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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
3.
Mercoledì 27 ottobre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 3572 REGUZZONI, RECANTE «DISPOSIZIONI PER IL TRASFERIMENTO A MILANO DELLE SEDI DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA E DELL'AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO»

Audizione di esperti della materia:

Bruno Donato, Presidente ... 2 7 8
Bressa Gianclaudio (PD) ... 7
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 7
Sepe Marco, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma ... 2 8
Vanalli Pierguido (LNP) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 27 ottobre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di esperti della materia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in relazione all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3572 Reguzzoni, recante «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato», l'audizione di esperti della materia.
Ringrazio a nome mio e di tutta la Commissione il professor Marco Sepe, cui do la parola.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Ringrazio il presidente e tutti i deputati della Commissione di avermi dato l'opportunità di intervenire su questo argomento.
Suddividerei schematicamente il mio intervento in quattro punti e una parte conclusiva, nella quale svolgerei osservazioni di natura tecnica e di editing sul testo del provvedimento.
I quattro punti sui quali vorrei soffermarmi affrontano gli argomenti a favore e contrari alla proposta di legge in discussione rispettivamente sotto quattro profili: le motivazioni politiche, i vincoli e le tendenze dell'ordinamento rispetto alla proposta di legge in essere, le motivazioni tecniche, vale a dire gli argomenti di tipo tecnico a favore e contrari che sottostanno alla proposta di legge, e infine il tema dei costi della proposta medesima.
Per quanto riguarda il primo punto, quello delle motivazioni politiche, dagli interventi svolti è emerso come argomento a favore quello per cui la proposta sarebbe un tassello per l'attuazione del federalismo o del decentramento amministrativo. A mio avviso, però, la mera rilocalizzazione delle sedi delle autorità in parola, Consob e Antitrust, in nulla contribuisce all'attuazione del federalismo o del decentramento amministrativo. Questo è dimostrato - è stata più volte richiamata - dall'esperienza degli Stati esteri, e principalmente di quelli maggiormente sviluppati economicamente e finanziariamente perché in questi si dimostra come l'attuazione del federalismo richiede una collocazione a livello politico centrale dei poteri di tut ela e controllo degli interessi costituzionalmente rilevanti e diffusi e riferibili all'intera comunità nazionale, ed eventualmente un'articolazione a livello locale delle strutture di esercizio dei poteri che restano comunque collocati a livello centrale. Valga per tutti il caso, più volte richiamato anche in questa sede, degli Stati Uniti, dove la SEC ha sede a Washington e esistono uffici regionali collocati presso le sedi delle varie Borse. Ricordiamo,


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quindi, che a New York, la principale Borsa mondiale, opera solo un ufficio secondario.
In altri termini, l'eventuale trasferimento a Milano della sede della Consob, tra l'altro senza nemmeno il mantenimento della sede esistente a Roma, e dell'Antitrust, non ha, quindi, nulla a che vedere con l'attuazione del federalismo, il quale si realizza secondo schemi a raggiera, cioè con una collocazione del potere a livello centrale e uffici secondari, e nemmeno con il decentramento amministrativo che tutt'al più può condurre a un trasferimento generalizzato e uniforme su tutto il territorio nazionale delle funzioni amministrative e a un annullamento, laddove possibile, della sede centrale del potere amministrativo. Non si può, quindi, parlare, a mio avviso, né di federalismo né di decentramento amministrativo, ma più propriamente di un disegno che tende alla rilocalizzazione e frammentazione del baricentro amministrativo dello Stato. Si tratta, cioè, di una proposta di legge che realizza una sorta di policentrismo, nel caso di specie di «duocentrismo», tra Roma e Milano del potere amministrativo statale.
Di contro, i detrattori della proposta di legge pongono l'argomento che la proposta minerebbe l'unitarietà del potere amministrativo statale collocandosi in una logica di disgregazione delle funzioni di Governo, e quindi ponendo in dubbio la stessa unità della Repubblica. A mio avviso, tuttavia, la rilocalizzazione e dispersione tra più città che non siano Roma delle funzioni centrali amministrative non costituisce di per sé un attentato alla unità della Repubblica. Anche in questo caso le esperienze estere, che sono state tra l'altro richiamate, lo dimostrano: la Germania ha il proprio organo di vigilanza sui mercati, la BaFin, che ha sede a Bonn e non a Berlino e anche quando Berlino è diventata capitale non si è provveduto al trasferimento della sede. Direi, quindi, che anche in questo caso le motivazioni politiche di coloro che sono avversi all'approvazione della proposta di legge in questione a mio avviso non sono pienamente convincenti. Depurata, quindi, in tal senso dalle motivazioni politiche l'analisi dei pro e dei contro della proposta, ritengo che bisogna concentrarsi sugli altri profili di indagine, innanzitutto quelli dei vincoli e delle tendenze dell'ordinamento amministrativo.
Sotto il profilo delle tendenze dell'ordinamento normativo può spendersi a favore della proposta un argomento secondo il quale le authority da ultimo istituite in Italia, di rilevanza sia nazionale sia sovranazionale, hanno trovato tutte collocazioni in sedi diverse da Roma, anche se a Roma hanno in ogni caso istituito uffici e sedi secondarie. A livello nazionale è il caso delle authority di regolazione, in particolare dell'Authority per l'energia elettrica e il gas che ha sede in Milano ma con un ufficio operativo a Roma, istituita dalla legge 14 novembre 1995, n. 481, e dell'Authority per le garanzie nelle comunicazioni che ha sede a Napoli ed è stata istituita con la legge 31 luglio 1997, n. 249. Al riguardo, cosa che non ho sentito nelle discussioni sul tema, vorrei richiamare l'articolo 2, comma 3, della citata legge 481 del 1995, che disciplina in via generale le authority di regolazione, a mio avviso significativo: «Al fine di consentire una equilibrata distribuzione sul territorio italiano degli organismi pubblici che svolgono funzioni di carattere nazionale, più autorità per i servizi pubblici non possono avere sede nella medesima città». Questo significa un'authority per ogni città. Parliamo di quelle di regolazione dei servizi pubblici, il che paradossalmente, ma vorrei dire provocatoriamente, significa che se si dovesse seguire questo principio e pensare a uno spostamento, non si dovrebbe allora portare l'Antitrust e la Consob a Milano, ma una a Torino e l'altra a Palermo, ma si tratta solo di una provocazione.
A livello europeo segnalerei il caso dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita nel 2004 e che, come è noto alla Commissione, ha sede a Parma, laddove questa scelta è stata oggetto di notevoli discussioni a livello sia interno sia


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internazionale perché ci si interrogava sull'opportunità di stabilire la sede a Roma piuttosto che a Parma, sede dello scandalo Parmalat, scelta che poteva risultare contraddittoria.
Invero, questa tendenza comunque ad avere le authority in sedi diverse da Roma non è, se si può dirlo in questi termini, consolidata: addirittura, l'Agenzia per l'innovazione, che aveva sede in Milano, con una modifica statutaria è stata riportata di recente a Roma anche per problemi di tipo logistico.
A fronte di questi argomenti che militerebbero a favore dell'istituzione o del trasferimento di sedi, ve ne sono, a mio avviso, altri molto più forti che militano contro un trasferimento delle sedi della Consob e dell'Antitrust. Oserei dire che uno è di tipo costituzionale ed è un argomento che non mi risulta sia stato speso: la legge 5 maggio 2009, n. 42, la legge delega per il federalismo, all'articolo 24, comma 2, prevede che Roma capitale sia un ente territoriale e che il suo ordinamento sia diretto a garantire il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali. Anche nella legge sul federalismo, quindi, si riconosce che Roma è sede degli organi costituzionali.
Al riguardo, nella dottrina costituzionalistica si distingue tra organi costituzionali in senso stretto, il Parlamento, il Governo e il Presidente della Repubblica, e organi di rilevanza costituzionale, come CNEL, Corte dei conti, Consiglio di Stato e così via, ma tale dottrina, assieme a quella amministrativa, ha individuato una terza fattispecie di organi costituzionali che non risultano espressamente menzionati nella Carta fondamentale: è il caso, ad esempio, della Banca d'Italia che l'interpretazione data dell'articolo 47 della Costituzione, primo comma, sin dagli scritti di D'Onofrio del 1979 (Banca, borse e titoli di credito, Banca d'Italia e costituzione economica) successivamente ripresa da altra dottrina, da Merusi e altri studiosi, ha fatto ritenere potesse essere qualificata come organo costituzionale della costituzione economica. Ricordo, infatti, a me stesso che l'articolo 47 recita che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme». Quello alla Repubblica, è stato, quindi, inteso come un riferimento allo Stato-ordinamento, non al Governo o a un altro degli altri poteri costituzionali, e la rilevanza costituzionale dell'interesse tutelato dall'articolo 47, il risparmio, ha indotto a ritenere di fatto costituzionalizzato il soggetto pubblico cui la legge attribuisce la tutela di quell'interesse stesso.
Se, tuttavia, tale ragionamento vale per la Banca d'Italia, che è l'autorità principe di tutela del risparmio pubblico, non si vede perché non debba valere per quelle altre autorità, in questo caso la Consob, che comunque partecipano alla tutela di questo interesse costituzionalmente rilevante. Anche la Consob, quindi, sotto questo profilo, potrebbe essere parificata alla Banca d'Italia al livello di qualificazione di organo costituzionale della costituzione economica.
Analogo ragionamento vale per l'Antitrust: se, infatti, anche la finalità della concorrenza, dal punto di vista terminologico, non risulta consacrata nella Costituzione, è opinione pressoché unanime che il valore della concorrenza è un valore costituzionalmente rilevante sia attraverso il richiamo alla libertà di iniziativa economica privata prevista dall'articolo 41, primo comma, sia attraverso la mediazione dei trattati sull'Unione che della concorrenza fanno il principio cardine fondamentale. È vero, infatti, che da taluni si è data una lettura orientata dell'articolo 41, comma terzo, laddove si parla dei fini sociali cui devono tendere i programmi e controlli, sostanzialmente dicendo che tra quelli un fine sociale tipico e costituzionalmente rilevante è proprio quello della concorrenza, cioè programmi e controlli non potrebbero non tener conto della necessità di realizzarla.
Al riguardo rinvierei alle pagine di Natalino Irti e di Mario Draghi del 1998 sull'ordine giuridico del mercato e sul dibattito intorno all'ordine giuridico del mercato.


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D'altronde, la stessa bozza di riforma costituzionale che era stata varata dalla Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole D'Alema prevedeva, all'articolo 99, la costituzionalizzazione di Banca d'Italia, Consob e Antitrust, e la prevedeva, in buona sostanza, come un recepimento di quello che vige nella Costituzione vivente.
In questo senso, proprio davanti a questa Commissione si è espresso il presidente della Consob nell'audizione svolta il 14 aprile 2010, il quale ha sollecitato un radicamento costituzionale espresso delle funzioni della Consob nella Carta costituzionale.
Se, dunque, anche alle autorità della costituzione economica deve essere riconosciuta valenza costituzionale, anche per queste dovrebbe valere la regola posta dalla legge sul federalismo per cui tutti gli organi costituzionali, o comunque quelli a valenza costituzionale, devono risiedere a Roma.
Vi è poi, a mio avviso, un'altra tendenza dell'ordinamento normativo che può essere addotta a sostegno del mantenimento in un unico luogo delle funzioni amministrative tra loro collegate, quali quelle delle authority in campo finanziario ed economico. Si tratta di quella che sinteticamente possiamo definire come «teoria dello sportello unico»: nell'ottica di favorire l'utenza, sia di tipo imprenditoriale sia riconducibile alla categoria dei consumatori, l'ordinamento da tempo si è mosso nel senso della concentrazione delle funzioni amministrative al fine di favorire, per l'appunto, l'utenza nell'avere un unico punto di riferimento, il concetto di sportello unico. È il caso dello Sportello unico per le imprese promosso dalla riforma Bassanini e realizzato nel 1998 con il decreto legislativo n. 112, o anche, più di recente - ricordiamo l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.380, il Testo unico sull'edilizia - lo Sportello unico per l'edilizia.
La stessa Unione europea con una recente direttiva, quella sullo Small Business Act, recepita dal Consiglio dei ministri il 20 aprile di quest'anno, ha imposto tra l'altro agli Stati, al fine di semplificare l'attività delle piccole e medie imprese, di organizzare punti di contatto unici: le imprese devono avere un punto di contatto unico per far valere le loro istanze.
Per esperienza professionale diretta - svolgo anche la funzione di notaio - posso assicurarvi che quando si dibatte di questioni finanziarie è pressoché inevitabile che, sia in considerazione della configurazione dei gruppi finanziari stessi, che sono bancari, finanziari, operano in valori mobiliari, sia della stretta interdipendenza tra le funzioni di controllo, è necessario che i soggetti amministrativi che intervengono in queste funzioni siano reperibili presso un unico posto. Mi è capitato di costituire per pubblica sottoscrizione una banca e, dovendo intervenire tanto la Banca d'Italia quanto la Consob, era sorto un problema perché la Banca d'Italia aveva chiesto il ridimensionamento della partecipazione di uno dei soggetti costituenti quando già era stato depositato il prospetto informativo presso la Consob e i tempi erano ristretti: se i promotori del progetto non avessero avuto entrambe le autorità presso la stessa città, probabilmente non sarebbero riusciti entro quei termini, per loro vincolanti, a risolvere la questione. La dispersione delle autorità tra più sedi cittadine può, quindi, creare questo problema, va contro la tendenza dello sportello unico e crea le difficoltà che ho esposto.
Il terzo punto che vorrei affrontare è quello delle motivazioni tecniche a favore e contrarie alla proposta di legge. Tali motivazioni, a mio avviso, sono tutte riconducibili a due profili: quello dell'indipendenza e quello dell'efficienza amministrativa.
Sotto il profilo dell'indipendenza, anche nella relazione alla proposta di legge si dice che l'allontanamento della sede della Consob e dell'Antitrust da Roma gioverebbe all'indipendenza delle autorità in quanto queste subirebbero meno l'influenza della politica romana. D'altro canto, i detrattori sostengono che l'avvicinamento fisico delle autorità al mondo degli emittenti e delle imprese finanziarie aumenterebbe, invece, il rischio di «cattura»


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dei regolatori controllori da parte dei controllati, fenomeno questo ben noto agli economisti e rischio, questo della «cattura», che sarebbe ben più grave e significativo di un'eventuale influenza della politica, considerato che quest'ultima risulterebbe maggiormente visibile - c'è un maggior controllo da parte della società civile - e quindi più facilmente controllabile e aggredibile, per l'appunto, dalla società civile.
A mio avviso, però, il tema della indipendenza delle autorità ha poco o nulla a che vedere con la collocazione fisica delle medesime. Va, piuttosto, esaminato sotto tre profili ben individuati: quello dei meccanismi di nomina, quello del sistema di finanziamenti e quello del regime delle incompatibilità precedenti e successive per la nomina dei commissari
Al riguardo l'ordinamento vigente si presenta particolarmente variegato e scazonte, zoppicante in molti punti, sicché una omogeneizzazione sarebbe opportuna al fine di assicurare alle autorità in questione un più elevato e, soprattutto, uniforme standard di indipendenza.
Per quanto riguarda, invece, le motivazioni tecniche riferibili all'efficienza amministrativa, si afferma che l'avvicinamento dei controllori ai controllati condurrebbe a un innalzamento dell'efficienza dell'attività amministrativa sotto almeno due profili, quello della possibilità di effettuare un maggior numero di controlli anche più approfonditi e frequenti e quello riguardante la possibilità per l'utenza di avere maggiori e più diretti contatti con le autorità di controllo per lo svolgimento dell'attività.
Ovviamente, tale ragionamento ha per presupposto che la Borsa ha sede a Milano e la maggior parte dell'utenza, quindi emittenti e imprese finanziarie, delle autorità in parola sia collocata nelle regioni del nord.
Di contro, si replica che non è assolutamente vero che gran parte dell'utenza è collocata al nord perché molti grossi emittenti hanno sede a Roma, come ENI, ENEL, Telecom, Alitalia, Poste Italiane e via dicendo, che le banche hanno una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale, che i promotori finanziari controllati dalla Consob sono concentrati più al sud che al nord e che, in ogni caso, gli investitori retail operano in via telematica da tutto il territorio nazionale.
Si obietta anche che la Consob ha già una sede a Milano che svolge in loco tutte le attività di front office e che il controllo sugli scambi non è più di tipo fisico - il palazzo della Borsa è solo sede della Borsa italiana Spa, non c'è più nessuno scambio «alle grida», come invece ancora avviene a New York - e quindi l'assenza di fisicità eliminerebbe la necessità di vicinanza, per l'appunto, fisica tra controllori e controllati.
A mio avviso, al di là della valutazione degli argomenti a favore e contrari esposti - personalmente ritengo maggiormente probanti quelli contrari - vi è un problema esiziale, quello del circuito delle autorità. L'evoluzione dei mercati finanziari nell'ordinamento ha reso sempre più stretti i legami tra autorità: c'è necessità che le autorità siano più vicine, anche fisicamente vicine, non solo per l'esistenza degli sportelli unici, ma per coordinarsi tra loro e funzionare in modo più efficace al fine di essere pronte a dare risposte più immediate a fenomeni contingenti e spesso gravi.
Va tenuto presente, inoltre, che tutta la normativa da ultimo emanata, tanto quella che riguarda l'Antitrust quanto quella che riguarda la Consob, prevede che molte regolamentazioni vengano fatte in maniera coordinata e biunivoca e - anche qui parlo per esperienza diretta essendo stato consulente per oltre dieci anni del Ministero dell'economia su queste materie - quotidianamente ci sono tavoli presso i quali si riuniscono le autorità per affrontare le varie questioni normative a esse sottoposte.
Vorrei ancora brevemente fare un flash sul discorso dei costi senza fornire le cifre che, credo, siano state fornite ieri dal presidente vicario della Consob. Si sostiene - argomento a favore - che esisterebbe un vantaggio in termini di costi per i soggetti vigilati dati dalla vicinanza. Questo


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non vale per la Consob, ovviamente, che ha una sede secondaria presso la quale si svolgono tutte le attività, e non so quanto possa valere per l'Antitrust. A fronte, quindi, di costi o di risparmio di costi, se vogliamo, incerti e comunque difficilmente quantificabili, esiste una serie di costi certi per quanto riguarda l'eventuale trasferimento. Si tratta di costi che riguardano innanzitutto le autorità: parlo dei costi relativi all'eventuale esodo di personale e all'eventuale necessità di formazione del nuovo personale - immaginate che molti alti dirigenti che hanno rappresentato la Consob in sede europea potrebbero scegliere di lasciare l'istituto - costi per le famiglie dei dipendenti, anche questi già ampiamente illustrati, costi, infine, per lo Stato e i soggetti vigilati. Inoltre, l'Autorità dovrebbe ovviamente scaricare tutti i costi che comportano l'apertura o il trasferimento di una nuova sede sul bilancio statale o sui soggetti vigilati aumentando i contributi di vigilanza che vengono attualmente pagati nel sistema Consob. Non è questo il caso dell'Antitrust dove, invece, tali contributi coprono solo una piccola parte del finanziamento.
Infine vorrei fare delle osservazioni di editing sul testo. Innanzitutto, dal punto di vista formale, mentre è concepibile l'articolo 1, laddove si prevede il trasferimento e poi la modifica della legge 7 giugno 1974, n. 216 perché nel primo comma si ha la soppressione della sede secondaria, mi sembra una duplicazione l'articolo 2 con riguardo alla Consob dove si parla del trasferimento e poi si modifica la legge 10 ottobre 1990, n. 287, ma si tratta di una questione solamente estetica.
Dal punto di vista della sostanza, invece, farei due osservazioni. Un'osservazione riguarda l'articolo 3, dove si dice che «il Governo provvede, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad adottare tutte le disposizioni necessarie»: tale norma è per un verso eccessiva e per un altro carente. È carente perché a me sembra che in qualche misura cozzi contro il principio disposto dall'articolo 97 della Costituzione per il quale l'organizzazione dei pubblici uffici - tra questi rientrano sicuramente Consob e Antitrust - è disposta dalla legge, mentre qui ci sarebbe una sorta di delega in bianco al Governo; è eccessiva perché, in ogni caso, qui parliamo di autorità indipendenti che hanno un potere di autoregolamentazione e auto-organizzazione interna, e quindi o è la legge o è direttamente l'autorità che si organizza dal punto di vista operativo, non potrebbe essere un provvedimento del Governo, laddove tra l'altro non è nemmeno indicato il tipo di provvedimento.
L'altra osservazione di tipo tecnico sul testo della legge è che, assodato che si tratta di una legge che comunque comporta dei costi, manca in ogni caso la clausola di copertura o, se si ritiene che questi costi non sussistano, di invarianza dal punto di vista del bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANCLAUDIO BRESSA. Vorrei semplicemente ringraziare il professor Sepe per la lucidità dell'esposizione.

BEATRICE LORENZIN. Vorrei ringraziare il professor Sepe per la sintesi e per essere riuscito a fornirci nuove indicazioni utili al fine di permetterci di prendere una decisione più compiuta.

PIERGUIDO VANALLI. Ringrazio anche io il professor Sepe, e vorrei chiedergli conferma di aver colto correttamente le conclusioni della sua relazione: secondo il professore, a parte la questione economica, tra l'altro non ancora valutabile, tra l'indipendenza della politica, la dipendenza dalle società e via dicendo non ci sono degli argomenti a favore essenziali e non ci sarebbero degli argomenti contrari essenziali. Diventa una questione politica. All'inizio lei diceva di non guardare al tema in oggetto come a una questione politica, ma come a una questione di sostanza: tuttavia, alla fine di sostanza ce n'è a favore e ce n'è contro, resta la questione politica.


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PRESIDENTE. Do la parola al professor Sepe per la replica.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Quando parlavo di motivazioni politiche mi riferivo al fatto che la proposta di legge, almeno agli inizi, dalla stampa era stata letta come un tassello per l'attuazione del federalismo. A mio avviso, non ha nulla a che vedere con il federalismo perché al limite può realizzare quello che ho definito un policentrismo amministrativo, che è una cosa completamente diversa dal concetto di federalismo comunemente recepito nella dottrina costituzionalistica sia nazionale sia internazionale.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Sepe e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,40.

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