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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
2.
Mercoledì 24 novembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE MODIFICHE AL CODICE DELL'AMMINISTRAZIONE DIGITALE, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 7 MARZO 2005, N. 82 (ATTO N. 266)

Audizione del dottor Giuseppe Brienza, presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture:

Bruno Donato, Presidente ... 3 4 5 6
Brienza Giuseppe, Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ... 3 5 6
Giovanelli Oriano (PD) ... 4
Stasi Maria Elena (PdL) ... 5
Tassone Mario (UdC) ... 5 6

Audizione di rappresentanti di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici e di RETE Imprese Italia:

Santelli Jole, Presidente ... 6
Bruno Donato, Presidente ... 11
Perissich Luigi, Direttore generale di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici ... 6
Vallone Massimo, Rappresentante di RETE Imprese Italia ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 24 novembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Giuseppe Brienza, presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in merito all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (atto n. 266), l'audizione del dottor Giuseppe Brienza, presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Do la parola al presidente Giuseppe Brienza.

GIUSEPPE BRIENZA, Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Ringrazio la Commissione per l'occasione che mi è stata offerta. Svolgerò una breve relazione. Peraltro, il problema che desidero porre alla vostra attenzione è già all'ordine del giorno di questo Parlamento. Mi riferisco soprattutto agli articoli 37 e 38 del Codice sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Non credo sia necessario illustrare i compiti dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. È, invece, importante che io sottolinei a questa Commissione il problema che riguarda gli articoli 37 e 38, soprattutto per quanto concerne l'eventuale assegnazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici all'Autorità. È fondamentale che questa assegnazione diventi sul territorio nazionale l'unico strumento operativo di controllo dei contratti pubblici, quindi dell'utilizzo dei fondi pubblici, per tre ragioni fondamentali che si rifanno a tre provvedimenti esaminati e approvati dal Parlamento.
Il primo provvedimento è la legge 5 maggio 2009, n. 42 sul federalismo fiscale, il quale non può che essere connesso a una visione centralizzata dello Stato della fenomenologia sul territorio nazionale. In quella legge è prevista anche la valorizzazione dei dati che affluiscono alla banca dati che, oltretutto, diventa anche un osservatorio per il Parlamento in vista della legiferazione e anche del monitoraggio dell'andamento generale sul territorio nazionale. Un altro provvedimento che prevede la necessità di questa banca dati è la legge 31 dicembre 2009, n. 196 su contabilità e finanza pubblica, strettamente collegata, anche questa, alla conoscenza del territorio nazionale.
Faccio presente alla Commissione e al presidente che l'Autorità è anche in contatto con il Ministero dell'economia, che ha ritenuto opportuno utilizzare l'Osservatorio che già funziona presso l'Autorità


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anche per l'accertamento sui flussi finanziari non solo ai fini fiscali, ma anche per determinare l'utilizzo delle risorse pubbliche.
Infine, vorrei ricordare la legge sulla tracciabilità dei flussi finanziari dell'anticorruzione, che ha visto e vede l'Autorità di vigilanza in prima linea in quanto ente statale che fornisce il CIG, il cosiddetto codice identificativo gara, che prevede la possibilità della tracciabilità di ogni sistema di finanziamento e del percorso lungo tutta la filiera, dall'appalto fino alla conclusione dell'opera.
Ho voluto richiamare queste tre disposizioni di legge che si collegano tra di loro in modo sinergico per dimostrare come la banca dati nazionale affidata all'Autorità di vigilanza diventi uno strumento operativo sul territorio, ma soprattutto, ripeto ancora una volta, per il legislatore. È una banca alla quale affluirebbero tutti i dati di tutte le regioni d'Italia.
Voglio far presente, signor presidente e onorevole Commissione, che con questa banca dati ci stiamo anche avviando, come autorità di vigilanza, a un controllo di seconda generazione: oggi abbiamo solo i dati che affluiscono da parte delle stazioni appaltanti sul problema dei contratti, ma con la banca dati nazionale potremmo addirittura monitorare dall'inizio, senza la comunicazione delle stazioni appaltanti, che molte volte sono omissive sotto il profilo delle comunicazioni, ogni movimento per conto del Parlamento, ogni utilizzazione del denaro pubblico.
Vorrei solo notare una cosa, signor presidente, se mi consente, senza polemica. So che il Ministro della infrastrutture e dei trasporti in un'audizione avrebbe dato l'assenso a questa banca dati richiedendo, però, al Parlamento che la medesima banca dati funzioni con un regolamento fissato dallo stesso Ministero delle infrastrutture. Probabilmente al Ministro, persona attenta, può essere sfuggito il particolare che l'Osservatorio già funziona con un regolamento proprio, per cui la banca dati nazionale non sarebbe altro che un allargamento e un perfezionamento dell'Osservatorio.
Aggiungo anche, da un punto di vista istituzionale, che il Ministero delle infrastrutture è anche una stazione appaltante, e quindi sarebbe anormale che dettasse regole e regolamenti di attuazione della banca dati nazionale all'Autorità di vigilanza. Questa, infatti, dovrebbe quanto meno non dico vigilare - me ne guarderei bene sotto il profilo del rispetto istituzionale - ma guardare con attenzione anche il comportamento del Ministero delle infrastrutture per quanto concerne l'appalto.
L'Autorità deve soprattutto essere attenta all'operatività dei provveditorati alle opere pubbliche che - sto preparando in merito una relazione che invierò al Parlamento - ha aperto una prateria per il controllo e l'utilizzo delle opere secretate, che all'80 per cento non hanno nulla da secretare. Si immagini che è secretata l'opera di una piscina, è secretata l'opera di un bagno, l'opera di una biblioteca. Sembra veramente paradossale che sui presìdi militari si debba avere secretazione sulla piscina, su un bagno o su una biblioteca.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ORIANO GIOVANELLI. Voglio ringraziare il presidente Brienza per le considerazioni che ha svolto e anche per il modo esplicito con cui si è espresso.
Noi riteniamo che l'affidamento all'Autorità della Banca dati nazionale sui contratti sia un passaggio estremamente importante dal punto di vista sia dell'efficacia del governo delle risorse pubbliche, sia della trasparenza.
Se, rispetto all'ultima parte del suo intervento sulle opere secretate, come anche sull'abuso che ultimamente viene fatto delle procedure straordinarie, vale a dire quelle cosiddette rientranti nell'ambito dei grandi eventi della protezione civile, ha delle ulteriori considerazioni da fare, queste


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potrebbero essere utili anche per la definizione del provvedimento sulla corruzione, che tarda a maturare nei rami del Parlamento e che, a mio avviso, invece è sempre più urgente. Ribadisco che la sua conoscenza e le sue valutazioni possono essere, da questo punto di vista, di grande aiuto.

MARIO TASSONE. Ringrazio il presidente Brienza, la cui esposizione ho seguito con molta attenzione. Pongo una questione: nel momento in cui si parla di trasparenza, di dati, anche quelli che provengono dalle stazioni uniche appaltanti, che tipo di strumenti sono disponibili per indicare situazioni non trasparenti, che certamente hanno derogato a normative?
Inoltre, vorrei sapere se, in base alla sua esperienza, può dirci qualcosa sul funzionamento delle stazioni uniche appaltanti rispetto ai compiti per i quali sono state costituite, creando peraltro grande speranza. Vogliamo sapere se tutto questo diventa anche uno strumento operativo e se esiste un'interrelazione tra l'Autorità che lei presiede e chi è preposto a perseguire e soprattutto a comprimere eventuali violazioni di norme, e quindi immissione conseguente nell'area dell'illegalità.

MARIA ELENA STASI. Vorrei solo chiedere una precisazione al presidente, che saluto anche io, ossia se l'abuso di secretazione alle opere pubbliche che ha denunciato sia risalente nel tempo e non relativo solo a questi ultimi anni.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Brienza per la replica.

GIUSEPPE BRIENZA, Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. All'onorevole Giovanelli vorrei solo significare che il sistema della banca dati collegata all'anticorruzione è fondamentale perché la vicenda tormentata della redazione del decreto-legge che dovrebbe - mi auguro - essere convertito in legge ha visto un contributo dell'Autorità senza il quale, sinceramente, non si sarebbe potuto applicare una norma operativa per la tracciabilità dei flussi finanziari.
La legge, approvata all'unanimità dal Parlamento, prevedeva, infatti, come unico riferimento il CUP (codice unico di progetto), che serve per l'identificazione del finanziamento, ma questo era semplicemente uno strumento che riguardava il CIPE per il finanziamento globale, non poteva consentire la tracciabilità di tutto quello che era sotto il finanziamento. Un finanziamento per un'opera pubblica, infatti, può articolarsi in diversi progetti, in diversi appalti, quindi il CUP non poteva essere un codice identificativo. Il nostro suggerimento, accolto dal Ministro Maroni e anche dalla Presidenza del Consiglio, è stato quello di utilizzare il CIG - ogni contratto sottostante al CUP viene identificato con un CIG - e in questo chi gestisce è l'Autorità di vigilanza d'intesa con l'antimafia.
In questo modo, ogni opera, qualunque sia il tipo di finanziamento, viene identificata immediatamente dall'Autorità di vigilanza. Ecco perché la banca dati collegata all'Osservatorio, e quindi all'Autorità di vigilanza, rappresenta lo strumento primario per la certificazione e la tracciabilità del finanziamento.
Alle osservazioni dell'onorevole Tassone rispondo che, quanto alle stazioni appaltanti, la fenomenologia ha dimostrato, dalle indagini che la mia Autorità sta conducendo, che si ricorre molto facilmente allo spacchettamento per quanto riguarda gli appalti per andare sotto soglia, e quindi non ricorrere alle gare di appalto. Si evade, così, o si sfugge il controllo dell'Autorità, o perlomeno la verifica dell'andamento delle pubbliche amministrazioni. La banca dati centralizzata ci consentirebbe di tracciare qualsiasi tipo di attività, anche al di sotto della soglia comunitaria o del minimo previsto per le gare di appalto. Questo significa avere, soprattutto da parte del Parlamento, la visione generale di quello che accade.


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Le stazioni uniche appaltanti, onorevole Tassone, hanno raggiunto operativamente, almeno fino a oggi, obiettivi molto lontani da quelli che la legge si era prefissata. Non sono operative e molte volte non rispondono alle esigenze di trasparenza sul territorio, ragione per la quale era stata prevista la stazione unica appaltante. Tenga conto che molti comuni, che non sono obbligati a farlo, non hanno aderito alle stazioni appaltanti per non dico «mantenersi le mani libere», ma per non essere vincolati a criteri di rigidità di comportamento sul territorio regionale.

MARIO TASSONE. Inoltre, ci sono i subappalti...

GIUSEPPE BRIENZA, Presidente dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. La vera patologia appartiene proprio ai subappalti. Ecco perché, tornando anche alla domanda dell'onorevole Giovanelli, il CIG consente anche di identificare e tracciare il subappaltatore.
Onorevole Stasi, lei ha perfettamente ragione: il problema delle opere secretate viene da lontano, esiste da sempre. È un'esigenza che il Ministero della difesa ha preteso da trent'anni a questa parte, ma è un Moloc che sarebbe il momento quanto meno di limitare, o sul quale almeno bisognerebbe fare chiarezza. Questa volta pretendiamo il CIG con la tracciabilità anche sulle opere secretate, non perché si possa intervenire nella valutazione del progetto, che è secretato, ma almeno per avere conoscenza del finanziamento e quindi della tracciabilità dei fondi finanziari. È già una prima strada che si può percorrere per fare chiarezza in questo settore.

PRESIDENTE. La ringrazio molto, presidente, anche per la sintesi e per la relazione che ha consegnato alla presidenza, che è in distribuzione.
Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 15,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE JOLE SANTELLI

Audizione di rappresentanti di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici e di RETE Imprese Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in merito all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (atto n. 266), l'audizione di rappresentanti di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici e di RETE Imprese Italia
Do la parola ai nostri ospiti, a partire dal dottor Luigi Perissich, direttore generale di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici.

LUIGI PERISSICH, Direttore generale di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici. I cittadini, le imprese e le stesse pubbliche amministrazioni richiedono mezzi più rapidi, snelli e meno costosi per comunicare tra di loro e il Codice dell'amministrazione digitale deve fornire il contesto di regole che consentono di cogliere al meglio e con tutte le necessarie garanzie di affidabilità e di sicurezza i vantaggi e i benefici che possono derivare dall'uso delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Appare rilevante sottolineare come le norme relative alla dematerializzazione e alla digitalizzazione possano comportare rilevanti risparmi per il bilancio dello Stato e, pertanto, vadano accelerate le azioni a tale scopo, a partire dai processi di back office orientati ai servizi offerti ai cittadini e alle imprese, curando la standardizzazione e l'interoperabilità dei processi, e investendo sulla formazione e qualificazione delle risorse umane.


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Il Codice dell'amministrazione digitale che stabilisce le regole per la digitalizzazione della pubblica amministrazione è entrato in vigore cinque anni orsono e la rapida evoluzione tecnologica ne rende necessario l'aggiornamento per dare piena effettività ai servizi forniti dalle amministrazioni pubbliche avvicinandole maggiormente alle esigenze e alle richieste di cittadini e imprese.
Quanto alla firma digitale, alla posta elettronica certificata e alla conservazione documentale, le esperienze maturate e le esigenze proposte dal mercato mostrano come la firma digitale, la posta elettronica certificata e la conservazione documentale vadano inquadrate in una visione integrata del processo di dematerializzazione della documentazione, senza la quale verrebbero a perdersi le reali potenzialità delle singole componenti. In particolare, si ritiene che lo schema di decreto legislativo e le successive norme di attuazione, in particolare le norme tecniche di cui all'articolo 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dovranno colmare le gravi lacune regolamentari in materia di conservazione documentale, riformare la normativa in materia di posta elettronica certificata, tuttora ferma all'iniziale formulazione del 2005, e introdurre elementi di chiarezza in ordine alla composizione dei servizi di firma digitale da parte dei certificatori accreditati.
La regolamentazione in materia di documento informatico e di firma elettronica, articoli 20 e 21, e in materia di firma autenticata, articolo 25, prevista dall'attuale Codice dell'amministrazione digitale, non richiede, a giudizio della nostra federazione, alcun intervento di modifica. La notevole diffusione della firma digitale in questi anni è stata in gran parte dovuta alla stabilità delle definizioni normative e delle regole tecniche in materia che gli utenti hanno dimostrato di ben comprendere e apprezzare. Al tempo stesso, l'affidabilità del contesto normativo ha consentito agli operatori di affrontare gli ingenti investimenti necessari per lo sviluppo delle applicazioni basate sulla firma digitale nella condizione di una ragionevole certezza.
Si vede, pertanto, con preoccupazione la proposta del Governo tesa a introdurre la nozione di firma elettronica avanzata, che attribuisce agli atti interni della pubblica amministrazione l'efficacia di forma scritta anche se tale firma presenta livelli di sicurezza notevolmente inferiori a quelli garantiti dalla firma digitale attualmente richiesta per assicurare al documento informatico l'efficacia di forma scritta. La nuova firma non è, infatti, basata su un certificato qualificato rilasciato da un certificatore accreditato né apposta mediante l'utilizzo di un dispositivo sicuro di firma. A riguardo non si può, quindi, sottacere che l'introduzione della firma elettronica avanzata, per i suoi ridotti livelli di sicurezza, non appare rispondente ai princìpi e ai criteri fissati dalla delega concessa al Governo per la modifica del Codice dell'amministrazione digitale che, all'articolo 33, comma 1, lettera e), recita: «modificare la normativa in materia di firma digitale al fine di semplificarne l'adozione e l'uso da parte della pubblica amministrazione, dei cittadini e delle imprese garantendo livelli di sicurezza non inferiori agli attuali».
È, inoltre, del tutto evidente che tale risultato non è affatto richiesto dalla direttiva comunitaria del 1999, che prevede, ai fini dell'efficacia probatoria, solamente due tipi di firma elettronica: la firma elettronica qualificata, ossia una firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore qualificato e apposta mediante l'utilizzo di un dispositivo sicuro di firma, corrispondente, nel nostro ordinamento, alla firma digitale, i cui effetti giuridici sono interamente equiparati alla sottoscrizione olografa; ogni altro tipo di firma elettronica, ivi compresa la firma elettronica avanzata, i cui effetti giuridici non sono predefiniti dalla direttiva e sono lasciati alla libera valutazione del giudice sulla base degli effettivi requisiti di qualità e sicurezza.


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In sostanza, la direttiva non riconosce a priori alcun effetto giuridico alle firme elettroniche che non siano basate su di un certificato qualificato rilasciato da un certificatore qualificato e apposte mediante l'utilizzo di un dispositivo sicuro di firma, in Italia la firma digitale.
Alla luce di quanto sopra, l'introduzione della nuova categoria di firma, denominata firma elettronica avanzata, non appare giustificata anche ai soli fini interni della pubblica amministrazione, in quanto abbassa notevolmente il livello di qualità e sicurezza che questa dovrebbe osservare al massimo livello anche per i suoi atti interni; non essendo regolamentata tecnicamente non è in grado di assicurare l'interoperabilità delle firme e non si avvale delle garanzie tecniche e procedimentali assicurate dal ruolo svolto dai certificatori accreditati; utilizzatori diversi dalla pubblica amministrazione potrebbero pretendere di avvalersi di tali firme semplificate affette da grave deroga in termini di sicurezza, conseguendo pur tuttavia l'efficacia della forma scritta, che sino a ora mai si era pensato di riconoscere a firme diverse da quelle digitali. Si verrebbe a ledere, per i motivi sopra esposti, il principio fissato dalla delega concessa al Governo, che prevede il mantenimento dei livelli di sicurezza non inferiori agli attuali.
Non da ultimo, è importante sottolineare come vada assolutamente vietata qualsiasi ulteriore modifica del Codice dell'amministrazione digitale che possa inquadrare la firma qualificata e la firma digitale come sottospecie o caso particolare della firma elettronica avanzata. Tale modifica peggiorerebbe ulteriormente il quadro normativo in quanto renderebbe l'eccezione riservata alla pubblica amministrazione potenzialmente accessibile a tutti con l'effetto di abbassare inesorabilmente il livello globale di sicurezza.
Sulla base di queste considerazioni, nella relazione scritta consegnata alla presidenza sono stati formulati alcuni richiami di particolare importanza relativamente alle disposizioni dell'articolo 11 dell'atto del Governo n. 266, che modifica l'articolo 20, comma 3 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, a quelle dell'articolo 12 dell'atto del Governo n. 266, che introduce il comma 1-bis dell'articolo 21 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e, infine, a quelle dell'articolo 25 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Per quanto riguarda la posta elettronica certificata, si pongono due ordini di problemi: le difficoltà derivanti agli utenti PEC dall'introduzione della CEC-PAC per i cittadini secondo un'impostazione di gruppo chiuso di utenti e l'evidente superamento dell'attuale regolamentazione della PEC, ancora ferma alla sua formulazione iniziale del 2005, alla luce delle svariate e a suo tempo impensabili modalità di utilizzo da parte degli utenti.
Con riferimento alla prima tematica, occorre individuare la migliore soluzione capace di evitare la penalizzazione degli utenti PEC nel loro rapporto con la pubblica amministrazione. Per la PEC in quanto tale, invece, l'attività da svolgere riguarda la riformulazione delle attuali regole tecniche, che risultano legate all'originale visione della PEC intesa come raccomandata elettronica e che non tengono presenti le tante modalità di utilizzo sempre più estese e complesse che gli utenti hanno adottato e che vorrebbero ulteriormente ampliare, come si evidenzia costantemente nel rapporto con il mercato.
Per quanto riguarda la conservazione documentale, essa è l'elemento a oggi più carente del sistema di dematerializzazione dei documenti in quanto la materia è ancora in buona parte fondata sulle disposizioni della originaria delibera AIPA 30 luglio 1998, n. 24, disposizioni incomplete sin dall'origine e oggi tecnologicamente in buona parte superate. Questa circostanza ha determinato e continua a determinare una situazione di grave rischio per gli utenti a causa della presenza sul mercato di un elevato numero di operatori che offrono a clienti, spesso


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sprovveduti in materia, soluzioni scarsamente affidabili e che manifesteranno solo nel tempo i propri effetti negativi.
A riguardo si è rilevato che, molto opportunamente, il nuovo CAD risultante dalle modifiche apportate dallo schema di decreto legislativo in esame prevede l'introduzione di un sistema di accreditamento facoltativo delle aziende e di certificazione dei soggetti che offrono il servizio in oggetto. È, pertanto, urgente recuperare il provvedimento da tempo in itinere impostato circa due anni orsono e integrarlo in alcuni aspetti essenziali sotto i profili tecnico e giuridico, mettere a punto i previsti sistemi di accreditamento e certificazione per i quali il punto di partenza può essere utilmente costituito dallo standard in fase di ultimazione da parte di UNI e UNINFO, che a sua volta è già preso a base del lavoro dell'apposito gruppo ETSI (European Telecommunications Standards Institute) costituito nel 2010.
Nel documento consegnato alla presidenza c'è una puntuale proposta di modifica dell'articolato. Mi limito ad attirare l'attenzione su un punto: l'articolo 71 del decreto legislativo n. 82 del 2005, come modificato dall'articolo 45 dell'atto del Governo n. 266, riguarda le regole tecniche per l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e relativi prestatori dei servizi per la società dell'informazione. Si ritiene necessario che le disposizioni relative alla definizione di dette norme tecniche vengano adottate non solo previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico di DigitPA, ma anche sentite le associazioni di categoria del settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
La proposta di integrazione formulata all'articolo 45, comma 1, lettera e) dovrebbe essere valida per tutte le occasioni in cui ricorra il richiamo a norme tecniche.

MASSIMO VALLONE, Rappresentante di RETE Imprese Italia. Sappiamo bene che tutte le indagini e gli studi che periodicamente vengono pubblicati testimoniano sempre di un concetto di forte arretratezza del nostro Paese in termini di competitività, legata anche all'alto costo della burocrazia, nonostante i numerosi interventi che sono pur stati fatti negli ultimi anni, o almeno da un decennio. In questa ottica, una proposta di aggiornamento del Codice dell'amministrazione digitale rappresenta sicuramente un elemento importante nel nostro Paese, può essere uno stimolo nuovo per rendere più agevole e più veloce il rapporto tra l'amministrazione, le imprese e i cittadini.
Un aspetto molto importante, a nostro avviso, del Codice dell'amministrazione digitale è, al di là del superare e del tener conto dell'evoluzione tecnologica, il voler rafforzare la vincolatività delle norme nei confronti non solo delle amministrazioni centrali, ma tendenzialmente di tutto il mondo della pubblica amministrazione, compresi regioni ed enti locali. Questi, infatti, per quanto riguarda il mondo delle piccole e piccolissime imprese, il mondo del commercio, dell'artigianato e dei servizi, sono quegli enti con i quali le nostre imprese associate vengono regolarmente in contatto e alle quali devono rivolgersi.
Sotto questo profilo, vanno certamente sottolineate le perplessità che si evidenziano anche nel dossier del Servizio bilancio dello Stato della Camera, laddove si pone qualche dubbio sull'effettività del costo zero di tutta l'operazione. Che si possa fare, infatti, in modo che tutte le amministrazioni locali dialoghino effettivamente tra loro, con le imprese e con i cittadini senza nessun onere, quando conosciamo le difficoltà che si riscontrano, dalla banda larga che non copre tutto il territorio nazionale alla sicura necessità di formare risorse umane a ciò dedicate, è un'affermazione che francamente lascia un po' perplessi. Probabilmente sarà difficile conseguire l'obiettivo senza alcun onere in generale.
Tornando al merito, il Codice ha la sua importanza nell'affermare a più riprese la volontà di un colloquio tra amministrazioni, imprese, cittadini e forma telematica.


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Sotto questo aspetto, il provvedimento si colloca pienamente nel solco già tracciato da alcuni provvedimenti adottati negli anni passati. Mi riferisco, in particolare, per quanto riguarda il mondo della piccola e media impresa, alla comunicazione unica per l'avvio di impresa, che ormai da un anno circa sta entrando a regime, sia pur non senza difficoltà, a cui accenneremo rapidamente, in particolare con quanto previsto dall'articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e quindi con l'avvio del nuovo sportello unico per le attività produttive e le costituende agenzie per le imprese che riconoscono a soggetti privati, alle organizzazioni di categoria in primis, e ad altri soggetti il ruolo e la capacità di svolgere funzioni di istruttoria e di asseverazione in luogo dell'amministrazione, tutto - qui è lo stretto legame con il provvedimento che stiamo esaminando - utilizzando esclusivamente la via telematica e i sistemi servizi della ICT.
Da questo punto di vista, credo sia molto importante, in merito al decreto che il nuovo CAD, risultante dalle modifiche apportate dallo schema di decreto legislativo in esame, richiama per dare attuazione al principio affermato della relazione informatica tra amministrazione e imprese, fare attenzione affinché non si creino sovrapposizioni, duplicazioni con quanto previsto oggi per il SUAP dell'Agenzia per le imprese tanto nel provvedimento originario, appunto il citato articolo 38 del decreto-legge n. 112 del 2008, quanto soprattutto con i decreti attuativi che, dopo una lunga degenza, sono stati finalmente emanati il 30 settembre scorso.
A questo proposito porrei una riflessione: nel CAD si accentua fortemente il ruolo della posta elettronica certificata come strumento di colloquio e di trasmissione di documentazione laddove nel regolamento SUAP si utilizza la PEC in via temporanea in attesa di utilizzare pienamente il servizio pubblico di connettività. Credo, quindi, che arrivare a un coordinamento reale e completo tra tutte le amministrazioni nelle diverse modalità sia particolarmente importante proprio nell'ottica dell'estensione del valore del codice, quindi dell'affermazione della relazione informatica tra amministrazione e imprese. Penso a ciò che avviene spesso in molti comuni, in alcune regioni, in cui sono comunque stati creati degli strumenti ad hoc: occorre che questi diversi strumenti siano possibilmente unificati, ma quanto meno siano garantite la massima unitarietà e la massima interoperabilità tra gli stessi.
Anche RETE Imprese Italia concorda con quanto accennato dal direttore generale di Confindustria sulla non opportunità di introdurre un nuovo tipo di firma elettronica certificata accanto a quella digitale ordinaria sia per le motivazioni tecniche molto ben illustrate precedentemente, sulle quali non torno, sia perché sul piano operativo tanto per le aziende che sono sul mercato quanto, a maggior ragione, per il cittadino e l'impresa verrebbe forse a crearsi una confusione tra diverse tipologie di firma. Non si saprebbe più quale firma utilizzare per questo o quel documento né, conseguentemente, che valore probatorio avrebbe un documento o l'altro secondo la tipologia di firma che si porta appresso.
Un accenno sicuramente positivo è la previsione dell'obbligatorietà per tutte le pubbliche amministrazioni, anche qui esteso a livello regionale e delle autonomie locali, di accettare i pagamenti in formato elettronico da parte delle imprese e dei cittadini. Su questo aspetto credo sia opportuna un'attenta riflessione da parte del Governo in primis, ma ovviamente anche tramite la sollecitazione del Parlamento, in merito alle disposizioni riguardanti la nuova tipologia introdotta con la direttiva dello scorso anno sui prestatori di servizi di pagamento. È molto importante, infatti, ed è sicuramente un'opportunità data anche al mondo delle imprese di facilitare il rapporto tra cittadini, imprese e amministrazione anche per quanto riguarda i pagamenti. D'altronde, questo si lega in qualche modo anche al progetto «Reti


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amiche», sicuramente ben noto a tutti voi, del ministro Brunetta che contempla anche questo aspetto.
È vero anche, tuttavia, che tale progetto, per quanto riguarda questa specifica particolarità, è sostanzialmente fermo al palo o quasi per le grosse difficoltà che incontrano quelle imprese che vorrebbero diventare istituti di pagamento, e quindi poter prestare servizi di pagamento a favore della pubblica amministrazione, perché i requisiti loro richiesti sono quelli di essere una finanziaria se non anche una banca. Su questo punto, a nostro avviso, sarebbe necessaria una forte semplificazione.
Mi auguro, in conclusione, che il Codice dell'amministrazione digitale possa realmente diventare un'autostrada telematica per i rapporti tra amministrazione e città.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Perissich e il dottor Vallone a nome mio e di tutta la Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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