica di anti-inquinamento attraverso la riqualificazione dei veicoli circolanti con anzianità superiore ai 7 anni della categoria M3 ad uso urbano o sub-urbano, fossero conseguentemente annullati i vincoli di anzianità dettati dalla circolare Ministeriale 68/77 del 08/11/1977, potrebbero costituirsi le condizioni favorevoli per consentire il salvataggio ed il rilancio delle nostre industrie di produzione dei veicoli per i trasporti pubblici in crisi, in particolare dello stabilimento Irisbus di Flumeri (AV) oggi a rischio di chiusura, il quale potrebbe diventare strategico non solo a livello nazionale ma anche in ambito europeo ed internazionale ove fosse destinato alla rigenerazione degli attuali autobus per il trasporto pubblico troppo vecchi ed inquinanti, così da poter essere trasformati in veicoli ecocompatibili a trazione elettrica o ibrida,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, anche al fine di favorire un più efficace conseguimento dei criteri e degli obiettivi disposti dall'articolo 2, comma 43 della legge di stabilità nel testo approvato dalla Camera dei Deputati, nonché anche al fine di assicurare maggiori prospettive di rilancio al citato stabilimento Irisbus di Flumeri (AV), di intraprendere le occorrenti iniziative, se del caso, adottando le iniziative di competenza per favorire un rapido iter di eventuali iniziative già in corso di esame presso il Parlamento, volte a superare le criticità esposte in premessa ed in particolare a prevedere che si possano effettuare in maniera facilitata le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle intere categorie internazionali L, M ed N (segnatamente i veicoli delle categorie L, M1, M2, M3 ed N1), così da includervi anche gli autobus per il trasporto pubblico locale ivi compreso i veicoli con anzianità superiore ai 7 anni per quelli della categoria M3 ad uso urbano o sub-urbano, allo scopo di trasformarli in veicoli il cui motopropulsore sia a trazione elettrica o ibrida, attraverso l'utilizzo di specifiche procedure amministrative semplificate direttamente applicabili, possibilmente sostitutive dei più complessi decreti ministeriali.
9/5534-bis-A/77. (Testo modificato nel corso della seduta)  Milanese.


   La Camera,
   al fine di conseguire immediati effetti in termini di risparmio di spesa e trasparenza nelle procedure assunzionali e di rendere maggiormente incisivi ed equi gli effetti derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n, 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e all'articolo 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sul contenimento e sulla razionalizzazione dei costi attinenti il pubblico impiego,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti legislativi nel confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti in materia di assunzioni a tempo indeterminato e di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di reclutamento speciale e di mobilità, ad utilizzare, limitatamente al triennio 2013-2015, le graduatorie vigenti dei vincitori ed idonei di concorsi pubblici, relativamente ai profili professionali richiesti, per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, ovvero, limitatamente alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo e agli enti pubblici non economici, all'assunzione di figure professionali ad esse equipollenti, avvalendosi anche della facoltà di cui all'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
   ad assicurare inoltre la proroga e l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, di cui all'articolo 17, comma 19, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, fino al 31 dicembre 2015;
   a garantire che fino all'esaurimento dei relativi elenchi dei vincitori e degli idonei risultanti dall'esito dei concorsi, le amministrazioni pubbliche non possono procedere all'indizione di nuovi concorsi relativamente alle qualifiche e alle mansioni di concorsi già indetti e per i quali non si è proceduto all'effettiva assunzione dei vincitori e degli idonei;
   a disporre che durante il triennio 2013-2015, la mobilità prevista dall'articolo 30, commi 1 e 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sia inderogabilmente limitata alle sole figure professionali che risultano in esubero presso le amministrazioni cedenti.
9/5534-bis-A/78Cazzola, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Fabbri, Damiano.


   La Camera,
   al fine di conseguire immediati effetti in termini di risparmio di spesa e trasparenza nelle procedure assunzionali e di rendere maggiormente incisivi ed equi gli effetti derivanti dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n, 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e all'articolo 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, sul contenimento e sulla razionalizzazione dei costi attinenti il pubblico impiego,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti legislativi nel confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti in materia di assunzioni a tempo indeterminato e di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di reclutamento speciale e di mobilità, ad utilizzare, limitatamente al triennio 2013-2015, le graduatorie vigenti dei vincitori ed idonei di concorsi pubblici, relativamente ai profili professionali richiesti, per il reclutamento di personale a tempo indeterminato, ovvero, limitatamente alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo e agli enti pubblici non economici, all'assunzione di figure professionali ad esse equipollenti, avvalendosi anche della facoltà di cui all'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
   di assicurare inoltre la proroga e l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, di cui all'articolo 17, comma 19, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, fino al 31 dicembre 2015;
   di garantire che fino all'esaurimento dei relativi elenchi dei vincitori e degli idonei risultanti dall'esito dei concorsi, le amministrazioni pubbliche non possono procedere all'indizione di nuovi concorsi relativamente alle qualifiche e alle mansioni di concorsi già indetti e per i quali non si è proceduto all'effettiva assunzione dei vincitori e degli idonei;
   di disporre che durante il triennio 2013-2015, la mobilità prevista dall'articolo 30, commi 1 e 2-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sia inderogabilmente limitata alle sole figure professionali che risultano in esubero presso le amministrazioni cedenti.
9/5534-bis-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cazzola, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Fabbri, Damiano.


   La Camera,
   ferme restando le disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 42, e successive modificazioni, e di ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali, di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 29, e successive modificazioni,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti legislativi volti ad assicurare, anche in via sperimentale per gli anni 2013 e 2014, ai lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo presso una delle predette gestioni, la facoltà, al fine di conseguire un'unica pensione, di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le predette gestioni, secondo le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore dell'articolo 12 del decreto-legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
   a prevedere che la facoltà di cui al primo periodo del presente impegno – preclusa alle lavoratrici che intendono cumulare nel Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti i periodi assicurativi posseduti presso le forme sostitutive, esclusive ed esonerative della assicurazione generale obbligatoria, nel caso in cui il cumulo comporti un anticipo dell'età pensionabile rispetto alle scadenze previste nell'ordinamento di appartenenza – possa essere esercitata per la liquidazione dei trattamenti pensionistici di vecchiaia, inabilità assoluta e permanente e in favore dei superstiti di assicurato ancorché deceduto prima di aver acquisito il diritto a pensione, sempre che i relativi requisiti siano stati già maturati o siano da maturare entro il 31 dicembre 2014, secondo quanto previsto dall'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, ovvero, se espressamente consentito dalla legislazione vigente, sulla base delle regole vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011.
9/5534-bis-A/79Antonino Foti, Bobba, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Fabbri.


   La Camera,
   ferme restando le disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 42, e successive modificazioni, e di ricongiunzione dei periodi assicurativi dei lavoratori ai fini previdenziali, di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 29, e successive modificazioni,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti legislativi volti ad assicurare, anche in via sperimentale per gli anni 2013 e 2014, ai lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo presso una delle predette gestioni, la facoltà, al fine di conseguire un'unica pensione, di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti posseduti presso le predette gestioni, secondo le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore dell'articolo 12 del decreto-legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
   di prevedere che la facoltà di cui al primo periodo del presente impegno – preclusa alle lavoratrici che intendono cumulare nel Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti i periodi assicurativi posseduti presso le forme sostitutive, esclusive ed esonerative della assicurazione generale obbligatoria, nel caso in cui il cumulo comporti un anticipo dell'età pensionabile rispetto alle scadenze previste nell'ordinamento di appartenenza – possa essere esercitata per la liquidazione dei trattamenti pensionistici di vecchiaia, inabilità assoluta e permanente e in favore dei superstiti di assicurato ancorché deceduto prima di aver acquisito il diritto a pensione, sempre che i relativi requisiti siano stati già maturati o siano da maturare entro il 31 dicembre 2014, secondo quanto previsto dall'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, ovvero, se espressamente consentito dalla legislazione vigente, sulla base delle regole vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011.
9/5534-bis-A/79. (Testo modificato nel corso della seduta)  Antonino Foti, Bobba, Cazzola, Vincenzo Antonio Fontana, Fabbri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento pubblico e privato in tutti i settori della ricerca dovrebbe rappresentare una priorità per il nostro Paese, una scelta strategica da far valere maggiormente in tempi di crisi economica come quella attuale;
    in Italia, le risorse per la ricerca e lo sviluppo rappresentarlo appena l'1,26% del Pil, la metà della media europea. L'Italia configura tra coloro che hanno i numeri più bassi di ricercatori rapportati alla popolazione (3,7 contro una media Ocse del 7,6). In Europa alcuni paesi membri spendono mediamente il 2,1 del Pil in ricerca (il 2,2 in Francia, il 2,8 in Germania), forti della convinzione che dalla crisi si possa uscire solo favorendo l'innovazione e investendo in quel capitale d'intelligenze che dell'innovazione rappresenta l'asse portante;
    la manovra economica e finanziaria per il triennio 2013-2015, nonostante le positive modifiche apportate nel corso del suo esame in commissione, non contempla ancora stanziamenti significativi per investimenti in favore della ricerca e dell'innovazione;
    lo stanziamento complessivo, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero Istruzione, Università, e Ricerca, per la missione Ricerca e innovazione risulta pari a 1.928,5 milioni di euro, registrando una riduzione di 68,8 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2012 (-3,4%);
    con riferimento al Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) per nessuno degli anni del triennio 2013-2015 si registrano stanziamenti in competenza;
    alla missione «L'Italia in Europa e nel mondo» (articolata nei due programmi 4.1 Cooperazione in materia culturale e 4.2 Cooperazione culturale e scientifico-tecnologica) sono destinati 134,9 milioni di euro, con un incremento di 2,5 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2012. Tale stanziamento è allocato principalmente (127,2 milioni di euro) sul programma Cooperazione culturale e scientifico-tecnologica e, in particolare, sui capitoli di spesa relativi alla partecipazione di alcuni progetti internazionali: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica e Convenzione istitutiva del Centro europeo di previsioni meteorologiche a medio termine; Centro europeo di ricerche nucleari-CERN e Agenzia internazionale dell'energia atomica-ATEA e Laboratorio europeo di biologia molecolare; Centro di Fisica teorica di Trieste;
    il capitolo di bilancio, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri per il triennio 2013-2015, relativo ai progetti concordati, ossia ai contributi economici atti ad incentivare progetti di ricerca di base e tecnologica, sia in riferimento a quelli concordati nei protocolli di cooperazione bilaterale e multilaterale, sia in riferimento ai contributi per iniziative culturali intraprese nel quadro di accordi di collaborazione fra università italiane e straniere, registra una riduzione di stanziamenti: -21% per il 2013 rispetto al 2012; si tratta di una riduzione di somme per appostamenti già esigui riferiti a progetti ritenuti qualificanti per il sostegno all'internazionalizzazione e alla promozione del sistema paese;
    la promozione del sistema paese e dell'internazionalizzazione delle imprese italiane rientra fra le priorità strategiche indicate dall'esecutivo, e ciò comporta un'azione decisa di valorizzazione delle eccellenze scientifiche e culturali italiane anche al di fuori dei confini nazionali; il perseguimento di tali obiettivi implica, dunque, una scelta di investimento di risorse importanti atte a realizzare i fini dichiarati;
    occorre, pertanto, sostenere i progetti di collaborazione fra università italiane e straniere, incentivare la ricerca e valorizzare le eccellenze italiane anche all'estero e, al contempo, occorre prevedere misure atte a incoraggiare il ritorno nel nostro Paese dei c.d. cervelli italiani in fuga all'estero, a promuovere la meritocrazia a dimensione europea e a indirizzare investimenti e stanziamenti in favore di progetti all'altezza della concorrenza europea e di una valutazione internazionale;
    tra le modifiche apportate alla legge di stabilità 2013 nel corso del suo esame in sede referente, di particolare rilevanza è la disposizione aggiuntiva (articolo 1, commi da 79 a 81) che istituisce presso la presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo», allo scopo di ridurre il cuneo fiscale in favore di piccole e medie imprese. La platea dei soggetti beneficiari del credito d'imposta è stata ampliata anche alle reti di impresa che affidano progetti di ricerca e sviluppo a università ed enti o organismi di ricerca che realizzano investimenti nel settore,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, in sede di attuazione dei trasferimenti e dei benefici di cui all'articolo 1, commi da 79 a 81, concernente il Fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo, di destinare una quota parte degli incentivi fiscali in favore di progetti che valorizzino le competenze di ricercatori italiani che hanno partecipato a progetti concordati, che operano o che hanno operato all'estero, al fine di utilizzare al meglio l'alta formazione, di promuovere il talento scientifico e tecnologico italiano e dell'intero sistema paese anche al di fuori dei confini nazionali;
   a valutare la possibilità di reperire ulteriori risorse, nell'ambito di futuri provvedimenti in materia di sviluppo, atte ad incrementare il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) allo scopo di favorire l'assunzione da parte delle Università italiane di ricercatori italiani impegnati in progetti concordati di ricerca scientifica e di innovazione tecnologica e di incentivare il ritorno nel nostro paese dei c.d. «cervelli italiani» con l'utilizzo delle loro competenze acquisite all'estero.
9/5534-bis-A/80Garavini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento pubblico e privato in tutti i settori della ricerca dovrebbe rappresentare una priorità per il nostro Paese, una scelta strategica da far valere maggiormente in tempi di crisi economica come quella attuale;
    in Italia, le risorse per la ricerca e lo sviluppo rappresentarlo appena l'1,26% del Pil, la metà della media europea. L'Italia configura tra coloro che hanno i numeri più bassi di ricercatori rapportati alla popolazione (3,7 contro una media Ocse del 7,6). In Europa alcuni paesi membri spendono mediamente il 2,1 del Pil in ricerca (il 2,2 in Francia, il 2,8 in Germania), forti della convinzione che dalla crisi si possa uscire solo favorendo l'innovazione e investendo in quel capitale d'intelligenze che dell'innovazione rappresenta l'asse portante;
    la manovra economica e finanziaria per il triennio 2013-2015, nonostante le positive modifiche apportate nel corso del suo esame in commissione, non contempla ancora stanziamenti significativi per investimenti in favore della ricerca e dell'innovazione;
    lo stanziamento complessivo, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero Istruzione, Università, e Ricerca, per la missione Ricerca e innovazione risulta pari a 1.928,5 milioni di euro, registrando una riduzione di 68,8 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2012 (-3,4%);
    con riferimento al Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) per nessuno degli anni del triennio 2013-2015 si registrano stanziamenti in competenza;
    alla missione «L'Italia in Europa e nel mondo» (articolata nei due programmi 4.1 Cooperazione in materia culturale e 4.2 Cooperazione culturale e scientifico-tecnologica) sono destinati 134,9 milioni di euro, con un incremento di 2,5 milioni di euro rispetto al bilancio assestato 2012. Tale stanziamento è allocato principalmente (127,2 milioni di euro) sul programma Cooperazione culturale e scientifico-tecnologica e, in particolare, sui capitoli di spesa relativi alla partecipazione di alcuni progetti internazionali: Programma europeo di cooperazione scientifica e tecnologica e Convenzione istitutiva del Centro europeo di previsioni meteorologiche a medio termine; Centro europeo di ricerche nucleari-CERN e Agenzia internazionale dell'energia atomica-ATEA e Laboratorio europeo di biologia molecolare; Centro di Fisica teorica di Trieste;
    il capitolo di bilancio, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri per il triennio 2013-2015, relativo ai progetti concordati, ossia ai contributi economici atti ad incentivare progetti di ricerca di base e tecnologica, sia in riferimento a quelli concordati nei protocolli di cooperazione bilaterale e multilaterale, sia in riferimento ai contributi per iniziative culturali intraprese nel quadro di accordi di collaborazione fra università italiane e straniere, registra una riduzione di stanziamenti: -21 per cento per il 2013 rispetto al 2012; si tratta di una riduzione di somme per appostamenti già esigui riferiti a progetti ritenuti qualificanti per il sostegno all'internazionalizzazione e alla promozione del sistema paese;
    la promozione del sistema paese e dell'internazionalizzazione delle imprese italiane rientra fra le priorità strategiche indicate dall'esecutivo, e ciò comporta un'azione decisa di valorizzazione delle eccellenze scientifiche e culturali italiane anche al di fuori dei confini nazionali; il perseguimento di tali obiettivi implica, dunque, una scelta di investimento di risorse importanti atte a realizzare i fini dichiarati;
    occorre, pertanto, sostenere i progetti di collaborazione fra università italiane e straniere, incentivare la ricerca e valorizzare le eccellenze italiane anche all'estero e, al contempo, occorre prevedere misure atte a incoraggiare il ritorno nel nostro Paese dei c.d. cervelli italiani in fuga all'estero, a promuovere la meritocrazia a dimensione europea e a indirizzare investimenti e stanziamenti in favore di progetti all'altezza della concorrenza europea e di una valutazione internazionale;
    tra le modifiche apportate alla legge di stabilità 2013 nel corso del suo esame in sede referente, di particolare rilevanza è la disposizione aggiuntiva (articolo 1, commi da 79 a 81) che istituisce presso la presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo», allo scopo di ridurre il cuneo fiscale in favore di piccole e medie imprese. La platea dei soggetti beneficiari del credito d'imposta è stata ampliata anche alle reti di impresa che affidano progetti di ricerca e sviluppo a università ed enti o organismi di ricerca che realizzano investimenti nel settore,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, in sede di attuazione dei trasferimenti e dei benefici di cui all'articolo 1, commi da 79 a 81, concernente il Fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo, di destinare una quota parte degli incentivi fiscali in favore di progetti che valorizzino le competenze di ricercatori italiani che hanno partecipato a progetti concordati, che operano o che hanno operato all'estero, al fine di utilizzare al meglio l'alta formazione, di promuovere il talento scientifico e tecnologico italiano e dell'intero sistema paese anche al di fuori dei confini nazionali;
   a valutare la possibilità di reperire ulteriori risorse, nell'ambito di futuri provvedimenti in materia di sviluppo, atte ad incrementare il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) allo scopo di favorire l'assunzione da parte delle Università italiane di ricercatori italiani impegnati in progetti concordati di ricerca scientifica e di innovazione tecnologica e di incentivare il ritorno nel nostro paese dei c.d. «cervelli italiani» con l'utilizzo delle loro competenze acquisite all'estero.
9/5534-bis-A/80. (Testo modificato nel corso della seduta)  Garavini.


   La Camera,
   il 15 aprile 2011, 1240 lavoratori in somministrazione dell'Inps non videro, in tutta Italia, il rinnovo del proprio contratto stipulato con l'agenzia interinale Tempor;
   precedentemente altri 550, nel mese di dicembre 2010, erano stati licenziati, per un totale di 1800 lavoratori;
   tale situazione fu determinata dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di stabilizzazione e competitività economica, che imponeva la riduzione del 50 per cento delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per il lavoro flessibile;
   questi lavoratori, che avevano acquisito professionalità ritenute indispensabili dall'INPS che è, ancora oggi, sotto organico provenivano soprattutto dal Mezzogiorno;
   la maggior parte di questi lavoratori, infatti, erano giovani del Sud che avevano accettato di trasferirsi al Nord nella speranza di trovare, finalmente, un lavoro che desse loro una speranza di costruirsi un futuro non più incerto;
   questi giovani, diplomati e laureati, svolgevano lavori importanti all'interno dell'istituto, occupandosi spesso di disoccupazione, cassa integrazione, contributi pensionistici, e avevano «smaltito» documentazioni che non erano controllate da anni, facendo recuperare spesso all'Inps milioni di euro;
   nel mese di marzo 2011, il Governo aveva dato parere positivo ad una risoluzione approvata all'unanimità, in Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, che richiedeva un ripensamento per quanto riguardava i 1800 lavoratori Inps;
   da allora, purtroppo, nulla di concreto è stato fatto, è questi lavoratori sono andati a rinforzare l'esercito dei disoccupati nel nostro Paese,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di prorogare i contratti di lavoro al personale, di cui alle premesse, assunto a tempo indeterminato all'INPS e chi vi hanno prestato servizio dalla data del 1o gennaio 2011 sino alla data del 31 dicembre 2011, o attraverso contratti di collaborazione o in convenzione con le agenzie di somministrazione.
9/5534-bis-A/81Gianni.


   La Camera,
   il 15 aprile 2011, 1240 lavoratori in somministrazione dell'Inps non videro, in tutta Italia, il rinnovo del proprio contratto stipulato con l'agenzia interinale Tempor;
   precedentemente altri 550, nel mese di dicembre 2010, erano stati licenziati, per un totale di 1800 lavoratori;
   tale situazione fu determinata dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di stabilizzazione e competitività economica, che imponeva la riduzione del 50 per cento delle spese sostenute dalle amministrazioni pubbliche per il lavoro flessibile;
   questi lavoratori, che avevano acquisito professionalità ritenute indispensabili dall'INPS che è, ancora oggi, sotto organico provenivano soprattutto dal Mezzogiorno;
   la maggior parte di questi lavoratori, infatti, erano giovani del Sud che avevano accettato di trasferirsi al Nord nella speranza di trovare, finalmente, un lavoro che desse loro una speranza di costruirsi un futuro non più incerto;
   questi giovani, diplomati e laureati, svolgevano lavori importanti all'interno dell'istituto, occupandosi spesso di disoccupazione, cassa integrazione, contributi pensionistici, e avevano «smaltito» documentazioni che non erano controllate da anni, facendo recuperare spesso all'Inps milioni di euro;
   nel mese di marzo 2011, il Governo aveva dato parere positivo ad una risoluzione approvata all'unanimità, in Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, che richiedeva un ripensamento per quanto riguardava i 1800 lavoratori Inps;
   da allora, purtroppo, nulla di concreto è stato fatto, è questi lavoratori sono andati a rinforzare l'esercito dei disoccupati nel nostro Paese,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di verificare la possibilità di prorogare i contratti di lavoro al personale, di cui alle premesse, assunto a tempo indeterminato all'INPS e chi vi hanno prestato servizio dalla data del 1o gennaio 2011 sino alla data del 31 dicembre 2011, o attraverso contratti di collaborazione o in convenzione con le agenzie di somministrazione.
9/5534-bis-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gianni.


   La Camera,
   premesso che,
    le disposizioni previste in materia di entrate e le modifiche apportate al decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, hanno l'obiettivo di contrastare l'evasione fiscale favorendo la modernizzazione e l'efficienza degli strumenti di pagamento, soprattutto in forma elettronica;
    lo scopo del provvedimento è il rafforzamento dei presidi di lotta all'evasione fiscale e il tempestivo monitoraggio della formazione della spesa pubblica e privata, scoraggiando la gestione del denaro contante;
    il Governo impone alle pubbliche amministrazioni, alle società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico, nonché ai gestori di servizi pubblici, l'obbligo nei confronti dell'utenza di accettare i pagamenti ad essi spettanti anche con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
    la nuova norma consente all'utenza di utilizzare per i pagamenti, oltre al bonifico bancario o postale, anche le carte di debito, di credito, le carte prepagate ovvero, anche se questa possibilità è condizionata all'emissione di un apposito decreto, telefoni cellulari o altri supporti elettronici mobili,

impegna il Governo:

   a garantire una maggiore tutela agli atti immobiliari, atti pubblici e alle scritture private, anche se assoggettati ad IVA, prevedendone l'irricevibilità da parte dei pubblici ufficiali e comunque la loro inidoneità, laddove si tratti di atti per i quali non è richiesta forma pubblica o autentica notarile, a costituire titolo per i pubblici registri;
   ad intervenire in modo da garantire una copertura per tutti i beni, mobili e immobili, ivi comprese anche le cessioni di quote societarie e le cessioni di azienda, per la cui circolazione sono istituiti pubblici registri.
9/5534-bis-A/82Cesario.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 88 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispone in materia di fabbisogno finanziario degli enti di ricerca pubblici, mantenendo un livello di crescita annuo al 4 per cento per il prossimo triennio; i commi 1 e 2 dell'articolo 2, autorizzano il rifinanziamento del Fondo globale per l'ambiente (GEF);
    negli ambiti di cui sopra le attività e i progetti sviluppati dall'ente associativo Ev-K2-CNR con il CNR, consentono all'Italia di vantare una posizione di eccellenza scientifica e tecnologica nel monitoraggio e la valutazione dei cambiamenti climatici e nella gestione ambientale sostenibile. Ci si riferisce in particolare ai progetti: Stations at High Altitude for Research on the Environment - SHAKE; Social Economic Environment Development - SEED; Archivi Informatici e Modellistica Climatica e Ambientale - NextData; Medical Research on Hypoxia - MeRHY; Potenziamento delle Attività di Ricerca e Formazione sull'Ambiente Marino nel Meridione d'Italia - PARFAMAR,;
    tali attività, riconosciute a livello internazionale e in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite nella «Conference on Sustainable Development - RIO+20” dello scorso giugno, si esplicano nell'adesione e nella partecipazione, in taluni casi anche con un ruolo di protagonista, a specifici progetti promossi dalle Nazioni Unite e in particolare della World Meteorological Organization (WMO), dell'United Environment Programme (UNEP), della United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dell'International Centre for Integrated Development (ICIMOD);
    Ev-K2-CNR partecipa anche a progetti per lo sviluppo scientifico tecnologico e produttivo dell'UE e progetti volti alla valorizzazione e alla costituzione di parchi nazionali e internazionali in regioni particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dello sviluppo socio-economico e geopolitico; l'attività svolta nel corso di 25 anni di vita dall'ente e (esperienza tecnico-scientifica acquisita sono un esempio di efficace collaborazione tra pubblico e privato;
    il Parlamento ha già espresso più volte il proprio sostegno alle iniziative realizzate e da realizzare, anche con riferimento alla diffusione nei Paesi emergenti di una immagine positiva dell'Italia,

impegna il Governo:

   ad adottare tutte le necessarie iniziative volte a mantenere e potenziare da parte dei Ministeri e delle Istituzioni competenti (Ricerca Scientifica, Affari Esteri, Ambiente, Sviluppo Economico, CNR) il supporto scientifico, diplomatico, organizzativo ed economico, alle attività scientifiche in corso e a quelle previste dagli accordi internazionali;
   a sostenere l'iniziativa congiunta di Ev-K2-CNR e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, mettendo a disposizione supporti logistici e strumentali, nonché adeguate risorse umane ed economiche, al fine di consolidare ed orientare questa importante esperienza, anche con riferimento alla partecipazione congiunta a specifici bandi e a gare nazionali e internazionali, promosse nell'ambito di accordi bilaterali tra Stati o organizzazioni multilaterali sulle tematiche ambientali.
9/5534-bis-A/83La Loggia, Frattini, Quartiani, Lolli, Brugger, Zeller, Di Centa, Gelmini, Jannone, Frassinetti, Piffari.


   La Camera,
   considerato che:
    il comma 88 dell'articolo 1 del provvedimento in esame dispone in materia di fabbisogno finanziario degli enti di ricerca pubblici, mantenendo un livello di crescita annuo al 4 per cento per il prossimo triennio; i commi 1 e 2 dell'articolo 2, autorizzano il rifinanziamento del Fondo globale per l'ambiente (GEF);
    negli ambiti di cui sopra le attività e i progetti sviluppati dall'ente associativo Ev-K2-CNR con il CNR, consentono all'Italia di vantare una posizione di eccellenza scientifica e tecnologica nel monitoraggio e la valutazione dei cambiamenti climatici e nella gestione ambientale sostenibile. Ci si riferisce in particolare ai progetti: Stations at High Altitude for Research on the Environment - SHAKE; Social Economic Environment Development - SEED; Archivi Informatici e Modellistica Climatica e Ambientale - NextData; Medical Research on Hypoxia - MeRHY; Potenziamento delle Attività di Ricerca e Formazione sull'Ambiente Marino nel Meridione d'Italia - PARFAMAR,;
    tali attività, riconosciute a livello internazionale e in linea con quanto stabilito dalle Nazioni Unite nella «Conference on Sustainable Development - RIO+20” dello scorso giugno, si esplicano nell'adesione e nella partecipazione, in taluni casi anche con un ruolo di protagonista, a specifici progetti promossi dalle Nazioni Unite e in particolare della World Meteorological Organization (WMO), dell'United Environment Programme (UNEP), della United Nation Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), dell'International Centre for Integrated Development (ICIMOD);
    Ev-K2-CNR partecipa anche a progetti per lo sviluppo scientifico tecnologico e produttivo dell'UE e progetti volti alla valorizzazione e alla costituzione di parchi nazionali e internazionali in regioni particolarmente sensibili dal punto di vista naturale, dello sviluppo socio-economico e geopolitico; l'attività svolta nel corso di 25 anni di vita dall'ente e (esperienza tecnico-scientifica acquisita sono un esempio di efficace collaborazione tra pubblico e privato;
    il Parlamento ha già espresso più volte il proprio sostegno alle iniziative realizzate e da realizzare, anche con riferimento alla diffusione nei Paesi emergenti di una immagine positiva dell'Italia,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare tutte le necessarie iniziative volte a mantenere e potenziare da parte dei Ministeri e delle Istituzioni competenti (Ricerca Scientifica, Affari Esteri, Ambiente, Sviluppo Economico, CNR) il supporto scientifico, diplomatico, organizzativo ed economico, alle attività scientifiche in corso e a quelle previste dagli accordi internazionali;
   di sostenere l'iniziativa congiunta di Ev-K2-CNR e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, mettendo a disposizione supporti logistici e strumentali, nonché adeguate risorse umane ed economiche, al fine di consolidare ed orientare questa importante esperienza, anche con riferimento alla partecipazione congiunta a specifici bandi e a gare nazionali e internazionali, promosse nell'ambito di accordi bilaterali tra Stati o organizzazioni multilaterali sulle tematiche ambientali.
9/5534-bis-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta)  La Loggia, Frattini, Quartiani, Lolli, Brugger, Zeller, Di Centa, Gelmini, Jannone, Frassinetti, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce talune agevolazioni ed incrementi di detrazioni fiscali in favore degli scaglioni di reddito più bassi;
    da anni non viene restituito ai contribuenti, neanche parzialmente, il drenaggio fiscale (fiscal drag), né si provvede all'adeguamento dei limiti degli scaglioni di reddito alla crescita dell'inflazione. Nel nostro Paese, negli anni ’70-’80 si è proceduto alla restituzione del fiscal drag con il ricorso al credito d'imposta. Dal 1990 si è scelta la strada della rivalutazione automatica dei limiti degli scaglioni e delle detrazioni; dal 1993 l'eliminazione del drenaggio fiscale ha riguardato solo le detrazioni e non più le aliquote. Nel corso degli anni ’90 le leggi finanziarie hanno più volte sospeso la restituzione del fiscal drag, utilizzando, però, le maggiori entrate fiscali per l'aumento degli assegni al nucleo familiare. La legge finanziaria per l'anno 2001 ha sospeso la restituzione del fiscal drag per il 2001, riassorbendola nella riduzione percentuale delle aliquote irpef;
    dal 2002 non è stata adottata più alcuna misura diretta in materia; viceversa si è operato (leggi finanziarie per il 2003 e per il 2005) trasformando il precedente meccanismo di detrazioni dall'imposta in un sistema di deduzioni dall'imponibile, mentre per quanto riguarda i carichi di famiglia e le spese di produzione del reddito, è stata introdotta la no tax area ed è stata modificata la struttura di aliquote e scaglioni (che sono stati ridotti da 5 a 4). Nuovi interventi sono stati quindi realizzati nella legislatura successiva, con le leggi n. 296/2006 e 244/2007 (finanziarie 2007 e 2008), disponendo ulteriori correzioni al disegno di aliquote e scaglioni IRPEF e il ripristino delle detrazioni d'imposta, nonché incrementando alcune agevolazioni riguardanti, ad esempio, l'abitazione;
    fra il 2000 e il 2010 i lavoratori italiani hanno perso – secondo il centro studi Ires – 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa della mancata restituzione del fiscal drag. Questa, secondo l'IRES, ha comportato per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro. Secondo gli studi di Banca d'Italia, il mancato recupero del fiscal drag ha pesato per due terzi sulla perdita del potere d'acquisto degli ultimi 5 anni; in altre parole per la B.I. i lavoratori hanno perso 1.182 euro dal 2002 al 2008; dalle serie storiche sul deprezzamento del valore della monete in Italia, si ricava che l'inflazione cumulata dal 2002 al 2011 è pari al 23,7 per cento cui dovrà aggiungersi un probabile ulteriore 3 per cento per l'anno 2012 (inflazione cumulata: 2002-2012: 27,4 per cento),

impegna il Governo:

   a reintrodurre un meccanismo di adeguamento automatico degli scaglioni di reddito all'incremento del costo della vita, in modo da realizzare un trattamento fiscale uniforme, nel quadro della progressività dell'imposta, tra tutti i cittadini;
   promuovere la chiarezza dei rapporti tra lo Stato e i contribuenti e favorire la pianificazione fiscale.
9/5534-bis-A/84Marsilio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce talune agevolazioni ed incrementi di detrazioni fiscali in favore degli scaglioni di reddito più bassi;
    da anni non viene restituito ai contribuenti, neanche parzialmente, il drenaggio fiscale (fiscal drag), né si provvede all'adeguamento dei limiti degli scaglioni di reddito alla crescita dell'inflazione. Nel nostro Paese, negli anni ’70-’80 si è proceduto alla restituzione del fiscal drag con il ricorso al credito d'imposta. Dal 1990 si è scelta la strada della rivalutazione automatica dei limiti degli scaglioni e delle detrazioni; dal 1993 l'eliminazione del drenaggio fiscale ha riguardato solo le detrazioni e non più le aliquote. Nel corso degli anni ’90 le leggi finanziarie hanno più volte sospeso la restituzione del fiscal drag, utilizzando, però, le maggiori entrate fiscali per l'aumento degli assegni al nucleo familiare. La legge finanziaria per l'anno 2001 ha sospeso la restituzione del fiscal drag per il 2001, riassorbendola nella riduzione percentuale delle aliquote irpef;
    dal 2002 non è stata adottata più alcuna misura diretta in materia; viceversa si è operato (leggi finanziarie per il 2003 e per il 2005) trasformando il precedente meccanismo di detrazioni dall'imposta in un sistema di deduzioni dall'imponibile, mentre per quanto riguarda i carichi di famiglia e le spese di produzione del reddito, è stata introdotta la no tax area ed è stata modificata la struttura di aliquote e scaglioni (che sono stati ridotti da 5 a 4). Nuovi interventi sono stati quindi realizzati nella legislatura successiva, con le leggi n. 296/2006 e 244/2007 (finanziarie 2007 e 2008), disponendo ulteriori correzioni al disegno di aliquote e scaglioni IRPEF e il ripristino delle detrazioni d'imposta, nonché incrementando alcune agevolazioni riguardanti, ad esempio, l'abitazione;
    fra il 2000 e il 2010 i lavoratori italiani hanno perso – secondo il centro studi Ires – 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa della mancata restituzione del fiscal drag. Questa, secondo l'IRES, ha comportato per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro. Secondo gli studi di Banca d'Italia, il mancato recupero del fiscal drag ha pesato per due terzi sulla perdita del potere d'acquisto degli ultimi 5 anni; in altre parole per la B.I. i lavoratori hanno perso 1.182 euro dal 2002 al 2008; dalle serie storiche sul deprezzamento del valore della monete in Italia, si ricava che l'inflazione cumulata dal 2002 al 2011 è pari al 23,7 per cento cui dovrà aggiungersi un probabile ulteriore 3 per cento per l'anno 2012 (inflazione cumulata: 2002-2012: 27,4 per cento),

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reintrodurre un meccanismo di adeguamento automatico degli scaglioni di reddito all'incremento del costo della vita, in modo da realizzare un trattamento fiscale uniforme, nel quadro della progressività dell'imposta, tra tutti i cittadini;
   di promuovere la chiarezza dei rapporti tra lo Stato e i contribuenti e favorire la pianificazione fiscale.
9/5534-bis-A/84. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marsilio.


   La Camera,
   premesso che:
    la revisione regime finanziario della Sardegna e la regolazione dei rapporti economici con lo Stato sono state modificate con l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - legge finanziaria 2007;
    le quote dei tributi erariali spettanti alla Sardegna sono quantificabili annualmente solo in via provvisoria, per l'impossibilità di conoscere entro il 31 dicembre di ciascun anno l'ammontare di alcuni gettiti tributari riscossi o venuti a maturazione nel corso dell'esercizio. Quando poi, negli esercizi successivi, sono disponibili tutte le informazioni e gli elementi contabili, gli uffici statali elaborano ordinariamente il «fabbisogno regionale definitivo», sulla cui base la Ragioneria Generale dello Stato opera i dovuti conguagli;
    il Ministero dell'Economia ha inscritto nel bilancio di assestamento 2012 le risorse per attribuire alla Sardegna le entrate previste dal suo nuovo ordinamento finanziario; ad oggi però la Regione lamenta ancora la mancata trasmissione, da parte della Ragioneria Generale dello Stato, del «fabbisogno regionale definitivo» aggiornato, per gli anni 2010 e 2011 e la mancata trasmissione del «fabbisogno regionale provvisorio 2012» redatti in base al nuovo dettato statutario;
    dal ricorso per conflitto di attribuzione avverso il Presidente del Consiglio dei Ministri, depositato presso la Cancelleria della Corte Costituzionale il 31 agosto 2012 si evince che la somma complessiva già accertata che lo Stato è tenuto a versare e che già avrebbe dovuto versare alla Regione Sardegna è di complessivi euro 970.909.829,82;
    oltre alla sollecita definizione dei trasferimenti riguardanti le risorse proprie, la Regione ha chiesto sin dal 2010 di riconsiderare il livello di spesa ammissibile ai fini del Patto di stabilità; le attuali regole infatti hanno comportato l'accumulo di residui passivi quantificabile in oltre 1.200 milioni di euro e hanno reso problematico l'utilizzo delle risorse comunitarie (ex FAS) che ammontano ad oltre 1.946 milioni di euro per i quali è imminente, e peraltro opportuna, la sottoscrizione delle disposizioni attuative;
    i ritardi e i vincoli sopra evidenziati, ostacolano l'azione del Governo regionale, non consentendo allo stesso di prevedere e programmare al meglio le risorse sua disposizione; i vincoli del Patto di stabilità non consentono di intervenire in particolare nei settori economici di maggior rilievo per la regione, che sono anche quelli maggiormente colpiti dalla crisi economica mondiale,

impegna il Governo:

   in considerazione della gravi crisi economica e produttiva in corso nella Regione Sardegna e al fine di dare applicazione ai principi richiamati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, a concordare con il Presidente della regione Sardegna, entro il 31 marzo 2013, le modifiche da apportare al patto di stabilità interno per la regione Sardegna, al fine di consentire la liberazione delle risorse disponibili da destinare allo sviluppo economico regionale ed al sostegno dei settori produttivi in crisi;
   a predisporre, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze e ad inviare alla Regione i fabbisogni regionali definitivi 2010 e 2011, unitamente all'aggiornato fabbisogno regionale 2012;
   a procedere all'immediata presentazione dello schema di decreto legislativo riguardante le norme di attuazione dello statuto in materia di entrate, così come concordato nell'ambito del Tavolo tecnico per l'autonomia finanziaria e lo sviluppo industriale e infrastrutturale della Regione Sardegna istituito il 20 febbraio 2012, con proprio decreto, dal Presidente Monti.
9/5534-bis-A/85Cicu, Testoni, Cossiga.


   La Camera,
   premesso che:
    la revisione regime finanziario della Sardegna e la regolazione dei rapporti economici con lo Stato sono state modificate con l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» - legge finanziaria 2007;
    le quote dei tributi erariali spettanti alla Sardegna sono quantificabili annualmente solo in via provvisoria, per l'impossibilità di conoscere entro il 31 dicembre di ciascun anno l'ammontare di alcuni gettiti tributari riscossi o venuti a maturazione nel corso dell'esercizio. Quando poi, negli esercizi successivi, sono disponibili tutte le informazioni e gli elementi contabili, gli uffici statali elaborano ordinariamente il «fabbisogno regionale definitivo», sulla cui base la Ragioneria Generale dello Stato opera i dovuti conguagli;
    il Ministero dell'Economia ha inscritto nel bilancio di assestamento 2012 le risorse per attribuire alla Sardegna le entrate previste dal suo nuovo ordinamento finanziario; ad oggi però la Regione lamenta ancora la mancata trasmissione, da parte della Ragioneria Generale dello Stato, del «fabbisogno regionale definitivo» aggiornato, per gli anni 2010 e 2011 e la mancata trasmissione del «fabbisogno regionale provvisorio 2012» redatti in base al nuovo dettato statutario;
    dal ricorso per conflitto di attribuzione avverso il Presidente del Consiglio dei Ministri, depositato presso la Cancelleria della Corte Costituzionale il 31 agosto 2012 si evince che la somma complessiva già accertata che lo Stato è tenuto a versare e che già avrebbe dovuto versare alla Regione Sardegna è di complessivi euro 970.909.829,82;
    oltre alla sollecita definizione dei trasferimenti riguardanti le risorse proprie, la Regione ha chiesto sin dal 2010 di riconsiderare il livello di spesa ammissibile ai fini del Patto di stabilità; le attuali regole infatti hanno comportato l'accumulo di residui passivi quantificabile in oltre 1.200 milioni di euro e hanno reso problematico l'utilizzo delle risorse comunitarie (ex FAS) che ammontano ad oltre 1.946 milioni di euro per i quali è imminente, e peraltro opportuna, la sottoscrizione delle disposizioni attuative;
    i ritardi e i vincoli sopra evidenziati, ostacolano l'azione del Governo regionale, non consentendo allo stesso di prevedere e programmare al meglio le risorse sua disposizione; i vincoli del Patto di stabilità non consentono di intervenire in particolare nei settori economici di maggior rilievo per la regione, che sono anche quelli maggiormente colpiti dalla crisi economica mondiale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, in considerazione della gravi crisi economica e produttiva in corso nella Regione Sardegna e al fine di dare applicazione ai principi richiamati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, di concordare con il Presidente della regione Sardegna, entro il 31 marzo 2013, le modifiche da apportare al patto di stabilità interno per la regione Sardegna, al fine di consentire la liberazione delle risorse disponibili da destinare allo sviluppo economico regionale ed al sostegno dei settori produttivi in crisi;
   di predisporre, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze e ad inviare alla Regione i fabbisogni regionali definitivi 2010 e 2011, unitamente all'aggiornato fabbisogno regionale 2012;
   di procedere all'immediata presentazione dello schema di decreto legislativo riguardante le norme di attuazione dello statuto in materia di entrate, così come concordato nell'ambito del Tavolo tecnico per l'autonomia finanziaria e lo sviluppo industriale e infrastrutturale della Regione Sardegna istituito il 20 febbraio 2012, con proprio decreto, dal Presidente Monti.
9/5534-bis-A/85. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cicu, Testoni, Cossiga.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di contribuire al risanamento del bilancio dello Stato sono stati più volte presentati puntuali interventi di modifiche o integrazioni alle proposte di legge sottoposte all'esame del Parlamento, tutti volti alla razionalizzazione e alla riduzione delle spese nell'ambito dei settori della Difesa e della Sicurezza che avrebbero consentito – se recepiti – di conseguire notevoli risparmi economici da destinare a quei settori della spesa pubblica che oggi registrano le maggiori ed evidenti sofferenze;
    il Governo ha accolto numerosi ordini del giorno a cui, tuttavia, non sempre ha poi dato una puntuale attuazione. Anzi, in taluni casi li ha ignorati oppure al contrario, come nel caso dell'atto di indirizzo n. 9/5312/108 con cui si era impegnato «a valutare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, la possibilità di ridurre il versamento per il contributo unificato relativo al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica» che ora, invece, viene elevato a 650 euro;
    l'indignazione popolare verso i privilegi che caratterizzano gli appartenenti a determinati e ben identificati settori della società, siano essi politici, militari o ecclesiastici, ha raggiunto livelli preoccupanti che non possono essere ancora ignorati;
    la sistematica negazione del diritto e dei diritti che viene riservata ai cittadini in divisa sta fattivamente contribuendo a disgregare i valori su cui le Forze armate e le Forze di polizia a ordinamento civile militare fondano la loro stessa esistenza e coesione;
    i sacrifici economici che puntualmente siamo a chiedere alle classi sociali più indigenti o a quelle che una volta erano definite «borghesi e medie», frenano lo sviluppo del paese e non lasciano trasparire alcuna possibile soluzione alla cogente crisi economica che il paese sta attraversando;
    tra coloro a cui si chiedono sempre nuovi e maggiori sacrifici vi sono gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia – la truppa – che nonostante ciò continuano a fare il loro dovere per servire il paese e le Istituzioni;
    recenti inchieste giornalistiche (La Repubblica del 9 novembre 2012: «Dallo champagne alle case a un euro tutti i privilegi della casta dei generali») hanno messo in evidenza l'esistenza di inaccettabili privilegi e sprechi di denaro pubblico per la cui eliminazione è necessario un immediato e deciso intervento,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte a:
    1. modificare il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, affinché:
     a) siano abrogati gli articoli 992, 993, 994, 995, 996, 1802, 1803, 1804, 1815, 1816, 1870, 2162, 2261, 2262;
     b) le promozioni di cui agli articoli 1076, 1077, 1082 e 1083 producano effetti ai soli fini giuridici e non anche economici;
     c) si preveda, all'articolo 183, che le procedure convenzionali con le aziende e il personale di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere espletate solo successivamente alla verifica di mancato soddisfacimento delle specifiche esigenze con personale militare in possesso di idonea qualificazione;
     d) i membri degli organi di rappresentanza dei militari di cui all'articolo 1476, inviati in missione ai sensi dell'articolo 1478 o al seguito di dipendenti di grado più elevato, siano obbligati a usufruire di vitto e alloggio gratuiti forniti dall'amministrazione;
     e) all'articolo 1818, la speciale indennità pensionabile attribuita ai generali o ammiragli delle forze armate sia determinata tenuto conto del limite previsto dall'articolo 3 del DPCM 23 marzo 2012;
    2. modificare la legge 1o aprile 1981, n. 121, affinché:
     a) all'articolo 5, comma 3, la speciale indennità pensionabile attribuita al capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza sia determinata tenuto conto del limite previsto dall'articolo 3 del DPCM 23 marzo 2012;
     b) siano abrogati i commi 22 e 23 dell'articolo 43 e l'articolo 43-ter;
    3. abrogare gli articoli 3 e 5 della legge 28 febbraio 2000, n. 42;
    4. sospendere fino al 31 dicembre 2015 il programma pluriennale di A/R n. SMD 0212009, relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter e la realizzazione dell'associata linea FACO/MROU nazionale, con conseguente riduzione del 50 per cento degli importi da erogare annualmente per il medesimo programma pluriennale;
    5. versare al bilancio dello Stato i risparmi conseguenti all'adozione delle misure di cui ai precedenti punti 1, 2, 3 e 4.
9/5534-bis-A/86Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.


   La Camera,
   premesso che:
    le piccole e medie imprese, che rappresentano il fulcro dell'economia italiana, versano in uno stato estremamente grave. Ciò comporta una mancanza di liquidità nelle casse delle imprese, da cui consegue la loro difficoltà ad onorare i pagamenti ai propri fornitori, l'impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari, nonché l'incapacità di pagamento dei rispettivi dipendenti;
    il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione ha superato i livelli di allerta, sia per quel che riguarda la remunerazione delle forniture sia per quanto concerne le varie misure di finanziamento e sovvenzioni pubbliche di sostegno alle attività imprenditoriali, e determina un trasferimento alle imprese del problema di liquidità del settore pubblico,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di risolvere il problema del ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione tramite la possibilità di compensazione dei debiti delle imprese per posizioni contributive (pagamenti, adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi e tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente) con il credito legato ai finanziamenti pubblici da erogare, di cui risultino beneficiarie le imprese, e il credito, delle imprese, per forniture di beni o servizi verso la pubblica amministrazione e società da questa controllate.
9/5534-bis-A/87Fallica, Misiti, Miccichè, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.


   La Camera,
   premesso che:
    le piccole e medie imprese, che rappresentano il fulcro dell'economia italiana, versano in uno stato estremamente grave. Ciò comporta una mancanza di liquidità nelle casse delle imprese, da cui consegue la loro difficoltà ad onorare i pagamenti ai propri fornitori, l'impossibilità di porre in essere gli investimenti necessari, nonché l'incapacità di pagamento dei rispettivi dipendenti;
    il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione ha superato i livelli di allerta, sia per quel che riguarda la remunerazione delle forniture sia per quanto concerne le varie misure di finanziamento e sovvenzioni pubbliche di sostegno alle attività imprenditoriali, e determina un trasferimento alle imprese del problema di liquidità del settore pubblico,

impegna il Governo:

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di risolvere il problema del ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione tramite la possibilità di compensazione dei debiti delle imprese per posizioni contributive (pagamenti, adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi e tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente) con il credito legato ai finanziamenti pubblici da erogare, di cui risultino beneficiarie le imprese, e il credito, delle imprese, per forniture di beni o servizi verso la pubblica amministrazione e società da questa controllate.
9/5534-bis-A/87. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fallica, Misiti, Miccichè, Grimaldi, Iapicca, Pittelli, Pugliese, Soglia, Stagno D'Alcontres, Terranova.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 26 luglio 2012 la VI Commissione Finanze e Tesoro del Senato nell'esprimere il parere sull'atto del Governo n. 486, recante «Schema di decreto legislativo concernente ulteriori modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo V del testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività e dei mediatori creditizi» proponeva di abrogare le norme sull'iscrizione per i promotori finanziari all'albo tenuto dall'Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti e dei mediatori per i promotori finanziari;
    in data 1o agosto 2012, anche la VI Commissione Finanze della Camera ha approvato un parere favorevole con osservazioni, nel quale ha suggerito al Governo la possibilità di limitare fortemente l'obbligo di doppia iscrizione dei promotori finanziari, degli agenti assicurativi e dei consulenti finanziari nell'elenco degli agenti in attività finanziaria, in particolare sostituendo il comma 8 dell'articolo 128-quater del TUB, nei senso di prevedere che, per i promotori finanziari, gli agenti assicurativi e i consulenti finanziari i quali svolgano solo attività di promozione e collocamento di contratti di credito, non sussiste l'obbligo di iscriversi anche nell'elenco degli agenti in attività finanziaria, circoscrivendo invece tale obbligo ai soli mediatori, agenti assicurativi e consulenti finanziari che svolgano anche attività di conclusione dei contratti di credito;
    il 15 novembre scorso, la Senatrice Maria Leddi, durante la discussione in Aula dei ddl nn. 3270, 1329 e 1464 faceva presente di come in Italia ci siano circa 30.000 persone che esercitano l'attività di promotore finanziario e di queste 22.000 risultano già iscritte all'albo e, con il citato decreto legislativo saranno costrette all'iscrizione ad un ulteriore nuovo organismo, a cui, peraltro, devono accedere anche con esame di ammissione;
    dal 2007, i promotori finanziari sono sottoposti ad una terza registrazione presso un altro organismo, il RUI (Registro unico degli intermediari), con un ulteriore onere;
    nello scorso ottobre il sottosegretario CERIANI, nel rispondere all'interrogazione a prima firma del Sen. Costa, n. 3-03088, faceva presente una disponibilità del Governo a rivedere le decisioni già assunte con la definitiva approvazione dello schema di decreto legislativo oggetto dell'interrogazione,

impegna il Governo:

a eliminare la duplicazione degli oneri burocratici ed economici in capo alla categoria dei promotori finanziari, al fine di evitare l'ingiustificata tripla iscrizione a organismi diversi, mantenendo quindi il soggetto di controllo attuale ed il solo albo di riferimento dei Promotori Finanziari esistente con il solo onere conseguente.
9/5534-bis-A/88Fogliardi, Bobba.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha previsto uno stanziamento di 200 milioni di euro per l'anno 2013 per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    i percorsi assistenziali dei malati di da sclerosi laterale amiotrofica (Sla) hanno già avuto una prima parziale definizione grazie alla ripartizione dei fondi disposti con il decreto-legge «mille proroghe» n. 225 del 2010, poi convertito con modificazioni nella legge n. 10 del 2011 con cui si è stanziato un finanziamento pari a 100 milioni di euro a sostegno del carico assistenziale legato alla permanenza a domicilio dei pazienti affetti da Sla;
    con il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge n. 189 del 8 novembre 2012 recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute si dispone entro il 31 dicembre 2012 l'aggiornamento dei livelli essenziali d'assistenza con prioritario riferimento alla riformulazione dell'elenco delle malattie croniche di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329, e delle malattie rare di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, al fine di assicurare il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze;
    la Sla è una gravissima malattia inclusa nell'elenco delle malattie rare di cui al decreto ministeriale – Ministero della Sanità – 18 maggio 2001, n. 279 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124» e, i servizi integrati sociosanitari sono essenziali per assistere convenientemente questi malati, alleviandone le sofferenze,

impegna il Governo

ad includere nell'aggiornamento dei LEA interventi assistenziali comprensivi dei piani personalizzati di assistenza di cui alla legge n. 104 del 1992 così come modificata dalla legge n. 162 del 1998 al fine di una reale presa in carico globale e continuativa delle persone colpite da Sla.
9/5534-bis-A/89Miotto, Barani, Nunzio Francesco Testa, Patarino, D'Anna.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ha previsto uno stanziamento di 200 milioni di euro per l'anno 2013 per gli interventi di pertinenza del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    i percorsi assistenziali dei malati di da sclerosi laterale amiotrofica (Sla) hanno già avuto una prima parziale definizione grazie alla ripartizione dei fondi disposti con il decreto-legge «mille proroghe» n. 225 del 2010, poi convertito con modificazioni nella legge n. 10 del 2011 con cui si è stanziato un finanziamento pari a 100 milioni di euro a sostegno del carico assistenziale legato alla permanenza a domicilio dei pazienti affetti da Sla;
    con il decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge n. 189 del 8 novembre 2012 recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute si dispone entro il 31 dicembre 2012 l'aggiornamento dei livelli essenziali d'assistenza con prioritario riferimento alla riformulazione dell'elenco delle malattie croniche di cui al decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329, e delle malattie rare di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279, al fine di assicurare il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze;
    la Sla è una gravissima malattia inclusa nell'elenco delle malattie rare di cui al decreto ministeriale – Ministero della Sanità – 18 maggio 2001, n. 279 «Regolamento di istituzione della rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124» e, i servizi integrati sociosanitari sono essenziali per assistere convenientemente questi malati, alleviandone le sofferenze,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di includere nell'aggiornamento dei LEA interventi assistenziali comprensivi dei piani personalizzati di assistenza di cui alla legge n. 104 del 1992 così come modificata dalla legge n. 162 del 1998 al fine di una reale presa in carico globale e continuativa delle persone colpite da Sla.
9/5534-bis-A/89. (Testo modificato nel corso della seduta)  Miotto, Barani, Nunzio Francesco Testa, Patarino, D'Anna.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministro dell'ambiente Corrado Clini ha dichiarato che la stima «per gli interventi necessari alla messa in sicurezza è di circa 40 miliardi di euro in un tempo di 15 anni. Serve un finanziamento annuale stabile pubblico di almeno 1,5-2 miliardi di euro per i prossimi 15 anni per affrontare i nodi critici della messa in sicurezza del territorio»;
    secondo il Consiglio nazionale dei Geologi sono 6 i milioni di italiani che vivono in zone ad alto rischio idrogeologico;
    nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Marche;
    le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, ed al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli a ponti ed infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza. Una stima completa dei danni non è stata ancora quantificata. Si parla comunque di centinaia di milioni di euro;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione in Commissione Bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 al Fondo di Protezione Civile, istituito con la Legge numero 225 del 1992, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012»;
    la Legge Finanziaria 2010 ha previsto che le risorse, assegnate per risanamento ambientale con delibera Cipe del 6 novembre 2009, siano destinate a piani straordinari per la sicurezza del territorio del paese, per gli interventi aventi priorità assoluta, atti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
    tale risorse sono state assegnate attraverso accordi di programma, stipulati tra il 2010 ed il 2011, tra Ministero dell'ambiente e Regioni e che contemplassero il cofinanziamento regionale e definissero la scala di priorità degli interventi, individuata anche sentite la Protezione Civile e le Autorità di bacino;
    nello specifico tali accordi di programma sono stati stipulati dal Ministero dell'ambiente: con la Regione Piemonte in data 17 novembre 2010; con la Regione Lombardia in data 4 novembre 2010; con la Regione Veneto in data 23 dicembre 2010; con la Regione Friuli-Venezia Giulia in data 31 gennaio; con la Regione Liguria in data 16 settembre 2010; con la Regione Emilia-Romagna in data 3 novembre 2010; con la Regione Toscana in data 3 novembre 2010; con la Regione Umbria in data 3 novembre 2010; con la Regione Marche in data 25 novembre 2010; con la Regione Lazio in data 15 luglio 2010; con la Regione Abruzzo in data 16 settembre 2010; con la Regione Campania in data 12 novembre 2010; con la Regione Puglia in data 25 novembre 2010; con la Regione Basilicata in data 14 dicembre; con la Regione Calabria in data 25 novembre 2010; con la Regione Sicilia in data 30 marzo 2010; con la Regione Sardegna in data 23 dicembre 2010;
    una parte di questi finanziamenti sono stati già trasferiti alle Regioni,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di emanare un provvedimento urgente che permetta alle Regioni colpite dalle calamità, individuate dall'articolo 3, comma 40 del disegno di legge in esame, di rimodulare le risorse previste dagli accordi di programma con il Ministero dell'Ambiente, citato in premessa, al fine di fronteggiare le emergenze e le criticità in atto di dissesto idrogeologico provocate dalle alluvioni del mese di novembre 2012.
9/5534-bis-A/90Trappolino, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministro dell'ambiente Corrado Clini ha dichiarato che la stima «per gli interventi necessari alla messa in sicurezza è di circa 40 miliardi di euro in un tempo di 15 anni. Serve un finanziamento annuale stabile pubblico di almeno 1,5-2 miliardi di euro per i prossimi 15 anni per affrontare i nodi critici della messa in sicurezza del territorio»;
    secondo il Consiglio nazionale dei Geologi sono 6 i milioni di italiani che vivono in zone ad alto rischio idrogeologico;
    nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Marche;
    le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, ed al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli a ponti ed infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza. Una stima completa dei danni non è stata ancora quantificata. Si parla comunque di centinaia di milioni di euro;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione in Commissione Bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 al Fondo di Protezione Civile, istituito con la Legge numero 225 del 1992, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012»;
    la Legge Finanziaria 2010 ha previsto che le risorse, assegnate per risanamento ambientale con delibera Cipe del 6 novembre 2009, siano destinate a piani straordinari per la sicurezza del territorio del paese, per gli interventi aventi priorità assoluta, atti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
    tale risorse sono state assegnate attraverso accordi di programma, stipulati tra il 2010 ed il 2011, tra Ministero dell'ambiente e Regioni e che contemplassero il cofinanziamento regionale e definissero la scala di priorità degli interventi, individuata anche sentite la Protezione Civile e le Autorità di bacino;
    nello specifico tali accordi di programma sono stati stipulati dal Ministero dell'ambiente: con la Regione Piemonte in data 17 novembre 2010; con la Regione Lombardia in data 4 novembre 2010; con la Regione Veneto in data 23 dicembre 2010; con la Regione Friuli-Venezia Giulia in data 31 gennaio; con la Regione Liguria in data 16 settembre 2010; con la Regione Emilia-Romagna in data 3 novembre 2010; con la Regione Toscana in data 3 novembre 2010; con la Regione Umbria in data 3 novembre 2010; con la Regione Marche in data 25 novembre 2010; con la Regione Lazio in data 15 luglio 2010; con la Regione Abruzzo in data 16 settembre 2010; con la Regione Campania in data 12 novembre 2010; con la Regione Puglia in data 25 novembre 2010; con la Regione Basilicata in data 14 dicembre; con la Regione Calabria in data 25 novembre 2010; con la Regione Sicilia in data 30 marzo 2010; con la Regione Sardegna in data 23 dicembre 2010;
    una parte di questi finanziamenti sono stati già trasferiti alle Regioni,

impegna il Governo:

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di emanare un provvedimento urgente che permetta alle Regioni colpite dalle calamità, individuate dall'articolo 3, comma 40 del disegno di legge in esame, di rimodulare le risorse previste dagli accordi di programma con il Ministero dell'Ambiente, citato in premessa, al fine di fronteggiare le emergenze e le criticità in atto di dissesto idrogeologico provocate dalle alluvioni del mese di novembre 2012.
9/5534-bis-A/90. (Testo modificato nel corso della seduta)  Trappolino, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'intero territorio italiano il 31 dicembre 2012 scade la Convenzione che ha impegnato una serie di Comuni a ospitare un numero importante di profughi dalla Libia, a seguito della guerra civile e degli eventi bellici susseguitesi nel territorio nord africano, ai quali Comuni è stato chiesto di svolgere un ruolo sussidiario di compiti spettanti allo Stato;
    una nuova circolare ministeriale prevede il rilascio di permessi di soggiorno ai sopradetti profughi per motivi umanitari ai sensi dell'articolo 5, comma 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e che tali migranti in possesso di permesso di soggiorno devono chiedere la residenza ai Comuni che non gliela avessero ancora rilasciata, con ciò estendendo a tutti i Comuni interessati la presenza regolare e la conseguente accoglienza dei soggetti di cui sopra con titolo di rifugiato riconosciuto, anche oltre il 31 dicembre 2012;
    da quanto su esposto consegue che tutti i migranti citati potranno ottenere la residenza nei Comuni in cui attualmente dimorano abitualmente;
    poiché il 31 dicembre 2012 termina l'assistenza garantita dalle norme in vigore ai profughi, i quali risulteranno cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno con residenza nei Comuni interessati;
    così come nel periodo di accoglienza previsto dalla norma, anche in futuro, in ragione della intervenuta condizione di residenza nei Comuni interessati dalla presenza dei profughi con permesso di soggiorno regolare, l'assistenza non potrà limitarsi all'offerta di posti letto in alberghi o strutture ricettive, ma anche estendersi a progetti di integrazione sociale, culturale, socio sanitaria, di orientamento civico e nei servizi forniti dall'amministrazione pubblica nei territori interessati dal fenomeno;
    non disponendo i Comuni interessati di importi e contributi iscritti in bilancio dello Stato loro destinati, chiaramente volti a far fronte dal 2013 alle esigenze dettate dalla situazione sopra descritta;
    poiché chi è stato accolto non può essere lasciato solo a gestire le proprie storie personali, magari anche a seguito di allontanamento dalle strutture ricettive che sinora hanno potuto accogliere i migranti interessati dalla Convenzione in scadenza che i Comuni interessati hanno contratto con le Prefetture e le istituzioni sul territorio;
    anche per non facilitare comportamenti prossimi alla illegalità ai quali siano indotti i medesimi profughi, occorrerebbe prevedere la proroga delle convenzioni in essere,

impegna il Governo

a provvedere, attraverso le risorse di bilancio disponibili o garantendo la disponibilità di nuove risorse rinvenibili anche attraverso i prossimi provvedimenti di legge all'attenzione del Parlamento, affinché sia garantita assistenza e integrazione ai profughi della Libia, potendo i Comuni interessati disporre di adeguate risorse in grado di non incidere sui bilanci delle medesime amministrazioni comunali, già gravate dalla funzione sussidiaria alla quale hanno adempiuto su richiesta dell'amministrazione centrale dello Stato.
9/5534-bis-A/91Quartiani.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'intero territorio italiano il 31 dicembre 2012 scade la Convenzione che ha impegnato una serie di Comuni a ospitare un numero importante di profughi dalla Libia, a seguito della guerra civile e degli eventi bellici susseguitesi nel territorio nord africano, ai quali Comuni è stato chiesto di svolgere un ruolo sussidiario di compiti spettanti allo Stato;
    una nuova circolare ministeriale prevede il rilascio di permessi di soggiorno ai sopradetti profughi per motivi umanitari ai sensi dell'articolo 5, comma 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e che tali migranti in possesso di permesso di soggiorno devono chiedere la residenza ai Comuni che non gliela avessero ancora rilasciata, con ciò estendendo a tutti i Comuni interessati la presenza regolare e la conseguente accoglienza dei soggetti di cui sopra con titolo di rifugiato riconosciuto, anche oltre il 31 dicembre 2012;
    da quanto su esposto consegue che tutti i migranti citati potranno ottenere la residenza nei Comuni in cui attualmente dimorano abitualmente;
    poiché il 31 dicembre 2012 termina l'assistenza garantita dalle norme in vigore ai profughi, i quali risulteranno cittadini stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno con residenza nei Comuni interessati;
    così come nel periodo di accoglienza previsto dalla norma, anche in futuro, in ragione della intervenuta condizione di residenza nei Comuni interessati dalla presenza dei profughi con permesso di soggiorno regolare, l'assistenza non potrà limitarsi all'offerta di posti letto in alberghi o strutture ricettive, ma anche estendersi a progetti di integrazione sociale, culturale, socio sanitaria, di orientamento civico e nei servizi forniti dall'amministrazione pubblica nei territori interessati dal fenomeno;
    non disponendo i Comuni interessati di importi e contributi iscritti in bilancio dello Stato loro destinati, chiaramente volti a far fronte dal 2013 alle esigenze dettate dalla situazione sopra descritta;
    poiché chi è stato accolto non può essere lasciato solo a gestire le proprie storie personali, magari anche a seguito di allontanamento dalle strutture ricettive che sinora hanno potuto accogliere i migranti interessati dalla Convenzione in scadenza che i Comuni interessati hanno contratto con le Prefetture e le istituzioni sul territorio;
    anche per non facilitare comportamenti prossimi alla illegalità ai quali siano indotti i medesimi profughi, occorrerebbe prevedere la proroga delle convenzioni in essere,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di provvedere, attraverso le risorse di bilancio disponibili o garantendo la disponibilità di nuove risorse rinvenibili anche attraverso i prossimi provvedimenti di legge all'attenzione del Parlamento, affinché sia garantita assistenza e integrazione ai profughi della Libia, potendo i Comuni interessati disporre di adeguate risorse in grado di non incidere sui bilanci delle medesime amministrazioni comunali, già gravate dalla funzione sussidiaria alla quale hanno adempiuto su richiesta dell'amministrazione centrale dello Stato.
9/5534-bis-A/91. (Testo modificato nel corso della seduta)  Quartiani.


   La Camera,
   premesso che:
    ad un anno dall'entrata in vigore della riforma del sistema pensionistico, introdotta dal Governo Monti, il problema dei cosiddetti lavoratori «esodati» e non «salvaguardati» non ha ancora trovato una soluzione;
    si tratta di una situazione di grande disagio per i lavoratori che non hanno più un lavoro e che non possono neppure accedere alla pensione, nonostante abbiamo lavorato e versato regolari contributi per molti anni;
    la questione, oltre che politica, ha a che fare con la dignità delle persone, dei lavoratori e delle lavoratrici;
    a distanza di un anno, per giunta, non siamo ancora in grado di conoscere il numero esatto dei lavoratori esodati per i quali devono essere individuate le risorse necessarie a consentire di andare in pensione con i precedenti criteri;
    ciò nonostante il Ministero del lavoro abbia più volte annunciato che questi numeri erano in arrivo, che la loro mancanza era imputabile all'INPS o che fosse stata costituita un'apposita commissione presso il Ministero del lavoro per arrivare alla determinazione del numero di questi lavoratori;
    quel che appare sempre più chiaro è che la reticenza sui numeri complessivi (si era parlato di 400 mila lavoratrici e lavoratori) sia lo strumento utilizzato dal Governo per non trovare una soluzione vera e definitiva al problema creato dalla riforma;
    con questa legge di Stabilità sono stati «salvaguardati» ulteriori 10 mila lavoratrici e lavoratori, che si aggiungono ai precedenti 120 mila «salvaguardati»;
    «la montagna ha partorito il topolino» è quello che verrebbe da dire. La scelta di individuare la soluzione del problema per un ulteriore numero così esiguo di lavoratrici e lavoratori è stata fatta nonostante ci siano stati diverse proposte emendative con idonea copertura che, invece, avrebbero assicurato la soluzione del problema ad una platea ben più ampia di esodati;
    trova conferma, in questo modo, la scelta fatta a suo tempo dal Governo di far pagare il costo della crisi alle lavoratrici e ai lavoratori, andando ad intaccare i loro diritti basilari, senza alcun rispetto per le tutele che la Costituzione riconosce ai lavoratori,

impegna il Governo

ad individuare, senza indugio e prima della cessazione della legislatura, le risorse necessarie per ampliare la platea delle lavoratrici e dei lavoratori salvaguardati, partendo dalla identificazione del numero esatto e preciso di coloro che si trovano in questa situazione.
9/5534-bis-A/92Di Pietro, Paladini, Borghesi, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    ad un anno dall'entrata in vigore della riforma del sistema pensionistico, introdotta dal Governo Monti, il problema dei cosiddetti lavoratori «esodati» e non «salvaguardati» non ha ancora trovato una soluzione;
    si tratta di una situazione di grande disagio per i lavoratori che non hanno più un lavoro e che non possono neppure accedere alla pensione, nonostante abbiamo lavorato e versato regolari contributi per molti anni;
    la questione, oltre che politica, ha a che fare con la dignità delle persone, dei lavoratori e delle lavoratrici;
    a distanza di un anno, per giunta, non siamo ancora in grado di conoscere il numero esatto dei lavoratori esodati per i quali devono essere individuate le risorse necessarie a consentire di andare in pensione con i precedenti criteri;
    ciò nonostante il Ministero del lavoro abbia più volte annunciato che questi numeri erano in arrivo, che la loro mancanza era imputabile all'INPS o che fosse stata costituita un'apposita commissione presso il Ministero del lavoro per arrivare alla determinazione del numero di questi lavoratori;
    quel che appare sempre più chiaro è che la reticenza sui numeri complessivi (si era parlato di 400 mila lavoratrici e lavoratori) sia lo strumento utilizzato dal Governo per non trovare una soluzione vera e definitiva al problema creato dalla riforma;
    con questa legge di Stabilità sono stati «salvaguardati» ulteriori 10 mila lavoratrici e lavoratori, che si aggiungono ai precedenti 120 mila «salvaguardati»;
    «la montagna ha partorito il topolino» è quello che verrebbe da dire. La scelta di individuare la soluzione del problema per un ulteriore numero così esiguo di lavoratrici e lavoratori è stata fatta nonostante ci siano stati diverse proposte emendative con idonea copertura che, invece, avrebbero assicurato la soluzione del problema ad una platea ben più ampia di esodati;
    trova conferma, in questo modo, la scelta fatta a suo tempo dal Governo di far pagare il costo della crisi alle lavoratrici e ai lavoratori, andando ad intaccare i loro diritti basilari, senza alcun rispetto per le tutele che la Costituzione riconosce ai lavoratori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare, senza indugio e prima della cessazione della legislatura, le risorse necessarie per ampliare la platea delle lavoratrici e dei lavoratori salvaguardati, partendo dalla identificazione del numero esatto e preciso di coloro che si trovano in questa situazione.
9/5534-bis-A/92. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di Pietro, Paladini, Borghesi, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 82 e seguenti, della legge di stabilità prevede che gli enti pubblici previdenziali ed assistenziali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, adottino ulteriori interventi di razionalizzazione per ridurre le proprie spese in modo da conseguire, a regime dall'anno 2013, risparmi aggiuntivi, complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui, da versare entro il 31 ottobre di ciascun anno ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato;
    si prevede, in particolare, che al conseguimento del risparmio di spesa sopra descritto possa concorrere anche la riduzione delle risorse destinate ai progetti speciali che l'INPS, ai sensi dell'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88, ha, in particolare, finalizzato alla realizzazione di programmi per la lotta e il recupero delle omissioni ed evasioni contributive;
    l'articolo 18 della legge 88 del 1989 consente di destinare alla remunerazione dei progetti speciali risorse fino allo 0,1 per cento delle entrate degli enti. Si calcola che l'Inps nel 2011 avesse in cassa 285 milioni di risorse pronte per i progetti speciali;
    secondo i sindacati di settore «i dipendenti rischiano di perdere fino a 5.000 euro pro capite su base annua», si colpiscono così enti che garantiscono servizi al di sopra degli standard europei dal punto di vista qualitativo e quantitativo;
    trattandosi di enti che godono di autonomia organizzativa interna, ovviamente i risparmi finali possono essere raggiunti anche attraverso altre misure di contenimento della spesa;
    l'articolo stabilisce, comunque, che prima di intaccare le risorse destinate ai progetti speciali si devono realizzare i risparmi previsti (300 milioni) prioritariamente attraverso l'eventuale riduzione, per il triennio 2013-2015, delle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente; la riduzione di alcune specifiche spese; la rinegoziazione dei contratti in essere con i fornitori di servizi al fine di allineare i corrispettivi previsti ai valori praticati dai migliori fornitori: la stipula di contratti di sponsorizzazione tecnica o finanziaria;
    solo qualora con l'attuazione delle misure anzidette o di ulteriori interventi individuati nell'ambito della propria autonomia organizzativa dagli stessi enti, non si raggiungano i risparmi aggiuntivi previsti, si provvede anche attraverso la riduzione delle risorse destinate ai progetti speciali;
    purtroppo la maggior parte delle previsioni dei citati commi dell'articolo 1 rischiamo di mettere in ginocchio la produttività di INPS e INAIL, che in questi anni hanno assicurato il raggiungimento di importanti livelli di efficienza dei servizi, compromettendo definitivamente la possibilità di un'organizzazione centrale e territoriale efficace e rispondente alle esigenze dei lavoratori e dei pensionati;
    si pensi che gli enti predetti stanno faticando, per esempio a realizzare il taglio agli organici del 20 per cento ai dirigenti e del 10 per cento ai dipendenti: secondo dati ancora non ufficiali, sarebbero 4.200 i lavoratori che andranno in esubero dell'Inps, altri 1.300 all'Inail. Tutti a rischio di mobilità e alla fine, anche di licenziamento;
    tale riduzione di personale interverrà, inoltre, nel momento in cui, al fine di concorrere al conseguimento dei risparmi, il ddl Stabilità chiede all'INPS, nel periodo 2013-2015, di realizzare, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, un piano di 150.000 verifiche straordinarie annue, aggiuntivo rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità;
    le misure previste inevitabilmente creano le condizioni per un futuro collasso degli enti di previdenza e assistenza e richiedono un inversione di rotta da parte del Governo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad evitare il taglio delle risorse destinate ai progetti speciali, in un contesto lavorativo che, a causa della riduzione del personale e dell'aumento dei carichi di lavoro assegnati, richiederà ai dipendenti degli enti di previdenza e assistenza sociale sforzi sempre maggiori.
9/5534-bis-A/93Paladini, Borghesi, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 82 e seguenti, della legge di stabilità prevede che gli enti pubblici previdenziali ed assistenziali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, adottino ulteriori interventi di razionalizzazione per ridurre le proprie spese in modo da conseguire, a regime dall'anno 2013, risparmi aggiuntivi, complessivamente non inferiori a 300 milioni di euro annui, da versare entro il 31 ottobre di ciascun anno ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato;
    si prevede, in particolare, che al conseguimento del risparmio di spesa sopra descritto possa concorrere anche la riduzione delle risorse destinate ai progetti speciali che l'INPS, ai sensi dell'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88, ha, in particolare, finalizzato alla realizzazione di programmi per la lotta e il recupero delle omissioni ed evasioni contributive;
    l'articolo 18 della legge 88 del 1989 consente di destinare alla remunerazione dei progetti speciali risorse fino allo 0,1 per cento delle entrate degli enti. Si calcola che l'Inps nel 2011 avesse in cassa 285 milioni di risorse pronte per i progetti speciali;
    secondo i sindacati di settore «i dipendenti rischiano di perdere fino a 5.000 euro pro capite su base annua», si colpiscono così enti che garantiscono servizi al di sopra degli standard europei dal punto di vista qualitativo e quantitativo;
    trattandosi di enti che godono di autonomia organizzativa interna, ovviamente i risparmi finali possono essere raggiunti anche attraverso altre misure di contenimento della spesa;
    l'articolo stabilisce, comunque, che prima di intaccare le risorse destinate ai progetti speciali si devono realizzare i risparmi previsti (300 milioni) prioritariamente attraverso l'eventuale riduzione, per il triennio 2013-2015, delle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente; la riduzione di alcune specifiche spese; la rinegoziazione dei contratti in essere con i fornitori di servizi al fine di allineare i corrispettivi previsti ai valori praticati dai migliori fornitori: la stipula di contratti di sponsorizzazione tecnica o finanziaria;
    solo qualora con l'attuazione delle misure anzidette o di ulteriori interventi individuati nell'ambito della propria autonomia organizzativa dagli stessi enti, non si raggiungano i risparmi aggiuntivi previsti, si provvede anche attraverso la riduzione delle risorse destinate ai progetti speciali;
    purtroppo la maggior parte delle previsioni dei citati commi dell'articolo 1 rischiamo di mettere in ginocchio la produttività di INPS e INAIL, che in questi anni hanno assicurato il raggiungimento di importanti livelli di efficienza dei servizi, compromettendo definitivamente la possibilità di un'organizzazione centrale e territoriale efficace e rispondente alle esigenze dei lavoratori e dei pensionati;
    si pensi che gli enti predetti stanno faticando, per esempio a realizzare il taglio agli organici del 20 per cento ai dirigenti e del 10 per cento ai dipendenti: secondo dati ancora non ufficiali, sarebbero 4.200 i lavoratori che andranno in esubero dell'Inps, altri 1.300 all'Inail. Tutti a rischio di mobilità e alla fine, anche di licenziamento;
    tale riduzione di personale interverrà, inoltre, nel momento in cui, al fine di concorrere al conseguimento dei risparmi, il ddl Stabilità chiede all'INPS, nel periodo 2013-2015, di realizzare, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, un piano di 150.000 verifiche straordinarie annue, aggiuntivo rispetto all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, nei confronti dei titolari di benefici di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità;
    le misure previste inevitabilmente creano le condizioni per un futuro collasso degli enti di previdenza e assistenza e richiedono un inversione di rotta da parte del Governo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad evitare il taglio delle risorse destinate ai progetti speciali, in un contesto lavorativo che, a causa della riduzione del personale e dell'aumento dei carichi di lavoro assegnati, richiederà ai dipendenti degli enti di previdenza e assistenza sociale sforzi sempre maggiori.
9/5534-bis-A/93. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paladini, Borghesi, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009 (cosiddetto decreto anticrisi), ha introdotto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, il premio di occupazione che dà la possibilità alle aziende in crisi di continuare ad impiegare i lavoratori percettori di trattamenti di sostegno al reddito in progetti di formazione o riqualificazione, che possono includere attività produttiva connessa all'apprendimento;
    ai lavoratori spetta, oltre al trattamento di cassa integrazione (80 per cento dello stipendio), anche la differenza tra trattamento di sostegno al reddito e retribuzione, che è a carico dell'azienda. L'onere di questo intervento è stato di 20 milioni di euro per il 2009 e di 150 milioni per il 2010, a valere sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione. Con decreto ministeriale sono state disciplinate le modalità attuative;
    la misura si rivolge ai seguenti lavoratori sospesi: a seguito di contratti di solidarietà; a quelli che siano destinatari di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria o in deroga); per crisi aziendali o occupazionali;
    l'inserimento del lavoratore nel progetto avviene in base a un accordo specifico tra le parti sociali stipulato presso il ministero del Lavoro. Quando i lavoratori interessati risultino percettori di cassa integrazione in deroga, l'accordo va sottoscritto inoltre anche dal competente ente territoriale e deve anche specificare le modalità di coordinamento e di scambio di informazioni tra gli uffici;
    ai lavoratori inseriti nei progetti di formazione è riconosciuta la contribuzione figurativa;
    la misura sperimentale del premio di occupazione prorogata per gli anni 2011 e 2012, scadrà il 31 dicembre 2012;
    in mancanza di una ulteriore proroga, verrà meno un'utile strumento per contenere l'impennata della disoccupazione in questi anni di crisi,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di rifinanziare il premio di occupazione al fine di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano nelle imprese, riducendo l'impatto economico e sociale di un aumento della disoccupazione.
9/5534-bis-A/94Cimadoro, Paladini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009 (cosiddetto decreto anticrisi), ha introdotto in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, il premio di occupazione che dà la possibilità alle aziende in crisi di continuare ad impiegare i lavoratori percettori di trattamenti di sostegno al reddito in progetti di formazione o riqualificazione, che possono includere attività produttiva connessa all'apprendimento;
    ai lavoratori spetta, oltre al trattamento di cassa integrazione (80 per cento dello stipendio), anche la differenza tra trattamento di sostegno al reddito e retribuzione, che è a carico dell'azienda. L'onere di questo intervento è stato di 20 milioni di euro per il 2009 e di 150 milioni per il 2010, a valere sul Fondo sociale per l'occupazione e la formazione. Con decreto ministeriale sono state disciplinate le modalità attuative;
    la misura si rivolge ai seguenti lavoratori sospesi: a seguito di contratti di solidarietà; a quelli che siano destinatari di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria o in deroga); per crisi aziendali o occupazionali;
    l'inserimento del lavoratore nel progetto avviene in base a un accordo specifico tra le parti sociali stipulato presso il ministero del Lavoro. Quando i lavoratori interessati risultino percettori di cassa integrazione in deroga, l'accordo va sottoscritto inoltre anche dal competente ente territoriale e deve anche specificare le modalità di coordinamento e di scambio di informazioni tra gli uffici;
    ai lavoratori inseriti nei progetti di formazione è riconosciuta la contribuzione figurativa;
    la misura sperimentale del premio di occupazione prorogata per gli anni 2011 e 2012, scadrà il 31 dicembre 2012;
    in mancanza di una ulteriore proroga, verrà meno un'utile strumento per contenere l'impennata della disoccupazione in questi anni di crisi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di verificare la possibilità di rifinanziare il premio di occupazione al fine di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano nelle imprese, riducendo l'impatto economico e sociale di un aumento della disoccupazione.
9/5534-bis-A/94. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cimadoro, Paladini.


   La Camera,
   premesso che:
    le risorse dell'agricoltura, a diverso titolo, possono contribuire a sostenere i sistemi di welfare mediante il loro impiego a fini sociali nell'organizzazione di servizi rivolti a target assai diversi di popolazione, rurale ed urbana;
    il carattere multifunzionale dell'agricoltura deve innanzitutto essere inteso con riferimento alle sue funzioni proprie: produzione di alimenti e fibre, salvaguardia dell'ambiente, sostegno all'occupazione, mantenimento di attività economiche nelle aree a basso reddito e sviluppo rurale;
    proprio per la sua grande versatilità d'impiego, negli ultimi anni il tema dell'agricoltura sociale sta conquistando attenzione da parte di una crescente platea di operatori, agricoli e sociali, ed istituzioni pubbliche;
    l'UE accorda particolare rilevanza alla multifunzionalità dell'agricoltura definendola come «il nesso fondamentale tra agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, equilibrio territoriale, conservazione del paesaggio e dell'ambiente, nonché garanzia dell'approvvigionamento alimentare» e ne ribadisce lo status di soggetto privilegiato per le politiche di welfare degli Stati membri;
    la diffusione dell'agricoltura sociale è assai differente nell'UE. In Norvegia ed Olanda, l'agricoltura sociale è organizzata in reti nazionali, è riconosciuta dal sistema sociosanitario pubblico ed i servizi offerti sono remunerati al pari di qualunque altro tipo di servizio. In Belgio, esiste una rete Fiamminga di green care, l'agricoltura sociale è riconosciuta dalle politiche agricole che compensano l'impegno degli agricoltori che ospitano persone affidate dai servizi pubblici. In Germania, Slovenia, Irlanda, è pratica presente in strutture pubbliche dove l'agricoltura è vista come medium inclusivo capace di sviluppare capacità residue degli individui. In Francia, prevalgono esperienze associative organizzate su scala nazionale (reseau de Cocagne), volte a promuovere inclusione lavorativa di soggetti esclusi dal mercato del lavoro;
    il Governo con la legge di stabilità ancora una volta non ha dimostrato disponibilità nei confronti delle esigenze del settore agricolo che per la nostra economia nazionale potrebbe essere un settore strategico;
    il Governo non sembra in condizioni di offrire il minimo delle risorse necessarie per portare avanti l’iter di specifiche proposte di legge in corso di esame in Commissione volte a tutelare l'agricoltura, a promuovere il carattere multifunzionale delle attività agricole quale contesto favorevole allo sviluppo di interventi e servizi sociali, socio sanitari ed educativi miranti al reinserimento di soggetti svantaggiati nella comunità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, finalizzate a reperire risorse adeguate al fine di adottare iniziative normative in favore dell'agricoltura, che potrebbero contribuire a valorizzare tale comparto, fondamentale per il nostro Paese.
9/5534-bis-A/95Di Giuseppe, Messina, Rota.


   La Camera,
   premesso che:
    le risorse dell'agricoltura, a diverso titolo, possono contribuire a sostenere i sistemi di welfare mediante il loro impiego a fini sociali nell'organizzazione di servizi rivolti a target assai diversi di popolazione, rurale ed urbana;
    il carattere multifunzionale dell'agricoltura deve innanzitutto essere inteso con riferimento alle sue funzioni proprie: produzione di alimenti e fibre, salvaguardia dell'ambiente, sostegno all'occupazione, mantenimento di attività economiche nelle aree a basso reddito e sviluppo rurale;
    proprio per la sua grande versatilità d'impiego, negli ultimi anni il tema dell'agricoltura sociale sta conquistando attenzione da parte di una crescente platea di operatori, agricoli e sociali, ed istituzioni pubbliche;
    l'UE accorda particolare rilevanza alla multifunzionalità dell'agricoltura definendola come «il nesso fondamentale tra agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, equilibrio territoriale, conservazione del paesaggio e dell'ambiente, nonché garanzia dell'approvvigionamento alimentare» e ne ribadisce lo status di soggetto privilegiato per le politiche di welfare degli Stati membri;
    la diffusione dell'agricoltura sociale è assai differente nell'UE. In Norvegia ed Olanda, l'agricoltura sociale è organizzata in reti nazionali, è riconosciuta dal sistema sociosanitario pubblico ed i servizi offerti sono remunerati al pari di qualunque altro tipo di servizio. In Belgio, esiste una rete Fiamminga di green care, l'agricoltura sociale è riconosciuta dalle politiche agricole che compensano l'impegno degli agricoltori che ospitano persone affidate dai servizi pubblici. In Germania, Slovenia, Irlanda, è pratica presente in strutture pubbliche dove l'agricoltura è vista come medium inclusivo capace di sviluppare capacità residue degli individui. In Francia, prevalgono esperienze associative organizzate su scala nazionale (reseau de Cocagne), volte a promuovere inclusione lavorativa di soggetti esclusi dal mercato del lavoro;
    il Governo con la legge di stabilità ancora una volta non ha dimostrato disponibilità nei confronti delle esigenze del settore agricolo che per la nostra economia nazionale potrebbe essere un settore strategico;
    il Governo non sembra in condizioni di offrire il minimo delle risorse necessarie per portare avanti l’iter di specifiche proposte di legge in corso di esame in Commissione volte a tutelare l'agricoltura, a promuovere il carattere multifunzionale delle attività agricole quale contesto favorevole allo sviluppo di interventi e servizi sociali, socio sanitari ed educativi miranti al reinserimento di soggetti svantaggiati nella comunità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche normative, finalizzate a reperire risorse adeguate al fine di adottare iniziative normative in favore dell'agricoltura, che potrebbero contribuire a valorizzare tale comparto, fondamentale per il nostro Paese.
9/5534-bis-A/95. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di Giuseppe, Messina, Rota.


   La Camera,
   premesso che:
    la regione Emilia Romagna è stata ripetutamente colpita da forti eventi sismici nel maggio 2012, in particolare il terremoto, oltre alla perdita di vite umane, ha causato ingenti danni al settore agroalimentare nelle province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova;
    i danni subìti da caseifici, magazzini di stagionatura del parmigiano-reggiano, strutture di conservazione delle produzioni ortofrutticole e cerealicole, acetaie, stalle, cantine e fienili, sono ingenti e quantificati in diverse decine di milioni di euro;
    la filiera dei formaggi DOP quali il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, vere eccellenze del made in Italy, è ancora in forte difficoltà per i danni subiti dalle strutture produttive e di stagionatura tanto che alcuni caseifici non hanno ancora ripreso la produzione;
    nel computo dei danni totali risulta che la filiera dei formaggi DOP ha subito un danno economico pari a 150 milioni di euro in conseguenza della distruzione di oltre di 330 mila forme di parmigiano reggiano e di grana padano, delle oltre 600mila forme cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate per il sisma;
    il decreto-legge del 22 giugno n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede, all'articolo 59, lo stanziamento di 19,738 milioni di euro per «misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato»;
    le somme precedentemente stanziate non risulterebbero più nella disponibilità, perché la legge di stabilità ha disposto all'articolo 3, comma 62, che siano versate in entrata le somme presenti nel bilancio di Agea, che il decreto-legge n. 83 del 2012, (articolo 59, comma 3) aveva attribuito ad interventi di sostegno del comparto agricolo, nelle fasi di crisi di mercato;
    a meno di cinque mesi dall'approvazione della norma che prevedeva lo stanziamento di 19 milioni di euro per contrastare le crisi di mercato nel settore agricolo, il Governo ha deciso di non utilizzare tale stanziamento, penalizzando ancora una volta il settore primario, già fortemente danneggiato soprattutto in Emilia Romagna, dai forti eventi sismici del maggio 2012,

impegna pertanto il Governo

a valutare l'opportunità di reperire il prima possibile, anche con provvedimenti normativi, risorse adeguate per il parziale risarcimento dei danni arrecati dal sisma alla filiera dei formaggi DOP.
9/5534-bis-A/96Rota, Di Giuseppe, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    la regione Emilia Romagna è stata ripetutamente colpita da forti eventi sismici nel maggio 2012, in particolare il terremoto, oltre alla perdita di vite umane, ha causato ingenti danni al settore agroalimentare nelle province di Bologna, Modena, Ferrara e Mantova;
    i danni subìti da caseifici, magazzini di stagionatura del parmigiano-reggiano, strutture di conservazione delle produzioni ortofrutticole e cerealicole, acetaie, stalle, cantine e fienili, sono ingenti e quantificati in diverse decine di milioni di euro;
    la filiera dei formaggi DOP quali il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, vere eccellenze del made in Italy, è ancora in forte difficoltà per i danni subiti dalle strutture produttive e di stagionatura tanto che alcuni caseifici non hanno ancora ripreso la produzione;
    nel computo dei danni totali risulta che la filiera dei formaggi DOP ha subito un danno economico pari a 150 milioni di euro in conseguenza della distruzione di oltre di 330 mila forme di parmigiano reggiano e di grana padano, delle oltre 600mila forme cadute a terra per il crollo delle «scalere», le grandi scaffalature di stagionatura che sono collassate per il sisma;
    il decreto-legge del 22 giugno n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede, all'articolo 59, lo stanziamento di 19,738 milioni di euro per «misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato»;
    le somme precedentemente stanziate non risulterebbero più nella disponibilità, perché la legge di stabilità ha disposto all'articolo 3, comma 62, che siano versate in entrata le somme presenti nel bilancio di Agea, che il decreto-legge n. 83 del 2012, (articolo 59, comma 3) aveva attribuito ad interventi di sostegno del comparto agricolo, nelle fasi di crisi di mercato;
    a meno di cinque mesi dall'approvazione della norma che prevedeva lo stanziamento di 19 milioni di euro per contrastare le crisi di mercato nel settore agricolo, il Governo ha deciso di non utilizzare tale stanziamento, penalizzando ancora una volta il settore primario, già fortemente danneggiato soprattutto in Emilia Romagna, dai forti eventi sismici del maggio 2012,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire il prima possibile, anche con provvedimenti normativi, risorse adeguate per il parziale risarcimento dei danni arrecati dal sisma alla filiera dei formaggi DOP.
9/5534-bis-A/96. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rota, Di Giuseppe, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, prevede, dai commi da 16 a 22 dell'articolo 2, disposizioni relative ai cosiddetti lavoratori esodati, estendendo la platea dei «salvaguardati» di circa 10.000 unità, portandoli da 120 a 130 mila; tali succitate disposizioni non tengono conto dei lavoratori della scuola;
    l'articolo 24 della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetta riforma Fornero), al terzo comma fissa al 31 dicembre 2011, per tutti i lavoratori, il termine ultimo per la maturazione dei requisiti utili ad ottenere il pensionamento con le regole previgenti alla riforma stessa;
    questa norma non tiene conto che i lavoratori della scuola rimangono sottoposti, in materia pensionistica, al regime speciale stabilito da Leggi tuttora in vigore e non abrogate dalla «riforma Fornero». Citiamo l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, che vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata», e l'articolo 59 della legge n. 449 del 1997, che recita testualmente: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno»;
    pertanto la data del 31 dicembre 2011 va a confliggere con questo regime speciale negando, per la prima e unica volta nella storia dei pensionamenti scolastici, a lavoratori obbligati a rimanere comunque in servizio fino al 31 agosto 2012 il diritto di poter far valere i requisiti maturati fino a quella data. In altri termini, in virtù del vincolo a loro, e non ad altri imposto, una volta iniziato il servizio dell'anno scolastico 2011/12 (il 1o settembre 2011, cioè quattro mesi prima del 31 dicembre 2011), i dipendenti che nel corso dello stesso (e comunque entro il 31 dicembre 2012) maturavano i requisiti richiesti dalle norme previgenti, avevano già acquisito il diritto alla pensione, salvo il fatto che avrebbero poi potuto concretamente esercitarlo a partire dal 1o settembre 2012;
    non a caso la legge n. 449 del 1997 sanciva che «la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico», nel presupposto che una cosa è il momento di maturazione del diritto a pensione, il momento, cioè, in cui viene integrata la fattispecie costitutiva del diritto, che si compie con l'ultimo anno scolastico di lavoro, e altra cosa è il momento della decorrenza (fine anno scolastico), ossia della scadenza del termine per poter concretamente astenersi dal lavoro e godere del beneficio maturato;
    al riguardo sono intervenute le sentenze del tribunale di Oristano, Torino, Cagliari e Siena sui pensionandi della scuola, cosiddetti «di Quota 96», che hanno dato ragioni ai docenti che si sono visti negare la pensione a causa della riforma Fornero. I ricorrenti avevano chiesto al giudice di Oristano del lavoro di annullare gli effetti della legge Fornero per quanti avrebbero conseguito l'età pensionabile il primo settembre 2012 e ai quali era stato impedito di andare in pensione a causa della riforma pensionistica;
    in commissione bilancio, durante l'esame degli emendamenti al provvedimento all'esame, è stato accantonato e non votato un emendamento n. 8326, volto a risolvere la problematica su esposta:

impegna il Governo

ad intervenire affinché sia introdotta una deroga alla maturazione dei requisiti pensionistici per il personale della scuola, nel rispetto delle peculiarità del settore e quindi prevedere per gli insegnanti che abbiano maturato i requisiti entro il 31 agosto 2012 la possibilità di andare in pensione (così come i loro colleghi con gli stessi requisiti) con le modalità della normativa previgente alla c.d. «riforma Fornero».
9/5534-bis-A/97Palomba, Paladini, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, prevede, dai commi da 16 a 22 dell'articolo 2, disposizioni relative ai cosiddetti lavoratori esodati, estendendo la platea dei «salvaguardati» di circa 10.000 unità, portandoli da 120 a 130 mila; tali succitate disposizioni non tengono conto dei lavoratori della scuola;
    l'articolo 24 della legge 22 dicembre 2011, n. 214 (cosiddetta riforma Fornero), al terzo comma fissa al 31 dicembre 2011, per tutti i lavoratori, il termine ultimo per la maturazione dei requisiti utili ad ottenere il pensionamento con le regole previgenti alla riforma stessa;
    questa norma non tiene conto che i lavoratori della scuola rimangono sottoposti, in materia pensionistica, al regime speciale stabilito da Leggi tuttora in vigore e non abrogate dalla «riforma Fornero». Citiamo l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998, che vincola la cessazione dal servizio nel comparto Scuola «all'inizio dell'anno scolastico o accademico successivo alla data in cui la domanda è stata presentata», e l'articolo 59 della legge n. 449 del 1997, che recita testualmente: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell'accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno»;
    pertanto la data del 31 dicembre 2011 va a confliggere con questo regime speciale negando, per la prima e unica volta nella storia dei pensionamenti scolastici, a lavoratori obbligati a rimanere comunque in servizio fino al 31 agosto 2012 il diritto di poter far valere i requisiti maturati fino a quella data. In altri termini, in virtù del vincolo a loro, e non ad altri imposto, una volta iniziato il servizio dell'anno scolastico 2011/12 (il 1o settembre 2011, cioè quattro mesi prima del 31 dicembre 2011), i dipendenti che nel corso dello stesso (e comunque entro il 31 dicembre 2012) maturavano i requisiti richiesti dalle norme previgenti, avevano già acquisito il diritto alla pensione, salvo il fatto che avrebbero poi potuto concretamente esercitarlo a partire dal 1o settembre 2012;
    non a caso la legge n. 449 del 1997 sanciva che «la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell'anno scolastico e accademico», nel presupposto che una cosa è il momento di maturazione del diritto a pensione, il momento, cioè, in cui viene integrata la fattispecie costitutiva del diritto, che si compie con l'ultimo anno scolastico di lavoro, e altra cosa è il momento della decorrenza (fine anno scolastico), ossia della scadenza del termine per poter concretamente astenersi dal lavoro e godere del beneficio maturato;
    al riguardo sono intervenute le sentenze del tribunale di Oristano, Torino, Cagliari e Siena sui pensionandi della scuola, cosiddetti «di Quota 96», che hanno dato ragioni ai docenti che si sono visti negare la pensione a causa della riforma Fornero. I ricorrenti avevano chiesto al giudice di Oristano del lavoro di annullare gli effetti della legge Fornero per quanti avrebbero conseguito l'età pensionabile il primo settembre 2012 e ai quali era stato impedito di andare in pensione a causa della riforma pensionistica;
    in commissione bilancio, durante l'esame degli emendamenti al provvedimento all'esame, è stato accantonato e non votato un emendamento n. 8326, volto a risolvere la problematica su esposta:

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire affinché sia introdotta una deroga alla maturazione dei requisiti pensionistici per il personale della scuola, nel rispetto delle peculiarità del settore e quindi prevedere per gli insegnanti che abbiano maturato i requisiti entro il 31 agosto 2012 la possibilità di andare in pensione (così come i loro colleghi con gli stessi requisiti) con le modalità della normativa previgente alla c.d. «riforma Fornero».
9/5534-bis-A/97. (Testo modificato nel corso della seduta)  Palomba, Paladini, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, all'articolo 3, commi 43-45, dispone in materia di personale docente;
    la Commissione Cultura alla Camera, durante l'esame del provvedimento all'esame, ha approvato un emendamento, riguardante il personale docente dichiarato inidoneo, che prevedeva la facoltà di dispensa dal servizio per motivi di salute e l'obbligo del MIUR di approvare un piano ad hoc di ricollocamento che sia rispettoso delle condizioni di salute e delle competenze professionali acquisite dagli inidonei; tale emendamento è stato dichiarato inammissibile per carenza di copertura dalla Commissione Bilancio;
    l'approvazione di questo emendamento avrebbe significato l'eliminazione di profonde ingiustizie commesse nei confronti di docenti e personale ATA che da anni subiscono sistematicamente: tagli di organico, blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, aumenti dei carichi di lavoro, norme autoritarie, esodo forzato degli inidonei con conseguente licenziamento di precari ATA;
    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto spending rewiev, prevede che il personale docente dichiarato, sia permanentemente che temporaneamente, inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, transita nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, con decreto del direttore generale del competente Ufficio scolastico regionale (USR), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;
    le succitate disposizioni impongono una dequalificazione professionale per una categoria di insegnanti già ampiamente in difficoltà per gravi problemi di salute che si vengono obbligati a transitare nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico;
    l'attribuzione dei posti vacanti e disponibili del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai docenti idonei alla loro funzione per motivi di salute, ma idonei ad altri comporterà un'ulteriore contrazione dei posti per i precari ATA che da anni svolgono le loro mansioni con una professionalità tale da garantire il buon funzionamento delle scuole, dalle segreterie ai laboratori alla sorveglianza e alla cura degli ambienti scolastici:

impegna il Governo

a definire un piano di ricollocamento nelle scuole del personale docente dichiarato inidoneo che tenga conto delle effettive condizioni di salute del personale stesso e delle competenze acquisite, nonché la possibilità per detto personale di fruire dell'istituto della dispensa.
9/5534-bis-A/98Zazzera, Di Giuseppe, Palagiano, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame, all'articolo 3, commi 43-45, dispone in materia di personale docente;
    la Commissione Cultura alla Camera, durante l'esame del provvedimento all'esame, ha approvato un emendamento, riguardante il personale docente dichiarato inidoneo, che prevedeva la facoltà di dispensa dal servizio per motivi di salute e l'obbligo del MIUR di approvare un piano ad hoc di ricollocamento che sia rispettoso delle condizioni di salute e delle competenze professionali acquisite dagli inidonei; tale emendamento è stato dichiarato inammissibile per carenza di copertura dalla Commissione Bilancio;
    l'approvazione di questo emendamento avrebbe significato l'eliminazione di profonde ingiustizie commesse nei confronti di docenti e personale ATA che da anni subiscono sistematicamente: tagli di organico, blocco dei contratti e degli scatti di anzianità, aumenti dei carichi di lavoro, norme autoritarie, esodo forzato degli inidonei con conseguente licenziamento di precari ATA;
    il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, cosiddetto spending rewiev, prevede che il personale docente dichiarato, sia permanentemente che temporaneamente, inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, transita nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, con decreto del direttore generale del competente Ufficio scolastico regionale (USR), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge;
    le succitate disposizioni impongono una dequalificazione professionale per una categoria di insegnanti già ampiamente in difficoltà per gravi problemi di salute che si vengono obbligati a transitare nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico;
    l'attribuzione dei posti vacanti e disponibili del personale amministrativo, tecnico e ausiliario ai docenti idonei alla loro funzione per motivi di salute, ma idonei ad altri comporterà un'ulteriore contrazione dei posti per i precari ATA che da anni svolgono le loro mansioni con una professionalità tale da garantire il buon funzionamento delle scuole, dalle segreterie ai laboratori alla sorveglianza e alla cura degli ambienti scolastici:

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di definire un piano di ricollocamento nelle scuole del personale docente dichiarato inidoneo che tenga conto delle effettive condizioni di salute del personale stesso e delle competenze acquisite, nonché la possibilità per detto personale di fruire dell'istituto della dispensa.
9/5534-bis-A/98. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zazzera, Di Giuseppe, Palagiano, Barbato.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso del suo esame in sede referente è stata soppressa dall'AC n. 5534-bis, la previsione dell'aumento dal 10 all'11 per cento dell'aliquota ridotta per calcolare l'Imposta sul valore aggiunto, mentre è rimasto intatto l'aumento dal 1o luglio 2013 dal 21 al 22 per cento dell'aliquota ordinaria dell'Iva;
    tale aumento inciderà dunque sulla maggior parte dei beni e dei servizi determinando un aumento generalizzato dei prezzi di cui sarà difficile escludere persino le merci per le quali si applica l'aliquota ridotta;
    tale aumento dell'Iva (il cui costo diretto è pari a 2.128 milioni per il secondo semestre del 2013; ed a 4.236 milioni annui per gli anni a decorrere dal 2014) incide maggiormente sulle famiglie più povere essendo l'imposta sul valore aggiunto un imposta regressiva rispetto al reddito. In particolare, tale incremento di aliquota colpirà gli 8-10 milioni di cittadini più poveri, pensionati in primis, fiscalmente incapienti, i quali non beneficeranno neanche dei lievi aumenti delle detrazioni per i figli a carico non essendo stati aumentati contemporaneamente gli assegni familiari per le famiglie più bisognose;
    nelle famiglie restano segnali di sofferenza, il potere d'acquisto delle famiglie si è ridotto di molto negli ultimi anni (il reddito reale ha subito le seguenti decurtazioni: 2009: -2,5 per cento; 2010: -0,5 per cento; 2011: -0,6 per cento; 2012: -4,3 per cento; 2013: 0,0 per cento; 2014: -0,1 per cento) e la propensione al risparmio è al minimo storico;
    si è anche sostenuto che sia stato fatto un intervento per le famiglie, perché sono state aumentate le detrazioni per i carichi di famiglia. I giornalisti hanno dato la notizia sostenendo che lì vi sarà un vantaggio per le fasce più deboli. Ma non è così. Infatti, c’è una differenza fra la misura teorica delle detrazioni per carichi di famiglia e la misura reale. Perché, a definire la misura reale del cosiddetto sconto, per le diverse tipologie di famiglia, sono l'origine del reddito, che cambia a seconda che si tratti di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, e la presenza del diritto ad altre detrazioni e deduzioni. Infatti, molti dei destinatari di quegli sconti teorici, cioè i contribuenti che dichiarano fino a 15 mila euro, rischiano di vedersi azzerato ogni beneficio perché, spesso, già oggi non pagano l'imposta perché hanno diritto ad altre detrazioni, soprattutto se è reddito da lavoro dipendente. Quindi, quelli più deboli sotto i 15 mila euro rischiano di non avere nessun beneficio dall'aumento delle detrazioni per carichi di famiglia, perché le imposte non le pagavano prima, continueranno a non pagane e non avranno nessun vantaggio diretto;
    per parlare degli effetti reali, facciamo l'esempio di una famiglia con un bambino, in cui i due coniugi abbiano entrambi un reddito da 10 mila euro; già oggi, queste due persone, pagherebbero 200 euro di IRPEF a testa; è sufficiente che abbiano una detrazione aggiuntiva, come una spesa sanitaria, e l'imposta si va totalmente ad azzerare e insieme con questa, tramonta ogni beneficio legato anche all'aumento dello sconto per il figlio. È ovvio che ciò è più diffuso per i lavoratori dipendenti perché, in virtù della detrazione ad hoc, pagano meno IRPEF rispetto ad un lavoratore autonomo con lo stesso reddito dichiarato; in definitiva, sotto i 15 mila euro si concentrano i maggiori sconti teorici, ma al contrario vi saranno i minori benefici reali. I benefici reali si attesteranno ad un livello di reddito più alto ma comunque, siccome quei benefici si riducono man mano che aumenta il reddito, saranno benefici di poco conto;
    si conferma, anche per questo aspetto, il carattere recessivo della politica economica del Governo Monti che, infatti, invece di ridurre il debito, deprimendo la crescita, lo incrementa fino a raggiungere quasi il 127 per cento del Pil per l'anno 2012,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative già nei primi mesi del 2013 al fine di annullare l'incremento dell'aliquota ordinaria dell'Iva dal 1o luglio 2013 o perlomeno per rinviare tale aumento al 1o gennaio 2014 al fine di consentire al prossimo Governo di potere adottare misure alternative allo scopo di mantenere inalterata tale aliquota.
9/5534-bis-A/99Messina, Barbato, Borghesi, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso del suo esame in sede referente è stata soppressa dall'AC n. 5534-bis, la previsione dell'aumento dal 10 all'11 per cento dell'aliquota ridotta per calcolare l'Imposta sul valore aggiunto, mentre è rimasto intatto l'aumento dal 1o luglio 2013 dal 21 al 22 per cento dell'aliquota ordinaria dell'Iva;
    tale aumento inciderà dunque sulla maggior parte dei beni e dei servizi determinando un aumento generalizzato dei prezzi di cui sarà difficile escludere persino le merci per le quali si applica l'aliquota ridotta;
    tale aumento dell'Iva (il cui costo diretto è pari a 2.128 milioni per il secondo semestre del 2013; ed a 4.236 milioni annui per gli anni a decorrere dal 2014) incide maggiormente sulle famiglie più povere essendo l'imposta sul valore aggiunto un imposta regressiva rispetto al reddito. In particolare, tale incremento di aliquota colpirà gli 8-10 milioni di cittadini più poveri, pensionati in primis, fiscalmente incapienti, i quali non beneficeranno neanche dei lievi aumenti delle detrazioni per i figli a carico non essendo stati aumentati contemporaneamente gli assegni familiari per le famiglie più bisognose;
    nelle famiglie restano segnali di sofferenza, il potere d'acquisto delle famiglie si è ridotto di molto negli ultimi anni (il reddito reale ha subito le seguenti decurtazioni: 2009: -2,5 per cento; 2010: -0,5 per cento; 2011: -0,6 per cento; 2012: -4,3 per cento; 2013: 0,0 per cento; 2014: -0,1 per cento) e la propensione al risparmio è al minimo storico;
    si è anche sostenuto che sia stato fatto un intervento per le famiglie, perché sono state aumentate le detrazioni per i carichi di famiglia. I giornalisti hanno dato la notizia sostenendo che lì vi sarà un vantaggio per le fasce più deboli. Ma non è così. Infatti, c’è una differenza fra la misura teorica delle detrazioni per carichi di famiglia e la misura reale. Perché, a definire la misura reale del cosiddetto sconto, per le diverse tipologie di famiglia, sono l'origine del reddito, che cambia a seconda che si tratti di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, e la presenza del diritto ad altre detrazioni e deduzioni. Infatti, molti dei destinatari di quegli sconti teorici, cioè i contribuenti che dichiarano fino a 15 mila euro, rischiano di vedersi azzerato ogni beneficio perché, spesso, già oggi non pagano l'imposta perché hanno diritto ad altre detrazioni, soprattutto se è reddito da lavoro dipendente. Quindi, quelli più deboli sotto i 15 mila euro rischiano di non avere nessun beneficio dall'aumento delle detrazioni per carichi di famiglia, perché le imposte non le pagavano prima, continueranno a non pagane e non avranno nessun vantaggio diretto;
    per parlare degli effetti reali, facciamo l'esempio di una famiglia con un bambino, in cui i due coniugi abbiano entrambi un reddito da 10 mila euro; già oggi, queste due persone, pagherebbero 200 euro di IRPEF a testa; è sufficiente che abbiano una detrazione aggiuntiva, come una spesa sanitaria, e l'imposta si va totalmente ad azzerare e insieme con questa, tramonta ogni beneficio legato anche all'aumento dello sconto per il figlio. È ovvio che ciò è più diffuso per i lavoratori dipendenti perché, in virtù della detrazione ad hoc, pagano meno IRPEF rispetto ad un lavoratore autonomo con lo stesso reddito dichiarato; in definitiva, sotto i 15 mila euro si concentrano i maggiori sconti teorici, ma al contrario vi saranno i minori benefici reali. I benefici reali si attesteranno ad un livello di reddito più alto ma comunque, siccome quei benefici si riducono man mano che aumenta il reddito, saranno benefici di poco conto;
    si conferma, anche per questo aspetto, il carattere recessivo della politica economica del Governo Monti che, infatti, invece di ridurre il debito, deprimendo la crescita, lo incrementa fino a raggiungere quasi il 127 per cento del Pil per l'anno 2012,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del provvedimento in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative già nei primi mesi del 2013 al fine di annullare l'incremento dell'aliquota ordinaria dell'Iva dal 1o luglio 2013 o perlomeno per rinviare tale aumento al 1o gennaio 2014 al fine di consentire al prossimo Governo di potere adottare misure alternative allo scopo di mantenere inalterata tale aliquota.
9/5534-bis-A/99. (Testo modificato nel corso della seduta)  Messina, Barbato, Borghesi, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 12-septies a 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, dispongono, a decorrere dal 1o luglio 2010, un onere aggiuntivo a carico dei lavoratori che richiedono la ricongiunzione dei contributi pensionistici. Da luglio 2010, infatti, tale ricongiunzione da gratuita è diventata onerosa;
    il citato comma 12-septies dispone infatti, che a decorrere dal 1o luglio 2010 alle ricongiunzioni di cui all'articolo 1, primo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 29, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, commi terzo, quarto e quinto, della medesima legge. L'onere da porre a carico dei richiedenti è determinato in base ai criteri fissati dall'articolo 2, commi da 3 a 5, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184;
    le disposizioni di cui al comma 12-septies trovano applicazione, a decorrere dal 1o luglio 2010, anche nei casi di trasferimento della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (comma 12-nonies);
    il successivo comma 12-octies ha previsto l'applicazione delle stesse modalità di cui al precedente comma, dalla medesima decorrenza, nei casi di trasferimento della posizione assicurativa dal Fondo di previdenza per i dipendenti dell'E.N.E.L. e delle aziende elettriche private al Fondo pensioni lavoratori dipendenti;
    in relazione all'applicazione del criterio della riserva matematica, il comma 12-decies ha modificato (intervenendo sulle disposizioni di cui all'articolo 4, primo comma della legge 7 luglio 1980, n. 299) i parametri di calcolo previsti per determinate categorie di dipendenti pubblici, che chiedano la ricongiunzione di periodi assicurativi presso gli ordinamenti stessi. Sulla base di quanto disposto dallo stesso comma 12-decies, i coefficienti da prendere in considerazione sono quelli adeguati in base alla normativa vigente;
    il comma 12-undecies abroga le seguenti disposizioni normative: la legge 2 aprile 1958, n. 322, l'articolo 40 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, l'articolo 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, l'articolo 21, comma 4, e l'articolo 40, comma 3, della legge 24 dicembre 1986, n. 958;
    sul tema delle ricongiunzioni onerose si è svolta un'intensa attività di indirizzo e sindacato ispettivo. In particolare, il 27 luglio 2011 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la mozione 1-00690, nella quale si impegna il Governo ad «assumere le iniziative di competenza, ove possibile anche in sede di interpretazione autentica, per chiarire ab initio i casi di effettiva applicabilità di quanto previsto, in materia di ricongiunzione onerosa, nel decreto-legge 31 maggio 2010»;
    a numerose interrogazioni è stata data risposta in XI Commissione (5-03379, 5-04430, 5-04475, 5-05372, 5-06374, 5-06428 e 5-06523) o risposta scritta (4-0149, 4-09984, 4-10322, 4-11358, 4-12391 e 4-12441). Si ricordano, infine, alcuni ordini del giorno accolti dal Governo (9/4086/2, che impegna il Governo a «valutare l'opportunità di diramare direttive agli enti previdenziali affinché possano essere disposte forme di rateizzazione dell'ammontare dovuto dai lavoratori e di ricercare, mediante un confronto con le parti sociali interessate e con gli enti previdenziali competenti, misure in grado di affrontare e risolvere il problema attraverso un'adeguata revisione delle norme in materia di totalizzazione e di allargamento dei suoi effetti; 9/4612/109 e 9/4612/17, che impegnano il Governo a dare rapida attuazione alla mozione 1-00690, in precedenza richiamata);
    ciò sta determinando situazioni drammatiche che il Governo sembra non aver compreso del tutto;
    la legge della legge 322 del 1958 è stata fino alla sua abrogazione uno dei maggiori elementi di equità del nostro sistema previdenziale pubblico. La legge 322 del 1958 permetteva infatti a coloro che cessavano dal servizio senza aver maturato il diritto a pensione di poter costituire la propria posizione assicurativa presso l'INPS, trasferendo la contribuzione versata presso altri fondi o altre gestioni;
    la legge 322 del 1958 è stata abrogata dal 31 luglio 2010. Ciò significa che lavoratori che hanno periodi presso gestioni o fondi diversi dal Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'INPS e non maturano il diritto a pensione presso i fondi stessi sono costretti (se possono sopportarlo economicamente) a fare la ricongiunzione, sempreché abbiano le condizioni per farla (almeno un contributo versato presso il FPLD);
    chi non può fare la ricongiunzione per motivi di carattere economico o perché non ha alcuna contribuzione versata presso l'INPS si ritroverà con una posizione previdenziale silente che non gli darà diritto a nulla. Al riguardo, infatti, è necessario sottolineare che la pensione supplementare esiste solo in INPS mentre non esiste in tutti gli altri fondi o gestioni diverse;
    ci sono lavoratrici e lavoratori che hanno versato negli altri fondi o gestioni anche 19 anni di contribuzione e che per tali periodi non avranno diritto a nulla. Ci sono lavoratrici e lavoratori che vengono collocati a riposo per inabilità a proficuo lavoro e non hanno i 15 anni di contribuzione necessari per il riconoscimento dell'invalidità nel Pubblico Impiego;
    con la legge 322 del 1958 questi lavoratori potevano trasferire la loro contribuzione all'INPS e potevano accedere alle prestazioni di invalidità INPS (assegno di invalidità o pensione di inabilità): ora dopo l'abrogazione della legge questi lavoratori non hanno più diritto ad alcuna tutela, perdono la contribuzione versata in INPDAP e non possono chiedere alcuna prestazione all'INPS anche se magari hanno versato per 14 anni;
    la legge 29 del 1979 ha previsto la ricongiunzione onerosa verso fondi o gestioni diverse dall'INPS proprio perché con la ricongiunzione si avevano trattamenti pensionistici più favorevoli rispetto a quelli previsti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti. La ricongiunzione verso l'INPS invece era gratuita proprio perché garantiva trattamenti meno favorevoli rispetto a quelli erogati dai fondi esclusi o sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria;
    l'unica ricongiunzione onerosa in INPS era quella prevista per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri) che per poter ricongiungere nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti devono avere almeno 5 anni di contribuzione versata nel Fondo anzidetto prima della domanda di ricongiunzione. Anche in questo caso la ricongiunzione era onerosa proprio perché garantiva trattamenti pensionistici migliori rispetto a quelli previsti dalle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
    i diversi criteri previsti per la ricongiunzione (onerosità in caso di miglioramenti pensionistici, gratuità in caso di trattamento pensionistico meno favorevole) rispondevano a principi di equità;
    certo alcuni lavoratori pagavano ed altri no, ma non erano lavoratori che si trovavano nelle stesse condizioni e soprattutto non avrebbero beneficiato degli stessi trattamenti pensionistici. Ora pagano tutti ma i trattamenti pensionistici continuano ad essere diversi;
    l'onerosità della ricongiunzione verso l'INPS ha creato poi delle vere e proprie disparità di trattamento tra i lavoratori: facciamo l'esempio di due lavoratori che hanno versato entrambi 38 anni di contributi. Uno ha avuto la fortuna di poter lavorare sempre presso lo stesso datore di lavoro. L'altro ha dovuto cambiare datore di lavoro dopo 19 anni di contribuzione versata all'INPS ed ha versato i successivi 19 anni all'INPDAP. Il primo lavoratore al compimento dell'età pensionabile avrà diritto ad un'unica pensione calcolata su 38 anni di contribuzione. Il secondo lavoratore non matura il diritto a pensione né presso l'INPS né presso l'INPDAP. Non può avvalersi della legge 322 del 1958 in quanto abrogata dal decreto-legge n. 78 del 2010. Per maturare il diritto a pensione deve necessariamente fare la ricongiunzione o presso l'INPS o presso l'INPDAP, pagando somme pesantissime. Nel caso il lavoratore non possa pagare può avvalersi della totalizzazione che è gratuita, ma che è anche fortemente penalizzante sia per quanto riguarda i requisiti per ottenere le prestazioni sia per quanto riguarda il calcolo della pensione che viene fatto interamente con il sistema contributivo, con una perdita per il lavoratore interessato a volte anche del 50 per cento rispetto all'importo della pensione che avrebbe avuto con il sistema retributivo;
    deve essere ripristinato il principio di matrice costituzionale espresso dalla legge n. 322 del 1958, secondo il quale chiunque cessi dall'attività lavorativa senza aver maturato il diritto a pensione nel proprio fondo ha diritto a far confluire gratuitamente tutta la sua contribuzione nel regime generale dell'Assicurazione generale obbligatoria,

impegna il governo a

prendere le opportune iniziative, anche legislative, al fine di ripristinare la normativa vigente prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, visto che l'applicazione delle nuove norme determina ingiustificate disparità di trattamento tra le lavoratrici ed i lavoratori legate alle condizioni di lavoro delle persone, penalizzando proprio coloro che hanno avuto o sono stati costretti ad avere maggiore flessibilità rispetto alle diverse forme lavorative.
9/5534-bis-A/100Porcino, Piffari, Paladini, Monai.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo per le non autosufficienze, finalizzato a garantire su tutto il territorio nazionale l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore delle persone non autosufficienti, ha visto in questi ultimi anni ridurre sensibilmente le risorse ad esso assegnate;
    i disabili sono oltre 2,6 milioni di persone, mentre gli anziani sono oltre 4 milioni di persone. Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane;
    la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il Fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465), ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e 200 per il 2009. Per il 2010 il Fondo ha potuto contare su 400 milioni di euro;
    la legge di stabilità 2011 ha quindi previsto (elenco 1, allegato al comma 40, articolo 1) un rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza per il solo anno 2011. Le risorse ad esso assegnate, non quantificate nel testo della legge di stabilità, sono state successivamente stanziate, con il decreto interministeriale 11 novembre 2011, che ha quindi assegnato per l'anno 2011 al Fondo risorse per 100 milioni di euro, e finalizzati ad interventi integrati socio-sanitari per i malati di sclerosi laterale amiotrofica;
    successivamente, il decreto 95/2012, all'articolo 23, comma 8, ha previsto per il 2013, uno stanziamento, ancora in attesa di quantificazione, del fondo non autosufficienze, finalizzato all'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica;
    il disegno di legge di stabilità 2013 in esame, ha quindi stanziato per il solo 2013, 200 milioni di euro, per il suddetto Fondo anche a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    le risorse complessivamente assegnate sono ancora largamente insufficienti, e le stesse associazioni di malati di Sla e di malattie altamente invalidanti hanno chiesto con forza che siano ripristinati i 400 milioni di euro annui che erano stati stanziati per il 2010, prima dei tagli apportati;
    l'insufficiente rifinanziamento del Fondo, obbliga molti parenti dei pazienti non autosufficienti a provvedere da sé alle cure del malato o ricorrendo al «badantato», i cui costi sono comunque a carico delle famiglie;
    la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza. I costi della cura sono infatti sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
    il Governo deve quindi farsi carico di questa realtà, promuovendo politiche che mirino ad estendere significativamente la rete dei servizi, per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente,

impegna il Governo

a prevedere opportune iniziative legislative volte a incrementare le risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze.
9/5534-bis-A/101Palagiano.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo per le non autosufficienze, finalizzato a garantire su tutto il territorio nazionale l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore delle persone non autosufficienti, ha visto in questi ultimi anni ridurre sensibilmente le risorse ad esso assegnate;
    i disabili sono oltre 2,6 milioni di persone, mentre gli anziani sono oltre 4 milioni di persone. Le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane;
    la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il Fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465), ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e 200 per il 2009. Per il 2010 il Fondo ha potuto contare su 400 milioni di euro;
    la legge di stabilità 2011 ha quindi previsto (elenco 1, allegato al comma 40, articolo 1) un rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza per il solo anno 2011. Le risorse ad esso assegnate, non quantificate nel testo della legge di stabilità, sono state successivamente stanziate, con il decreto interministeriale 11 novembre 2011, che ha quindi assegnato per l'anno 2011 al Fondo risorse per 100 milioni di euro, e finalizzati ad interventi integrati socio-sanitari per i malati di sclerosi laterale amiotrofica;
    successivamente, il decreto 95/2012, all'articolo 23, comma 8, ha previsto per il 2013, uno stanziamento, ancora in attesa di quantificazione, del fondo non autosufficienze, finalizzato all'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica;
    il disegno di legge di stabilità 2013 in esame, ha quindi stanziato per il solo 2013, 200 milioni di euro, per il suddetto Fondo anche a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica;
    le risorse complessivamente assegnate sono ancora largamente insufficienti, e le stesse associazioni di malati di Sla e di malattie altamente invalidanti hanno chiesto con forza che siano ripristinati i 400 milioni di euro annui che erano stati stanziati per il 2010, prima dei tagli apportati;
    l'insufficiente rifinanziamento del Fondo, obbliga molti parenti dei pazienti non autosufficienti a provvedere da sé alle cure del malato o ricorrendo al «badantato», i cui costi sono comunque a carico delle famiglie;
    la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza. I costi della cura sono infatti sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
    il Governo deve quindi farsi carico di questa realtà, promuovendo politiche che mirino ad estendere significativamente la rete dei servizi, per fornire risposte ai bisogni quotidiani di ogni singola persona non autosufficiente,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere iniziative legislative volte a incrementare le risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze.
9/5534-bis-A/101. (Testo modificato nel corso della seduta)  Palagiano.


   La Camera,
   premesso che:
    la profonda crisi economica in atto impone l'individuazione e l'adozione di efficaci iniziative di politica economica e industriale in grado di riportare il nostro Paese su un sentiero di crescita;
    il settore della «green economy» si sta confermando un comparto a forte valenza anticiclica capace più di altri di creare occupazione e ricchezza, e in grado di dare un contributo fondamentale ad uno sviluppo sostenibile della nostra economia;
    sotto questo aspetto la vigente detrazione fiscale del 55 per cento delle spese sostenute per la riqualificazione energetica – misura introdotta nel 2007 dal Governo Prodi – ha finora costituito uno dei più efficaci strumenti anticiclici di questi anni, oltre che il migliore strumento per promuovere l'efficienza energetica e lo sviluppo economico sostenibile nel sistema immobiliare italiano;
    ad oggi si contano in ben oltre un milione gli utenti che si sono avvalsi dell’eco-bonus, con corrispondenti investimenti in efficienza energetica degli edifici per oltre 11 miliardi di euro. Ciò ha permesso di far emergere molte attività svolte in nero, e di attivare ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili agli infissi, ai materiali avanzati;
    nonostante ciò il Governo, invece di provvedere a stabilizzare definitivamente la detrazione del 55 per cento, ha provveduto ad «annacquare» e indebolire drasticamente detto incentivo fiscale;
    il decreto-legge n. 83 del 2012, ha infatti previsto che detta detrazione rimanga nella misura del 55 per cento solo fino al 30 giugno 2013, dopodiché dal 1o luglio 2013, questa agevolazione sarà portata al 36 per cento, equiparandola così all'aliquota attualmente prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia;
    se si vuole «salvare» tutto quanto di buono in questi anni si è raggiunto con l'agevolazione fiscale del 55 per cento, è invece necessario confermare nel tempo detta attuale detrazione, e comunque mantenerla decisamente più alta e quindi più «appetibile» rispetto alle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie (che sono comprensive anche di interventi per il risparmio energetico),

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative legislative volte a prorogare l'attuale detrazione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione e risparmio energetico, che si è dimostrata uno dei successi più significativi della green economy nel nostro Paese, in grado di tradursi in un importante volano per la crescita ecosostenibile.
9/5534-bis-A/102Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    la profonda crisi economica in atto impone l'individuazione e l'adozione di efficaci iniziative di politica economica e industriale in grado di riportare il nostro Paese su un sentiero di crescita;
    il settore della «green economy» si sta confermando un comparto a forte valenza anticiclica capace più di altri di creare occupazione e ricchezza, e in grado di dare un contributo fondamentale ad uno sviluppo sostenibile della nostra economia;
    sotto questo aspetto la vigente detrazione fiscale del 55 per cento delle spese sostenute per la riqualificazione energetica – misura introdotta nel 2007 dal Governo Prodi – ha finora costituito uno dei più efficaci strumenti anticiclici di questi anni, oltre che il migliore strumento per promuovere l'efficienza energetica e lo sviluppo economico sostenibile nel sistema immobiliare italiano;
    ad oggi si contano in ben oltre un milione gli utenti che si sono avvalsi dell’eco-bonus, con corrispondenti investimenti in efficienza energetica degli edifici per oltre 11 miliardi di euro. Ciò ha permesso di far emergere molte attività svolte in nero, e di attivare ogni anno oltre 50 mila posti di lavoro nei settori coinvolti, soprattutto piccole e medie imprese nell'edilizia e nell'indotto: dalle fonti rinnovabili agli infissi, ai materiali avanzati;
    nonostante ciò il Governo, invece di provvedere a stabilizzare definitivamente la detrazione del 55 per cento, ha provveduto ad «annacquare» e indebolire drasticamente detto incentivo fiscale;
    il decreto-legge n. 83 del 2012, ha infatti previsto che detta detrazione rimanga nella misura del 55 per cento solo fino al 30 giugno 2013, dopodiché dal 1o luglio 2013, questa agevolazione sarà portata al 36 per cento, equiparandola così all'aliquota attualmente prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia;
    se si vuole «salvare» tutto quanto di buono in questi anni si è raggiunto con l'agevolazione fiscale del 55 per cento, è invece necessario confermare nel tempo detta attuale detrazione, e comunque mantenerla decisamente più alta e quindi più «appetibile» rispetto alle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie (che sono comprensive anche di interventi per il risparmio energetico),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare iniziative legislative volte a prorogare l'attuale detrazione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione e risparmio energetico, che si è dimostrata uno dei successi più significativi della green economy nel nostro Paese, in grado di tradursi in un importante volano per la crescita ecosostenibile.
9/5534-bis-A/102. (Testo modificato nel corso della seduta)  Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle giornate tra il 10 e l'11 novembre 2012, forti ed estesi sistemi temporaleschi hanno iniziato a coinvolgere il versante tirrenico centrale della interessando, come è noto, principalmente le regioni Liguria, alta Toscana, Emilia-Romagna e, in successiva estensione, il Triveneto, la bassa Toscana, l'Umbria e l'alto Lazio e, in particolare, soprattutto le province di Massa Carrara, Grosseto, Perugia, Terni e Viterbo, con rilevanti e disastrosi effetti sul territorio, con vittime e ingenti danni, la cui quantificazione non è ancora possibile accertare;
    un po’ ovunque, nelle zone interessate dai forti temporali, si sono verificati frane e allagamenti; si sono, insomma, replicati i tragici eventi dello scorso anno, nello stesso periodo;
    Liguria e Toscana sono peraltro storicamente le regioni tra quelle più colpite dall'emergenza alluvioni e frane; spesso i drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata, secondo l'interrogante, dei suoli e dei bacini idrografici, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
    le risorse assegnate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e in particolare alla difesa del territorio sono andate diminuendo pesantemente e costantemente in questa legislatura,

impegna il Governo

a prevedere, entro un determinato limite di spesa annuale, che l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali, per interventi prioritari di messa in sicurezza di aree a più elevato rischio idrogeologico, possa essere autorizzato anche in deroga agli obblighi relativi al patto di stabilità interno.
9/5534-bis-A/103Vatinno, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    nelle giornate tra il 10 e l'11 novembre 2012, forti ed estesi sistemi temporaleschi hanno iniziato a coinvolgere il versante tirrenico centrale della interessando, come è noto, principalmente le regioni Liguria, alta Toscana, Emilia-Romagna e, in successiva estensione, il Triveneto, la bassa Toscana, l'Umbria e l'alto Lazio e, in particolare, soprattutto le province di Massa Carrara, Grosseto, Perugia, Terni e Viterbo, con rilevanti e disastrosi effetti sul territorio, con vittime e ingenti danni, la cui quantificazione non è ancora possibile accertare;
    un po’ ovunque, nelle zone interessate dai forti temporali, si sono verificati frane e allagamenti; si sono, insomma, replicati i tragici eventi dello scorso anno, nello stesso periodo;
    Liguria e Toscana sono peraltro storicamente le regioni tra quelle più colpite dall'emergenza alluvioni e frane; spesso i drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza annuale colpiscono le diverse regioni del nostro Paese, sono quasi sempre acuiti e drammaticamente amplificati da una gestione dissennata, secondo l'interrogante, dei suoli e dei bacini idrografici, e dall'assenza di una rigorosa politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione territoriale;
    le risorse assegnate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e in particolare alla difesa del territorio sono andate diminuendo pesantemente e costantemente in questa legislatura,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, entro un determinato limite di spesa annuale, che l'utilizzo delle risorse proprie e delle risorse provenienti dallo Stato, da parte di regioni ed enti locali, per interventi prioritari di messa in sicurezza di aree a più elevato rischio idrogeologico, possa essere autorizzato anche in deroga agli obblighi relativi al patto di stabilità interno.
9/5534-bis-A/103. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vatinno, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 463, della legge finanziaria per il 2008, l'ultima del Governo Prodi, finanziava con 20 milioni di euro un piano contro la violenza sulle donne, piano che si sarebbe concretizzato, oltre che nell'erogazione di risorse al Fondo contro la violenza sulle donne e di genere ed ai centri e alle associazioni specializzate, in una campagna di ri-educazione al rispetto e alla dignità verso le donne, che avrebbe raggiunto le istituzioni locali, gli organi mediatici, le scuole, la pubblicità ed i programmi televisivi;
    il piano ricalcava la legge organica contro la violenza sulle donne, varata con serietà ed efficacia dalla Spagna nel 2004, che riconosce la violenza – anche quando abbia luogo fra le mura domestiche – come problema sociale di cui i poteri pubblici devono farsi carico per prevenire e porre rimedio attraverso sistemi adeguati, non limitandosi ad inasprire le pene: in quest'ottica è stato predisposto un intervento integrato e multidisciplinare che deriva dal fatto di considerare quale origine delle violenza sessista la discriminazione della donna nella società, al fine di consente l'adozione di trattamenti differenziati per sesso, al contempo organizzando una vera e propria campagna educativa capillare;
    uno dei primi atti del Governo insediatosi con l'avvio della legislatura in corso è stato quello di tagliare i fondi stanziati per il sostegno alle donne vittime di violenza e per la prevenzione e, finora, nonostante gli appelli, gli impegni chiesti, i richiami, il cambio di Governo, mai ripristinati;
    la presente legge di stabilità è priva di interventi in favore della vexata quaestio riguardante i tempi di lavoro e di cura, questioni di fortissimo interesse e di grande impatto per l'incentivo al mercato del lavoro riguardante le donne, così come nulla è previsto per il reintegro delle risorse finalizzate alla prevenzione della violenza contro le donne e per le associazioni ed i centri di assistenza;
    nel nostro Paese, quest'anno, fino ad oggi, sono morte 101 donne per mano di mariti, fidanzati o ex partner, ma sono migliaia i casi di violenza non conclusi con la morte, ma perpetrata ordinariamente;
    di recente la sessualità era entrata prepotentemente nella sfera pubblica, politico-istituzionale, portando allo scoperto i legami tra una sessualità «di servizio», come quella femminile, e il potere che ne gode i benefici, compensandoli con protezione, denaro, doni, onorificenze;
    il rapporto tra i sessi riscontrabile nello scambio di sesso con cariche di rappresentanza o benefici di varia natura non solo investe le persone, ma la democrazia stessa e la credibilità delle istituzioni che rappresentano: ciò non può che riversarsi in modo infausto nella quotidianità del comune cittadino, acuendone il maschilismo e l'aggressività;
    era lecito attendersi ora un cambio di passo, uno sguardo diverso alla questione, che nasce culturale e sociale, ma non è, a guardare con lungimiranza, disgiunta da quella economica;
    la nostra società fatica ancora a riconoscere pienamente il profondo disvalore della condotta maschile violenta – sessuale, fisica, psicologica – realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti;
    rispetto alla violenza contro le donne l'approccio è rimasto nell'ambito del diritto criminale comportamenti previsti e puniti, una volta messi in atto, a posteriori, secondo le tipologie di reato, atti di violenza sessuale, percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza famigliare e così via;
    nulla è pensato in ordine alle cause e alla situazione predisponente, in quanto gli interventi istituzionali sono rigidamente costretti nel quadro della sicurezza pubblica e del contrasto a comportamenti delittuosi; non può esistere pari opportunità per una democrazia paritaria se il fenomeno non viene considerato dalle istituzioni quale problema sociale grave, assumendosene la responsabilità attraverso un messaggio culturale e politico di contrasto e facendosi carico di azioni mirate in particolare alla prevenzione, oltre che alla doverosa repressione;
    è imprescindibile una presa di posizione chiara, in primis, da parte delle istituzioni pubbliche, e una assunzione di responsabilità che, in parte, può essere soddisfatta da un piano organico e multidisciplinare di intervento, destinato a conoscere e affrontare la complessa problematica nei suoi vari aspetti, una sorta di piano nazionale onnicomprensivo che mira ad un cambiamento della cultura e delle relazioni reciproche fra i generi in vari campi sociali;
    doveroso risulta, in particolare, l'impegno da parte di tutte le donne che ricoprono ruoli istituzionali a proporre, seguire e curare ad ogni livello le misure necessarie ad una svolta di civiltà e di pensiero e ad una nuova pedagogia del rispetto e della dignità delle donne;
    l'aggressività maschile, sottolinea l'Onu, «è la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 16 ed i 44 anni di tutto il mondo»; è di qualche mese fa l'appello ed il richiamo dell'Onu all'Italia: «Violenza sulle donne: crimine di Stato, fate di più. In Italia resta un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale»;
    il 25 novembre p.v. è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la ministra Fornero ha firmato recentemente per l'Italia la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dalla quale è lecito attendersi fatti conseguenti a brevissima scadenza,

impegna il Governo:

   al fine di cancellare la sensazione di indifferenza istituzionale, ad adottare le iniziative di competenza, anche legislative, finalizzate a dotare tempestivamente il Fondo contro la violenza sessuale e di genere delle risorse necessarie ed adeguate agli obiettivi di competenza ed a reintegrare le risorse sottratte ai Centri antiviolenza e alle Case delle donne maltrattate;
   al fine di spezzare la catena della continuità generazionale, a proporre una riflessione pubblica sulla questione eminentemente sociale e culturale della violenza contro le donne, che coinvolga uomini e donne, famiglie, scuole ed università, luoghi della politica e dell'informazione, mondo del lavoro.
9/5534-bis-A/104Favia, Mura, Di Giuseppe.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 463, della legge finanziaria per il 2008, l'ultima del Governo Prodi, finanziava con 20 milioni di euro un piano contro la violenza sulle donne, piano che si sarebbe concretizzato, oltre che nell'erogazione di risorse al Fondo contro la violenza sulle donne e di genere ed ai centri e alle associazioni specializzate, in una campagna di ri-educazione al rispetto e alla dignità verso le donne, che avrebbe raggiunto le istituzioni locali, gli organi mediatici, le scuole, la pubblicità ed i programmi televisivi;
    il piano ricalcava la legge organica contro la violenza sulle donne, varata con serietà ed efficacia dalla Spagna nel 2004, che riconosce la violenza – anche quando abbia luogo fra le mura domestiche – come problema sociale di cui i poteri pubblici devono farsi carico per prevenire e porre rimedio attraverso sistemi adeguati, non limitandosi ad inasprire le pene: in quest'ottica è stato predisposto un intervento integrato e multidisciplinare che deriva dal fatto di considerare quale origine delle violenza sessista la discriminazione della donna nella società, al fine di consente l'adozione di trattamenti differenziati per sesso, al contempo organizzando una vera e propria campagna educativa capillare;
    uno dei primi atti del Governo insediatosi con l'avvio della legislatura in corso è stato quello di tagliare i fondi stanziati per il sostegno alle donne vittime di violenza e per la prevenzione e, finora, nonostante gli appelli, gli impegni chiesti, i richiami, il cambio di Governo, mai ripristinati;
    la presente legge di stabilità è priva di interventi in favore della vexata quaestio riguardante i tempi di lavoro e di cura, questioni di fortissimo interesse e di grande impatto per l'incentivo al mercato del lavoro riguardante le donne, così come nulla è previsto per il reintegro delle risorse finalizzate alla prevenzione della violenza contro le donne e per le associazioni ed i centri di assistenza;
    nel nostro Paese, quest'anno, fino ad oggi, sono morte 101 donne per mano di mariti, fidanzati o ex partner, ma sono migliaia i casi di violenza non conclusi con la morte, ma perpetrata ordinariamente;
    di recente la sessualità era entrata prepotentemente nella sfera pubblica, politico-istituzionale, portando allo scoperto i legami tra una sessualità «di servizio», come quella femminile, e il potere che ne gode i benefici, compensandoli con protezione, denaro, doni, onorificenze;
    il rapporto tra i sessi riscontrabile nello scambio di sesso con cariche di rappresentanza o benefici di varia natura non solo investe le persone, ma la democrazia stessa e la credibilità delle istituzioni che rappresentano: ciò non può che riversarsi in modo infausto nella quotidianità del comune cittadino, acuendone il maschilismo e l'aggressività;
    era lecito attendersi ora un cambio di passo, uno sguardo diverso alla questione, che nasce culturale e sociale, ma non è, a guardare con lungimiranza, disgiunta da quella economica;
    la nostra società fatica ancora a riconoscere pienamente il profondo disvalore della condotta maschile violenta – sessuale, fisica, psicologica – realizzata contro le donne, anche a causa della confusione creata da alcuni modelli che vengono sistematicamente proposti;
    rispetto alla violenza contro le donne l'approccio è rimasto nell'ambito del diritto criminale comportamenti previsti e puniti, una volta messi in atto, a posteriori, secondo le tipologie di reato, atti di violenza sessuale, percosse, lesioni personali, violenza privata, minacce, maltrattamenti, violazione degli obblighi di assistenza famigliare e così via;
    nulla è pensato in ordine alle cause e alla situazione predisponente, in quanto gli interventi istituzionali sono rigidamente costretti nel quadro della sicurezza pubblica e del contrasto a comportamenti delittuosi; non può esistere pari opportunità per una democrazia paritaria se il fenomeno non viene considerato dalle istituzioni quale problema sociale grave, assumendosene la responsabilità attraverso un messaggio culturale e politico di contrasto e facendosi carico di azioni mirate in particolare alla prevenzione, oltre che alla doverosa repressione;
    è imprescindibile una presa di posizione chiara, in primis, da parte delle istituzioni pubbliche, e una assunzione di responsabilità che, in parte, può essere soddisfatta da un piano organico e multidisciplinare di intervento, destinato a conoscere e affrontare la complessa problematica nei suoi vari aspetti, una sorta di piano nazionale onnicomprensivo che mira ad un cambiamento della cultura e delle relazioni reciproche fra i generi in vari campi sociali;
    doveroso risulta, in particolare, l'impegno da parte di tutte le donne che ricoprono ruoli istituzionali a proporre, seguire e curare ad ogni livello le misure necessarie ad una svolta di civiltà e di pensiero e ad una nuova pedagogia del rispetto e della dignità delle donne;
    l'aggressività maschile, sottolinea l'Onu, «è la prima causa di morte e di invalidità per le donne tra i 16 ed i 44 anni di tutto il mondo»; è di qualche mese fa l'appello ed il richiamo dell'Onu all'Italia: «Violenza sulle donne: crimine di Stato, fate di più. In Italia resta un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale»;
    il 25 novembre p.v. è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la ministra Fornero ha firmato recentemente per l'Italia la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, dalla quale è lecito attendersi fatti conseguenti a brevissima scadenza,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, al fine di cancellare la sensazione di indifferenza istituzionale, di adottare le iniziative di competenza, anche legislative, finalizzate a dotare tempestivamente il Fondo contro la violenza sessuale e di genere delle risorse necessarie ed adeguate agli obiettivi di competenza ed a reintegrare le risorse sottratte ai Centri antiviolenza e alle Case delle donne maltrattate;
   al fine di spezzare la catena della continuità generazionale, di proporre una riflessione pubblica sulla questione eminentemente sociale e culturale della violenza contro le donne, che coinvolga uomini e donne, famiglie, scuole ed università, luoghi della politica e dell'informazione, mondo del lavoro.
9/5534-bis-A/104. (Testo modificato nel corso della seduta)  Favia, Mura, Di Giuseppe.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 14 a 17 dell'articolo 3 disciplinano l'imposta di bollo sulle transazioni finanziarie;
    già l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 è intervenuto in materia di tassazione delle attività finanziaria, in primo luogo modificando – a decorrere dal 1o gennaio 2012 – l'aliquota dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l'imposta, al fine di includervi anche i prodotti e gli strumenti finanziari non soggetti all'obbligo di deposito – ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari – per i quali viene prevista un'imposta su base proporzionale pari all'1 per mille per il 2012 e all'1,5 per mille a decorrere dal 2013, calcolati in base al valore di mercato o, in mancanza, a quello «nominale o di rimborso» degli investimenti;
    il comma 3 dell'articolo 19 chiarisce, inoltre, che qualora le comunicazioni siano inviate periodicamente nel corso dell'anno, l'imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato (lettera a). Vengono inoltre stabiliti gli importi minimi e massimi dell'imposta (34,20 e 1.200 euro) (lettera b). Sono comunque esenti i buoni postali fruttiferi di valore di rimborso complessivamente non superiore a euro 5.000;
    il comma 5 del citato articolo 19 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate le relative disposizioni di attuazione, disposte dal decreto ministeriale 24 maggio 2012;
    per effetto delle precisazioni operate dal decreto-legge n. 16 del 2012, l'imposta di bollo proporzionale colpisce anche i cosiddetti «conto deposito», bancari e postali, anche se rappresentati da certificati; per i buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1o gennaio 2009, l'imposta è calcolata sul valore nominale del singolo titolo ed è dovuta nella misura minima di euro 1,81;
    il medesimo decreto-legge n. 201 del 2011 ha introdotto un'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato ed un'imposta sulle attività emerse a seguito della normativa dello «scudo fiscale»;
    non si ritiene utile imporre l'imposta di bollo di cui al comma 3 dell'articolo 19 citato, alle partecipazioni fino a 1.000 euro, perché tale misura scoraggia la partecipazione dei piccoli risparmiatori, anche alle attività finanziarie senza scopo di lucro quali quelle della Banca etica che si avvalgono di migliaia di piccoli contributi,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative, anche legislative, per esentare dall'imposta di bollo citata, le partecipazioni ad attività finanziarie fino al valore di 1.000 euro.
9/5534-bis-A/105Mura, Borghesi, Barbato, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 14 a 17 dell'articolo 3 disciplinano l'imposta di bollo sulle transazioni finanziarie;
    già l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 è intervenuto in materia di tassazione delle attività finanziaria, in primo luogo modificando – a decorrere dal 1o gennaio 2012 – l'aliquota dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l'imposta, al fine di includervi anche i prodotti e gli strumenti finanziari non soggetti all'obbligo di deposito – ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari – per i quali viene prevista un'imposta su base proporzionale pari all'1 per mille per il 2012 e all'1,5 per mille a decorrere dal 2013, calcolati in base al valore di mercato o, in mancanza, a quello «nominale o di rimborso» degli investimenti;
    il comma 3 dell'articolo 19 chiarisce, inoltre, che qualora le comunicazioni siano inviate periodicamente nel corso dell'anno, l'imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato (lettera a). Vengono inoltre stabiliti gli importi minimi e massimi dell'imposta (34,20 e 1.200 euro) (lettera b). Sono comunque esenti i buoni postali fruttiferi di valore di rimborso complessivamente non superiore a euro 5.000;
    il comma 5 del citato articolo 19 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate le relative disposizioni di attuazione, disposte dal decreto ministeriale 24 maggio 2012;
    per effetto delle precisazioni operate dal decreto-legge n. 16 del 2012, l'imposta di bollo proporzionale colpisce anche i cosiddetti «conto deposito», bancari e postali, anche se rappresentati da certificati; per i buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1o gennaio 2009, l'imposta è calcolata sul valore nominale del singolo titolo ed è dovuta nella misura minima di euro 1,81;
    il medesimo decreto-legge n. 201 del 2011 ha introdotto un'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato ed un'imposta sulle attività emerse a seguito della normativa dello «scudo fiscale»;
    non si ritiene utile imporre l'imposta di bollo di cui al comma 3 dell'articolo 19 citato, alle partecipazioni fino a 1.000 euro, perché tale misura scoraggia la partecipazione dei piccoli risparmiatori, anche alle attività finanziarie senza scopo di lucro quali quelle della Banca etica che si avvalgono di migliaia di piccoli contributi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prendere le iniziative, anche legislative, per esentare dall'imposta di bollo citata, le partecipazioni ad attività finanziarie fino al valore di 1.000 euro.
9/5534-bis-A/105. (Testo modificato nel corso della seduta) Mura, Borghesi, Barbato, Messina.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2013),
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 2, comma 43, reca disposizioni in materia di trasporto pubblico locale, introducendo un nuovo articolo 16-bis nell'ambito del decreto-legge n. 95 del 2012 istitutivo del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione Bilancio (V) sono state approvate alcune proposte emendative che hanno riformulato in più parti il testo del nuovo articolo 16-bis citato rispetto alla sua stesura originaria;
    che detti emendamenti, recepivano, in particolare, gran parte dei rilievi critici contenuti nella relazione approvazione approvata dalla Commissione Trasporti (IX) in sede consultiva, nonché alcune proposte segnalate al Parlamento dalla Conferenza delle Regioni;
   considerato che:
    nonostante il nuovo testo dell'articolo 16-bis citato sia stato decisamente migliorato rispetto alla sua impostazione iniziale, rimangono, tuttavia, ancora aperti due ulteriori problemi che avevano anche costituito motivo di vivace confronto durante il dibattito svoltosi in Commissione IX (Trasporti);
    il primo problema riguarda i criteri e le modalità con cui devono essere ripartite e trasferite alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, mediante apposito decreto del Presidente del consiglio dei Ministri. Al riguardo, la linea che il Governo sembrerebbe voler affermare è quella secondo cui i servizi di trasporto pubblico locale devono essere resi solo se redditizi e non diseconomici: il che rappresenta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un concetto del tutto opposto a quello di servizio pubblico universale;
    non appaiono, infatti, del tutto convincenti le disposizioni introdotte all'articolo 2, comma 43, del disegno di legge di stabilità che, in buona sostanza, impongono alle regioni la rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico a domanda debole e la sostituzione di modalità di trasporto diseconomiche con altre modalità che consentano di garantire il servizio in modo sostenibile economicamente, perché esistono servizi di trasporto che devono essere resi anche per quelle tratte che non garantiscono l'equilibrio di mercato, come nel caso dei treni notturni, che, come noto, sono frequentati per lo più da persone che non possono permettersi altro mezzo di trasporto al di là del treno;
    il secondo problema riguarda le disposizioni previste dal primo periodo del comma 10 del nuovo articolo 16-bis citato. Detto comma stabilisce, infatti, che le regioni non possono avere completo accesso al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, se non assicurano l'equilibrio economico della gestione e la sua appropriatezza. Il secondo periodo del medesimo comma 9, inoltre, prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi d'intesa con la con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che stabilisca, nel caso di squilibrio economico:
     a) le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione della eventuale nomina di commissari ad acta;
     b) la decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
     c) le verifiche sull'attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con la eventuale nomina di commissari ad acta;
    il Gruppo dell'Italia dei Valori, attraverso la presentazione di un apposito emendamento (segnatamente 9.43 Borghesi) ha proposto la soppressione della lettera relativa alla decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
    nel complesso, infatti, appare del tutto velleitario, se non di dubbia costituzionalità, pretendere, di fatto, di imporre alle regioni la rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico a domanda debole e la sostituzione di modalità di trasporto diseconomiche con altre modalità che consentano di garantire il servizio in modo sostenibile economicamente, pena la decadenza dei direttori generali delle aziende di trasporto e la nomina di commissari ad acta,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire particolare attenzione nei confronti del diritto alla mobilità delle fasce economicamente più deboli della popolazione nazionale che si avvalgono del trasporto pubblico locale, ed in particolare di quello ferroviario;
   a monitorare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere il contenuto delle disposizioni introdotte dal comma 10 dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dal comma 43 dell'articolo 2 del provvedimento in esame, specie con riferimento alle norme che incidono in maniera eccessivamente pervasiva sull'autonomia delle regioni e degli enti locali, quali quelle concernenti, in caso di disequilibrio economico, la nomina di commissari ad acta, la decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale.
9/5534-bis-A/106Monai, Borghesi, Cimadoro, Piffari.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2013),
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 2, comma 43, reca disposizioni in materia di trasporto pubblico locale, introducendo un nuovo articolo 16-bis nell'ambito del decreto-legge n. 95 del 2012 istitutivo del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale;
    nel corso dell'esame in sede referente in Commissione Bilancio (V) sono state approvate alcune proposte emendative che hanno riformulato in più parti il testo del nuovo articolo 16-bis citato rispetto alla sua stesura originaria;
    che detti emendamenti, recepivano, in particolare, gran parte dei rilievi critici contenuti nella relazione approvazione approvata dalla Commissione Trasporti (IX) in sede consultiva, nonché alcune proposte segnalate al Parlamento dalla Conferenza delle Regioni;
   considerato che:
    nonostante il nuovo testo dell'articolo 16-bis citato sia stato decisamente migliorato rispetto alla sua impostazione iniziale, rimangono, tuttavia, ancora aperti due ulteriori problemi che avevano anche costituito motivo di vivace confronto durante il dibattito svoltosi in Commissione IX (Trasporti);
    il primo problema riguarda i criteri e le modalità con cui devono essere ripartite e trasferite alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, mediante apposito decreto del Presidente del consiglio dei Ministri. Al riguardo, la linea che il Governo sembrerebbe voler affermare è quella secondo cui i servizi di trasporto pubblico locale devono essere resi solo se redditizi e non diseconomici: il che rappresenta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un concetto del tutto opposto a quello di servizio pubblico universale;
    non appaiono, infatti, del tutto convincenti le disposizioni introdotte all'articolo 2, comma 43, del disegno di legge di stabilità che, in buona sostanza, impongono alle regioni la rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico a domanda debole e la sostituzione di modalità di trasporto diseconomiche con altre modalità che consentano di garantire il servizio in modo sostenibile economicamente, perché esistono servizi di trasporto che devono essere resi anche per quelle tratte che non garantiscono l'equilibrio di mercato, come nel caso dei treni notturni, che, come noto, sono frequentati per lo più da persone che non possono permettersi altro mezzo di trasporto al di là del treno;
    il secondo problema riguarda le disposizioni previste dal primo periodo del comma 10 del nuovo articolo 16-bis citato. Detto comma stabilisce, infatti, che le regioni non possono avere completo accesso al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, se non assicurano l'equilibrio economico della gestione e la sua appropriatezza. Il secondo periodo del medesimo comma 9, inoltre, prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi d'intesa con la con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che stabilisca, nel caso di squilibrio economico:
     a) le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione della eventuale nomina di commissari ad acta;
     b) la decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
     c) le verifiche sull'attuazione del piano e dei relativi programmi operativi, anche con la eventuale nomina di commissari ad acta;
    il Gruppo dell'Italia dei Valori, attraverso la presentazione di un apposito emendamento (segnatamente 9.43 Borghesi) ha proposto la soppressione della lettera relativa alla decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
    nel complesso, infatti, appare del tutto velleitario, se non di dubbia costituzionalità, pretendere, di fatto, di imporre alle regioni la rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico a domanda debole e la sostituzione di modalità di trasporto diseconomiche con altre modalità che consentano di garantire il servizio in modo sostenibile economicamente, pena la decadenza dei direttori generali delle aziende di trasporto e la nomina di commissari ad acta,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a garantire particolare attenzione nei confronti del diritto alla mobilità delle fasce economicamente più deboli della popolazione nazionale che si avvalgono del trasporto pubblico locale, ed in particolare di quello ferroviario;
   di monitorare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere il contenuto delle disposizioni introdotte dal comma 10 dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dal comma 43 dell'articolo 2 del provvedimento in esame, specie con riferimento alle norme che incidono in maniera eccessivamente pervasiva sull'autonomia delle regioni e degli enti locali, quali quelle concernenti, in caso di disequilibrio economico, la nomina di commissari ad acta, la decadenza dei direttori generali degli enti e società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale.
9/5534-bis-A/106. (Testo modificato nel corso della seduta) Monai, Borghesi, Cimadoro, Piffari.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 41 e 42 dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame prevedono, modificando parzialmente il comma 36 del decreto-legge n. 138 del 2011, che:
     1) a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza contenga una valutazione relativa all'anno precedente delle maggiori entrate strutturali derivanti, in termini permanenti, dall'attività di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate al contenimento degli oneri fiscali (a valere dal 2014) gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nel medesimo Documento di economia e finanza;
     2) al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale affluisca altresì quota parte delle risorse derivanti dalla riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico, nonché delle ulteriori maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale e contributiva non previste dal Documento di economia e finanza, come risultanti dalla relazione di cui al punto 1), unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali;
     3) il Ministro dell'economia e delle finanze presenti, annualmente, in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva. Il rapporto dovrà indicare, altresì, le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, il loro aggiornamento e dovrà confrontare i risultati con gli obiettivi, evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito fiscale e contributivo attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti;
    in pratica, le maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, insieme alle risorse derivanti dalla riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico ed unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiranno nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale solo subordinatamente al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e, soprattutto, alla riduzione del debito. Con ogni probabilità, le maggiori entrate saranno assorbite dalla riduzione del debito, a scapito della riduzione della pressione fiscale;
    si possono, dunque, nutrire legittimamente dei dubbi sulle reali intenzioni di imboccare la via della riduzione strutturale della pressione fiscale. Di tutta evidenza prevale il dato per cui il ricavato sarà destinato principalmente al mantenimento dell'equilibrio di bilancio ed alla riduzione del debito a scapito della riduzione della pressione fiscale, finendo pertanto con il vanificare tale obiettivo;
    questi due commi rischiano di rappresentare solo una sorta di «norma manifesto» per scopi elettorali;
    non si è avuta neanche la capacità di immaginare quel meccanismo automatico che, quello sì, avrebbe avuto l'effetto di spostare il carico fiscale su chi non paga le tasse; quell'automatismo legato al calcolo annuale del recupero di evasione fiscale con immediata riduzione della pressione fiscale per quelli che le tasse le pagano. Invece si è voluto fare, ancora una volta, questo fondo che ha talmente tanti paletti perché è legato al pareggio di bilancio, perché è legato a tutta una serie di requisiti come la riduzione del rapporto tra debito e PIL, che, quindi, non avrà mai l'effetto sperato di andare a ridurre davvero la pressione fiscale;
    lo sviluppo vero è determinato da vere riduzioni di pressione fiscale, da una vera riduzione di pressione fiscale per i lavoratori e le famiglie, da una vera riduzione di pressione fiscale per le imprese. Finché non ci sarà una manovra di questo tipo, non potremo mai parlare né di manovra di sviluppo né di manovra di crescita;
    bisognava avere il coraggio di fare un'operazione che generasse un automatismo fin dal 2013: questa sì, avrebbe avuto un effetto immediato, anche psicologico, nei confronti delle imprese e nei confronti dei consumatori. Infatti, un effetto di quel genere, da un lato, spingerebbe i consumatori ad avere un po’ più di ottimismo e a spendere un po’ di più. Dall'altro lato le imprese saprebbero che, esistendo l'automatismo, possono investire con la certezza di avere il vantaggio. Le imprese, oggi, non fanno investimenti in attesa di futuri, ma incerti, non determinati e non sicuri effetti di riduzione fiscale; non la incorporano nei calcoli di convenienza economica che fanno sugli investimenti: così si fermano gli investimenti e così l'occupazione si ridurrà ed avremmo un aumento della disoccupazione, e già sappiamo che siamo oltre l'11 per cento,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative affinché tutto il gettito recuperato dall'evasione fiscale, i risparmi conseguiti per la spesa sugli interessi chiaramente sovrastimati nella legge di stabilità, i tagli alle spese fiscali, siano utilizzati fin dall'anno 2013 per un'immediata riduzione della pressione fiscale.
9/5534-bis-A/107Borghesi, Barbato, Messina, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 41 e 42 dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame prevedono, modificando parzialmente il comma 36 del decreto-legge n. 138 del 2011, che:
     1) a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza contenga una valutazione relativa all'anno precedente delle maggiori entrate strutturali derivanti, in termini permanenti, dall'attività di contrasto all'evasione. Dette maggiori entrate, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e saranno finalizzate al contenimento degli oneri fiscali (a valere dal 2014) gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalità di destinazione e di impiego indicate nel medesimo Documento di economia e finanza;
     2) al Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale affluisca altresì quota parte delle risorse derivanti dalla riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico, nonché delle ulteriori maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale e contributiva non previste dal Documento di economia e finanza, come risultanti dalla relazione di cui al punto 1), unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali;
     3) il Ministro dell'economia e delle finanze presenti, annualmente, in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva. Il rapporto dovrà indicare, altresì, le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, il loro aggiornamento e dovrà confrontare i risultati con gli obiettivi, evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito fiscale e contributivo attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti;
    in pratica, le maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto all'evasione fiscale, insieme alle risorse derivanti dalla riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico ed unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiranno nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale solo subordinatamente al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e, soprattutto, alla riduzione del debito. Con ogni probabilità, le maggiori entrate saranno assorbite dalla riduzione del debito, a scapito della riduzione della pressione fiscale;
    si possono, dunque, nutrire legittimamente dei dubbi sulle reali intenzioni di imboccare la via della riduzione strutturale della pressione fiscale. Di tutta evidenza prevale il dato per cui il ricavato sarà destinato principalmente al mantenimento dell'equilibrio di bilancio ed alla riduzione del debito a scapito della riduzione della pressione fiscale, finendo pertanto con il vanificare tale obiettivo;
    questi due commi rischiano di rappresentare solo una sorta di «norma manifesto» per scopi elettorali;
    non si è avuta neanche la capacità di immaginare quel meccanismo automatico che, quello sì, avrebbe avuto l'effetto di spostare il carico fiscale su chi non paga le tasse; quell'automatismo legato al calcolo annuale del recupero di evasione fiscale con immediata riduzione della pressione fiscale per quelli che le tasse le pagano. Invece si è voluto fare, ancora una volta, questo fondo che ha talmente tanti paletti perché è legato al pareggio di bilancio, perché è legato a tutta una serie di requisiti come la riduzione del rapporto tra debito e PIL, che, quindi, non avrà mai l'effetto sperato di andare a ridurre davvero la pressione fiscale;
    lo sviluppo vero è determinato da vere riduzioni di pressione fiscale, da una vera riduzione di pressione fiscale per i lavoratori e le famiglie, da una vera riduzione di pressione fiscale per le imprese. Finché non ci sarà una manovra di questo tipo, non potremo mai parlare né di manovra di sviluppo né di manovra di crescita;
    bisognava avere il coraggio di fare un'operazione che generasse un automatismo fin dal 2013: questa sì, avrebbe avuto un effetto immediato, anche psicologico, nei confronti delle imprese e nei confronti dei consumatori. Infatti, un effetto di quel genere, da un lato, spingerebbe i consumatori ad avere un po’ più di ottimismo e a spendere un po’ di più. Dall'altro lato le imprese saprebbero che, esistendo l'automatismo, possono investire con la certezza di avere il vantaggio. Le imprese, oggi, non fanno investimenti in attesa di futuri, ma incerti, non determinati e non sicuri effetti di riduzione fiscale; non la incorporano nei calcoli di convenienza economica che fanno sugli investimenti: così si fermano gli investimenti e così l'occupazione si ridurrà ed avremmo un aumento della disoccupazione, e già sappiamo che siamo oltre l'11 per cento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prendere le iniziative affinché tutto il gettito recuperato dall'evasione fiscale, i risparmi conseguiti per la spesa sugli interessi nella legge di stabilità, i tagli alle spese fiscali, siano utilizzati fin dall'anno 2013 per un'immediata riduzione della pressione fiscale.
9/5534-bis-A/107. (Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Barbato, Messina, Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    lo stato di previsione del Ministero della Difesa reca uno stanziamento complessivo, in termini di competenza, pari a 20.935,2 milioni di euro. Ricorda per l'anno finanziario 2013 si propongono variazioni positive per 973,1 milioni rispetto al bilancio preventivo 2012 (+90,437 milioni di euro rispetto al bilancio assestato). Nel successivo biennio il volume finanziario complessivo risulta, rispettivamente, ridursi a 20.483,2 milioni di euro nel 2014 per poi riespandersi a 21.024,1 milioni nel 2015;
    le spese per l'Esercizio vengono ulteriormente, ridotte e sono ormai del tutto insufficienti a garantire la piena funzionalità dello strumento militare, in termini di formazione e addestramento del personale nonché manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza;
    documenti ufficiali della Difesa e dalla NATO attribuiscono all'Italia una spesa dell'1,4 per cento dei P.I.L rispetto ad una media europea dell'1,6 per cento. Il nostro Paese spende più della Spagna (0,9 per cento P.I.L.) e quanto la Germania (1,4 per cento P.I.L.) ma meno di Francia e Gran Bretagna (rispettivamente 1,9 per cento e 2,6 per cento del P.I.L.), nazioni che posseggono armamenti nucleari;
    inaccettabile, poi, prevedere con i risparmi del taglio al personale di pagare nuovi sistemi d'arma, come gli F-35 e la loro manutenzione;
    fuori dal bilancio ufficiale sono anche le Missioni all'estero, a carico del Ministero dell'Economia per 1,4 miliardi ed i finanziamenti per alcuni sistemi d'arma a carico del Ministero dello Sviluppo Economico per 1,7 miliardi; per questo nel 2012 alla fine si spende per la Difesa oltre 23 miliardi di euro;
    sul programma di acquisto del Joint Strike Fighter il capo del Segretariato Generale della Difesa (e Direzione Nazionale Armamenti) del Ministero della Difesa generale Claudio Debertolis ha recentemente affrontato il nodo dei costi, chiarendo che la questione degli 80 milioni di dollari al pezzo dei primi 3 F-35A annunciati in Parlamento si riferiva a una pianificazione ormai superata dalle vicende del programma e verteva sul solo aereo «nudo». Aggiornando i prezzi e aggiungendo tutte le altre voci di spesa, il costo di questi primi JSF italiani in realtà sarà più del doppio;
    in 11 anni il costo del programma JSF è aumentato a una media giornaliera di 40 milioni di dollari. L'Italia comincerà ad acquistare la versione STOVL quando – secondo le previsioni del bilancio della Difesa 2013 dalla Casa Bianca – il costo medio dell'aereo «nudo» (in gergo «Recurrent Flyaway Cost») sarà di 137,1 milioni di dollari, per scendere poi a 125,1 nel 2016 e a 118.8 nel 2017;
    l'impianto Final Assembly and Check-Out (FACO) di Cameri partirà a regime ridotto, con inevitabili aggravi di costo oltre gli 800 milioni di euro già spesi per realizzare la struttura;
    il Presidente degli Stati Uniti ha avviato il Programma LEP (Life Extension Program) che mira a perfezionare le bombe statunitensi B-61 attualmente presenti anche sul suolo italiano e a garantire la loro compatibilità con i nuovi velivoli F-35 Jsf ad alto contenuto tecnologico;
    l'Italia è, altresì, impegnata allo sviluppo, oltre che dell'F-35 jsf, anche del corrispettivo europeo Eurofighter Typhoon;
    negli ultimi anni molteplici sono stati i tagli di risorse umane e finanziarie subiti principalmente dal settore dell'esercizio inferti al settore della difesa e della sicurezza a favore di investimenti insostenibili per gli armamenti che non hanno visto un'adeguata e legittima riduzione;
    si chiedono pesantissimi sacrifici ai cittadini e a settori delicati e importanti come la sanità, l'istruzione e l'ambiente e il Ministero della Difesa persiste nel far ricadere i tagli sulle risorse per il personale e per l'efficienza del comparto,

impegna il Governo:

   a prevedere una nuova e migliore ridistribuzione delle risorse non più sbilanciate sugli investimenti per i programmi d'arma inserendo come priorità il giusto aumento delle risorse per l'Esercito in termini di formazione e addestramento del personale nonché manutenzione ed efficienza dei mezzi e degli equipaggiamenti di sicurezza già esistenti;
   a valutare concretamente l'uscita dal programma F-35 Jsf, alla luce degli ultimi aggiornamenti in negativo, della mancanza di penali e delle forti perplessità a livello internazionale a cominciare dalla difesa americana considerando che rappresenta l'investimento più ingente con meno garanzia, sicurezza e trasparenza su tutti i fronti.
9/5534-bis-A/108Di Stanislao, Scilipoti, Adinolfi, Pezzotta, Barbato, Sarubbi, Porfidia.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 14 a 17 dell'articolo 3 disciplinano l'imposta di bollo sulle transazioni finanziarie;
    in particolare, la norma prevede l'assoggettamento ad imposta di bollo, nella misura dello 0,05 per cento, delle operazioni di acquisto e di vendita dei titoli azionari e degli strumenti finanziari assimilati, emessi da soggetti residenti, a prescindere dalla loro quotazione. L'imposta non è invece dovuta per le operazioni di emissione e di annullamento dei titoli azionari;
    l'imposta è altresì dovuta su tutte le operazioni (stipula del contratto, chiusura e negoziazione) su strumenti finanziari derivati, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto titoli di Stato di Paesi appartenenti all'Unione europea e aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni;
    l'imposta è applicata dalle banche, dalle società fiduciarie e dalle imprese di investimento abilitate all'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento ai sensi del TUF, nonché dai soggetti che comunque intervengono nelle predette operazioni (ad esempio, notai);
    l'imposta è suddivisa in parti uguali dalle controparti delle operazioni di cui ai commi 14 e 15 ad eccezione dei soggetti (controparti centrali) che si interpongono nelle medesime operazioni. Sono esentate dall'imposta le operazioni che hanno come controparte l'Unione europea, la Banca centrale europea, le banche centrali degli Stati membri dell'Unione europea e le banche centrali e organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali di altri Stati, nonché gli enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
    il comma 17 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità di applicazione dell'imposta;
    su una base imponibile potenziale per le compravendite di azioni pari a circa 666 miliardi di euro, mentre la base imponibile annua sui derivati viene stimata pari a 8.546 miliardi di euro. Si è stimato un coefficiente di riduzione del 30 per cento per le azioni e dell'80 per cento per i derivati. Applicando l'aliquota dello 0,05 per cento si ottiene un gettito pari a 1.088 milioni di euro;
    a farne le spese gli high-frequency trader (cioè, gli operatori che operano con «scambi ad alta frequenza», operatori che ottengono bassi margini di guadagno su numeri elevati di scambi. Spesso operano con software di calcolo basati su algoritmi che comprano e vendono titoli in modo automatico), gli istituzionali che investono nei mercati azionari (fondi comuni, fondi pensione, fondazioni, casse previdenziali) e le tesorerie delle imprese che utilizzano, ad esempio, i derivati non a fini speculativi ma a copertura di tassi o valute. E tutti i soggetti utilizzatori dei loro servizi finanziari;
    per la sua stessa natura il mercato dei derivati sfugge a una definizione chiara del suo perimetro: gli scambi swap tra attori finanziari, anche per importi ingenti, avvengono per buona parte fuori dai mercati regolamentati. L'unica struttura a raccogliere dati è la Banca dei Regolamenti di Basilea, ma su base aggregata. Le stesse stime della Banca d'Italia potrebbero essere approssimate per difetto: alcuni operatori valutano il mercato dei derivati (compresa la parte «over the counter») anche oltre dieci volte la stima della relazione tecnica. Assosim, l'associazione delle società d'intermediazione mobiliare, parla di un valore tre volte superiore rispetto all'elaborazione dell'Esecutivo;
    come fa un prelievo di mezzo centesimo di punto percentuale a produrre un crollo dell'80 per cento degli scambi ? È ragionevole credere che quella dell'Esecutivo sia una stima per eccesso, utile a produrre extra incassi per l'Erario;
    in ambito europeo, la Commissione europea aveva già presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva (COM(2011)594) volta ad introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea. Il Consiglio ECOFIN del 9 ottobre 2012, ha preso atto che esistono le condizioni per procedere alla presentazione di una proposta di cooperazione rafforzata relativa all'introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie: infatti, sette Stati membri (Belgio, Germania, Grecia, Francia, Austria, Portogallo e Slovenia) l'hanno già richiesta, tramite una lettera, alla Commissione europea, e altri quattro Stati (Italia, Spagna Estonia e Slovacchia) hanno dichiarato che lo faranno a breve. E stato così superato il numero minimo di nove Paesi richiesto dall'articolo 20 del Trattato sull'Unione europea per poter attivare una cooperazione rafforzata. L'autorizzazione a procedere alla cooperazione dovrà essere approvata dal Consiglio dell'UE a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo;
    occorrerà pertanto verificare la compatibilità tra la norma in commento e la futura proposta di cooperazione rafforzata,

impegna il Governo:

   a regolamentare l'imposta in conformità alla normativa europea in fase di definizione, entro sei mesi dall'entrata in vigore di quest'ultima;
   a valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative legislative, volte:
   a prevedere, in conformità a quanto previsto dalla proposta di direttiva (COM(2011)594), per le operazioni su strumenti finanziari derivati aventi l'esclusiva finalità di copertura dai rischi di cambio, di interesse e di prezzo di merci e materie prime, di applicare l'aliquota ridotta dello 0,01 per cento, mentre in caso di transazioni finanziarie relative ad operazioni su altri strumenti finanziari derivati oppure non relative a contratti derivati, di applicare l'aliquota ordinaria dello 0,1 per cento;
   a distinguere gli operatori ad elevata frequenza di scambio, per i quali l'imposta si applica sulle singole operazioni, dagli altri operatori, per i quali l'imposta si applica sulle posizioni nette a fine giornata;
   ad estendere l'applicazione della tassa sulle transazioni anche se nessuna delle controparti sia residente nel territorio nazionale.
9/5534-bis-A/109(versione corretta)Evangelisti, Borghesi, Barbato, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 14 a 17 dell'articolo 3 disciplinano l'imposta di bollo sulle transazioni finanziarie;
    in particolare, la norma prevede l'assoggettamento ad imposta di bollo, nella misura dello 0,05 per cento, delle operazioni di acquisto e di vendita dei titoli azionari e degli strumenti finanziari assimilati, emessi da soggetti residenti, a prescindere dalla loro quotazione. L'imposta non è invece dovuta per le operazioni di emissione e di annullamento dei titoli azionari;
    l'imposta è altresì dovuta su tutte le operazioni (stipula del contratto, chiusura e negoziazione) su strumenti finanziari derivati, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto titoli di Stato di Paesi appartenenti all'Unione europea e aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni;
    l'imposta è applicata dalle banche, dalle società fiduciarie e dalle imprese di investimento abilitate all'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento ai sensi del TUF, nonché dai soggetti che comunque intervengono nelle predette operazioni (ad esempio, notai);
    l'imposta è suddivisa in parti uguali dalle controparti delle operazioni di cui ai commi 14 e 15 ad eccezione dei soggetti (controparti centrali) che si interpongono nelle medesime operazioni. Sono esentate dall'imposta le operazioni che hanno come controparte l'Unione europea, la Banca centrale europea, le banche centrali degli Stati membri dell'Unione europea e le banche centrali e organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali di altri Stati, nonché gli enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
    il comma 17 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione delle modalità di applicazione dell'imposta;
    su una base imponibile potenziale per le compravendite di azioni pari a circa 666 miliardi di euro, mentre la base imponibile annua sui derivati viene stimata pari a 8.546 miliardi di euro. Si è stimato un coefficiente di riduzione del 30 per cento per le azioni e dell'80 per cento per i derivati. Applicando l'aliquota dello 0,05 per cento si ottiene un gettito pari a 1.088 milioni di euro;
    a farne le spese gli high-frequency trader (cioè, gli operatori che operano con «scambi ad alta frequenza», operatori che ottengono bassi margini di guadagno su numeri elevati di scambi. Spesso operano con software di calcolo basati su algoritmi che comprano e vendono titoli in modo automatico), gli istituzionali che investono nei mercati azionari (fondi comuni, fondi pensione, fondazioni, casse previdenziali) e le tesorerie delle imprese che utilizzano, ad esempio, i derivati non a fini speculativi ma a copertura di tassi o valute. E tutti i soggetti utilizzatori dei loro servizi finanziari;
    per la sua stessa natura il mercato dei derivati sfugge a una definizione chiara del suo perimetro: gli scambi swap tra attori finanziari, anche per importi ingenti, avvengono per buona parte fuori dai mercati regolamentati. L'unica struttura a raccogliere dati è la Banca dei Regolamenti di Basilea, ma su base aggregata. Le stesse stime della Banca d'Italia potrebbero essere approssimate per difetto: alcuni operatori valutano il mercato dei derivati (compresa la parte «over the counter») anche oltre dieci volte la stima della relazione tecnica. Assosim, l'associazione delle società d'intermediazione mobiliare, parla di un valore tre volte superiore rispetto all'elaborazione dell'Esecutivo;
    come fa un prelievo di mezzo centesimo di punto percentuale a produrre un crollo dell'80 per cento degli scambi ? È ragionevole credere che quella dell'Esecutivo sia una stima per eccesso, utile a produrre extra incassi per l'Erario;
    in ambito europeo, la Commissione europea aveva già presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva (COM(2011)594) volta ad introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea. Il Consiglio ECOFIN del 9 ottobre 2012, ha preso atto che esistono le condizioni per procedere alla presentazione di una proposta di cooperazione rafforzata relativa all'introduzione di una imposta sulle transazioni finanziarie: infatti, sette Stati membri (Belgio, Germania, Grecia, Francia, Austria, Portogallo e Slovenia) l'hanno già richiesta, tramite una lettera, alla Commissione europea, e altri quattro Stati (Italia, Spagna Estonia e Slovacchia) hanno dichiarato che lo faranno a breve. E stato così superato il numero minimo di nove Paesi richiesto dall'articolo 20 del Trattato sull'Unione europea per poter attivare una cooperazione rafforzata. L'autorizzazione a procedere alla cooperazione dovrà essere approvata dal Consiglio dell'UE a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo;
    occorrerà pertanto verificare la compatibilità tra la norma in commento e la futura proposta di cooperazione rafforzata,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di regolamentare l'imposta in conformità alla normativa europea in fase di definizione, entro sei mesi dall'entrata in vigore di quest'ultima;
   di valutare gli effetti applicativi della norma citata in premessa, al fine di adottare le opportune iniziative legislative, volte:
    a prevedere, in conformità a quanto previsto dalla proposta di direttiva (COM(2011)594), per le operazioni su strumenti finanziari derivati aventi l'esclusiva finalità di copertura dai rischi di cambio, di interesse e di prezzo di merci e materie prime, di applicare l'aliquota ridotta dello 0,01 per cento, mentre in caso di transazioni finanziarie relative ad operazioni su altri strumenti finanziari derivati oppure non relative a contratti derivati, di applicare l'aliquota ordinaria dello 0,1 per cento;
    a distinguere gli operatori ad elevata frequenza di scambio, per i quali l'imposta si applica sulle singole operazioni, dagli altri operatori, per i quali l'imposta si applica sulle posizioni nette a fine giornata;
    ad estendere l'applicazione della tassa sulle transazioni anche se nessuna delle controparti sia residente nel territorio nazionale.
9/5534-bis-A/109(Versione corretta nel testo modificato nel corso della seduta)Evangelisti, Borghesi, Barbato, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    da oltre quaranta anni il movimento radicale e, in modo specifico, Marco Pannella, denunciano il rischio idrogeologico che minaccia l'Italia, senza aver trovato adeguato ascolto tra i rappresentanti delle istituzioni preposte;
    quella che appariva una preoccupazione eccessiva è divenuta, purtroppo, conoscenza condivisa e tutti i cittadini sanno che su gran parte d'Italia incombe la minaccia del dissesto idrogeologico;
    la situazione è resa ancor più grave dall'accelerarsi sempre più evidente dei mutamenti climatici. È una situazione di estrema complessità che va affrontata come una priorità assoluta, per non dover più pagare costi altissimi in termini di vite umane e territori devastati;
    è necessario trovare risorse adeguate per la prevenzione, la corretta gestione e la messa in sicurezza del territorio, a partire dalle piccole opere di manutenzione. E un modo per mettere al sicuro i cittadini, non avere nuove vittime grazie all'opera di salvaguardare il territorio;
    gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza del territorio, inoltre, sono spesso cantierabili subito e hanno quindi anche il pregio di rilanciare l'occupazione. Al Paese serve, con beneficio certo per tutti, una diffusa opera di messa in sicurezza e manutenzione del territorio;
    a tal fine si ritiene opportuno proporre di verificare caso per caso il rispetto del patto di stabilità interno, per consentire alle istituzioni locali che hanno risorse di utilizzarle per la manutenzione del territorio e la messa in sicurezza degli edifici pubblici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le misure proposte in premessa e a individuare ulteriori adeguate risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, stabilendo meccanismi di allocazione utili a garantire una distribuzione delle stesse nelle zone a maggior rischio, secondo procedure efficienti efficaci, economiche e trasparenti, che aiutino ad evitare il ripetersi di eventi drammatici quali quelli che hanno colto il centro della nostra penisola nei giorni scorsi.
9/5534-bis-A/110Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.


   La Camera,
   premesso che:
    da oltre quaranta anni il movimento radicale e, in modo specifico, Marco Pannella, denunciano il rischio idrogeologico che minaccia l'Italia, senza aver trovato adeguato ascolto tra i rappresentanti delle istituzioni preposte;
    quella che appariva una preoccupazione eccessiva è divenuta, purtroppo, conoscenza condivisa e tutti i cittadini sanno che su gran parte d'Italia incombe la minaccia del dissesto idrogeologico;
    la situazione è resa ancor più grave dall'accelerarsi sempre più evidente dei mutamenti climatici. È una situazione di estrema complessità che va affrontata come una priorità assoluta, per non dover più pagare costi altissimi in termini di vite umane e territori devastati;
    è necessario trovare risorse adeguate per la prevenzione, la corretta gestione e la messa in sicurezza del territorio, a partire dalle piccole opere di manutenzione. E un modo per mettere al sicuro i cittadini, non avere nuove vittime grazie all'opera di salvaguardare il territorio;
    gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza del territorio, inoltre, sono spesso cantierabili subito e hanno quindi anche il pregio di rilanciare l'occupazione. Al Paese serve, con beneficio certo per tutti, una diffusa opera di messa in sicurezza e manutenzione del territorio;
    a tal fine si ritiene opportuno proporre di verificare caso per caso il rispetto del patto di stabilità interno, per consentire alle istituzioni locali che hanno risorse di utilizzarle per la manutenzione del territorio e la messa in sicurezza degli edifici pubblici,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare le misure proposte in premessa e a individuare ulteriori adeguate risorse finanziarie destinate alla difesa del suolo e alla prevenzione del dissesto idrogeologico, stabilendo meccanismi di allocazione utili a garantire una distribuzione delle stesse nelle zone a maggior rischio, secondo procedure efficienti efficaci, economiche e trasparenti, che aiutino ad evitare il ripetersi di eventi drammatici quali quelli che hanno colto il centro della nostra penisola nei giorni scorsi.
9/5534-bis-A/110. (Testo modificato nel corso della seduta) Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo in occasione della conversione in legge del cosiddetto «decreto Balduzzi» sulla sanità ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/5440-AR/100 che impegna il governo ad adottare tempestivamente iniziative volte ad inserire nei LEA gli screening allargati per le malattie genetiche metaboliche rare per le quali esistono risposte terapeutiche o dietetiche;
    ritenuto che per dare efficace seguito a tale impegno assunto dal Governo si rende necessario prevedere la destinazione di apposite risorse per poter assicurare un'estesa applicazione degli screening neonatali e postnatali per le malattie genetiche rare per le quali è disponibile un trattamento terapeutico di riconosciuta efficacia,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, idonee a costituire un apposito fondo per finanziare e sostenere la massima diffusione degli screening neonatali e postnatali per le malattie genetiche rare per le quali esistono risposte terapeutiche o dietetiche.
9/5534-bis-A/111Rondini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso della legislatura sono stati numerosi gli interventi di carattere fiscale volti a favorire gli investimenti delle imprese in ricerca e sviluppo (si ricorda, anzitutto, l'articolo 1, comma 25 della legge di stabilità per il 2011 – legge 13 dicembre 2010, n. 220 –, che aveva attribuito un credito d'imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle imprese che avessero affidato attività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca);
    tale norma è stata soppressa dall'articolo 1 del decreto-legge n. 70 del 2011, che ha assorbito il predetto credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, istituendo in sua vece un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca, che possono sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture e simili con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico;
    il disegno di legge n. 5534-bis – legge di stabilità 2013 – prevede l'istituzione di un fondo per la concessione di un credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché per ridurre il cuneo fiscale, secondo criteri e modalità definiti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico;
    tale credito d'imposta è riservato alle imprese e alle reti d'impresa che affidano progetti di ricerca e sviluppo a università ed enti/organismi di ricerca o che realizzano investimenti nel settore;
    investire in ricerca e sviluppo, a fronte dell'incalzante processo di globalizzazione che ha investito i nostri mercati, ormai letteralmente invasi da prodotti a basso costo provenienti dall'estero, significa precostituire le condizioni che garantiranno al nostro export di qualità di continuare a crescere e competere sui mercati internazionali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di contemplare, nell'ambito di tali progetti volti a favorire la ricerca e lo sviluppo, anche la previsione di nuove tecnologie anticontraffazione, al fine di garantire il tessuto produttivo rappresentato dalle piccole e medie imprese italiane, le quali costituiscono un elemento vitale del sistema nazionale di produzione e caratteristico del made in Italy.
9/5534-bis-A/112Pastore, Fava, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso della legislatura sono stati numerosi gli interventi di carattere fiscale volti a favorire gli investimenti delle imprese in ricerca e sviluppo (si ricorda, anzitutto, l'articolo 1, comma 25 della legge di stabilità per il 2011 – legge 13 dicembre 2010, n. 220 –, che aveva attribuito un credito d'imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle imprese che avessero affidato attività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca);
    tale norma è stata soppressa dall'articolo 1 del decreto-legge n. 70 del 2011, che ha assorbito il predetto credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, istituendo in sua vece un credito d'imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca, che possono sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture e simili con altre qualificate strutture di ricerca, anche private, di equivalente livello scientifico;
    il disegno di legge n. 5534-bis – legge di stabilità 2013 – prevede l'istituzione di un fondo per la concessione di un credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché per ridurre il cuneo fiscale, secondo criteri e modalità definiti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico;
    tale credito d'imposta è riservato alle imprese e alle reti d'impresa che affidano progetti di ricerca e sviluppo a università ed enti/organismi di ricerca o che realizzano investimenti nel settore;
    investire in ricerca e sviluppo, a fronte dell'incalzante processo di globalizzazione che ha investito i nostri mercati, ormai letteralmente invasi da prodotti a basso costo provenienti dall'estero, significa precostituire le condizioni che garantiranno al nostro export di qualità di continuare a crescere e competere sui mercati internazionali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di contemplare, nell'ambito di tali progetti volti a favorire la ricerca e lo sviluppo, anche la previsione di nuove tecnologie anticontraffazione, al fine di garantire il tessuto produttivo rappresentato dalle piccole e medie imprese italiane, le quali costituiscono un elemento vitale del sistema nazionale di produzione e caratteristico del made in Italy.
9/5534-bis-A/112. (Testo modificato nel corso della seduta) Pastore, Fava, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo, valutato in particolare che una delle finalità sottese alle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame consiste nella razionalizzazione e riduzione della spesa delle amministrazioni pubbliche;
   uno dei settori di spesa delle pubbliche amministrazioni che potrebbe essere oggetto di attenta revisione è quello che attiene alle risorse attualmente destinate alle locazioni di immobili sedi di uffici pubblici e al mantenimento e gestione degli immobili medesimi;
   in alcune aree del Paese e in alcuni rami dell'amministrazione tale problema sta per essere affrontato: è di questi giorni la notizia dell'abbandono della sede storica dell'Inps a Milano, sita in Via Melchiorre Gioia ed il trasferimento degli uffici in una sede più piccola, più efficiente da un punto di vista energetico e quindi meno dispendiosa;
   da operazioni come quella citata è possibile trarre significativi risparmi ed anche nuove entrate ove le sedi dismesse, se di proprietà pubblica, vengano messe a reddito;
   il provvedimento in esame non incide se non in maniera settoriale nella direzione indicata: è prevista al comma 36 dell'articolo 1 la dismissione della sede romana di piazzale Kennedy del Ministero dell'Istruzione, dalla quale si prevede un risparmio di 6 milioni di euro a partire dal 2014,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative di competenza volte ad un progressivo generale trasferimento degli uffici pubblici delle amministrazioni centrali in sedi meno dispendiose rispetto a quelle attualmente in uso.
9/5534-bis-A/113Meroni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate alla stabilizzazione finanziaria anche attraverso l'introduzione di disposizioni per la riduzione della spesa pubblica e in materia di entrate;
    in particolare, il disegno di legge di bilancio per il 2013 si colloca in un percorso di progressivo risanamento dei conti pubblici che prevede il raggiungimento del pareggio strutturale del conto delle amministrazioni pubbliche nel 2013;
    tra le maggiori variazioni in diminuzione, si segnalano quelle contenute negli articoli 11 e 17, in riferimento alla Missione Difesa e Sicurezza del territorio (–1.322 milioni);
    la funzione Sicurezza del territorio reca risorse, destinate alle esigenze dell'Arma dei carabinieri, pari a 5.759,6 milioni, con un decremento di 133,4 milioni (–2,3 per cento) rispetto alla dotazione 2012;
    in particolare, viene previsto un decremento di 114,8 milioni di euro (–2,0 per cento) rispetto alle previsioni per il 2012 per le spese per il personale riferito agli effetti dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 che ha limitato il turn over nel comparto difesa e sicurezza;
    l'esigenza di sicurezza oggi è più che mai sentita dalla popolazione e occorre adoperarsi in modo deciso per il mantenimento di adeguati livelli di efficienza ed efficacia nell'azione di controllo del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere ulteriori iniziative normative volte ad assicurare al comparto della sicurezza risorse congrue per l'assolvimento dei propri compiti di salvaguardia del territorio.
9/5534-bis-A/114Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame introduce una serie di misure finalizzate alla stabilizzazione finanziaria anche attraverso l'introduzione di disposizioni per la riduzione della spesa pubblica e in materia di entrate;
    in particolare, il disegno di legge di bilancio per il 2013 si colloca in un percorso di progressivo risanamento dei conti pubblici che prevede il raggiungimento del pareggio strutturale del conto delle amministrazioni pubbliche nel 2013;
    tra le maggiori variazioni in diminuzione, si segnalano quelle contenute negli articoli 11 e 17, in riferimento alla Missione Difesa e Sicurezza del territorio (–1.322 milioni);
    la funzione Sicurezza del territorio reca risorse, destinate alle esigenze dell'Arma dei carabinieri, pari a 5.759,6 milioni, con un decremento di 133,4 milioni (–2,3 per cento) rispetto alla dotazione 2012;
    in particolare, viene previsto un decremento di 114,8 milioni di euro (–2,0 per cento) rispetto alle previsioni per il 2012 per le spese per il personale riferito agli effetti dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 95 del 2012 che ha limitato il turn over nel comparto difesa e sicurezza;
    l'esigenza di sicurezza oggi è più che mai sentita dalla popolazione e occorre adoperarsi in modo deciso per il mantenimento di adeguati livelli di efficienza ed efficacia nell'azione di controllo del territorio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere ulteriori iniziative normative volte ad assicurare al comparto della sicurezza risorse congrue per l'assolvimento dei propri compiti di salvaguardia del territorio.
9/5534-bis-A/114. (Testo modificato nel corso della seduta) Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure recate dalla legge di stabilità nel testo del disegno di legge presentato dal Governo, sul piano degli effetti finanziari determinano complessivamente, per il 2013, un miglioramento del saldo netto da finanziare di 216,5 milioni, a fronte di un peggioramento di circa 3 miliardi per il fabbisogno e l'indebitamento netto;
    le politiche di forte austerità imposte dal Governo per il raggiungimento dell'obiettivo nel 2013 del pareggio di bilancio fanno registrare sacrifici a senso unico a carico delle fasce più deboli della popolazione, mentre il debito pubblico addirittura cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse soffocano famiglie e imprese e i consumi calano;
    il nostro Paese sta tragicamente vivendo una vera e propria emergenza occupazionale, che si aggraverà nei prossimi mesi;
    la recessione in atto ha fatto si che tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011, in Italia i disoccupati siano 758 mila in più;
    a fine 2013, la forza lavoro non utilizzata, valutando sia i disoccupati che i fruitori di cassa integrazione, salirà al 13,9 per cento, dal 12,8 per cento di fine 2012; cifre a cui bisogna aggiungere il dato sui lavoratori ormai scoraggiati che non cercano neanche più lavoro uscendo di fatto dalle statistiche, stimati dall'Istat in misura pari a circa 2,897 milioni nel 2011, in aumento su base annua di circa il 5 per cento;
    una grossa fetta della popolazione femminile è tagliata fuori dal mercato del lavoro, e la disoccupazione riguarda un terzo dei giovani italiani; dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è infatti passato dal 24 al 32 per cento, con un ulteriore balzo al 39,3 per cento nel primo trimestre 2012;
    la crisi incide in misura maggiore proprio sui più giovani e sulle donne in quanto i principali utilizzatori dei contratti di lavoro temporaneo ed i primi su cui si riversano i licenziamenti effetto delle crisi aziendali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le più opportune misure, dirette anche al contenimento del costo del lavoro a carico delle imprese, volte a favorire l'occupazione e il reinserimento nel mercato produttivo delle fasce più deboli della popolazione rappresentate dalla componente femminile e giovanile.
9/5534-bis-A/115Follegot, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure recate dalla legge di stabilità nel testo del disegno di legge presentato dal Governo, sul piano degli effetti finanziari determinano complessivamente, per il 2013, un miglioramento del saldo netto da finanziare di 216,5 milioni, a fronte di un peggioramento di circa 3 miliardi per il fabbisogno e l'indebitamento netto;
    le politiche di forte austerità imposte dal Governo per il raggiungimento dell'obiettivo nel 2013 del pareggio di bilancio fanno registrare sacrifici a senso unico a carico delle fasce più deboli della popolazione, mentre il debito pubblico addirittura cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse soffocano famiglie e imprese e i consumi calano;
    il nostro Paese sta tragicamente vivendo una vera e propria emergenza occupazionale, che si aggraverà nei prossimi mesi;
    la recessione in atto ha fatto si che tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011, in Italia i disoccupati siano 758 mila in più;
    a fine 2013, la forza lavoro non utilizzata, valutando sia i disoccupati che i fruitori di cassa integrazione, salirà al 13,9 per cento, dal 12,8 per cento di fine 2012; cifre a cui bisogna aggiungere il dato sui lavoratori ormai scoraggiati che non cercano neanche più lavoro uscendo di fatto dalle statistiche, stimati dall'Istat in misura pari a circa 2,897 milioni nel 2011, in aumento su base annua di circa il 5 per cento;
    una grossa fetta della popolazione femminile è tagliata fuori dal mercato del lavoro, e la disoccupazione riguarda un terzo dei giovani italiani; dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è infatti passato dal 24 al 32 per cento, con un ulteriore balzo al 39,3 per cento nel primo trimestre 2012;
    la crisi incide in misura maggiore proprio sui più giovani e sulle donne in quanto i principali utilizzatori dei contratti di lavoro temporaneo ed i primi su cui si riversano i licenziamenti effetto delle crisi aziendali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere le più opportune misure, dirette anche al contenimento del costo del lavoro a carico delle imprese, volte a favorire l'occupazione e il reinserimento nel mercato produttivo delle fasce più deboli della popolazione rappresentate dalla componente femminile e giovanile.
9/5534-bis-A/115. (Testo modificato nel corso della seduta) Follegot, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità è volto a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, consentendo, al contempo, il raggiungimento, nel 2013, dell'obiettivo del pareggio di bilancio, nonché il finanziamento di alcune spese indifferibili;
    le disposizioni in esame introducono una serie di misure finalizzate alla stabilizzazione finanziaria, al fine di sostenere l'economia nazionale nell'attuale difficile momento di crisi;
    si rende opportuno provvedere al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socioeconomico, ivi compresi interventi di sviluppo e di messa in sicurezza dei territori;
    a seguito degli ultimi eventi alluvionali, avvenuti nei giorni scorsi, diverse Regioni italiane, soprattutto del Nord del Paese, in particolare Veneto, Piemonte, Liguria, sono state colpite da alluvioni e frane che, oltre a provocare in qualche caso anche la perdita di vite umane, hanno comportato ingenti danni economici, non ancora definitivamente quantificati;
    la grave situazione creatasi a seguito delle suddette calamità naturali mette in luce, purtroppo, la scarsa capacità delle istituzioni locali e nazionali, anche e soprattutto per la scarsità delle risorse disponibili, a far fronte alle sempre più frequenti emergenze ambientali;
    queste ultime rivelano il deficit cronico di investimenti infrastrutturali finalizzati alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle aree a rischio e, in alcuni casi, un certo lassismo nella lotta all'abusivismo edilizio;
    stante la difficile situazione di finanza pubblica, è opportuno procedere ad una razionalizzazione degli interventi infrastrutturali, concentrando le risorse su pochi e strategici obiettivi ed evitando la dispersione dei fondi pubblici in micro-interventi inefficaci,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare quota parte delle risorse del Fondo destinato a finanziare interventi di settore alle zone recentemente colpite dagli eventi alluvionali, anche al fine di predisporre adeguate misure strutturali di messa in sicurezza del territorio e di consentire l'individuazione e la realizzazione di strumenti efficaci di monitoraggio delle aree soggette ad uno stato di dissesto idrogeologico.
9/5534-bis-A/116Di Vizia, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità è volto a realizzare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, consentendo, al contempo, il raggiungimento, nel 2013, dell'obiettivo del pareggio di bilancio, nonché il finanziamento di alcune spese indifferibili;
    le disposizioni in esame introducono una serie di misure finalizzate alla stabilizzazione finanziaria, al fine di sostenere l'economia nazionale nell'attuale difficile momento di crisi;
    si rende opportuno provvedere al finanziamento di interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socioeconomico, ivi compresi interventi di sviluppo e di messa in sicurezza dei territori;
    a seguito degli ultimi eventi alluvionali, avvenuti nei giorni scorsi, diverse Regioni italiane, soprattutto del Nord del Paese, in particolare Veneto, Piemonte, Liguria, sono state colpite da alluvioni e frane che, oltre a provocare in qualche caso anche la perdita di vite umane, hanno comportato ingenti danni economici, non ancora definitivamente quantificati;
    la grave situazione creatasi a seguito delle suddette calamità naturali mette in luce, purtroppo, la scarsa capacità delle istituzioni locali e nazionali, anche e soprattutto per la scarsità delle risorse disponibili, a far fronte alle sempre più frequenti emergenze ambientali;
    queste ultime rivelano il deficit cronico di investimenti infrastrutturali finalizzati alla manutenzione e alla messa in sicurezza delle aree a rischio e, in alcuni casi, un certo lassismo nella lotta all'abusivismo edilizio;
    stante la difficile situazione di finanza pubblica, è opportuno procedere ad una razionalizzazione degli interventi infrastrutturali, concentrando le risorse su pochi e strategici obiettivi ed evitando la dispersione dei fondi pubblici in micro-interventi inefficaci,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare quota parte delle risorse del Fondo destinato a finanziare interventi di settore alle zone recentemente colpite dagli eventi alluvionali, anche al fine di predisporre adeguate misure strutturali di messa in sicurezza del territorio e di consentire l'individuazione e la realizzazione di strumenti efficaci di monitoraggio delle aree soggette ad uno stato di dissesto idrogeologico.
9/5534-bis-A/116. (Testo modificato nel corso della seduta) Di Vizia, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review»). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che nell'ambito delle disposizioni del disegno di legge di stabilità rientranti negli ambiti di competenza della commissione giustizia, l'articolo 1 al comma 20, lettere c) e d), è stabilito che la ripartizione delle risorse derivanti dal maggior gettito del contributo unificato siano destinato in via prioritaria all'assunzione di personale di magistratura ordinaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare le priorità di destinazione di tali risorse, in modo tale da garantire la loro destinazione in via prioritaria alla incentivazione del personale amministrativo degli uffici giudiziari che hanno ridotto del 10 per cento il numero dei procedimenti pendenti al 31 dicembre di ciascun anno rispetto alla stessa data dell'anno precedente.
9/5534-bis-A/117Paolini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review»). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che nell'ambito delle disposizioni del disegno di legge di stabilità rientranti negli ambiti di competenza della commissione giustizia, l'articolo 1 al comma 20, lettere c) e d), è stabilito che la ripartizione delle risorse derivanti dal maggior gettito del contributo unificato siano destinato in via prioritaria all'assunzione di personale di magistratura ordinaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare le priorità di destinazione di tali risorse, in modo tale da garantire la loro destinazione in via prioritaria alla incentivazione del personale amministrativo degli uffici giudiziari che hanno ridotto del 10 per cento il numero dei procedimenti pendenti al 31 dicembre di ciascun anno rispetto alla stessa data dell'anno precedente.
9/5534-bis-A/117. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge C. 5534-bis, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)»;
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review»). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che nell'ambito delle disposizioni del disegno di legge di stabilità rientranti negli ambiti di competenza della commissione giustizia, l'articolo 1 al comma 20, lettere c) e d), è stabilito che la ripartizione delle risorse derivanti dal maggior gettito del contributo unificato siano destinato in via prioritaria all'assunzione di personale di magistratura ordinaria,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare le priorità di destinazione di tali risorse, in modo tale da garantire la loro destinazione in via prioritaria alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari che abbiano ridotto del 10 per cento il numero dei procedimenti pendenti al 31 dicembre di ciascun anno rispetto alla stessa data dell'anno precedente.
9/5534-bis-A/118Isidori, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge C. 5534-bis, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)»;
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review»). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che nell'ambito delle disposizioni del disegno di legge di stabilità rientranti negli ambiti di competenza della commissione giustizia, l'articolo 1 al comma 20, lettere c) e d), è stabilito che la ripartizione delle risorse derivanti dal maggior gettito del contributo unificato siano destinato in via prioritaria all'assunzione di personale di magistratura ordinaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della norma citata al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a riconsiderare le priorità di destinazione di tali risorse, in modo tale da garantire la loro destinazione in via prioritaria alle spese di funzionamento degli uffici giudiziari che abbiano ridotto del 10 per cento il numero dei procedimenti pendenti al 31 dicembre di ciascun anno rispetto alla stessa data dell'anno precedente.
9/5534-bis-A/118. (Testo modificato nel corso della seduta) Isidori, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge C. 5534-bis, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)»;
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che in riferimento alle spese per le intercettazioni, il comma 17 dell'articolo 1 rimette ad un decreto del Ministro della giustizia e del ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia, la determinazione: delle prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, le modalità e i tempi di effettuazione delle stesse e gli obblighi specifici degli operatori; del ristoro dei costi sostenuti e delle modalità di pagamento in forma di canone annuo forfettario, determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente;
   valutato che tale previsione risulta dare attuazione ad una meritoria, quanto parziale, forma di spending review anche sul versante delle intercettazioni dove, a fronte di costi che nel 2011 hanno toccato i 260 milioni, l'obiettivo è di razionalizzare i costi e arrivare a una loro uniformità. Così, è affidata ad un futuro decreto la determinazione degli obblighi a carico degli operatori, ma anche, se non soprattutto, la precisazione di modalità di pagamento in forma di canone annuo forfettario «determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente»;
   ricordato che, in tale ottica, il capitolo 1363, Spese per intercettazioni, nella previsione 2013 reca uno stanziamento di 199,8 milioni, realizzando una diminuzione di spesa pari a 40 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli ulteriori opportuni interventi normativi in materia di spese imputate alle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali in modo da assicurare risparmi non inferiori a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.
9/5534-bis-A/119Lussana, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il disegno di legge C. 5534-bis, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)»;
   valutato che il disegno di legge di stabilità per il 2013 si aggiunge a sei precedenti manovre correttive che a diverso titolo hanno aumentato le entrate e ridotto la spesa (decreto-legge n. 98 del 2011; decreto-legge n. 138 del 2011; la legge di stabilità 2012; decreto-legge n. 201 del 2011; decreto-legge n. 95 del 2012, meglio noto come «spending review). L'ampiezza delle sei manovre, cioè il reperimento (complessivo) delle risorse, è pari a poco meno di 5 punti di PIL nel 2012, poco sopra i 6,5 punti di PIL nel 2013 e oltre 7 punti di PIL nel 2014. Complessivamente, il Governo Berlusconi e il Governo Monti hanno predisposto delle misure correttive, per il triennio 2012-2013-2014, che sfiorano i 130 miliardi di euro;
   considerato che in riferimento alle spese per le intercettazioni, il comma 17 dell'articolo 1 rimette ad un decreto del Ministro della giustizia e del ministero dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell'economia, la determinazione: delle prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudiziarie, le modalità e i tempi di effettuazione delle stesse e gli obblighi specifici degli operatori; del ristoro dei costi sostenuti e delle modalità di pagamento in forma di canone annuo forfettario, determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente;
   valutato che tale previsione risulta dare attuazione ad una meritoria, quanto parziale, forma di spending review anche sul versante delle intercettazioni dove, a fronte di costi che nel 2011 hanno toccato i 260 milioni, l'obiettivo è di razionalizzare i costi e arrivare a una loro uniformità. Così, è affidata ad un futuro decreto la determinazione degli obblighi a carico degli operatori, ma anche, se non soprattutto, la precisazione di modalità di pagamento in forma di canone annuo forfettario «determinato anche in considerazione del numero e della tipologia delle prestazioni complessivamente effettuate nell'anno precedente»;
   ricordato che, in tale ottica, il capitolo 1363, Spese per intercettazioni, nella previsione 2013 reca uno stanziamento di 199,8 milioni, realizzando una diminuzione di spesa pari a 40 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare gli ulteriori opportuni interventi normativi in materia di spese imputate alle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali in modo da assicurare risparmi non inferiori a 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.
9/5534-bis-A/119. (Testo modificato nel corso della seduta) Lussana, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 28, del provvedimento in esame istituisce un fondo finalizzato all'esclusione di determinate categorie professionali con determinati requisiti dall'ambito di applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive;
    i requisiti sono individuati nell'assenza di lavoratori dipendenti o assimilati e nell'impiego di beni strumentali non superiori ad un valore al momento indeterminato, il cui ammontare sarà fissato con decreto successivo del ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti;
    attualmente, l'Irap non è dovuta se l'attività è svolta in assenza degli elementi che caratterizzano l'autonoma organizzazione: vale a dire che ove non vi sia l'impiego di lavoro altrui (dipendenti o collaboratori) e i beni strumentali non eccedono quelli di un qualunque contesto familiare (rientra in tale categoria, ad esempio, il possesso di computer, fax, stampante, autovettura di modico valore);
    già la prima sentenza della Corte di Cassazione (16 febbraio 2007, n. 21203) in materia di professionisti ha chiarito che l'attività professionale non necessariamente si connota dell'elemento dell'organizzazione, in mancanza della quale il professionista è escluso dall'Imposta Regionale sulle Attività Produttive;
    diverse sono le Sentenze che hanno ribadito l'esenzione di imposta per i piccoli imprenditori, per citarne alcune: Corte di Cassazione, Sentenze n. 21122-21123-21124 del 13 ottobre 2010; della medesima opinione la Corte Costituzionale, con Sentenza 21 maggio 2001, n. 156;
    caso emblematico è quello oggetto della Sentenza n. 10271 del 10 maggio 2011 della Corte di Cassazione: quello di un medico, convenzionato con il servizio sanitario nazionale, a cui era stato negato il rimborso Irap da parte dell'Agenzia, adducendo come motivazione la locazione dello studio in cui il professionista esercitava la propria attività in convenzione col servizio sanitario (l'Amministrazione reputava tale elemento come rappresentativo di autonoma organizzazione). I giudici del merito hanno rigettato tale posizione in quanto l'ufficio locato non figurava come elemento di autonoma organizzazione perché necessario allo svolgimento e al mantenimento del rapporto convenzionale di assistenza primaria. Sentenza confermata poi dalla Suprema Corte;
    la questione, nonostante giurisprudenza univoca e costante, non è così scontata né è da ritenersi risolta, in quanto sono circa 60 mila i contenziosi tra l'Agenzia delle entrate e i soggetti che ritengono di essere esenti dall'IRAP (e che di solito ne escono vincenti);
    è da ritenersi necessario, dunque, un intervento normativo atto a definire con chiarezza i presupposti per l'esonero dal pagamento della suddetta imposta,

impegna il Governo:

   nelle determinazioni che dovrà assumere in ordine a quanto indicato dal citato comma 28 del provvedimento in titolo, a tenere nel debito conto gli orientamenti della giurisprudenza sopraindicati espressisi nel tempo;
   in ordine alla presenza di lavoratori o collaboratori, a valutare la loro effettiva funzione di valore aggiuntivo ed incrementale dell'attività del titolare e, solo in questo caso, a ritenere la presenza medesima idonea a rendere la struttura organizzativa soggetta a tassazione.
9/5534-bis-A/120Barbato, Favia, Messina.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 28, del provvedimento in esame istituisce un fondo finalizzato all'esclusione di determinate categorie professionali con determinati requisiti dall'ambito di applicazione dell'imposta regionale sulle attività produttive;
    i requisiti sono individuati nell'assenza di lavoratori dipendenti o assimilati e nell'impiego di beni strumentali non superiori ad un valore al momento indeterminato, il cui ammontare sarà fissato con decreto successivo del ministro dell'economia e delle finanze, previo parere conforme delle Commissioni parlamentari competenti;
    attualmente, l'Irap non è dovuta se l'attività è svolta in assenza degli elementi che caratterizzano l'autonoma organizzazione: vale a dire che ove non vi sia l'impiego di lavoro altrui (dipendenti o collaboratori) e i beni strumentali non eccedono quelli di un qualunque contesto familiare (rientra in tale categoria, ad esempio, il possesso di computer, fax, stampante, autovettura di modico valore);
    già la prima sentenza della Corte di Cassazione (16 febbraio 2007, n. 21203) in materia di professionisti ha chiarito che l'attività professionale non necessariamente si connota dell'elemento dell'organizzazione, in mancanza della quale il professionista è escluso dall'Imposta Regionale sulle Attività Produttive;
    diverse sono le Sentenze che hanno ribadito l'esenzione di imposta per i piccoli imprenditori, per citarne alcune: Corte di Cassazione, Sentenze n. 21122-21123-21124 del 13 ottobre 2010; della medesima opinione la Corte Costituzionale, con Sentenza 21 maggio 2001, n. 156;
    caso emblematico è quello oggetto della Sentenza n. 10271 del 10 maggio 2011 della Corte di Cassazione: quello di un medico, convenzionato con il servizio sanitario nazionale, a cui era stato negato il rimborso Irap da parte dell'Agenzia, adducendo come motivazione la locazione dello studio in cui il professionista esercitava la propria attività in convenzione col servizio sanitario (l'Amministrazione reputava tale elemento come rappresentativo di autonoma organizzazione). I giudici del merito hanno rigettato tale posizione in quanto l'ufficio locato non figurava come elemento di autonoma organizzazione perché necessario allo svolgimento e al mantenimento del rapporto convenzionale di assistenza primaria. Sentenza confermata poi dalla Suprema Corte;
    la questione, nonostante giurisprudenza univoca e costante, non è così scontata né è da ritenersi risolta, in quanto sono circa 60 mila i contenziosi tra l'Agenzia delle entrate e i soggetti che ritengono di essere esenti dall'IRAP (e che di solito ne escono vincenti);
    è da ritenersi necessario, dunque, un intervento normativo atto a definire con chiarezza i presupposti per l'esonero dal pagamento della suddetta imposta,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nelle determinazioni che dovrà assumere in ordine a quanto indicato dal citato comma 28 del provvedimento in titolo, a valutare l'opportunità di tenere nel debito conto gli orientamenti della giurisprudenza sopraindicati espressisi nel tempo;
   in ordine alla presenza di lavoratori o collaboratori, a valutare la loro effettiva funzione di valore aggiuntivo ed incrementale dell'attività del titolare e, solo in questo caso, a ritenere la presenza medesima idonea a rendere la struttura organizzativa soggetta a tassazione.
9/5534-bis-A/120. (Testo modificato nel corso della seduta) Barbato, Favia, Messina.


   La Camera,
   rilevando come all'interno degli stanziamenti devoluti alla cosiddetta Funzione Difesa sia possibile osservare un nuovo aumento delle spese per il personale; un calo drastico, del 12,55 per cento, delle spese di esercizio ed un incremento pari al 46,53 per cento delle spese di investimento, che corrisponde ad un aumento in termini monetari di 1,152 miliardi a legislazione vigente;
   sottolineando le gravi conseguenze sull'operatività dello strumento militare dei tagli effettuati sulle spese di esercizio, entro le quali sono raggruppate quelle per l'addestramento del personale e la manutenzione dei mezzi;
   evidenziando altresì come sia meritevole di interventi di salvaguardia e tutela la capacità residua delle Forze Armate di svolgere in proprio la manutenzione dei propri mezzi, evitando il ricorso alle aziende private,

impegna il Governo

ad agire quanto prima nella direzione della salvaguardia delle spese di esercizio, ormai pericolosamente prossime alla soglia oltre la quale lo strumento militare può considerarsi non operativo, e a rilanciare le capacità manutentive interne di cui dispongono le Forze Armate.
9/5534-bis-A/121Chiappori, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   rilevando come all'interno degli stanziamenti devoluti alla cosiddetta Funzione Difesa sia possibile osservare un nuovo aumento delle spese per il personale; un calo drastico, del 12,55 per cento, delle spese di esercizio ed un incremento pari al 46,53 per cento delle spese di investimento, che corrisponde ad un aumento in termini monetari di 1,152 miliardi a legislazione vigente;
   sottolineando le gravi conseguenze sull'operatività dello strumento militare dei tagli effettuati sulle spese di esercizio, entro le quali sono raggruppate quelle per l'addestramento del personale e la manutenzione dei mezzi;
   evidenziando altresì come sia meritevole di interventi di salvaguardia e tutela la capacità residua delle Forze Armate di svolgere in proprio la manutenzione dei propri mezzi, evitando il ricorso alle aziende private,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di agire quanto prima nella direzione della salvaguardia delle spese di esercizio, ormai pericolosamente prossime alla soglia oltre la quale lo strumento militare può considerarsi non operativo, e a rilanciare le capacità manutentive interne di cui dispongono le Forze Armate.
9/5534-bis-A/121. (Testo modificato nel corso della seduta) Chiappori, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione economica generale del Paese è caratterizzata dal persistere del fenomeno recessivo, che, secondo le ultime previsioni, si estenderà anche all'anno 2013;
    le imprese, in particolare le PMI, sono sempre più in difficoltà, oltre che per un sistema burocratico e fiscale italiano, che continua ad essere un freno per lo sviluppo dell'attività imprenditoriale, soprattutto per il crollo della domanda di beni e servizi;
    onde prevenire una drammatica contrazione di posti di lavoro e la chiusura di aziende, sono più che mai urgenti provvedimenti da realizzare già nel 2013, a sostegno di tutte le imprese operanti nel territorio nazionale;
    le risorse stanziate per il Fondo di Coesione nella legge di stabilità in esame risultano essere per il 2013 in conto competenza di 7.737.128 milioni di euro, di 5.848.635 milioni per il 2014 e di 8.557.325 milioni per il 2015;
    ad oggi, permane il vincolo di distribuzione di tale risorse nella misura dell'85 per cento a favore delle zone del Meridione e nella misura del 15 per cento a favore delle regioni del Centro e del Nord;
   considerato che il contesto economico e sociale è profondamente modificato dal 1999 ad oggi, in quanto l'avvento della grave recessione coinvolge drammaticamente tutte le aree del Paese, anzi appare più opportuno che la politica economica sia diretta prioritariamente a salvare le aziende già esistenti ed i posti di lavoro correlati, piuttosto che favorire il sorgere di nuove imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere, anche in sede europea, i criteri di riparto delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per renderli più equi e per destinare già dall'anno 2013 maggiori risorse nelle aree del Centro-Nord, a sostegno del sistema produttivo già esistente, per evitare il fenomeno della chiusura delle imprese.
9/5534-bis-A/122Goisis, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    la situazione economica generale del Paese è caratterizzata dal persistere del fenomeno recessivo, che, secondo le ultime previsioni, si estenderà anche all'anno 2013;
    le imprese, in particolare le PMI, sono sempre più in difficoltà, oltre che per un sistema burocratico e fiscale italiano, che continua ad essere un freno per lo sviluppo dell'attività imprenditoriale, soprattutto per il crollo della domanda di beni e servizi;
    onde prevenire una drammatica contrazione di posti di lavoro e la chiusura di aziende, sono più che mai urgenti provvedimenti da realizzare già nel 2013, a sostegno di tutte le imprese operanti nel territorio nazionale;
    le risorse stanziate per il Fondo di Coesione nella legge di stabilità in esame risultano essere per il 2013 in conto competenza di 7.737.128 milioni di euro, di 5.848.635 milioni per il 2014 e di 8.557.325 milioni per il 2015;
    ad oggi, permane il vincolo di distribuzione di tale risorse nella misura dell'85 per cento a favore delle zone del Meridione e nella misura del 15 per cento a favore delle regioni del Centro e del Nord;
   considerato che il contesto economico e sociale è profondamente modificato dal 1999 ad oggi, in quanto l'avvento della grave recessione coinvolge drammaticamente tutte le aree del Paese, anzi appare più opportuno che la politica economica sia diretta prioritariamente a salvare le aziende già esistenti ed i posti di lavoro correlati, piuttosto che favorire il sorgere di nuove imprese,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rivedere, anche in sede europea, i criteri di riparto delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per renderli più equi e per destinare già dall'anno 2013 maggiori risorse nelle aree del Centro-Nord, a sostegno del sistema produttivo già esistente, per evitare il fenomeno della chiusura delle imprese.
9/5534-bis-A/122. (Testo modificato nel corso della seduta) Goisis, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    la finanza degli enti locali, nel corso del 2012, è stata interessata da numerosi provvedimenti governativi, dall'anticipazione dell'entrata in vigore dell'IMU alla Tesoreria Unica, che hanno profondamente rivisto non solo la normativa di settore, ma che hanno anche e soprattutto rimodulato le risorse dei Comuni i quali, in ragione della generale diminuzione delle proprie disponibilità, in numerosi casi si sono visti costretti ad aumentare il livello di tassazione locale, così da compensare i minori trasferimenti erariali;
    la situazione degli enti locali è particolarmente difficile soprattutto in virtù del fatto che i Comuni devono far fronte anche alle difficoltà relative al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno che impone agli enti il raggiungimento di un obbiettivo di saldo finanziario prefissato;
    il rispetto dei vincoli del PSI ha ricadute negative sulle spese di investimento, rallentate a causa del principio di competenza mista il quale vincola gli enti a posticipare queste spese, così che viene ad aggravarsi la già complessa situazione economica delle PMI con il conseguente rallentamento del processo di ripresa economica;
    dal 1o gennaio 2013, così come stabilito dal comma 1 dell'articolo 31 della Legge di Stabilità 2012, l'applicazione dei vincoli di finanza pubblica verrà allargata anche ai Comuni con una popolazione tra i 1.000 e i 5.000 abitanti, così che gli stringenti vincoli del Patto verranno allargati anche a quegli enti di dimensioni inferiori e porranno un ulteriore freno allo sviluppo e agli investimenti all'interno delle amministrazioni;
    sono numerosi i Comuni di minori dimensioni che hanno già pianificato, da tempo, interventi ed opere pubbliche, accedendo in alcuni casi anche a finanziamenti con enti di livello superiore ed accendendo mutui con istituti al fine di realizzare, nei tempi previsti, le opere medesime;
    la modifica operata all'interno dell'articolo 8 del decreto-legge n. 174/2012, ha soppresso il comma 6-quater, introdotto nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento, e che prevedeva l'esclusione dei Comuni dall'indennizzo per l'estinzione anticipata dei prestiti sottoscritti con la società Cassa depositi e prestiti S.p.a. e che stabiliva altresì come, per le medesime finalità era inoltre consentita ai Comuni l'estinzione parziale dei mutui e prestiti con lo stesso istituto,

impegna il Governo

a consentire, agli enti che alla data del 31 dicembre 2012, hanno già contratto mutui con Cassa Depositi e Prestiti per la realizzazione di interventi pubblici, la realizzazione delle opere pianificate e l'esclusione dai vincoli del Patto di Stabilità fino al completo pagamento delle stesse.
9/5534-bis-A/123Forcolin, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la riduzione dell'autorizzazione di spesa per l'internazionalizzazione delle imprese, ovvero per la riduzione dei fondi per l'attivazione degli sportelli unici all'estero, la cui finalità è quella di sostenere oltre i confini nazionali il sistema produttivo italiano;
    l'attuale crisi economica sta determinando gravissime ripercussioni sull'intero sistema economico, europeo e nazionale, con conseguenze su tutti i settori economici, dal settore metalmeccanico a quello degli autotrasporti, dal commercio all'artigianato, i quali da mesi evidenziano inequivocabili segni diminuzione del volume di fatturato e dei livelli occupazionali;
    uno dei punti di forza dell'economia italiana è sempre stato rappresentato dalle PMI, ovvero dall'insieme di quelle aziende di medio-piccole dimensioni che, nel corso degli anni, hanno sviluppato prodotti di altissima qualità e che hanno consentito l'internazionalizzazione del «made in italy» come sinonimo di qualità;
    il Governo italiano, con l'approvazione del decreto-legge 2009, n. 135, ha voluto salvaguardare la competitività delle aziende italiane attraverso una regolamentazione dell'uso di indicazioni di vendita, quali «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», per l'individuazione dei prodotti interamente realizzati in Italia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui al primo capoverso della premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la medesima, impegnandosi altresì per adottare gli opportuni provvedimenti per sostenere e supportare gli Sportelli Unici all'Estero allo scopo di promuovere e valorizzare l'internazionalizzazione del «made in italy».
9/5534-bis-A/124D'Amico, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la riduzione dell'autorizzazione di spesa per l'internazionalizzazione delle imprese, ovvero per la riduzione dei fondi per l'attivazione degli sportelli unici all'estero, la cui finalità è quella di sostenere oltre i confini nazionali il sistema produttivo italiano;
    l'attuale crisi economica sta determinando gravissime ripercussioni sull'intero sistema economico, europeo e nazionale, con conseguenze su tutti i settori economici, dal settore metalmeccanico a quello degli autotrasporti, dal commercio all'artigianato, i quali da mesi evidenziano inequivocabili segni diminuzione del volume di fatturato e dei livelli occupazionali;
    uno dei punti di forza dell'economia italiana è sempre stato rappresentato dalle PMI, ovvero dall'insieme di quelle aziende di medio-piccole dimensioni che, nel corso degli anni, hanno sviluppato prodotti di altissima qualità e che hanno consentito l'internazionalizzazione del «made in italy» come sinonimo di qualità;
    il Governo italiano, con l'approvazione del decreto-legge 2009, n. 135, ha voluto salvaguardare la competitività delle aziende italiane attraverso una regolamentazione dell'uso di indicazioni di vendita, quali «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», per l'individuazione dei prodotti interamente realizzati in Italia,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui al primo capoverso della premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la medesima, impegnandosi altresì per adottare gli opportuni provvedimenti per sostenere e supportare gli Sportelli Unici all'Estero allo scopo di promuovere e valorizzare l'internazionalizzazione del «made in italy».
9/5534-bis-A/124. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Amico, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    le recenti crisi finanziarie hanno evidenziato la necessità sempre più impellente di regolamentare i mercati finanziari al fine di normalizzare i negativi effetti derivanti dalla internazionalizzazione dei mercati finanziari, a partire dalle transazioni finanziarie a breve o brevissimo termine;
    negli ultimi anni in diversi Paesi sono state adottate molteplici iniziative finalizzate ad elaborare proposte al fine di porre un freno alla speculazione finanziaria, e, tra queste, si sottolinea la proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sull'istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax»;
    la «Tobin Tax» è una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che, oltre a contribuire alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari vuole colpire le speculazioni finanziarie e quindi crea una regolamentazione dell'economia su scala globale, anche in ragione del fatto che oggi la gran parte delle transazioni finanziarie non ha alcun legame con lo scambio di merci, di servizi o con investimenti, e che di queste una elevata percentuale corrisponde a operazioni di acquisto e di rivendita che si esauriscono in un periodo inferiore ai 3 giorni, e l'80 per cento del volume globale delle transazioni corrispondono a delle operazioni che si svolgono in meno di una settimana;
    tra le obiezioni più diffuse all'introduzione della «Tobin Tax», vi è senza dubbio quella secondo la quale l'introduzione di questa imposta potrebbe determinare il dirottamento dei flussi finanziari verso i Paesi ove non si applica tale tassa o verso centri off-shore, cioè verso Paesi a regimi fiscalmente privilegiati ossia verso i cosiddetti «paradisi fiscali» creando così l'impoverimento del settore nazionale che occupa circa 25.000 unità;
    il provvedimento in esame introduce, nella compravendita di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato, una imposta di bollo fissata ad aliquota dello 0,05 per cento sul valore della transazione la quale, se da un lato si pone come finalità quella di combattere la speculazione finanziaria, in linea con quanto previsto dalla «Tobin Tax», dall'altro, colpendo anche i derivati, si colpiscono anche le assicurazioni per i mutui a tasso fisso e le operazione di export, ovvero la garanzia sul cambio con valuta estera, senza dimenticare come, indirizzandosi verso i soli derivati, si potrebbe determinare una riduzione pari ad oltre l'80 per cento degli scambi sulla piazza italiana a favore di altre nazioni e che, comunque, si dovrebbe altresì rivolgere l'attenzione verso la speculazione sui titoli nazionali di debito pubblico, dove la leva dello spread genera una continua tensione dei mercati finanziari,

impegna il Governo

ad integrare l'attuale disposizione per identificare chiaramente i derivati sui quali applicare l'imposta, da applicare anche sui «Crediti Default Swap», cioè le assicurazioni creditizie utilizzate con funzione di copertura per il sottoscrittore di un'obbligazione al fine di calmierare anche la speculazione sui titoli di Stato, adottando altresì gli opportuni provvedimenti per tassare non le singole operazioni finanziarie quanto il tassare il solo saldo finale giornaliero delle operazioni effettuate.
9/5534-bis-A/125Simonetti, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    le recenti crisi finanziarie hanno evidenziato la necessità sempre più impellente di regolamentare i mercati finanziari al fine di normalizzare i negativi effetti derivanti dalla internazionalizzazione dei mercati finanziari, a partire dalle transazioni finanziarie a breve o brevissimo termine;
    negli ultimi anni in diversi Paesi sono state adottate molteplici iniziative finalizzate ad elaborare proposte al fine di porre un freno alla speculazione finanziaria, e, tra queste, si sottolinea la proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sull'istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax»;
    la «Tobin Tax» è una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che, oltre a contribuire alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari vuole colpire le speculazioni finanziarie e quindi crea una regolamentazione dell'economia su scala globale, anche in ragione del fatto che oggi la gran parte delle transazioni finanziarie non ha alcun legame con lo scambio di merci, di servizi o con investimenti, e che di queste una elevata percentuale corrisponde a operazioni di acquisto e di rivendita che si esauriscono in un periodo inferiore ai 3 giorni, e l'80 per cento del volume globale delle transazioni corrispondono a delle operazioni che si svolgono in meno di una settimana;
    tra le obiezioni più diffuse all'introduzione della «Tobin Tax», vi è senza dubbio quella secondo la quale l'introduzione di questa imposta potrebbe determinare il dirottamento dei flussi finanziari verso i Paesi ove non si applica tale tassa o verso centri off-shore, cioè verso Paesi a regimi fiscalmente privilegiati ossia verso i cosiddetti «paradisi fiscali» creando così l'impoverimento del settore nazionale che occupa circa 25.000 unità;
    il provvedimento in esame introduce, nella compravendita di azioni e altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato, una imposta di bollo fissata ad aliquota dello 0,05 per cento sul valore della transazione la quale, se da un lato si pone come finalità quella di combattere la speculazione finanziaria, in linea con quanto previsto dalla «Tobin Tax», dall'altro, colpendo anche i derivati, si colpiscono anche le assicurazioni per i mutui a tasso fisso e le operazione di export, ovvero la garanzia sul cambio con valuta estera, senza dimenticare come, indirizzandosi verso i soli derivati, si potrebbe determinare una riduzione pari ad oltre l'80 per cento degli scambi sulla piazza italiana a favore di altre nazioni e che, comunque, si dovrebbe altresì rivolgere l'attenzione verso la speculazione sui titoli nazionali di debito pubblico, dove la leva dello spread genera una continua tensione dei mercati finanziari,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di integrare l'attuale disposizione per identificare chiaramente i derivati sui quali applicare l'imposta, da applicare anche sui «Crediti Default Swap», cioè le assicurazioni creditizie utilizzate con funzione di copertura per il sottoscrittore di un'obbligazione al fine di calmierare anche la speculazione sui titoli di Stato, adottando altresì gli opportuni provvedimenti per tassare non le singole operazioni finanziarie quanto il tassare il solo saldo finale giornaliero delle operazioni effettuate.
9/5534-bis-A/125. (Testo modificato nel corso della seduta) Simonetti, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema della finanza pubblica degli enti locali, nel corso del 2012, è stato interessato da numerosi provvedimenti governativi, dall'anticipazione dell'entrata in vigore dell'IMU e alle conseguenti riduzioni al Fondo Sperimentale di Riequilibrio, così come stabilito dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, alla Tesoreria Unica, i quali hanno profondamente rivisto non solo la normativa, ma che hanno anche rimodulato le risorse di Comuni e Province che, in ragione della generale diminuzione delle proprie disponibilità, in numerosi casi si sono visti costretti ad aumentare il livello di tassazione locale, così da compensare i minori trasferimenti erariali;
    a seguito di tali provvedimenti, e alle contestuali riduzioni dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, le ultime delle quali fissate dal provvedimento in esame, i Comuni e le Province, anche in conseguenza di un quadro normativo complesso e instabile, non sono stati posti nella situazione di definire con chiarezza un bilancio previsionale per il 2012, il cui termine per l'approvazione è stato appositamente procrastinato più volte nel corso del 2012;
    la situazione degli enti locali è resa ancor più complessa in ragione del fatto che Comuni e Province devono far fronte anche difficoltà legate al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno e che impone agli enti il raggiungimento di un obiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, determinando tuttavia effetti negativi sulle spese di investimento, rallentate in virtù del principio di competenza mista e che obbliga gli enti a posticipare tali spese, aggravando in tal senso la già complessa situazione economica delle aziende fornitrici, anche in ragione del fatto che dal 1o gennaio 2013, così come stabilito dal comma 1 dell'articolo 31 della Legge di Stabilità 2012, l'applicazione dei vincoli di finanza pubblica verrà allargata anche ai Comuni con una popolazione tra i 1.000 e i 5.000 abitanti;
    la lettera r) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 174/2012, disciplina, all'interno del Testo Unico degli Enti locali (TUEL), una nuova procedura per il riequilibrio finanziario pluriennale degli enti per i quali sussistano squilibri strutturali di bilancio in grado di provocarne il dissesto, istituendo altresì un apposito Fondo di rotazione diretto ad assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali attraverso la concessione di anticipazioni agli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio, prevedendo tale facoltà per gli enti con una popolazione non inferiore a 20.000 abitanti e fissando in 200 euro per abitante per i comuni e a 20 euro per abitante per le province o per le città metropolitane il limite dell'importo massimo dell'anticipazione entro la quale devono essere definiti tali i criteri per la determinazione dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente locale;
    alla luce di quanto disposto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012 e di quanto previsto dall'articolo 2, comma 15, del disegno di legge di stabilità in esame, la dotazione finanziaria complessiva del Fondo di rotazione risulterebbe ammontare a 590 milioni di euro per il 2012, 230 milioni per il 2013 e 200 milioni di euro per gli anni seguenti;
    sulla base dei criteri predeterminati per l'accesso alle risorse del Fondo di cui sopra, il numero dei Comuni che potranno accedervi sarà ristretto rispetto al totale complessivo degli enti locali, e, allo stesso tempo, in ragione del fatto che il limite massimo per l'anticipazione è fissato in euro 200, è ragionevole ipotizzare che pochi enti di elevate dimensioni potrebbero repentinamente utilizzare tutte le risorse del Fondo istituito,

impegna il Governo

al fine di prevenire il dissesto degli enti locali, ad utilizzare le risorse di cui al Fondo di rotazione diretto ad assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali di cui in premessa per aumentare la disponibilità delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni e del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, ovvero dei fondi perequativi, precisando altresì che la misura in oggetto abbia un impatto neutro ai fini del Patto di Stabilità Interno.
9/5534-bis-A/126Dozzo, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema della finanza pubblica degli enti locali, nel corso del 2012, è stato interessato da numerosi provvedimenti governativi, dall'anticipazione dell'entrata in vigore dell'IMU e alle conseguenti riduzioni al Fondo Sperimentale di Riequilibrio, così come stabilito dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, alla Tesoreria Unica, i quali hanno profondamente rivisto non solo la normativa, ma che hanno anche rimodulato le risorse di Comuni e Province che, in ragione della generale diminuzione delle proprie disponibilità, in numerosi casi si sono visti costretti ad aumentare il livello di tassazione locale, così da compensare i minori trasferimenti erariali;
    a seguito di tali provvedimenti, e alle contestuali riduzioni dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, le ultime delle quali fissate dal provvedimento in esame, i Comuni e le Province, anche in conseguenza di un quadro normativo complesso e instabile, non sono stati posti nella situazione di definire con chiarezza un bilancio previsionale per il 2012, il cui termine per l'approvazione è stato appositamente procrastinato più volte nel corso del 2012;
    la situazione degli enti locali è resa ancor più complessa in ragione del fatto che Comuni e Province devono far fronte anche difficoltà legate al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno e che impone agli enti il raggiungimento di un obiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, determinando tuttavia effetti negativi sulle spese di investimento, rallentate in virtù del principio di competenza mista e che obbliga gli enti a posticipare tali spese, aggravando in tal senso la già complessa situazione economica delle aziende fornitrici, anche in ragione del fatto che dal 1o gennaio 2013, così come stabilito dal comma 1 dell'articolo 31 della Legge di Stabilità 2012, l'applicazione dei vincoli di finanza pubblica verrà allargata anche ai Comuni con una popolazione tra i 1.000 e i 5.000 abitanti;
    la lettera r) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge 174/2012, disciplina, all'interno del Testo Unico degli Enti locali (TUEL), una nuova procedura per il riequilibrio finanziario pluriennale degli enti per i quali sussistano squilibri strutturali di bilancio in grado di provocarne il dissesto, istituendo altresì un apposito Fondo di rotazione diretto ad assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali attraverso la concessione di anticipazioni agli enti locali che hanno deliberato la procedura di riequilibrio, prevedendo tale facoltà per gli enti con una popolazione non inferiore a 20.000 abitanti e fissando in 200 euro per abitante per i comuni e a 20 euro per abitante per le province o per le città metropolitane il limite dell'importo massimo dell'anticipazione entro la quale devono essere definiti tali i criteri per la determinazione dell'anticipazione attribuibile a ciascun ente locale;
    alla luce di quanto disposto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 174/2012 e di quanto previsto dall'articolo 2, comma 15, del disegno di legge di stabilità in esame, la dotazione finanziaria complessiva del Fondo di rotazione risulterebbe ammontare a 590 milioni di euro per il 2012, 230 milioni per il 2013 e 200 milioni di euro per gli anni seguenti;
    sulla base dei criteri predeterminati per l'accesso alle risorse del Fondo di cui sopra, il numero dei Comuni che potranno accedervi sarà ristretto rispetto al totale complessivo degli enti locali, e, allo stesso tempo, in ragione del fatto che il limite massimo per l'anticipazione è fissato in euro 200, è ragionevole ipotizzare che pochi enti di elevate dimensioni potrebbero repentinamente utilizzare tutte le risorse del Fondo istituito,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, al fine di prevenire il dissesto degli enti locali, a valutare l'opportunità di utilizzare le risorse di cui al Fondo di rotazione diretto ad assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali di cui in premessa per aumentare la disponibilità delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni e del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, ovvero dei fondi perequativi, precisando altresì che la misura in oggetto abbia un impatto neutro ai fini del Patto di Stabilità Interno.
9/5534-bis-A/126. (Testo modificato nel corso della seduta) Dozzo, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    la finanza pubblica negli enti locali, nel corso del 2012, è stata interessata da numerosi provvedimenti governativi, dall'anticipazione dell'entrata in vigore dell'IMU alla Tesoreria Unica, dalle riduzioni al Fondo Sperimentale di Riequilibrio all'irrigidimento dei vincoli del patto di stabilità, che hanno profondamente rivisto non solo la normativa di settore, ma che hanno anche e soprattutto rimodulato le risorse dei Comuni i quali, in ragione della generale diminuzione delle proprie disponibilità, in numerosi casi si sono visti costretti ad aumentare il livello di tassazione locale, così da compensare i minori trasferimenti erariali;
    la difficile situazione dei Comuni è particolarmente complessa anche e soprattutto alla luce del fatto che gli stessi devono far fronte anche difficoltà legate al rispetto dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno e che impone agli enti il raggiungimento di un obbiettivo di saldo finanziario per il concorso dell'ente stesso al contenimento dei saldi di finanza pubblica;
    la applicazione del PSI ha, difatti, negative ricadute anche e soprattutto sulle spese di investimento, rallentate in virtù del principio di competenza mista e che obbliga gli enti a posticipare tali spese, aggravando in tal senso la già complessa situazione economica delle PMI ed anzi rallentando il processo di rilancio economico da tempo paventato;
    dal 1o gennaio 2013, così come stabilito dal comma 1 dell'articolo 31 della Legge di Stabilità 2012, l'applicazione dei vincoli di finanza pubblica verrà allargata anche ai Comuni con una popolazione tra i 1.000 e i 5.000 abitanti, così che gli stringenti vincoli del Patto verranno allargati anche a quegli enti di dimensioni inferiori e porranno un ulteriore freno allo sviluppo e agli investimenti all'interno delle amministrazioni,

impegna il Governo

ad escludere, nel saldo finanziario in termini di competenza mista del patto di stabilità interno per l'esercizio 2013, le risorse utilizzate dai comuni con popolazione tra 1.000 e 5.000 abitanti e soggetti, a partire dal 1o gennaio 2013, al patto di stabilità interno, per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e le risorse finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche e allo sviluppo del territorio, di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
9/5534-bis-A/127Vanalli, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    all'interno delle disposizioni previste dall'attuale Governo, è stata anticipata, con il decreto-legge 201/2011, la imposta immobiliare sulla prima casa (ex ICI) congiuntamente alla rivalutazione delle rendite catastali, alla cui rivalutazione viene altresì applicato un moltiplicatore, e che il nuovo regime IMU, così come oggi definito, sopprime gli incentivi e i deterrenti della vecchia ICI in materia di canone concordato, determinando perciò negativi effetti sull'intero settore immobiliare, già duramente colpito dalla crisi economica e dal calo della domanda;
    secondo diversi analisti ed esperti immobiliaristi, una delle priorità è riattivare il circuito del credito, sia per le famiglie che per le imprese, dal momento che secondo gli studi di settore, tra le cause del ridimensionamento del settore immobiliare non c’è l'invenduto, ma il calo del 50 per cento di mutui erogati, evidenziando quindi la difficoltà dei nuovi nuclei familiari nell'acquisto dell'immobile,

impegna il Governo

a prevedere un'apposita normativa per escludere, dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali, i contratti di permuta immobiliare, ove conclusi tra imprese cessionarie operanti nel settore delle costruzioni e persone fisiche cedenti che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali.
9/5534-bis-A/128Polledri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    all'interno delle disposizioni previste dall'attuale Governo, è stata anticipata, con il decreto-legge 201/2011, la imposta immobiliare sulla prima casa (ex ICI) congiuntamente alla rivalutazione delle rendite catastali, alla cui rivalutazione viene altresì applicato un moltiplicatore, e che il nuovo regime IMU, così come oggi definito, sopprime gli incentivi e i deterrenti della vecchia ICI in materia di canone concordato, determinando perciò negativi effetti sull'intero settore immobiliare, già duramente colpito dalla crisi economica e dal calo della domanda;
    secondo diversi analisti ed esperti immobiliaristi, una delle priorità è riattivare il circuito del credito, sia per le famiglie che per le imprese, dal momento che secondo gli studi di settore, tra le cause del ridimensionamento del settore immobiliare non c’è l'invenduto, ma il calo del 50 per cento di mutui erogati, evidenziando quindi la difficoltà dei nuovi nuclei familiari nell'acquisto dell'immobile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un'apposita normativa per escludere, dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali, i contratti di permuta immobiliare, ove conclusi tra imprese cessionarie operanti nel settore delle costruzioni e persone fisiche cedenti che non agiscono nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali.
9/5534-bis-A/128. (Testo modificato nel corso della seduta) Polledri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento di cui al titolo, è stata modificata la disposizione secondo la quale la rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario avesse luogo a partire dal periodo d'imposta 2013 anziché dal periodo d'imposta 2012, e che, per ragioni di copertura finanziaria, si era prevista che la riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato nel settore agricolo avvenisse, esclusivamente per l'anno 2013, nella misura del 10 per cento anziché del 5 per cento, come invece inizialmente previsto;
    le organizzazioni rappresentative del comparto agricolo hanno espresso la loro contrarietà a tale disposizione, preferendo che le risorse finanziarie necessarie vengano individuate a valere sulla rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario;
    nel corso del medesimo esame in Commissione, sono stati altresì affrontati altri importante tematiche, dalla sicurezza, laddove si è ricordato come già il provvedimento noto come «spending review», ha operato un taglio molto pesante, che ammonta a circa ventimila unità, all'organico delle forze di polizia, con significative ricadute sul versante della sicurezza, così che si è confermata l'importanza della materia della sicurezza sia importantissima e come sia necessario l'impegno di tutti, anche e soprattutto del Governo, per risolvere i gravi problemi che affliggono le forze dell'ordine, alla integrazione di risorse a favore delle scuole paritarie;
    su questo aspetto, è stato evidenziato un problema di effettiva erogazione delle risorse appostate dalle disposizioni oggi previste nel provvedimento, dal momento che le risorse allocate a favore delle singole Regioni sono soggette ai vincoli del Patto di stabilità interno e che, pertanto si ritiene indispensabile escludere tali risorse dai vincoli del Patto di Stabilità;
    le diverse priorità emerse nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento di cui al titolo sono state evidenziate ai membri del Governo che si sono positivamente espressi per una positiva risoluzione,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto in precedenza evidenziato come intervento prioritario, ovvero affidare maggiori risorse al comparto della sicurezza prevedendo altresì l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per le risorse stanziate a favore interventi per gli eventi alluvionali, la messa in sicurezza degli istituti scolastici e le risorse allocate a favore delle scuole paritarie.
9/5534-bis-A/129Bitonci, Allasia, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento di cui al titolo, è stata modificata la disposizione secondo la quale la rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario avesse luogo a partire dal periodo d'imposta 2013 anziché dal periodo d'imposta 2012, e che, per ragioni di copertura finanziaria, si era prevista che la riduzione dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato nel settore agricolo avvenisse, esclusivamente per l'anno 2013, nella misura del 10 per cento anziché del 5 per cento, come invece inizialmente previsto;
    le organizzazioni rappresentative del comparto agricolo hanno espresso la loro contrarietà a tale disposizione, preferendo che le risorse finanziarie necessarie vengano individuate a valere sulla rivalutazione dei redditi dominicale ed agrario;
    nel corso del medesimo esame in Commissione, sono stati altresì affrontati altri importante tematiche, dalla sicurezza, laddove si è ricordato come già il provvedimento noto come «spending review», ha operato un taglio molto pesante, che ammonta a circa ventimila unità, all'organico delle forze di polizia, con significative ricadute sul versante della sicurezza, così che si è confermata l'importanza della materia della sicurezza sia importantissima e come sia necessario l'impegno di tutti, anche e soprattutto del Governo, per risolvere i gravi problemi che affliggono le forze dell'ordine, alla integrazione di risorse a favore delle scuole paritarie;
    su questo aspetto, è stato evidenziato un problema di effettiva erogazione delle risorse appostate dalle disposizioni oggi previste nel provvedimento, dal momento che le risorse allocate a favore delle singole Regioni sono soggette ai vincoli del Patto di stabilità interno e che, pertanto si ritiene indispensabile escludere tali risorse dai vincoli del Patto di Stabilità;
    le diverse priorità emerse nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento di cui al titolo sono state evidenziate ai membri del Governo che si sono positivamente espressi per una positiva risoluzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di dare seguito a quanto in precedenza evidenziato come intervento prioritario, ovvero affidare maggiori risorse al comparto della sicurezza prevedendo altresì l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità interno per le risorse stanziate a favore interventi per gli eventi alluvionali, la messa in sicurezza degli istituti scolastici e le risorse allocate a favore delle scuole paritarie.
9/5534-bis-A/129. (Testo modificato nel corso della seduta) Bitonci, Allasia, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, comma 2;
   preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   considerata la volontà del Governo di aumentare l'imposta sul valore aggiunto, sia per quanto riguarda l'aliquota ordinaria (del 21 per cento) sia l'aliquota ridotta (del 10 per cento);
   preso atto della modifica della disposizione durante la discussione in Commissione, che ha scongiurato l'aumento dell'aliquota ridotta, confermando l'aumento dell'aliquota ordinaria al 22 per cento a decorrere dal 1o luglio 2013;
   valutato che l'aumento dell'aliquota ordinaria avrebbe effetti prociclici, deprimendo ulteriormente i consumi delle famiglie,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a scongiurare anche l'aumento dell'aliquota iva ordinaria a decorrere dal 1o luglio 2013, andando a ridurre i contributi oggi erogati «a pioggia» alle imprese.
9/5534-bis-A/130Molgora, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   esaminato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, commi 10, 11 e 12;
   preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   preso atto della difficoltà crescente che gli enti locali trovano nell'erogare i propri servizi ai cittadini, a causa dei vincoli di bilancio imposti dall'Unione Europea, che dal 1o gennaio 2013 colpiranno anche i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   considerata la volontà del Governo di aumentare l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto per le prestazioni assistenziali rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi;
   considerato che per i Comuni spesso è inevitabile affidare i servizi socio-assistenziali a cooperative a causa dell'impossibilità di assumere direttamente personale da destinare allo svolgimento degli stessi;
   valutato che l'aumento dell'aliquota IVA dal 4 per cento al 10 per cento, sia pure per i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013, comporterà un significativo aumento dei costi per i comuni, dal momento che non possono detrarre la maggiore imposta; tale aumento determinerà o il riaddebito dei maggiori costi ai cittadini o la riduzione dei servizi socio-assistenziali complessivamente erogati dai comuni,

impegna il Governo

a valutare l'istituzione di un fondo a disposizione dei comuni per neutralizzare l'aumento dell'iva sulle prestazioni socio-assistenziali rese dalle Cooperative sociali e scongiurare il taglio dell'erogazione di tali servizi, fondamentali per i cittadini.
9/5534-bis-A/131Fabi, Laura Molteni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo;
   esaminato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, commi 10, 11 e 12;
   preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   preso atto della difficoltà crescente che gli enti locali trovano nell'erogare i propri servizi ai cittadini, a causa dei vincoli di bilancio imposti dall'Unione Europea, che dal 1o gennaio 2013 colpiranno anche i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
   considerata la volontà del Governo di aumentare l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto per le prestazioni assistenziali rese dalle cooperative sociali e dai loro consorzi;
   considerato che per i Comuni spesso è inevitabile affidare i servizi socio-assistenziali a cooperative a causa dell'impossibilità di assumere direttamente personale da destinare allo svolgimento degli stessi;
   valutato che l'aumento dell'aliquota IVA dal 4 per cento al 10 per cento, sia pure per i contratti stipulati dopo il 31 dicembre 2013, comporterà un significativo aumento dei costi per i comuni, dal momento che non possono detrarre la maggiore imposta; tale aumento determinerà o il riaddebito dei maggiori costi ai cittadini o la riduzione dei servizi socio-assistenziali complessivamente erogati dai comuni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di istituire un fondo a disposizione dei comuni per neutralizzare l'aumento dell'iva sulle prestazioni socio-assistenziali rese dalle Cooperative sociali e scongiurare il taglio dell'erogazione di tali servizi, fondamentali per i cittadini.
9/5534-bis-A/131. (Testo modificato nel corso della seduta) Fabi, Laura Molteni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, comma 13;
   preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   valutato come siano le persone meno abbienti, ovviamente, a subire in maniera più evidente le conseguenze della crisi;
   preso atto della volontà iniziale del Governo di assoggettare ad imposta sul reddito le pensioni di guerra per i soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro e della modifica della disposizione che ne prevede, invece, l'assoggettamento nel caso l'emolumento sia percepito a titolo di reversibilità da soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
   considerato che la cosiddetta pensione di guerra va a costituire un risarcimento doveroso, ancorché insufficiente, per chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato o per chi ha convissuto con menomazioni fisiche invalidanti; costituisce un risarcimento per le mogli che hanno trascorso intere vite ad assistere chi ha subìto l'invalidità o per le vedove che hanno perso il marito;
   valutato che un'eventuale abrogazione della disposizione contenuta nel comma 13 dell'articolo 3 comporterebbe una minore entrata di portata limitata,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alle premesse, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche le pensioni di guerra e le altre indennità di cui al primo comma dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.
9/5534-bis-A/132Grimoldi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, comma 13;
   preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
   valutato come siano le persone meno abbienti, ovviamente, a subire in maniera più evidente le conseguenze della crisi;
   preso atto della volontà iniziale del Governo di assoggettare ad imposta sul reddito le pensioni di guerra per i soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro e della modifica della disposizione che ne prevede, invece, l'assoggettamento nel caso l'emolumento sia percepito a titolo di reversibilità da soggetti con reddito complessivo superiore a 15.000 euro;
   considerato che la cosiddetta pensione di guerra va a costituire un risarcimento doveroso, ancorché insufficiente, per chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato o per chi ha convissuto con menomazioni fisiche invalidanti; costituisce un risarcimento per le mogli che hanno trascorso intere vite ad assistere chi ha subìto l'invalidità o per le vedove che hanno perso il marito;
   valutato che un'eventuale abrogazione della disposizione contenuta nel comma 13 dell'articolo 3 comporterebbe una minore entrata di portata limitata,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione di cui alle premesse, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare l'esenzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche le pensioni di guerra e le altre indennità di cui al primo comma dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.
9/5534-bis-A/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Grimoldi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    valutate, in particolare, le condizioni di estrema difficoltà nelle quali ancora versano i cittadini delle zone di Emilia, Veneto e Lombardia colpiti dal terremoto del maggio scorso;
    preso atto delle misure introdotte dal Governo con l'articolo 11 del decreto legge 10 ottobre 2012, con le quali si dispone che i versamenti fiscali e contributivi sospesi dal 20 maggio al 30 novembre e le ritenute fiscali non trattenute sulle retribuzioni debbano essere corrisposti in unica soluzione entro il 16 dicembre 2012; il datore di lavoro potrà poi recuperare quanto anticipatamente versato trattenendo quote non eccedenti 1/5 dello stipendio mensile;
    considerato che in analoghe drammatiche situazioni le popolazioni colpite hanno goduto di trattamenti ben più favorevoli,

impegna il Governo

a prorogare, per le popolazioni di Emilia, Lombardia e Veneto colpite del terremoto del maggio scorso, i termini per il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali al 31 dicembre 2013, consentendo poi un'ampia rateazione del rimborso delle imposte e dei contributi stessi.
9/5534-bis-A/133Fava, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    valutate, in particolare, le condizioni di estrema difficoltà nelle quali ancora versano i cittadini delle zone di Emilia, Veneto e Lombardia colpiti dal terremoto del maggio scorso;
    preso atto delle misure introdotte dal Governo con l'articolo 11 del decreto legge 10 ottobre 2012, con le quali si dispone che i versamenti fiscali e contributivi sospesi dal 20 maggio al 30 novembre e le ritenute fiscali non trattenute sulle retribuzioni debbano essere corrisposti in unica soluzione entro il 16 dicembre 2012; il datore di lavoro potrà poi recuperare quanto anticipatamente versato trattenendo quote non eccedenti 1/5 dello stipendio mensile;
    considerato che in analoghe drammatiche situazioni le popolazioni colpite hanno goduto di trattamenti ben più favorevoli,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prorogare, per le popolazioni di Emilia, Lombardia e Veneto colpite del terremoto del maggio scorso, i termini per il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali al 31 dicembre 2013, consentendo poi un'ampia rateazione del rimborso delle imposte e dei contributi stessi.
9/5534-bis-A/133. (Testo modificato nel corso della seduta) Fava, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerata la difficoltà crescente dei comuni e degli enti locali a garantire i servizi ai propri cittadini e a programmare gli investimenti necessari a causa dei vincoli del patto di stabilità, che, a partire dal 1o gennaio 2013, riguarderà anche i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    considerato che molti enti locali potrebbero dismettere le partecipazioni che detengono in società a capitale pubblico, le quali gestiscono servizi pubblici locali a favore dei cittadini; considerato che la cessione da parte degli enti locali delle partecipazioni detenute possono generare plusvalenze sulle quali gli enti stessi devono pagare le imposte e che tali imposte possono ricadere indirettamente sui cittadini in termini di aumento del carico tributario o diminuzione del livello di servizi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di non assoggettare a tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni detenute dagli enti locali in società a capitale interamente pubblico.
9/5534-bis-A/134Bragantini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerata la difficoltà crescente dei comuni e degli enti locali a garantire i servizi ai propri cittadini e a programmare gli investimenti necessari a causa dei vincoli del patto di stabilità, che, a partire dal 1o gennaio 2013, riguarderà anche i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
    considerato che molti enti locali potrebbero dismettere le partecipazioni che detengono in società a capitale pubblico, le quali gestiscono servizi pubblici locali a favore dei cittadini; considerato che la cessione da parte degli enti locali delle partecipazioni detenute possono generare plusvalenze sulle quali gli enti stessi devono pagare le imposte e che tali imposte possono ricadere indirettamente sui cittadini in termini di aumento del carico tributario o diminuzione del livello di servizi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di non assoggettare a tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni detenute dagli enti locali in società a capitale interamente pubblico.
9/5534-bis-A/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Bragantini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    preso atto del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
    considerato che per i cittadini residenti nelle zone confinanti con la Confederazione Svizzera, in conseguenza dell'ulteriore aumento delle accise, nonostante le agevolazioni attualmente concesse dalle regioni tramite la carta sconto benzina, torna ad essere conveniente varcare il confine e riempire i serbatoi delle proprie vetture, causando una rilevante perdita di gettito per il fisco italiano in termini di accise ed iva;
    preso atto che la legge nazionale che autorizza le agevolazioni in Lombardia e Piemonte attualmente mette a disposizione 20 milioni di euro, chiaramente insufficienti per contrastare gli aumenti;
    considerato che l'attività dei gestori degli impianti è seriamente a rischio e centinaia di posti di lavoro rischiano di venire meno nelle sole province lombarde di confine;
    considerato che è indispensabile aumentare il finanziamento delle agevolazioni, in modo da aumentare lo sconto sulla benzina e introdurre lo sconto anche sul gasolio, considerato che ormai il prezzo alla pompa di quest'ultimo è ormai prossimo a quello della benzina,

impegna il Governo

a prevedere un significativo aumento del finanziamento delle agevolazioni sul costo della benzina per le zone di confine con la Confederazione Svizzera, in modo da compensare il deciso aumento delle accise, che penalizza i gestori degli impianti e favorisce la «migrazione» dei cittadini lombardi e piemontesi oltre confine per rifornirsi di carburante, causando un'ingente perdita di gettito in termini di accise ed iva per il fisco italiano.
9/5534-bis-A/135Nicola Molteni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    preso atto del pesante aumento delle accise sui carburanti, che, oltre al maggior costo diretto, comporta l'aumento dei costi dei beni di prima necessità, causando un doppio danno alle famiglie;
    considerato che per i cittadini residenti nelle zone confinanti con la Confederazione Svizzera, in conseguenza dell'ulteriore aumento delle accise, nonostante le agevolazioni attualmente concesse dalle regioni tramite la carta sconto benzina, torna ad essere conveniente varcare il confine e riempire i serbatoi delle proprie vetture, causando una rilevante perdita di gettito per il fisco italiano in termini di accise ed iva;
    preso atto che la legge nazionale che autorizza le agevolazioni in Lombardia e Piemonte attualmente mette a disposizione 20 milioni di euro, chiaramente insufficienti per contrastare gli aumenti;
    considerato che l'attività dei gestori degli impianti è seriamente a rischio e centinaia di posti di lavoro rischiano di venire meno nelle sole province lombarde di confine;
    considerato che è indispensabile aumentare il finanziamento delle agevolazioni, in modo da aumentare lo sconto sulla benzina e introdurre lo sconto anche sul gasolio, considerato che ormai il prezzo alla pompa di quest'ultimo è ormai prossimo a quello della benzina,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere un eventuale ulteriore aumento del finanziamento delle agevolazioni sul costo della benzina per le zone di confine con la Confederazione Svizzera, in modo da compensare il deciso aumento delle accise, che penalizza i gestori degli impianti e favorisce la «migrazione» dei cittadini lombardi e piemontesi oltre confine per rifornirsi di carburante, causando un'ingente perdita di gettito in termini di accise ed iva per il fisco italiano.
9/5534-bis-A/135. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicola Molteni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato, in particolare il contenuto dell'articolo 3, commi 6, 7 e 28;
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerato che il Governo, nella versione originaria del presente disegno di legge, non aveva ritenuto opportuno agire sull'imposta regionale sulle attività produttive;
    preso atto dell'introduzione di una riduzione dell'IRAP, introdotta durante la discussione in Commissione referente, a partire dal 2014;
    ritenuto opportuno ampliare la portata, in particolare, delle disposizioni di cui al comma 28 dell'articolo 3, in modo da favorire la ripresa dell'economia reale,

impegna il Governo

a valutare la progressiva esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive per le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 25, in modo da favorire il tessuto imprenditoriale italiano, per lo più composto da piccole imprese.
9/5534-bis-A/136Comaroli, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato, in particolare il contenuto dell'articolo 3, commi 6, 7 e 28;
    preso atto della difficile situazione economica e finanziaria del Paese, che colpisce sia le imprese, sia le famiglie; le prime danneggiate soprattutto dalla crisi interna dei consumi, dalla concorrenza delle aziende asiatiche e sudamericane e dalla difficoltà delle banche ad erogare credito; le seconde frenate dall'incertezza sul futuro e colpite dai licenziamenti sempre più numerosi da parte delle aziende che chiudono o che delocalizzano;
    considerato che il Governo, nella versione originaria del presente disegno di legge, non aveva ritenuto opportuno agire sull'imposta regionale sulle attività produttive;
    preso atto dell'introduzione di una riduzione dell'IRAP, introdotta durante la discussione in Commissione referente, a partire dal 2014;
    ritenuto opportuno ampliare la portata, in particolare, delle disposizioni di cui al comma 28 dell'articolo 3, in modo da favorire la ripresa dell'economia reale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di una progressiva esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive per le imprese con un numero di dipendenti non superiore a 25, in modo da favorire il tessuto imprenditoriale italiano, per lo più composto da piccole imprese.
9/5534-bis-A/136. (Testo modificato nel corso della seduta) Comaroli, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) grava sulle università in ragione dell'8,50 per cento, rispetto all'aliquota ordinaria del 4,25 per cento cui sono assoggettati agli altri enti pubblici che, oltre a svolgere attività istituzionali, svolgono anche attività commerciale;
    a decorrere dal 2013 la deduzione Irap troverà applicazione a tutti i soggetti passivi dell'imposta regionale sulle attività produttive, eccetto per le pubbliche amministrazioni;
    l'applicazione di un trattamento privatistico dell'IRAP, consentirebbe a molti atenei di conseguire un elevato risparmio;
    le università e gli enti di ricerca garantiscono lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, rivestendo un ruolo strategico per il Paese pari a quello esercitato dalle imprese produttive;
    l'abbassamento dell'aliquota dall'8,50 per cento al 4,25 per cento creerebbe una fonte di risparmio non indifferente, tenuto conto dell'incidenza che l'attuale base imponibile ha sul costo medio stipendiale del personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di determinare, a decorrere dal 2014, l'aliquota IRAP applicabile alle università in ragione del 4,25 per cento, onde sopperire alle gravi carenze strutturali che da troppo tempo affliggono questo settore di vitale importanza per il progresso e la competitività internazionale del Paese, in primo luogo l'estrema precarietà del personale docente e ricercatore.
9/5534-bis-A/137Rivolta, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) grava sulle università in ragione dell'8,50 per cento, rispetto all'aliquota ordinaria del 4,25 per cento cui sono assoggettati agli altri enti pubblici che, oltre a svolgere attività istituzionali, svolgono anche attività commerciale;
    a decorrere dal 2013 la deduzione Irap troverà applicazione a tutti i soggetti passivi dell'imposta regionale sulle attività produttive, eccetto per le pubbliche amministrazioni;
    l'applicazione di un trattamento privatistico dell'IRAP, consentirebbe a molti atenei di conseguire un elevato risparmio;
    le università e gli enti di ricerca garantiscono lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica, rivestendo un ruolo strategico per il Paese pari a quello esercitato dalle imprese produttive;
    l'abbassamento dell'aliquota dall'8,50 per cento al 4,25 per cento creerebbe una fonte di risparmio non indifferente, tenuto conto dell'incidenza che l'attuale base imponibile ha sul costo medio stipendiale del personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di determinare, a decorrere dal 2014, l'aliquota IRAP applicabile alle università in ragione del 4,25 per cento, onde sopperire alle gravi carenze strutturali che da troppo tempo affliggono questo settore di vitale importanza per il progresso e la competitività internazionale del Paese, in primo luogo l'estrema precarietà del personale docente e ricercatore.
9/5534-bis-A/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Rivolta, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 13 autorizza un contributo di 10 milioni di euro per l'anno 2013 da ripartire con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tra i comuni colpiti dal terremoto del Belice;
    il terremoto del Belice, a 44 anni di distanza, incide ancora sul bilancio dello Stato e rappresenta l'esempio negativo per eccellenza della cattiva amministrazione dei finanziamenti statali e lo sperpero di risorse pubbliche;
    tale finanziamento distoglie risorse dal Fondo per lo Sviluppo e la coesione che potrebbero essere utilizzate per opere pubbliche e per interventi contro il rischio idrogeologico in un momento critico per il Paese, ove mancano le risorse per ristabilire le normali condizioni di vita alle popolazioni colpite dalle gravi calamità naturali avvenute nel 2012, come il terremoto del maggio scorso e le alluvioni di novembre,

impegna il Governo

a utilizzare in maniera parsimoniosa le risorse statali scongiurando per il futuro lo sperpero di finanziamenti per calamità avvenute nel secolo scorso, dal momento che non si riesce a far fronte alle esigenze connesse alle recenti calamità avvenute nel 2012, come il terremoto del maggio scorso e le alluvioni di novembre.
9/5534-bis-A/138Togni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 12 attribuisce 250 milioni al Fondo per lo sviluppo e la coesione da destinare all'attuazione delle misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina S.p.A.;
    alle stesse finalità sono destinate ulteriori risorse, fino alla concorrenza di 50 milioni di euro, a valere sulle somme rivenienti dalle revoche relative ai finanziamenti per la realizzazione delle opere infrastrutturali ricomprese nel Programma delle infrastrutture strategiche (di cui all'articolo 32, commi 2-4, decreto-legge n. 98 del 2011), che dovevano essere utilizzati per la realizzazione di ulteriori infrastrutture considerate strategiche;
    nel mese di ottobre 2011 l'Unione europea ha annunciato l'esclusione del Ponte dal piano delle opere ritenute strategiche e prioritarie per lo sviluppo dei trasporti in Europa, destinate a ricevere finanziamenti comunitari;
    nello stesso mese di ottobre 2011 il Parlamento ha impegnato il Governo a revocare i 1,7 miliardi previsti per il Ponte sullo Stretto di Messina, evidenziando la volontà del Parlamento e del Paese per la non realizzazione del Ponte,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a chiudere definitivamente la Società Stretto di Messina S.p.A. ritenuta inutile a seguito della decisione di non realizzare più il Ponte sullo Stretto.
9/5534-bis-A/139Dussin, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    in base a un'indagine condotta, già nel 2008, dal ministero dell'Ambiente, sono 6.633 i Comuni italiani ad alta criticità idrogeologica, con 29.517 kmq di aree a rischio, di cui 17.254 kmq soggetti a frane e 12.263 Kmq esposti ad allagamenti;
    la situazione si è aggravata negli ultimi anni sia a causa dell'eccessiva antropizzazione del territorio e della costruzione selvaggia e inopportuna, spesso anche abusiva, in zone a rischio idrogeologico, sia a causa dell'abbandono dei territori di montagna e dello spopolamento dei piccoli centri che spezzano lo stretto legame tra uomo e territorio, creando incuria e trascuratezza nel territorio che aumentano considerevolmente il rischio idraulico dei terreni;
    tali scenari di pericolosità e di criticità territoriale impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione,

impegna il Governo

a finanziare un organico programma di interventi di prevenzione del rischio idrogeologico da coordinare da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da attuare direttamente da parte degli enti locali.
9/5534-bis-A/140Lanzarin, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    in base a un'indagine condotta, già nel 2008, dal ministero dell'Ambiente, sono 6.633 i Comuni italiani ad alta criticità idrogeologica, con 29.517 kmq di aree a rischio, di cui 17.254 kmq soggetti a frane e 12.263 Kmq esposti ad allagamenti;
    la situazione si è aggravata negli ultimi anni sia a causa dell'eccessiva antropizzazione del territorio e della costruzione selvaggia e inopportuna, spesso anche abusiva, in zone a rischio idrogeologico, sia a causa dell'abbandono dei territori di montagna e dello spopolamento dei piccoli centri che spezzano lo stretto legame tra uomo e territorio, creando incuria e trascuratezza nel territorio che aumentano considerevolmente il rischio idraulico dei terreni;
    tali scenari di pericolosità e di criticità territoriale impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di finanziare un organico programma di interventi di prevenzione del rischio idrogeologico da coordinare da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e da attuare direttamente da parte degli enti locali.
9/5534-bis-A/140. (Testo modificato nel corso della seduta) Lanzarin, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il Disegno di legge di stabilità 2013, come modificato dalla Commissione V della Camera;
    i commi 6 e seguenti dell'articolo 2 riducono l'autorizzazione di spesa finalizzata alla prosecuzione della realizzazione del sistema MO.S.E, autorizzando una serie di interventi per la salvaguardia di Venezia, tra cui anche il trasferimento all'Autorità portuale di Venezia di 5 milioni di euro per il 2013 e di 95 milioni di euro per il 2015 per la realizzazione di una piattaforma d'altura davanti al Porto di Venezia (articolo 2, comma 8);
    il progetto della piattaforma d'altura davanti al Porto di Venezia, ancora da definire, si prevede a circa 8 miglia nautiche al largo della bocca di porto di Malamocco, in un'area dove i fondali hanno una profondità naturale di 20 m ed ha lo scopo di permettere alle più grandi navi di oggi e di domani, di dimensioni anche pari a 20.000 TEU, di toccare il porto di Venezia senza scavare ulteriormente i canali lagunari;
    la piattaforma d'altura si propone di trattare principalmente container e petrolio e pertanto dovrà essere collegata agli impianti della costa attraverso un oleodotto;
    il progetto si presenta incerto e aleatorio in considerazione della delicatezza e dell'alto valore paesaggistico e ambientale della laguna veneta; infatti, il progetto dovrà essere ben ponderato con particolare riferimento ad uno studio ambientale e una serie di mitigazioni tali da non compromettere il sistema ambientale unico al mondo;
    la realizzazione del terminale costerà dai due ai tre miliardi di euro e il finanziamento dei 100 milioni previsti dalla legge di stabilità permettono solo l'inizio degli studi richiesti;
    il Porto di Venezia ha una serie di esigenze urgenti e indifferibili che impegnano risorse molto inferiori rispetto a quanto richiesto per la realizzazione del terminale off shore e che se non colmate immediatamente faranno perdere competitività al Porto;
    urge ad esempio rendere funzionale la conca di Malamocco, investire nella funzionalità degli attracchi attuali del traffico contenitori e garantire la profondità dei fondali e attracchi integrativi per le navi da crociera, ovvero realizzare progetti di espansione meno ambiziosi ma più fattibili e immediati come il Porto San Leonardo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative dirette a permettere l'utilizzo delle risorse autorizzate per la realizzazione della piattaforma d'altura anche per altre esigenze indifferibili ed urgenti del porto di Venezia che se non realizzate nell'immediato comporterebbero la perdita di competitività del porto rispetto ad altri porti dell'Adriatico, ferma restando la necessità di mantenere comunque tali finanziamenti nell'ambito del porto di Venezia per colmarne esigenze improcrastinabili.
9/5534-bis-A/141Callegari, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43, del provvedimento in esame disciplina l'istituzione e il funzionamento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, prevedendo che le regioni, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali, debbano procedere entro due mesi alla riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale;
    inoltre, al medesimo articolo viene previsto che entro quattro mesi le regioni rimodulino i servizi a domanda debole e sostituiscano le modalità di trasporto diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell'infrastruttura;
    in caso di squilibrio economico, il Presidente del Consiglio può nominare commissari ad acta per redigere e verificare i piani di riprogrammazione dei servizi, sostituendo a tutti gli effetti le Regioni inadempienti,

impegna il Governo

in sede di predisposizione del decreto emanato in caso di squilibrio economico, a prevedere misure alternative alla nomina di commissari ad acta, valutando l'opportunità di concedere una proroga in termini temporali per la riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale.
9/5534-bis-A/142Desiderati, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43, del provvedimento in esame disciplina l'istituzione e il funzionamento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, prevedendo che le regioni, al fine di ottenere assegnazioni di contributi statali, debbano procedere entro due mesi alla riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale;
    inoltre, al medesimo articolo viene previsto che entro quattro mesi le regioni rimodulino i servizi a domanda debole e sostituiscano le modalità di trasporto diseconomiche, in relazione al mancato raggiungimento del rapporto tra ricavi da traffico e costi del servizio al netto dei costi dell'infrastruttura;
    in caso di squilibrio economico, il Presidente del Consiglio può nominare commissari ad acta per redigere e verificare i piani di riprogrammazione dei servizi, sostituendo a tutti gli effetti le Regioni inadempienti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, in sede di predisposizione del decreto emanato in caso di squilibrio economico, di prevedere misure alternative alla nomina di commissari ad acta, e di concedere una proroga in termini temporali per la riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale.
9/5534-bis-A/142. (Testo modificato nel corso della seduta) Desiderati, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43, provvedimento in esame disciplina l'istituzione e il funzionamento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, prevedendo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 31 gennaio 2013, siano definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo;
    in particolare, si stabilisce che tali criteri vengano definiti tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali e non si fa alcun riferimento alla consistenza numerica della popolazione regionale,

impegna il Governo

in sede di predisposizione del decreto di cui alla disposizione richiamata in premessa, a tenere conto, fra i criteri per il trasferimento delle risorse del «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», del numero di abitanti residenti nelle singole regioni.
9/5534-bis-A/143Montagnoli, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 43, provvedimento in esame disciplina l'istituzione e il funzionamento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, prevedendo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 31 gennaio 2013, siano definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo;
    in particolare, si stabilisce che tali criteri vengano definiti tenendo conto del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali e non si fa alcun riferimento alla consistenza numerica della popolazione regionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, in sede di predisposizione del decreto di cui alla disposizione richiamata in premessa, di tenere conto, fra i criteri per il trasferimento delle risorse del «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale», del numero di abitanti residenti nelle singole regioni.
9/5534-bis-A/143. (Testo modificato nel corso della seduta) Montagnoli, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, del presente disegno di legge, finanzia una serie di interventi ritenuti indifferibili per il Paese;
    sarebbe opportuno riconsiderare nell'ambito dei suddetti finanziamenti le iniziative di contrasto al fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, fenomeno che rappresenta per le imprese una delle principali cause del loro fallimento, con un impatto dannoso per l'economia del Paese;
    il Governo ha recentemente adottato il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, recante modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese, e tra queste e le pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge n. 180 del 2011;
    il suddetto decreto legislativo da una parte obbliga la pubblica amministrazione a saldare i propri debiti nei confronti delle imprese in 30 giorni, massimo 60, e dall'altra non prevede alcun limite temporale alla contrattazione tra privati, rendendo il quadro normativo che regola i pagamenti vantati da imprese nei confronti di altre imprese incerto e inefficace;
    per quanto concerne, in particolare, i rapporti tra imprese e pubblica amministrazione il decreto legislativo in questione allontana qualsiasi possibilità per le imprese di vedere liquidati in tempi brevi e certi i debiti pregressi da parte della pubblica amministrazione, dal momento che la disciplina, applicandosi ai contratti conclusi a partire dal 1o gennaio 2013, non prevede alcuna liquidazione delle precedenti insolvenze dell'amministrazione stessa;
    secondo gli ultimi dati, i debiti pregressi della pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori ammonterebbero a circa 70 miliardi;
    in fase di adozione del suddetto decreto legislativo il Governo non ha tenuto conto degli atti prodotti in questa legislatura dal Parlamento sul tema dei ritardi di pagamento e segnatamente del testo unificato per la disciplina delle transazioni commerciali tra privati che, approvato all'unanimità dalla commissione attività produttive della Camera dei Deputati, è stato già inserito nel calendario dell'Aula,

impegna il Governo

a reperire, nel primo provvedimento utile, le risorse necessarie a garantire l'estinzione dei debiti pregressi della pubblica amministrazione nel confronti delle imprese creditrici e a riconsiderare la disciplina che regola i rapporti commerciali tra privati nel senso di fissare anche per tali rapporti commerciali termini di pagamento certi e indifferibili.
9/5534-bis-A/144Dal Lago, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2, del presente disegno di legge, finanzia una serie di interventi ritenuti indifferibili per il Paese;
    sarebbe opportuno riconsiderare nell'ambito dei suddetti finanziamenti le iniziative di contrasto al fenomeno dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, fenomeno che rappresenta per le imprese una delle principali cause del loro fallimento, con un impatto dannoso per l'economia del Paese;
    il Governo ha recentemente adottato il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, recante modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l'integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali tra imprese, e tra queste e le pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 10, comma 1, della legge n. 180 del 2011;
    il suddetto decreto legislativo da una parte obbliga la pubblica amministrazione a saldare i propri debiti nei confronti delle imprese in 30 giorni, massimo 60, e dall'altra non prevede alcun limite temporale alla contrattazione tra privati, rendendo il quadro normativo che regola i pagamenti vantati da imprese nei confronti di altre imprese incerto e inefficace;
    per quanto concerne, in particolare, i rapporti tra imprese e pubblica amministrazione il decreto legislativo in questione allontana qualsiasi possibilità per le imprese di vedere liquidati in tempi brevi e certi i debiti pregressi da parte della pubblica amministrazione, dal momento che la disciplina, applicandosi ai contratti conclusi a partire dal 1o gennaio 2013, non prevede alcuna liquidazione delle precedenti insolvenze dell'amministrazione stessa;
    secondo gli ultimi dati, i debiti pregressi della pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori ammonterebbero a circa 70 miliardi;
    in fase di adozione del suddetto decreto legislativo il Governo non ha tenuto conto degli atti prodotti in questa legislatura dal Parlamento sul tema dei ritardi di pagamento e segnatamente del testo unificato per la disciplina delle transazioni commerciali tra privati che, approvato all'unanimità dalla commissione attività produttive della Camera dei Deputati, è stato già inserito nel calendario dell'Aula,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire, nel primo provvedimento utile, le risorse necessarie a garantire l'estinzione dei debiti pregressi della pubblica amministrazione nel confronti delle imprese creditrici e a riconsiderare la disciplina che regola i rapporti commerciali tra privati nel senso di fissare anche per tali rapporti commerciali termini di pagamento certi e indifferibili.
9/5534-bis-A/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Dal Lago, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 79, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a decorrere dall'anno 2013, un fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo alle imprese, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese e per la riduzione del cuneo fiscale;
    il fondo è alimentato con le risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti di parte corrente e di conto capitale iscritti in bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese;
    secondo dati recenti, su trenta miliardi di incentivi, alle imprese private ne arrivano solo tre, mentre il resto finisce disperso e spesso alimenta fenomeni di speculazione, i quali tolgono risorse importanti al rilancio dell'economia del Paese. Il risparmio che potrebbe derivare dal taglio della spesa pubblica, se indirizzato alla riduzione delle tasse anche agendo sul «cuneo fiscale», si aggira intorno ai 10 miliardi di euro;
    le risorse del fondo sono destinate per gran parte alla riduzione del credito di imposta alle imprese e alle reti di impresa che realizzano direttamente, o affidano ad altri enti, le attività di ricerca e sviluppo e poi alla riduzione del cuneo fiscale;
    il carico della pressione fiscale è ormai insostenibile per le imprese rappresentando, insieme al peso della burocrazia, alle difficoltà di accesso al credito bancario e ai forti ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, una delle principali cause del loro fallimento;
    l'attuale situazione economica impone necessariamente scelte che siano prioritariamente orientate alla realizzazione di una drastica riduzione della pressione fiscale sulle imprese, con particolare riguardo a quelle di dimensioni più piccole;
    la norma prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, riferiscano alle Commissioni parlamentari competenti sull'individuazione e la quantificazione dei trasferimenti e dei contributi pubblici alle imprese per l'adozione delle conseguenti iniziative normative,

impegna il Governo

nell'ambito dell'adozione delle iniziative normative di cui in premessa, a destinare le risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese prioritariamente alla riduzione del cuneo fiscale in favore delle stesse.
9/5534-bis-A/145Cavallotto, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 79, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, a decorrere dall'anno 2013, un fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo alle imprese, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese e per la riduzione del cuneo fiscale;
    il fondo è alimentato con le risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti di parte corrente e di conto capitale iscritti in bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese;
    secondo dati recenti, su trenta miliardi di incentivi, alle imprese private ne arrivano solo tre, mentre il resto finisce disperso e spesso alimenta fenomeni di speculazione, i quali tolgono risorse importanti al rilancio dell'economia del Paese. Il risparmio che potrebbe derivare dal taglio della spesa pubblica, se indirizzato alla riduzione delle tasse anche agendo sul «cuneo fiscale», si aggira intorno ai 10 miliardi di euro;
    le risorse del fondo sono destinate per gran parte alla riduzione del credito di imposta alle imprese e alle reti di impresa che realizzano direttamente, o affidano ad altri enti, le attività di ricerca e sviluppo e poi alla riduzione del cuneo fiscale;
    il carico della pressione fiscale è ormai insostenibile per le imprese rappresentando, insieme al peso della burocrazia, alle difficoltà di accesso al credito bancario e ai forti ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, una delle principali cause del loro fallimento;
    l'attuale situazione economica impone necessariamente scelte che siano prioritariamente orientate alla realizzazione di una drastica riduzione della pressione fiscale sulle imprese, con particolare riguardo a quelle di dimensioni più piccole;
    la norma prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, riferiscano alle Commissioni parlamentari competenti sull'individuazione e la quantificazione dei trasferimenti e dei contributi pubblici alle imprese per l'adozione delle conseguenti iniziative normative,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, nell'ambito dell'adozione delle iniziative normative di cui in premessa, di destinare le risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese prioritariamente alla riduzione del cuneo fiscale in favore delle stesse.
9/5534-bis-A/145. (Testo modificato nel corso della seduta) Cavallotto, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 28, del presente disegno di legge, a decorrere dal 2013, dispone la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 11, della legge 31 marzo 2005, n. 56, in materia di internazionalizzazione delle imprese, nella misura di 5.921.258 euro;
    la riduzione interessa i fondi per la costituzione degli sportelli unici all'estero a sostegno dell'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano e a tutela del «made in Italy»;
    agli sportelli unici sono anche affidate funzioni di assistenza legale alle imprese, di tutela dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale e di lotta alla contraffazione;
    la riduzione degli stanziamenti per l'attivazione degli sportelli unici rischia di segnare una battuta d'arresto alle azioni intraprese per la tutela dei prodotti «made in Italy» e per il contrasto ai fenomeni di contraffazione che negli anni hanno subito in Italia un forte incremento;
    davanti alla crisi, segnata dalla chiusura delle aziende e dalla perdita di posti di lavoro, è necessario che il Governo si adoperi per la salvaguardia delle imprese che operano nel mercato del «made in Italy», a tutela della produzione di qualità;
    in Italia la materia è regolata dalla legge 8 aprile 2010, n. 55, che promuove e sostiene l'industria manifatturiera italiana attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura di origine a garanzia della qualità del «made in Italy»;
    l'Italia è uno dei paesi più danneggiati dallo sviluppo del mercato del falso; quest'ultimo ha in Italia un fatturato di circa 7 miliardi e sottrae all'economia regolare oltre 100 mila posti di lavoro,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative per contrastare i fenomeni di contraffazione e tutelare il mercato del «made in Italy», a sostegno della crescita e dello sviluppo dell'industria manifatturiera italiana.
9/5534-bis-A/146Crosio, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 28, del presente disegno di legge, a decorrere dal 2013, dispone la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 11, della legge 31 marzo 2005, n. 56, in materia di internazionalizzazione delle imprese, nella misura di 5.921.258 euro;
    la riduzione interessa i fondi per la costituzione degli sportelli unici all'estero a sostegno dell'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano e a tutela del «made in Italy»;
    agli sportelli unici sono anche affidate funzioni di assistenza legale alle imprese, di tutela dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale e di lotta alla contraffazione;
    la riduzione degli stanziamenti per l'attivazione degli sportelli unici rischia di segnare una battuta d'arresto alle azioni intraprese per la tutela dei prodotti «made in Italy» e per il contrasto ai fenomeni di contraffazione che negli anni hanno subito in Italia un forte incremento;
    davanti alla crisi, segnata dalla chiusura delle aziende e dalla perdita di posti di lavoro, è necessario che il Governo si adoperi per la salvaguardia delle imprese che operano nel mercato del «made in Italy», a tutela della produzione di qualità;
    in Italia la materia è regolata dalla legge 8 aprile 2010, n. 55, che promuove e sostiene l'industria manifatturiera italiana attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura di origine a garanzia della qualità del «made in Italy»;
    l'Italia è uno dei paesi più danneggiati dallo sviluppo del mercato del falso; quest'ultimo ha in Italia un fatturato di circa 7 miliardi e sottrae all'economia regolare oltre 100 mila posti di lavoro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere le opportune iniziative per contrastare i fenomeni di contraffazione e tutelare il mercato del «made in Italy», a sostegno della crescita e dello sviluppo dell'industria manifatturiera italiana.
9/5534-bis-A/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Crosio, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 62, interviene nel settore agricolo sottraendo a questo risorse importanti che sarebbero andate a sostegno del settore e degli interventi di contrasto alle crisi di mercato;
    negli ultimi anni le pratiche ingannevoli nel commercio dei prodotti agricoli ed alimentari sono aumentate, rendendo necessaria l'istituzione di un sistema di etichettatura a tutela delle produzioni italiane;
    al fine di contrastare le pratiche ingannevoli nel commercio di prodotti agricoli ed alimentari a denominazione di origine protetta e a indicazioni geografica protetta sono stati adottati strumenti di integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli con sistemi di sicurezza degli imballaggi;
    l'introduzione di tali sistemi di sicurezza degli imballaggi potrebbe generare nuovi oneri a carico dei produttori, facendo perdere competitività alle imprese che operano nel settore agricolo e alimentare,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per rendere facoltativa l'integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari con i sistemi di sicurezza degli imballaggi evitando che si generino ulteriori e nuovi oneri a carico dei produttori che operano nel settore agricolo e alimentare.
9/5534-bis-A/147Buonanno, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame in commissione del presente disegno di legge, è stato notevolmente ridotto l'effetto recessivo che avrebbe comportato l'originaria previsione dell'aumento delle aliquote iva combinato con la riduzione delle aliquote Irpef, anche per non impattare ulteriormente sul sistema produttivo del Paese;
    su alcuni settori, tuttavia, come sul settore del commercio e dell'artigianato formato dalle piccole e micro imprese, gravano altre problematiche importanti;
    l'11 ottobre 2012, il Ministro per i beni e le attività culturali, ha firmato una direttiva finalizzata a rafforzare le misure di tutela nelle aree pubbliche di particolare valore archeologico, storico, artistico, architettonico e paesaggistico, in prossimità dei monumenti interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti;
    l'obiettivo della direttiva risiede nella necessità di contrastare l'esercizio, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, oltre che in tutte le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani, di attività commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonché di qualsiasi altra attività non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessità di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti;
    nel testo della direttiva è, tra l'altro, puntualmente esaminata la questione della possibile lesione degli interessi legittimi degli operatori economici interessati, che seppure in possesso di legali provvedimenti autorizzativi o di concessioni rilasciate dalle competenti autorità locali devono ad ogni modo cessare la propria libertà di iniziativa economica privata in ragione dei sopravvenuti provvedimenti restrittivi di tutela enunciati dalla direttiva di cui trattasi;
    ne deriva pertanto che gli ambulanti o gli artigiani che svolgono attività economiche in centri storici tutelati ai sensi della predetta direttiva, ove non potessero essere riallocati in altre zone, potrebbero cessare le loro attività in quanto le disposizioni della direttiva svolgono effetti prevalenti su tutti gli atti acquisiti dai singoli dalle autorità competenti;
    appare davvero affrettata l'emanazione di questa direttiva contro i commercianti e gli artigiani che già oggi, oltre a vedersi colpiti dalla grave crisi economica in atto, sono anche in situazioni di estrema precarietà a causa della vigente disciplina di attuazione della cosiddetta direttiva Bolkestein, di cui al decreto legislativo n. 59 del 2010;
    le associazioni degli operatori commerciali interessati da questa direttiva hanno fatto sapere che per loro si tratta di «una direttiva superflua, nata senza il confronto con le parti sociali che non colpisce la piaga dell'abusivismo e “punisce” soltanto i venditori ambulanti che rispettano le regole, mettendo a rischio il posto di lavoro di circa 100mila persone tra imprenditori e operatori»,

impegna il Governo

a valutare la necessità di adottare le necessarie iniziative volte a far sì che in sede di attuazione della suddetta direttiva siano previsti specifici tavoli di confronto con le associazioni di categoria dei venditori ambulanti e degli artigiani, affinché siano al meglio risolte le problematiche di questi settori, con particolare riguardo al commercio ambulante che da solo vale oltre 15 miliardi di euro l'anno.
9/5534-bis-A/148Fugatti, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    considerata la disposizione di cui all'articolo 3, comma 13, nel testo approvato dalla Commissione di merito, in materia di tassazione delle pensioni di guerra;
    preso atto che la nuova formulazione salvaguardia la tassabilità delle pensioni di guerra dirette e di quelle di reversibilità inferiori a 15mila euro, a differenza del testo originario presentato dal Governo che prevedeva la tassazione per tutte le pensioni di guerra, dirette e di reversibilità, di importo superiore a 15 mila euro;
    ricordato, tuttavia, che la pensione di guerra non ha natura reddituale né assistenziale, bensì risarcitoria, quale doveroso riconoscimento da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto;
    ritenuto, pertanto, che, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, la nuova formulazione, andando a colpire le vedove di guerra, rappresenta comunque un tradimento da parte dello Stato nei riguardi di chi ha sacrificato la propria vita;
    rammentato, peraltro, che in Commissione Lavoro era stato approvato all'unanimità un emendamento soppressivo della disposizione e non attenuativo della sua portata;
    ricordato altresì le parole del Presidente del Consiglio Monti, intervenendo all'Assemblea annuale dell'Anci il 17 ottobre 2012, ovvero che «lo sforzo del Governo è volto a combattere le ingiustizie sociali»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione riaffermata in premessa, al fine di adottare ulteriori informative normative volte a individuare altre strade finalizzate al reperimento di risorse finanziarie, quale, ad esempio, la rimozione di rendite di privilegio.
9/5534-bis-A/149Bonino, Allasia, Bitonci, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    considerata la disposizione di cui all'articolo 3, comma 13, nel testo approvato dalla Commissione di merito, in materia di tassazione delle pensioni di guerra;
    preso atto che la nuova formulazione salvaguardia la tassabilità delle pensioni di guerra dirette e di quelle di reversibilità inferiori a 15mila euro, a differenza del testo originario presentato dal Governo che prevedeva la tassazione per tutte le pensioni di guerra, dirette e di reversibilità, di importo superiore a 15mila euro;
    ricordato, tuttavia, che la pensione di guerra non ha natura reddituale né assistenziale, bensì risarcitoria, quale doveroso riconoscimento da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto;
    ritenuto, pertanto, che, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, la nuova formulazione, andando a colpire le vedove di guerra, rappresenta comunque un tradimento da parte dello Stato nei riguardi di chi ha sacrificato la propria vita;
    rammentato, peraltro, che in Commissione Lavoro era stato approvato all'unanimità un emendamento soppressivo della disposizione e non attenuativo della sua portata;
    ricordato altresì le parole del Presidente del Consiglio Monti, intervenendo all'Assemblea annuale dell'Anci il 17 ottobre 2012, ovvero che «lo sforzo del Governo è volto a combattere le ingiustizie sociali»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione riaffermata in premessa, al fine di adottare ulteriori informative normative volte a individuare altre strade finalizzate al reperimento di risorse finanziarie, quale, ad esempio, la rimozione di rendite di privilegio.
9/5534-bis-A/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Bonino, Allasia, Bitonci, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    preso atto della volontà del Governo di non affrontare in questa sede la problematica relativa alle ricongiunzioni onerose, che sebbene trattasi di intervento a carattere ordinamentale, volto a sanare un'ingiustizia creatasi con l'entrata in vigore della legge n. 122 del 2010, riveste comunque una forte rilevanza sotto il profilo economico-finanziario;
    ricordato, infatti, che la citata legge n. 122 del 2008 ha eliminato la possibilità di trasferire gratuitamente all'Inps la contribuzione versata nei fondi sostituivi ed esclusivi, determinando situazioni drammatiche per i lavoratori che hanno periodi contributivi presso gestioni o fondi diversi dal FPLD dell'Inps e non sono in grado di fronteggiare economicamente l'elevato costo della ricongiunzione;
    ritenuta non accettabile la scelta di considerare chiusa la questione delle ricongiunzioni perché mettervi mano costerebbe troppo, dal momento che – nonostante il difficile periodo di crisi economica – il Governo è riuscito comunque a reperire cospicue risorse per il Monte dei Paschi e per gli sprechi della Sicilia,

impegna il Governo

ad affrontare tempestivamente la problematica di cui in premessa, prevedendo la gratuità della ricongiunzione in caso di passaggio da un fondo o gestione all'altro/a meno vantaggioso e limitando l'applicazione dei commi 12-sexies, 12-septies, 12-octies, 12-novies, 12-decies e 12-undecies dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, alle sole ipotesi di ottenimento di un trattamento di miglior favore.
9/5534-bis-A/150Munerato, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    valutata la norma ex articolo 8, comma 11, del provvedimento, in materia di tutela delle categorie di lavoratori cosiddetti «esodati», come modificata dall'emendamento dei relatori approvato in sede di esame nella Commissione di merito;
    preso atto che la relazione tecnica sull'emendamento esplicita che le nuove salvaguardie riguardano poco più di 10 mila lavoratori, il che vuol dire che ancora circa 250mila lavoratori rimarranno privi di alcuna tutela reddituale;
    constato che ancora una volta il Ministro del Lavoro ha mentito al Parlamento ed ai cittadini, quando escludeva che vi fossero lavoratori privi di tutela nell'anno 2012;
    ricordato che da subito la Lega Nord ha lanciato l'allarme della nuova emergenza sociale che le disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 avrebbero creato;
    contestato, altresì, da sempre da parte della Lega Nord il percorso di salvaguardia a tappe e per categorie che il Governo sta percorrendo, in quanto lascia comunque in condizioni drammatiche migliaia di lavoratori e relative famiglie;
   considerato che, ad esempio, il predetto intervento di cui all'articolo 8, comma 11, non tiene conto dei lavoratori licenziati in conseguenza di fallimento o di altra procedura concorsuale nonché di cessazione dell'attività dell'impresa e privi di occupazione,

impegna il Governo

a risolvere definitivamente entro la fine dell'anno in corso la problematica relativa ai lavoratori cosiddetti esodati, garantendo a tutti una tutela pensionistica.
9/5534-bis-A/151Fedriga, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in titolo;
    valutata la norma ex articolo 8, comma 11, del provvedimento, in materia di tutela delle categorie di lavoratori cosiddetti «esodati», come modificata dall'emendamento dei relatori approvato in sede di esame nella Commissione di merito;
    preso atto che la relazione tecnica sull'emendamento esplicita che le nuove salvaguardie riguardano poco più di 10 mila lavoratori, il che vuol dire che ancora circa 250mila lavoratori rimarranno privi di alcuna tutela reddituale;
    constato che ancora una volta il Ministro del Lavoro ha mentito al Parlamento ed ai cittadini, quando escludeva che vi fossero lavoratori privi di tutela nell'anno 2012;
    ricordato che da subito la Lega Nord ha lanciato l'allarme della nuova emergenza sociale che le disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 avrebbero creato;
    contestato, altresì, da sempre da parte della Lega Nord il percorso di salvaguardia a tappe e per categorie che il Governo sta percorrendo, in quanto lascia comunque in condizioni drammatiche migliaia di lavoratori e relative famiglie;
   considerato che, ad esempio, il predetto intervento di cui all'articolo 8, comma 11, non tiene conto dei lavoratori licenziati in conseguenza di fallimento o di altra procedura concorsuale nonché di cessazione dell'attività dell'impresa e privi di occupazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di risolvere definitivamente la problematica relativa ai lavoratori cosiddetti esodati, garantendo a tutti una tutela pensionistica.
9/5534-bis-A/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Fedriga, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto dell'intervento operato dal governo per la salvaguardia dei lavoratori cosiddetti «esodati», ex articolo 8, comma 11, del provvedimento medesimo come riformulato a seguito dell'approvazione dell'emendamento dei relatori n. 8.500;
    considerato che il predetto intervento, nel porre il limite della cessazione del rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012, crea disparità tra i «mobilitati» e non tiene conto dei lavoratori che avrebbero maturato il diritto a pensione secondo le regole previgenti all'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 al termine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità medesima,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la salvaguardia dalle nuove norme pensionistiche dei lavoratori che alla data del 31 dicembre 2011 si trovavano in mobilità o in cassa integrazione guadagni e che avrebbero maturato i requisiti di accesso alla pensione secondo il sistema previgente prima della data di entrata in vigore del presente decreto entro ventiquattro mesi successivi al termine del trattamento medesimo, a prescindere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
9/5534-bis-A/152Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto dell'intervento operato dal governo per la salvaguardia dei lavoratori cosiddetti «esodati», ex articolo 8, comma 11, del provvedimento medesimo come riformulato a seguito dell'approvazione dell'emendamento dei relatori n. 8.500;
    considerato che il predetto intervento, nel porre il limite della cessazione del rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012, crea disparità tra i «mobilitati» e non tiene conto dei lavoratori che avrebbero maturato il diritto a pensione secondo le regole previgenti all'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 al termine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità medesima,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere la salvaguardia dalle nuove norme pensionistiche dei lavoratori che alla data del 31 dicembre 2011 si trovavano in mobilità o in cassa integrazione guadagni e che avrebbero maturato i requisiti di accesso alla pensione secondo il sistema previgente prima della data di entrata in vigore del presente decreto entro ventiquattro mesi successivi al termine del trattamento medesimo, a prescindere dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
9/5534-bis-A/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale, e dell'incremento delle patologie degenerative dovuto all'inquinamento ambientale e la crescita delle persone colpite dalle cosiddette malattie rare. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
    al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano infatti alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via;
    è evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati;
    da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Dobbiamo sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie;
    bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario infatti pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona, e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità;
    un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo;
    i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti;
    attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche. È necessario istituire il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nel LEA, conferendo piena attuazione alle leggi 104/92 e 162/98;
    il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di elaborare un sistema di agevolazioni fiscali che supportino i disabili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile e ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione.
9/5534-bis-A/153Laura Molteni, Fabi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il problema della non autosufficienza sta assumendo nel nostro Paese toni sempre più allarmanti sotto il profilo sociale ed economico, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, dell'elevato numero di incidenti sulle strade e sui luoghi di lavoro, del processo di disaggregazione del contesto familiare tradizionale, e dell'incremento delle patologie degenerative dovuto all'inquinamento ambientale e la crescita delle persone colpite dalle cosiddette malattie rare. L'urgenza di tali questioni impone una presa di posizione netta da parte del legislatore affinché tutti i cittadini si sentano partecipi di un progetto globale e solidaristico volto ad affrontare un problema che coinvolge l'intera società;
    al giorno d'oggi la persona non autosufficiente è ancora un soggetto di estrema fragilità sociale; risultano infatti alcuni nodi critici non ancora concretamente affrontati: presenza di barriere architettoniche, non adeguata risposta assistenziale e ricreativa, assenza di servizi finalizzati a una piena presa in carico delle famiglie, insufficienza di servizi domiciliari e così via;
    è evidente come troppo spesso i diritti delle persone non autosufficienti corrano il rischio di rimanere inattuati;
    da queste constatazioni emerge in maniera inequivocabile un concetto che si deve tenere inevitabilmente presente quando si strutturano interventi legislativi a tutela di questa fascia di popolazione: non possiamo parlare di persone non autosufficienti senza parlare contemporaneamente di famiglie con persone non autosufficienti. Dobbiamo sempre valutare come sostenere e motivare il nucleo familiare di questi soggetti per metterlo nelle condizioni di espletare al meglio il suo difficile compito educativo di cura e di socializzazione. In particolare, vanno differenziati progettualità e sostegni, soprattutto nei confronti dei soggetti giovani disabili in condizione di non autosufficienza, con l'obiettivo prioritario di migliorare il più possibile la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie;
    bisogna lavorare affinché muti il modo di affrontare le problematiche legate al mondo della non autosufficienza. È necessario infatti pensare alle persone non autosufficienti in termini di centralità dei bisogni ai quali si devono fornire delle risposte efficaci tese alla valorizzazione dei potenziali della persona, e non soltanto incentrate nella misurazione dei deficit. Il bisogno di salute deve essere quantificato in relazione a quanto una persona potrebbe fare se venissero posti in essere quegli interventi capaci di contrastare o di ridurre un deficit e di abbattere quelle barriere che costituiscono un handicap apparentemente insormontabile per la persona con disabilità;
    un progetto di riforma del sistema deve partire dalla centralità della persona, al fine di valutare e di rilevare quelli che sono le capacità residue e i bisogni del singolo, seguendo un procedimento inverso rispetto alla tradizionale tendenza di partire dalle risorse collettive per poi arrivare agli stanziamenti a favore del singolo;
    i diritti di cittadinanza delle persone non autosufficienti non possono limitarsi all'accesso ai servizi sanitari, all'istruzione nelle scuole e nelle università, alla predisposizione di forme di sostegno socio-assistenziale, alla realizzazione di inserimenti mirati nel contesto lavorativo. Devono essere più ampi, ed è questo il lavoro che noi legislatori siamo chiamati a fare, liberandoci dal preconcetto legato alla funzione assistenziale. La vera pari dignità per tutti si potrà, infatti, raggiungere soltanto quando diverranno di primaria importanza anche il diritto al tempo libero, il diritto di viaggiare, il diritto di esprimersi, il diritto all'attività fisica e il diritto di divertirsi. La possibilità di fruire di luoghi per il tempo libero, per la comunicazione e per la socializzazione non può e non deve essere garantita soltanto ad alcuni. La cultura è patrimonio di tutti;
    attenzione progettuale costante e approfondita va dedicata ai disabili in condizione di non autosufficienza. È giunto il momento di garantire un progetto di vita individualizzato per quei soggetti disabili, incapaci di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, che rappresentano per i propri congiunti una profonda incertezza dovuta alle difficoltà nel gestire le loro problematiche. È necessario istituire il diritto delle persone non autosufficienti ad accedere a un progetto di vita individualizzato, aggiuntivo rispetto alle prestazioni socio-sanitarie già incluse nel LEA, conferendo piena attuazione alle leggi 104/92 e 162/98;
    il progetto individualizzato deve comprendere sia le prestazioni socio-sanitarie, sia tutte le ulteriori attività volte alla più ampia integrazione del singolo nell'ambiente scolastico, sociale e, ove possibile, occupazionale. I progetti devono essere elaborati in stretta collaborazione con la famiglia del disabile non autosufficiente nell'ottica del massimo rispetto del principio di autodeterminazione e di libera gestione delle attività familiari. Tale progetto di vita deve comprendere anche l'assistenza domiciliare, il trasporto alla struttura diurna, le attività ricreative, le politiche scolastiche, le politiche per la casa,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di elaborare unsistema di agevolazioni fiscali che supportino i disabili e le loro famiglie nel raggiungimento di un livello di qualità della vita compatibile con lo stato di salute del disabile e ad adottare ogni misura necessaria per garantire il riconoscimento individualizzato della non autosufficienza al fine di garantire a queste persone un progetto di vita individualizzato e un sistema di protezione e di assistenza globale allo scopo di prevenire e di rimuovere le cause che possono concorrere alla loro emarginazione.
9/5534-bis-A/153. (Testo modificato nel corso della seduta) Laura Molteni, Fabi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini che, lungi dal favorire lo sviluppo e la crescita, producono una ulteriore contrazione del reddito delle famiglie e delle piccole imprese, in particolare quelle del settore primario;
   posto che l'applicazione dell'imposta municipale unica alle abitazioni rurali e ai fabbricati strumentali all'attività agricola disposta da precedenti provvedimenti di questo Esecutivo, comporta un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori;
   preso atto che il provvedimento in questione, oltre a disporre la rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, cancella il regime opzionale di determinazione del reddito su base catastale previsto per le società agricole di capitali disincentivando le forme di aggregazione tra capitale e lavoro ed arrestando il processo di rinnovamento in atto nel settore agricolo che, più di ogni altro, necessita di innovazione e crescita per essere competitivo sui mercati;
   considerato che tali misure impattano profondamente sui programmi di investimento già avviati dalle aziende agricole che dovranno rinegoziare i termini delle linee di credito aperte con gli istituti finanziari con i costi e le difficoltà che tali operazioni comportano in un momento di crisi come l'attuale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a rivedere le norme restrittive introdotte in materia di fiscalità agricola al fine di sostenere un settore quale quello primario che contribuisce alla formazione della ricchezza nazionale con oltre il 15% del PIL e che negli ultimi anni è l'unico a registrare un aumento considerevole dell'occupazione.
9/5534-bis-A/154Fogliato, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini che, lungi dal favorire lo sviluppo e la crescita, producono una ulteriore contrazione del reddito delle famiglie e delle piccole imprese, in particolare quelle del settore primario;
   posto che l'applicazione dell'imposta municipale unica alle abitazioni rurali e ai fabbricati strumentali all'attività agricola disposta da precedenti provvedimenti di questo Esecutivo, comporta un ulteriore considerevole incremento del peso fiscale a carico degli agricoltori;
   preso atto che il provvedimento in questione, oltre a disporre la rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, cancella il regime opzionale di determinazione del reddito su base catastale previsto per le società agricole di capitali disincentivando le forme di aggregazione tra capitale e lavoro ed arrestando il processo di rinnovamento in atto nel settore agricolo che, più di ogni altro, necessita di innovazione e crescita per essere competitivo sui mercati;
   considerato che tali misure impattano profondamente sui programmi di investimento già avviati dalle aziende agricole che dovranno rinegoziare i termini delle linee di credito aperte con gli istituti finanziari con i costi e le difficoltà che tali operazioni comportano in un momento di crisi come l'attuale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi delle norme richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a rivedere le norme restrittive introdotte in materia di fiscalità agricola al fine di sostenere un settore quale quello primario che contribuisce alla formazione della ricchezza nazionale con oltre il 15% del PIL e che negli ultimi anni è l'unico a registrare un aumento considerevole dell'occupazione.
9/5534-bis-A/154. (Testo modificato nel corso della seduta) Fogliato, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini e delle imprese, in particolare di quelle agricole soggette ad un aumento impositivo senza precedenti che va dall'introduzione della rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, alla cancellazione del regime opzionale previsto dalla legge finanziaria 2007 per la tassazione dei redditi delle società agricole;
   considerato che a fronte degli enormi sacrifici richiesti agli agricoltori dei nostri territori il provvedimento in questione dispone, come esigenze indifferibili, ingenti finanziamenti alla cooperazione internazionale e allo sviluppo e in particolare stanzia 58 milioni di euro quale contributo italiano alla ricostituzione del 9o Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo IFAD;
   preso atto che il settore della cooperazione non governativa ha conosciuto uno sviluppo molto consistente negli ultimi anni e che purtroppo il terzo settore si configura per alcuni come un'opportunità di business nelle quali non di rado ONG di grandi dimensioni, che gestiscono ingenti risorse pubbliche, assumono poteri e ruoli che nulla hanno a che vedere con la causa del sociale mettendo al primo posto la loro sopravvivenza economica e organizzativa piuttosto che i diritti e le speranze di trasformazione sociale e politica;
   ritenuto tuttavia che le politiche di cooperazione allo sviluppo, se rispondenti ai principi di solidarietà e partecipazione, rappresentano lo strumento principe con il quale i Governi mettono a disposizione dei Paesi meno dotati le proprie risorse, assolvendo all'obbligo morale e politico di ridurre le disuguaglianze, senza che questo peraltro escluda un ritorno economico nel caso in cui i contratti assegnati alle imprese dei paesi donatori siano superiori alle quote di partecipazione finanziaria, l'entità della partecipazione italiana all'IFAD per il 2013-2015 appare altresì assolutamente inopportuna vista la crisi economica in cui versa il nostro Paese e in particolare il comparto agricolo;
   viste inoltre le devastanti conseguenze delle continue ondate di maltempo cui è soggetto il nostro Paese e considerati i danni ingenti alle infrastrutture agricole oltre che alle rese delle campagne,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi di quanto richiamato in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere lo stanziamento di 58 milioni di euro quale partecipazione dell'Italia alla IX ricostituzione del Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo e a destinare parte di tale importo a misure di agevolazione fiscale a vantaggio degli operatori del settore agricolo nazionale.
9/5534-bis-A/155Negro, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini e delle imprese, in particolare di quelle agricole soggette ad un aumento impositivo senza precedenti che va dall'introduzione della rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, alla cancellazione del regime opzionale previsto dalla legge finanziaria 2007 per la tassazione dei redditi delle società agricole;
   considerato che a fronte degli enormi sacrifici richiesti agli agricoltori dei nostri territori il provvedimento in questione dispone, come esigenze indifferibili, ingenti finanziamenti alla cooperazione internazionale e allo sviluppo e in particolare stanzia 58 milioni di euro quale contributo italiano alla ricostituzione del 9o Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo IFAD;
   preso atto che il settore della cooperazione non governativa ha conosciuto uno sviluppo molto consistente negli ultimi anni e che purtroppo il terzo settore si configura per alcuni come un'opportunità di business nelle quali non di rado ONG di grandi dimensioni, che gestiscono ingenti risorse pubbliche, assumono poteri e ruoli che nulla hanno a che vedere con la causa del sociale mettendo al primo posto la loro sopravvivenza economica e organizzativa piuttosto che i diritti e le speranze di trasformazione sociale e politica;
   ritenuto tuttavia che le politiche di cooperazione allo sviluppo, se rispondenti ai principi di solidarietà e partecipazione, rappresentano lo strumento principe con il quale i Governi mettono a disposizione dei Paesi meno dotati le proprie risorse, assolvendo all'obbligo morale e politico di ridurre le disuguaglianze, senza che questo peraltro escluda un ritorno economico nel caso in cui i contratti assegnati alle imprese dei paesi donatori siano superiori alle quote di partecipazione finanziaria, l'entità della partecipazione italiana all'IFAD per il 2013-2015 appare altresì assolutamente inopportuna vista la crisi economica in cui versa il nostro Paese e in particolare il comparto agricolo;
   viste inoltre le devastanti conseguenze delle continue ondate di maltempo cui è soggetto il nostro Paese e considerati i danni ingenti alle infrastrutture agricole oltre che alle rese delle campagne,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi di quanto richiamato in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere lo stanziamento di 58 milioni di euro quale partecipazione dell'Italia alla IX ricostituzione del Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo e a destinare parte di tale importo a misure di agevolazione fiscale a vantaggio degli operatori del settore agricolo nazionale.
9/5534-bis-A/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Negro, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini e delle imprese, in particolare di quelle agricole;
   considerato che l'inasprimento della fiscalità per le aziende agricole, con la rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, la cancellazione del regime opzionale previsto dalla legge finanziaria 2007 per la tassazione dei redditi delle società agricole, oltre all'applicazione dell'imposta municipale unica ai fabbricati rurali disposta da precedenti provvedimenti di questo Esecutivo, spinge il settore primario alla marginalità, non ostante esso sia il solo a registrare una diminuzione della disoccupazione e a contribuire con il 15% al valore del PIL;
   preso atto inoltre che il continuo aumento del prezzo del carburante fa ulteriormente lievitare i costi di produzione a carico degli imprenditori agricoli, aumento non compensato da una uguale crescita degli utili conseguente alle criticità del mercato quali la volatilità dei prezzi e i fenomeni speculativi;
   ritenuto che le misure introdotte dal provvedimento in esame relativamente alle quantità di gasolio da ammettere ad impiego agevolato, quantità ridotta del 5% e del 10% per il prossimo anno, penalizzino in modo irreversibile l'intero comparto primario;
   visto inoltre il continuo stato di emergenza in cui versano molti territori a causa delle sempre più frequenti ondate di maltempo e gli ingenti danni che si producono alle infrastrutture agricole e ai raccolti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi di quanto richiamato in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a rivedere le misure introdotte in materia di quantitativi di carburante da ammettere ad impieghi agricoli.
9/5534-bis-A/156Rainieri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   esaminato il provvedimento in titolo,
   valutate negativamente le misure introdotte volte ad un ulteriore aumento della pressione fiscale a carico dei cittadini e delle imprese, in particolare di quelle agricole;
   considerato che l'inasprimento della fiscalità per le aziende agricole, con la rivalutazione dei redditi agrari e dominicali, la cancellazione del regime opzionale previsto dalla legge finanziaria 2007 per la tassazione dei redditi delle società agricole, oltre all'applicazione dell'imposta municipale unica ai fabbricati rurali disposta da precedenti provvedimenti di questo Esecutivo, spinge il settore primario alla marginalità, non ostante esso sia il solo a registrare una diminuzione della disoccupazione e a contribuire con il 15% al valore del PIL;
   preso atto inoltre che il continuo aumento del prezzo del carburante fa ulteriormente lievitare i costi di produzione a carico degli imprenditori agricoli, aumento non compensato da una uguale crescita degli utili conseguente alle criticità del mercato quali la volatilità dei prezzi e i fenomeni speculativi;
   ritenuto che le misure introdotte dal provvedimento in esame relativamente alle quantità di gasolio da ammettere ad impiego agevolato, quantità ridotta del 5% e del 10% per il prossimo anno, penalizzino in modo irreversibile l'intero comparto primario;
   visto inoltre il continuo stato di emergenza in cui versano molti territori a causa delle sempre più frequenti ondate di maltempo e gli ingenti danni che si producono alle infrastrutture agricole e ai raccolti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi di quanto richiamato in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a rivedere le misure introdotte in materia di quantitativi di carburante da ammettere ad impieghi agricoli.
9/5534-bis-A/156. (Testo modificato nel corso della seduta) Rainieri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 27 luglio 2012 un violento temporale ha colpito l'Alta Valcamonica provocando una frana che ha travolto la frazione di Rino di Sonico (BS) e l'esondazione del torrente Rabbia trascinando a Valle 250 mila metri cubi di detriti, spingendosi fino alla strada statale 42 e rendendola inagibile per circa 24 ore;
    a seguito delle successive precipitazioni piovose del 27 settembre, del 3 e 4 novembre e da ultima quella dell'11 novembre che ha superato due soglie su tre di criticità idrogeologica, per l'ennesima volta, il fiume Oglio ha pericolosamente raggiunto il limite di tracimazione a valle della confluenza del torrente Rabbia invadendo la SS 42 del tonale della Mendola con il rischio di gravi ripercussioni sulla viabilità e sulla sicurezza degli automobilisti;
    gli eventi piovosi hanno incrementato la portata d'acqua del fiume Oglio mettendo in pericolo la tenuta degli argini e la confinante SS 42 del Tonale e della Mendola;
    la zona è sottoposta ad un rischio idrogeologico elevato che mette in pericolo l'incolumità delle persone che percorrono la strada statale 42 e pertanto, come soluzione immediata a breve termine, occorre asportare urgentemente il materiale depositatosi nell'alveo del fiume e ripristinarne le condizioni di deflusso preesistenti agli eventi piovosi;
    l'avvio della stagione sciistica, con il conseguente aumento del traffico e quindi delle automobili in transito su questa tratta rende ancora più allarmante la situazione per l'incolumità degli automobilisti;
    per poter ripristinare le condizioni di messa in sicurezza la provincia di Brescia ha effettuato opere di primo intervento e di contenimento sul torrente Rabbia per oltre 1 milione di euro. Ora la stessa provincia ha a disposizione altri 5 milioni di euro (derivanti dalla legge «Valtellina») per completare gli interventi che limiterebbero i rischi di nuove frane in Val Rabbia ed in Val Camonica, ma le opere hanno subito un rallentamento a causa dei vincoli per il patto di stabilità;
    è indispensabile che le risorse impiegate per far fronte ai dissesti idrogeologici e per la messa in sicurezza siano escluse dal rispetto del patto di stabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che i fondi detenuti ex legge n. 102/90 (c.d. legge Valtellina), al momento legati al rispetto del «patto di stabilità interno», siano svincolati per permettere la realizzazione di opere per la messa in sicurezza del territorio sopra indicato nonché la popolazione ivi residente e coloro che transitano sul tratto di strada interessato.
9/5534-bis-A/157Caparini, Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli.


   La Camera,
   premesso che:
    il 27 luglio 2012 un violento temporale ha colpito l'Alta Valcamonica provocando una frana che ha travolto la frazione di Rino di Sonico (BS) e l'esondazione del torrente Rabbia trascinando a Valle 250 mila metri cubi di detriti, spingendosi fino alla strada statale 42 e rendendola inagibile per circa 24 ore;
    a seguito delle successive precipitazioni piovose del 27 settembre, del 3 e 4 novembre e da ultima quella dell'11 novembre che ha superato due soglie su tre di criticità idrogeologica, per l'ennesima volta, il fiume Oglio ha pericolosamente raggiunto il limite di tracimazione a valle della confluenza del torrente Rabbia invadendo la SS 42 del tonale della Mendola con il rischio di gravi ripercussioni sulla viabilità e sulla sicurezza degli automobilisti;
    gli eventi piovosi hanno incrementato la portata d'acqua del fiume Oglio mettendo in pericolo la tenuta degli argini e la confinante SS 42 del Tonale e della Mendola;
    la zona è sottoposta ad un rischio idrogeologico elevato che mette in pericolo l'incolumità delle persone che percorrono la strada statale 42 e pertanto, come soluzione immediata a breve termine, occorre asportare urgentemente il materiale depositatosi nell'alveo del fiume e ripristinarne le condizioni di deflusso preesistenti agli eventi piovosi;
    l'avvio della stagione sciistica, con il conseguente aumento del traffico e quindi delle automobili in transito su questa tratta rende ancora più allarmante la situazione per l'incolumità degli automobilisti;
    per poter ripristinare le condizioni di messa in sicurezza la provincia di Brescia ha effettuato opere di primo intervento e di contenimento sul torrente Rabbia per oltre 1 milione di euro. Ora la stessa provincia ha a disposizione altri 5 milioni di euro (derivanti dalla legge «Valtellina») per completare gli interventi che limiterebbero i rischi di nuove frane in Val Rabbia ed in Val Camonica, ma le opere hanno subito un rallentamento a causa dei vincoli per il patto di stabilità;
    è indispensabile che le risorse impiegate per far fronte ai dissesti idrogeologici e per la messa in sicurezza siano escluse dal rispetto del patto di stabilità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità che i fondi detenuti ex legge n. 102/90 (c.d. legge Valtellina), al momento legati al rispetto del «patto di stabilità interno», siano svincolati per permettere la realizzazione di opere per la messa in sicurezza del territorio sopra indicato nonché la popolazione ivi residente e coloro che transitano sul tratto di strada interessato.
9/5534-bis-A/157. (Testo modificato nel corso della seduta) Caparini, Volpi, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli.


   La Camera,
   premesso che:
    i dazi antidumping sono miranti a scoraggiare la pratica del dumping, cioè l'esportazione di beni ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato nel paese d'origine. Con questa azione il produttore si assicura un certo grado di penetrazione nei mercati grazie alla concorrenzialità dei suoi prezzi;
    in ambito comunitario è possibile adottare specifiche misure antidumping per contrastare il fenomeno. Negli scambi tra Stati membri il dumping non ha rilievo, infatti, se un produttore di uno Stato membro volesse praticare delle esportazioni in dumping in un altro Stato membro, si troverebbe esposto al rischio di vedere gli stessi prodotti reimportati nello Stato membro di origine (c.d. effetto boomerang);
    l'attuale assenza di provvedimenti antidumping penalizza fortemente le piccole e medie imprese, in particolare nel settore calzaturiero, già fortemente provato dalla crisi economica in atto e che si trova anche a dover affrontare la concorrenza di Paesi, come la Cina, che non osservano le regole di un mercato equilibrato e leale, che usufruiscono di manodopera a bassissimo costo e di politiche di dumping a discapito dei lavoratori e dei consumatori italiani ed europei;
    con la sospensione dei dazi antidumping non si ha più quel costo aggiuntivo che, anche se irrisorio, comunque aveva prodotto l'effetto di limitare 1'import delle calzature provenienti da Cina e Vietnam;
    Bruxelles ha lanciato un allarme sul quadro economico dell'Italia, dopo la «profonda recessione» del 2012, si vedrà una «ripresa tiepida» nel 2013-2014 a causa di «incertezza e condizioni creditizie difficili». Secondo le previsioni per i 27 Paesi dell'Ue rese note dalla Commissione europea, l'attività economica riprenderà nella seconda metà del 2013 ma a un «ritmo molto contenuto»;
    fino ad oggi le istituzioni europee hanno riposto la loro attenzione solo sugli aspetti finanziari della crisi, dimenticandosi colpevolmente di tutelare le imprese europee. Ancora nulla è stato fatto contro la delocalizzazione produttiva in Cina, per la tutela del «made in» e per favorire l'introduzione di strumenti protezionistici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire nelle competenti sedi comunitarie al fine di negoziare sia un ripristino dei provvedimenti antidumping, misura risultata efficace per difendere le nostre imprese e i lavoratori, sia la maggiorazione delle aliquote applicabili al fine di rendere le esportazioni più onerose per i suddetti paesi.
9/5534-bis-A/158Maggioni, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'apertura di nuove case da gioco può avvenire nel nostro Paese solo in forza di un'apposita disposizione normativa, in deroga agli articoli 718 e seguenti del codice penale;
    è interessante segnalare la procedura adottata dalla Valle d'Aosta per l'istituzione della casa da gioco di Saint Vincent, alla quale si è provveduto con decreto del presidente del consiglio della regione, recante la data del 3 aprile 1946, adottato in esecuzione del decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, con il quale alla Valle d'Aosta era stata data competenza amministrativa nelle iniziative in materia turistica, di vigilanza alberghiera, di tutela del paesaggio e di vigilanza sulla conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
    l'adozione di tale procedimento aveva creato qualche perplessità circa la sua legittimità, poiché non esisteva una normativa di rango legislativo che autorizzasse l'istituzione della casa da gioco valdostana. Tali dubbi non sono stati del tutto fugati neanche in seguito alla costituzione della Valle d'Aosta in regione autonoma a statuto speciale, avvenuta con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4;
    da tempo si discute in Parlamento per superare il sopramenzionato regime restrittivo, in virtù del quale sono solo quattro le case da gioco aperte in Italia: Venezia, Sanremo (IM), Campione d'Italia (CO) e Saint-Vincent (AO);
    taluni altri comuni hanno avanzato negli anni la richiesta di apertura di case da gioco, senza ricevere una positiva risposta dagli organi istituzionali competenti;
    in particolare, la valenza turistica e le ricadute occupazionali che, di regola, caratterizzano l'istituzione di una casa da gioco assumono un notevole rilievo per il comune di San Pellegrino Terme (BG), il quale, sotto il profilo economico, a causa delle limitate prospettive di sviluppo industriale e della stessa attività artigianale, una volta colonna portante dell'economia locale, attraversa una fase critica,

impegna il Governo

sulla scorta dell'esperienza europea che ha incentivato l'apertura di case da gioco in centri turistici medio-piccoli, a consentire ad ogni singola regione, ove esistano ragioni storiche o condizioni ambientali favorevoli per l'esercizio di una casa da gioco, di concedere la relativa autorizzazione; ad emanare in tempi brevi una legge organica che legittimi e stabilisca i limiti e le condizioni dell'esercizio del gioco d'azzardo, permettendo al comune di San Pellegrino Terme (BG) di realizzare un progetto inseguito da anni, che agevolerebbe il rilancio economico-alberghiero di una zona fortemente colpita dalla grave crisi internazionale.
9/5534-bis-A/159Stucchi, Consiglio, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, concerne i recuperi e i rimborsi dell'accisa. In particolare, il comma 2 prevede che l'accisa sia rimborsata qualora risulti indebitamente pagata; tale rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di pagamento;
    la questione del rimborso delle accise non è affatto semplice, dal momento che sotto la fattispecie del rimborso rientra anche il godimento di una serie di agevolazioni spettanti a diverse categorie. Diffuso è il caso del ricevimento di un prodotto già assoggettato ad aliquota intera e la successiva richiesta di restituzione della parte di accisa ammessa all'agevolazione; in questo modo i termini «restituzione» e «rimborso» diventano sinonimi e la dottrina ritiene in maniera concorde che l'indebito che legittima la richiesta di rimborso può derivare da un pagamento indebito «ab origine» ovvero divenuto tale a seguito di accadimenti successivi al pagamento stesso;
    in quest'ambito è necessario dare maggiore certezza al contribuente circa il momento da cui decorre il periodo temporale di due anni oltre il quale decade il diritto al rimborso;
    secondo la legge n. 212 del 2000, in materia di statuto dei diritti del contribuente, i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede e all'amministrazione spetta l'obbligo di informare il contribuente «di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito» (articolo 6, comma 2),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure secondo le quali l'amministrazione finanziaria sia tenuta a comunicare al contribuente la sussistenza di un credito rimborsabile, allo scopo di consentire l'attivazione della richiesta di rimborso; in difetto, il termine di decadenza decorre dall'avvenuta conoscenza da parte del contribuente dell'esistenza del maggior credito ad esso spettante.
9/5534-bis-A/160Consiglio, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, concerne i recuperi e i rimborsi dell'accisa. In particolare, il comma 2 prevede che l'accisa sia rimborsata qualora risulti indebitamente pagata; tale rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data di pagamento;
    la questione del rimborso delle accise non è affatto semplice, dal momento che sotto la fattispecie del rimborso rientra anche il godimento di una serie di agevolazioni spettanti a diverse categorie. Diffuso è il caso del ricevimento di un prodotto già assoggettato ad aliquota intera e la successiva richiesta di restituzione della parte di accisa ammessa all'agevolazione; in questo modo i termini «restituzione» e «rimborso» diventano sinonimi e la dottrina ritiene in maniera concorde che l'indebito che legittima la richiesta di rimborso può derivare da un pagamento indebito «ab origine» ovvero divenuto tale a seguito di accadimenti successivi al pagamento stesso;
    in quest'ambito è necessario dare maggiore certezza al contribuente circa il momento da cui decorre il periodo temporale di due anni oltre il quale decade il diritto al rimborso;
    secondo la legge n. 212 del 2000, in materia di statuto dei diritti del contribuente, i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria devono essere improntati al principio della collaborazione e della buona fede e all'amministrazione spetta l'obbligo di informare il contribuente «di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l'irrogazione di una sanzione, richiedendogli di integrare o correggere gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito» (articolo 6, comma 2),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere misure secondo le quali l'amministrazione finanziaria sia tenuta a comunicare al contribuente la sussistenza di un credito rimborsabile, allo scopo di consentire l'attivazione della richiesta di rimborso; in difetto, il termine di decadenza decorre dall'avvenuta conoscenza da parte del contribuente dell'esistenza del maggior credito ad esso spettante.
9/5534-bis-A/160. (Testo modificato nel corso della seduta) Consiglio, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, sono stati definiti i principi e i criteri direttivi per l'attuazione del federalismo fiscale, importante strumento per ottimizzazione la spesa pubblica permettendo agli enti territoriali di gestirla;
    il primo decreto, emanato in attuazione dell'articolo 19 della legge delega n. 42, è stato il decreto legislativo n. 85 del 28 maggio 2010, il c.d. «federalismo demaniale» che disciplina le modalità per il trasferimento a titolo non oneroso dei beni statali del demanio marittimo, del demanio idrico e delle miniere. Per taluni beni individuati dal decreto legislativo il legislatore regola l'attribuzione ope legis a Regioni e Province;
    in base alla norma sul federalismo demaniale i beni del demanio marittimo, idrico e aeroportuale mantengono dopo il trasferimento all'ente territoriale, la loro natura di beni demaniali e quindi rimangono inalienabili, tranne nei casi di passaggio al patrimonio disponibile;
    è possibile disporre il trasferimento di tali beni dal patrimonio indisponibile a quello disponibile dello Stato;
    nel nostro paese sono circa 7.375,3 i chilometri di costa marina, lungo le quali insistono stabilimenti balneari e aziende ad uso turistico-ricreativo che costituiscono una realtà fondamentale per il sistema turistico nazionale, una vera e propria eccellenza dell'offerta turistico-ricettiva italiana;
    le particolarità che contraddistinguono le imprese del settore turistico-balneare sono caratterizzate oltre che dalla loro unicità a livello europeo anche da rilevanti investimenti in termini materiali e occupazionali che fanno di queste aziende una vera e propria attività imprenditoriale complessa e che rendono tali imprese sostanzialmente diverse da semplici attività di servizio;
    tali aziende si sono sviluppate grazie ai sacrifici di piccoli nuclei familiari, che sono riusciti a portare le loro strutture a livelli di grande qualità e di forte richiamo per il turismo nazionale ed internazionale contribuendo significativamente al PIL turistico;
    è all'esame della Commissione Europea un disegno di legge informalmente inoltrato, nell'ottobre u.s., dalla Spagna alla Commissione stessa all'interno del quale lo stato iberico opera un riassetto organico del regime di proprietà pubblica sul demanio e sui meccanismi di gestione del mercato pubblico e regola, pertanto, situazioni assimilabili, seppur solo in parte, a quella italiana;
    in particolare, il ddl spagnolo opera un sostanziale effetto espropriativo rispetto a precedenti situazioni proprietarie, ed a compensazione di ciò si prevedono concessioni che tengono conto del tipo di attività e che possono arrivare fino a 75 anni;
    la Commissaria europea Viviane Reading, pur non ricadendo direttamente la questione delle concessioni nel suo novero di competenze specifiche, aveva, ancor prima del deposito ufficiale del DDL spagnolo, espresso un gradimento per la bozza dello stesso, creando pertanto una enorme disparità di trattamento tra la posizione spagnola (possibilità di deroga alla direttiva Bolkestein) e quella italiana (nessuna deroga richiesta da questo governo in attuazione della Legge delega di riordino);
    l'unica possibilità di rinegoziare con la Commissione Europea la questione delle concessioni balneari in deroga alla c.d. Direttiva Bolkestein è l'adozione di un nuovo regime concessorio da definirsi, al pari del modus operandi adottato dalla Spagna, con la Commissione EU così come già previsto dall'articolo 11 della c.d. Legge Comunitaria 2009 che non prevede, anzi esclude palesemente il ricorso a bandi di gara,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esercitare con urgenza la delega ex articolo 11 della citata legge Comunitaria 2009, escludendo in prima battuta il ricorso a qualsivoglia bando di gara, così come previsto dalla stessa norma di delega e così come proposto, con gradimento, alla Commissione Europea dalla Spagna, dando così la necessaria stabilità al settore e certezza nelle previsioni di introiti da concessioni.
9/5534-bis-A/161Pini, Allasia, Bitonci, Bonino, Bossi, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Dussin, Fabi, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Lussana, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Polledri, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi.


   La Camera,
   ricordate le disposizioni finanziarie volte ad ottenere risparmi di spesa in capo alle regioni e alle province autonome non ultime quelle contenute nella legge di stabilità;
   rammentato come tali disposizioni rimettano l'applicazione delle stesse rinviando alle forme ed alle norme di attuazione contemplate dai rispettivi statuti di autonomia;
   sottolineata l'esigenza che il rapporto tra le regioni e le province autonome, da un lato, e lo Stato, dall'altro, sia ricondotto al rispetto dell'istituto dell'intesa come strumento costituzionalmente orientato a prevenire i conflitti che troppo spesso danno adito a ricorsi avanti la Corte Costituzionale;
   evidenziato come alcune regioni a statuto speciale, come il Friuli Venezia Giulia, abbiano più volte sollecitato un vero e proprio «confronto istituzionale» volto a raggiungere un'intesa con lo Stato che eviti la conflittualità ed il contenzioso alla Consulta;
   richiamato il fatto che, pur di fronte alla disponibilità in tal senso espressa dal Governo, non risultano effettuati progressi apprezzabili atteso che alle sollecitazioni manifestate dalla regione non hanno fatto seguito concrete azioni da parte dei ministeri interessati;
   viste le numerose pronunce della Corte Costituzionale – come la più recente decisione n. 241 del 2012 – dirette a ribadire il necessario rispetto delle prerogative costituzionali soprattutto allorché, pur in un quadro di condivisa solidarietà nazionale, i provvedimenti legislativi incidono profondamente sui bilanci e sulle risorse disponibili,

impegna il Governo

ad adoperarsi per dare concreto seguito alle richieste di confronto avanzate dalla regione Friuli Venezia Giulia per addivenire ad un'auspicabile intesa sulle questioni finanziarie che tenga conto dei doveri di solidarietà nazionale in un quadro di rispetto delle norme contenute nello statuto di autonomia e delle relative disposizioni di attuazione.
9/5534-bis-A/162Contento, Gottardo, Di Centa, Compagnon.


   La Camera,
   ricordate le disposizioni finanziarie volte ad ottenere risparmi di spesa in capo alle regioni e alle province autonome non ultime quelle contenute nella legge di stabilità;
   rammentato come tali disposizioni rimettano l'applicazione delle stesse rinviando alle forme ed alle norme di attuazione contemplate dai rispettivi statuti di autonomia;
   sottolineata l'esigenza che il rapporto tra le regioni e le province autonome, da un lato, e lo Stato, dall'altro, sia ricondotto al rispetto dell'istituto dell'intesa come strumento costituzionalmente orientato a prevenire i conflitti che troppo spesso danno adito a ricorsi avanti la Corte Costituzionale;
   evidenziato come alcune regioni a statuto speciale, come il Friuli Venezia Giulia, abbiano più volte sollecitato un vero e proprio «confronto istituzionale» volto a raggiungere un'intesa con lo Stato che eviti la conflittualità ed il contenzioso alla Consulta;
   richiamato il fatto che, pur di fronte alla disponibilità in tal senso espressa dal Governo, non risultano effettuati progressi apprezzabili atteso che alle sollecitazioni manifestate dalla regione non hanno fatto seguito concrete azioni da parte dei ministeri interessati;
   viste le numerose pronunce della Corte Costituzionale – come la più recente decisione n. 241 del 2012 – dirette a ribadire il necessario rispetto delle prerogative costituzionali soprattutto allorché, pur in un quadro di condivisa solidarietà nazionale, i provvedimenti legislativi incidono profondamente sui bilanci e sulle risorse disponibili,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adoperarsi per dare concreto seguito alle richieste di confronto avanzate dalla regione Friuli Venezia Giulia per addivenire ad un'auspicabile intesa sulle questioni finanziarie che tenga conto dei doveri di solidarietà nazionale in un quadro di rispetto delle norme contenute nello statuto di autonomia e delle relative disposizioni di attuazione.
9/5534-bis-A/162. (Testo modificato nel corso della seduta) Contento, Gottardo, Di Centa, Compagnon.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 della legge di stabilità, nel testo iniziale, che sostituisce l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, relativo al finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, ha disposto l'istituzione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito delle accise sul gasolio e sulla benzina tale da garantire una dotazione del Fondo equivalente agli attuali stanziamenti, incrementati di 928 milioni di euro nel biennio 2013-1014 e di 507 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2015; l'articolo 9 prevede che i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo siano definiti, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tenendo conto, in particolare, del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla legislazione nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze di mobilità nei territori, anche diversificando i servizi; per ottenere i contributi del Fondo le Regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere l'assegnazione dei contributi per il trasporto pubblico locale e ferroviario regionale, entro sessanta giorni dall'emanazione del D.P.C.M. devono riprogrammare i propri servizi tenendo conto delle indicazioni del decreto, riducendo quelli «a domanda debole» ed entro sei mesi sostituire le modalità di trasporto diseconomiche, con altre che consentano di garantire il servizio, raggiungendo il rapporto costi/ricavi di 0,35 di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 422 del 1997; i contratti di trasporto già sottoscritti dovranno essere modificati di conseguenza; il monitoraggio sui costi e sulle modalità di erogazione del servizio in ciascuna regione sono affidati all'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, a cui dal 1o gennaio 2013 le aziende di trasporto pubblico locale e servizi ferroviari di interesse regionale sono tenute a trasmettere i dati economici e di servizio, pena la perdita dei contributi pubblici e dei corrispettivi dei contratti di servizio;
   considerato che:
    il testo presenta non poche criticità: le Regioni non possono avere accesso al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, se non siano in grado di assicurare l'equilibrio economico della gestione e la sua appropriatezza, secondo i criteri del D.P.C.M; nel caso di squilibrio economico, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabilite le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione della eventuale nomina di commissari ad acta, nonché la decadenza dei direttori generali degli enti e delle società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
    l'articolo 9 incide in modo pervasivo sulle competenze delle Regioni e degli enti locali, come stabilite dal Titolo v della Costituzione; nella formulazione iniziale non era chiaro, inoltre, se la dotazione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, che la relazione tecnica quantificava in circa 4.929 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, fosse, o meno, calcolata al netto della quota destinata al Servizio sanitario nazionale e se l'istituenda quota di compartecipazione alle imposte sugli idrocarburi si riferisse al gasolio per autotrazione o a quello per riscaldamento ovvero ad entrambi; era inoltre necessario rideterminare, per l'anno 2013, il termine per l'emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – per la ripartizione delle risorse, in modo da renderlo coerente con il termine assegnato alle Regioni stesse per provvedere alla citata riprogrammazione (sessanta giorni dall'emanazione del D.P.C.M, prevista per il 31 gennaio 2013);
   sottolineato che
    un sistema di trasporto inefficiente conferma e ricrea un circolo vizioso: sistemi di comunicazione inadeguati scoraggiano gli utenti – soprattutto pendolari e imprese che hanno bisogno di collegamenti e di trasporti regolari ed affidabili – sicché i servizi inefficienti, precari e insicuri riscontrano un basso livello di domanda e i soggetti – quali ANAS, Ferrovie – che dovrebbero investire, anche solo per mantenere i livelli attuali di servizio, tagliano infrastrutture e risorse per la gestione e la manutenzione, perché non sollecitati da una forte domanda dei potenziali utilizzatori di quell'opera;
    domanda e offerta di servizi e infrastrutture di trasporto sono dunque legate da una stretta interdipendenza: da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inefficienza delle infrastrutture di trasporto sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di servizi e di migliori infrastrutture;
    l'articolo 9 della legge di stabilità prevede di ripartire le risorse del Fondo sulla base del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi e di condizionare l'assegnazione delle risorse del medesimo Fondo all'obbligo – che grava sulle Regioni – di riprogrammare i servizi, riducendo quelli «a domanda debole»;
   valutato che:
    la Commissione Bilancio, nel corso dell'esame, ha riformulato in più punti l'articolo 9, correggendo alcune rilevanti criticità; ha chiarito che il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, dovrà essere alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dall'accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione (e non del gasolio per qualsiasi uso);
    ha confermato la fissazione dell'aliquota di compartecipazione, in modo tale da assicurare, oltre alle risorse derivanti dal gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione e sulla benzina (che sono – ha chiarito – al netto della quota da destinare al Servizio sanitario nazionale) e quelle derivanti dal fondo per il trasporto pubblico locale, anche risorse aggiuntive per 465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014, 507 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015;
    è stato inoltre chiarito, rispetto alla formulazione originaria, che la quota di compartecipazione regionale all'IVA, che resta assegnata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale, è conseguentemente elevata in misura pari alla quota del gettito della compartecipazione all'accisa sulla benzina da destinare al SSN; sono stati infine previsti quattro mesi e non sessanta giorni dall'emanazione del DPCM di definizione dei criteri di ripartizione del fondo per l'approvazione, da parte delle regioni, dei piani di riprogrammazione dei servizi;
    l'effettivo riparto dovrà essere effettuato entro il 30 giugno e non entro il 31 marzo di ciascun anno; per l'anno 2013, nelle more delle verifiche di attuazione dei piani di riprogrammazione (che potranno essere compiute solo nel 2014) la ripartizione dovrà essere effettuata sulla base dei criteri stabiliti dal DPCM e previa adozione dei piani di riprogrammazione dei medesimi;
    sono state fatte salve le competenze dell'Autorità dei trasporti, in merito alla definizione dei criteri di riparto e del monitoraggio sui costi e sulle modalità complessive del servizio svolte dall'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale; è, stato, inoltre, soppressa la previsione che prevedeva l'entrata in vigore dell'articolo 9 alla data di pubblicazione della legge di stabilità,

impegna il Governo:

   a monitorare lo sviluppo dei contratti di servizio in corso per mantenere un livello adeguato dei servizi, compresi i servizi ferroviari sulla media e lunga percorrenza;
   a sbloccare le procedure per consentire la piena operatività dell'Autorità dei trasporti.
9/5534-bis-A/163Lovelli, Meta, Velo, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 della legge di stabilità, nel testo iniziale, che sostituisce l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, relativo al finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, ha disposto l'istituzione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito delle accise sul gasolio e sulla benzina tale da garantire una dotazione del Fondo equivalente agli attuali stanziamenti, incrementati di 928 milioni di euro nel biennio 2013-1014 e di 507 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2015; l'articolo 9 prevede che i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle Regioni a statuto ordinario le risorse del Fondo siano definiti, entro il 31 gennaio 2013, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tenendo conto, in particolare, del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla legislazione nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze di mobilità nei territori, anche diversificando i servizi; per ottenere i contributi del Fondo le Regioni a statuto ordinario, al fine di ottenere l'assegnazione dei contributi per il trasporto pubblico locale e ferroviario regionale, entro sessanta giorni dall'emanazione del D.P.C.M. devono riprogrammare i propri servizi tenendo conto delle indicazioni del decreto, riducendo quelli «a domanda debole» ed entro sei mesi sostituire le modalità di trasporto diseconomiche, con altre che consentano di garantire il servizio, raggiungendo il rapporto costi/ricavi di 0,35 di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 422 del 1997; i contratti di trasporto già sottoscritti dovranno essere modificati di conseguenza; il monitoraggio sui costi e sulle modalità di erogazione del servizio in ciascuna regione sono affidati all'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, a cui dal 1o gennaio 2013 le aziende di trasporto pubblico locale e servizi ferroviari di interesse regionale sono tenute a trasmettere i dati economici e di servizio, pena la perdita dei contributi pubblici e dei corrispettivi dei contratti di servizio;
   considerato che:
    il testo presenta non poche criticità: le Regioni non possono avere accesso al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, se non siano in grado di assicurare l'equilibrio economico della gestione e la sua appropriatezza, secondo i criteri del D.P.C.M; nel caso di squilibrio economico, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabilite le modalità di redazione del piano di riprogrammazione dei servizi, anche con la previsione della eventuale nomina di commissari ad acta, nonché la decadenza dei direttori generali degli enti e delle società regionali che gestiscono il trasporto pubblico locale;
    l'articolo 9 incide in modo pervasivo sulle competenze delle Regioni e degli enti locali, come stabilite dal Titolo v della Costituzione; nella formulazione iniziale non era chiaro, inoltre, se la dotazione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, che la relazione tecnica quantificava in circa 4.929 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, fosse, o meno, calcolata al netto della quota destinata al Servizio sanitario nazionale e se l'istituenda quota di compartecipazione alle imposte sugli idrocarburi si riferisse al gasolio per autotrazione o a quello per riscaldamento ovvero ad entrambi; era inoltre necessario rideterminare, per l'anno 2013, il termine per l'emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – per la ripartizione delle risorse, in modo da renderlo coerente con il termine assegnato alle Regioni stesse per provvedere alla citata riprogrammazione (sessanta giorni dall'emanazione del D.P.C.M, prevista per il 31 gennaio 2013);
   sottolineato che
    un sistema di trasporto inefficiente conferma e ricrea un circolo vizioso: sistemi di comunicazione inadeguati scoraggiano gli utenti – soprattutto pendolari e imprese che hanno bisogno di collegamenti e di trasporti regolari ed affidabili – sicché i servizi inefficienti, precari e insicuri riscontrano un basso livello di domanda e i soggetti – quali ANAS, Ferrovie – che dovrebbero investire, anche solo per mantenere i livelli attuali di servizio, tagliano infrastrutture e risorse per la gestione e la manutenzione, perché non sollecitati da una forte domanda dei potenziali utilizzatori di quell'opera;
    domanda e offerta di servizi e infrastrutture di trasporto sono dunque legate da una stretta interdipendenza: da un lato, l'assenza, la scarsità o l'inefficienza delle infrastrutture di trasporto sono un vincolo rilevante allo sviluppo economico e alla domanda; dall'altro, sono le stesse dinamiche di sviluppo che agiscono da stimolo ad ulteriore crescita che genera domanda di servizi e di migliori infrastrutture;
    l'articolo 9 della legge di stabilità prevede di ripartire le risorse del Fondo sulla base del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi e di condizionare l'assegnazione delle risorse del medesimo Fondo all'obbligo – che grava sulle Regioni – di riprogrammare i servizi, riducendo quelli «a domanda debole»;
   valutato che:
    la Commissione Bilancio, nel corso dell'esame, ha riformulato in più punti l'articolo 9, correggendo alcune rilevanti criticità; ha chiarito che il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, dovrà essere alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dall'accisa sulla benzina e sul gasolio per autotrazione (e non del gasolio per qualsiasi uso);
    ha confermato la fissazione dell'aliquota di compartecipazione, in modo tale da assicurare, oltre alle risorse derivanti dal gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione e sulla benzina (che sono – ha chiarito – al netto della quota da destinare al Servizio sanitario nazionale) e quelle derivanti dal fondo per il trasporto pubblico locale, anche risorse aggiuntive per 465 milioni di euro per l'anno 2013, 443 milioni di euro per l'anno 2014, 507 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015;
    è stato inoltre chiarito, rispetto alla formulazione originaria, che la quota di compartecipazione regionale all'IVA, che resta assegnata al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale, è conseguentemente elevata in misura pari alla quota del gettito della compartecipazione all'accisa sulla benzina da destinare al SSN; sono stati infine previsti quattro mesi e non sessanta giorni dall'emanazione del DPCM di definizione dei criteri di ripartizione del fondo per l'approvazione, da parte delle regioni, dei piani di riprogrammazione dei servizi;
    l'effettivo riparto dovrà essere effettuato entro il 30 giugno e non entro il 31 marzo di ciascun anno; per l'anno 2013, nelle more delle verifiche di attuazione dei piani di riprogrammazione (che potranno essere compiute solo nel 2014) la ripartizione dovrà essere effettuata sulla base dei criteri stabiliti dal DPCM e previa adozione dei piani di riprogrammazione dei medesimi;
    sono state fatte salve le competenze dell'Autorità dei trasporti, in merito alla definizione dei criteri di riparto e del monitoraggio sui costi e sulle modalità complessive del servizio svolte dall'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale; è, stato, inoltre, soppressa la previsione che prevedeva l'entrata in vigore dell'articolo 9 alla data di pubblicazione della legge di stabilità,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di monitorare lo sviluppo dei contratti di servizio in corso per mantenere un livello adeguato dei servizi, compresi i servizi ferroviari sulla media e lunga percorrenza;
   di sbloccare le procedure per consentire la piena operatività dell'Autorità dei trasporti.
9/5534-bis-A/163. (Testo modificato nel corso della seduta) Lovelli, Meta, Velo, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme ed all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
    la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree la cui crescita urbanistica è stata tanto veloce e intensa, quanto disordinata e priva di una corretta pianificazione; l'ultimo episodio particolarmente intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti, con cinque vittime e ingenti danni, la cui quantificazione non è stata ancora definitivamente accertata;
    secondo l'Ordine nazionale dei geologi, negli ultimi 60 anni gli eventi naturali a carattere disastroso sono stati ben 3362 e sono collegabili principalmente a fenomeni come improvvise inondazioni, frane di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, colate di fango e detriti; inoltre la spesa complessiva sostenuta fino ad ora, attualizzata al 2012, è di quasi 60 miliardi di euro, con la particolarità che fino al 1990 la spesa media annuale era di 750 milioni di euro mentre negli ultimi 20 anni la spesa annuale media ammonta ad oltre 1,1 miliardi di euro;
    come è noto il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi di prevenzione e di sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale ammonta a 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
    purtroppo, nonostante i buoni propositi e gli impegni assunti dal Governo a seguito di atti di indirizzo parlamentare, negli ultimi dieci anni il trend delle risorse stanziate, a vario titolo, per una politica di prevenzione del rischio idrogeologico, sono costantemente diminuite; gli stanziamenti della legge finanziaria 2003 per la difesa del suolo ammontavano a circa 550 milioni di euro; nel 2007 sono diventati 261 milioni di euro, per poi precipitare agli appena 41 milioni di euro dell'attuale bilancio di previsione per il 2013;
    lo stesso Governo, durante l'informativa del 16 novembre 2012 alla Camera sui recenti eventi alluvionali, ha sottolineato l'esigenza di affrontare con maggiore impegno la problematica relativa all'elevato rischio idrogeologico ed ha affermato l'intenzione di accelerare le procedure di realizzazione degli interventi relativi al Piano idrogeologico, mettendo in opera o cominciando a porre in opera gli accordi di programma realizzati con le regioni e sforzandosi di assicurare agli stessi le risorse finanziarie, che è stato possibile mettere a disposizione;
    il Governo ha altresì comunicato che è in corso di elaborazione la redazione del Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, richiesto dall'Europa a ciascuno Stato, in particolare aggiornando le norme urbanistiche in materia di uso del territorio, con il divieto di procedure di condono edilizio, obbligando gli enti pubblici e i privati alla manutenzione dei boschi e dei corsi d'acqua, prevedendo la concessione in uso a imprese cooperative di giovani di terreni abbandonati situati nelle zone vulnerabili al rischio idrogeologico e al rischio di incendio per la loro valorizzazione e manutenzione, prevedendo l'istituzione di un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti finalizzato al credito a basso tasso di interesse alle imprese e ai soggetti privati per la realizzazione di progetti che concorrono all'attuazione del Piano, alimentato con il prelievo dello 0,5 per cento dell'accisa applicata ai carburanti;
    il Governo, infine si è già impegnato – durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto, accogliendo un ordine del giorno – a reintegrare con urgenza i capitoli di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per interventi contro il rischio idrogeologico nonché a predisporre un dettagliato resoconto dei flussi di spesa e delle modalità di impiego dei fondi di propria competenza per la realizzazione degli interventi avviati o realizzati per la difesa del suolo, in particolare degli accordi di programma sottoscritti con le Regioni ai sensi della legge n. 191 del 2009, al fine di valutarne l'efficacia e rimuovere le cause dei ritardi nell'utilizzo delle risorse;
    l'esame in commissione bilancio ha migliorato la composizione della manovra anche per quel che riguarda le risorse per fronteggiare le emergenze degli ultimi eventi alluvionali e rifinanziando il fondo di protezione civile per sostenere interventi di ripristino e di tutela connessi a calamità naturali degli anni passati;
    tuttavia l'esame in Commissione non ha consentito di affrontare alcune rilevanti questioni che dovranno essere sviluppate nel seguito della manovra o in altri provvedimenti già all'esame del Parlamento; è il caso delle modifiche richieste da più parti per escludere dal saldo del patto di stabilità interno dei comuni e delle province gli interventi realizzati direttamente dai medesimi enti con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi;
    con il decreto-legge n. 59 del 2012 di riordino della protezione civile sono state, in realtà, già inserite in maniera strutturale nell'ordinamento giuridico nazionale misure di deroga al patto di stabilità interno per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi. Infatti, l'articolo 31, commi 8-bis e 8-ter della legge 12 novembre 2011, n. 183 dispone l'esclusione dal saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, effettuati nell'esercizio finanziario in cui è avvenuta la calamità e nei due esercizi finanziari successivi;
   la norma che è volta a consentire ai comuni danneggiati da eventi calamitosi di effettuare maggiori spese in deroga alle regole del patto finanziate con risorse proprie, sconta tuttavia un grosso limite perché si prevede che l'esclusione di dette risorse dal patto di stabilità sia stabilita mediante legge a valere sul Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente di cui all'articolo 6, comma 2 del decreto legge n. 154 del 2008,

impegna il Governo:

   ad individuare le risorse necessarie per avviare una seria ed efficace politica di prevenzione del rischio idrogeologico, anche attraverso l'istituzione di un fondo strutturale, provvisto di adeguato finanziamento annuale, in modo da rendere possibile l'avvio di una programmazione e pianificazione degli interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio, anche attraverso la predisposizione degli strumenti, come il piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, già annunciato dal Governo;
   a rivedere il meccanismo di cui all'articolo 31 commi 8-bis ed 8-ter della legge 12 novembre 2011, n. 183, disponendo l'esclusione automatica, in un limite massimo di spesa annuale da individuare nella medesima legge n. 183 del 2011, dal patto di stabilità interno delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei ministri lo stato di emergenza;
   ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per l'anno 2013, entro un limite di spesa massimo compatibile con i vincoli di bilancio, l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi.
9/5534-bis-A/164Mariani, Morassut, Margiotta, Braga, Iannuzzi, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Motta, Realacci, Viola, Cenni, Sani, Trappolino, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme ed all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
    la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree la cui crescita urbanistica è stata tanto veloce e intensa, quanto disordinata e priva di una corretta pianificazione; l'ultimo episodio particolarmente intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti, con cinque vittime e ingenti danni, la cui quantificazione non è stata ancora definitivamente accertata;
    secondo l'Ordine nazionale dei geologi, negli ultimi 60 anni gli eventi naturali a carattere disastroso sono stati ben 3362 e sono collegabili principalmente a fenomeni come improvvise inondazioni, frane di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, colate di fango e detriti; inoltre la spesa complessiva sostenuta fino ad ora, attualizzata al 2012, è di quasi 60 miliardi di euro, con la particolarità che fino al 1990 la spesa media annuale era di 750 milioni di euro mentre negli ultimi 20 anni la spesa annuale media ammonta ad oltre 1,1 miliardi di euro;
    come è noto il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi di prevenzione e di sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale ammonta a 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
    purtroppo, nonostante i buoni propositi e gli impegni assunti dal Governo a seguito di atti di indirizzo parlamentare, negli ultimi dieci anni il trend delle risorse stanziate, a vario titolo, per una politica di prevenzione del rischio idrogeologico, sono costantemente diminuite; gli stanziamenti della legge finanziaria 2003 per la difesa del suolo ammontavano a circa 550 milioni di euro; nel 2007 sono diventati 261 milioni di euro, per poi precipitare agli appena 41 milioni di euro dell'attuale bilancio di previsione per il 2013;
    lo stesso Governo, durante l'informativa del 16 novembre 2012 alla Camera sui recenti eventi alluvionali, ha sottolineato l'esigenza di affrontare con maggiore impegno la problematica relativa all'elevato rischio idrogeologico ed ha affermato l'intenzione di accelerare le procedure di realizzazione degli interventi relativi al Piano idrogeologico, mettendo in opera o cominciando a porre in opera gli accordi di programma realizzati con le regioni e sforzandosi di assicurare agli stessi le risorse finanziarie, che è stato possibile mettere a disposizione;
    il Governo ha altresì comunicato che è in corso di elaborazione la redazione del Piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, richiesto dall'Europa a ciascuno Stato, in particolare aggiornando le norme urbanistiche in materia di uso del territorio, con il divieto di procedure di condono edilizio, obbligando gli enti pubblici e i privati alla manutenzione dei boschi e dei corsi d'acqua, prevedendo la concessione in uso a imprese cooperative di giovani di terreni abbandonati situati nelle zone vulnerabili al rischio idrogeologico e al rischio di incendio per la loro valorizzazione e manutenzione, prevedendo l'istituzione di un fondo rotativo presso la Cassa depositi e prestiti finalizzato al credito a basso tasso di interesse alle imprese e ai soggetti privati per la realizzazione di progetti che concorrono all'attuazione del Piano, alimentato con il prelievo dello 0,5 per cento dell'accisa applicata ai carburanti;
    il Governo, infine si è già impegnato – durante l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto, accogliendo un ordine del giorno – a reintegrare con urgenza i capitoli di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per interventi contro il rischio idrogeologico nonché a predisporre un dettagliato resoconto dei flussi di spesa e delle modalità di impiego dei fondi di propria competenza per la realizzazione degli interventi avviati o realizzati per la difesa del suolo, in particolare degli accordi di programma sottoscritti con le Regioni ai sensi della legge n. 191 del 2009, al fine di valutarne l'efficacia e rimuovere le cause dei ritardi nell'utilizzo delle risorse;
    l'esame in commissione bilancio ha migliorato la composizione della manovra anche per quel che riguarda le risorse per fronteggiare le emergenze degli ultimi eventi alluvionali e rifinanziando il fondo di protezione civile per sostenere interventi di ripristino e di tutela connessi a calamità naturali degli anni passati;
    tuttavia l'esame in Commissione non ha consentito di affrontare alcune rilevanti questioni che dovranno essere sviluppate nel seguito della manovra o in altri provvedimenti già all'esame del Parlamento; è il caso delle modifiche richieste da più parti per escludere dal saldo del patto di stabilità interno dei comuni e delle province gli interventi realizzati direttamente dai medesimi enti con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi;
    con il decreto-legge n. 59 del 2012 di riordino della protezione civile sono state, in realtà, già inserite in maniera strutturale nell'ordinamento giuridico nazionale misure di deroga al patto di stabilità interno per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi. Infatti, l'articolo 31, commi 8-bis e 8-ter della legge 12 novembre 2011, n. 183 dispone l'esclusione dal saldo rilevante ai fini del rispetto del Patto delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei Ministri lo stato di emergenza, effettuati nell'esercizio finanziario in cui è avvenuta la calamità e nei due esercizi finanziari successivi;
   la norma che è volta a consentire ai comuni danneggiati da eventi calamitosi di effettuare maggiori spese in deroga alle regole del patto finanziate con risorse proprie, sconta tuttavia un grosso limite perché si prevede che l'esclusione di dette risorse dal patto di stabilità sia stabilita mediante legge a valere sul Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente di cui all'articolo 6, comma 2 del decreto legge n. 154 del 2008,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare le risorse necessarie per avviare una seria ed efficace politica di prevenzione del rischio idrogeologico, anche attraverso l'istituzione di un fondo strutturale, provvisto di adeguato finanziamento annuale, in modo da rendere possibile l'avvio di una programmazione e pianificazione degli interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio, anche attraverso la predisposizione degli strumenti, come il piano nazionale per l'adattamento ai cambiamenti climatici, già annunciato dal Governo;
   di rivedere il meccanismo di cui all'articolo 31 commi 8-bis ed 8-ter della legge 12 novembre 2011, n. 183, disponendo l'esclusione automatica, in un limite massimo di spesa annuale da individuare nella medesima legge n. 183 del 2011, dal patto di stabilità interno delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi in seguito ai quali sia stato deliberato dal Consiglio dei ministri lo stato di emergenza;
   di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per l'anno 2013, entro un limite di spesa massimo compatibile con i vincoli di bilancio, l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per interventi realizzati direttamente dai comuni e dalle province con risorse proprie in relazione a eventi calamitosi.
9/5534-bis-A/164. (Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Morassut, Margiotta, Braga, Iannuzzi, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Motta, Realacci, Viola, Cenni, Sani, Trappolino, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la manovra finanziaria contenuta nella legge di stabilità incide in maniera rilevante sul comparto primario e appare essenziale continuare a rafforzare le strategie di politica agricola con misure da attuare nell'immediato per il sostegno del reddito agricolo e con altre tali da consolidare il disegno di uno sviluppo sostenibile per il nostro Paese, nell'ambito degli accordi e degli impegni assunti nel contesto europeo ed internazionale;
    l'esame in commissione bilancio ha migliorato la composizione della manovra anche per quel che riguarda il comparto agricolo;
    la soppressione dell'incremento dell'aliquota dell'imposta sul Valore Aggiunto (IVA) dal 10 all'11 per cento, prevista nel testo iniziale, evita pesanti ripercussioni per il settore primario che sarebbe stato pesantemente interessato dall'aumento dei prezzi dei prodotti agroalimentari e dei costi di produzione;
    la soppressione della retroattività delle disposizioni fiscali di interesse agricolo – relative all'abolizione di due particolari regimi agevolativi per l'impresa agricola e all'aumento dei redditi dominicali e agrari – pur non rappresentando l'opzione migliore, sono da valutare con estremo favore;
    permangono delle incognite su alcuni capitoli della spending review in relazione alla sostenibilità delle finalità istituzionali connesse alle risorse ridotte;
    sono notevolmente ridotte le risorse dedicate all'Isa – Istituto Sviluppo Agroalimentare – che per effetto delle due ultime leggi di stabilità sarà tenuta a riversare nel bilancio statale complessivamente 25,4 milioni nel 2013, 18,1 milioni per il 2014, e 7,8 nel 2015; i versamenti in commento appaiono rilevanti e impongono una riflessione sulle reali possibilità per l'istituto di svolgere appieno il ruolo istituzione di sostegno al settore agroalimentare;
    allo stesso modo la previsione di sottrarre totalmente le somme disponibili sul bilancio di Agea, pari a 19,8 milioni di euro, al finanziamento di misure a sostegno per in momenti di crisi di mercato rendono necessario un chiarimento sulle modalità di intervento che il Ministero agricolo è nelle condizioni di porre in essere a tutela delle imprese agricole in situazioni di crisi di mercato che sono ormai molto frequenti e condizionano pesantemente il comparto primario;
    per quanto riguarda gli enti di ricerca vigilati dal Ministero, il previsto alleggerimento – da oltre 7 milioni di euro a oltre 3,6 milioni di euro – delle riduzioni di spesa per il periodo 2013-2015 a carico dei medesimi enti va nella giusta direzione ma continua a mancare un valido e serio progetto di rilancio della ricerca agricola;
    al riguardo si segnala che il Governo con il decreto-legge n. 95 del 2012, ha disposto la soppressione dell'INRAN, Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, ente pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali il quale, per effetto dell'articolo 7, comma 20 del decreto-legge n. 78 del 2010, aveva acquisito anche le funzioni svolte dai soppressi ENSE (Ente nazionale delle sementi elette) e INCA (Istituto nazionale per le conserve alimentari);
    tuttavia l'articolo 12, commi da 1 a 6 del citato decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto l'attribuzione al CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in agricoltura) delle competenze elencate all'articolo 11 del decreto legislativo 454 del 1999 in materia di ricerca, mentre ha disposto l'attribuzione aliante Risi delle competenze nel settore delle sementi elette svolte dall'ex ENSE ed attribuite all'INRAN;
    in merito al trasferimento delle competenze e dei dipendenti ex ENSE all'Ente Risi il Parlamento ha espresso molte riserve per la possibile perdita di profili e di professionalità chiaramente appartenenti al comparto della ricerca e rilevando la possibile nascita di profili di conflitto di interessi tra le competenze dell'Ente Risi e quelle in essere nell'ex ENSE;
    è necessario che le azioni di spending review siano coniugate a strategie di rilancio del comparto agricolo che tengano nel debito conto le realtà che funzionano e che sono da preservare mediante una ottimizzazione della spesa produttiva del dicastero agricolo di cui una delle massime espressioni è proprio quella in conto capitale per progetti di ricerca;
    la soppressione dell'istituto INRAN, in assenza di un progetto chiaro di rilancio e sviluppo della ricerca per la qualità e l'eccellenza della produzione agroalimentare nazionale, rischia disperdere importanti competenze nel settore della ricerca e di non intercettare i finanziamenti che l'Europa sta per stanziare su un nuovo programma ventennale di ricerca sulla nutrizione come primo strumento di prevenzione e tutela della salute degli europei,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre l'attribuzione al Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) delle funzioni, dei compiti e delle risorse del soppresso Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN), comprese quelle concernenti il settore delle sementi elette e quelle esercitate dall'INCA, provvedendo alla soluzione delle criticità emerse in relazione all'articolo 12 del decreto-legge 6 luglio n. 95 del 2012.
9/5534-bis-A/165Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Servodio, Sani, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Trappolino, Tocci, Motta, Madia.


   La Camera,
   premesso che:
    la gestione dei siti contaminati costituisce uno dei più delicati problemi ambientali da affrontare; la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi è una pericolosa minaccia per la salute delle popolazioni che vivono in prossimità delle zone interessate;
    la presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee rappresenta un rischio per l'ambiente e gli ecosistemi;
    un ruolo di primo piano, nella gestione dei procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale, è svolto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a cui è affidato il ruolo di responsabile dei procedimenti di bonifica;
    la gestione di tali procedimenti è particolarmente complessa, in quanto in ciascuna delle 57 aree perimetrate di interesse nazionale ricadono proprietà di diversi soggetti (pubblici e privati) e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti che spesso rallentano e ostacolano l'avvio degli interventi;
    il territorio interessato, per estensione dei siti, per numero di aziende e per realtà sociali coinvolte, è estremamente ampio;
    i tempi necessari per avviare e concludere tutti i procedimenti di bonifica di cui ha bisogno il paese sono evidentemente lunghi, ma è altresì doveroso investire risorse ed energie sin da subito proprio per evitare un'eccessiva dilatazione dei tempi;
    è necessario individuare modalità di azione che permettano di superare le difficoltà incontrate fino ad ora, al fine di risolvere anche i numerosi contenziosi sorti a causa dell'attribuzione delle responsabilità dell'inquinamento e degli oneri di bonifica;
    la lentezza con cui si sta procedendo danneggia inevitabilmente l'intero sistema produttivo, aggravando una difficile situazione causata dalla contingenza economica, ed è necessario ed urgente da un lato snellire le procedure amministrative e gli adempimenti e dall'altro garantire un efficace rafforzamento del sistema dei controlli ambientali e del regime sanzionatorio;
    i 57 siti di interesse nazionale comprendono le aree maggiormente inquinate d'Italia: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela, Taranto, le aree industriali di Pioltello Rodano, Bagnoli-Coroglio, Sassuolo, Fidenza, Crotone, Trieste, Massa Carrara, Piombino, Livorno, Serravalle Scrivia, bacino del fiume Sacco, litorale domizio-flegreo e agro aversano; vi sono, inoltre, aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, che hanno subito fenomeni di contaminazione quali il Lago Maggiore (sito di Pieve Vergente), le lagune di Grado e Marano, Venezia e Orbetello; spesso le problematiche relative all'inquinamento delle matrici ambientali (suolo, acque sotterranee e superficiali, sedimenti) sono strettamente correlate all'insorgenza di problematiche sanitarie;
    il Governo ha riconosciuto l'enorme criticità del settore delle bonifiche, in parte dovuta all'inadeguata definizione degli obiettivi della bonifica, spesso non correlati alla successiva destinazione, civile o industriale, dei siti e la dimensione della perimetrazione dei siti stessi, determinata in alcuni casi non in relazione alle reali necessità ambientali, con conseguente avvio di contenziosi e insufficienza delle risorse disponibili;
    il Governo ha altresì riconosciuto l'assoluta insufficienza delle risorse finanziarie destinate alle bonifiche e ha affermato l'esigenza di elaborare un Piano nazionale delle bonifiche, in cui sarà definito il cronoprogramma delle attività ed il quadro delle risorse economiche da impegnare su base pluriennale;
    numerose sono le aree di interesse nazionale la cui bonifica stenta ad avviarsi, sia per questioni tecniche, spesso legate all'interpretazione della normativa, sia per insufficienza di finanziamenti dedicati a queste aree, sia per pericoli legati allo stato dell'ambiente, con eventuali ripercussioni sanitarie, sia per eventuali processi di reindustrializzazione che necessitano interventi immediati e risolutivi;
    per quanto riguarda le risorse che sono state tolte ai fondi destinati al grande tema delle bonifiche relativamente ai siti di interesse nazionale, bisogna rilevare come ormai da diversi anni, dalla definizione di questi siti, ci si trova in presenza di diversi studi, di numerosi approfondimenti, ma purtroppo pochissimi territori sono stati restituiti nelle condizioni iniziali o in condizioni tali da attivare dei processi di reindustrializzazione;
    le politiche di bonifica dei siti industriali non rappresentano un aggravio dei conti pubblici, bensì un'opportunità importante per rilanciare la nostra economia attraverso un'opera davvero utile come la messa in sicurezza ambientale del territorio e la tutela della salute dei cittadini;
    secondo quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 166 del 2007 – nell'ambito del quadro strategico nazionale 2007-2013 – le risorse da ripartire negli interventi di bonifica sarebbero dovute ammontare a 3.009 milioni di euro, a valere sul fondo aree sottosviluppate, ma le risorse che erano state stanziate dal Governo Prodi sono state completamente cancellate dal Governo Berlusconi con la delibera CIPE del 6 marzo 2009, lasciando un generico conferimento dei fondi Fas;
    le scelte adottate a livello governativo appaiono anche in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 252-bis del Codice ambientale che prevede percorsi accelerati per interventi di bonifica e reindustrializzazione con prodotti e processi ecosostenibili,

impegna il Governo:

   ad individuare le risorse che permettano di elaborare ed avviare – entro il termine della legislatura – un piano complessivo di bonifiche e recupero delle aree contaminate;
   a concordare con le Regioni lo svincolo delle aree Sin di interesse regionale;
   a semplificare i percorsi amministrativi garantendo un controllo delle procedure di bonifica e messa in sicurezza ove esistano attività produttive in essere;
   a facilitare le condizioni, anche attraverso appositi incentivi, perché i terreni contaminati nelle aree dei sin possano ospitare impianti a fonti rinnovabili.
9/5534-bis-A/166Bratti, Mariani, Morassut, Margiotta, Realacci, Braga, Iannuzzi, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Marantelli, Motta, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    la gestione dei siti contaminati costituisce uno dei più delicati problemi ambientali da affrontare; la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi è una pericolosa minaccia per la salute delle popolazioni che vivono in prossimità delle zone interessate;
    la presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee rappresenta un rischio per l'ambiente e gli ecosistemi;
    un ruolo di primo piano, nella gestione dei procedimenti di bonifica dei siti di interesse nazionale, è svolto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a cui è affidato il ruolo di responsabile dei procedimenti di bonifica;
    la gestione di tali procedimenti è particolarmente complessa, in quanto in ciascuna delle 57 aree perimetrate di interesse nazionale ricadono proprietà di diversi soggetti (pubblici e privati) e le attività hanno ricadute socio-economiche e politiche molto rilevanti che spesso rallentano e ostacolano l'avvio degli interventi;
    il territorio interessato, per estensione dei siti, per numero di aziende e per realtà sociali coinvolte, è estremamente ampio;
    i tempi necessari per avviare e concludere tutti i procedimenti di bonifica di cui ha bisogno il paese sono evidentemente lunghi, ma è altresì doveroso investire risorse ed energie sin da subito proprio per evitare un'eccessiva dilatazione dei tempi;
    è necessario individuare modalità di azione che permettano di superare le difficoltà incontrate fino ad ora, al fine di risolvere anche i numerosi contenziosi sorti a causa dell'attribuzione delle responsabilità dell'inquinamento e degli oneri di bonifica;
    la lentezza con cui si sta procedendo danneggia inevitabilmente l'intero sistema produttivo, aggravando una difficile situazione causata dalla contingenza economica, ed è necessario ed urgente da un lato snellire le procedure amministrative e gli adempimenti e dall'altro garantire un efficace rafforzamento del sistema dei controlli ambientali e del regime sanzionatorio;
    i 57 siti di interesse nazionale comprendono le aree maggiormente inquinate d'Italia: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Priolo, Gela, Taranto, le aree industriali di Pioltello Rodano, Bagnoli-Coroglio, Sassuolo, Fidenza, Crotone, Trieste, Massa Carrara, Piombino, Livorno, Serravalle Scrivia, bacino del fiume Sacco, litorale domizio-flegreo e agro aversano; vi sono, inoltre, aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, che hanno subito fenomeni di contaminazione quali il Lago Maggiore (sito di Pieve Vergente), le lagune di Grado e Marano, Venezia e Orbetello; spesso le problematiche relative all'inquinamento delle matrici ambientali (suolo, acque sotterranee e superficiali, sedimenti) sono strettamente correlate all'insorgenza di problematiche sanitarie;
    il Governo ha riconosciuto l'enorme criticità del settore delle bonifiche, in parte dovuta all'inadeguata definizione degli obiettivi della bonifica, spesso non correlati alla successiva destinazione, civile o industriale, dei siti e la dimensione della perimetrazione dei siti stessi, determinata in alcuni casi non in relazione alle reali necessità ambientali, con conseguente avvio di contenziosi e insufficienza delle risorse disponibili;
    il Governo ha altresì riconosciuto l'assoluta insufficienza delle risorse finanziarie destinate alle bonifiche e ha affermato l'esigenza di elaborare un Piano nazionale delle bonifiche, in cui sarà definito il cronoprogramma delle attività ed il quadro delle risorse economiche da impegnare su base pluriennale;
    numerose sono le aree di interesse nazionale la cui bonifica stenta ad avviarsi, sia per questioni tecniche, spesso legate all'interpretazione della normativa, sia per insufficienza di finanziamenti dedicati a queste aree, sia per pericoli legati allo stato dell'ambiente, con eventuali ripercussioni sanitarie, sia per eventuali processi di reindustrializzazione che necessitano interventi immediati e risolutivi;
    per quanto riguarda le risorse che sono state tolte ai fondi destinati al grande tema delle bonifiche relativamente ai siti di interesse nazionale, bisogna rilevare come ormai da diversi anni, dalla definizione di questi siti, ci si trova in presenza di diversi studi, di numerosi approfondimenti, ma purtroppo pochissimi territori sono stati restituiti nelle condizioni iniziali o in condizioni tali da attivare dei processi di reindustrializzazione;
    le politiche di bonifica dei siti industriali non rappresentano un aggravio dei conti pubblici, bensì un'opportunità importante per rilanciare la nostra economia attraverso un'opera davvero utile come la messa in sicurezza ambientale del territorio e la tutela della salute dei cittadini;
    secondo quanto stabilito dalla delibera CIPE n. 166 del 2007 – nell'ambito del quadro strategico nazionale 2007-2013 – le risorse da ripartire negli interventi di bonifica sarebbero dovute ammontare a 3.009 milioni di euro, a valere sul fondo aree sottosviluppate, ma le risorse che erano state stanziate dal Governo Prodi sono state completamente cancellate dal Governo Berlusconi con la delibera CIPE del 6 marzo 2009, lasciando un generico conferimento dei fondi Fas;
    le scelte adottate a livello governativo appaiono anche in contrasto con i principi sanciti dall'articolo 252-bis del Codice ambientale che prevede percorsi accelerati per interventi di bonifica e reindustrializzazione con prodotti e processi ecosostenibili,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare le risorse che permettano di elaborare ed avviare – entro il termine della legislatura – un piano complessivo di bonifiche e recupero delle aree contaminate;
   di concordare con le Regioni lo svincolo delle aree Sin di interesse regionale;
   di semplificare i percorsi amministrativi garantendo un controllo delle procedure di bonifica e messa in sicurezza ove esistano attività produttive in essere;
   di facilitare le condizioni, anche attraverso appositi incentivi, perché i terreni contaminati nelle aree dei sin possano ospitare impianti a fonti rinnovabili.
9/5534-bis-A/166. (Testo modificato nel corso della seduta) Bratti, Mariani, Morassut, Margiotta, Realacci, Braga, Iannuzzi, Benamati, Bocci, Esposito, Ginoble, Marantelli, Motta, Viola.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme ed all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
    tali eventi calamitosi hanno una pesante ricaduta sull'economia agricola di interi territori causando la perdita dei raccolti e, di conseguenza, una contrazione notevole del reddito disponibile delle imprese agricole;
    l'ultimo episodio meteorologico particolarmente intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti, con conseguenze sui cittadini e sulle attività produttive;
    l'esame in commissione bilancio ha migliorato la composizione della manovra anche per quel che riguarda le risorse per fronteggiare le emergenze degli ultimi eventi alluvionali stanziando 250 milioni di euro per l'anno 2013 da destinare ad interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni colpiti dall'alluvione;
    tuttavia l'esame in Commissione non ha affrontato minimamente l'impatto della recente alluvione sul comparto primario che – come denunciato dalle associazioni di categoria – con quest'ultimo nubifragio autunnale superano i 3 miliardi i danni diretti ed indiretti provocati all'agricoltura dagli eventi estremi nel 2012 con neve e ghiaccio che hanno bloccato l'Italia durante l'inverno e poi da caldo e siccità estivi che hanno bruciato i raccolti;
    le alluvioni degli ultimi giorni concludono, quindi, un anno devastante dal punto di vista climatico per l'agricoltura, che ha provocato un contenimento delle produzioni nazionali che riescono a coprire appena il 75 per cento dei consumi alimentari nazionali;
   è urgente intervenire con strumenti dedicati come previsto dall'articolo 1, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102 che prevede interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da calamità naturali nei limiti previsti dalla normativa comunitaria,

impegna il Governo

a rifinanziare con congrue risorse il Fondo di solidarietà nazionale di cui all'articolo 15 comma 2, secondo periodo del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, al fine di consentire l'erogazione delle necessarie risorse compensative finalizzate alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito i danni dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012.
9/5534-bis-A/167Sani, Trappolino, Cenni, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico rappresenta una delle principali emergenze del Paese ed è legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli, all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme ed all'aumento, per frequenza ed intensità, degli eventi calamitosi;
    tali eventi calamitosi hanno una pesante ricaduta sull'economia agricola di interi territori causando la perdita dei raccolti e, di conseguenza, una contrazione notevole del reddito disponibile delle imprese agricole;
    l'ultimo episodio meteorologico particolarmente intenso si è verificato la scorsa settimana con forti ed estesi temporali sulla Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Triveneto e Alto Lazio: gli effetti sul territorio sono stati devastanti, con conseguenze sui cittadini e sulle attività produttive;
    l'esame in commissione bilancio ha migliorato la composizione della manovra anche per quel che riguarda le risorse per fronteggiare le emergenze degli ultimi eventi alluvionali stanziando 250 milioni di euro per l'anno 2013 da destinare ad interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni colpiti dall'alluvione;
    tuttavia l'esame in Commissione non ha affrontato minimamente l'impatto della recente alluvione sul comparto primario che – come denunciato dalle associazioni di categoria – con quest'ultimo nubifragio autunnale superano i 3 miliardi i danni diretti ed indiretti provocati all'agricoltura dagli eventi estremi nel 2012 con neve e ghiaccio che hanno bloccato l'Italia durante l'inverno e poi da caldo e siccità estivi che hanno bruciato i raccolti;
    le alluvioni degli ultimi giorni concludono, quindi, un anno devastante dal punto di vista climatico per l'agricoltura, che ha provocato un contenimento delle produzioni nazionali che riescono a coprire appena il 75 per cento dei consumi alimentari nazionali;
   è urgente intervenire con strumenti dedicati come previsto dall'articolo 1, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102 che prevede interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da calamità naturali nei limiti previsti dalla normativa comunitaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rifinanziare con congrue risorse il Fondo di solidarietà nazionale di cui all'articolo 15 comma 2, secondo periodo del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, al fine di consentire l'erogazione delle necessarie risorse compensative finalizzate alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito i danni dagli eventi alluvionali del mese di novembre 2012.
9/5534-bis-A/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Sani, Trappolino, Cenni, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità in commento nell'ambito delle riduzioni di spesa delle pubbliche amministrazioni detta disposizioni sulla valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici;
    sono alcune centinaia le famiglie italiane che occupano gli stabili di proprietà di enti previdenziali pubblici che, essendo stati classificati «di pregio», risultano esclusi in fase di acquisto dagli sconti concessi a tutti gli altri inquilini interessati dallo stesso processo di dismissione del patrimonio immobiliare residenziale dei medesimi enti;
    la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tuttora in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di pregio non incide sulla generale regola di mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione del prezzo di vendita agli inquilini, praticata nelle dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, si potrebbe configurare come un'indicazione del Legislatore di tener conto nella stima dell'immobile dell'occupazione o meno dell'immobile medesimo;
    a distanza di anni dall'avvio della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle «case di pregio» non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai una residuale parte di immobili, che sono stati di nuovo trasferiti agli enti proprietari dopo la chiusura delle operazioni di cartolarizzazione;
    non è stata avviata una soluzione transattiva definitiva così come prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata data esecuzione dall'INPS, a differenza dell'INAIL, alla direttiva interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione conciliativa;
    sarebbe opportuno che gli immobili ad uso abitativo, di pregio e non di pregio, fossero offerti in opzione agli aventi diritto per consentire loro un effettivo esercizio del diritto di opzione legislativamente previsto ai prezzi già determinati a suo tempo dall'Agenzia del Territorio; risulterebbe, inoltre, urgente il superamento della controversia in atto, in particolar modo, per quel che riguarda i cosiddetti immobili di pregio,

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei «cosiddetti» immobili di pregio agevolando in tal modo l'acquisto degli immobili medesimi da parte dei locatari in questa fase difficile e impegnativa sul piano economico e che vede nell'emergenza abitativa un tema di grande rilevanza sociale.
9/5534-bis-A/168Motta, Codurelli, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità in commento nell'ambito delle riduzioni di spesa delle pubbliche amministrazioni detta disposizioni sulla valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici;
    sono alcune centinaia le famiglie italiane che occupano gli stabili di proprietà di enti previdenziali pubblici che, essendo stati classificati «di pregio», risultano esclusi in fase di acquisto dagli sconti concessi a tutti gli altri inquilini interessati dallo stesso processo di dismissione del patrimonio immobiliare residenziale dei medesimi enti;
    la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tuttora in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di pregio non incide sulla generale regola di mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione del prezzo di vendita agli inquilini, praticata nelle dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, si potrebbe configurare come un'indicazione del Legislatore di tener conto nella stima dell'immobile dell'occupazione o meno dell'immobile medesimo;
    a distanza di anni dall'avvio della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle «case di pregio» non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai una residuale parte di immobili, che sono stati di nuovo trasferiti agli enti proprietari dopo la chiusura delle operazioni di cartolarizzazione;
    non è stata avviata una soluzione transattiva definitiva così come prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata data esecuzione dall'INPS, a differenza dell'INAIL, alla direttiva interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione conciliativa;
    sarebbe opportuno che gli immobili ad uso abitativo, di pregio e non di pregio, fossero offerti in opzione agli aventi diritto per consentire loro un effettivo esercizio del diritto di opzione legislativamente previsto ai prezzi già determinati a suo tempo dall'Agenzia del Territorio; risulterebbe, inoltre, urgente il superamento della controversia in atto, in particolar modo, per quel che riguarda i cosiddetti immobili di pregio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire con urgenza per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei «cosiddetti» immobili di pregio agevolando in tal modo l'acquisto degli immobili medesimi da parte dei locatari in questa fase difficile e impegnativa sul piano economico e che vede nell'emergenza abitativa un tema di grande rilevanza sociale.
9/5534-bis-A/168. (Testo modificato nel corso della seduta) Motta, Codurelli, Gnecchi.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2013 e considerati gli interventi introdotti da tale disegno di legge in relazione alle deroghe previste dall'articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
    in data 24 luglio 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Interministeriale 1o giugno 2012, in attuazione del citato articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. «Salva Italia»);
    il predetto decreto-legge stabilisce che i lavoratori collocati in posizione di esonero dal servizio di cui alla lettera e) del comma 14 dell'articolo 24 del decreto n. 201 devono presentare, per il successivo esame, «istanza per accesso ai benefici di cui all'articolo 24, commi 14 e 15 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, alla Direzione Territoriale del Lavoro competente»;
    la lettera e), comma 1, articolo 2 del decreto interministeriale 1o giugno 2012 stabilisce che devono presentare l'istanza i «lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 ha in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133» e che «l'istituto dell'esonero si considera in corso qualora il provvedimento di concessione dell'esonero sia stato emanato prima del 4 dicembre 2011»;
    le Direzioni Territoriali del Lavoro respingono le domande presentate da coloro che hanno avuto il provvedimento di esonero successivamente al 4 dicembre 2011, anche se la Direttiva prot. 2012 60053 della Direzione Centrale equipara i provvedimenti di esonero emessi nel corso del 2012 a quelli emessi entro il 4 dicembre 2011;
    sarebbe, pertanto, sufficiente un intervento in via amministrativa affinché le Direzioni Territoriali del Lavoro accolgano le domande di chi ha avuto l'esonero nel corso del 2012 (e questo potrebbe avvenire con la rettifica del modello per la presentazione dell'istanza o con l'emanazione di una circolare chiarificatrice da parte della Funzione Pubblica e/o INPS),

impegna il Governo

a impartire agli istituti e organismi competenti le occorrenti direttive affinché, ai fini delle salvaguardia dei lavoratori collocati in posizione di esonero dal servizio di cui alla lettera e) del comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, la relativa istanza possa essere presentata dai lavoratori che abbiano in corso, sulla base della legislazione vigente, l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, non rilevando, ai fini dell'accoglimento dell'istanza medesima, che il provvedimento di concessione dell'esonero sia stato emanato successivamente alla data del 4 dicembre 2011.
9/5534-bis-A/169Delfino, Poli, Damiano, Gnecchi, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di legge di stabilità 2013 e considerati gli interventi introdotti da tale disegno di legge in relazione alle deroghe previste dall'articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201;
    in data 24 luglio 2012 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Interministeriale 1o giugno 2012, in attuazione del citato articolo 24, commi 14 e 15, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. «Salva Italia»);
    il predetto decreto-legge stabilisce che i lavoratori collocati in posizione di esonero dal servizio di cui alla lettera e) del comma 14 dell'articolo 24 del decreto n. 201 devono presentare, per il successivo esame, «istanza per accesso ai benefici di cui all'articolo 24, commi 14 e 15 del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, alla Direzione Territoriale del Lavoro competente»;
    la lettera e), comma 1, articolo 2 del decreto interministeriale 1o giugno 2012 stabilisce che devono presentare l'istanza i «lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 ha in corso l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133» e che «l'istituto dell'esonero si considera in corso qualora il provvedimento di concessione dell'esonero sia stato emanato prima del 4 dicembre 2011»;
    le Direzioni Territoriali del Lavoro respingono le domande presentate da coloro che hanno avuto il provvedimento di esonero successivamente al 4 dicembre 2011, anche se la Direttiva prot. 2012 60053 della Direzione Centrale equipara i provvedimenti di esonero emessi nel corso del 2012 a quelli emessi entro il 4 dicembre 2011;
    sarebbe, pertanto, sufficiente un intervento in via amministrativa affinché le Direzioni Territoriali del Lavoro accolgano le domande di chi ha avuto l'esonero nel corso del 2012 (e questo potrebbe avvenire con la rettifica del modello per la presentazione dell'istanza o con l'emanazione di una circolare chiarificatrice da parte della Funzione Pubblica e/o INPS),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di impartire agli istituti e organismi competenti le occorrenti direttive affinché, ai fini delle salvaguardia dei lavoratori collocati in posizione di esonero dal servizio di cui alla lettera e) del comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, la relativa istanza possa essere presentata dai lavoratori che abbiano in corso, sulla base della legislazione vigente, l'istituto dell'esonero dal servizio di cui all'articolo 72, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, non rilevando, ai fini dell'accoglimento dell'istanza medesima, che il provvedimento di concessione dell'esonero sia stato emanato successivamente alla data del 4 dicembre 2011.
9/5534-bis-A/169. (Testo modificato nel corso della seduta) Delfino, Poli, Damiano, Gnecchi, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    una significativa attività orientata a promuovere e rafforzare il rapporto tra Forze armate e società civile è sostenuta, nell'ambito della libertà di associazione garantita dalla Costituzione e dalle norme in vigore, da numerose associazioni che operano in collaborazione con il Ministero della difesa;
    tali attività sono svolte dalle associazioni definite «combattentistiche e partigiane» e «d'Arma» in qualità di soggetti attivi nel fare propri, sostenere e diffondere i valori costituzionali cui si ispira l'ordinamento delle Forze Armate della Repubblica;
    il valore che assume nella memoria storica collettiva la testimonianza rappresentata dalle associazioni d'Arma, combattentistiche e partigiane, laddove le stesse si pongono proprio in ragione della loro esperienza come custodi del valore della pace è stato riconosciuto anche sul piano legislativo prevedendo inoltre l'erogazione di un contributo annuale attraverso il Ministero della difesa;
    nel prossimo triennio l'entità di tale contributo non risulta ancora definita,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di destinare un contributo finanziario a sostegno delle attività delle associazioni citate in premessa.
9/5534-bis-A/170Bosi.


   La Camera,
   premesso che:
    una significativa attività orientata a promuovere e rafforzare il rapporto tra Forze armate e società civile è sostenuta, nell'ambito della libertà di associazione garantita dalla Costituzione e dalle norme in vigore, da numerose associazioni che operano in collaborazione con il Ministero della difesa;
    tali attività sono svolte dalle associazioni definite «combattentistiche e partigiane» e «d'Arma» in qualità di soggetti attivi nel fare propri, sostenere e diffondere i valori costituzionali cui si ispira l'ordinamento delle Forze Armate della Repubblica;
    il valore che assume nella memoria storica collettiva la testimonianza rappresentata dalle associazioni d'Arma, combattentistiche e partigiane, laddove le stesse si pongono proprio in ragione della loro esperienza come custodi del valore della pace è stato riconosciuto anche sul piano legislativo prevedendo inoltre l'erogazione di un contributo annuale attraverso il Ministero della difesa;
    nel prossimo triennio l'entità di tale contributo non risulta ancora definita,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare un contributo finanziario a sostegno delle attività delle associazioni citate in premessa.
9/5534-bis-A/170. (Testo modificato nel corso della seduta) Bosi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno n. 83 (cd «Decreto Sviluppo») prevede che in caso di situazioni di crisi industriali complesse possano essere attivati i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale con finalità di agevolare gli investimenti produttivi e la riconversione industriale con conseguente riqualificazione industriale dei territori interessati;
    al momento la prassi che di solito viene seguita è quella costituita dal ricorso all'istanza per l'interessamento delle istituzioni regionali sede dell'azienda colpita da grave crisi industriale, circoscrivendo così di fatto l'intervento ad un programma di politica industriale prettamente regionale;
    alla luce anche delle difficili condizioni in cui versa l'economia e lo sviluppo del tessuto industriale nazionale, sarebbe auspicabile, per non dire necessario, intervenire a livello centrale in termini di prevenzione della crisi, programmazione della riconversione e riqualificazione della politica industriale, operando in termini complessivi su tutto il territorio nazionale attuando strumenti forti, efficaci e capaci di attrarre investimenti e salvaguardare i livelli occupazionali;
    all'interno di questo contesto si inserisce la necessità di dare avvio ad una progressiva reindustrializzazione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), al potenziamento delle reti di trasporto e alla revisione del Piano nazionale della Logistica che sviluppi principalmente lo strumento dell'intermodalità tra le varie piattaforme e il ricorso agli strumenti più sostenibili e funzionali al territorio, quali le Autostrade del Mare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, incentrati all'introduzione di norme volte a favorire la crescita e lo sviluppo del Paese, misure concrete volte a realizzare un reale piano strategico nazionale di riconversione, riqualificazione e innovazione industriale allo scopo di sostenere la competitività del sistema produttivo e scongiurare l'insorgere di nuove crisi industriali complesse.
9/5534-bis-A/171Tassone, Mereu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno n. 83 (cd «Decreto Sviluppo») prevede che in caso di situazioni di crisi industriali complesse possano essere attivati i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale con finalità di agevolare gli investimenti produttivi e la riconversione industriale con conseguente riqualificazione industriale dei territori interessati;
    al momento la prassi che di solito viene seguita è quella costituita dal ricorso all'istanza per l'interessamento delle istituzioni regionali sede dell'azienda colpita da grave crisi industriale, circoscrivendo così di fatto l'intervento ad un programma di politica industriale prettamente regionale;
    alla luce anche delle difficili condizioni in cui versa l'economia e lo sviluppo del tessuto industriale nazionale, sarebbe auspicabile, per non dire necessario, intervenire a livello centrale in termini di prevenzione della crisi, programmazione della riconversione e riqualificazione della politica industriale, operando in termini complessivi su tutto il territorio nazionale attuando strumenti forti, efficaci e capaci di attrarre investimenti e salvaguardare i livelli occupazionali;
    all'interno di questo contesto si inserisce la necessità di dare avvio ad una progressiva reindustrializzazione dei Siti di Interesse Nazionale (SIN), al potenziamento delle reti di trasporto e alla revisione del Piano nazionale della Logistica che sviluppi principalmente lo strumento dell'intermodalità tra le varie piattaforme e il ricorso agli strumenti più sostenibili e funzionali al territorio, quali le Autostrade del Mare,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere nei prossimi provvedimenti legislativi, incentrati all'introduzione di norme volte a favorire la crescita e lo sviluppo del Paese, misure concrete volte a realizzare un reale piano strategico nazionale di riconversione, riqualificazione e innovazione industriale allo scopo di sostenere la competitività del sistema produttivo e scongiurare l'insorgere di nuove crisi industriali complesse.
9/5534-bis-A/171. (Testo modificato nel corso della seduta) Tassone, Mereu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 45, lettera b del decreto legge in esame riduce il contingente di personale da destinare ad enti ed associazioni che svolgono attività di cura, di assistenza e prevenzione psico-sociale nonché reinserimento di tossicodipendenze da 100 a 50 unità;
    l'obiettivo generale e fondamentale del lavoro dei servizi che si occupano di persone tossicodipendenti è quello della tutela della salute, globalmente intesa, fisica, psichica, relazionale, da perseguire attraverso la definizione di obiettivi specifici che vanno dalla completa riabilitazione, alla induzione di uno stile di vita meno rischioso, al raggiungimento di un equilibrio personale accettabile, alla rimozione e modificazione di comportamenti/stili di vita a rischio;
    questo obiettivo generale ed i relativi obiettivi specifici, può essere conseguito solo attraverso una modalità di lavoro per e con le persone, nelle condizioni in cui esse si trovano, senza rinvii ad un ipotetico momento di «migliore possibilità di gestione» dei problemi, evitando più o meno consapevoli preconcetti o giudizi sui comportamenti di chi è portatore del bisogno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi provvedimenti legislativi, maggiori risorse per un servizio che è a tutela di moltissime famiglie.
9/5534-bis-A/172Carlucci, Delfino, Ciccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 45, lettera b del decreto legge in esame riduce il contingente di personale da destinare ad enti ed associazioni che svolgono attività di cura, di assistenza e prevenzione psico-sociale nonché reinserimento di tossicodipendenze da 100 a 50 unità;
    l'obiettivo generale e fondamentale del lavoro dei servizi che si occupano di persone tossicodipendenti è quello della tutela della salute, globalmente intesa, fisica, psichica, relazionale, da perseguire attraverso la definizione di obiettivi specifici che vanno dalla completa riabilitazione, alla induzione di uno stile di vita meno rischioso, al raggiungimento di un equilibrio personale accettabile, alla rimozione e modificazione di comportamenti/stili di vita a rischio;
    questo obiettivo generale ed i relativi obiettivi specifici, può essere conseguito solo attraverso una modalità di lavoro per e con le persone, nelle condizioni in cui esse si trovano, senza rinvii ad un ipotetico momento di «migliore possibilità di gestione» dei problemi, evitando più o meno consapevoli preconcetti o giudizi sui comportamenti di chi è portatore del bisogno,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, nei prossimi provvedimenti legislativi, maggiori risorse per un servizio che è a tutela di moltissime famiglie.
9/5534-bis-A/172. (Testo modificato nel corso della seduta) Carlucci, Delfino, Ciccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, stabiliva che l'aliquota dell'Imu, prevista in via generale nella misura del 7,6 per mille, fosse ridotta alla metà (3,8 per mille) per gli immobili locati;
    viceversa, con la disciplina dell'Imu sperimentale è stata demandata ai Comuni la scelta se stabilire un'aliquota differenziata per tali immobili, con possibilità di scendere fino al 4 per mille;
    si tratta, tuttavia, di una scelta puramente teorica, anche a causa della norma che prevede, comunque, l'attribuzione allo Stato della metà del gettito determinato dall'applicazione dell'aliquota di base;
    i comuni, in generale, stanno prevedendo aliquote superiori a quella di base del 7,6 per mille e molti di essi stabiliscono l'applicazione dell'aliquota massima del 10,6 per mille per tutti gli immobili locati;
    in questa situazione molti proprietari, invece di locare, sono interessati a vendere gli immobili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte prevedere che la riduzione al 4 per mille dell'aliquota di base del 7,6 per mille non costituisca una mera facoltà concessa ai Comuni in caso di contratti «concordati» ai sensi della legge n. 431 del 1998, anche al fine di evitare gravi conseguenze nel settore delle locazioni.
9/5534-bis-A/173Galletti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, stabiliva che l'aliquota dell'Imu, prevista in via generale nella misura del 7,6 per mille, fosse ridotta alla metà (3,8 per mille) per gli immobili locati;
    viceversa, con la disciplina dell'Imu sperimentale è stata demandata ai Comuni la scelta se stabilire un'aliquota differenziata per tali immobili, con possibilità di scendere fino al 4 per mille;
    si tratta, tuttavia, di una scelta puramente teorica, anche a causa della norma che prevede, comunque, l'attribuzione allo Stato della metà del gettito determinato dall'applicazione dell'aliquota di base;
    i comuni, in generale, stanno prevedendo aliquote superiori a quella di base del 7,6 per mille e molti di essi stabiliscono l'applicazione dell'aliquota massima del 10,6 per mille per tutti gli immobili locati;
    in questa situazione molti proprietari, invece di locare, sono interessati a vendere gli immobili,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte prevedere che la riduzione al 4 per mille dell'aliquota di base del 7,6 per mille non costituisca una mera facoltà concessa ai Comuni in caso di contratti «concordati» ai sensi della legge n. 431 del 1998, anche al fine di evitare gravi conseguenze nel settore delle locazioni.
9/5534-bis-A/173. (Testo modificato nel corso della seduta) Galletti.


   La Camera,
   premesso che:
    attualmente al gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre si applica la stessa accisa prevista per tutti i prodotti petroliferi destinati agli usi agricoli, pari al 22 per cento dell'accisa ordinaria, a condizione che i richiedenti siano imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese;
    tale trattamento si è determinato a seguito del venir meno delle disposizioni che prevedevano l'esenzione dall'accisa per il gasolio destinato alle serre con conseguenze negative per il settore florovivaistico ed orticolo in termini di contrazioni delle esportazioni e di perdita di competitività;
    del resto, i continui aumenti dei prezzi dei carburanti continuano a colpire le imprese agricole sotto l'aspetto dei costi di produzione legati all'approvvigionamento del gasolio con aggravi insostenibili che hanno portato alla cessazione dell'attività da parte di molte aziende ovvero alla riconversione colturale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale di applicare, sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra, secondo quanto previsto dall'articolo 17 della direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 e successive modificazioni, l'accisa al livello di imposizione, per l'anno 2013, pari a euro 25 per 1.000 Litri, qualora gli stessi soggetti, in sede di richiesta dell'assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.
9/5534-bis-A/174Poli, Ruggeri.


   La Camera,
   premesso che:
    attualmente al gasolio utilizzato per il riscaldamento delle serre si applica la stessa accisa prevista per tutti i prodotti petroliferi destinati agli usi agricoli, pari al 22 per cento dell'accisa ordinaria, a condizione che i richiedenti siano imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese;
    tale trattamento si è determinato a seguito del venir meno delle disposizioni che prevedevano l'esenzione dall'accisa per il gasolio destinato alle serre con conseguenze negative per il settore florovivaistico ed orticolo in termini di contrazioni delle esportazioni e di perdita di competitività;
    del resto, i continui aumenti dei prezzi dei carburanti continuano a colpire le imprese agricole sotto l'aspetto dei costi di produzione legati all'approvvigionamento del gasolio con aggravi insostenibili che hanno portato alla cessazione dell'attività da parte di molte aziende ovvero alla riconversione colturale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, a favore dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale di applicare, sul gasolio utilizzato per il riscaldamento delle coltivazioni sotto serra, secondo quanto previsto dall'articolo 17 della direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 e successive modificazioni, l'accisa al livello di imposizione, per l'anno 2013, pari a euro 25 per 1.000 Litri, qualora gli stessi soggetti, in sede di richiesta dell'assegnazione del gasolio, ai sensi del decreto ministeriale 14 dicembre 2001, n. 454, si obblighino a rispettare la progressiva riduzione del consumo di gasolio per finalità ambientali.
9/5534-bis-A/174. (Testo modificato nel corso della seduta) Poli, Ruggeri.


   La Camera,
   premesso che:
    è opportuno definire un nuovo patto di stabilità interno strutturato a livello regionale come consolidato dei differenziali positivi e negativi della stessa regione e delle province e comuni ad essa appartenenti;
    si ritiene che i differenziali positivi possano essere fruibili dagli enti aventi un differenziale negativo, tenendo conto degli obiettivi previsti dalla normativa nazionale, ai fini del sostegno di spese per il pagamento dei residui passivi in conto capitale;
    le regioni che hanno spazi finanziari disponibili potrebbero attribuire alle province e ai comuni quote proporzionali di detti spazi in base alle richieste effettuate alla medesima regione al fine di pagare i residui passivi di parte capitale,

impegna il Governo

a ridefinire il patto di stabilità in termini di cessione di spazi finanziari disponibili nella logica di «consolidato regionale», così come definito in premessa, ritenendo prioritario il pagamento dei residui passivi relativi alle spese in conto capitale concernenti interventi per la sicurezza nelle scuole e interventi di ripristino delle infrastrutture pubbliche danneggiate da calamità naturali.
9/5534-bis-A/175Ciccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    è opportuno definire un nuovo patto di stabilità interno strutturato a livello regionale come consolidato dei differenziali positivi e negativi della stessa regione e delle province e comuni ad essa appartenenti;
    si ritiene che i differenziali positivi possano essere fruibili dagli enti aventi un differenziale negativo, tenendo conto degli obiettivi previsti dalla normativa nazionale, ai fini del sostegno di spese per il pagamento dei residui passivi in conto capitale;
    le regioni che hanno spazi finanziari disponibili potrebbero attribuire alle province e ai comuni quote proporzionali di detti spazi in base alle richieste effettuate alla medesima regione al fine di pagare i residui passivi di parte capitale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di ridefinire il patto di stabilità in termini di cessione di spazi finanziari disponibili nella logica di «consolidato regionale», così come definito in premessa, ritenendo prioritario il pagamento dei residui passivi relativi alle spese in conto capitale concernenti interventi per la sicurezza nelle scuole e interventi di ripristino delle infrastrutture pubbliche danneggiate da calamità naturali.
9/5534-bis-A/175. (Testo modificato nel corso della seduta) Ciccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 75-78 prevedono la possibilità, a determinate condizioni, di assumere personale nel comparto sicurezza, difesa e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco;
   in particolare, al fine di incrementare l'efficienza nell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del settore e ferme restando le disposizioni in materia di contenimento della spesa già vigenti, i Ministri competenti devono procedere alla rimodulazione e alla riprogrammazione delle dotazioni dei programmi di spesa delle rispettive amministrazioni e le risorse rese disponibili sono iscritte in un apposito fondo e destinate all'assunzione di personale a tempo indeterminato sulla base di procedure concorsuali già espletate;
   le assunzioni sono autorizzate anche in deroga alle percentuali del turn over per i comparti interessati indicate nell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto legge n. 112/2008, che possono essere incrementate fino al 50 per cento (in luogo del 20 per cento) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e al 70 per cento (in luogo del 50 per cento) nel 2015,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di destinare ulteriori risorse rese disponibili per incrementare la percentuale del turn over del comparto sicurezza, difesa e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco fino al raggiungimento del 100 per cento, evitando così una sostanziale riduzione degli organici;
   a valutare l'opportunità di assegnare i fondi necessari alla corresponsione dell’«una tantum» 2012 a Forze armate, della sicurezza e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché alla corresponsione dell'indennità di trasferimento, in particolare per gli appartenenti alle Forze armate nell'ambito della loro riorganizzazione che contempla dislocazioni dei reparti in zone spesso assai distanti dai precedenti luoghi di impiego.
9/5534-bis-A/176Cesa, Bosi, Ciccanti, Tassone, Poli, Delfino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 75-78 prevedono la possibilità, a determinate condizioni, di assumere personale nel comparto sicurezza, difesa e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco;
   in particolare, al fine di incrementare l'efficienza nell'impiego delle risorse tenendo conto della specificità e delle peculiari esigenze del settore e ferme restando le disposizioni in materia di contenimento della spesa già vigenti, i Ministri competenti devono procedere alla rimodulazione e alla riprogrammazione delle dotazioni dei programmi di spesa delle rispettive amministrazioni e le risorse rese disponibili sono iscritte in un apposito fondo e destinate all'assunzione di personale a tempo indeterminato sulla base di procedure concorsuali già espletate;
   le assunzioni sono autorizzate anche in deroga alle percentuali del turn over per i comparti interessati indicate nell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto legge n. 112/2008, che possono essere incrementate fino al 50 per cento (in luogo del 20 per cento) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e al 70 per cento (in luogo del 50 per cento) nel 2015,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare ulteriori risorse rese disponibili per incrementare la percentuale del turn over del comparto sicurezza, difesa e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco fino al raggiungimento del 100 per cento, evitando così una sostanziale riduzione degli organici;
   a valutare l'opportunità di assegnare i fondi necessari alla corresponsione dell’«una tantum» 2012 a Forze armate, della sicurezza e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché alla corresponsione dell'indennità di trasferimento, in particolare per gli appartenenti alle Forze armate nell'ambito della loro riorganizzazione che contempla dislocazioni dei reparti in zone spesso assai distanti dai precedenti luoghi di impiego.
9/5534-bis-A/176. (Testo modificato nel corso della seduta) Cesa, Bosi, Ciccanti, Tassone, Poli, Delfino.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte Costituzionale, con la recente sentenza 241 pubblicata il 9 novembre 2012, ha dichiarato l'incompatibilità di alcune norme del decreto-legge n. 138/2011 con le fonti statutarie regionali;
    il conflitto, in particolare, riguarda le disposizioni con cui lo Stato ha aumentato il gettito di alcuni tributi erariali oggetto della compartecipazione statutaria regionale, riservando a sé integralmente i vantaggi di tale incremento;
    le norme oggetto del conflitto sono quelle contenute nell'articolo 2, comma 2 (in materia di contributo di solidarietà), commi 2-bis, 2-ter, 2-quater (in materia di IVA), comma 3 (in materia di accisa sui tabacchi lavorati), commi 6 e 36 (in materia di imposta sostitutiva sui redditi da capitale) e commi 36-bis e seguenti (in materia di Ires);
    in particolare, la Corte ha rilevato la mancanza nelle disposizioni in questione del requisito della specificità e cioè il difetto di individuazione delle «nuove e specifiche spese di carattere non continuativo», cui sarebbero destinate le risorse riservate allo Stato;
    non sono ancora chiaramente prevedibili gli effetti di questa pronuncia nei confronti dell'autonomia e della specificità delle Regioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre disposizioni atte a salvaguardare le prerogative evidenziate dalla Corte Costituzionale a tutela dell'autonomia statutaria della Regione Friuli Venezia Giulia.
9/5534-bis-A/177Compagnon, Gottardo, Contento.


   La Camera,
   premesso che:
    la Corte Costituzionale, con la recente sentenza 241 pubblicata il 9 novembre 2012, ha dichiarato l'incompatibilità di alcune norme del decreto-legge n. 138/2011 con le fonti statutarie regionali;
    il conflitto, in particolare, riguarda le disposizioni con cui lo Stato ha aumentato il gettito di alcuni tributi erariali oggetto della compartecipazione statutaria regionale, riservando a sé integralmente i vantaggi di tale incremento;
    le norme oggetto del conflitto sono quelle contenute nell'articolo 2, comma 2 (in materia di contributo di solidarietà), commi 2-bis, 2-ter, 2-quater (in materia di IVA), comma 3 (in materia di accisa sui tabacchi lavorati), commi 6 e 36 (in materia di imposta sostitutiva sui redditi da capitale) e commi 36-bis e seguenti (in materia di Ires);
    in particolare, la Corte ha rilevato la mancanza nelle disposizioni in questione del requisito della specificità e cioè il difetto di individuazione delle «nuove e specifiche spese di carattere non continuativo», cui sarebbero destinate le risorse riservate allo Stato;
    non sono ancora chiaramente prevedibili gli effetti di questa pronuncia nei confronti dell'autonomia e della specificità delle Regioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di introdurre disposizioni atte a salvaguardare le prerogative evidenziate dalla Corte Costituzionale a tutela dell'autonomia statutaria della Regione Friuli Venezia Giulia.
9/5534-bis-A/177. (Testo modificato nel corso della seduta) Compagnon, Gottardo, Contento.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2013, in fase di approvazione, avrebbe dovuto contenere, sulla base di quanto inizialmente annunciato, le disposizioni a carico del Fondo Occupazione che vengono prorogate di anno in anno. Nello specifico avrebbe dovuto contenere la previsione di una proroga degli ammortizzatori sociali per gli anni 2013, 2014 e 2015;
    tali disposizioni normative annunciate rivestono un'importanza fondamentale su tutto il territorio, ma nello specifico sul territorio della Provincia di Catanzaro, non solo con riguardo alle finalità sociali del provvedimento che riguarda centinaia di lavoratori in cassa integrazione in deroga, ma anche per il funzionamento delle istituzioni giudiziarie;
    le risorse stanziate, infatti, consentirebbero la prosecuzione dei progetti già avviati nel 2011 con la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra la Provincia e il Ministero della Giustizia, altresì hanno consentito l'avvio di tirocini per centinaia di lavoratori presso gli uffici giudiziari di tutto il territorio provinciale, dando un contributo fondamentale al funzionamento degli uffici, delle segreterie e delle cancellerie, anche sopperendo alle carenze di personale;
    gli organi di competenza, che operano a livello di amministrazione locale, stanno lavorando innanzitutto per la conclusione dell'iter del progetto a dicembre, per assicurare i relativi pagamenti e garantire la prosecuzione dell'attività nel prossimo anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nei prossimi provvedimenti utili la proroga degli ammortizzatori sociali, senza la quale non è possibile proseguire l'attività di tirocinio nelle amministrazioni giudiziarie di tutto il territorio, vanificando l'impegno messo in campo con i percorsi di tirocinio degli uffici giudiziari di tutto il Paese e nello specifico della provincia di Catanzaro e Lamezia Terme.
9/5534-bis-A/178D'Ippolito Vitale, Tassone, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità 2013, in fase di approvazione, avrebbe dovuto contenere, sulla base di quanto inizialmente annunciato, le disposizioni a carico del Fondo Occupazione che vengono prorogate di anno in anno. Nello specifico avrebbe dovuto contenere la previsione di una proroga degli ammortizzatori sociali per gli anni 2013, 2014 e 2015;
    tali disposizioni normative annunciate rivestono un'importanza fondamentale su tutto il territorio, ma nello specifico sul territorio della Provincia di Catanzaro, non solo con riguardo alle finalità sociali del provvedimento che riguarda centinaia di lavoratori in cassa integrazione in deroga, ma anche per il funzionamento delle istituzioni giudiziarie;
    le risorse stanziate, infatti, consentirebbero la prosecuzione dei progetti già avviati nel 2011 con la sottoscrizione di un protocollo di intesa tra la Provincia e il Ministero della Giustizia, altresì hanno consentito l'avvio di tirocini per centinaia di lavoratori presso gli uffici giudiziari di tutto il territorio provinciale, dando un contributo fondamentale al funzionamento degli uffici, delle segreterie e delle cancellerie, anche sopperendo alle carenze di personale;
    gli organi di competenza, che operano a livello di amministrazione locale, stanno lavorando innanzitutto per la conclusione dell'iter del progetto a dicembre, per assicurare i relativi pagamenti e garantire la prosecuzione dell'attività nel prossimo anno,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire nei prossimi provvedimenti utili la proroga degli ammortizzatori sociali, senza la quale non è possibile proseguire l'attività di tirocinio nelle amministrazioni giudiziarie di tutto il territorio, vanificando l'impegno messo in campo con i percorsi di tirocinio degli uffici giudiziari di tutto il Paese e nello specifico della provincia di Catanzaro e Lamezia Terme.
9/5534-bis-A/178. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Ippolito Vitale, Tassone, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame in sede referente, in coerenza con la scelta di escludere la retroattività di tutti gli interventi di carattere fiscale nel rispetto dello statuto del contribuente, la Commissione bilanci ha modificato il comma 25 dell'articolo 12, prevedendo che la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario abbia luogo a partire dal periodo di imposta 2013, anziché dal periodo di imposta 2012;
    per ragioni di copertura finanziaria, è stato previsto che la riduzione, di cui al comma 30 dell'articolo 12, dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato nel settore agricolo, limitatamente all'anno 2013, sia applicata nella misura del 10 per cento, anziché del 5 per cento come originariamente previsto;
    tale modalità di copertura finanziaria determina un'eccessiva riduzione dei consumi dei prodotti petroliferi che possono essere ammessi all'impiego agevolato e rischia di creare gravi problemi per le imprese agricole italiane,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative al fine di escludere l'ulteriore riduzione, prevista per l'anno 2013 dall'articolo 3, comma 30, del disegno di legge di stabilità, delle agevolazioni fiscali per i prodotti petroliferi impiegati nell'agricoltura, nell'allevamento e nella piscicoltura, rideterminando la riduzione dei consumi di cui in premessa da ammettere all'impiego agevolato in misura non superiore al 5 per cento e individuando una modalità di copertura finanziaria alternativa.
9/5534-bis-A/179Brunetta, Ciccanti, Baretta, Borghesi, Lo Presti, Bitonci, Taddei, Commercio, Gioacchino Alfano, Cambursano.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame in sede referente, in coerenza con la scelta di escludere la retroattività di tutti gli interventi di carattere fiscale nel rispetto dello statuto del contribuente, la Commissione bilanci ha modificato il comma 25 dell'articolo 12, prevedendo che la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario abbia luogo a partire dal periodo di imposta 2013, anziché dal periodo di imposta 2012;
    per ragioni di copertura finanziaria, è stato previsto che la riduzione, di cui al comma 30 dell'articolo 12, dei consumi medi standardizzati di gasolio da ammettere all'impiego agevolato nel settore agricolo, limitatamente all'anno 2013, sia applicata nella misura del 10 per cento, anziché del 5 per cento come originariamente previsto;
    tale modalità di copertura finanziaria determina un'eccessiva riduzione dei consumi dei prodotti petroliferi che possono essere ammessi all'impiego agevolato e rischia di creare gravi problemi per le imprese agricole italiane,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa al fine di adottare tempestivamente ulteriori iniziative normative al fine di escludere l'ulteriore riduzione, prevista per l'anno 2013 dall'articolo 3, comma 30, del disegno di legge di stabilità, delle agevolazioni fiscali per i prodotti petroliferi impiegati nell'agricoltura, nell'allevamento e nella piscicoltura, rideterminando la riduzione dei consumi di cui in premessa da ammettere all'impiego agevolato in misura non superiore al 5 per cento e individuando una modalità di copertura finanziaria alternativa.
9/5534-bis-A/179. (Testo modificato nel corso della seduta) Brunetta, Ciccanti, Baretta, Borghesi, Lo Presti, Bitonci, Taddei, Commercio, Gioacchino Alfano, Cambursano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 13, del disegno di legge di stabilità presentato dal Governo prevedeva che l'esenzione dall'IRPEF prevista per le pensioni di guerra e per gli altri redditi ad esse assimilati, ai sensi dell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si applicasse ai soli soggetti titolari di redditi complessivi non superiori a 15.000 euro;
    nel corso dell'esame in sede referente, è stato possibile ripristinare solo parzialmente l'esenzione dall'IRPEF, non essendo state individuate le risorse finanziarie necessarie ad assicurare la copertura finanziaria per confermare il beneficio anche riguardo alle pensioni di reversibilità percepite da titolari di redditi complessivi superiori a 15.000 euro;
    il Governo, accogliendo una richiesta unanime avanzata da tutti i gruppi rappresentati in Commissione bilancio, si è tuttavia impegnato ad assicurare l'esenzione dall'IRPEF, senza eccezioni, anche per le pensioni di reversibilità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad individuare tempestivamente le risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria per il ripristino dell'esenzione dall'IRPEF di tutte le pensioni di guerra e dei redditi ad esse assimilate, salvaguardando una categoria dei cittadini verso la quale il Paese ha un debito di riconoscenza che deve continuare ad essere onorato.
9/5534-bis-A/180Baretta, Brunetta, Ciccanti, Borghesi, Bitonci, Lo Presti, Taddei, Commercio, Gioacchino Alfano, Cambursano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 13, del disegno di legge di stabilità presentato dal Governo prevedeva che l'esenzione dall'IRPEF prevista per le pensioni di guerra e per gli altri redditi ad esse assimilati, ai sensi dell'articolo 34, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, si applicasse ai soli soggetti titolari di redditi complessivi non superiori a 15.000 euro;
    nel corso dell'esame in sede referente, è stato possibile ripristinare solo parzialmente l'esenzione dall'IRPEF, non essendo state individuate le risorse finanziarie necessarie ad assicurare la copertura finanziaria per confermare il beneficio anche riguardo alle pensioni di reversibilità percepite da titolari di redditi complessivi superiori a 15.000 euro;
    il Governo, accogliendo una richiesta unanime avanzata da tutti i gruppi rappresentati in Commissione bilancio, si è tuttavia impegnato ad assicurare l'esenzione dall'IRPEF, senza eccezioni, anche per le pensioni di reversibilità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di valutare gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad individuare tempestivamente le risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria per il ripristino dell'esenzione dall'IRPEF di tutte le pensioni di guerra e dei redditi ad esse assimilate, salvaguardando una categoria dei cittadini verso la quale il Paese ha un debito di riconoscenza che deve continuare ad essere onorato.
9/5534-bis-A/180. (Testo modificato nel corso della seduta) Baretta, Brunetta, Ciccanti, Borghesi, Bitonci, Lo Presti, Taddei, Commercio, Gioacchino Alfano, Cambursano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha anticipato al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sul federalismo municipale, e sostitutiva, per la componente immobiliare, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e dell'imposta comunale sugli immobili;
    le disposizioni dell'articolo 13 richiamano, in quanto compatibili, quelle contenute negli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 23/2011;
    l'articolo 9, nel prevedere alcune fattispecie esenti dall'imposta, rinvia, a sua volta, alle disposizioni contenute nell'articolo 7 del decreto legislativo 504/1992, recante l'istituzione e la disciplina dell'imposta comunale sugli immobili (ICI);
    in base al combinato disposto delle norme, quindi, continua ad applicarsi anche in regime IMU, l'esenzione in favore degli immobili utilizzati dai soggetti IRES destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i) del citato decreto legislativo n. 504/1992;
    sono, di conseguenza, ancora esenti dall'obbligo di corrispondere l'IMU gli immobili di proprietà delle fondazioni bancarie che risultano destinati ad ospitare lo svolgimento delle citate attività;
    durante il dibattito parlamentare sul decreto legge 201/2011, sono state presentate numerose proposte emendative volte ad ottenere l'assoggettamento all'IMU non solo delle proprietà immobiliari della Chiesa, ma anche di quelle di cui risultano proprietarie le fondazioni bancarie;
    con riferimento alle fondazioni bancarie, in particolare, appare evidente, che le stesse, in quanto azioniste degli stessi istituti di credito, non possono essere considerate alla stregua di associazioni benefiche, e non devono quindi poter godere delle stesse agevolazioni relative al pagamento dell'IMU;
    in base ai dati forniti al riguardo dal catasto, l'assoggettamento all'IMU degli immobili e terreni di proprietà delle fondazioni bancarie, riguarderebbe più di millecinquecento fabbricati e oltre settecento terreni, alcuni dei quali anche di dimensioni molto estese;
    è di tutta evidenza che l'assoggettamento all'IMU in toto di tali beni produrrebbe un nuovo gettito di notevole entità, che potrebbe essere impiegato a compensazione di altre voci della medesima imposta,

impegna il Governo:

   all'adozione di un intervento normativo, volto ad estendere l'applicazione dell'IMU a tutti gli immobili di proprietà delle fondazioni bancarie;
   a valutare l'opportunità di destinare il maggior gettito che deriverebbe da una simile iniziativa alla riduzione delle aliquote attualmente vigenti sulla prima casa.
9/5534-bis-A/181Giammanco, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Rampelli, Marsilio, Repetti, Biancofiore, Frassinetti, Sammarco, Bellotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha anticipato al 2012 l'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sul federalismo municipale, e sostitutiva, per la componente immobiliare, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, e dell'imposta comunale sugli immobili;
    le disposizioni dell'articolo 13 richiamano, in quanto compatibili, quelle contenute negli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 23/2011;
    l'articolo 9, nel prevedere alcune fattispecie esenti dall'imposta, rinvia, a sua volta, alle disposizioni contenute nell'articolo 7 del decreto legislativo 504/1992, recante l'istituzione e la disciplina dell'imposta comunale sugli immobili (ICI);
    in base al combinato disposto delle norme, quindi, continua ad applicarsi anche in regime IMU, l'esenzione in favore degli immobili utilizzati dai soggetti IRES destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i) del citato decreto legislativo n. 504/1992;
    sono, di conseguenza, ancora esenti dall'obbligo di corrispondere l'IMU gli immobili di proprietà delle fondazioni bancarie che risultano destinati ad ospitare lo svolgimento delle citate attività;
    durante il dibattito parlamentare sul decreto legge 201/2011, sono state presentate numerose proposte emendative volte ad ottenere l'assoggettamento all'IMU non solo delle proprietà immobiliari della Chiesa, ma anche di quelle di cui risultano proprietarie le fondazioni bancarie;
    con riferimento alle fondazioni bancarie, in particolare, appare evidente, che le stesse, in quanto azioniste degli stessi istituti di credito, non possono essere considerate alla stregua di associazioni benefiche, e non devono quindi poter godere delle stesse agevolazioni relative al pagamento dell'IMU;
    in base ai dati forniti al riguardo dal catasto, l'assoggettamento all'IMU degli immobili e terreni di proprietà delle fondazioni bancarie, riguarderebbe più di millecinquecento fabbricati e oltre settecento terreni, alcuni dei quali anche di dimensioni molto estese;
    è di tutta evidenza che l'assoggettamento all'IMU in toto di tali beni produrrebbe un nuovo gettito di notevole entità, che potrebbe essere impiegato a compensazione di altre voci della medesima imposta,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare un intervento normativo, volto ad estendere l'applicazione dell'IMU a tutti gli immobili di proprietà delle fondazioni bancarie;
   a valutare l'opportunità di destinare il maggior gettito che deriverebbe da una simile iniziativa alla riduzione delle aliquote attualmente vigenti sulla prima casa.
9/5534-bis-A/181. (Testo modificato nel corso della seduta) Giammanco, Antonino Foti, Vincenzo Antonio Fontana, Rampelli, Marsilio, Repetti, Biancofiore, Frassinetti, Sammarco, Bellotti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)», sono presenti, norme per la «Riduzione della spesa degli enti territoriali»;
    nel corso dell'anno 2012, per gli effetti della Legge numero 122 del 2010 e della Legge numero 2014 del 2011, le Province hanno già sostenuto un taglio di risorse di 915 milioni di euro;
    la Legge numero 135 del 2012 (articolo 16, comma 7) ha inoltre determinato una riduzione di 500 milioni di euro per il 2012 ed un miliardo di euro per il 2013 del Fondo sperimentale di riequilibrio delle Province;
    il provvedimento in esame (Legge di Stabilità 2013) ha prodotto ulteriori tagli al Tale fondo sperimentale delle Province che passa da 1 miliardo ad 1 miliardo e 200 milioni di euro per il 2013;
    si tratta, nella maggior parte dei casi, di tagli lineari, attuati secondo metodologie non concertate in sede di Conferenza unificata e soprattutto non orientate a valorizzare le virtuosità e le differenti vocazioni dei singoli enti nel loro contesto territoriale. Le riduzioni penalizzano infatti spesso le amministrazioni più virtuose e quelle che hanno esercitato deleghe e gestito risorse regionali e comunitarie;
    per quanto riguarda l'anno 2012 si tratta quindi di una riduzione che va ad intaccare i bilanci in corso delle amministrazioni. Tale riduzione immediata ed ovviamente non prevista, che incide quindi su capitoli di spesa già approvati ed impegni già assunti, anziché promuovere una razionalizzazione ed un efficientamento delle risorse economiche, sta compromettendo l'erogazione efficace dei servizi dovuti, per le competenze delle amministrazioni provinciali o di funzioni delegate dalle Regioni, al cittadino ed alle imprese (trasporto pubblico, formazione professionale, manutenzione di immobili pubblici, tra cui le scuole e le infrastrutture stradali), la remunerazione del personale dipendente, nonché provocare lo stop a lavori e cantieri sul reticolo stradale di competenza, e di messa a norma (antisismica ed antincendio) degli edifici scolastici provocando causando gravi e continui rallentamenti nei pagamenti alle aziende creditrici;
    dai dati resi noti dall'Unione Province Italiane, le Province, più di ogni altro ente, hanno contratto la propria spesa corrente nel periodo 2008-2011;
    l'articolo 17 comma 13-bis della Legge 135 del 2012 prevede, per il 2013, un contributo complessivo di 100 milioni di euro. Tale contributo, destinato alla riduzione del debito, non viene conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed viene emanato con decreto del «Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze», previa intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali;
    il decreto ministeriale 25 ottobre 2012 ha determinato le riduzioni e le attribuzioni del contributo, previste rispettivamente dall'articolo 16, comma 7 e dall'articolo 17, comma 13-bis della Legge 135 del 2012. I saldi definiti ed i criteri utilizzati, legati in proporzione ai consumi intermedi, stanno creando gravi problemi ai bilanci delle province. In sintesi mancheranno le risorse per assicurare ai cittadini servizi essenziali come il trasporto pubblico locale, la manutenzione delle strade e del territorio e per gli edifici scolastici;
    nel decreto ministeriale 25 ottobre 2012 non sono inoltre state utilizzati, nell'assegnazione delle risorse di cui all'articolo 17 comma 13-ter, i criteri di proporzionalità rispetto all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
    i tagli stanno causando gravi problematiche soprattutto nella Regione Toscana dove questa situazione rischia realmente di mandare in default finanziario la maggior parte degli enti provinciali: i mancati finanziamenti nel 2013 complessivi per le province toscane sono infatti di 1,2 miliardi di euro a fronte dei 9 miliardi a livello nazionale. Secondo i dati resi noti dall'Upi, nel 2013 alle attuali dieci Province della Toscana mancheranno oltre 25 milioni di euro solo per far fronte ai pagamenti delle spese essenziali ed inderogabili, quali il personale, i mutui, gli affitti e le utenze. Infatti, l'effetto incrociato dei tagli imposti dal governo, oltre 121 milioni, e i vincoli del patto di stabilità, ulteriori 120 milioni, provocheranno un effetto disastroso sui conti delle amministrazioni provinciali del territorio. La minore disponibilità di risorse non vincolate per le Province toscane, da circa 492 a circa 251 milioni, imposta per legge, si scontra nella realtà con il volume di spese obbligatorie e incomprimibili che nel 2013 supererà i 276 milioni di euro. Di conseguenza, essendo i 25 milioni che mancano per pareggiare i conti riferiti esclusivamente alle spese minime di funzionamento, le Province potranno garantire servizi ai cittadini solo avvalendosi dei fondi trasferiti dalla Regione;
    il presidente Upi della Toscana Pieroni ha dichiarato: «Di fronte al combinato disposto dei tagli operati dal governo, assolutamente inaccettabili e dei vincoli imposti dal Patto di stabilità, la prospettiva che si presenta alle Province per il 2013 è assolutamente drammatica ed aggravata, per la Toscana, dal fatto che questi tagli sono calcolati anche sulle spese vincolate. Abbiamo quindi deciso di ricorrere al Tar contro il decreto che ha applicato i tagli. Com’è evidente stiamo tentando con tutti i mezzi di salvare i servizi per cui i cittadini pagano le tasse ed ai cui hanno diritto»;
    secondo l'Upi «i territori italiani maggiormente penalizzati sono quelli della Toscana e del Piemonte, proprio a causa di un particolare meccanismo di calcolo che conteggia tra le spese delle Province anche i finanziamenti che le Regioni girano agli enti provinciali per garantire alcuni servizi come ad esempio il piano dei trasporti pubblici. In pratica si tratta di una semplice “partita di giro”. Qualora il governo tenesse conto del diverso riparto dei consumi dei livelli intermedi (entro i quali vi sono le risorse che la Regione attribuisce alle province per gestire le deleghe), la Toscana vedrebbe ridotto il taglio subito dagli attuali 20 miliardi a circa 10 miliardi»;
    a questo va aggiunto che nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Marche. Le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, ed al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli a ponti ed infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza, la Toscana è uno dei territori maggiormente colpiti dalle alluvioni: secondo quanto comunicato dal Presidente della Regione Enrico Rossi, i finanziamenti per i «ripristini sono stimati in 360 milioni di euro e i danni in almeno 150 milioni di euro». Per quanto riguarda, poi, il comparto agricolo i danni complessivi superano i 400 milioni di euro;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese. Situazioni di criticità che vengono infatti puntualmente riconosciute dallo Stato di calamità naturale;
    il principale strumento che prevede risorse economiche per le attività di prevenzione delle calamità e di monitoraggio del territorio nazionale e per gli interventi di prima emergenza disposti dalle Ordinanze di protezione civile, emanate per far fronte ai contesti emergenziali, è il Fondo di Protezione Civile istituito con la Legge numero 225 del 1992. Tale fondo, che è stato comunque ridotto nel corso degli ultimi anni, è palesemente insufficiente per far fronte alle continue emergenze che stanno caratterizzando il nostro paese;
    in questi casi di emergenza gli enti territoriali preposti, per competenze e logistica, ad intervenire per risolvere le prime criticità sono gli enti locali ed in particolare le amministrazioni provinciali a cui spetta il compito di assicurare, tra l'altro, la mobilità stradale, il controllo e la manutenzione delle infrastrutture viarie, e degli immobili pubblici fra cui le scuole;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione in Commissione Bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 al Fondo di Protezione Civile, istituito con la Legge numero 225 del 1992, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012». Si tratta di stanziamenti comunque non sufficienti in relazione alle prime stime sui danni causati dal maltempo;
    in data 7 agosto 2012 il governo ha accolto un ordine del giorno alla Legge 135 del 2012 (numero 9/05389/105) che lo impegna:
    a calcolare il taglio sul fondo sperimentale di riequilibrio, tenendo conto delle spese correnti 2011, come da certificato al conto Consuntivo, al netto del Titolo II, categoria 3 entrate (trasferimenti da Regione per funzioni delegate);
    a rispettare nell'assegnazione delle risorse di cui all'articolo 17 comma 13-ter, criteri direttamente proporzionali all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
    ad adottare iniziative normative sollecite al fine di implementare il fondo di cui al comma 13-ter dell'articolo 1 al fine di evitare un disavanzo anche nelle Province virtuose sul bilancio in corso;
    ad esaminare e valutare le conseguenze economico finanziarie sugli enti provinciali, che genereranno:
     a) il blocco della maggior parte delle attività di adeguamento alle norme antisismiche ed antincendio degli edifici scolastici, delle attività di messa in sicurezza del reticolo stradale di competenza;
     b) la impossibilità di garantire nell'anno in corso interventi di carattere straordinario per far fronte a calamità, quali nevicate eccetera;
     c) difficoltà nel cofinanziamento ai finanziamenti comunitari nell'esercizio di deleghe regionali;
     d) ricadute sulle imprese impegnate in opere di manutenzione e lavori pubblici, che si vanno a generare sul bilancio in corso, a causa della somma tra il taglio prodotto con lo svuotamento delFondo Sperimentale di riequilibrio ed il mancato introito dagli affitti pagati da altre amministrazioni dello Stato;
    esponenti del governo, del Parlamento, delle istituzioni nazionali e locali, delle associazioni sindacali e di categoria dei territori colpiti, hanno manifestato la necessità di derogare al patto di stabilità anche per sbloccare risorse utili per fronteggiare le emergenze dovute alle calamità naturali e per prevenire il dissesto idrogeologico;
    va inoltre segnalato nel disegno di legge in esame (all'articolo 2, comma 27) è stato introdotta una deroga per il patto di stabilità per gli enti locali, per quanto riguarda però esclusivamente il finanziamento per le scuole non statali,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di emanare, come già disposto dai contenuti dell'ordine del giorno numero 9/05389/105 citato in premessa, un provvedimento correttivo urgente in grado rimodulare i tagli previsti dall'articolo 16, comma 7, tenendo conto delle spese correnti 2011, come da certificato al conto Consuntivo, al netto del Titolo II, categoria 3 entrate (trasferimenti da Regione per funzioni delegate) soprattutto per le province delle regioni, come la Toscana, i cui effetti dei mancati finanziamenti rischia di causare nel 2013 un default degli enti locali;
   a valutare, conseguentemente, la possibilità di emanare, come già disposto dai contenuti dell'ordine del giorno numero 9/05389/105 citato in premessa, un provvedimento correttivo in grado rimodulare i trasferimenti introdotti dall'articolo 17 dal comma 13-bis della Legge 135 del 2012 in base a criteri direttamente proporzionali all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
   a valutare la possibilità di emanare un provvedimento urgente per concedere, agli enti locali dei territori dove è stato riconosciuto lo Stato di calamità naturale, la deroga al patto di stabilità per sbloccare risorse utili a fronteggiare le emergenze e le criticità in atto.
9/5534-bis-A/182Cenni, Bonciani, Bergamini, Sani, Albini, Realacci, Mattesini, Rigoni, Velo, De Pasquale, Scarpetti, Gatti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)», sono presenti, norme per la «Riduzione della spesa degli enti territoriali»;
    nel corso dell'anno 2012, per gli effetti della Legge numero 122 del 2010 e della Legge numero 2014 del 2011, le Province hanno già sostenuto un taglio di risorse di 915 milioni di euro;
    la Legge numero 135 del 2012 (articolo 16, comma 7) ha inoltre determinato una riduzione di 500 milioni di euro per il 2012 ed un miliardo di euro per il 2013 del Fondo sperimentale di riequilibrio delle Province;
    il provvedimento in esame (Legge di Stabilità 2013) ha prodotto ulteriori tagli al Tale fondo sperimentale delle Province che passa da 1 miliardo ad 1 miliardo e 200 milioni di euro per il 2013;
    si tratta, nella maggior parte dei casi, di tagli lineari, attuati secondo metodologie non concertate in sede di Conferenza unificata e soprattutto non orientate a valorizzare le virtuosità e le differenti vocazioni dei singoli enti nel loro contesto territoriale. Le riduzioni penalizzano infatti spesso le amministrazioni più virtuose e quelle che hanno esercitato deleghe e gestito risorse regionali e comunitarie;
    per quanto riguarda l'anno 2012 si tratta quindi di una riduzione che va ad intaccare i bilanci in corso delle amministrazioni. Tale riduzione immediata ed ovviamente non prevista, che incide quindi su capitoli di spesa già approvati ed impegni già assunti, anziché promuovere una razionalizzazione ed un efficientamento delle risorse economiche, sta compromettendo l'erogazione efficace dei servizi dovuti, per le competenze delle amministrazioni provinciali o di funzioni delegate dalle Regioni, al cittadino ed alle imprese (trasporto pubblico, formazione professionale, manutenzione di immobili pubblici, tra cui le scuole e le infrastrutture stradali), la remunerazione del personale dipendente, nonché provocare lo stop a lavori e cantieri sul reticolo stradale di competenza, e di messa a norma (antisismica ed antincendio) degli edifici scolastici provocando causando gravi e continui rallentamenti nei pagamenti alle aziende creditrici;
    dai dati resi noti dall'Unione Province Italiane, le Province, più di ogni altro ente, hanno contratto la propria spesa corrente nel periodo 2008-2011;
    l'articolo 17 comma 13-bis della Legge 135 del 2012 prevede, per il 2013, un contributo complessivo di 100 milioni di euro. Tale contributo, destinato alla riduzione del debito, non viene conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed viene emanato con decreto del «Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze», previa intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali;
    il decreto ministeriale 25 ottobre 2012 ha determinato le riduzioni e le attribuzioni del contributo, previste rispettivamente dall'articolo 16, comma 7 e dall'articolo 17, comma 13-bis della Legge 135 del 2012. I saldi definiti ed i criteri utilizzati, legati in proporzione ai consumi intermedi, stanno creando gravi problemi ai bilanci delle province. In sintesi mancheranno le risorse per assicurare ai cittadini servizi essenziali come il trasporto pubblico locale, la manutenzione delle strade e del territorio e per gli edifici scolastici;
    nel decreto ministeriale 25 ottobre 2012 non sono inoltre state utilizzati, nell'assegnazione delle risorse di cui all'articolo 17 comma 13-ter, i criteri di proporzionalità rispetto all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
    i tagli stanno causando gravi problematiche soprattutto nella Regione Toscana dove questa situazione rischia realmente di mandare in default finanziario la maggior parte degli enti provinciali: i mancati finanziamenti nel 2013 complessivi per le province toscane sono infatti di 1,2 miliardi di euro a fronte dei 9 miliardi a livello nazionale. Secondo i dati resi noti dall'Upi, nel 2013 alle attuali dieci Province della Toscana mancheranno oltre 25 milioni di euro solo per far fronte ai pagamenti delle spese essenziali ed inderogabili, quali il personale, i mutui, gli affitti e le utenze. Infatti, l'effetto incrociato dei tagli imposti dal governo, oltre 121 milioni, e i vincoli del patto di stabilità, ulteriori 120 milioni, provocheranno un effetto disastroso sui conti delle amministrazioni provinciali del territorio. La minore disponibilità di risorse non vincolate per le Province toscane, da circa 492 a circa 251 milioni, imposta per legge, si scontra nella realtà con il volume di spese obbligatorie e incomprimibili che nel 2013 supererà i 276 milioni di euro. Di conseguenza, essendo i 25 milioni che mancano per pareggiare i conti riferiti esclusivamente alle spese minime di funzionamento, le Province potranno garantire servizi ai cittadini solo avvalendosi dei fondi trasferiti dalla Regione;
    il presidente Upi della Toscana Pieroni ha dichiarato: «Di fronte al combinato disposto dei tagli operati dal governo, assolutamente inaccettabili e dei vincoli imposti dal Patto di stabilità, la prospettiva che si presenta alle Province per il 2013 è assolutamente drammatica ed aggravata, per la Toscana, dal fatto che questi tagli sono calcolati anche sulle spese vincolate. Abbiamo quindi deciso di ricorrere al Tar contro il decreto che ha applicato i tagli. Com’è evidente stiamo tentando con tutti i mezzi di salvare i servizi per cui i cittadini pagano le tasse ed ai cui hanno diritto»;
    secondo l'Upi «i territori italiani maggiormente penalizzati sono quelli della Toscana e del Piemonte, proprio a causa di un particolare meccanismo di calcolo che conteggia tra le spese delle Province anche i finanziamenti che le Regioni girano agli enti provinciali per garantire alcuni servizi come ad esempio il piano dei trasporti pubblici. In pratica si tratta di una semplice “partita di giro”. Qualora il governo tenesse conto del diverso riparto dei consumi dei livelli intermedi (entro i quali vi sono le risorse che la Regione attribuisce alle province per gestire le deleghe), la Toscana vedrebbe ridotto il taglio subito dagli attuali 20 miliardi a circa 10 miliardi»;
    a questo va aggiunto che nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Veneto, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio e Marche. Le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, ed al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli a ponti ed infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza, la Toscana è uno dei territori maggiormente colpiti dalle alluvioni: secondo quanto comunicato dal Presidente della Regione Enrico Rossi, i finanziamenti per i «ripristini sono stimati in 360 milioni di euro e i danni in almeno 150 milioni di euro». Per quanto riguarda, poi, il comparto agricolo i danni complessivi superano i 400 milioni di euro;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese. Situazioni di criticità che vengono infatti puntualmente riconosciute dallo Stato di calamità naturale;
    il principale strumento che prevede risorse economiche per le attività di prevenzione delle calamità e di monitoraggio del territorio nazionale e per gli interventi di prima emergenza disposti dalle Ordinanze di protezione civile, emanate per far fronte ai contesti emergenziali, è il Fondo di Protezione Civile istituito con la Legge numero 225 del 1992. Tale fondo, che è stato comunque ridotto nel corso degli ultimi anni, è palesemente insufficiente per far fronte alle continue emergenze che stanno caratterizzando il nostro paese;
    in questi casi di emergenza gli enti territoriali preposti, per competenze e logistica, ad intervenire per risolvere le prime criticità sono gli enti locali ed in particolare le amministrazioni provinciali a cui spetta il compito di assicurare, tra l'altro, la mobilità stradale, il controllo e la manutenzione delle infrastrutture viarie, e degli immobili pubblici fra cui le scuole;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione in Commissione Bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 al Fondo di Protezione Civile, istituito con la Legge numero 225 del 1992, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di novembre 2012». Si tratta di stanziamenti comunque non sufficienti in relazione alle prime stime sui danni causati dal maltempo;
    in data 7 agosto 2012 il governo ha accolto un ordine del giorno alla Legge 135 del 2012 (numero 9/05389/105) che lo impegna:
    a calcolare il taglio sul fondo sperimentale di riequilibrio, tenendo conto delle spese correnti 2011, come da certificato al conto Consuntivo, al netto del Titolo II, categoria 3 entrate (trasferimenti da Regione per funzioni delegate);
    a rispettare nell'assegnazione delle risorse di cui all'articolo 17 comma 13-ter, criteri direttamente proporzionali all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
    ad adottare iniziative normative sollecite al fine di implementare il fondo di cui al comma 13-ter dell'articolo 1 al fine di evitare un disavanzo anche nelle Province virtuose sul bilancio in corso;
    ad esaminare e valutare le conseguenze economico finanziarie sugli enti provinciali, che genereranno:
     a) il blocco della maggior parte delle attività di adeguamento alle norme antisismiche ed antincendio degli edifici scolastici, delle attività di messa in sicurezza del reticolo stradale di competenza;
     b) la impossibilità di garantire nell'anno in corso interventi di carattere straordinario per far fronte a calamità, quali nevicate eccetera;
     c) difficoltà nel cofinanziamento ai finanziamenti comunitari nell'esercizio di deleghe regionali;
     d) ricadute sulle imprese impegnate in opere di manutenzione e lavori pubblici, che si vanno a generare sul bilancio in corso, a causa della somma tra il taglio prodotto con lo svuotamento del Fondo Sperimentale di riequilibrio ed il mancato introito dagli affitti pagati da altre amministrazioni dello Stato;
    esponenti del governo, del Parlamento, delle istituzioni nazionali e locali, delle associazioni sindacali e di categoria dei territori colpiti, hanno manifestato la necessità di derogare al patto di stabilità anche per sbloccare risorse utili per fronteggiare le emergenze dovute alle calamità naturali e per prevenire il dissesto idrogeologico;
    va inoltre segnalato nel disegno di legge in esame (all'articolo 2, comma 27) è stato introdotta una deroga per il patto di stabilità per gli enti locali, per quanto riguarda però esclusivamente il finanziamento per le scuole non statali,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di emanare, come già disposto dai contenuti dell'ordine del giorno numero 9/05389/105 citato in premessa, un provvedimento correttivo urgente in grado rimodulare i tagli previsti dall'articolo 16, comma 7, tenendo conto delle spese correnti 2011, come da certificato al conto Consuntivo, al netto del Titolo II, categoria 3 entrate (trasferimenti da Regione per funzioni delegate) soprattutto per le province delle regioni, come la Toscana, i cui effetti dei mancati finanziamenti rischia di causare nel 2013 un default degli enti locali;
   a valutare, conseguentemente, la possibilità di emanare, come già disposto dai contenuti dell'ordine del giorno numero 9/05389/105 citato in premessa, un provvedimento correttivo in grado rimodulare i trasferimenti introdotti dall'articolo 17 dal comma 13-bis della Legge 135 del 2012 in base a criteri direttamente proporzionali all'entità del taglio pro-capite del fondo sperimentale di riequilibrio;
   a valutare la possibilità di emanare un provvedimento urgente per concedere, agli enti locali dei territori dove è stato riconosciuto lo Stato di calamità naturale, la deroga al patto di stabilità per sbloccare risorse utili a fronteggiare le emergenze e le criticità in atto.
9/5534-bis-A/182. (Testo modificato nel corso della seduta) Cenni, Bonciani, Bergamini, Sani, Albini, Realacci, Mattesini, Rigoni, Velo, De Pasquale, Scarpetti, Gatti.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e la speculazione finanziaria, oltre a incidere sul sistema produttivo, stanno mettendo seriamente a rischio gli stessi sistemi di protezione sociale. Il Censis denuncia che il nostro Paese sottovaluta i bisogni dei disabili, mentre la Caritas rileva nel Rapporto 2012 il crescente aumento delle richieste di assistenza. Tutte le fonti concordano nell'evidenziare l'attuale fragilità del nostro sistema sociale, che mentre esprime principi di etica della cura molto avanzati sul piano teorico, cade in flagranti contraddizioni sul piano pratico. Dalle ultime rilevazioni statistiche emerge infatti che l'Italia spende meno della media Ue per la protezione sociale delle persone con disabilità: 438 euro pro-capite annui contro la media dei Paesi Ue di 531 euro;
    l'ultimo rapporto Caritas ha evidenziato l'aumento considerevole degli italiani che in questi ultimi tre anni si sono rivolti ai loro centri: per le casalinghe si tratta di un aumento del 177,8 per cento, per gli anziani si è registrato un +51,3 per cento, per pensionati un +65,6 per cento; in tutti questi casi è facile vedere un livello di sensibile impoverimento da parte del Paese, che diventa drammatico quando alla povertà sociale si aggiunge a disabilità;
    a distanza di due anni dall'inizio dei pesantissimi interventi che hanno ridotto le risorse per le politiche sociali e per il fondo della non autosufficienza, sono stati progressivamente colpiti i bisogni essenziali, causando una sorta di cancellazione pratica dei diritti delle persone con disabilità, delle persone anziane non autosufficienti e delle loro famiglie;
    la crisi economica si abbatte su di loro più pesantemente, costringendoli ad affrontare tutte le spese relative alla patologia, sia in termini di costi sanitari che in termini di costi per l'accompagnamento. Si tratta spesso di persone che non possono assolutamente essere lasciate sole, perché del tutto prive di autonomia. Il termine non-autosufficienza è tutt'altro che eufemistico: basta pensare ai pazienti di SLA, che hanno bisogno di un sistema di assistenza h 24. Prendersene cura impone a tutti membri della famiglia una forte riduzione dei tempi di lavoro e una serie di innegabili limitazioni sul piano organizzativo. Ci si trova spesso nella condizione di dover pagare non solo il doppio degli altri, ma spesso tre-quattro volte tanto. Situazione profondamente diversa da quella di coloro che non debbono affrontare costi rilevanti dovuti alla condizione di disabilità;
    le migliori teorie di natura socio-economica oggi considerano il welfare come un investimento non come un costo. Un investimento anche sotto il profilo delle opportunità di lavoro che si creano. Nel comparto della disabilità lavorano infatti migliaia di persone: badanti, assistenti domestici, riabilitatori, infermieri, accompagnatori, ingegneri biomedici, aziende produttrici di ausili e di protesi, assistenti sociali, personale sanitario, cooperative, strutture residenziali, centri diurni polivalenti, insegnanti di sostegno, tutor per l'assistenza nelle scuole, palestre, eccetera;
    c’è un welfare creativo che mobilita risorse preziose sul piano della domotica e dei brevetti che concorrono a migliorare la qualità di vita di queste persone e delle loro famiglie. L'Italia è in tal senso un paese Leader proprio perché sa integrare etica della cura ed etica della competenza, qualità dell'assistenza e qualità della ricerca scientifica e tecnologica;
    gli attuali tagli hanno costretto i disabili a protestare con forme di lotta spesso aspre e pericolose, come lo sciopero della fame, indetto recentemente dai pazienti di SLA per richiamare l'attenzione del mondo politico-economico sulle loro necessità. Accanto a questi pazienti si sono svolte molte altre manifestazioni che hanno rivelato la condizione di drammatica solitudine in cui versano molti di loro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare una reale e concreta politica di sostegno alle persone bisognose e in difficoltà attraverso una riflessione più complessiva sul welfare in Italia evitando interventi parziali e inadeguati e garantendo soprattutto, attraverso azioni di giustizia e civiltà adeguate e sufficienti risorse per il fondo delle non autosufficienze.
9/5534-bis-A/183Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Delfino, Calgaro, Farina Coscioni, Dozzo, Barani, Armosino, Patarino, Di Virgilio, Lenzi, Stagno D'Alcontres, Fitto, D'Ippolito Vitale, Bocci, De Pasquale, Schirru, Fadda, Palagiano.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e la speculazione finanziaria, oltre a incidere sul sistema produttivo, stanno mettendo seriamente a rischio gli stessi sistemi di protezione sociale. Il Censis denuncia che il nostro Paese sottovaluta i bisogni dei disabili, mentre la Caritas rileva nel Rapporto 2012 il crescente aumento delle richieste di assistenza. Tutte le fonti concordano nell'evidenziare l'attuale fragilità del nostro sistema sociale, che mentre esprime principi di etica della cura molto avanzati sul piano teorico, cade in flagranti contraddizioni sul piano pratico. Dalle ultime rilevazioni statistiche emerge infatti che l'Italia spende meno della media Ue per la protezione sociale delle persone con disabilità: 438 euro pro-capite annui contro la media dei Paesi Ue di 531 euro;
    l'ultimo rapporto Caritas ha evidenziato l'aumento considerevole degli italiani che in questi ultimi tre anni si sono rivolti ai loro centri: per le casalinghe si tratta di un aumento del 177,8 per cento, per gli anziani si è registrato un +51,3 per cento, per pensionati un +65,6 per cento; in tutti questi casi è facile vedere un livello di sensibile impoverimento da parte del Paese, che diventa drammatico quando alla povertà sociale si aggiunge a disabilità;
    a distanza di due anni dall'inizio dei pesantissimi interventi che hanno ridotto le risorse per le politiche sociali e per il fondo della non autosufficienza, sono stati progressivamente colpiti i bisogni essenziali, causando una sorta di cancellazione pratica dei diritti delle persone con disabilità, delle persone anziane non autosufficienti e delle loro famiglie;
    la crisi economica si abbatte su di loro più pesantemente, costringendoli ad affrontare tutte le spese relative alla patologia, sia in termini di costi sanitari che in termini di costi per l'accompagnamento. Si tratta spesso di persone che non possono assolutamente essere lasciate sole, perché del tutto prive di autonomia. Il termine non-autosufficienza è tutt'altro che eufemistico: basta pensare ai pazienti di SLA, che hanno bisogno di un sistema di assistenza h 24. Prendersene cura impone a tutti membri della famiglia una forte riduzione dei tempi di lavoro e una serie di innegabili limitazioni sul piano organizzativo. Ci si trova spesso nella condizione di dover pagare non solo il doppio degli altri, ma spesso tre-quattro volte tanto. Situazione profondamente diversa da quella di coloro che non debbono affrontare costi rilevanti dovuti alla condizione di disabilità;
    le migliori teorie di natura socio-economica oggi considerano il welfare come un investimento non come un costo. Un investimento anche sotto il profilo delle opportunità di lavoro che si creano. Nel comparto della disabilità lavorano infatti migliaia di persone: badanti, assistenti domestici, riabilitatori, infermieri, accompagnatori, ingegneri biomedici, aziende produttrici di ausili e di protesi, assistenti sociali, personale sanitario, cooperative, strutture residenziali, centri diurni polivalenti, insegnanti di sostegno, tutor per l'assistenza nelle scuole, palestre, eccetera;
    c’è un welfare creativo che mobilita risorse preziose sul piano della domotica e dei brevetti che concorrono a migliorare la qualità di vita di queste persone e delle loro famiglie. L'Italia è in tal senso un paese Leader proprio perché sa integrare etica della cura ed etica della competenza, qualità dell'assistenza e qualità della ricerca scientifica e tecnologica;
    gli attuali tagli hanno costretto i disabili a protestare con forme di lotta spesso aspre e pericolose, come lo sciopero della fame, indetto recentemente dai pazienti di SLA per richiamare l'attenzione del mondo politico-economico sulle loro necessità. Accanto a questi pazienti si sono svolte molte altre manifestazioni che hanno rivelato la condizione di drammatica solitudine in cui versano molti di loro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare una reale e concreta politica di sostegno alle persone bisognose e in difficoltà attraverso una riflessione più complessiva sul welfare in Italia evitando interventi parziali e inadeguati e garantendo soprattutto, attraverso azioni di giustizia e civiltà adeguate e sufficienti risorse per il fondo delle non autosufficienze.
9/5534-bis-A/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Delfino, Calgaro, Farina Coscioni, Dozzo, Barani, Armosino, Patarino, Di Virgilio, Lenzi, Stagno D'Alcontres, Fitto, D'Ippolito Vitale, Bocci, De Pasquale, Schirru, Fadda, Palagiano.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria ha accresciuto il disagio abitativo: la domanda di alloggi «sociali» si sta allargando a dismisura fino a ricomprendere categorie e famiglie che fino a poco tempo fa non potevano essere definite in condizione di bisogno;
    il problema abitativo riguarda oggi non solo gli indigenti, ma anche una parte consistente delle famiglie con reddito medio-basso che non hanno i requisiti per ottenere un alloggio a canone sociale, né un reddito sufficiente per sostenere un affitto di mercato o accendere un mutuo; si stima che il fabbisogno abitativo per queste particolari categorie – escluse dal libero mercato e anche dall'edilizia sociale – raggiunga quasi i quattro milioni di abitazioni;
    secondo Nomisma, una famiglia su due, fra quelle che in Italia vivono in affitto, è in difficoltà con il pagamento del canone mensile, che ammonta in media a 350 euro per 70 mq e incide sul reddito per una quota superiore al 40 per cento; tale disagio aumenta nelle grandi aree metropolitane, dove il canone sale a 650 euro al mese e le famiglie in affitto sono 2,5 milioni;
    nonostante l'ultimo anno sia stato caratterizzato da mutui meno cari e tassi molto bassi, crescono i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari;
    sono aumentati in modo esponenziale i provvedimenti di sfratto, le richieste di alloggi sociali, di contributi per l'affitto;
    la morosità è oggi la principale causa dei provvedimenti di sfratto; limitati gli sfratti per finita locazione e per necessità dei proprietari di liberare l'alloggio; la morosità è conseguenza dell'insostenibile livello dei canoni di locazione in relazione al reddito disponibile degli inquilini;
    i comuni sono pressati da richieste crescenti di alloggi di edilizia residenziale pubblica – stimate in numero di 650 mila – e dalle domande di contributo del Fondo di sostegno all'affitto – non meno di 350 mila – il cui capitolo di bilancio risulta, di fatto, sostanzialmente ridotto a zero;
   considerato che:
    il disagio abitativo riguarda non meno di 5 milioni di famiglie e quasi 15 milioni di persone;
    l'VIII Commissione della Camera, nel marzo scorso, ha approvato all'unanimità una risoluzione che impegna il Governo ad avviare il confronto con le parti sociali per definire urgentemente misure per fronteggiare e contenere il disagio abitativo;
    il «piano nazionale di edilizia abitativa» non ha ancora avuto, di fatto, concreta applicazione;
   valutato che:
    sono circa 800.000 le locazioni in nero: se fossero introdotte misure per rendere tracciabile il pagamento dei canoni di affitto si potrebbe avere un significativo aumento del gettito fiscale; ipotizzando, in media, un canone di affitto di 6.000 euro all'anno, e una tassazione media del 20 per cento (tra aliquote IRPEF 23 per cento e cedolare secca 21 per cento) si può stimare un maggior introito di circa 1 miliardo all'anno;
    la cedolare secca – che ha un onere elevato per il bilancio dello Stato – ha ridotto il carico fiscale dei proprietari di immobili con redditi elevati ma non ha contribuito a contenere il livello degli affitti e a far emergere l'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   alla proroga degli sfratti al 31 dicembre 2013, al fine di differire di un anno i provvedimenti esecutivi, allargando la tutela anche alla morosità incolpevole e promuovendo la costituzione di organismi che possano, per il futuro, elaborare soluzioni abitative che consentano di ridurre drasticamente le azioni esecutive;
   a rifinanziare il fondo per il sostegno delle abitazioni in locazione, garantendo risorse congrue anche con il concorso delle regioni e degli enti locali;
   ad accrescere la disponibilità di alloggi di edilizia residenziale pubblica, anche mediante contributi per riqualificare e rendere agibili tutti gli immobili pubblici degli enti gestori non assegnati; a tal fine ad erogare i 70 milioni di euro di residui disponibili e ad estendere agli Istituti autonomi case popolari comunque denominati le detrazioni per ristrutturazioni edilizie, e a garantire a tali alloggi piena esenzione dall'IMU; ad istituire un apposito capitolo di bilancio per l'edilizia residenziale pubblica, a carico della fiscalità generale;
   a favorire la riduzione dei canoni di affitto, anche accrescendo il vantaggio fiscale del canone concordato rispetto a quello libero;
   a rendere tracciabile il pagamento dei canoni di locazione indipendentemente dall'ammontare del canone mensile, intensificando altresì i controlli sul patrimonio immobiliare in affitto;
   ad introdurre una detrazione del 19 per cento sui canoni pagati dagli inquilini in analogia a quanto previsto per il mutuo prima casa, anche per favorire l'azione di contrasto all'evasione;
   a destinare i depositi cauzionali relativi ai contratti di locazione, unitamente a cofinanziamenti di Stato, Regioni e Comuni, alla costituzione di un Fondo di Garanzia per favorire la tutela dalla morosità e l'accesso alle locazioni delle famiglie in emergenza abitativa anche per sostenere l'attività delle Agenzie per le locazioni istituite o da istituire da parte dei Comuni;
   a costituire l'Osservatorio sul fabbisogno abitativo, finalizzato ad acquisire dati sul disagio, la sua composizione sociale e reddituale e la sua localizzazione.
9/5534-bis-A/184Braga, Mariani, Morassut, Motta, Realacci, Margiotta, Iannuzzi, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica e finanziaria ha accresciuto il disagio abitativo: la domanda di alloggi «sociali» si sta allargando a dismisura fino a ricomprendere categorie e famiglie che fino a poco tempo fa non potevano essere definite in condizione di bisogno;
    il problema abitativo riguarda oggi non solo gli indigenti, ma anche una parte consistente delle famiglie con reddito medio-basso che non hanno i requisiti per ottenere un alloggio a canone sociale, né un reddito sufficiente per sostenere un affitto di mercato o accendere un mutuo; si stima che il fabbisogno abitativo per queste particolari categorie – escluse dal libero mercato e anche dall'edilizia sociale – raggiunga quasi i quattro milioni di abitazioni;
    secondo Nomisma, una famiglia su due, fra quelle che in Italia vivono in affitto, è in difficoltà con il pagamento del canone mensile, che ammonta in media a 350 euro per 70 mq e incide sul reddito per una quota superiore al 40 per cento; tale disagio aumenta nelle grandi aree metropolitane, dove il canone sale a 650 euro al mese e le famiglie in affitto sono 2,5 milioni;
    nonostante l'ultimo anno sia stato caratterizzato da mutui meno cari e tassi molto bassi, crescono i pignoramenti e le esecuzioni immobiliari;
    sono aumentati in modo esponenziale i provvedimenti di sfratto, le richieste di alloggi sociali, di contributi per l'affitto;
    la morosità è oggi la principale causa dei provvedimenti di sfratto; limitati gli sfratti per finita locazione e per necessità dei proprietari di liberare l'alloggio; la morosità è conseguenza dell'insostenibile livello dei canoni di locazione in relazione al reddito disponibile degli inquilini;
    i comuni sono pressati da richieste crescenti di alloggi di edilizia residenziale pubblica – stimate in numero di 650 mila – e dalle domande di contributo del Fondo di sostegno all'affitto – non meno di 350 mila – il cui capitolo di bilancio risulta, di fatto, sostanzialmente ridotto a zero;
   considerato che:
    il disagio abitativo riguarda non meno di 5 milioni di famiglie e quasi 15 milioni di persone;
    l'VIII Commissione della Camera, nel marzo scorso, ha approvato all'unanimità una risoluzione che impegna il Governo ad avviare il confronto con le parti sociali per definire urgentemente misure per fronteggiare e contenere il disagio abitativo;
    il «piano nazionale di edilizia abitativa» non ha ancora avuto, di fatto, concreta applicazione;
   valutato che:
    sono circa 800.000 le locazioni in nero: se fossero introdotte misure per rendere tracciabile il pagamento dei canoni di affitto si potrebbe avere un significativo aumento del gettito fiscale; ipotizzando, in media, un canone di affitto di 6.000 euro all'anno, e una tassazione media del 20 per cento (tra aliquote IRPEF 23 per cento e cedolare secca 21 per cento) si può stimare un maggior introito di circa 1 miliardo all'anno;
    la cedolare secca – che ha un onere elevato per il bilancio dello Stato – ha ridotto il carico fiscale dei proprietari di immobili con redditi elevati ma non ha contribuito a contenere il livello degli affitti e a far emergere l'evasione fiscale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prorogare gli sfratti al 31 dicembre 2013, al fine di differire di un anno i provvedimenti esecutivi, allargando la tutela anche alla morosità incolpevole e promuovendo la costituzione di organismi che possano, per il futuro, elaborare soluzioni abitative che consentano di ridurre drasticamente le azioni esecutive;
   di rifinanziare il fondo per il sostegno delle abitazioni in locazione, garantendo risorse congrue anche con il concorso delle regioni e degli enti locali;
   di accrescere la disponibilità di alloggi di edilizia residenziale pubblica, anche mediante contributi per riqualificare e rendere agibili tutti gli immobili pubblici degli enti gestori non assegnati; a tal fine ad erogare i 70 milioni di euro di residui disponibili e ad estendere agli Istituti autonomi case popolari comunque denominati le detrazioni per ristrutturazioni edilizie;
   ad istituire un apposito capitolo di bilancio per l'edilizia residenziale pubblica, a carico della fiscalità generale;
   di rendere tracciabile il pagamento dei canoni di locazione indipendentemente dall'ammontare del canone mensile, intensificando altresì i controlli sul patrimonio immobiliare in affitto;
   di destinare i depositi cauzionali relativi ai contratti di locazione, unitamente a cofinanziamenti di Stato, Regioni e Comuni, alla costituzione di un Fondo di Garanzia per favorire la tutela dalla morosità e l'accesso alle locazioni delle famiglie in emergenza abitativa anche per sostenere l'attività delle Agenzie per le locazioni istituite o da istituire da parte dei Comuni;
   di costituire l'Osservatorio sul fabbisogno abitativo, finalizzato ad acquisire dati sul disagio, la sua composizione sociale e reddituale e la sua localizzazione.
9/5534-bis-A/184. (Testo modificato nel corso della seduta) Braga, Mariani, Morassut, Motta, Realacci, Margiotta, Iannuzzi, Mattesini.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 14 e 15 dell'articolo 3, recante disposizioni in materia di entrate, fondi speciali e tabelle, introducono, a decorrere dal 1o gennaio 2013, un'imposta di bollo, con aliquota dello 0,05 per cento, sulle operazioni di compravendite di azioni ed altri strumenti partecipativi emessi da soggetti residenti nel territorio dello Stato nonché sulle operazioni sui cosiddetti «strumenti derivati» nelle quali almeno una delle due controparti sia residente in Italia e che siano diverse da quelle relative ai titoli di Stato emessi da Paesi dell'Unione europea o aderenti all'accordo sullo Spazio economico europeo;
    secondo la relazione tecnica allegata al provvedimento, la stima di maggiori entrate previste dalla presente norma è quantificabile in 1,08 miliardi di euro annui di cui circa 250 milioni derivanti dal mercato ufficiale di borsa e il residuo dal mercato degli strumenti derivati, in particolare da quelli scambiati «over the counter» – OTC;
    l'introduzione di eventuali esenzioni ridurrebbe la base imponibile e comporterebbe la necessità di incrementare le aliquote sugli altri prodotti finanziari per mantenere la previsione di entrata;
    tale possibilità rischia di generare squilibri sui mercati finanziari anche in considerazione delle opportunità offerte dalle altre piazze finanziarie europee che attualmente non hanno ancora implementato la tassazione finanziaria, dando luogo a fughe di capitali,

impegna il Governo

a considerare un ampliamento della base imponibile che includa tutti gli strumenti derivati ed una conseguente riduzione delle aliquote tenendo in considerazione anche gli operatori esteri e i traders che effettuano un grande numero di scambi giornalieri nonché i traders online in modo da preservare la capacità della Borsa di intercettare risparmi e grandi capitali per lo sviluppo delle imprese.
9/5534-bis-A/185Boccia, Borghesi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Toscana, Umbria, Liguria e Lazio;
    le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, e al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli, ponti e infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza;
    una stima completa dei danni non è stata ancora quantificata. Si parla comunque di centinaia di milioni di euro. Basti pensare ad esempio che, solo nella Toscana, secondo quanto comunicato dal Presidente della Regione Enrico Rossi, i finanziamenti per i «ripristini sono stimati in 360 milioni di euro e i danni in almeno 150 milioni di euro». Per quanto riguarda, poi, il comparto agricolo i danni complessivi superano i 400 milioni di euro;
    le alluvioni hanno causato la morte di 5 persone e sono state praticamente azzerate tutte le attività agricole e agroalimentari;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione nella Commissione bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 per il Fondo di Protezione civile, istituito con la legge numero 225 dei 1992 e successive modificazioni, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nei mese di novembre 2012»;
    oltre agli strumenti finanziari e logistici in grado di affrontare le situazioni di prima emergenza e consentire il ripristino delle normali attività (come la viabilità ordinaria), la gravità dei danni subiti dai cittadini e dalle aziende è tale, in alcuni territori, da far ritenere necessaria l'attivazione di provvedimenti straordinari, di carattere economico e normativo, affinché le attività produttive possano tornare a produrre reddito;
    oltre ai risarcimenti per le amministrazioni pubbliche ed i privati cittadini per i beni materiali danneggiati sono auspicabili interventi di natura fiscale in favore delle aziende colpite;
    con l'attuale normativa esistono sensibili elementi di differenziazione, nei risarcimenti e nelle politiche fiscali di sostegno, tra cittadini colpiti da differenti tipologie di calamità naturali (come ad esempio alluvioni e terremoti);
    sarebbe altresì necessaria, nelle aree colpite dai recenti eventi alluvionali, la deroga al patto di stabilità interno per le spese di ripristino e messa in sicurezza del territorio,

impegna il Governo:

   a emanare misure di urgenza in favore dei territori colpiti dai recenti eventi alluvionali del novembre 2012, volte a:
    a) stanziare ulteriori risorse finanziarie per i risarcimenti dei danni subiti dai soggetti privati, con particolare riferimento al comparto agricolo e agroalimentare;
    b) concedere la deroga ai patto di stabilità per le spese effettuate dagli enti territoriali per il ripristino e la messa in sicurezza del territorio;
    c) individuare e favorire possibili interventi, concordati fra il sistema bancario, le finanziarie regionali e la Cassa depositi e prestiti, finalizzati ad accelerare la ripresa produttiva dei territori e a garantire un adeguato livello di liquidità alle aziende.
9/5534-bis-A/186Franceschini, Ventura, Sani, Mariani, Fluvi, Cenni, Trappolino, Bindi, Sereni, Albini, Cuperlo, De Pasquale, Fontanelli, Gatti, Giacomelli, Lulli, Mattesini, Nannicini, Realacci, Rigoni, Scarpetti, Velo, Bocci, Gozi, Verini, Forcieri, Garofani, Orlando, Rossa, Tullo, Zunino, Pistelli, Fioroni, Sposetti, Ferranti, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    nel mese di novembre 2012 piogge di entità eccezionale hanno provocato alluvioni, esondazioni di corsi fluviali in numerose regioni d'Italia: in particolare Toscana, Umbria, Liguria e Lazio;
    le alluvioni hanno causato vittime tra la popolazione civile, l'evacuazione di migliaia di persone dalle proprie case, danni ingenti a numerosi centri abitati, aree artigianali e commerciali e produzioni agricole, e al patrimonio storico artistico e culturale territoriale. Per quanto riguarda la viabilità sono ancora inagibili strade, a causa di frane e crolli, ponti e infrastrutture; rallentamenti e criticità hanno interessato collegamenti ferroviari e marittimi, anche a lunga percorrenza;
    una stima completa dei danni non è stata ancora quantificata. Si parla comunque di centinaia di milioni di euro. Basti pensare ad esempio che, solo nella Toscana, secondo quanto comunicato dal Presidente della Regione Enrico Rossi, i finanziamenti per i «ripristini sono stimati in 360 milioni di euro e i danni in almeno 150 milioni di euro». Per quanto riguarda, poi, il comparto agricolo i danni complessivi superano i 400 milioni di euro;
    le alluvioni hanno causato la morte di 5 persone e sono state praticamente azzerate tutte le attività agricole e agroalimentari;
    gli enti territoriali interessati da tali eventi hanno chiesto al governo lo Stato di calamità naturale;
    si è trattato di un evento di portata eccezionale: la quantità di pioggia che solitamente cade in una stagione si è infatti riversata in un solo giorno, causando l'inondazione di fiumi, torrenti e corsi d'acqua. Va comunque rimarcato che eventi atmosferici di eccezionale gravità (fra cui alluvioni, esondazioni, siccità, nevicate) stanno colpendo sempre con maggiore frequenza il nostro paese;
    nel disegno di legge in esame (all'articolo 3, comma 40) è stato introdotto, nel corso della discussione nella Commissione bilancio, un finanziamento aggiuntivo di 250 milioni di euro per l'anno 2013 per il Fondo di Protezione civile, istituito con la legge numero 225 dei 1992 e successive modificazioni, «da destinare a interventi in conto capitale nelle regioni e nei comuni interessati dagli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nei mese di novembre 2012»;
    oltre agli strumenti finanziari e logistici in grado di affrontare le situazioni di prima emergenza e consentire il ripristino delle normali attività (come la viabilità ordinaria), la gravità dei danni subiti dai cittadini e dalle aziende è tale, in alcuni territori, da far ritenere necessaria l'attivazione di provvedimenti straordinari, di carattere economico e normativo, affinché le attività produttive possano tornare a produrre reddito;
    oltre ai risarcimenti per le amministrazioni pubbliche ed i privati cittadini per i beni materiali danneggiati sono auspicabili interventi di natura fiscale in favore delle aziende colpite;
    con l'attuale normativa esistono sensibili elementi di differenziazione, nei risarcimenti e nelle politiche fiscali di sostegno, tra cittadini colpiti da differenti tipologie di calamità naturali (come ad esempio alluvioni e terremoti);
    sarebbe altresì necessaria, nelle aree colpite dai recenti eventi alluvionali, la deroga al patto di stabilità interno per le spese di ripristino e messa in sicurezza del territorio,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di emanare misure di urgenza in favore dei territori colpiti dai recenti eventi alluvionali del novembre 2012, volte a:
    a) stanziare ulteriori risorse finanziarie per i risarcimenti dei danni subiti dai soggetti privati, con particolare riferimento al comparto agricolo e agroalimentare;
    b) concedere la deroga ai patto di stabilità per le spese effettuate dagli enti territoriali per il ripristino e la messa in sicurezza del territorio;
    c) individuare e favorire possibili interventi, concordati fra il sistema bancario, le finanziarie regionali e la Cassa depositi e prestiti, finalizzati ad accelerare la ripresa produttiva dei territori e a garantire un adeguato livello di liquidità alle aziende.
9/5534-bis-A/186. (Testo modificato nel corso della seduta) Franceschini, Ventura, Sani, Mariani, Fluvi, Cenni, Trappolino, Bindi, Sereni, Albini, Cuperlo, De Pasquale, Fontanelli, Gatti, Giacomelli, Lulli, Mattesini, Nannicini, Realacci, Rigoni, Scarpetti, Velo, Bocci, Gozi, Verini, Forcieri, Garofani, Orlando, Rossa, Tullo, Zunino, Pistelli, Fioroni, Sposetti, Ferranti, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'entrata in vigore dell'articolo 64 della legge 6 agosto 2008 n. 133, per gli anni scolastici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 ha avuto forti ripercussioni occupazionali sul personale della scuola: l'attuale sistema di reclutamento non è più in grado di sostenere la forte domanda di lavoro in questo settore;
    in alternativa all'attuale sistema di reclutamento, in forza delle disposizioni contenute nella legge 3 maggio 1999 n. 124 sul conferimento delle supplenze temporanee al personale della scuola per assenza temporanea dei titolari, è auspicabile introdurre per il personale ATA un sistema per il conferimento delle supplenze, basato non più su una scelta casuale e limitata a sole 30 scuole, ma su una scelta libera delle sedi, operata per distretti sull'esempio positivo delle disposizioni contenute all'articolo 2 comma 2 del decreto ministeriale 12 ottobre, 2011, n. 92, cosiddetto «Salvaprecari»;
    in questo modo le supplenze sarebbero assegnate attraverso il rispetto rigoroso dell'ordine di punteggio e posizione dei candidati inclusi in graduatoria permanente o ad esaurimento e si consentirebbe alla graduatoria permanente ATA di cui all'articolo 554 del decreto-legge n. 297 del 1994, e alla graduatoria provinciale ad esaurimento del personale docente ed educativo di cui al decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011 convertito in legge n. 106 del 12 luglio 2011 in forza dell'articolo 1, comma 605, lett. c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non solo di avere efficacia per coloro i quali hanno titolo alla graduale immissione in ruolo, secondo l'effettiva posizione e punteggio dei candidati inclusi nelle rispettive graduatorie provinciali, ma anche di rispettare ai fini delle supplenze per assenza temporanea dei titolari nelle graduatorie distrettuali, l'ordine di punteggio e di posizione dei candidati inclusi nelle graduatorie provinciali basate su una scelta libera delle sedi operata per distretti;
    l'attribuzione delle supplenze temporanee su base distrettuale, anziché dalle graduatorie d'istituto non comporta nuovi oneri a carico dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare al personale A.T.A inserito a pieno titolo nelle graduatorie permanenti nonché nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 12 ottobre, 2011, n. 92.
9/5534-bis-A/187Pes, Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    l'entrata in vigore dell'articolo 64 della legge 6 agosto 2008 n. 133, per gli anni scolastici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 ha avuto forti ripercussioni occupazionali sul personale della scuola: l'attuale sistema di reclutamento non è più in grado di sostenere la forte domanda di lavoro in questo settore;
    in alternativa all'attuale sistema di reclutamento, in forza delle disposizioni contenute nella legge 3 maggio 1999 n. 124 sul conferimento delle supplenze temporanee al personale della scuola per assenza temporanea dei titolari, è auspicabile introdurre per il personale ATA un sistema per il conferimento delle supplenze, basato non più su una scelta casuale e limitata a sole 30 scuole, ma su una scelta libera delle sedi, operata perdistretti sull'esempio positivo delle disposizioni contenute all'articolo 2 comma 2 del decreto ministeriale 12 ottobre, 2011, n. 92, cosiddetto «Salvaprecari»;
    in questo modo le supplenze sarebbero assegnate attraverso il rispetto rigoroso dell'ordine di punteggio e posizione dei candidati inclusi in graduatoria permanente o ad esaurimento e si consentirebbe alla graduatoria permanente ATA di cui all'articolo 554 del decreto-legge n. 297 del 1994, e alla graduatoria provinciale ad esaurimento del personale docente ed educativo di cui al decreto-legge n. 70 del 13 maggio 2011 convertito in legge n. 106 del 12 luglio 2011 in forza dell'articolo 1, comma 605, lett. c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, non solo di avere efficacia per coloro i quali hanno titolo alla graduale immissione in ruolo, secondo l'effettiva posizione e punteggio dei candidati inclusi nelle rispettive graduatorie provinciali, ma anche di rispettare ai fini delle supplenze per assenza temporanea dei titolari nelle graduatorie distrettuali, l'ordine di punteggio e di posizione dei candidati inclusi nelle graduatorie provinciali basate su una scelta libera delle sedi operata per distretti;
    l'attribuzione delle supplenze temporanee su base distrettuale, anziché dalle graduatorie d'istituto non comporta nuovi oneri a carico dello Stato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di applicare al personale A.T.A inserito a pieno titolo nelle graduatorie permanenti nonché nelle graduatorie provinciali ad esaurimento, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 12 ottobre, 2011, n. 92.
9/5534-bis-A/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Pes, Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    la previsione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i) decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174 all'articolo 191 il comma 3 introduce termini restrittivi per le procedure di approvazione delle somme urgenze, considerato che tali termini restrittivi vanno a sovrapporsi per gli enti locali colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni scorsi, con i termini delle ordinarie procedure di bilancio che prevedono entro il 30 novembre p.v. l'ultima possibilità di variazione di bilancio da parte dei consigli comunali;
    tali termini estremamente ravvicinati creano non pochi problemi ai comuni recentemente alluvionali, che si trovano ad applicare urgentemente e per la prima volta, in una condizione di estrema difficoltà, i nuovi termini relativi alle somme urgenze,

impegna il Governo

a considerare la necessità di differire il decorrere degli effetti dell'articolo 3, comma 1, lettera i) del decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174 dal 1o gennaio 2013, al fine di sollevare gli uffici dei comuni alluvionati da tale ulteriore complicazione.
9/5534-bis-A/188Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    la previsione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i) decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174 all'articolo 191 il comma 3 introduce termini restrittivi per le procedure di approvazione delle somme urgenze, considerato che tali termini restrittivi vanno a sovrapporsi per gli enti locali colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni scorsi, con i termini delle ordinarie procedure di bilancio che prevedono entro il 30 novembre p.v. l'ultima possibilità di variazione di bilancio da parte dei consigli comunali;
    tali termini estremamente ravvicinati creano non pochi problemi ai comuni recentemente alluvionali, che si trovano ad applicare urgentemente e per la prima volta, in una condizione di estrema difficoltà, i nuovi termini relativi alle somme urgenze,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di considerare la necessità di differire il decorrere degli effetti dell'articolo 3, comma 1, lettera i) del decreto-legge 10 ottobre 2012 n. 174 dal 1o gennaio 2013, al fine di sollevare gli uffici dei comuni alluvionati da tale ulteriore complicazione.
9/5534-bis-A/188. (Testo modificato nel corso della seduta) Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità interviene anche sulla materia dei cosiddetti «esodati», disponendo un ulteriore ampliamento della platea di lavoratori che potranno beneficiare della pensione con i requisiti in vigore prima dell'emanazione del decreto «SalvaItalia»;
    il suddetto decreto, varato, come noto, in un contesto di piena emergenza per evitare la bancarotta del Paese, ha completamente ridefinito il sistema previdenziale italiano, con il dichiarato scopo di metterlo in sicurezza, introducendo, però, elementi di criticità e vere e proprie distorsioni, immediatamente rilevate dalla Commissione Lavoro della Camera che si è fortemente impegnata allo scopo di caratterizzare la riforma sotto il segno di una maggiore equità e di porre rimedio alla vicenda dei lavoratori trovatisi in un limbo perché sprovvisti di reddito e di forme di ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    peraltro le recenti affermazioni del Presidente dell'Inps – secondo il quale il sistema previdenziale italiano già prima dell'avvento del Governo Monti era completamente allineato ai migliori standard europei poiché l'età media di pensionamento si attestava a 61,3 anni, a fronte dei 59,3 della Francia e i 61,7 della Germania, ed era destinata a incrementare progressivamente e gradualmente attraverso il meccanismo delle «quote» – e i dati resi noti dal medesimo istituto – che hanno rilevato nei primi 9 mesi del 2012 una diminuzione del 35,5 per cento degli assegni liquidati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e addirittura un calo del 44,1 per cento delle pensioni di anzianità a seguito degli effetti delle misure varate dai Governi precedenti, in particolare mediante l'introduzione del sistema delle «quote» (Governo Prodi) e delle «finestre» (Governo Berlusconi) – hanno confermato le perplessità espresse dalla Commissione Lavoro al momento dell'entrata in vigore della riforma pensionistica;
    si ritiene non più differibile un intervento risolutivo della vicenda attraverso l'individuazione delle risorse necessarie a salvaguardare tutti i lavoratori di cui sopra, come disposto dal testo di legge approvato all'unanimità in Commissione Lavoro e ampiamente condiviso da tutte le forze politiche;
    l'intervento disposto dalla legge di stabilità, che costituisce comunque un positivo passo in avanti, lascia ancora inevasa la risposta alle legittime rivendicazioni di migliaia di persone, tra le quali vivono una condizione di particolare difficoltà i lavoratori ormai prossimi al raggiungimento della pensione vittime di licenziamenti individuali, che non possono beneficiare di alcuna forma di reddito o di ammortizzatore sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi per garantire alle persone in maggiore difficoltà, quali i lavoratori in prossimità della pensione ma soggetti a licenziamento individuale, rimasti quindi senza reddito e sprovvisti del supporto di forme di ammortizzatori sociali, di usufruire degli strumenti di salvaguardia previdenziale.
9/5534-bis-A/189Damiano, Moffa, Antonino Foti, Poli, Cazzola, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru, Bocci.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità interviene anche sulla materia dei cosiddetti «esodati», disponendo un ulteriore ampliamento della platea di lavoratori che potranno beneficiare della pensione con i requisiti in vigore prima dell'emanazione del decreto «SalvaItalia»;
    il suddetto decreto, varato, come noto, in un contesto di piena emergenza per evitare la bancarotta del Paese, ha completamente ridefinito il sistema previdenziale italiano, con il dichiarato scopo di metterlo in sicurezza, introducendo, però, elementi di criticità e vere e proprie distorsioni, immediatamente rilevate dalla Commissione Lavoro della Camera che si è fortemente impegnata allo scopo di caratterizzare la riforma sotto il segno di una maggiore equità e di porre rimedio alla vicenda dei lavoratori trovatisi in un limbo perché sprovvisti di reddito e di forme di ammortizzatori sociali e con il traguardo della pensione spostato di diversi anni in avanti;
    peraltro le recenti affermazioni del Presidente dell'Inps – secondo il quale il sistema previdenziale italiano già prima dell'avvento del Governo Monti era completamente allineato ai migliori standard europei poiché l'età media di pensionamento si attestava a 61,3 anni, a fronte dei 59,3 della Francia e i 61,7 della Germania, ed era destinata a incrementare progressivamente e gradualmente attraverso il meccanismo delle «quote» – e i dati resi noti dal medesimo istituto – che hanno rilevato nei primi 9 mesi del 2012 una diminuzione del 35,5 per cento degli assegni liquidati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e addirittura un calo del 44,1 per cento delle pensioni di anzianità a seguito degli effetti delle misure varate dai Governi precedenti, in particolare mediante l'introduzione del sistema delle «quote» (Governo Prodi) e delle «finestre» (Governo Berlusconi) – hanno confermato le perplessità espresse dalla Commissione Lavoro al momento dell'entrata in vigore della riforma pensionistica;
    si ritiene non più differibile un intervento risolutivo della vicenda attraverso l'individuazione delle risorse necessarie a salvaguardare tutti i lavoratori di cui sopra, come disposto dal testo di legge approvato all'unanimità in Commissione Lavoro e ampiamente condiviso da tutte le forze politiche;
    l'intervento disposto dalla legge di stabilità, che costituisce comunque un positivo passo in avanti, lascia ancora inevasa la risposta alle legittime rivendicazioni di migliaia di persone, tra le quali vivono una condizione di particolare difficoltà i lavoratori ormai prossimi al raggiungimento della pensione vittime di licenziamenti individuali, che non possono beneficiare di alcuna forma di reddito o di ammortizzatore sociale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adoperarsi per garantire alle persone in maggiore difficoltà, quali i lavoratori in prossimità della pensione ma soggetti a licenziamento individuale, rimasti quindi senza reddito e sprovvisti del supporto di forme di ammortizzatori sociali, di usufruire degli strumenti di salvaguardia previdenziale.
9/5534-bis-A/189. (Testo modificato nel corso della seduta) Damiano, Moffa, Antonino Foti, Poli, Cazzola, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru, Bocci.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione al decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto «Decreto Sviluppo») che ha modificato l'appello nel processo civile si legge che l'esigenza di questo filtro nascerebbe dalla circostanza che circa il 68 per cento degli appelli risulterebbero rigettati: la discussione su questo strumento e gli elevati dubbi di incostituzionalità che si sono manifestati nella discussione alla Camera sono poi stati confermati puntualmente dalla dottrina e nelle stesse Corti di appello;
    sembra che vi sia una diffidenza verso un istituto concepito frettolosamente e unanimemente criticato dalla dottrina;
    in sede di approvazione alla Camera con il voto di fiducia fu presentato ed approvato un ordine del giorno a firma dell'onorevole Contento che impegnava il Governo a rivedere questo istituto;
    a distanza di qualche mese non solo il Governo non ha provveduto ad adempiere agli impegni a cui lo obbligava l'ordine del giorno ma ha rafforzato il filtro prevedendo in questo provvedimento il raddoppio del contributo unificato nel caso di rigetto o di pronunzia di inammissibilità o improcedibilità dell'appello;
    di conseguenza l'appello, pur deciso nelle forme «affrettate», e non garantite dalla ricorribilità in Cassazione del provvedimento di inammissibilità, diviene, come tutte le sentenze i rigetto dell'appello, un'occasione per sanzionare i cittadini che lo abbiano proposto con esito sfavorevole;
    qui non solo rileva l'assoluta contrarietà all'articolo 24 della Costituzione di uno strumento che dissuade dall'adire la giurisdizione non già incentivando forme alternative di definizione delle controversie, ma si configura per la prima volta una sanzione a carico di chi intenda adire la giurisdizione in grado di appello;
    se è vero che l'appello non è previsto nella nostra Costituzione e quindi la sua soppressione non è in contrasto con essa è anche vero, come precisato dalla giurisprudenza della CEDU, che una volta che l'appello sia stato previsto negli Stati esso non può non avere le caratteristiche previste nel paese e quindi quelle in Italia disciplinate dall'articolo 111 della Costituzione: l'obiettivo di accelerare il giudizio di appello era stato perseguito in modo più razionale poco tempo fa, con l'introduzione della possibilità di applicare anche in secondo grado il modello decisorio a seguito di trattazione orale (articolo 281-sexies c.p.c.). Senza attendere l'impatto pratico, che non può essere evidentemente valutato nell'arco di pochi mesi, delle modifiche degli articoli 351 e 352 del codice di procedura civile, introdotte dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011 ed entrate in vigore alla fine di gennaio del 2012 che consentirebbero un canale breve per decidere gli appelli manifestamente fondati o infondati, si è ritenuto all'indomani della già discussa introduzione del filtro di introdurre una sorta di sanzione pecuniaria per scoraggiare la proposizione degli appelli;
    troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati, portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti, Basterebbe pensare all'inutile udienza di scambio delle memorie, ai sensi dell'articolo 180 del codice di procedura civile, introdotta nel 1995 e soppressa nel 2006; al processo societario e all'estensione del rito del lavoro alle controversie per il risarcimento stradale, introdotti rispettivamente nel 2004 e nel 2006, e abrogati nel 2009; all'inappellabilità delle sentenze sull'opposizione all'esecuzione, prevista nel 2006 ed abrogata nel 2009; all'inammissibilità del ricorso per cassazione per insufficienza dei «quesiti», ai sensi dell'articolo 366-bis del codice di procedura civile, escogitata nel 2006 e soppressa nel 2009; all'estinzione dei giudizi di impugnazione pendenti da oltre due, poi tre, anni, imposta dall'articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ed abrogato dall'articolo 14 del decreto-legge n. 212 del 2011, convertito con legge n. 17 febbraio 2012, n. 10;
    l'attuale situazione di ingolfamento delle Corti di appello rende inapplicabile ed inauspicabile qualsiasi intervento processuale, e meno che mai sanzionatorio, che non sia accompagnato da interventi organizzativi e di innesto di risorse nuove: sono infatti ben note le ragioni storiche che rendono intollerabile la condizione degli uffici giudiziari in grado d'appello;
   il tracollo delle corti di appello deriva dalla istituzione del giudice unico, che ha determinato la confluenza in questi uffici delle impugnazioni contro i provvedimenti dei tribunali e delle soppresse preture, dalla competenza per la liquidazione dell'indennità per irragionevole durata del processo, per la quale, in alcuni distretti, il relativo contenzioso supera, in percentuale, quello ordinario, dalla previsione dei reclami in materia familiare e fallimentare, che implicano la predisposizione di corsie preferenziali; e si attende ancora l'impatto degli appelli nelle materie nelle quali il procedimento sommario di cognizione è imposto dalla legge;
    non può, dunque, essere condivisa un'impostazione che introduca per la prima volta una misura del contributo legata non già al dato dell'introduzione del giudizio, ma a quello della soccombenza, posto che il regime della soccombenza è regolato dall'articolo 91 e 96 c.p.c. che prevede la condanna alle spese della parte soccombente ed al risarcimento del danno in caso di lite temeraria ma sempre a favore della parte vittoriosa, non è quindi regolata con l'intento di dissuadere dall'accesso alla giurisdizione, che avrebbe evidenti profili di incostituzionalità, ma di ristorare in qualche modo il danno prodotto alla parte rivelatasi vittoriosa nel doversi difendere in un giudizio infondato o addirittura temerario;
    lo scopo del contributo unificato è quindi del tutto diverso da quello delle spese processuali in caso di soccombenza ed è ispirato non a criteri di deflazione del contenzioso, ma al contrario di garantire, attraverso il reperimento di risorse dagli utenti, l'erogazione del servizio giustizia;
    l'emendamento soppressivo dell'articolo della legge in esame che conteneva le previsioni in materia, a firma Capano e Picierno, è stato approvata dalla commissione giustizia, ma bocciato in commissione bilancio per assenza di copertura. Tuttavia, la commissione bilancio ha approvato – e su tale testo ha posto la fiducia il governo –, gli emendamenti della Commissione Giustizia che hanno eliminato la destinazione delle maggiori risorse, per effetto dell'aumento del contributo unificato, in favore della magistratura ordinaria e amministrativa per lo smaltimento dell'arretrato così di fatto ricreando le condizioni per la copertura di spesa dell'emendamento soppressivo del raddoppio del contributo unificato in caso di soccombenza in appello,

impegna il Governo

considerate le motivazioni esposte, a valutare attentamente gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la norma medesima, che, pur penalizzando fortemente il diritto di difesa ex articolo 24 della Costituzione, prevede un aumento di gettito che rimane totalmente privo di destinazione.
9/5534-bis-A/190Capano, Cassinelli, Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione al decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto «Decreto Sviluppo») che ha modificato l'appello nel processo civile si legge che l'esigenza di questo filtro nascerebbe dalla circostanza che circa il 68 per cento degli appelli risulterebbero rigettati: la discussione su questo strumento e gli elevati dubbi di incostituzionalità che si sono manifestati nella discussione alla Camera sono poi stati confermati puntualmente dalla dottrina e nelle stesse Corti di appello;
    sembra che vi sia una diffidenza verso un istituto concepito frettolosamente e unanimemente criticato dalla dottrina;
    in sede di approvazione alla Camera con il voto di fiducia fu presentato ed approvato un ordine del giorno a firma dell'onorevole Contento che impegnava il Governo a rivedere questo istituto;
    a distanza di qualche mese non solo il Governo non ha provveduto ad adempiere agli impegni a cui lo obbligava l'ordine del giorno ma ha rafforzato il filtro prevedendo in questo provvedimento il raddoppio del contributo unificato nel caso di rigetto o di pronunzia di inammissibilità o improcedibilità dell'appello;
    di conseguenza l'appello, pur deciso nelle forme «affrettate», e non garantite dalla ricorribilità in Cassazione del provvedimento di inammissibilità, diviene, come tutte le sentenze i rigetto dell'appello, un'occasione per sanzionare i cittadini che lo abbiano proposto con esito sfavorevole;
    qui non solo rileva l'assoluta contrarietà all'articolo 24 della Costituzione di uno strumento che dissuade dall'adire la giurisdizione non già incentivando forme alternative di definizione delle controversie, ma si configura per la prima volta una sanzione a carico di chi intenda adire la giurisdizione in grado di appello;
    se è vero che l'appello non è previsto nella nostra Costituzione e quindi la sua soppressione non è in contrasto con essa è anche vero, come precisato dalla giurisprudenza della CEDU, che una volta che l'appello sia stato previsto negli Stati esso non può non avere le caratteristiche previste nel paese e quindi quelle in Italia disciplinate dall'articolo 111 della Costituzione: l'obiettivo di accelerare il giudizio di appello era stato perseguito in modo più razionale poco tempo fa, con l'introduzione della possibilità di applicare anche in secondo grado il modello decisorio a seguito di trattazione orale (articolo 281-sexies c.p.c.). Senza attendere l'impatto pratico, che non può essere evidentemente valutato nell'arco di pochi mesi, delle modifiche degli articoli 351 e 352 del codice di procedura civile, introdotte dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011 ed entrate in vigore alla fine di gennaio del 2012 che consentirebbero un canale breve per decidere gli appelli manifestamente fondati o infondati, si è ritenuto all'indomani della già discussa introduzione del filtro di introdurre una sorta di sanzione pecuniaria per scoraggiare la proposizione degli appelli;
    troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati, portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti, Basterebbe pensare all'inutile udienza di scambio delle memorie, ai sensi dell'articolo 180 del codice di procedura civile, introdotta nel 1995 e soppressa nel 2006; al processo societario e all'estensione del rito del lavoro alle controversie per il risarcimento stradale, introdotti rispettivamente nel 2004 e nel 2006, e abrogati nel 2009; all'inappellabilità delle sentenze sull'opposizione all'esecuzione, prevista nel 2006 ed abrogata nel 2009; all'inammissibilità del ricorso per cassazione per insufficienza dei «quesiti», ai sensi dell'articolo 366-bis del codice di procedura civile, escogitata nel 2006 e soppressa nel 2009; all'estinzione dei giudizi di impugnazione pendenti da oltre due, poi tre, anni, imposta dall'articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ed abrogato dall'articolo 14 del decreto-legge n. 212 del 2011, convertito con legge n. 17 febbraio 2012, n. 10;
    l'attuale situazione di ingolfamento delle Corti di appello rende inapplicabile ed inauspicabile qualsiasi intervento processuale, e meno che mai sanzionatorio, che non sia accompagnato da interventi organizzativi e di innesto di risorse nuove: sono infatti ben note le ragioni storiche che rendono intollerabile la condizione degli uffici giudiziari in grado d'appello;
   il tracollo delle corti di appello deriva dalla istituzione del giudice unico, che ha determinato la confluenza in questi uffici delle impugnazioni contro i provvedimenti dei tribunali e delle soppresse preture, dalla competenza per la liquidazione dell'indennità per irragionevole durata del processo, per la quale, in alcuni distretti, il relativo contenzioso supera, in percentuale, quello ordinario, dalla previsione dei reclami in materia familiare e fallimentare, che implicano la predisposizione di corsie preferenziali; e si attende ancora l'impatto degli appelli nelle materie nelle quali il procedimento sommario di cognizione è imposto dalla legge;
    non può, dunque, essere condivisa un'impostazione che introduca per la prima volta una misura del contributo legata non già al dato dell'introduzione del giudizio, ma a quello della soccombenza, posto che il regime della soccombenza è regolato dall'articolo 91 e 96 c.p.c. che prevede la condanna alle spese della parte soccombente ed al risarcimento del danno in caso di lite temeraria ma sempre a favore della parte vittoriosa, non è quindi regolata con l'intento di dissuadere dall'accesso alla giurisdizione, che avrebbe evidenti profili di incostituzionalità, ma di ristorare in qualche modo il danno prodotto alla parte rivelatasi vittoriosa nel doversi difendere in un giudizio infondato o addirittura temerario;
    lo scopo del contributo unificato è quindi del tutto diverso da quello delle spese processuali in caso di soccombenza ed è ispirato non a criteri di deflazione del contenzioso, ma al contrario di garantire, attraverso il reperimento di risorse dagli utenti, l'erogazione del servizio giustizia;
    l'emendamento soppressivo dell'articolo della legge in esame che conteneva le previsioni in materia, a firma Capano e Picierno, è stato approvata dalla commissione giustizia, ma bocciato in commissione bilancio per assenza di copertura. Tuttavia, la commissione bilancio ha approvato – e su tale testo ha posto la fiducia il governo –, gli emendamenti della Commissione Giustizia che hanno eliminato la destinazione delle maggiori risorse, per effetto dell'aumento del contributo unificato, in favore della magistratura ordinaria e amministrativa per lo smaltimento dell'arretrato così di fatto ricreando le condizioni per la copertura di spesa dell'emendamento soppressivo del raddoppio del contributo unificato in caso di soccombenza in appello,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, considerate le motivazioni esposte, di valutare attentamente gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la norma medesima.
9/5534-bis-A/190. (Testo modificato nel corso della seduta) Capano, Cassinelli, Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95. convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, prevede che le società controllate e che prestano servizi per le amministrazioni pubbliche siano messe in liquidazione entro il 31 dicembre 2013 o, alternativamente, siano alienate entro il 30 giugno 2013 contestualmente all'assegnazione dei servizi, già dalle stesse prestate, per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014;
    la suddetta previsione interessa in particolare un gran numero di società partecipate da enti locali (Comuni e Province) che sono ricorsi allo strumento delle società cosiddette «strumentali» per organizzare importanti aggregati di risorse umane e di beni, mobili ed immobili, al fine di autoprodurre servizi in funzione e a favore del miglior esercizio di proprie attività e compiti;
    i processi di dismissione o privatizzazione delle società suddette indotti dal decreto-legge n. 95 del 2012 rischiano di vanificare o di compromettere seriamente proprio gli stessi obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica che si proponevano di conseguire, di favorire sottovalutazioni del patrimonio pubblico investito e dell'avviamento e know how «industriale» di tali realtà aziendali per la necessità di «vendere» o addirittura liquidare le società «a tutti i costi» ed entro breve termine e di determinare situazioni di criticità per il mantenimento dei livelli occupazionali dei lavoratori in fuoriuscita delle aziende in questione (soprattutto nel caso di loro scioglimento o comunque di non improbabili «insuccessi» dei tentativi per la loro vendita);
    la vendita delle società con contratti per cinque anni impegna pesantemente i bilanci a venire delle amministrazioni in un momento peraltro di forte incertezza sulle risorse disponibili in futuro e comunque già «orientando» e «congelando» una parte di spesa in servizi la cui necessità, proprio per la loro natura «strumentale», può nel corso degli anni razionalizzarsi o comunque mutare sia nell'oggetto che nel valore delle prestazioni richieste;
    è concreto il rischio che le società in oggetto siano «svendute» anche quale effetto della contemporanea messa sul mercato di una pluralità di aziende che svolgono più o meno la stessa attività (si pensi alle molte società per la gestione dei servizi informatici) con le conseguenze immaginabili in termini di perdita, per le amministrazioni socie;
    il decreto sulla spending review non assicura alcuna effettiva salvaguardia o tutela per i lavoratori delle aziende pubbliche da alienare o sciogliere obbligatoriamente (dunque anche se con i conti in ordine) e ciò con palese disparità di trattamento rispetto ai lavoratori di altre aziende, pubbliche o private, che sono accompagnati, nei percorsi di crisi o dismissioni industriali, da strumenti e ammortizzatori di tipo economico o sociale,

impegna il Governo

a proporre una disciplina delle società pubbliche «strumentali» che riconsideri le norme del decreto legge n. 95 del 2012 sulla obbligatoria alienazione o scioglimento delle stesse o, in subordine, a prevedere una proroga di un anno per le disposizioni di liquidazione o alienazione.
9/5534-bis-A/191Albini, Marco Carra, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95. convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, prevede che le società controllate e che prestano servizi per le amministrazioni pubbliche siano messe in liquidazione entro il 31 dicembre 2013 o, alternativamente, siano alienate entro il 30 giugno 2013 contestualmente all'assegnazione dei servizi, già dalle stesse prestate, per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014;
    la suddetta previsione interessa in particolare un gran numero di società partecipate da enti locali (Comuni e Province) che sono ricorsi allo strumento delle società cosiddette «strumentali» per organizzare importanti aggregati di risorse umane e di beni, mobili ed immobili, al fine di autoprodurre servizi in funzione e a favore del miglior esercizio di proprie attività e compiti;
    i processi di dismissione o privatizzazione delle società suddette indotti dal decreto-legge n. 95 del 2012 rischiano di vanificare o di compromettere seriamente proprio gli stessi obiettivi di razionalizzazione della spesa pubblica che si proponevano di conseguire, di favorire sottovalutazioni del patrimonio pubblico investito e dell'avviamento e know how «industriale» di tali realtà aziendali per la necessità di «vendere» o addirittura liquidare le società «a tutti i costi» ed entro breve termine e di determinare situazioni di criticità per il mantenimento dei livelli occupazionali dei lavoratori in fuoriuscita delle aziende in questione (soprattutto nel caso di loro scioglimento o comunque di non improbabili «insuccessi» dei tentativi per la loro vendita);
    la vendita delle società con contratti per cinque anni impegna pesantemente i bilanci a venire delle amministrazioni in un momento peraltro di forte incertezza sulle risorse disponibili in futuro e comunque già «orientando» e «congelando» una parte di spesa in servizi la cui necessità, proprio per la loro natura «strumentale», può nel corso degli anni razionalizzarsi o comunque mutare sia nell'oggetto che nel valore delle prestazioni richieste;
    è concreto il rischio che le società in oggetto siano «svendute» anche quale effetto della contemporanea messa sul mercato di una pluralità di aziende che svolgono più o meno la stessa attività (si pensi alle molte società per la gestione dei servizi informatici) con le conseguenze immaginabili in termini di perdita, per le amministrazioni socie;
    il decreto sulla spending review non assicura alcuna effettiva salvaguardia o tutela per i lavoratori delle aziende pubbliche da alienare o sciogliere obbligatoriamente (dunque anche se con i conti in ordine) e ciò con palese disparità di trattamento rispetto ai lavoratori di altre aziende, pubbliche o private, che sono accompagnati, nei percorsi di crisi o dismissioni industriali, da strumenti e ammortizzatori di tipo economico o sociale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di proporre una disciplina delle società pubbliche «strumentali» che riconsideri le norme del decreto legge n. 95 del 2012 sulla obbligatoria alienazione o scioglimento delle stesse o, in subordine, a prevedere una proroga di un anno per le disposizioni di liquidazione o alienazione.
9/5534-bis-A/191. (Testo modificato nel corso della seduta) Albini, Marco Carra, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del presente provvedimento determina gli ulteriori risparmi di spesa che gli enti locali e territoriali sono tenuti a realizzare aumentando le somme già definite dal decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135 del 2012 (cosiddetta spending review);
    in particolare, i commi 89 e 90 dell'articolo 1 determinano l'incremento del risparmio fissato in 1.000 milioni di euro annui per le regioni a statuto ordinario e in 500 milioni di euro annui per le regioni a statuto speciale e le province autonome;
    i commi da 91 a 94 del medesimo articolo dispongono, a decorrere dal 2013, la riduzione di 500 milioni di euro annui del Fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni e di 200 milioni annui il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province, ivi compresi gli enti locali delle regioni Sicilia e Sardegna; viene inoltre modificata la disciplina relativa alle risorse del primo di tali due Fondi;
    nella relazione tecnica si sottolinea che il maggior contributo richiesto alle regioni non è oggetto di recupero al bilancio dello stato e che il taglio dei trasferimenti operato non è pari all'inasprimento dei vincoli sulla spesa;
    nel decreto 6 luglio 2012 n. 95 convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135 del 2012, inoltre, all'articolo 2 si prevede la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e all'articolo 16 la riduzione della spesa degli enti territoriali i quali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica;
    si tratta di misure molto pesanti per la cui applicazione non si è previsto alcuno strumento di «flessibilità» e lo premiale,

impegna il Governo:

   a provvedere affinché le regioni possano procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei propri dipendenti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a) del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95;
   a far si che le regioni, entro 90 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti in oggetto, procedano alla rideterminazione della dotazione organica sopprimendo i relativi posti;
   a stabilire i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, suddivisi per classe demografica e a far si che gli enti che risultino – a decorrere dalla data di efficacia del decreto 6 luglio 2012 n. 95 – collocati ad un livello eccedente il 20 per cento rispetto ai suddetti parametri applichino le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all'articolo 2, comma 11, e seguenti.
9/5534-bis-A/192Marco Carra, Albini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del presente provvedimento determina gli ulteriori risparmi di spesa che gli enti locali e territoriali sono tenuti a realizzare aumentando le somme già definite dal decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135 del 2012 (cosiddetta spending review);
    in particolare, i commi 89 e 90 dell'articolo 1 determinano l'incremento del risparmio fissato in 1.000 milioni di euro annui per le regioni a statuto ordinario e in 500 milioni di euro annui per le regioni a statuto speciale e le province autonome;
    i commi da 91 a 94 del medesimo articolo dispongono, a decorrere dal 2013, la riduzione di 500 milioni di euro annui del Fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni e di 200 milioni annui il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province, ivi compresi gli enti locali delle regioni Sicilia e Sardegna; viene inoltre modificata la disciplina relativa alle risorse del primo di tali due Fondi;
    nella relazione tecnica si sottolinea che il maggior contributo richiesto alle regioni non è oggetto di recupero al bilancio dello stato e che il taglio dei trasferimenti operato non è pari all'inasprimento dei vincoli sulla spesa;
    nel decreto 6 luglio 2012 n. 95 convertito con legge 7 agosto 2012 n. 135 del 2012, inoltre, all'articolo 2 si prevede la riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e all'articolo 16 la riduzione della spesa degli enti territoriali i quali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica;
    si tratta di misure molto pesanti per la cui applicazione non si è previsto alcuno strumento di «flessibilità» e lo premiale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di provvedere affinché le regioni possano procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti dei propri dipendenti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a) del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95;
   di far si che le regioni, entro 90 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti in oggetto, procedano alla rideterminazione della dotazione organica sopprimendo i relativi posti;
   di stabilire i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, suddivisi per classe demografica e a far si che gli enti che risultino – a decorrere dalla data di efficacia del decreto 6 luglio 2012 n. 95 – collocati ad un livello eccedente il 20 per cento rispetto ai suddetti parametri applichino le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all'articolo 2, comma 11, e seguenti.
9/5534-bis-A/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Marco Carra, Albini, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha, nel contesto di un'azione tesa a favorire la stabilità del conti pubblici, introdotto una modifica alla tassazione, in materia di imposte di bollo sulle comunicazioni bancarie relative ai depositi titoli, assoggettandole all'imposta di bollo proporzionale pari all'1 per mille per il 2012 e all'1,5 per mille a decorrere dal 2013 e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l'imposta, al fine di includervi anche i prodotti finanziari non soggetti all'obbligo di deposito;
    la riformulazione, prevista al citato articolo 19, comma 2, della nota 3-bis all'articolo 13 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, prevede, qualora il cliente sia persona fisica, l'esenzione dal pagamento dell'imposta di bollo sui conti correnti se il valore medio annuo di giacenza risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a euro 5.000, mentre al comma 3 b) prevede un'esenzione specifica solo per i buoni postali fruttiferi sempre nel limite di euro 5.000;
    la novella tuttavia non prende in considerazione la possibilità di esentare dall'imposta di bollo i dossier titoli per importi di bassa significatività come avveniva prima della modificazione;
    in effetti la previgente disciplina esentava dal pagamento del bollo i dossier titoli che contenevano prodotti finanziari inferiori a 1000 euro, salvaguardando un equo trattamento tra interessi dello Stato e interessi degli azionisti che, per fini non lucrativi, sostengono iniziative di azionariato diffuso;
    nella fattispecie Banca Popolare Etica, unico istituto di credito italiano orientato al sostegno dell'economia sociale, con oltre 24.000 soci possessori di azioni inferiori al valore di 1000 euro e custoditi in dossier titoli sotto tale soglia, con l'introduzione della succitata tassazione, si trova ad affrontare una emorragia di azionisti dalla compagine societaria il cui risparmio viene ad essere penalizzato da una norma lesiva della libertà di mercato e dei diritti dei risparmiatori, con ciò manifestandosi per altro un rischio di sostenibilità della banca, proprio nel momento in cui la solidità degli istituti bancari si basa sulla conservazione della partecipazione azionaria e sull'aumento dei capitali propri;
    l'Associazione delle Banche Popolari, considerata la rilevanza che riveste la questione per le banche socie, ha sollecitato un'interpretazione della nuova normativa, relativamente a quanto precedentemente illustrato in materia di tassazione dei dossier titoli interessanti il possesso di strumenti e prodotti finanziari di valore inferiore ai 1000 euro, affinché sia reso ancora possibile il ricorso alla franchigia precedentemente vigente e non espressamente soppressa dalle norme previste dal decreto-legge n. 201 del 2011,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di ripristinare, per i piccolissimi azionisti, una soglia di esenzione dall'imposta di bollo sui dossier titoli il cui valore medio di giacenza annua non supera euro 1.000.
9/5534-bis-A/193Froner, Quartiani, Rubinato, Codurelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, ha, nel contesto di un'azione tesa a favorire la stabilità del conti pubblici, introdotto una modifica alla tassazione, in materia di imposte di bollo sulle comunicazioni bancarie relative ai depositi titoli, assoggettandole all'imposta di bollo proporzionale pari all'1 per mille per il 2012 e all'1,5 per mille a decorrere dal 2013 e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l'imposta, al fine di includervi anche i prodotti finanziari non soggetti all'obbligo di deposito;
    la riformulazione, prevista al citato articolo 19, comma 2, della nota 3-bis all'articolo 13 della Tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, prevede, qualora il cliente sia persona fisica, l'esenzione dal pagamento dell'imposta di bollo sui conti correnti se il valore medio annuo di giacenza risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a euro 5.000, mentre al comma 3 b) prevede un'esenzione specifica solo per i buoni postali fruttiferi sempre nel limite di euro 5.000;
    la novella tuttavia non prende in considerazione la possibilità di esentare dall'imposta di bollo i dossier titoli per importi di bassa significatività come avveniva prima della modificazione;
    in effetti la previgente disciplina esentava dal pagamento del bollo i dossier titoli che contenevano prodotti finanziari inferiori a 1000 euro, salvaguardando un equo trattamento tra interessi dello Stato e interessi degli azionisti che, per fini non lucrativi, sostengono iniziative di azionariato diffuso;
    nella fattispecie Banca Popolare Etica, unico istituto di credito italiano orientato al sostegno dell'economia sociale, con oltre 24.000 soci possessori di azioni inferiori al valore di 1000 euro e custoditi in dossier titoli sotto tale soglia, con l'introduzione della succitata tassazione, si trova ad affrontare una emorragia di azionisti dalla compagine societaria il cui risparmio viene ad essere penalizzato da una norma lesiva della libertà di mercato e dei diritti dei risparmiatori, con ciò manifestandosi per altro un rischio di sostenibilità della banca, proprio nel momento in cui la solidità degli istituti bancari si basa sulla conservazione della partecipazione azionaria e sull'aumento dei capitali propri;
    l'Associazione delle Banche Popolari, considerata la rilevanza che riveste la questione per le banche socie, ha sollecitato un'interpretazione della nuova normativa, relativamente a quanto precedentemente illustrato in materia di tassazione dei dossier titoli interessanti il possesso di strumenti e prodotti finanziari di valore inferiore ai 1000 euro, affinché sia reso ancora possibile il ricorso alla franchigia precedentemente vigente e non espressamente soppressa dalle norme previste dal decreto-legge n. 201 del 2011,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di ripristinare, per i piccolissimi azionisti, una soglia di esenzione dall'imposta di bollo sui dossier titoli il cui valore medio di giacenza annua non supera euro 1.000.
9/5534-bis-A/193. (Testo modificato nel corso della seduta) Froner, Quartiani, Rubinato, Codurelli.


   La Camera,
    in sede di esame dell'esame dell'Atto Camera: 5534-bis: «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013)»;
   premesso che:
    l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è un ente pubblico di ricerca che svolge attività di ricerca scientifica nei settori della sismologia e della vulcanologia ed è componente del Servizio Nazionale di Protezione Civile ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
    nell'ambito dell'accordo quadro decennale con il Dipartimento della Protezione Civile, svolge funzioni di monitoraggio sismico h 24 del territorio nazionale e di vulcani attivi italiani anche con l'ausilio del personale con contratto a tempo determinato. L'INGV è nato nel 2001 dell'unificazione di tutti gli enti attivi nella ricerca sismologica e vulcanologica presenti in Italia;
    in effetti dal 2001 a oggi l'INGV ha vissuto e operato acquisendo nuove competenze e nuovi obblighi e aprendosi a nuovi settori disciplinari, con particolare riguardo alla ricerca applicata: purtroppo però non è stato possibile far fronte a questo significativo aumento delle attività e al parallelo aumento delle aspettative del Governo e dei cittadini con un progressivo incremento di personale, vincolato da una pianta organica che già dalla sua fondazione era di fatto pressoché satura;
    oggi quindi l'INGV svolge compiti di grande rilevanza sociale – per rimanere nell'attualità basti pensare al monitoraggio della crisi sismica in atto nell'area del Pollino o gli studi di pericolosità sismica che l'INGV ha già svolto e sta svolgendo in quelle zone e nel resto d'Italia – avvalendosi di personale che per il 40 per cento circa del totale è stato assunto con contratto a tempo determinato (circa 250 tra ricercatori e tecnici). Si tratta di personale formatosi attraverso anni di esperienza in settori disciplinari molto specialistici, alcuni dei quali sviluppati per rispondere a precise richieste governative;
    le reiterate richieste di ampliamento della dotazione organica vigente non sono state ancora accolte, nonostante l'espressione di 4 ordini del giorno approvati in materia da entrambi i rami del Parlamento e recepiti con carattere di urgenza dal precedente Governo ed un parere vincolante favorevole della VII Commissione Permanente della Camera. Inoltre il blocco del turn over come da disposizioni di legge, la legge n. 135 del 2012 che prevede l'ulteriore taglio della dotazione organica, nonché il dover procedere alla stipula di contratti a termine nel rispetto della normativa vigente così come riportato nel parere DFT n. 38845 del 28 settembre 2012 indirizzato a INGV, rischiano di compromettere seriamente delicati compiti statutari, ivi compresi quelli relativi al servizio di sorveglianza sismica e vulcanica di cui sopra, garantito da tutto il personale dell'ente e quindi anche dal personale a tempo determinato,

impegna il Governo

a prevedere per l'Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia (INGV) la possibilità, evidentemente necessaria al fine di fare fronte ai propri compiti istituzionali di Protezione Civile e alle esigenze connesse, e cioè, in particolare, la sorveglianza sismica e vulcanica h 24, nonché per provvedere ad un'adeguata manutenzione delle reti strumentali di monitoraggio, la possibilità, di avvalersi in continuità del personale in servizio con contratti a tempo determinato anche altre i 60 mesi, in attesa del contratto collettivo nazionale in elaborazione dal Dipartimento della Funzione Civile.
9/5534-bis-A/194Samperi, Orlando.


   La Camera,
   premesso che:
    i drammatici eventi meteorologici che hanno colpito il territorio della Toscana, in particolare la provincia di Massa Carrara e il settore meridionale, nei giorni 10-11-12-13 Novembre 2012, in cui sono morte cinque persone e che hanno causato ingenti e molteplici danni ai beni pubblici e privati calcolati, secondo prime stime, nell'ordine di almeno 500 milioni di euro, hanno pesantemente riproposto il tema della fragilità e pericolosità del nostro territorio, troppo a lungo trascurato o negato;
    tali rischi compromettono le potenzialità di sviluppo di intere aree del nostro paese, anche le più dinamiche o quelle più svantaggiate come Massa Carrara riconosciuto area a forte declino industriale, aggravando le prospettive di ripresa economica e occupazionale da troppo tempo in fase recessiva;
    il provvedimento in oggetto, all'articolo 3, comma 40 si fa carico di prime misure di aiuto per i terrori colpiti dalle alluvioni del novembre 2012 con uno stanziamento di 250 milioni in conto capitale;
   la gravità della situazione sollecita la massima tempestività nell'adozione di tutte le misure volte ad alleviare la condizione di detti territori, a cominciare dalla reale disponibilità delle risorse finanziarie;
    altresì appare necessario riconoscere anche alle popolazioni colpite da questi eventi atmosferici le stesse misure adottate in altre calamità naturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre ogni possibile provvedimento affinché le risorse stanziate siano messe nella disponibilità dei soggetti interessati con la massima sollecitudine dettata dall'emergenza in atto, nonché per estendere le misure già riconosciute ad altre aree colpite da eventi calamitosi come quelle recentemente varate con il decreto-legge 6 giugno 2012 n. 74 anche ai cittadini e alle imprese che hanno subito danni a seguito delle alluvioni del novembre 2012.
9/5534-bis-A/195Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    i drammatici eventi meteorologici che hanno colpito il territorio della Toscana, in particolare la provincia di Massa Carrara e il settore meridionale, nei giorni 10-11-12-13 Novembre 2012, in cui sono morte cinque persone e che hanno causato ingenti e molteplici danni ai beni pubblici e privati calcolati, secondo prime stime, nell'ordine di almeno 500 milioni di euro, hanno pesantemente riproposto il tema della fragilità e pericolosità del nostro territorio, troppo a lungo trascurato o negato;
    tali rischi compromettono le potenzialità di sviluppo di intere aree del nostro paese, anche le più dinamiche o quelle più svantaggiate come Massa Carrara riconosciuto area a forte declino industriale, aggravando le prospettive di ripresa economica e occupazionale da troppo tempo in fase recessiva;
    il provvedimento in oggetto, all'articolo 3, comma 40 si fa carico di prime misure di aiuto per i terrori colpiti dalle alluvioni del novembre 2012 con uno stanziamento di 250 milioni in conto capitale;
   la gravità della situazione sollecita la massima tempestività nell'adozione di tutte le misure volte ad alleviare la condizione di detti territori, a cominciare dalla reale disponibilità delle risorse finanziarie;
    altresì appare necessario riconoscere anche alle popolazioni colpite da questi eventi atmosferici le stesse misure adottate in altre calamità naturali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predisporre ogni possibile provvedimento affinché le risorse stanziate siano messe nella disponibilità dei soggetti interessati con la massima sollecitudine dettata dall'emergenza in atto, nonché per estendere le misure già riconosciute ad altre aree colpite da eventi calamitosi come quelle recentemente varate con il decreto-legge 6 giugno 2012 n. 74 anche ai cittadini e alle imprese che hanno subito danni a seguito delle alluvioni del novembre 2012.
9/5534-bis-A/195. (Testo modificato nel corso della seduta) Rigoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità interviene anche sulla vicenda dei cosiddetti lavoratori «esodati» al fine di disporre un ulteriore ampliamento, positivo ma ancora insufficiente, della platea di soggetti che possono accedere al trattamento pensionistico in vigore prima dell'emanazione del decreto SalvaItalia;
    quest'ultimo riformando il sistema previdenziale italiano ha introdotto anche diversi elementi di criticità che vanno ad aggiungersi a quelli preesistenti, tra i quali riveste una particolare rilevanza e drammaticità la vicenda creata a seguito dell'abrogazione – articolo 12, commi da 12-sexies a 12-undecies del decreto legge n. 78 del 2010 – delle norme che disponevano la possibilità di effettuare il ricongiungimento della contribuzione all'Inps gratuitamente;
    tale questione ha creato un vero e proprio allarme sociale, poiché migliaia di lavoratori sono stati posti nella condizione di ricongiungere i contributi versati in ogni singola Gestione o Fondo solo mediante la corresponsione di cifre altissime, in molti casi stimate in centinaia di migliaia di euro;
    i rappresentanti del precedente Governo, a seguito soprattutto della pressione politica e parlamentare esercitata dal Pd, avevano dichiarato – vedi l'intervento del Sottosegretario di Stato al Lavoro, Luca Bellotti, nel corso della seduta di Aula del 27 luglio 2011 – che gli «effetti concreti che la riforma ha prodotto sul tessuto sociale hanno in parte travalicato le iniziali intenzioni del legislatore»;
    la Commissione Lavoro della Camera è attualmente impegnata nell'esame di tre proposte di legge aventi l'obiettivo di eliminare le drammatiche ripercussioni causate dall'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi, anche tenendo conto del lavoro sin qui svolto dalla Commissione Lavoro della Camera, affinché la vicenda delle cosiddette «ricongiunzioni onerose» trovi una definitiva e per i lavoratori favorevole conclusione.
9/5534-bis-A/196Gnecchi, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale, Lo Moro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità interviene anche sulla vicenda dei cosiddetti lavoratori «esodati» al fine di disporre un ulteriore ampliamento, positivo ma ancora insufficiente, della platea di soggetti che possono accedere al trattamento pensionistico in vigore prima dell'emanazione del decreto SalvaItalia;
    quest'ultimo riformando il sistema previdenziale italiano ha introdotto anche diversi elementi di criticità che vanno ad aggiungersi a quelli preesistenti, tra i quali riveste una particolare rilevanza e drammaticità la vicenda creata a seguito dell'abrogazione – articolo 12, commi da 12-sexies a 12-undecies del decreto legge n. 78 del 2010 – delle norme che disponevano la possibilità di effettuare il ricongiungimento della contribuzione all'Inps gratuitamente;
    tale questione ha creato un vero e proprio allarme sociale, poiché migliaia di lavoratori sono stati posti nella condizione di ricongiungere i contributi versati in ogni singola Gestione o Fondo solo mediante la corresponsione di cifre altissime, in molti casi stimate in centinaia di migliaia di euro;
    i rappresentanti del precedente Governo, a seguito soprattutto della pressione politica e parlamentare esercitata dal Pd, avevano dichiarato – vedi l'intervento del Sottosegretario di Stato al Lavoro, Luca Bellotti, nel corso della seduta di Aula del 27 luglio 2011 – che gli «effetti concreti che la riforma ha prodotto sul tessuto sociale hanno in parte travalicato le iniziali intenzioni del legislatore»;
    la Commissione Lavoro della Camera è attualmente impegnata nell'esame di tre proposte di legge aventi l'obiettivo di eliminare le drammatiche ripercussioni causate dall'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adoperarsi, anche tenendo conto del lavoro sin qui svolto dalla Commissione Lavoro della Camera, affinché la vicenda delle cosiddette «ricongiunzioni onerose» trovi una definitiva e per i lavoratori favorevole conclusione.
9/5534-bis-A/196. (Testo modificato nel corso della seduta) Gnecchi, Damiano, Berretta, Bellanova, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Mattesini, Madia, Miglioli, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale, Lo Moro.


   La Camera,
   premesso che:
    con le modifiche introdotte dagli ultimi provvedimenti promossi dal Ministro pro tempore Gelmini relativi alla modifica degli ordinamenti dell'istruzione di II grado, gli insegnanti tecnico-pratici sono stati pesantemente colpiti a causa dei tagli del monte ore di insegnamento e dell'eliminazione di numerose ore di laboratorio;
    negli istituti professionali e tecnici la drastica riduzione delle ore degli insegnamenti tecnico-pratici, il taglio delle ore di laboratorio, l'incremento delle materie di studio teorico, la frammentazione dei saperi, il numero elevato di docenti che intervengono sulla medesima classe (in prima e seconda un consiglio di classe è formato da moltissimi docenti curricolari più i docenti di sostegno) non favoriscono certo la lotta alla dispersione scolastica;
    inoltre negli ultimi provvedimenti governativi, mentre compaiono le modifiche relative alle diverse classi di concorso unitamente alla eventuale classe di riconversione, non si comprende quale sarà la sorte della classe di concorso degli insegnanti tecnico-pratici, che risultano ancora operanti nelle scuole, anche se spesso quali docenti soprannumerari, insegnanti che peraltro sono presenti anche nelle graduatorie ad esaurimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di riconoscere agli insegnanti tecnico-pratici della scuola la dignità dell'opera prestata, di aumentare il monte ore del loro insegnamento ed incrementare, di conseguenza, l'attività laboratoriale negli istituti di istruzione di II grado.
9/5534-bis-A/197De Torre, De Pasquale, Coscia.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) (cap. 1694) delle università statali, con una dotazione di 6.629,7 milioni di euro, registra una riduzione di 368,9 milioni di euro rispetto al dato assestato 2012;
    gli interventi legislativi attuati negli ultimi cinque anni hanno determinato un taglio netto del 12,95 per cento, pari a circa 960 milioni di euro;
    il FFO rappresenta la principale fonte di entrata per le università statali e comprende anche le spese per gli stipendi del personale docente e non docente, per la ricerca scientifica universitaria e per la manutenzione ordinaria;
    il rischio oggi è quello che, non avendo a disposizione risorse adeguate, le università potrebbero trovarsi nelle condizioni di bloccare alcuni fondamentali servizi strategici di didattica e di ricerca, con danni incalcolabili per l'utenza studentesca, per l'offerta di istruzione pubblica e per la ricerca e lo sviluppo in Italia;
    lo stanziamento previsto all'articolo 2, comma 3, del provvedimento in esame, pari a 315 milioni di euro, da ripartire contestualmente per molte diverse finalità tra cui anche il Fondo di Finanziamento Ordinario delle università statali, non rappresenta una risposta adeguata e concreta alle difficoltà del settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse adeguate a rifinanziare il Fondo di finanziamento ordinario delle università statali che rappresenta la quota più consistente della parte attiva del bilancio degli atenei.
9/5534-bis-A/198Ghizzoni, Coscia, Bachelet, Tocci, Mazzarella, De Pasquale, Antonino Russo, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) (cap. 1694) delle università statali, con una dotazione di 6.629,7 milioni di euro, registra una riduzione di 368,9 milioni di euro rispetto al dato assestato 2012;
    gli interventi legislativi attuati negli ultimi cinque anni hanno determinato un taglio netto del 12,95 per cento, pari a circa 960 milioni di euro;
    il FFO rappresenta la principale fonte di entrata per le università statali e comprende anche le spese per gli stipendi del personale docente e non docente, per la ricerca scientifica universitaria e per la manutenzione ordinaria;
    il rischio oggi è quello che, non avendo a disposizione risorse adeguate, le università potrebbero trovarsi nelle condizioni di bloccare alcuni fondamentali servizi strategici di didattica e di ricerca, con danni incalcolabili per l'utenza studentesca, per l'offerta di istruzione pubblica e per la ricerca e lo sviluppo in Italia;
    lo stanziamento previsto all'articolo 2, comma 3, del provvedimento in esame, pari a 315 milioni di euro, da ripartire contestualmente per molte diverse finalità tra cui anche il Fondo di Finanziamento Ordinario delle università statali, non rappresenta una risposta adeguata e concreta alle difficoltà del settore,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire risorse adeguate a rifinanziare il Fondo di finanziamento ordinario delle università statali che rappresenta la quota più consistente della parte attiva del bilancio degli atenei.
9/5534-bis-A/198. (Testo modificato nel corso della seduta) Ghizzoni, Coscia, Bachelet, Tocci, Mazzarella, De Pasquale, Antonino Russo, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame l'assenza di riferimenti alla proroga delle misure fiscali del tax credit e del tax shelter per l'industria cinematografica desta molta preoccupazione per il sostegno al settore;
    in virtù del decreto-legge n. 255 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, la scadenza delle suddette misure fiscali è fissata al 31 dicembre 2013;
    l'attività cinematografica è fortemente connotata dalla necessità di una programmazione a lunga scadenza, che consenta la programmazione di investimenti da parte dei soggetti interessati, interni ed esterni alla filiera cinematografica;
    l'applicazione di tali misure fiscali ha ottenuto ottimi risultati, tanto da essere considerate imprescindibili per il cinema italiano;
    il parere approvato in sede di discussione in Commissione Cultura riporta tra le condizioni quella che si proroghi l'erogazione del tax credit e del tax shelter,

impegna il Governo

in fase di discussione del primo provvedimento utile a valutare l'opportunità di prorogare, a decorrere dal 1o gennaio 2014 e per un triennio, l'erogazione delle misure fiscali del tax credit e del tax shelter a vantaggio dell'industria cinematografica.
9/5534-bis-A/199De Biasi, Verducci, Levi, Coscia, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame l'assenza di riferimenti alla proroga delle misure fiscali del tax credit e del tax shelter per l'industria cinematografica desta molta preoccupazione per il sostegno al settore;
    in virtù del decreto-legge n. 255 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, la scadenza delle suddette misure fiscali è fissata al 31 dicembre 2013;
    l'attività cinematografica è fortemente connotata dalla necessità di una programmazione a lunga scadenza, che consenta la programmazione di investimenti da parte dei soggetti interessati, interni ed esterni alla filiera cinematografica;
    l'applicazione di tali misure fiscali ha ottenuto ottimi risultati, tanto da essere considerate imprescindibili per il cinema italiano;
    il parere approvato in sede di discussione in Commissione Cultura riporta tra le condizioni quella che si proroghi l'erogazione del tax credit e del tax shelter,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, in fase di discussione del primo provvedimento utile a valutare l'opportunità di prorogare, a decorrere dal 1o gennaio 2014 e per un triennio, l'erogazione delle misure fiscali del tax credit e del tax shelter a vantaggio dell'industria cinematografica.
9/5534-bis-A/199. (Testo modificato nel corso della seduta) De Biasi, Verducci, Levi, Coscia, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dell'editoria versa in un momento di grande crisi e, a causa della riduzione di fatto dei contributi diretti, circa 70 testate rischiano la chiusura e i dati relativi agli esuberi nel settore registrano un taglio pari a circa 4.000 unità di personale;
    la tabella C allegata alla legge di stabilità stanzia al Sostegno all'editoria di cui alla legge n. 67 del 1987, per l'anno 2013 137,621 milioni di euro;
    rispetto a tali stanziamenti è necessario ricordare che su tale fondo gravano, impropriamente, altre spese dei quali ben 50 milioni finalizzati al pagamento dei ratei dovuti a Poste italiane, s.p.s, ai sensi del decreto legge 3 ottobre 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;
    tolte le suddette spese di fatto i contributi diretti all'editoria restano poco più di 54 milioni di euro a fronte di un fabbisogno di 124 milioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive finalizzate ad incrementare i contributi diretti all'editoria almeno fino alla somma di 120 milioni, al netto del debito con le Poste Italiane.
9/5534-bis-A/200Verducci, De Biasi, Levi, Coscia, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore dell'editoria versa in un momento di grande crisi e, a causa della riduzione di fatto dei contributi diretti, circa 70 testate rischiano la chiusura e i dati relativi agli esuberi nel settore registrano un taglio pari a circa 4.000 unità di personale;
    la tabella C allegata alla legge di stabilità stanzia al Sostegno all'editoria di cui alla legge n. 67 del 1987, per l'anno 2013 137,621 milioni di euro;
    rispetto a tali stanziamenti è necessario ricordare che su tale fondo gravano, impropriamente, altre spese dei quali ben 50 milioni finalizzati al pagamento dei ratei dovuti a Poste italiane, s.p.s, ai sensi del decreto legge 3 ottobre 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;
    tolte le suddette spese di fatto i contributi diretti all'editoria restano poco più di 54 milioni di euro a fronte di un fabbisogno di 124 milioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire risorse aggiuntive finalizzate ad incrementare i contributi diretti all'editoria almeno fino alla somma di 120 milioni, al netto del debito con le Poste Italiane.
9/5534-bis-A/200. (Testo modificato nel corso della seduta) Verducci, De Biasi, Levi, Coscia, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    la stabilizzazione e lo stanziamento delle risorse necessarie alla prosecuzione delle attività svolte dai lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché dai lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato, rappresenta una delle tante emergenze del settore della scuola; tali lavoratori svolgono compiti e funzioni Ata e sono indispensabili per il funzionamento di molti istituti scolastici;
    la cessazione dei contratti di tali lavoratori comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi anche la chiusura;
    gli interventi approvati ad oggi dal Governo risultano inadeguati e non rispondono alle esigenze del settore,

impegna il Governo

a valutare la necessità di reperire, in sede di discussione del primo provvedimento utile, gli stanziamenti necessari ad avviare la stabilizzazione dei lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché per i lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999.
9/5534-bis-A/201Siragusa, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    la stabilizzazione e lo stanziamento delle risorse necessarie alla prosecuzione delle attività svolte dai lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché dai lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato, rappresenta una delle tante emergenze del settore della scuola; tali lavoratori svolgono compiti e funzioni Ata e sono indispensabili per il funzionamento di molti istituti scolastici;
    la cessazione dei contratti di tali lavoratori comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi anche la chiusura;
    gli interventi approvati ad oggi dal Governo risultano inadeguati e non rispondono alle esigenze del settore,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire, in sede di discussione del primo provvedimento utile, gli stanziamenti necessari ad avviare la stabilizzazione dei lavoratori Lsu, Co.co.co e cooperative ex Lsu, nonché per i lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999.
9/5534-bis-A/201. (Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre garantire ai docenti precari la continuità lavorativa e la maturazione del punteggio di servizio,

impegna il Governo

a valutare la necessità di prorogare anche per l'anno scolastico 2012/2013 la legge 24 novembre 2009, n. 167, relativamente al personale della scuola e fatti salvi gli incarichi già conferiti a prevedere che le chiamate per le supplenze di istituto del personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) vengano effettuate dagli istituti scolastici attingendo dalle graduatorie ad esaurimento.
9/5534-bis-A/202De Pasquale, Siragusa, Antonino Russo, Coscia, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre garantire ai docenti precari la continuità lavorativa e la maturazione del punteggio di servizio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prorogare anche per l'anno scolastico 2012/2013 la legge 24 novembre 2009, n. 167, relativamente al personale della scuola e fatti salvi gli incarichi già conferiti a prevedere che le chiamate per le supplenze di istituto del personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) vengano effettuate dagli istituti scolastici attingendo dalle graduatorie ad esaurimento.
9/5534-bis-A/202. (Testo modificato nel corso della seduta) De Pasquale, Siragusa, Antonino Russo, Coscia, Centemero.


   La Camera,
   premesso che:
    la sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare agli studenti e al personale scolastico di frequentare strutture idonee con la massima serenità;
    la condizione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
    appare pertanto necessario emanare disposizioni affinché gli enti territoriali possano adempiere con adeguate risorse e sulla base di una corretta attività programmatoria al compito previsto dalla legge n. 23 del 1996 (cosiddetta legge Masini) di garantire la sicurezza degli edifici scolastici di loro proprietà,

impegna il Governo

a predisporre nel primo provvedimento utile la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzata a non contemplare nei bilanci comunali e provinciali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali, finalizzate alla messa in sicurezza e all'adeguamento a norma degli edifici scolastici.
9/5534-bis-A/203Coscia, De Pasquale, Ghizzoni, Bachelet, Antonino Russo, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Mazzarella, Tocci, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    la sicurezza degli edifici scolastici deve rappresentare una delle priorità degli investimenti pubblici, al fine di assicurare agli studenti e al personale scolastico di frequentare strutture idonee con la massima serenità;
    la condizione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
    appare pertanto necessario emanare disposizioni affinché gli enti territoriali possano adempiere con adeguate risorse e sulla base di una corretta attività programmatoria al compito previsto dalla legge n. 23 del 1996 (cosiddetta legge Masini) di garantire la sicurezza degli edifici scolastici di loro proprietà,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di predisporre nel primo provvedimento utile la deroga alla disciplina del patto di stabilità interno finalizzata a non contemplare nei bilanci comunali e provinciali l'utilizzo di risorse comunitarie, statali o regionali, finalizzate alla messa in sicurezza e all'adeguamento a norma degli edifici scolastici.
9/5534-bis-A/203. (Testo modificato nel corso della seduta) Coscia, De Pasquale, Ghizzoni, Bachelet, Antonino Russo, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Mazzarella, Tocci, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, ormai nota come spending review, ha previsto che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, transiti nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico;
    la stessa relazione tecnica aveva evidenziato che su 3.565 unità di personale docente dichiarato permanentemente inidoneo per motivi di saluti ma idoneo ad altri compiti (as. 2010/2011) hanno chiesto di transitare nei ruoli ATA, in virtù di quanto disposto dal decreto-legge 98/2011, solo 600 unità;
    tale dato dimostra che si tratta di personale che potrebbe e comunque, anche in virtù di una propria dignità lavorativa, desidera impegnarsi come già avviene all'interno dell'attività didattica, nelle biblioteche scolastiche e nei laboratori, apportando le proprie competenze ad un progetto attinente alla propria qualifica professionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche varando un provvedimento ad hoc, di rivedere le disposizioni di cui all'articolo 14 comma 13 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, al fine di individuare un piano per l'utilizzo del personale dichiarato inidoneo, tenuto conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite, nonché la possibilità per detto personale di fruire dell'istituto della dispensa.
9/5534-bis-A/204Bachelet, Coscia, Ghizzoni, Antonino Russo, De Pasquale, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Mazzarella, Tocci, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14, comma 13, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, ormai nota come spending review, ha previsto che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, transiti nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico;
    la stessa relazione tecnica aveva evidenziato che su 3.565 unità di personale docente dichiarato permanentemente inidoneo per motivi di saluti ma idoneo ad altri compiti (as. 2010/2011) hanno chiesto di transitare nei ruoli ATA, in virtù di quanto disposto dal decreto-legge 98/2011, solo 600 unità;
    tale dato dimostra che si tratta di personale che potrebbe e comunque, anche in virtù di una propria dignità lavorativa, desidera impegnarsi come già avviene all'interno dell'attività didattica, nelle biblioteche scolastiche e nei laboratori, apportando le proprie competenze ad un progetto attinente alla propria qualifica professionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, anche varando un provvedimento ad hoc, di rivedere le disposizioni di cui all'articolo 14 comma 13 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, al fine di individuare un piano per l'utilizzo del personale dichiarato inidoneo, tenuto conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite, nonché la possibilità per detto personale di fruire dell'istituto della dispensa.
9/5534-bis-A/204. (Testo modificato nel corso della seduta) Bachelet, Coscia, Ghizzoni, Antonino Russo, De Pasquale, Siragusa, Pes, Rossa, De Torre, Mazzarella, Tocci, Lolli, Levi, De Biasi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'otto per mille è il meccanismo con cui lo Stato italiano ripartisce, in base alle scelte dei contribuenti, l'otto per mille dell'intero gettito fiscale IRPEF fra lo Stato e diverse confessioni religiose, per scopi definiti da legge;
    le quote dell'otto per mille sono utilizzate dallo Stato per interventi straordinari per la fame nel mondo, le calamità naturali, l'assistenza ai rifugiati e la conservazione di beni culturali;
    la scuola, che si occupa di formare i futuri cittadini, deve essere considerata come lo strumento principale per la crescita individuale e sociale e garantire che l'esercizio del diritto allo studio si realizzi in condizioni di agibilità e sicurezza;
    la condizione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
    nel merito era stato già approvato l'odg n. 9/3261-A/6 che non aveva ricevuto parere favorevole dal precedente Governo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di modificare la legge 20 maggio 1985, n. 222, sull'otto per mille al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la «scuola pubblica» come destinataria di una quota fiscale dell'otto per mille da utilizzare d'intesa con enti locali per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l'erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati.
9/5534-bis-A/205Antonino Russo, Bachelet, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'otto per mille è il meccanismo con cui lo Stato italiano ripartisce, in base alle scelte dei contribuenti, l'otto per mille dell'intero gettito fiscale IRPEF fra lo Stato e diverse confessioni religiose, per scopi definiti da legge;
    le quote dell'otto per mille sono utilizzate dallo Stato per interventi straordinari per la fame nel mondo, le calamità naturali, l'assistenza ai rifugiati e la conservazione di beni culturali;
    la scuola, che si occupa di formare i futuri cittadini, deve essere considerata come lo strumento principale per la crescita individuale e sociale e garantire che l'esercizio del diritto allo studio si realizzi in condizioni di agibilità e sicurezza;
    la condizione degli edifici scolastici del nostro Paese è ben lungi dal conseguimento di detto obiettivo: oltre il 50 per cento dei 42 mila edifici in cui vivono milioni di studenti e di operatori scolastici non sarebbe a norma e diecimila di essi dovrebbero addirittura essere abbattuti; non va, altresì, ignorato il fatto che tutte le indagini internazionali sul rendimento degli studi confermano la centralità e la decisiva influenza positiva esercitata dalla confortevole e adeguata organizzazione degli spazi scolastici sull'efficacia dell'attività didattica e sui livelli di apprendimento;
    nel merito era stato già approvato l'odg n. 9/3261-A/6 che non aveva ricevuto parere favorevole dal precedente Governo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di modificare la legge 20 maggio 1985, n. 222, sull'otto per mille al fine di consentire ai cittadini di indicare esplicitamente la «scuola pubblica» come destinataria di una quota fiscale dell'otto per mille da utilizzare d'intesa con enti locali per la sicurezza e l'adeguamento funzionale degli edifici e a pubblicare ogni anno un rapporto dettagliato circa l'erogazione delle risorse e lo stato degli interventi realizzati.
9/5534-bis-A/205. (Testo modificato nel corso della seduta) Antonino Russo, Bachelet, De Pasquale.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario favorire la migliore offerta formativa del servizio scolastico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inquadrare a domanda, nell'ambito provinciale nei corrispondenti ruoli organici, il personale LSU attualmente impegnato da non meno di otto anni in attività di collaborazione coordinata e continuativa nelle istituzioni scolastiche statali ai sensi del decreto interministeriale 20 aprile 2001 n. 66, e successive modificazioni, per lo svolgimento di compiti di carattere tecnico amministrativo.
9/5534-bis-A/206Cardinale, Siragusa.


   La Camera,
   premesso che:
    è necessario favorire la migliore offerta formativa del servizio scolastico,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inquadrare a domanda, nell'ambito provinciale nei corrispondenti ruoli organici, il personale LSU attualmente impegnato da non meno di otto anni in attività di collaborazione coordinata e continuativa nelle istituzioni scolastiche statali ai sensi del decreto interministeriale 20 aprile 2001 n. 66, e successive modificazioni, per lo svolgimento di compiti di carattere tecnico amministrativo.
9/5534-bis-A/206. (Testo modificato nel corso della seduta) Cardinale, Siragusa.


INTERPELLANZE URGENTI

Misure volte a garantire il pagamento degli scatti di anzianità al personale della scuola – 2-01743

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   tutti i comparti che prevedono scatti automatici di anzianità sono stati oggetto del blocco degli scatti per un triennio, ai sensi del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122;
   anche per il personale della scuola, con il sopra citato decreto-legge, sono state attuate misure che vanno dal blocco dei contratti e degli scatti di anzianità al congelamento degli stipendi, con l'obiettivo, realizzato, di un taglio della spesa superiore al miliardo di euro nel triennio 2011-2013;
   solo per il personale della scuola, a causa delle riduzioni di spesa che nello stesso periodo hanno caratterizzato il settore, si è prevista una specifica modalità di pagamento degli scatti maturati nel triennio 2010-2011-2012, in forza di quanto stabilito dall'articolo 8, comma 14, del medesimo decreto-legge n. 78 del 2010;
   il mancato rispetto di tale normativa ha comportato che gli stipendi del personale della scuola (già ampiamente sotto la media europea, a fronte di un costo della vita superiore, invece, alla media dei Paesi dell'Unione europea) siano rimasti sostanzialmente fermi ai livelli del 2009 e lo saranno fino a tutto il 2013;
   questo nonostante il fatto che il riconoscimento dell'anzianità di servizio nella scuola con un aumento di stipendio abbia rappresentato, finora, l'unica modalità di avanzamento di carriera possibile per i personale: un avanzamento legato a una maggiore esperienza lavorativa maturata sul campo;
   per tali ragioni, e conseguentemente all'impegno assunto dal Ministro interpellato all'inizio del suo mandato, il personale della scuola attende da oltre un anno una risposta chiara sul pagamento degli scatti di anzianità;
   a giugno 2012, il Ministro interpellato aveva annunciato una contrattazione in sede Aran per individuare le risorse finanziarie necessarie per poter liquidare quanto dovuto in materia agli insegnanti e a tutto il personale della scuola –:
   quali misure il Ministro interpellato intenda assumere per consentire, in tempi rapidi, il pagamento degli scatti di anzianità a tutti i lavoratori della scuola che li hanno maturati nel corso degli anni 2011 e 2012.
(2-01743) «Coscia, Ghizzoni, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Pes, Rossa, Antonino Russo, Siragusa, Tocci, Ventura».


Iniziative per il contrasto alla violenza sulle donne, con particolare riferimento al Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking – 2-01740; 2-01746

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre 2012 come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne;
   le notizie di cronaca continuano a riproporre quotidianamente notizie di donne uccise, sottolineando che il fenomeno della violenza maschile sulle donne delinea un dramma umano e sociale che, molto spesso, si consuma all'interno delle mura domestiche, nei nuclei familiari e nella sfera degli affetti e che sollecita iniziative urgenti per la prevenzione e la protezione delle donne e dei minori che molto spesso vi sono coinvolti;
   ad oggi, gli unici dati degli omicidi di donne commessi da uomini sono raccolti dalla stampa nazionale e locale e dalle organizzazioni e associazioni specializzate nella lotta contro la violenza sulle donne. Dall'inizio del 2012 ci sarebbero stati almeno 105 casi di femminicidio, senza contare le vittime collaterali, di cui di seguito si fanno i nomi e i cognomi: 2 gennaio 2012, Chiesuol del Fosso (Ferrara), Lenuta Lazar; 3 gennaio 2012, Milano, Yuezhu Chen; 5 gennaio 2012, Putignano (Bari), Antonella Riotino; 5 gennaio 2012, Piana di Monte Verna (Caserta), Angela Santabarbara; 9 gennaio 2012, Atripalda (Avellino), Fabiola Speranza; 12 gennaio 2012, Trapani, Stefania Migali; 12 gennaio 2012, Trapani, Nunzia Rindinella; 13 gennaio, Monza (Monza Brianza), Sharna Abdul Gafur; 14 gennaio 2012, Scicli (Palermo), Rosetta Trovato; 14 gennaio 2012, Civitanova Marche (Macerata), Grazyna Tarkowska; 15 gennaio 2012, Marano (Napoli), Enza Cappuccio; 24 gennaio 2012, Mandas (Cagliari), Maura Carta; 26 gennaio 2012, Porto Potenza Picena (Macerata), Andrea Christina Marin; 27 gennaio 2012, San Marco Argentano (Cosenza), V. P.; 4 febbraio 2012, Milano, Leda Corbelli; 4 febbraio 2012, Fognano (Parma), Domenica Menna; 5 febbraio 2012, Palermo, Loweth Edward; 5 febbraio 2012, Parma, Ave Ferraguti; 5 febbraio 2012, Lanciano (Chieti), Elda Tiberio; 7 febbraio 2012, Palermo, Rosanna Siciliano; 8 febbraio 2012, Napoli, nd; 8 febbraio 2012, Novara, Giuseppina Sciaulino; 13 febbraio 2012, San Giuliano Milanese (Milano), Antonia Bianco; 15 febbraio 2012, Firenze, nd; 16 febbraio 2012, Latiano (Brindisi), Tommasina Ugolotti; 17 febbraio 2012, Modena, Edyta Kozakiewcz; 24 febbraio 2012, Siracusa, Elisabetta Facchiano; 24 febbraio 2012, Maniago (Pordenone), Fernanda Frati; 24 febbraio 2012, Cavriana (Brescia), Qiaoli Hu; 26 febbraio 2012, San Mauro Torinese (Torino), Anthonia Egbuna; 26 febbraio 2012, Eboli (Salerno), Maria Ricci; 28 febbraio 2012, Novara, Brunella Cock; 1o marzo 2012, Grottaminarda (Avellino), Patrizia Klear; 2 marzo 2012, Pianura (Napoli), Gabriella Lanza; 4 marzo 2012, Brescia, Francesca Alleruzzo; 4 marzo 2012, Brescia, Chiara Matalone; 4 marzo 2012, Mozzecane (Vercelli), Gabriella Falzoni; 5 marzo 2012, Piacenza, Esmeralda Hilsa Romero Encalada; 6 marzo 2012, Torino, Anna Cappilli; 15 marzo 2012, Barletta, Maria Diviccaro; 15 marzo 2012, Barletta, Maria Strafile; 18 marzo 2012, Caselle Torinese (Torino), Rita Pullara; 19 marzo 2012, Mesagne (Brindisi), Concetta Milone; 23 marzo 2012, Ladispoli (Roma), Annamaria Pinto; 26 marzo 2012, Prata Sannita (Cesena), Carmela Iamundi; 26 marzo 2012, Noale (Venezia), Hane Gjelaj; 26 marzo 2012, Formigine (Modena), Lin Huihui; 28 marzo 2012, Torino, Alfina Grande; 7 aprile 2012, Cirò Marina (Crotone), Silvana Rustia; 12 aprile 2012, Calenzano (Firenze), Gianna Toni; 17 aprile 2012, Napoli, Concetta Paracolli; 19 aprile 2012, Vittorio Veneto (Treviso), Giacomina Zanchetta; 20 aprile 2012, Fontana di Rubiera (Reggio Emilia), Tiziana Olivieri; 24 aprile 2012, Enna, Vanessa Scialfa; 30 aprile 2012, Cuneo, Pierina Baudino; 2 maggio 2012, Cresenzago (Milano), Matilde Passa; 5 maggio 2012 Santeremo (Bari), Carmela Russi; 5 maggio 2012, Montecchio Maggiore (Vicenza), Julissa Feliciano Reyes; 6 maggio 2012, Pegli (Genova), Giovanna Sfoglietta; 7 maggio 2012, Villaricca (Napoli), Alessandra Cubeddo; 7 maggio 2012, Avezzano (L'Aquila), Mariana Marku; 12 maggio 2012, Alessandria, Dayana Desiree Carabali Castillo; 17 maggio 2012, Paternò (Catania), Enza Maria Anicito; 28 maggio 2012, Fiorenzuola d'Adda (Piacenza), Kaur Balwinde; 29 maggio 2012, Brusciano (Napoli), Vincenza Zullo; 30 maggio 2012, Biella, Teresita Trompeo; 31 maggio 2012, Cervia (Forlì-Cesena), Sabrina Blotti; 31 maggio 2012, Ferrara, Ludmila Rogova; 1o giugno 2012, Tivoli, Claudia Bianca Benca; 7 giugno 2012, Staranzano (Gorizia), Rosina Lavrencic; 10 giugno 2012, Milano, Marika Sjakste; 15 giugno 2012, Campeggine (Reggio Emilia), Alena Tyutyunikova; 17 giugno 2012, Desio (Milano), Franca Lo Iacono; 19 giugno 2012, Merano, Erna Pirpamer; 19 giugno 2012, Solofra (Avellino), Jasvir; 24 giugno 2012, Consandolo (Ferrara), Raachida Lakhdimi; 27 giugno 2012, Legnano (Milano), Stefania Cancelliere; 30 giugno 2012, Formica (Modena), Anna Gombia; 2 luglio 2012, Palma Campania (Napoli), Alessandra Sorrentino; 2 luglio 2012, San Donato Milanese (Milano), Antonina Nieli; 2 luglio 2012, Massa Carrara, nd; 5 luglio 2012, Trapani, Maria Anastasi; 11 luglio 2012, Trigolo (Cremona), Lyzbeth Zambrano; 12 luglio 2012, Marzabotto (Bologna), Clara Comellini; 12 luglio 2012, San Mauro Torinese (Torino), Mariangela Panarotto; 16-lug Casamassima (Bari) Francesca Scarano; 20-lug Visco (Udine) Samantha Comelli; 24 luglio 2012, Milano Marittima (Ravenna), Sandra Lunardini; 31 luglio 2012, Torre del Greco (Napoli), Anna Iozzino; 9 agosto 2012, Castello d'Annone (Asti), Lisetta Bardini; 23 agosto 2012, Gela (Caltanissetta), Iolanda di Natale; 24 agosto 2012, Sondrio, Loredana Vanoi; 26 agosto 2012, Lucca, Bruna Giannotti; 2 settembre 2012, Fano (Pesaro-Urbino), Mariola cgt. Hoxha; 2 settembre 2012, Torino, Laila Mastari; 6 settembre 2012, Tetranuova Bracciolini (Arezzo), Sebastiana Corpora; 7 settembre 2012, Chivasso (Torino), Pasquina Di Mascio; 9 settembre 2012, Bolzano Svetla Fileva; 9 settembre 2012, Tagliacozzo (L'Aquila), Maria Teresa Campora; 15 settembre 2012, Milano, Alessia Francesca Simonetta; 24 settembre 2012, Amantea (Catanzaro), Carmela Popolato; 7 ottobre 2012, Padova, Erica Ferrazza; 11 ottobre 2012, Collegno (Torino), Vincenzina Scorzo; 20 ottobre 2012, Palermo, Carmela Petrucci; 11 novembre 2012, San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), Antonietta Paparo;
   dai dati Eures-Ansa si riporta che gli omicidi di donne per mano di mariti, ex coniugi e conviventi sono in aumento. Dai dati tratti dallo studio «Il costo di essere donna. Indagine sul femminicidio in Italia», promosso dalla casa delle donne di Bologna, si evidenzia il crescere dell'emergenza. Nel 2006, i femminicidi furono 101, nel 2007 107, nel 2008 112, nel 2009 119 mentre nel 2010 127. Va comunque considerato che, non trattandosi di dati ufficiali, c’è un rilevante «sommerso» che riguarda, ad esempio, i delitti di donne vittime della tratta o legate al mondo della prostituzione, donne senza permesso di soggiorno la cui eventuale scomparsa non viene denunciata, a meno che non venga ritrovato il corpo della vittima; i suicidi indotti provocati da episodi di violenza;
   la violenza di genere è un problema non di oggi ma strutturale, ed emergeva già molto chiaramente nel 2007 nell'unica ricerca specifica effettuata dell'Istat, «Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia». Nella ricerca si evidenziava molto chiaramente che nel 2006 erano 6 milioni e 743 mila le donne dai sedici ai settant'anni vittime di molestie o violenze fisiche sessuali nel corso della vita (una donna su tre tra i 16 ed i 70 anni); che circa 1 milione di donne era stata vittima di stupri o tentati stupri (il 4,8 per cento della popolazione femminile globale); il 14,3 per cento delle donne aveva subito almeno una violenza fisica o sessuale dal proprio partner; il 24,7 per cento delle donne aveva subito violenze da un altro uomo, mentre 2 milioni e 77 mila donne avevano subito comportamenti persecutori (stalking) dai partner al momento della separazione;
   sono diversi gli atti di indirizzo e controllo presentati da deputati del Partito Democratico nei quali si faceva esplicita richiesta al Governo, visti i crescenti e terribili fatti di cronaca, di dare concretamente una piena e vera attuazione, anche finanziaria, al Piano nazionale antiviolenza, di investire in una rete integrata di politiche rivolte alla prevenzione, alla protezione e alla persecuzione dei reati, di dare un inquadramento giuridico chiaro e di potenziare, anche con finanziamenti adeguati, i centri antiviolenza. Centri che non sono presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale, che negli anni hanno subito tagli pesantissimi e che, al momento, sopravvivono grazie a finanziamenti una tantum che ne possono garantire, inevitabilmente, un'operatività limitata;
   secondo le conclusioni e raccomandazioni (punti 91 e 92) del Rapporto sull'Italia della relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, Rashida Manjoo, reso pubblico il 15 giugno 2012: «Sono stati fatti sforzi da parte del Governo per affrontare il problema della violenza contro le donne, inclusa l'adozione di leggi e politiche e la creazione e fusione di enti governativi responsabili per la promozione e protezione dei diritti delle donne. Ma questi risultati non hanno ancora portato una diminuzione della percentuale di femminicidi o si sono tradotti in un reale miglioramento della vita di molte donne e bambine, in particolare delle donne Rom e Sinti, delle donne migranti e delle donne diversamente abili». Mentre nel punto 92 si afferma che: «Nonostante le sfide dell'attuale situazione politica ed economica, gli sforzi mirati e coordinati nell'affrontare la violenza contro le donne attraverso l'uso pratico e innovativo di risorse limitate, questa necessità rimane una priorità. I livelli alti di violenza domestica, che contribuiscono ai livelli in crescita di femminicidi, richiedono un'attenzione seria»;
   secondo gli interpellanti, appare assai evidente la relazione che lega l'aumento dei femminicidi e della violenza sulle donne e la crescente riduzione delle risorse messe a disposizione dai diversi livelli di governo ai servizi diretti e indiretti, di prevenzione, protezione e contrasto alla violenza;
   nel 2011, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna, nelle raccomandazioni rivolte all'Italia (n. 26/2011), si definiva «preoccupato per l'elevato numero di donne uccise da partner o ex partner (femminicidi) che potrebbe indicare il fallimento delle autorità dello Stato nella protezione delle donne vittime di violenza»;
   nel 2012, l'Italia è scesa dal 74esimo all'80esimo posto – dopo il Ghana e il Bangladesh – nella classifica del Gender Gap Report sulla condizione della donna nel mondo, stilata dal World economic forum;
   il 27 settembre 2012, dopo più di un anno dalla sua approvazione da parte del Consiglio d'Europa, il Governo ha firmato la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Al momento il Governo, nonostante l'evidente urgenza, non ha ancora presentato un proprio disegno di legge per la ratifica della Convenzione, mentre il Partito Democratico ha depositato un progetto di legge, sia alla Camera dei deputati a prima firma dell'onorevole Mogherini, che al Senato a prima firma della senatrice Finocchiaro –:
   se il Ministro interpellato non ritenga d'intervenire tempestivamente, anche tenendo conto delle raccomandazioni del Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti della donna e della relatrice speciale dell'Onu, con misure immediate ed urgenti al fine di contrastare e prevenire efficacemente il crescente dramma del femminicidio e della violenza contro le donne, e quali misure abbia individuato al fine di fronteggiare quella che i fatti dimostrano essere una vera e propria emergenza democratica oltreché sociale e una sistematica violazione dei diritti umani in Italia;
   se il numero di femminicidi avvenuti nel 2012, denunciato dalle organizzazioni e dalla stampa, corrisponda al vero, se esista una raccolta ufficiale di questi dati, se esista un coordinamento fra i diversi Ministeri nella raccolta dei dati statistici sulla violenza sulle donne e sui casi di femminicidio e se non si ritenga opportuno, vista la gravità dell'emergenza, attivarsi affinché l'Istat coordini ed elabori un rapporto statistico periodico sulla base delle schede predisposte da ogni amministrazione periferica e dallo Stato, al fine di avere un quadro dettagliato, specifico e organico sulla violenza ai danni delle donne e sul femminicidio.
(2-01740) «Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Ventura, Touadi, Mariani, Melis, Servodio, Mattesini, Brandolini, Albini, Garavini, Gnecchi, Fiano, D'Antona, Murer, Verini, Zampa, Motta, Siragusa, Vassallo, Marco Carra, Piccolo, Capano, Mazzarella, Cardinale, De Biasi, Velo, Livia Turco, Zani, Lulli, Concia, Cenni, Coscia, Gatti, Lo Moro, Mastromauro, Vico, Rossomando, Ferranti, Rampi, Scarpetti, Carella, Pes, Ghizzoni, Merloni, Marchi, Bucchino, Gasbarra, Graziano, Madia, Samperi, Zucchi, D'Incecco, Codurelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   le richieste di aiuto delle donne ai centri antiviolenza aumentano di anno in anno, ma le capacità di ospitalità ed accoglienza diminuiscono a causa della riduzione dei fondi messi a disposizione dagli enti locali per la protezione delle vittime;
   non c’è un'equa distribuzione di queste strutture su tutto il territorio nazionale, nonostante il Consiglio d'Europa raccomandi un centro antiviolenza ogni 10.000 persone ed un centro d'emergenza ogni 50.000 abitanti;
   mancano dati aggiornati, periodici e sistematici relativi alle varie forme di violenza di genere; in particolare, l'Italia rimane uno dei pochissimi Paesi europei nei quali non viene effettuata sistematicamente un'analisi dei costi sociali della violenza, in termini di sofferenza umana e perdita economica che ricade sulla collettività nel settore sociale, sanitario e giudiziario;
   non è stato effettuato, inoltre, un monitoraggio attento sul numero di ordini di protezione richiesti ed emessi a tutela delle vittime, sulle denunce e sull'esito dei processi: a oltre dieci anni dalla promulgazione della legge n. 154 del 2001, risulta impossibile valutare l'efficacia della suddetta normativa;
   la legge n. 54 del 2006, che ha introdotto l'affido condiviso, non ne prevede esplicitamente l'esclusione nei casi di violenze fisiche e psicologiche: forme di maltrattamento «sottovalutate», tra cui viene segnalata la violenza assistita intrafamiliare (stando al terzo rapporto sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia);
   il primo Piano nazionale antiviolenza, approvato nel 2010, è rimasto un documento di buone intenzioni, cui nonsono seguite azioni concrete, quali la realizzazione di un osservatorio e di un comitato di monitoraggio, il coinvolgimento degli enti locali deputati a svolgere un lavoro programmatorio, operativo, di verifica e valutazione, ma, soprattutto, la definizione dei centri antiviolenza;
   questi ultimi, affiancati da altri «servizi di assistenza pubblici e privati, di protezione e reinserimento delle vittime», sono luoghi nati con lo scopo esclusivo di aiutare le donne ad uscire dalla violenza, attraverso percorsi individualizzati e con l'apporto di operatrici specializzate;
   per tale motivo, i centri antiviolenza non coincidono con qualsiasi altro modello di carattere assistenziale: l'apertura ad altre strutture non ben identificate per l'accoglienza delle donne ne svilisce e disconosce il ruolo peculiare ed unico;
   secondo il rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità, la violenza maschile nei confronti delle donne rappresenta la prima causa di morte per le donne in Europa e nel mondo; nonostante ciò, l'ordinamento italiano è ancora privo di una definizione normativa di violenza di genere;
   nel nostro Paese, l'approccio alla questione ha carattere di emergenza e viene considerata all'interno di provvedimenti di ordine pubblico, ma la violenza sulle donne costituisce, all'opposto, una costante strutturale in tutte le nostre società;
   un altro problema è costituito dall'eccessiva durata dei processi, a causa dell'assenza di risorse economiche destinate all'apparato giudiziario, oltre al fatto che non sono incentivati il coordinamento tra gli uffici e la celerità dell'attività di indagine e di accertamento di responsabilità, così come accade in materia di criminalità organizzata;
   l'Italia ha sottoscritto la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica adottata ad Istanbul l'11 maggio 2011 –:
   se non si intendano adottare, in tempi rapidi, iniziative tese al recupero di risorse per sostenere i centri antiviolenza, avviare indagini e rilevazioni di tutti i dati relativi al numero di donne che subiscono violenza (in coordinamento tra di loro) e garantire la formazione sistematica a tutti gli operatori dei settori interessati;
   se non si ritenga opportuno assicurare una più efficace tutela normativa alle donne vittime di violenza, anche attraverso l'introduzione della violenza intrafamiliare come causa di esclusione di affidamento condiviso;
   quale sia lo stato di realizzazione del Piano nazionale antiviolenza.
(2-01746) «Carlucci, Galletti, Adornato, Binetti, Bonciani, Bosi, Calgaro, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, D'Ippolito Vitale, Anna Teresa Formisano, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ruggeri, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».


Iniziative volte a garantire la riapertura dell'istituto penitenziario «Luigi Daga» nel comune di Laureana di Borrello (Reggio Calabria) – 2-01745

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   a fine settembre 2012, senza alcuna comunicazione all'amministrazione comunale di Laureana di Borrello, è stato chiuso «temporaneamente» l'istituto penitenziario «Luigi Daga» (inaugurato nel maggio del 2004 dall'allora guardasigilli Roberto Castelli), emblema di una Calabria che, allo strapotere della ’ndrangheta, era riuscita a rispondere non solo con la repressione, ma anche con la proposizione di un modello di detenzione diverso e più umano;
   nell'immaginario collettivo il carcere è percepito come luogo della disumanizzazione per eccellenza: spazi angusti, sovraffollamento, nessuna possibilità che una volta «fuori» il recluso possa pensare ad una reale integrazione in quella stessa società che, poco tempo prima, ha deciso di fargli scontare la sua pena;
   il «Daga», modello da «esportazione» che troverà la sua applicazione già dai prossimi mesi nel resto del Paese, rappresenta, invece, qualcosa di diverso: la struttura, prima in Italia a sperimentare la custodia attenuata per i giovani detenuti di età compresa tra i 18 e i 34 anni, è nata per offrire un cammino di riflessione consapevole, nonché un percorso detentivo alternativo, con conseguente reinserimento nella collettività, in modo da sottrarre i giovani alla criminalità (10 per cento di recidività contro una media del 70 per cento a livello nazionale);
   la sperimentalità del carcere ha una sua logica e una progettualità pedagogica che prevede anche l'impegno dei detenuti nella realizzazione di attività manuali, culturali, scolastiche, ricreative e sportive; sono, inoltre, predisposti all'interno appositi spazi all'aperto adeguati al miglioramento del contatto tra detenuti e familiari;
   se l'obiettivo di ogni istituto detentivo – e nel caso in specie di questo a custodia attenuata «Daga» – è quello di creare una scuola di vita, per permettere ad operatori e condannati di rendere costruttivo sia il periodo della pena da scontare che il successivo reinserimento nella società civile e nel mondo del lavoro, in un chiaro intento rieducativo stabilito dalla Costituzione, non si comprendono le ragioni della chiusura dell'istituto penitenziario (troppi maxiprocessi alle cosche nel reggino e pochi agenti di polizia penitenziaria per il trasporto alle udienze) –:
   se il Ministro interpellato non intenda attivarsi in tempi rapidi per la ripresa dell'attività della struttura citata, la cui chiusura elimina ogni speranza di una politica carceraria riformista.
(2-01745) «Tassone, Galletti, D'Ippolito Vitale».