Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissione I
2.
Mercoledì 14 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RECENTI FENOMENI DI PROTESTA ORGANIZZATA IN FORMA VIOLENTA IN OCCASIONE DI MANIFESTAZIONI E SULLE POSSIBILI MISURE DA ADOTTARE PER PREVENIRE E CONTRASTARE TALI FENOMENI

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Leonardo Gallitelli:

Bruno Donato, Presidente ... 3 9 15 20
Ascierto Filippo (PdL) ... 9
Bragantini Matteo (LNP) ... 12 18
Bressa Gianclaudio (PD) ... 13
Conte Giorgio (FLpTP) ... 14 19
Fiano Emanuele (PD) ... 11
Gallitelli Leonardo, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ... 3 15 16 18 19
Mantini Pierluigi (UdCpTP) ... 13
Pollastrini Barbara (PD) ... 14
Tassone Mario (UdCpTP) ... 10 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 14 marzo 2012


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Generale di Corpo d'Armata Leonardo Gallitelli.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui recenti fenomeni di protesta organizzata in forma violenta in occasione di manifestazioni e sulle possibili misure da adottare per prevenire e contrastare tali fenomeni, l'audizione del comandante generale dell'Arma dei carabinieri, generale di corpo d'armata Leonardo Gallitelli.
Ringrazio il generale per la sua disponibilità a nome mio e di tutta la Commissione e gli do subito la parola.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Ringrazio lei, signor presidente, e tutta la Commissione, per quest'audizione che mi offre l'opportunità privilegiata di parlare di un tema attuale, delicato e complesso a un tempo.
Vorrei subito precisare che tutto quello che potrò dire in questa relazione ricalcherà quanto è stato detto in audizione dal capo dalla Polizia, prefetto Manganelli, poiché si tratta di temi che valutiamo e osserviamo insieme, oltre al fatto che Polizia di Stato e Carabinieri, quali forze di polizia a competenza generale, operano sul territorio soprattutto per tutelare l'ordine pubblico.
Tutte le considerazioni espresse dal prefetto Manganelli sono, quindi, da me condivise e molte di quelle cui qui potrò fare cenno - chiedo scusa per questo - potranno risultare ripetitive.
In primo luogo, osservo che del numero totale delle manifestazioni di ordine pubblico, che supera i 10.000 eventi - 10.461 per la precisione - soltanto per l'1,8 per cento si sono registrate turbative da quelle minime, come i fischi, sino ai fatti che possiamo sintetizzare nelle manifestazioni in Val Susa o del 15 ottobre a Roma.
Una così bassa percentuale già dà un'idea dell'efficienza del sistema sicurezza per la prevenzione, la possibilità e la capacità di fronteggiare le varie manifestazioni di ordine pubblico sul territorio.
L'impegno è notevole, in termini sia di qualità sia di quantità. Un numero che possa esprimere, ad esempio - sull'impegno della Polizia di Stato ha già riferito il prefetto Manganelli - l'impegno dell'Arma è rappresentato dalle 1.600 unità al giorno, divise tra 500 unità dei battaglioni che vanno a rinforzare i dispositivi territoriali e altre 1.150 unità espresse da tutti i reparti territoriali, che spesso fronteggiano l'ordine pubblico anche in modo autonomo laddove, specie in provincia,


Pag. 4

non intervengono funzionari della Polizia di Stato. È noto, infatti, che tutti i servizi di ordine pubblico fanno capo alla responsabilità e alla direzione del questore, che pianifica con ordinanza tutti i servizi, i funzionari che dirigono il servizio, a disposizione dei quali l'Arma dei carabinieri pone i suoi contingenti.
Tra i temi indicati dalla Commissione, il primo riguarda la natura di questi gruppi che si rendono responsabili di derive violente. Si tratta di una galassia variegata. Innanzitutto, va menzionato il circuito dei centri sociali, anch'esso variegato, anche se strutturato, in linea di massima, in modo flessibile e informale sul territorio. La caratteristica dei centri sociali è la libertà d'azione loro assicurata ai propri militanti sul territorio per monitorizzarne gli aspetti specifici. È lasciata libertà ai vari gruppi di studiare, di indirizzare anche le forme di intervento che ritengono più opportune per mettere in evidenza e utilizzare il dissenso e la protesta per dare luogo alla manifestazione.
In quest'ottica, la localizzazione della lotta affidata ai centri sociali è stata anche sancita a febbraio 2009 a Bologna dall'Assemblea nazionale del Global meeting network, in cui, appunto, è stata riconosciuta una libertà sostanziale d'azione a tutti i centri sociali, benché l'assemblea avesse l'ambizione, per la verità, di creare un'unitarietà.
Coerentemente con questa impostazione e l'assicurazione di questa libertà, i centri sociali focalizzano il loro impegno sul territorio in chiave antimilitarista - l'abbiamo visto nella costruzione della base NATO a Vicenza - o per opporsi, in una prospettiva ambientalista, alla costruzione di nuove infrastrutture, come nell'esempio di attualità della tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, o per agire più generalmente in un'ottica antirepressiva, come nel caso dei CIE, i centri di identificazione ed espulsione, interpretati come una volontà repressiva da parte dello Stato.
L'intero circuito registra circa 350 centri sociali in tutt'Italia, ha picchi di presenza nel Lazio, con 59, in Campania, con 56, e in Lombardia, con 46 centri. A questi si aggiungono i collettivi studenteschi e universitari, compresi anche quelli appartenenti alla estrema destra, come Blocco studentesco e Lotta studentesca.
Anche questa è una galassia eterogenea che ha fondato la protesta contro la riforma del sistema scolastico e universitario e ha dato anche luogo a delle saldature - l'abbiamo visto anche nelle recenti manifestazioni - con il mondo del precariato. Sono i temi portati all'attenzione da questi collettivi, i quali si presentano strutturalmente con una forma speculare e spesso anche in collegamento con le realtà autonome sul territorio, quindi con i centri sociali. Si saldano tra loro e diventano attori comuni della medesima protesta.
Accanto a essi ci sono i gruppi estremisti di ispirazione marxista-leninista, che partecipano a iniziative di protesta caratterizzate da una diversa sensibilità politica, quindi attengono soprattutto al sociale, al mondo del lavoro e, verosimilmente, il loro intento è di riproporre ancora oggi la contrapposizione di classe, strumentalizzando le situazioni di disagio proprie della contemporaneità, disagio che deriva soprattutto dalla congiuntura economica attuale del nostro Paese. Va, comunque, precisato, riguardo a questi ultimi gruppi, che, nonostante l'esperienza della lotta armata eserciti ancora una relativa suggestione, specialmente negli ambiti con un'ideologia rivoluzionaria ancora resistente, né noi né la Polizia di Stato - perdonate sempre la ripetizione, ma tutto è condiviso - abbiamo rilevato alcun segno di operatività di quella frangia che, per semplificare, possiamo definire «brigatista».
La nostra attenzione congiunta è anche focalizzata sull'attività delle tifoserie violente, che si saldano, nella loro attività, con i movimenti antagonisti e anche nella protesta, così come abbiamo visto anche nella manifestazione del 15 ottobre scorso a Roma. Ma non v'è dubbio che il rischio più alto di derive violente nel corso delle manifestazioni debba essere ascritto all'area anarcoinsurrezionalista.


Pag. 5


È un dato di fatto che quest'area oggi aderisca a tutte le campagne promosse dall'Area antagonista, in special modo quella contro la repressione che ha per immagine-simbolo uno Stato coercitivo: i temi sono la costruzione delle infrastrutture, come la TAV o la ricordata base NATO di Vicenza, l'attività delle imprese che operano nei settori dell'ingegneria genetica, della sperimentazione sugli animali per la produzione di farmaci, il nucleare e, in generale, tutte le politiche governative assunte in quest'area come motivo di protesta violenta.
Tuttavia, la pericolosità di tutte le cellule che fanno capo alla FAI, Federazione anarchica informale, non è espressa soltanto e non si esaurisce, certamente, nella radicalizzazione della protesta, e quindi nella violenza di piazza. Essa si estrinseca anche nelle cosiddette azioni dirette, portate avanti da tutti coloro che si riconoscono in gruppi affini o anche individualmente nella Federazione anarchica informale. Ne sono una testimonianza gli attentati avvenuti tra il 7 e il 12 dicembre 2011, alla Deutsche Bank di Francoforte, alla sede romana di Equitalia con il ferimento del direttore generale, all'ambasciata di Grecia a Parigi, all'Istituto italiano di cultura dell'ambasciata di Città del Messico.
Nell'interpretazione condivisa questi attentati documentano che si è ormai consolidato il processo di formazione del Fronte rivoluzionario internazionale, la cui idea era stata lanciata dalla componente ellenica greca, Cospirazione delle cellule di fuoco, che già nel 2010 si era resa responsabile di numerosi attentati, sempre con pacchi bomba, alle numerose sedi diplomatiche e, anche se intercettati, alla Cancelliera Merkel e al Presidente Berlusconi.
Da ultimo, solo per fare un cenno alle attività di questo gruppo, va ricordato che l'8 marzo scorso è stato compiuto un attentato dinamitardo all'agenzia del Monte dei Paschi di Siena di Roma, rivendicato da un nuovo gruppo di affinità con la FAI, il Nucleo antisociale, con un volantino nel quale, peraltro, si esprimeva anche solidarietà ai militanti arrestati a Torino per i fatti dalla TAV. Questo segna e anticipa un po' anche quello che dirò in seguito, ossia una saldatura tra le due anime dell'Area anarcoinsurrezionalista.
Questa eterogeneità di obiettivi sta sostanzialmente confermando che, oltre ai tradizionali obiettivi simbolo - le Forze armate, le forze di polizia, le rappresentanze dei Paesi accusati di perseguitare i militanti, contro i quali sono stati già compiuti numerosi attentati - compaiono ora i centri del potere economico finanziario, ritenuti dagli anarcoinsurrezionalisti i responsabili dell'attuale crisi, e quindi del disagio delle fasce popolari più deboli. Ne sono un esempio Equitalia e l'agenzia del Monte dei Paschi di Siena, cui ho fatto cenno.
Dedico una riflessione alla destra radicale. La destra radicale non ha una strategia ben definita, ma riserva una particolare attenzione al sociale e al mondo del lavoro, al problema dalla casa, dell'occupazione giovanile, al precariato. Questi obiettivi hanno determinato una sorta di invasione dell'humus culturale dei movimenti di estrema sinistra, per cui oggi assistiamo a una conflittualità non meno pericolosa con contatti anche violenti tra la destra radicale e tutta l'area della Sinistra antagonista.
La destra ha una tendenza a occupare spazi nuovi, come quelli ecoambientalisti, e anche a collocarsi sulle posizioni animaliste, della difesa degli animali da ogni attività di sevizie, tutti i temi che abbiamo già visto in passato essere, però, oggetto di altre aree. Non mancano, peraltro, nell'ambito della destra radicale, contrapposizioni interne tra i vari gruppi, soprattutto sull'interpretazione della lotta al sistema, e quindi sulla violenza di piazza o una vicinanza ad ambienti «ufficiali» per portare avanti la loro idea e la loro forma di protesta.
Le dinamiche che hanno portato alla crescita di questo tipo di protesta sono un'altra delle indicazioni suggerite nel programma dell'indagine conoscitiva della Commissione. Il punto di partenza, almeno per i fatti più recenti - dobbiamo


Pag. 6

risalire al 14 dicembre 2010 - è stato quando i collettivi studenteschi universitari si resero interpreti di una manifestazioni di protesta a Roma, saldandosi anche con l'area antagonista e gli stessi anarcoinsurrezionalisti.
Fu, probabilmente, il primo dei momenti significativi di questa saldatura sul territorio, tant'è che abbiamo visto in quella circostanza l'adozione di tecniche di vera e propria guerriglia urbana, che abbiamo rivisto in dimensioni ancora più ampie nella manifestazione del Coordinamento 15 ottobre contro la crisi economica, che ricordiamo tutti, alla quale hanno partecipato 80.000 persone provenienti da circa 80 province italiane.
Tra i manifestanti, come ha ricordato anche il prefetto Manganelli, c'erano 2.000 soggetti dell'Area antagonista, tra cui sono stati identificati circa 400 dell'Area anarcoinsurrezionalista e con loro anche appartenenti a gruppi delle tifoserie violente, anch'essi in larga parte identificati, naturalmente insieme dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri.
L'epilogo fu in piazza San Giovanni ed è ricordato da tutti l'incendio del nostro blindato. Ci furono tante azioni condotte durante la manifestazione, azioni di devastazione, di saccheggio. Le Forze di polizia contarono in quella circostanza oltre 100 feriti, alcuni anche gravemente.
Nella nostra comune valutazione, durante quella manifestazione non furono estranei neanche processi di emulazione. Sono stati, infatti, identificati alcuni giovani che non avevano alcun significativo precedente di militanza. Era ed è intuitivo, allora, per noi che si siano creati processi suggestivi di emulazione e anche altri giovani, soprattutto minorenni, sono stati coinvolti in questi disordini, diventando essi stessi attori di devastazione e di saccheggio.
Giova ricordare che, a monte di queste manifestazioni, sia quella del dicembre 2010 sia quella del 15 ottobre 2011, c'era stato un ampio dibattito tra le varie componenti antagoniste per la scelta del livello e del profilo da adottare durante le manifestazioni. Non esiste, dunque, un'uniformità di vedute.
Accanto alle componenti antagoniste, maggiormente orientate a un profilo più basso, c'era la componente anarcoinsurrezionalista, che abbiamo visto all'opera e che, invece, era decisamente per lo scontro aperto contro le istituzioni. Questa è una dialettica che continua e a cui abbiamo assistito anche più recentemente a Torino.
Allo stesso modo, nella manifestazione avvenuta nel mezzo tra queste due, il 3 luglio 2011, in Val di Susa, abbiamo visto uno scontro aperto portato proprio dagli anarcoinsurrezionalisti. C'era un corteo pacifico di tutti i gruppi che legittimamente e pacificamente manifestavano contro la realizzazione della TAV e due cortei paralleli di gruppi antagonisti e di anarcoinsurrezionalisti che si sono resi, invece, responsabili di gravissimi e violenti attacchi anche alle forze dell'ordine condotti attraverso le aree boscose intorno e realizzando, quindi, una vera e propria strategia di guerriglia.
Questa è stata contrastata da noi, sempre d'intesa con la Polizia di Stato, anche con l'invio di un reparto speciale, i nostri Cacciatori di Sardegna e di Calabria, più idonei per agire nelle aree boscose e impervie operando nel Nuorese e sull'Aspromonte, per controllare questi gruppi particolarmente violenti. I gruppi usavano queste aree boscose anche per nascondervi armi improprie, quali catapulte, artifizi e quant'altro.
Non v'è dubbio, peraltro, che la TAV costituisca oggi un nodo cruciale e critico e, sul piano dell'ordine pubblico, davvero un laboratorio dell'antagonismo nazionale. La previsione per il futuro è che, irrisolto questo nodo, le manifestazioni potranno, verosimilmente, ripetersi non solo nella Val Susa.
Questo mi porta all'interrogativo posto dal programma dell'indagine conoscitiva se sia possibile prevedere uno sviluppo endemico di queste proteste sul territorio nazionale. L'endemizzazione appartiene più a crimini territorializzati. Se parliamo di manifestazioni criminali o delinquenziali


Pag. 7

endemiche, il nostro pensiero va immediatamente ai gruppi criminali come cosa nostra, 'ndrangheta, camorra. Queste sono, naturalmente, le manifestazioni ormai endemiche di Sicilia, Calabria e Campania.
Quanto, invece, possa essere previsto, ragionevolmente, per queste derive violente dipenderà essenzialmente dal perdurare di quelle condizioni di crisi, di quel disagio e di quella conseguente conflittualità sociale che diviene strumento anche per portare la protesta in queste aree. Abbiamo già visto apparire altri movimenti «estemporanei», come gli Indignati, i Pastori sardi, la Forza d'urto, il Movimento dei Forconi, l'Associazione delle imprese degli autotrasportatori siciliani e quante altre sigle sono intervenute.
I momenti di protesta da parte di questi gruppi possono divenire, verosimilmente, terreno di coltura per radicalizzare la lotta e la protesta in forma violenta. L'endemizzazione forse può anche essere vista come ipotesi un po' più remota rispetto alle estemporanee presenze in queste manifestazioni, fermo restando che la strategia degli anarcoinsurrezionalisti è di infiltrarsi in tutte le aree in cui può manifestare la propria violenza.
È significativo - vi facevo cenno poc'anzi - che a Torino tra gli Autonomi dell'Askatasuna e i gruppi anarchici ci sia stata, ancora una volta, dialettica. Mentre gli autonomi, i centri sociali, sono più portati a un'esportazione fatta di presìdi estemporanei o anche di azioni di disturbo di grosso rilievo e valenza simbolica, gli anarcoinsurrezionalisti sono, invece, fermi nel perseguire la loro strategia di lotta, quindi di contrapposizione violenta, di attacco frontale.
L'abbiamo visto successivamente in varie città italiane, all'inizio di questo mese, con il verificarsi di blocchi ferroviari, del blocco delle autostrade, tutte manifestazioni compiute in nome della lotta alla TAV. Non c'era, però, sicuramente la matrice TAV sul territorio, ma strumentalmente l'idea dei protestanti TAV sul territorio, una strumentalizzazione ad opera soprattutto dei gruppi cui ho fatto cenno.
Ancora a proposito degli anarcoinsurrezionalisti, come ho già detto, abbiamo registrato il consolidamento di questo processo di trasformazione e di formazione del Fronte rivoluzionario internazionale, che è il dato di maggiore pericolosità. Se oggi, infatti, vogliamo escludere la deriva terroristica, che escludiamo sicuramente, ciò non significa non dare attenzione al quadro internazionale.
La transnazionalità di quest'area, del fronte anarchico è senz'altro un elemento di maggiore pericolosità e su cui sia la Polizia di Stato sia l'Arma dei carabinieri rivolgono una particolare attenzione sul piano della prevenzione e delle investigazioni.
Peraltro, ci risulta anche - gli anarchici scrivono, utilizzano Internet e vari mezzi di comunicazione - dai loro documenti programmatici questo doppio ruolo dei militanti, che registra una sorta di iato operativo all'interno del gruppo. Mi riferisco dell'essere, da una parte, palesi quando si partecipa a manifestazioni di protesta di massa; di essere occulti, dall'altra, quando si compiono azioni dirette contro la persona, da cui il giusto allarme lanciato proprio dal prefetto Manganelli in sede di audizione.
Tra l'altro, negli anarcoinsurrezionalisti è sempre suggerita l'impermeabilità della struttura, e quindi addirittura la necessità che non si conoscano tra loro. Questo un po' ci riporta alle vecchie tecniche utilizzate negli anni Settanta da gruppi di altra matrice.
Sostanzialmente - non so se rispondo alla domanda - al di là della possibilità di registrare presenze endemiche sul territorio o che si renda cronica la presenza di proteste di massa, sussiste comunque il rischio forte e oggi più preoccupante per l'area degli anarcoinsurrezionalisti, che ha collegamenti internazionali molto forti, oltre all'intesa, certamente già nota a tutti voi, tra le formazioni elleniche e le formazioni italiane per avere agito insieme in parecchie circostanze.
Esiste un intero circuito anche in Europa, con Germania, Svizzera, Spagna, collegato con l'America latina e il Centro


Pag. 8

America - ho ricordato Città del Messico, dove è stato inviato un pacco bomba alla sede dell'Istituto italiano di cultura - e anche con Argentina e Cile. Questa transnazionalità diviene anche il momento e il motivo di maggiore preoccupazione monitorando quest'area.
In relazione a quanto è possibile fare e a quanto si sta facendo, informo innanzitutto, che esiste un'azione preventiva a tutto campo svolta dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, che trova il momento di sintesi nei comitati provinciali, nel Comitato di analisi strategica antiterrorismo. È condiviso puntualmente ogni elemento informativo e investigativo che possa riguardare questi gruppi.
Sul piano legislativo, ha già detto il prefetto Manganelli che abbiamo sempre osservato questi fenomeni e il modo in cui fronteggiare queste nuove tecniche di guerriglia urbana, che rendono veramente pesante la situazione dell'ordine pubblico e impegnano tutte le nostre forze in modo oneroso in termini di quantità e di qualità. Si sta curando, quindi, particolarmente la preparazione dei nostri ragazzi sul piano psicologico anche per resistere alle tante provocazioni che da queste aree provengono durante le manifestazioni.
Dico cose delle quali in qualche modo si è già parlato, come la previsione di un arresto differito di 48 ore, che potrebbe essere utile perché in quel lasso di tempo abbiamo la possibilità di completare il processo di identificazione dei soggetti - sono stati identificati 300 soggetti nella manifestazione del 15 ottobre - così come anche l'individuazione del possesso e dell'utilizzo di oggetti chiaramente destinati a essere utilizzati in queste manifestazioni.
Fermammo il 15 ottobre a Pomezia dei giovani a bordo di un'automobile che avevano uno zaino pieno di materiali, fionde professionali, 500 biglie, mazzette da muratore, piede di porco: non si è potuto intervenire perché gli strumenti legislativi non ce lo consentivano, però era chiaro cosa stesse accadendo e cosa avessero intenzione di fare.
Estendendo la logica di un istituto già previsto in occasione delle manifestazioni sportive, si potrebbe prevedere un'aggravante specifica per la violenza e la resistenza contro pubblici ufficiali, frequente nel corso di queste manifestazioni.
C'è stato anche durante l'audizione del prefetto Manganelli un approfondimento tuttora in corso sulla persecuzione di questa ipotesi associativa. Insieme al prefetto Manganelli abbiamo più volte parlato di questo tema anche con il dottor Pietro Saviotti, purtroppo mancato recentemente, che era responsabile a Roma di tutti i reati di questa natura, proprio per la ricerca di una formula che potesse comprendere questa che associazione non è in senso tecnico.
Al di là, infatti, del ribellismo tipico di tutti i soggetti che sono affini all'area anarchica, per antonomasia individualista, oggi c'è sicuramente pianificazione, progettualità e una corrispondenza, una transnazionalità di queste pianificazioni, per cui, seppure non si possa parlare di un'associazione in senso tecnico, come siamo abituati a vederla in cosa nostra, ad esempio, o nella 'ndrangheta anche con le più recenti evoluzioni, certamente in questo caso ci ritroviamo dinanzi a una formazione che ha una struttura, fatta di comunicazioni costanti, di intese, di programmazioni e di azioni.
Si sente, quindi, questo bisogno, come anche quello di sottolineare che, d'intesa con l'autorità giudiziaria, siamo riusciti già a portare a sentenza di primo grado l'imputazione ai sensi dell'articolo 270-bis del codice penale, associazione con finalità di terrorismo ed eversione, come avvenuto dinanzi alla Corte d'Assise di Terni (in Umbria si erano verificati alcuni fatti cui erano interessanti gruppi anarcoinsurrezionalisti). Inoltre, il tribunale del riesame di Perugia ha anch'esso riconosciuto la sussistenza della fattispecie dell'articolo 270-bis e questo dato ci potrebbe portare, se la giurisprudenza fosse costante, a ritenere che già una previsione normativa ci aiuta, posto che proprio le indagini condotte dal ROS, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, hanno portato a confermare l'applicabilità di questa ipotesi delittuosa.


Pag. 9


Aggiungo, riguardo ai fatti del 15 ottobre, che lo stesso Raggruppamento operativo speciale, rassegnando la propria informativa all'autorità giudiziaria, ha previsto l'associazione a delinquere, questa volta semplice, a carico di alcuni soggetti proprio perché in quella manifestazione sussisteva il travisamento concordato di tutti, la predisposizione in loco degli oggetti che avrebbero dovuto essere utilizzati per offendere. Questi giovani arrivavano dalle loro provenienze senza portare oggetti atti ad offendere - ovviamente tranne quelli che avevamo fermato a Pomezia in auto - perché trovavano lungo il corteo predisposti accuratamente tutti i materiali che dovevano essere utilizzati, dal piede di porco ai sampietrini e a quant'altro poteva essere utilizzati durante la manifestazione violenta.
Tutto questo lascia, naturalmente, intendere - in questo modo l'abbiamo intesa quando abbiamo informato l'autorità giudiziaria - che ci fosse certamente anche un vincolo associativo. Stiamo aspettando gli sviluppi anche in quest'altra ipotesi, fermo restando, come ho detto, che c'è stato già il riconoscimento della sussistenza dell'articolo 270-bis in due circostanze, in una sentenza di primo grado e in una revisione del tribunale del riesame.
Peraltro, anche l'ipotesi di modificare gli articoli esistenti prevedendo ulteriori specificità desta alcune perplessità sia a me sia al prefetto Manganelli - la nostra visione è comune - perché non è mai opportuno, a nostro avviso, ridurre l'astrattezza della norma. Quando la norma diventa troppo specifica per aderire a un fatto contingente perde il suo effetto di astrattezza per abbracciare il maggior numero possibile di eventi ed è proprio quest'astrattezza che ci ha consentito di andare in Umbria per due volte e di avere ragione.
Ritengo di aver risposto agli interrogativi alla base dell'indagine conoscitiva e chiedo scusa per le ripetizioni ovvie che ho dovuto fare rispetto a quanto più autorevolmente detto dal capo della Polizia, il prefetto Manganelli.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

FILIPPO ASCIERTO. La ringrazio, signor comandante generale per l'esposizione molto chiara sulla diagnosi e anche, nella parte finale, sulla cura di questo fenomeno particolare di violenza nelle nostre piazze. Mi consenta, con la sua presenza oggi in questa Commissione, di ringraziarla per la professionalità dimostrata dai Carabinieri in due occasioni. Una è quella di Roma, nel corso della manifestazione del 15 ottobre in cui un appuntato è stato assaltato all'interno di un furgone poi dato alle fiamme, ha dimostrato davvero una spiccata professionalità nell'evitare qualsiasi tipo di reazione e, non reagendo, si è sottratto a quegli atti di violenza. Mi riferisco poi a qualche giorno fa, a quel carabiniere che, insultato, umiliato verbalmente sotto tutti gli aspetti, professionali e personali, non ha reagito e ha dimostrato una grande professionalità. Il mio ringraziamento va a lei perché ha riconosciuto questa professionalità e li ha premiati. Ciò ha inorgoglito e reso anche giustizia a quanti negli ultimi anni a tutti i livelli hanno subìto insulti, sputi e violenze.
Passo alle domande: quanti danni ha subìto in modo particolare l'istituzione Arma dei carabinieri negli atti di violenza che si sono verificati in ogni parte d'Italia? Inoltre, quanti feriti abbiamo all'anno in media tra manifestazioni sportive e di piazza? Tenga presente che io considero imbecilli i tifosi violenti dello stadio e altrettanto imbecilli quelli che operano violenza in strada. Qual è la sua opinione, visto che ha accennato, ad esempio, ad alcune possibilità, come il fermo differito di 48 ore, misure contro il possesso di oggetti atti ad offendere o a creare danni quindi previsti come aggravante? E concordo sulla necessità di una riflessione anche sull'associazione in presenza di una pianificazione e di un'organizzazione.
Le chiedo inoltre se il Daspo, che è un provvedimento adottato nei confronti dei tifosi violenti, potrebbe essere esteso anche


Pag. 10

ai violenti di strada. Noi sappiamo con precisione - lei ha fornito i numeri - di 2.000 violenti, c'è stata un'azione di identificazione avvenuta attraverso le manifestazione nel corso dell'anno, attività investigative e operative che, comunque, hanno identificato un numero elevato di persone, assieme ai componenti di molti centri sociali, soggetti che ripetutamente operano violenza all'interno della manifestazione: lei crede che si possa adottare, nei confronti di queste persone, un provvedimento che oggi è già adottato nei confronti dei violenti da stadio?

MARIO TASSONE. Vorrei porre qualche questione al comandante generale dei Carabinieri, che anche io ringrazio anche per aver tratteggiato fenomeni e situazioni che sempre più si manifestano e che esplodono nelle manifestazioni organizzate che si svolgono sul territorio nazionale. Il riferimento è ai no TAV e anche alle vicende di Roma.
Noi abbiamo posto in essere quest'indagine conoscitiva, generale, per puntualizzare quali sono i fenomeni pulviscolo - per usare un eufemismo - delle organizzazioni presenti sul territorio nazionale e che in qualche modo si agganciano alle fasce estreme che trovano allocazione nei centri sociali. Sono, tuttavia, soprattutto gli eredi di una storia e di una tradizione che esplose ed ebbe un ruolo molto forte, intenso a cavallo degli anni Settanta e Ottanta con venature di terrorismo e quant'altro.
Lei ha fatto riferimento al discorso della prevenzione. Credo che questo sia l'aspetto e il dato che interessa, almeno me, ma credo anche tutti i colleghi della Commissione. Abbiamo avuto nel passato anche la vicenda di Genova, benché qualcuno giustamente abbia detto che non si possono collegare analogicamente le vicende che abbiamo vissuto qualche mese fa con le vicende di Genova di qualche anno fa.
Quali sono gli strumenti della prevenzione? Sembra che questi gruppi siano una task force che si muove e si trasferisce da una parte all'altra del territorio nazionale, ma non soltanto del territorio nazionale, anzi con qualche sfondamento, con qualche presenza nell'Europa: esiste un organismo extra nazionale? Questa task force ha qualche tipo di addestramento? Ci sono campi, aree di addestramento? Sono, infatti, addestrati a una guerriglia urbana, con tante e varie articolazioni, sconfinamenti, obiettivi, a volte raggiunti.
Non parlo certamente di coordinamento tra forze di polizia perché sembra stucchevole, comandante, ma lei ha fatto riferimento alla Polizia di Stato, ai Carabinieri; vorrei far riferimento anche alla banca dati, al patrimonio delle informazioni in comune, al rapporto con i servizi di sicurezza interna, l'AISI, partendo dalla considerazione che a Roma il 15 ottobre esplose quella situazione di violenza a cui è stato semplicemente contrapposto un intervento repressivo con l'impegno encomiabile, certamente, delle forze dell'ordine, sia Carabinieri sia Polizia di Stato.
L'isolamento di queste forze è difficile. Si è detto anche nel corso dell'audizione del capo della Polizia, che nelle manifestazioni sindacali o dei partiti di massa, come si chiamavano allora, c'erano dei servizi d'ordine interni che operavano e che isolavano i facinorosi: oggi tutto questo non c'è più, e non c'è più una collaborazione e quello che preoccupa è che questo nostro Paese sembra essere il ricettacolo di varie organizzazioni.
Vorrei capire se c'è qualche preoccupazione o, soprattutto, qualche riferimento a fondamentalismi religiosi, visto che molte volte Roma, la nostra capitale, è il crocevia di tanti interessi, tante realtà e tanti centri di altri Paesi.
Gradirei anche conoscere una sua opinione per quanto riguarda - il collega Ascierto, che mi ha preceduto, ne ha parlato - sulla questione della tessera sugli stadi. Spesso sembra che il cambiamento della tessera avvenuto in questi giorni rispetto alle misure che l'allora Ministro Maroni aveva assunto sia andato verso una maggiore liberalizzazione per quanto riguarda le entrate negli stadi. Vorrei capire anche se c'è un collegamento


Pag. 11

tra questi facinorosi e gruppi di tifoserie, che sempre più sembrano tendere verso posizioni estreme.
Il punto è sapere se ci sono mancanze nella normativa, se sono necessari qualche misura o qualche incentivo in più. Le vicende che ci sono state non possono essere rubricate come un fatto estemporaneo. Quando c'è stata una capacità di azione anche preventiva, come nelle ultime vicende NO TAV, credo che il dominio e il controllo della situazione ci siano stati, anche se gli sforamenti sono all'ordine del giorno. Il controllo del territorio, ovviamente, è legato anche a questi aspetti preventivi.
Vengo a un'ultima battuta. Nella legge n. 121 del 1981 c'era stata, come almeno si diceva allora, un'intromissione dell'Interno. Si diceva che bisognava dare impulso a una capacità investigativa da parte delle forze dell'ordine. Per quanto riguarda la Polizia di Stato fu trovata anche la qualifica di «ispettori», che doveva rappresentare il nucleo più importante.
Nel periodo degli anni Settanta-Ottanta, o prima ancora, c'erano gli «infiltrati» delle forze dell'ordine, c'era un rapporto diretto con coloro che riportavano delle informazioni. Adesso l'azione preventiva è lasciata semplicemente a divisioni tecniche e quant'altro; è necessario comprendere da dove si dipartono questi centri, se sono soltanto i centri sociali, come si diceva prima, o se esiste una diffusione in tutto il territorio.

EMANUELE FIANO. Comandante, abbiamo apprezzato i molti elementi che ha qui per noi ricostruito sull'attuale situazione di alcuni dei movimenti e delle manifestazioni che ha citato. Ovviamente, emerge, vista la sede, una domanda sul ruolo che la politica può avere rispetto alle situazioni che ha citato, il quale ruolo sicuramente riguarda alcuni aspetti legislativi. Lei ha citato alcuni strumenti che potrebbero essere introdotti o traslati anche da altre situazioni di gestione dell'ordine pubblico.
Come ricordava adesso il collega Tassone, alcuni elementi furono proposti dal Ministro Maroni verso la fine del suo mandato e penso anche ad alcune questioni di cui parlammo, che per esempio ci trovano d'accordo, come la questione dell'arresto in differita.
Vorrei rivolgerle una domanda per approfondire un aspetto da lei indicato. Penso, infatti, che un compito della politica sia quello di capire meglio da dove venga questa nuova forma di antagonismo che ha frange violente e pericolose, che lei ha descritto e delle quali ha descritto un salto di qualità.
Lei ha, infatti, giustamente a mio avviso, teso a sottolineare le differenze con i fenomeni terroristici e brigatisti, ad esempio, ma anche della destra, degli anni Settanta e Ottanta. Senza dubbio, siamo di fronte a un fenomeno nuovo per la stessa natura ideologica dell'anarchismo o dell'anarcoinsurrezionalismo e, pur tuttavia, credo che sia nostro compito capire fino in fondo le origini sociali dei giovani che partecipano a questo movimento, individuare se esista una traccia ideologica di questi movimenti.
È evidente, infatti, che per antonomasia l'obiettivo dell'anarcoinsurrezionalismo non è certo quello di costruire un modello e un mondo nuovi, quanto piuttosto quello di colpire con azioni individuali, distruggendo e uccidendo. Questo dovrebbe essere il messaggio centrale e forse anche per questo è più difficile colpirne la struttura, che non è, come altre che abbiamo conosciuto, tesa a costruire un'organizzazione che prenda il predominio.
Mi piacerebbe capire meglio anche le modalità di reclutamento. Lei ha fatto un accenno alla doppia natura di questo movimento, con una fase di presenza degli anarco-insurrezionalisti al centro dei cortei e delle manifestazioni più eclatanti che si sono avute in questo mese e una fase, invece, «nascosta», meno visibile, che è quella dell'azione individuale o di piccoli gruppi. Mi piacerebbe capire come, se può dircelo, e dove si sta effettuando la fase di reclutamento di questo movimento.
Infine, vorrei sollevare una terza questione. Lei ha più volte, credo con soddisfazione di tutti noi, citato la profonda e


Pag. 12

risaputa ottima sinergia tra l'Arma dei carabinieri e la Polizia di Stato - il prefetto Manganelli a simboleggiare tutta la Polizia di Stato - ma la mia domanda, della quale mi auguro che i membri di questa Commissione potranno occuparsi ancora, cerca di andare più a fondo complessivamente sul disegno organizzativo delle forze dell'ordine di questo Paese preposte sì al controllo dell'ordine pubblico e alla difesa del diritto di manifestare, ma anche al contrasto di ogni forma di violenza. Quella che ci arriva proprio da quella legge n. 121 del 1981 che citava il collega Tassone è una struttura organizzativa di coordinamento e di collaborazione che, a suo giudizio, necessita di correzioni o la struttura, così com'è oggi, del rapporto tra l'Arma dei carabinieri e la Polizia di Stato - ci sono anche altre forze dell'ordine, per la verità, che partecipano alla gestione dell'ordine pubblico, come la Guardia di finanza - è perfetta? Si potrebbe intervenire con modifiche, aggiustamenti e miglioramenti?

MATTEO BRAGANTINI. Anch'io ringrazio il comandante, al quale rivolgerò poche domande. Ne avevo poste alcune già al capo della Polizia Manganelli, ricevendone quasi tutte le risposte. Illustrerò meglio le domande, in modo da avere risposte esaurienti.
È successo o sta succedendo in altri Paesi, come gli Stati Uniti d'America, che le formazioni terroristiche o di estrema sinistra si siano trasformate - lo ha già accennato - anche in movimenti ambientalisti, i famosi «terroristi verdi». Da quanto ho letto - le mie sono informazioni giornalistiche, dunque non so quanto attendibili - sembra che ci siano collegamenti anche con il terrorismo islamico. Questo è successo soprattutto, da quello che rammento, in Inghilterra, con personaggi che hanno fatto tutto il passaggio dall'estrema sinistra ad ambientalisti e adesso si stanno collegando anche con l'ambiente dell'integralismo islamico: vorrei capire se anche in Italia cominciano a verificarsi questi episodi. Una situazione del genere diventerebbe molto più pericolosa da gestire.
In secondo luogo, quanto all'ordine pubblico, ricordo sempre il caso di Genova 2001, quando, per quanto riguarda ad esempio gli idranti, c'è stata una grandissima polemica perché le forze dell'ordine ne avevano pochi. Erano state prese, se non ricordo male, anche le autobotti dei Vigili del fuoco con alcune polemiche. Soprattutto, con riferimento alla dotazione personale degli agenti, alcuni di questi erano stati sanzionati - non ricordo se facessero parte della Polizia o dell'Arma dei carabinieri o della Guardia di finanza - perché avevano acquistato in modo autonomo delle protezioni, quelle che si trovano in commercio, ad esempio, per il motocross, per avere una maggiore protezione in questi scontri.
Dalle immagini televisive vedo che i nostri agenti sono più tutelati, c'è una buona dotazione e mi pare che abbiamo fatto un buon salto di qualità. Il capo della Polizia Manganelli ci ha riferito che si stanno già sperimentando altri sistemi non letali, ma si è parlato con lui semplicemente di idranti direzionali con coloranti e sistemi a gas più aggressivi. Vorrei capire, però, se, ad esempio, si stanno sperimentando anche tutte quelle forme di utilizzazione di campi elettromagnetici che stanno sperimentando israeliani e americani, che creano una barriera invisibile e sono non letali, oppure se si stanno sperimentando le famose colle o schiumogeni che bloccano il manifestante. Finora questi ultimi hanno evidenziato una piccola problematica perché potrebbero creare l'occlusione delle vie respiratorie in quanto troppo aggressivi, ma si potrebbe realizzare un sistema migliore. Soprattutto, per quanto riguarda l'operazione di sparare microonde, vorrei sapere se potrebbe essere veramente un sistema utile per fermare queste masse di facinorosi.
Per quanto riguarda, invece, i servizi d'ordine - su cui avevo posto una domanda anche al capo della Polizia - è vero che una volta tutte le manifestazioni avevano il servizio d'ordine interno.


Pag. 13

Adesso ci sono poche forze politiche che possono garantirlo: non si potrebbe prevedere, dal punto di vista legislativo, che chi organizza un manifestazione deve garantire un servizio d'ordine interno per isolare i facinorosi? Chiedo a voi operatori del settore se potrebbe essere utile o diventare invece una misura problematica.
In ultimo, collegandomi un po' anche al discorso del collega Fiano, mi chiedo se il fatto che tutti questi giovani stiano andando verso queste forme di violenza e verso l'anarcoinsurrezionalismo non sia dovuto anche al fatto che forse, dal punto di vista mediatico e culturale, si ricorda ancora troppo che, ad esempio, negli anni Settanta non c'erano persone che sbagliavano, ma «compagni» che sbagliavano e che, in ogni caso, adesso si sono redenti oppure sono compagni che, anche se non redenti, hanno pagato la loro pena e, dunque, è giusto che siano in aule delle università o ricoprano incarichi pubblici o politici di un certo rilievo.
La mia considerazione vuole servire a valutare se questi esempi negativi siano pericolosi per i nostri giovani. Possono pensare al fatto che chi da giovane andava a sparare e ha ammazzato qualche poliziotto o carabiniere ed è stato in carcere cinque anni, e che adesso non c'è niente di male se ricopre incarichi di rilievo nella pubblica amministrazione. Potrebbe essere un segnale molto negativo verso i giovani perché possono collocarsi in una logica per la quale anche loro pensano di poterla scampare, di comportarsi in una certa maniera dal momento che riusciranno comunque in futuro ad avere una vita normale.

GIANCLAUDIO BRESSA. Anch'io, nell'associarmi ai ringraziamenti al comandante generale, vorrei porre una domanda e una richiesta di previsione.
Ho trovato particolarmente interessante la parte della sua relazione in cui ha affrontato il tema delicato, già in qualche modo illustrato anche dal prefetto Manganelli, relativamente all'ipotesi associativa. Lei ha affermato una cosa, a mio modo di vedere, molto interessante dal punto di vista scientifico, ma che potrebbe rivestire qualche problema dal punto di vista della garanzia dei diritti.
Giustamente, lei fa presente che non bisogna ridurre l'astrattezza della norma perché, così com'è configurata adesso, abbiamo delle possibilità. L'esempio da lei fatto dei processi svolti in Umbria significa che è, in qualche modo, ipotizzabile l'associazione semplice. Nell'illustrare le condizioni in cui operano soprattutto gli anarcoinsurrezionalisti ha fatto, però, un'osservazione che mi ha colpito: ha parlato non di associazione in senso tecnico, ma di un'organizzazione con pianificazione, progettualità e transnazionalità.
Non si tratta di cosa nostra, ma ci troviamo di fronte a una struttura in grado di comunicare, che ha delle intese, che programma e che agisce: non è già questa la configurazione di un'ipotesi di reato associativo? E non potrebbe essere, quindi, questo l'oggetto che metterebbe al riparo azioni da parte di persone che, come lei giustamente ricordava, possono agire solo per emulazione, che commettono un reato, ma non necessariamente dovrebbe essere un reato che vede anche l'aggravante dell'associazione? Credo che, dal punto di vista della garanzia dei diritti, questo potrebbe rappresentare un aspetto non banale.
Venendo alla seconda questione, immagino di rivolgerle una domanda che ha più a che fare con l'oroscopo che non con la realtà. Si sente da più parti ipotizzare che nei prossimi mesi potranno esserci 100-200.000 nuovi disoccupati: questa situazione, chiaramente al momento prevista, ma che non si è ancora realizzata, è vissuta con qualche allarme da parte delle forze dell'ordine, ipotizzando che questo problema sociale possa rappresentare una saldatura o costituire il luogo di un'infiltrazione da parte delle forze anarcoinsurrezionaliste o comunque antagoniste?

PIERLUIGI MANTINI. Mi unisco, ovviamente, anch'io ai ringraziamenti al comandante e, tramite lui, all'Arma, da moltissimi anni al servizio del Paese.


Pag. 14


Ho una sola domanda, già rivolta anche al prefetto Manganelli, che riguarda il tema della polizia locale, ossia delle funzioni di polizia locale anche alla luce dei fatti, per esempio, accaduti a Milano negli ultimi mesi. Penso a un impegno di quelli che chiameremmo Vigili urbani secondo tradizione, della polizia locale in funzione di ordine pubblico con esiti talvolta tragici in un senso o nell'altro.
Vorrei conoscere anche il suo punto di vista su questo tema perché è in corso di esame al Senato un provvedimento che si occupa di una possibile ristrutturazione delle funzioni di polizia locale. Il tema della prevenzione in larga misura ha a che fare con il controllo del territorio, quindi non parlo puramente del contrasto del terrorismo o delle forme organizzate di violenza, ma del tema del controllo del territorio: ritiene sufficiente l'attuale tipo di impiego in funzione di polizia dei Vigili urbani o non sarebbe più efficace un tipo di coordinamento diverso? Risulterebbe utile, dal vostro punto di vista, tornare a un modello - per dirla in modo semplice - più vicino al vigile di quartiere, al modello inglese, un po' snaturato negli ultimi tempi? Questo implica anche il tema dell'uso delle armi da parte dei Vigili urbani e della polizia locale.
Come vede questo tema, premesso che non possiamo scaricare su personale non addestrato professionalmente compiti rilevanti di contrasto della criminalità o di uso inappropriato delle armi, mentre il tema del controllo del territorio, anche in funzione di prevenzione, resta una funzione di polizia di primissimo rilievo?

BARBARA POLLASTRINI. Anch'io vorrei aggiungere i miei ringraziamenti al comandante generale e una domanda brevissima. Lei faceva riferimento, tra l'altro - ne ha parlato poc'anzi il collega Bressa - a un rischio, una massima preoccupazione, ossia al fatto che l'allargamento di un grande disagio sociale possa allargare le aree non dico di simpatia, ma quanto meno di neutralità rispetto ai fenomeni di cui ci ha parlato e abbiamo discusso oggi.
Rispetto al tema del reclutamento a cui si riferiva anche il collega Fiano, può darci qualche ulteriore notizia sulla sua caratteristica dal punto di vista sociale, della provenienza culturale e territoriale e anche generazionale dei soggetti coinvolti? Nella sua esposizione ha parlato di giovani, ma penso che vadano interpretati come giovani e meno giovani.
Infine, c'è un collegamento anche ideologico evidente tra questi gruppi? Sono ancora più diretta: esistono manifesti, scritti, prese di posizioni, leadership riconoscibili dal punto di vista ideologico, culturale e delle appartenenze nel nostro Paese e, come diceva lei, con riferimenti sovranazionali?

GIORGIO CONTE. Mi unisco ai ringraziamenti già formulati dagli altri colleghi intervenuti e che hanno già coperto alcuni argomenti che avevano destato anche la mia curiosità con domande e con richieste di approfondimento. Non mi rimane che approfondire solo un ulteriore aspetto, se vogliamo, anche di dettaglio, che fa più riferimento alla mia ignoranza in una specifica materia. Siamo qui apposta per ricevere qualche notizia in più.
Lei ha citato due volte la città di Vicenza come particolarmente attenzionata, soprattutto nei mesi scorsi per l'insediamento della nuova base militare. Io vengo proprio da quella città e ho avuto modo di verificare personalmente quant'attenzione è stata rivolta dalle forze dell'ordine e da tutti gli organi preposti alle tensioni che potevano svilupparsi in quell'ambito, ma l'argomento di cui volevo parlare è un altro.
Il nostro Paese è soggetto spesso a manifestazioni e, probabilmente - questa è una parte della domanda - più di altri manifesta nelle piazze e lo fa anche in un determinato modo. L'opinione pubblica è sempre più infastidita e preoccupata per la tante tensioni che spesso dalle manifestazioni di piazza si traducono anche in atti di violenza e, più in generale, è convinta che le cosiddette regole di ingaggio, gli strumenti a disposizione delle forze dell'ordine italiane siano inferiori rispetto


Pag. 15

a ciò che accade in altri Paesi occidentali, o comunque nell'Unione europea.
Addirittura, nell'immaginario collettivo si ritiene che le forze dell'ordine italiane siano meno interventiste, più morbide, più tolleranti. Ammesso e non concesso che questo sia vero - da lei attenderei, se possibile, una risposta - ritiene che sia da addebitare alla soggettività del nostro Paese, che non è detto che in tutto e per tutto debba uniformarsi e omogeneizzarsi ad altri Paesi europei, o ritiene, invece, che si debba comunque indirizzarsi verso un'omogeneizzazione delle regole di ingaggio e degli strumenti tra le varie polizie europee nelle fattispecie delle manifestazioni che si svolgono nei rispettivi Paesi?

PRESIDENTE. Do la parola al generale Gallitelli per la replica.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Ringrazio l'onorevole Ascierto per l'apprezzamento rivolto all'Arma.
Per quanto concerne il numero dei feriti, è di 147 solo per l'ordine pubblico. Non parliamo dei feriti in tutti gli altri servizi di controllo del territorio. Quanto ai danni subìti, se parliamo dei danni materiali, sono difficili da calcolare perché li viviamo quotidianamente, i nostri automezzi sono più o meno frequentemente danneggiati.
La domanda sul Daspo, naturalmente, coinvolge anche un piano politico di valutazione, ma su un piano squisitamente tecnico, anche in base a colloqui proprio con il prefetto Manganelli, riteniamo, in linea di massima, che una legittima manifestazione del pensiero e una protesta per motivi sociali o di lavoro in Italia, Paese democratico, in cui tutte le libertà sono garantite, debba essere portata sulla piazza. È diversa dalla manifestazione in uno stadio e in un luogo ben indicato, dove si va per altre ragioni. Lo stadio è, innanzitutto, un luogo chiuso, dove si entra se in possesso di un biglietto, di un abbonamento o di quanti altri titoli che legittimano l'accesso.
Il provvedimento, quindi, mentre può essere mirato in una circostanza, nell'altra finirebbe, anche su un piano intuitivo, per essere una generalizzazione penalizzante e anche difficile da attuare. Andrebbe a incidere, oltretutto, su un diritto a mio avviso incomprimibile. Deve essere legiferato, regolato, seguito e controllato, ma non è comprimibile.
L'onorevole Tassone ha fatto riferimento alle vicende di Genova 2001, agli strumenti che sono stati utilizzati allora, agli strumenti che sono utilizzati oggi, ha chiesto se esiste una centrale extra nazionale per questi gruppi, soprattutto per quest'area: parlando di anarcoinsurrezionalismo, ho detto tra le righe, anzi anche esplicitamente, che parte dalle forme di ribellismo individuale tipiche di questo movimento. In questo modo inizio a rispondere anche sulle fonti di reclutamento; nell'ambito di questo movimento il reclutamento è basato su adesioni individuali. Si tratta di pulsioni del soggetto, che riceve poi, attraverso Internet, attraverso vari mezzi di comunicazione, anche attraverso documentazione, gli input che mette a frutto.
Non è addestrato, ma riceve addestramento, ad esempio, attraverso opuscoli, di cui uno recentissimo è stato pubblicato ed è stato recepito anche da noi - se lo recepiscono gli altri, lo recepiamo anche noi - in cui si indica chiaramente come si deve comportare l'anarcoinsurrezionalista per confezionare un ordigno. È infatti in Internet da sempre il modo in cui regolarsi per confezionare un ordigno, per portare a compimento l'azione. Non segue un addestramento front line, per intenderci, ma un'indicazione specifica che con questo libretto è dato alla generalità degli aderenti.
Per quanto possiamo pensare all'associazione, al gruppo, alla comunicazione tra varie frange e componenti - l'ellenica, l'italiana oppure, nel nostro stesso Paese, alle varie componenti sul territorio nazionale - tutta questa comunicazione, come dicevo, non evolve mai in una struttura gerarchica individuabile. A proposito della leadership esercitabile di cui mi è stato chiesto, rispondo che certamente ci sono personaggi più influenti di altri, ma non


Pag. 16

possiamo parlare di leadership nei termini in cui potremmo parlarne per alcuni altri fenomeni criminosi che pure sono presenti in Italia.
I rapporti con l'AISI sono efficacissimi. Noi, la Polizia di Stato, tutte le forze dell'ordine, riceviamo notizie e input costanti. L'onorevole Tassone, a proposito della manifestazione del 15 ottobre, ha detto che si è risolta solo in repressione; le notizie di cui eravamo in possesso, pur nella loro sufficienza, non hanno impedito l'evolvere dell'azione. La nostra reazione può essere risultata, come osservato, forse meno forte. Non è stato così perché i gruppi anarcoinsurrezionalisti seguono pedissequamente la tecnica del «mordi e fuggi», compiuta l'azione rientrano nel centro della manifestazione pacifica e, a quel punto, risulta difficile e certamente non auspicabile un intervento manu militari nei confronti dei soggetti.
Non si tratta, quindi, soltanto di repressione, ma anche di prevenzione, di cognizione preventiva. Questa consente in questa circostanza al questore, che - lo ripeto - è il responsabile dell'ordine pubblico, di pianificare nella sua ordinanza un dispositivo più o meno numeroso di personale anche con apprestamenti di mezzi particolari per contrastare eventuali azioni violente durante la manifestazione. Questo avviene sulla base di quanto preventivamente ci è noto sia per quanto ci comunica l'AISI sia per quanto acquisito da noi.
Quanto alla tessera del tifoso, non cambia nella sostanza tutto ciò che era. La fidelizzazione è soltanto un modo per dare al tifoso un vantaggio nel rapporto con la società, come lo sconto o altro, ma i criteri posti a fondamento della tessera dell'anno scorso non sono stati toccati e ritengo che il Ministro dell'interno l'abbia approvata proprio per questa ragione.
Della legge n. 121 il capo della Polizia ha detto che è un'ottima legge e risulta anche difficile individuare i motivi per il cambiamento.

MARIO TASSONE. Purtroppo, non ha avuto una grande attuazione.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Onorevole, questa è una sua considerazione. Io dico che è la legge n. 121 è, invece, una legge davvero lungimirante. Dopo trent'anni, infatti, è riuscita a inquadrare perfettamente l'evoluzione del sistema sociale e del sistema sicurezza che veniva apprestato, ha capisaldi fermi, efficaci, tutti attuati. Non so a cosa si riferisca con non attuazione perché nella mia ottica sono tutti attuati e - devo dire - anche con straordinaria efficacia.
Prima facevo riferimento al modo in cui oggi condividiamo tutte le informazioni in nostro possesso su tutto ciò che significa eversione, sovversione, terrorismo e possibili turbative all'ordine pubblico. È una condivisione costante, totale in quel Comitato di analisi strategica antiterrorismo costituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza, cui partecipano tutte le forze dell'ordine, le agenzie di informazione, e che dispone anche di un comitato tecnico sottostante, dove si pianifica l'attività investigativa che deve essere svolta nei vari settori.
Naturalmente, onorevole Tassone, non voglio contraddire il suo pensiero.

MARIO TASSONE. Non volevo dire che non sia un'ottima legge. Ho posto una domanda precisa, comandante, rispetto alla formazione e alla qualità di questa categoria di nuovi «investigatori». Sulla formazione qualcosa forse si doveva fare, come sul coordinamento, che credo abbia qualche problema al di là delle pianificazioni e delle sigle interforze poste in essere.
Nessuno, ovviamente, contesta la validità della norma e, soprattutto, l'impegno e l'operatività da parte dei Carabinieri e delle altre forze di polizia, ma forse ci saremmo attesi qualche spinta in più per adeguarsi allo spirito del legislatore.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Onorevole, lei fa riferimento, in particolare, allo svolgimento dell'attività investigativa. Nella legge si parlava degli ispettori per quanto


Pag. 17

concerne la Polizia di Stato: mi consenta di dire che l'investitura di una determinata categoria per una certa attività non significa in quel momento aver risolto i problemi dei contenuti dell'attività investigativa.
Quanto alla formazione, è condivisa perché tanti funzionari della Polizia di Stato insegnano nelle nostre scuole e tanti ufficiali dei Carabinieri insegnano nelle scuole della Polizia di Stato. Noi, ad esempio, come Arma, nel 2009 abbiamo costituito l'Istituto superiore di tecniche investigative, una realizzazione abbastanza singolare per i contenuti e l'elevatissimo grado di specializzazione, una realtà che condividiamo anche con le altre forze di polizia che spesso intervengono come docenti.
Formiamo i nostri investigatori, specializzandone circa 1.200 all'anno - di più non se ne potrebbe - per dare corpo a quell'investigazione sempre più affinata e che ci è richiesta anche da un'opinione pubblica sempre più attenta a certi fatti criminali che suscitano allarme sociale. Lo vediamo anche dai media, dagli organi televisivi e dagli organi di informazione. Proprio in questa direzione stiamo andando con la Polizia di Stato per specializzare ulteriormente.
Quanto alle vecchie tecniche investigative del contatto confidenziale, dell'infiltrazione, cui faceva riferimento l'onorevole Tassone, naturalmente non sono state abbandonate. Le coltiviamo, in un modo diverso, in momenti diversi, ma arricchiscono, sul piano informativo, tutte le acquisizioni, oggi anche abbondanti, tant'è che ci siamo dotati anche di mezzi tecnologici e informatici per riuscire a valutare nell'insieme tutte le informazioni di cui siamo in possesso.
Ritengo, quindi, onorevole Tassone, che la legge n. 121 - peraltro, l'attività di polizia giudiziaria è regolata e coordinata dall'autorità giudiziaria, quindi dovrebbe sfuggire anche a questo ambito - soprattutto, come giustamente lei osservava, sul piano dalla formazione e di come impostare le attività investigative, ci abbia consentito di condividere veramente molto più quanto dall'esterno non si possa cogliere. Il coordinamento è molto più efficace di quanto non si voglia ritenere perché è regolato anche da rapporti interpersonali, che influenzano tutto.
Nella stessa organizzazione, in una stessa azienda, se vogliamo guardare al mondo del privato, credo che l'imprenditore debba, innanzitutto, preoccuparsi della motivazione di tutto il suo personale per creare l'armonia e il coordinamento delle varie componenti, che può essere più o meno efficace proprio in relazione alla capacità di riuscire a impostare le relazioni interpersonali.
Quando le relazioni interpersonali - me lo conceda, signor presidente - come nel caso mio e del prefetto Manganelli - sono fatte di amicizia e di totale condivisione, sono sicuro che questo si riverberi positivamente nella relazione tra le istituzioni, che vivono con i soggetti che in un dato momento storico hanno la responsabilità di impersonarne e di incarnare i valori e le attività globali. Questo è il mio pensiero.
Onorevole Fiano, vengo alla questione da lei posta con riguardo alla minaccia dell'origine sociale e ideologica e al reclutamento. Ritengo di avere in parte risposto già alla sua domanda. Già quando si parlava negli anni Settanta di altro reclutamento e di altra ideologia non si trattava di reclutamento effettuato come possiamo pensare noi, come l'Arma dei carabinieri che bandisce un concorso e recluta. Chiaramente, si tratta di un'adesione individuale, onorevole, come dicevo, sollecitata anche dal manifesto dell'associazione e del gruppo. Il manifesto è nella documentazione programmatica, nelle azioni, che possono ricevere condivisione anche individuale - naturalmente, di pochissimi, e questa è una fortuna - però possono ricevere condivisione e in questo forse la ragione è nell'assenza di un'ideologia. È improprio, infatti, per l'anarchismo parlare di ideologia, è una contraddizione.
Allo stesso modo, è una contraddizione quella struttura associativa alla quale ho


Pag. 18

fatto riferimento, che non è propria di qualunque movimento anarchico in Italia e sul piano internazionale.
Quanto al ridisegno organizzativo delle forze dell'ordine, ho già risposto all'onorevole Tassone: ritengo la legge n. 121 sufficiente e, benché tutto sia perfettibile, risulta comunque davvero difficile individuare il modo in cui toccare una disposizione legislativa che ha sinora dimostrato piena efficienza. Bisogna essere attenti anche a non turbare un equilibrio, un'armonia oramai patrimonio acquisito nell'ambito di tutte le forze dell'ordine.
Certo, tutto si può perfezionare, ma noi abbiamo in Italia degli assunti che sono dei parametri fermi e un paradigma che ci obbliga a coniugare il verbo dell'efficienza, con la pluralità delle forze di polizia e tutto il sistema di sicurezza incentrato soprattutto sulle province, regolato dai prefetti, responsabili dell'ordine e della sicurezza pubblica del territorio. Aderiamo a tutti questi principi e la legge, a mio avviso, risponde oggi in modo ottimale.
Onorevole Bragantini, non abbiamo rilevato collegamenti con il terrorismo islamico in Italia. Per ora, la minaccia del terrorismo islamico è a se stante, ma non è oggetto della nostra conversazione odierna.
Quanto ai mezzi di repressione, già il capo della Polizia ha spiegato che stiamo seguendo su un piano sperimentale tutti quei mezzi ai quali ha fatto riferimento, attenti sempre a che il mezzo di coazione non superi mai l'entità dell'offesa portata alla sicurezza della collettività e non tanto al rappresentante delle forze dell'ordine, che ha il dovere di fare scudo rispetto a quella minaccia.
Per quanto concerne, invece, la protezione individuale, ormai è acquisita per i nostri ragazzi le protezioni «tipo motociclisti»: non si vedono dall'esterno, sono sotto la tuta, riparano la schiena, tutti gli arti, superiori e inferiori. A piazza San Giovanni uno dei nostri è stato colpito da un sampietrino alla schiena e, proprio perché portava un corpetto di plastica semirigido, ha salvato le vertebre, altrimenti avremmo avuto più gravi danni fisici.
Sul reclutamento, penso di avere risposto.

MATTEO BRAGANTINI. Un punto che ho posto era sul discorso dei servizi d'ordine. Quanto al reclutamento, chiedevo se possiamo fare qualcosa per limitare questi messaggi negativi, se il fatto che i compagni che sbagliano e che si sono redenti vanno a ricoprire alcuni incarichi non rappresenti un messaggio pericoloso da mandare.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Innanzitutto, per quanto concerne il servizio d'ordine interno, il capo della Polizia ha ricordato che un tempo c'era e, naturalmente, non siamo noi che dobbiamo prevederlo.

MATTEO BRAGANTINI. Il capo della Polizia ha detto che non ci sono più i servizi d'ordine interni. Chiedevo se un obbligo sul piano legislativo potrebbe essere un aiuto.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Vorrei lasciare a una valutazione politica questa riflessione. Sul piano tecnico, abbiamo detto che un tempo esistevano e oggi non ci sono. Per il resto, l'obbligo si può anche risolvere in una compressione, ma queste sono valutazioni che deve fare il legislatore, non posso farle io.

MATTEO BRAGANTINI. Volevo sapere da lei se in questo modo si può mantenere più efficacemente l'ordine pubblico.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Il capo della Polizia lo ha detto: in alcune manifestazioni dove c'era il servizio d'ordine e dove c'è, era un aspetto utile, ma mi consentirà di astenermi da altre valutazioni.


Pag. 19


Onorevole Bressa, resta ferma l'idea che dobbiamo ricercare una formula, una norma, che non abbiamo ancora trovato, che comprenda quest'atipica associazione. Questo è fermo. Parlavo della prospettiva, da qualche parte anche avanzata, di modificare norme già esistenti in questa direzione. È qui che esprimevo la mia perplessità sulla riduzione dell'astrattezza dalla norma, non certo per la formulazione di una norma che possa, invece, «fotografare» questa nuova realtà, una realtà atipica, quindi nuova, in questi termini. Forse non ero stato chiaro e me ne dolgo.
Certo, 200.000 nuovi disoccupati destano preoccupazione. Il problema sociale, ahimè, diventa sempre problema di polizia. Se 200.000 disoccupati potranno essere, anche nelle valutazioni di ciascuno di voi, un problema sociale, questo problema sociale può avere sicuramente dei riflessi sul piano dell'impegno delle forze di polizia. Questo è indubitabile. Le aree di marginalità, le condizioni sfavorevoli di vita, sono anche un humus di coltura di alcune deviazioni di un certo tipo. Ci auguriamo, invece, che, oltre a questa previsione pessimistica, ce ne sia qualcun'altra. In questi giorni si sente parlare forse di un movimento positivo. Noi vogliamo credere di più a questo movimento positivo.
Onorevole Mantini, l'impegno dei Vigili urbani risponde, in linea generale, al concetto di sicurezza partecipata, un po' il concetto moderno della sicurezza urbana. È certo che il vigile urbano - c'è un provvedimento, peraltro, anche in discussione in Parlamento, quindi non mi permetterei di fare osservazioni al riguardo - è impegnato anche in un controllo del territorio perché è sul territorio. Esercitando, quindi, la sua funzione, sarà sempre impegnato in questo controllo.
Quanto allo stabilire i modi, le qualifiche e i mezzi da approntare a sua disposizione, ritengo che, discutendo questo progetto di legge, che già prevede alcune risoluzioni, possa essere il Parlamento a stabilire queste forme.
Onorevole Pollastrini, mi dispiace, forse sono stato impreciso. Non è il dissenso di massa che può esprimere simpatia o neutralità, è semmai al contrario l'aggressione da parte di questi gruppi antagonisti o anarcoinsurrezionalisti rispetto al dissenso di massa, la strumentalizzazione del dissenso di massa per portarlo in manifestazioni violente che preoccupa. Non è un'azione che parte dalla gente che va legittimamente a manifestare per le condizioni di precarietà, ma è l'aggressione che fanno questi gruppi, che devono strumentalizzare comunque un problema, un motivo sociale per dare ragione a se stessi. Su questo punto spero di essere stato chiaro.
Poc'anzi dicevo che non c'è una leadership, non è possibile riconoscere un leader. Alcune voci sono più importanti di altre, però su questo permettetemi di glissare.
Onorevole Conte, in parte mi sembra di averle risposto. Se si manifesta nelle piazze, significa che c'è libertà di pensiero. Su quanto si manifesti altrove è un dato su cui saranno quei Paesi in cui si manifesta di meno a dover interrogarsi, non noi perché si manifesta di più. Noi siamo per la libertà.

GIORGIO CONTE. Siamo in Europa.

LEONARDO GALLITELLI, Comandante generale dell'Arma dei carabinieri. Siamo in Europa, però certamente le forze di polizia italiane non sono meno interventiste né più tolleranti. Gestire l'ordine pubblico non è semplice, non lo facciamo noi in gran parte, come ho precisato. In provincia tante volte ci accade, nelle grandi manifestazioni è una responsabilità del questore e del funzionario della Polizia di Stato che è sul territorio. La nostra non è collaborazione, ma condivisione piena perché non è non compito facile laddove l'azione delle forze dell'ordine può risolversi, magari, o essere interpretata come provocazione o come eccessiva rispetto alle condizioni del momento o quando la nostra risposta può essere giudicata insufficiente rispetto all'entità della minaccia portata.


Pag. 20


Certamente, il nostro impegno - penso che sia stato risolto sempre in questi termini - si è sempre risolto efficacemente per la tutela della sicurezza collettiva. Questo è il nostro impegno. Mentre si fronteggia questa turbativa delle libertà da parte di una minoranza - le componenti violente sono una minoranza - siamo convinti che, dall'altra parte, stiamo garantendo la sicurezza della collettività, alla quale teniamo molto di più, naturalmente, che all'entità della risposta che in quel momento questi soggetti ricevono. In ogni caso, la nostra risposta non è mai esaurita nella piazza, ma continua nelle sedi giudiziarie, dove si fa anche più forte e incisiva anche perché lascia il segno.
Quanto, quindi, all'omogeneizzarsi con altri Paesi, io guardo sempre cosa fanno i vicini, lo facciamo tutti, però nello stesso tempo - mi consenta un attimo di narcisismo - sono anche convinto che spesso quello che facciamo può essere meglio di quello che fanno i vicini. Parlo per la Polizia di Stato e per i funzionari responsabili dell'ordine pubblico, ai mulini dei quali non sono io a dover portare acqua. Sono convinto, però, che svolgano bene il loro lavoro, che sappiano farlo e siamo preparati, noi con loro, a farlo. Quanto accade in altri Paesi può e deve essere valutato, ma ogni Paese, come ha detto lei stesso, ha una sua soggettività e anche un suo modo di interpretare. La nostra Costituzione è la nostra Costituzione, e quindi la difendiamo col giuramento e perché siamo convinti.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale Gallitelli, che credo abbia risposto a tutte le domande poste dai colleghi. Rivolgo al generale e a tutta l'Arma dei carabinieri l'augurio di un buon lavoro e un sentito ringraziamento.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive