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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
3.
Mercoledì 18 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI RECENTI FENOMENI DI PROTESTA ORGANIZZATA IN FORMA VIOLENTA IN OCCASIONE DI MANIFESTAZIONI E SULLE POSSIBILI MISURE DA ADOTTARE PER PREVENIRE E CONTRASTARE TALI FENOMENI

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Generale di Corpo d'Armata Nino Di Paolo:

Bruno Donato, Presidente ... 3 8 11 15
Di Paolo Nino, Comandante generale della Guardia di finanza ... 3 11 13
Fiano Emanuele (PD) ... 13
Tassone Mario (UdCpTP) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 18 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Generale di Corpo d'Armata Nino Di Paolo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui recenti fenomeni di protesta organizzata in forma violenta in occasione di manifestazioni e sulle possibili misure da adottare per prevenire e contrastare tali fenomeni, l'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, generale di Corpo d'Armata Nino Di Paolo.
Ringrazio il generale per la sua disponibilità e gli do la parola.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Signor presidente, ringrazio lei e la Commissione per l'attenzione che mi è stata riservata anche in questa occasione e per fornirmi l'occasione di dare un contributo ai lavori della stessa Commissione. Tenuto conto delle esigenze conoscitive della Commissione, ritengo di non soffermarmi in modo particolare sulle caratteristiche e sulla natura dei gruppi protagonisti degli episodi di violenza, poiché credo che le mie considerazioni sul punto non aggiungerebbero ulteriori elementi alle analisi già svolte dal capo della Polizia e dal Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, nel corso delle loro recenti audizioni.
Ritengo, anche per brevità e per sintesi, che alcune considerazioni potrebbero essere utili se riferite al concreto significato del contributo specifico della Guardia di finanza al contrasto dei fenomeni in esame. Parlo di una chiave di lettura che serve a meglio interpretare il nostro apporto operativo con riferimento anche alle manifestazioni di Roma e della Val di Susa, nel più ampio contesto del concorso all'ordine e alla sicurezza pubblica.
Nella parte conclusiva farò qualche riflessione in punto di prevenzione e di contrasto, sempre con specifico riferimento alla nostra missione istituzionale.
Ho cercato di sintetizzare al massimo il mio intervento preferendo lasciare spazio alle domande ed eventualmente a qualche approfondimento in fase di replica e corroborando la mia relazione scritta, che metto a disposizione della Commissione, con degli allegati che riportano più analiticamente alcuni elementi che possono essere oggetto di ulteriore riflessione.
Sull'analisi di contesto, un dato che è apparso incontrovertibile è che non credo sia possibile operare delle semplificazioni rispetto alle caratteristiche e alle finalità dei vari gruppi di protesta che andiamo ad analizzare. Come Comandante generale, dico che non posso non rilevare un legame certamente potenziale - non solo temporale


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ma anche sostanziale - fra l'intensificarsi di questi fenomeni di protesta e la preoccupante evoluzione della situazione economica, non solo interna ma anche internazionale. È un fatto che la crisi in atto abbia allargato anche un certo disagio sociale e c'è il rischio che questo disagio possa anche allargare le aree di «simpatizzanti» della protesta violenta, al di là di ogni collegamento ideologico. Ovviamente esprimo una personale preoccupazione, ma rifuggendo dall'offrire dati accertati di investigazioni specifiche che possano dimostrare un collegamento fra la crisi, e il conseguente disagio, e i gruppi stessi.
Certamente le frange più estreme hanno trovato, ad esempio, un terreno fertile per strumentalizzazioni anche nelle forme pacifiche di protesta, partendo proprio dal movimento no TAV, che naturalmente pare andare oltre anche la semplice esigenza di tutela ambientale e così via. Si tratta di ingredienti che, di fatto, ritroviamo anche in questo movimento.
Prima di offrire uno spaccato operativo concreto, mi pare utile delineare qualche coordinata che valga meglio a far capire quale sia nella realtà il nostro ruolo concorsuale in materia di sicurezza pubblica. È noto alla Commissione che i decreti delegati del 2001, in particolare il decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, che aggiorna la legge 23 aprile 1959, n. 189, ha schematizzato la missione della Guardia di finanza in cinque aree: finanza pubblica, economia, come funzioni primarie, e poi i settori concorsuali e comprimari, ossia la sicurezza, i servizi a richiesta e la difesa.
Per quanto riguarda gli aspetti di maggiore interesse per l'audizione odierna, le attività di concorso trovano la loro cornice giuridica nella legge n. 121 del 1981 e in particolare per la Guardia di finanza nell'articolo 16; esiste, quindi, un obbligo specifico concorsuale previsto dal legislatore a far sì che il Corpo faccia la propria parte non solo a livello centrale, alla dipendenza del Ministro dell'interno, ma anche a livello locale, con i prefetti e con i questori, per quanto riguarda i comandanti provinciali.
C'è quindi un concorso della Guardia di finanza alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica che non avoca a sé le responsabilità proprie del funzionario di pubblica sicurezza, in questi casi, ma ha visto anche una chiarificazione delle zone grigie nel decreto - che mi piace ricordare - del Ministro dell'interno del 28 aprile 2006, il decreto Pisanu, che pur non avendo la forza primaria di legge e quindi pur non avendo intaccato la legge n. 121 del 1981, certamente ha contribuito a chiarire meglio alcuni segmenti di specificità non solo della Guardia di finanza ma anche delle altre forze di polizia. Mi riferisco soprattutto a interventi su quei settori che ne avevano bisogno e che sono stati recepiti dalle varie organizzazioni, compresa la Guardia di finanza, ed emanati come ordini gerarchici interni alla periferia. Su questo punto mi riservo eventualmente di ritornare.
Naturalmente la natura concorsuale di questa nostra attività scaturisce, oltre che dalle specifiche disposizioni legislative a cui facevo riferimento, anche dalla necessità di assicurare il corretto adempimento formale e sostanziale dei compiti primari della Guardia di finanza. Questo è un punto su cui mi soffermerò più avanti.
Qual è, dunque, la motivazione logica di questa attività concorsuale? Occorre partire da alcuni punti fermi. Con la nascita della polizia economico-finanziaria, che è andata ben oltre la funzione del prelievo storico e ha interessato anche segmenti che riguardano la criminalità economica, il settore della spesa e così via, i nostri compiti sono diventati così complessi che per alcune aree e per alcuni segmenti hanno avuto bisogno del supporto di una forza che offrisse quelle cornici di sicurezza a coloro che normalmente esercitano funzioni anche di minore livello sul piano amministrativo, della fiscalità. Alludo all'economia sommersa, alla contraffazione che si è dilatata enormemente, alla criminalità organizzata, all'immigrazione clandestina, oltre che alle forme storiche del contrabbando.
Compiti primari e compiti concorsuali, dunque, affidati alla Guardia di finanza:


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fra questi due segmenti esiste quindi una sinergia naturale, ed è importante saperlo. Ecco perché, da questa missione allargata, la presenza per legge della Guardia di finanza è stata inserita sia in organismi centrali che periferici. Mi riferisco in particolare al Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, al Comitato di analisi strategica antiterrorismo, istituito presso il Ministero dell'interno, al Comitato di sicurezza finanziaria presso il Ministero dell'economia e delle finanze, al Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata. In tali organismi trovano sintesi tutti gli apporti delle varie forze di polizia, compresa la Guardia di finanza, naturalmente per le sue specificità.
Scendendo a livello pratico, la Guardia di finanza ha tre priorità strategiche: la lotta sistematica e decisa all'evasione fiscale e all'elusione, in tutte le loro manifestazioni; il contrasto alla criminalità in genere, per ricercare e reprimere fenomeni illegali quali il riciclaggio di capitali, l'usura, il trasferimento fraudolento di valori, tutti fenomeni in grado di inquinare i circuiti legali dell'economia, quindi un'aggressione verso condotte anche plurioffensive; il potenziamento del controllo economico del territorio per contrastare il lavoro nero e irregolare, la contraffazione, l'immigrazione, il gioco illegale, il contrabbando, i traffici illeciti internazionali e così via.
Il secondo e il terzo obiettivo, vale a dire il contrasto alla criminalità e il controllo economico del territorio, impattano direttamente sull'attività di concorso della Guardia di finanza al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Per garantire l'impiego di risorse umane particolarmente qualificate, noi abbiamo impiegato quelli che normalmente vanno sotto il nome di «baschi verdi», vale a dire personale specializzato antiterrorismo e pronto impiego (ATPI), circa 2.500 militari organicamente inseriti in 52 reparti di pronto impiego, dislocati su tutto il territorio nazionale. Tale personale è caratterizzato, oltre che da una preparazione specifica, che si aggiunge a quella strettamente fiscale, anche da un dinamismo operativo e da una flessibilità per garantire in primis, giornalmente, un supporto a favore dei reparti territoriali che svolgono giorno per giorno la loro attività normale, ma aggiungendo a questa preparazione storica una preparazione specialistica, soprattutto dopo i fatti di Genova, perché nelle richieste emergenziali proprie, come quelle che ci sono state per i fatti di Roma, per la no TAV e per altri avvenimenti importanti, sia in termini di addestramento sia in termini di equipaggiamento non ci fossero gap fra la nostra preparazione e la nostra capacità e quelle della Polizia di Stato e dei Carabinieri. Diversamente avremmo messo a rischio l'incolumità dei nostri militari.
Devo dire che i risultati sono eccellenti. Ricordo a me stesso che i nostri baschi verdi sono volontari, quindi devono avere particolari caratteristiche, seguono particolari selezioni, come è giusto che sia. Vi sono, tra la scuola di Orvieto e la scuola di polizia di Nettuno, delle forme di collaborazione e di partenariato, quindi c'è un travaso professionale fra noi, loro e anche i Carabinieri.
Questi reparti rappresentano un dispositivo duttile di rapida manovra e sono risultati importanti e utili ogni qual volta il Ministro dell'interno o anche il prefetto e il questore ne hanno reclamato un apporto concorsuale, nella misura che di volta in volta viene stabilita secondo le circostanze. Si tratta anche di una componente che fornisce misure tutorie, poiché noi abbiamo anche questa responsabilità.
Tutto questo naturalmente non toglie nulla all'apporto di tutti gli altri militari, di ogni ordine e grado, che nello svolgimento quotidiano della propria attività esercitano implicitamente anche un controllo del territorio che trasversalmente non ha steccati fra la finalità strettamente fiscale o di tutela dell'ordine economico e il concetto più ampio di sicurezza. Parlo dei finanzieri, dei militari, degli ispettori e degli ufficiali che svolgono normalmente


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l'attività con i reparti operativi ordinari: tenenze, compagnie, nuclei di polizia tributaria e così via.
Per riferire qualche dato più direttamente riguardante i casi di Roma e della Val di Susa, anche per dare una misura delle proporzioni in cui agiamo, dal giugno 2011 ad aprile 2012 in media i militari impiegati nel concorso ai servizi di ordine e sicurezza pubblica in occasione delle manifestazioni NO-TAV ed a presidio dei cantieri per i lavori della linea ferroviaria Torino-Lione giornalmente sono stati 93, per un totale di 5028 (per 27.510 giornate uomo). Abbiamo impiegato quindici blindati, tre fuoristrada, e abbiamo avuto diciannove feriti.
Per i fatti di Roma, il 15 e 16 ottobre 2011 abbiamo impiegato 183 unità antiterrorismo e il 17 ottobre 102. Anche in questo caso abbiamo avuto i nostri feriti e danni ai nostri mezzi per 56.000 euro. Lo riferisco per dare una misura quantitativa del nostro apporto e di quello che abbiamo fatto.
Volendo trarre un significato dai nostri interventi, con riferimento ai piani complessivi, nel 2011 indubbiamente è stato registrato un forte incremento del nostro apporto, che è quasi raddoppiato rispetto al 2010. Questo è strettamente speculare alle manifestazioni violente e agli accadimenti che hanno richiesto, da parte del Ministro dell'interno, un nostro apporto.
La percentuale di aumento di richieste di apporto per queste esigenze, maturate però in ambito locale, quindi non con manifestazioni accentrate, come quella di Roma, che hanno avuto una valenza nazionale e internazionale, è stata del 14 per cento (parlo del 2010 e del 2011). Tutto ciò senza considerare l'apporto dato indirettamente, senza il grado di specializzazione e di strumentalità delle unità antiterrorismo, dai reparti ordinari.
L'argomento del concorso della Guardia di finanza, dunque, vede in questa componente militare delle unità antiterrorismo (2.500 persone), a seconda delle richieste del Ministro dell'interno o delle autorità locali di pubblica sicurezza, un primo aspetto concorsuale. Un altro aspetto concorsuale, soprattutto se ci riferiamo al terrorismo, è costituito - ed è senza dubbio la parte più qualificante - dalle investigazioni finanziarie, che trovano nelle segnalazioni per operazioni sospette la parte più importante. La Guardia di finanza, per legge, è stata indicata come punto di riferimento per attuare le risoluzioni delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, che hanno portato alle misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche per il contrasto al terrorismo.
Il meccanismo importante che ci porta ad agire e a valorizzare le funzioni di polizia economico-finanziaria deriva senza dubbio dal fatto che le forze di polizia, come noto, previo il nullaosta delle autorità giudiziarie interessate, trasmettono proposte motivate di segnalazioni al Comitato per la sicurezza finanziaria, che può procedere al loro inserimento nelle cosiddette «liste antiterrorismo».
Tale procedura di inserimento fa sì che si possa procedere al blocco delle disponibilità finanziarie ed economiche dei sospettati, dei soggetti e dei gruppi. Qui entra in gioco la Guardia di finanza, con le sue potestà, le sue capacità e i suoi strumenti, quindi l'apporto importante si inserisce nella preclusione all'accesso delle fonti di finanziamento, che in fondo è il caposaldo su cui si fonda l'azione della comunità internazionale nel contrasto a questo fenomeno pericoloso, non solo sotto il profilo penale ma anche sotto l'aspetto preventivo e patrimoniale. Recidere le fonti di finanziamento ai gruppi e ai singoli soggetti significa attuare una delle forme più elevate di prevenzione, non esaurendola del tutto, ma certamente ipotecando notevolmente l'azione delle forze di polizia per evitare che la ricchezza possa maturare e sfociare in atti concreti di terrorismo.
Naturalmente in questo contesto la Guardia di finanza rivolge la propria attenzione investigativa principalmente su obiettivi convergenti: individuare i meccanismi di passaggio delle risorse finanziarie da parte di strutture o attività economiche che possono fungere da collettori di disponibilità di danaro da destinare a cellule


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terroristiche, e approfondire la ricostruzione dei beni patrimoniali e dei flussi finanziari che possono essere ricollegati a persone o società indiziate di far parte a qualsiasi titolo di queste organizzazioni. Si tratta di indagini a 360 gradi proprie della Guardia di finanza e note in quanto sperimentate su altri campi. In realtà, noi trasportiamo su questo settore non solo le potestà, ma anche l'esperienza, la professionalità e la capacità investigativa per arrivare a certi risultati di individuazione di gruppi, società o persone sospette.
Faccio questa premessa - così potrebbe sembrare - perché credo che in essa sia insito il pensiero più qualificante che mi riguarda. La domanda è questa: cosa può fare la Guardia di finanza per prevenire o per indagare, osservare, esercitare la propria funzione nei confronti di gruppi, parlo dei gruppi anarco-insurrezionalisti, vale a dire quel tema che per brevità ho dato per scontato, non solo perché non mi spetta, ma perché mi sarei ripetuto e non avrei potuto aggiungere nulla alle analisi profonde che ha fatto il Capo della polizia? Questo argomento, invece, mi riguarda perché la domanda è quali spazi abbia la Guardia di finanza per impiegare le sue potenzialità istituzionali anche nei riguardi di questo segmento. Insomma, che spazi ci sono per far sì che l'articolo 270-bis del codice penale - cioè l'ipotesi che ha una sua dignità ormai consolidata, l'associazionismo per finalità terroristiche, anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico - si applichi a questi gruppi nuovi?
Voi sapete che ci sono state soltanto due sentenze, una di Terni e una di Perugia, che hanno fatto questo collegamento, però siamo ben lontani da una giurisprudenza consolidata. Dunque, che spazi abbiamo per intervenire? In questo momento nessuno. Non mi permetto di prendere l'iniziativa per un sinallagma che automaticamente mi faccia agire con gli stessi poteri e mi faccia applicare l'articolo 270-bis anche a segnalazioni di questi gruppi, almeno in linea di massima. Io posso dire che esiste un sinallagma tecnico, abbiamo potestà e strumenti, e se ci fosse un paradigma che tipicizzasse quello che oggi è atipico ne potremmo trarre le conclusioni; ma questo sinallagma tecnico non vuole risolvere nel merito la questione, perché sarebbe un modo molto superficiale e riduttivo per affrontare un tema che ha una sua dignità e una sua delicatezza.
La ricerca di una valutazione che tipicizzi queste atipiche associazioni, queste nuove realtà associative, è un problema delicato che lascio naturalmente al Parlamento, alla politica, che deve fare le sue riflessioni.
Come Guardia di finanza, posso dire che gli strumenti per poter agire, con tutta l'utilità e la fertilità delle segnalazioni per operazioni sospette, per arrivare a quei risultati che abbiamo già percorso per il terrorismo, mutatis mutandis, potremmo applicarli a queste fattispecie. Potremo farlo, però, quando questo dibattito sarà concluso e avrà avuto una sua dignità giuridica. Le riflessioni sono delicatissime, perché si tratta di bilanciare diritti costituzionalmente garantiti, non comprimibili.
L'approfondimento delle posizioni economiche e patrimoniali di questi soggetti nell'area terroristico-eversiva è dunque legato a questo discorso. Per questa ragione mi sono permesso di dilungarmi, ma mi sembra che questo sia il cuore di un problema delicato fra tanti argomenti di cui noi oggi potremmo parlare.
Ho descritto che cos'è la Guardia di finanza e come si pone nel tema della sicurezza e della violenza anarcoide; ho citato il concorso militare, con la componente antiterrorismo, secondo le direttive e le responsabilità del Ministro dell'interno e delle varie autorità di pubblica sicurezza a livello locale. Vi è poi l'analisi economico-finanziaria per arrivare alle fonti di finanziamento, cosa molto importante per la lotta al terrorismo, con lo spazio che si può aprire anche nel contrasto a questi gruppi.
Per il momento mi fermerei qui, ritenendo ogni altro discorso un po' ripetitivo.
Naturalmente noi abbiamo fatto la nostra parte. Quando parlo di attività svolta sotto il profilo finanziario, alludo soprattutto


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al cuore delle segnalazioni per operazioni sospette, che sono lo strumento che più di altri agisce prima dell'azione penale; la segnalazione ha una funzione preventiva, fa suonare un campanello d'allarme e permette di arrivare prima a individuare soggetti che possono commettere questi delitti. Mi riferisco alle ispezioni presso gli intermediari, a quelle che arrivano dal sistema bancario, ai professionisti, agli operatori non finanziari; mi riferisco anche alle sanzioni a carico dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, perché a volte noi siamo investiti da altri e facciamo la nostra parte. Parlo del congelamento dei fondi e delle risorse economiche per finalità antiterrorismo, che abbiamo già attuato; parlo degli accertamenti a richiesta anche del Comitato di sicurezza finanziaria.
Troverete nella relazione scritta anche dei dati che possono essere significativi, relativi al numero di segnalazioni che abbiamo fatto nel 2009, 2010, 2011, alle segnalazioni pervenute dall'UIF (Unità di informazione finanziaria), alle segnalazioni analizzate, agli approfondimenti investigativi conclusi.
Nel merito richiamo l'attenzione su due grandi inchieste del nucleo di Milano, nel 2007 e 2009, che hanno riguardato l'area fondamentalista islamica algerina, non per motivi di allarme sul nostro territorio, ma per eventi dell'Algeria. Gli approfondimenti investigativi che sono partiti da queste operazioni sospette non hanno prodotto, ad oggi, dei risultati né provvedimenti di cattura, mentre le ispezioni a richiesta del Comitato di analisi strategica antiterroristica - ne abbiamo fatte 103 nel 2011 e 413 nel 2010 - sono leggermente diminuite. Nel 2011 ci sono stati 61 indagati ai sensi dell'articolo 270-bis e 110 nel 2010. Sono poi in corso sei indagini di polizia giudiziaria per le quali sussistono ancora motivi di riservatezza.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

EMANUELE FIANO. La ringrazio, generale, della sua comunicazione a questa Commissione e, tramite lei, ringrazio anche i militari che lei comanda per il lavoro che fanno nel nostro Paese, nelle varie funzioni che lei ha qui citato e che noi ben conosciamo, e per la grande professionalità che la Guardia di finanza esprime anche a livello internazionale, in molti compiti propri.
Come lei sa, la sua audizione avviene dopo quelle, che lei ha citato, del Capo della polizia e del Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, nelle quali - in particolare in quella svolta dal prefetto Manganelli, Capo della polizia - sono stati lanciati degli allarmi pubblici su un possibile salto di qualità di alcuni dei fenomeni che lei ha qui citato, in particolare quello dell'anarco-insurrezionalismo. Peraltro, trovo molto interessante un articolo pubblicato oggi sul Corriere della Sera che racconta la vicenda di un sindaco della Val di Susa che, se non ho letto troppo in fretta, è stato espulso dal suo partito, il Partito della Rifondazione comunista, perché ha denunciato la trasformazione di parte di quella legittima protesta contro la TAV - io sono a favore della realizzazione, ma è legittimo che, in democrazia, qualcun altro sia contrario - con la presenza di elementi non autoctoni, ma provenienti da quell'ambito che lei stesso citava.
Ovviamente, quell'allarme qui lanciato dal prefetto Manganelli, per noi che l'abbiamo ascoltato con tanta attenzione, non si è esaurito; nessuno è tornato in I Commissione della Camera a dire che l'allarme è finito. Posso aggiungere che, nei primi momenti di un episodio drammatico che non si è ancora concluso - e speriamo anzi che si concluda positivamente per la persona che ne è stata colpita - allorché una mattina è stato ferito un consigliere comunale di Torino, credo che molti alti gradi delle forze dell'ordine abbiano temuto che questo potesse essere un segnale di riaccensione di una forma di violenza politica. Per fortuna sembra che non sia così, a parere degli inquirenti.


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Lo dico perché, a partire dalla preziosissima iniziativa di questa Commissione circa lo studio di questi fenomeni che sono stati di piazza - le manifestazioni di Roma - in realtà, se ho percepito bene anche dalle sue parole, come da quelle dei suoi colleghi, il comandante Gallitelli e il prefetto Manganelli, la cosa che più preoccupa in questo momento gli inquirenti, nei più alti gradi, di questo Paese non è tanto l'esplicitazione di piazza di quei fenomeni, ma è qualcosa che viene prima dei cortei. La pericolosità dei nuclei anarco-insurrezionalisti non si estrinseca tanto nelle manifestazioni, nelle quali pure si sono verificate violenze, di cui stiamo parlando per vedere qual è stato il ruolo delle forze dell'ordine e la loro capacità, ma in altri tipi di attività meno evidenti.
Onestamente mi pare che lei si sia abbastanza rifatto alle notizie che ci hanno dato i suoi colleghi, non aggiungendo - se mi consente - elementi di investigazione su questo. Rimane, quindi, quell'allarme che noi abbiamo percepito.
Se mi è consentito, la sua relazione ha toccato anche molto approfonditamente il ruolo di cooperazione tra la Guardia di finanza e le altre due forze di polizia a carattere generale che la legge n. 121 del 1981 ha investito delle note funzioni di salvaguardia della sicurezza e dell'ordine pubblico.
Per il momento le rivolgo una domanda più banale, augurandomi che riprenderemo questi temi - pur sapendo che la Commissione è investita di compiti molto coinvolgenti nelle prossime settimane - se riusciremo ad avviare, come ci siamo ripromessi di fare, il lavoro di analisi dello stato di attuazione della legge n. 121 del 1981.
Siccome il comandante generale Di Paolo ha molto parlato di come si esplicita la cooperazione con le altre forze dell'ordine, vorrei richiamare alcune questioni. La prima è di tipo logistico-tecnica e si riferisce a una serie di vostre attività. Penso in primo luogo all'espletamento delle gare di appalto per gli acquisti delle attrezzature, dei mezzi, della strumentazione, ma anche alla questione della formazione. Lei ha parlato in maniera attenta e dettagliata della formazione, in particolare, dei 2.500 uomini che ricevono una formazione antiterroristica specifica, altrimenti non potrebbero fare parte dei baschi verdi. Inoltre, richiamo tutte le funzioni di investimento nel campo della manutenzione, della formazione riferita alla strumentazione della vostra Arma, che si svolgono in maniera distinta da quello che succede nelle altre due forze di polizia a carattere generale.
La mia personale idea è che in questo Paese ci siano troppe stazioni appaltanti per l'acquisto di mezzi delle forze dell'ordine, troppi sistemi formativi separati, mentre, come lei ha qui esplicitato - e la sua opinione ovviamente è corroborata anche da dispositivi normativi e successive integrazioni - c'è un'integrazione a livello dell'operatività, ossia i baschi verdi sono a fianco dei Carabinieri e della Polizia in piazza, anche nelle manifestazioni citate. Voglio capire se questa forma di collaborazione operativa è anche una forma di collaborazione funzionale - io penso di no, ma ovviamente ne sa più lei - quando si tratta di approvvigionarsi e di formarsi.
Dalla sua relazione, che ho ascoltato con attenzione e apprezzato, emerge tutto il valore del lavoro che voi svolgete, sia per l'ordine e la sicurezza pubblica, sia nelle vostre competenze più peculiari e uniche nel campo economico-finanziario, di contrasto al terrorismo e via elencando. Personalmente ritengo che potrebbe - uso il condizionale con molto rispetto - essere meglio per il Paese che una forza di polizia a carattere militare come la vostra, che ha una così nota professionalità specifica rilevata a livello internazionale, avesse nel Paese - lo dico senza alcuna supponenza - un ruolo circoscritto all'ambito in cui nasce la vostra competenza.
Ovviamente la vostra compartecipazione alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza è sempre stata di grande capacità e di grande valore, oltre ad avervi causato, come lei ha qui citato, danni e ferimenti. Mi domando tuttavia - la mia è una domanda di fondo - quale sia la cosa più utile per il Paese, senza alcuna preclusione e,


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come forse avrà capito, anche con una grandissima stima delle vostre capacità e conoscenze e della vostra autorevolezza nel campo.
Mi scuso fin da ora col generale Di Paolo, perché dopo aver ascoltato la sua risposta dovrò andare in Aula per intervenire nel question time.

MARIO TASSONE. Voglio ricordare a me stesso - certamente non ai colleghi - che la nostra iniziativa di avviare quest'indagine conoscitiva è nata proprio perché avvertivamo l'esigenza di capire qualcosa in più di quello che era avvenuto a Roma. Ovviamente poi abbiamo legato la questione ai precedenti della Val di Susa e alle vicende di Genova.
Partendo dalle vicende legate alla realizzazione della TAV e dai fatti di Genova del 2001, ci siamo chiesti come mai poi è seguito l'episodio di Roma, con gli stessi gruppi violenti organizzati che hanno devastato Roma come avevano devastato precedentemente anche Genova. Questo è il dato.
Non mi dilungo sul ruolo della Guardia di finanza, perché lo conosciamo molto bene. Se volete, a questo si accompagna anche il nostro apprezzamento, che rivolgiamo a livello di Parlamento, con la volontà di capire. Insomma, non c'è un apprezzamento per fede, lo dico anche al comandante generale della Guardia di finanza, che ha perlustrato queste Aule parlamentari per lungo tempo. Non c'è dubbio che dobbiamo fare una valutazione oggettiva, a freddo. Siccome la nostra è una Commissione che cerca di fare, in termini rapidi, delle valutazioni per raccogliere qualche elemento di certezza, chiediamo cosa non ha funzionato sul piano della prevenzione e dello scambio di informazioni, fermo restando che certamente sappiamo quali siano le competenze della Polizia di Stato e dei Carabinieri, competenze di carattere generale, e sappiamo qual è il ruolo della Guardia di finanza.
Inoltre, poiché si tratta di materia top secret, vorremmo capire qual è l'apporto dei servizi di informazione in tutto questo. Se è possibile, sarei curioso di avere queste notizie dal responsabile di una delle forze dell'ordine. Peraltro, ormai in Italia le forze dell'ordine sono presenti in numero mastodontico; in rapporto, abbiamo un numero equivalente a quello del Cile di Pinochet, se combiniamo tutte le forze dell'ordine, tra Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato, fino a Capitaneria di porto e Guardia costiera.
Insomma, che cosa non ha funzionato? Come si sono mossi i servizi di informazione? Questi gruppi si spostano come le truppe cammellate, da una parte all'altra. Ricordo che ho avuto a che fare con gli episodi relativi alla TAV nel 2001 e 2002. Conosco anche la legge n. 121 e lei ha citato anche la circolare del Ministro Pisanu del 2006, ed ero in quel Consiglio dei ministri.
Non c'è dubbio che si tratta di problemi tecnici-operativi, dove certamente esiste il tema del coordinamento e della gestione delle informazioni: o sono scarse le informazioni oppure non si è riusciti quantomeno a contenere quella che si è rivelata poi un'iniziativa dirompente che ha determinato quello che a tutti è noto.
Non c'è dubbio, altresì, che noi abbiamo a che fare con una serie di provvedimenti e che esiste il problema della specificità - vengo da una riunione del COCER, dove ritorna continuamente il problema della specificità - laddove abbiamo semplicemente coniato la parola, ma non c'è un atteggiamento consequenziale che dia forza e dignità allo stesso termine.
Signor comandante, ho seguito con molta attenzione la sua relazione pregevolissima e conosciamo bene il ruolo della Guardia di finanza. Questi finanziamenti da dove vengono? Alcuni risultati li abbiamo raggiunti per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, per quello che si può fare e che si è riuscito a fare, su un altro versante. A che punto è la lotta al terrorismo sul fronte del finanziamento? Vorrei sapere se esiste una collaborazione a livello europeo. Al di


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là dei giudizi trionfalistici sull'Europa, credo infatti che su questo bisognerebbe dire uno scampolo di verità.
Noi abbiamo bisogno di una valutazione oggettiva, dando atto certamente alla Guardia di finanza del suo impegno. Quando c'è stata qualche vicenda - mi riferisco agli anni Settanta - in questo Parlamento, l'abbiamo rimossa, ovviamente con ripercussione negativa sul Paese, ma questa azione ha riguardato partiti e Parlamenti. Non c'è dubbio che la Guardia di finanza rimane un fiore all'occhiello anche di questo nostro Paese per l'alta professionalità e per l'alta qualità, non soltanto dei comandanti generali - anche di quelli che provenivano dall'esercito - dopo la riforma dei vertici militari che abbiamo fatto. Di certo, però, qualche parola bisogna dirla.
Infine, con riferimento a tutti gli organismi interforze, come sa il comandante alcuni sono soltanto delle sigle, altri sono operativi. Nell'ambito di queste sigle roboanti - sentendo già la parola «interforze» il cittadino crede si tratti di chissà cosa - alcuni rami secchi, che sono sinecure per collocare chi non ricopre ruoli di responsabilità, non potrebbero essere rivisitati, in modo da dare maggiore forza ai reparti più operativi? C'è davvero una cultura interforze all'interno del nostro Paese?

PRESIDENTE. Do la parola al comandante generale Nino Di Paolo per la replica.

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Innanzitutto ringrazio l'onorevole Fiano dei giudizi espressi nei confronti della Guardia di finanza, che fanno sempre piacere, non per me ma per gli uomini che lavorano.
Comincio con il tema della formazione, delle gare di appalto, degli strumenti. Come è noto, la Guardia di finanza ha un'autonomia di bilancio, quindi già questo pone dei limiti anche a formule diverse. Le forme di economia sono già presenti all'interno delle amministrazioni e sono state anche sviluppate negli anni.
L'onorevole Fiano chiede cosa si possa fare a livello interforze. Io non ho mai avvertito l'esigenza, perché l'82 per cento del bilancio della Guardia di finanza è destinato al personale, e per il 90 per cento si tratta di leggi speciali che riguardano il settore aeronavale, quindi si finanziano da sé. I margini per questo sono molto ristretti. Naturalmente, nell'ambito della normativa io stesso sono obbligato a seguire degli itinerari di massimizzazione dei risparmi.
Sulla possibilità di superare anche questi limiti di bilancio per ottenere forme integrate credo ci sia un'apertura massima e ritengo che soluzioni diverse si possano sperimentare.
Per quanto riguarda la formazione, io dico che, per la Guardia di finanza, cultura e formazione sono la vita. Da comandante, anch'io ho dovuto stringere la cinghia e attuare tutto quello che è possibile per economizzare. L'unico settore, tuttavia, che mi sono permesso di non toccare è quello della formazione, per non umiliare la scuola di polizia tributaria e tutte le nostre scuole.
La cultura per noi è fondamentale. Noi vinciamo le nostre battaglie con la mafia, con la camorra, con il fisco - non parlo dello scontrino, ma delle triangolazioni con l'estero, delle frodi carosello sofisticate - grazie all'intelligenza.
Scendendo più nello specifico, prima mi sono soffermato su alcuni argomenti, su cui ora ritorno, perché nell'argomentazione era già insita la risposta. Dico questo perché in molte audizioni in Parlamento mi sono sentito rivolgere la seguente domanda: che cosa fanno gli ATPI (Reparti antiterrorismo - pronto impiego) con la Guardia di finanza? Se noi ci rifacciamo a una dimensione di illegalità economico-finanziaria di 10-15 anni fa questa domanda poteva avere una sua dignità; oggi le condotte plurioffensive in materia economico-finanziaria sono molto complesse e ampie. Guai a non percepirne la pericolosità, segmentando e togliendo gli strumenti adeguati a questa complessità.
Questo significa che non è concepibile fare una verifica a Scampia andando in


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borghese, in cravatta, con due uomini che fanno normalmente questo lavoro: ve lo assicuro, e avendo comandato la Campania posso fornirvi molti particolari. Esistono dei territori che in sé hanno bisogno di una cornice di sicurezza oggettiva, ma questo non riguarda soltanto le zone del centro-sud, riguarda anche il centro-nord. Quando abbiamo dovuto fare delle operazioni con i cinesi, nel pratese - operazioni complesse di cui la stampa si è occupata - io ho avuto bisogno di centinaia di ATPI per organizzarle, con perquisizioni nottetempo nei laboratori clandestini e così via.
Poiché un obbligo di legge mi impone di concorrere con il Ministro dell'interno, ho cercato di recuperare quel gap non solo in termini di tutela fisica dell'uomo ma anche di professionalità più spinta, che andasse oltre quella cornice di sicurezza che mi assicuravano i nuclei di polizia tributaria, per far sì che nelle richieste di emergenze violente, come quella di Roma, questa componente innanzitutto non avesse a correre dei rischi. Ricordo che prima dei fatti di Genova, il concorso della Guardia di finanza avveniva grosso modo con gli strumenti fisici che i nostri militari avevano quando facevano servizio ordinario. Questo è stato pericolosissimo. Oggi gli interscambi, non solo a livello di vertici, di funzionari, ma anche tra le scuole di Orvieto, di Nettuno e i Carabinieri, sono frequenti: uno dà esperienze all'altro. Da me, a Orvieto, vengono i poliziotti, io vado a Nettuno.
Sotto il profilo della formazione, credo che sia stato fatto molto, perché i nostri uomini, anche professionalmente, facessero la loro parte nel modo migliore possibile. Ricordiamo che stiamo parlando sempre di eventi pericolosissimi, dove non si impara mai abbastanza, perché le formule cambiano: oggi è internet perché li convoca, una volta c'erano schemi molto più semplici.
Sotto questo profilo, devo dire che la formazione è molto curata. Ci aiuta anche la volontarietà, poiché questi sono ragazzi che hanno trovato, in questa funzione, anche una ragion d'essere che li ha molto gratificati. Lo spirito di corpo che c'è nei baschi verdi è molto forte. Anche recentemente, con l'attenzione dell'opinione pubblica alla lotta a certe forme evasive - non parlo soltanto dello scontrino, ma soprattutto della contraffazione, che è un cancro non indifferente, dal momento che stiamo parlando di 6,2 miliardi soltanto di IVA evasa all'anno -, essi trovano una loro gratificazione.
Sulla formazione non aggiungerei altro. È bene capire che questa natura concorsuale ha una funzione integrativa delle richieste del Ministro dell'interno; in altre parole, noi non abbiamo una componente che sta ferma in attesa che il questore o il ministro la convochi. Questi ragazzi lavorano tutti i giorni, escono e fanno il loro lavoro nel controllo economico del territorio. In questi giorni e in questi mesi - li vedete anche in televisione - sono presenti in tutte le aree del Paese. Certamente, però, ci sono momenti di criticità che riguardano o la Guardia di finanza o altri organismi. Le criticità avute a Lampedusa hanno visto la componente antiterrorismo della Guardia di finanza svolgere un ruolo fondamentale insieme alla parte che operava sul mare, perché gli atti di violenza che accadevano sulla terraferma hanno visto in questa componente una funzione integrativa fondamentale con i colleghi sui pattugliatori. Questo è molto importante. Quando si citano i fatti di Roma, parliamo di tre giorni. La Guardia di finanza ha fatto la sua parte, ma sempre di tre giorni si tratta. Anche nel caso delle proteste dei no TAV, si tratta di giornate, che tuttavia non esauriscono l'apporto della Guardia di finanza.
Guai a pensare che la Guardia di finanza abbia, nei reparti di pronto impiego, delle riserve per l'ordine pubblico. Non è così. Negli stadi, ad esempio, quando ci sono momenti di criticità, giustamente il Ministro dell'interno o il questore, nell'ambito della loro discrezionalità, misurano questa pericolosità e chiedono aiuto. Mi sembra un elemento di flessibilità che è concepibile, che non umilia la funzione della missione istituzionale della Guardia di finanza.


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Capisco che possa essere poco comprensibile, però da comandante che ha fatto questo lavoro da tanti anni vi assicuro che questa componente è fondamentale per l'esercizio di attività antievasive pericolose. Per non parlare, poi, delle operazioni che facciamo in territori come la Puglia, o per questioni legate all'immigrazione. Certamente noi non abbiamo dilatato questo discorso che da più parti ci veniva anche richiesto. Devo dire che si tratta di finanzieri bravi, che sanno ben svolgere il loro lavoro.
Questa attività, però, l'abbiamo sempre tenuta entro limiti in cui non esplodesse e non inficiasse la missione originaria di lotta all'evasione. Io stesso non ho aumentato di una sola unità ciò che fino ad oggi ha ben funzionato.

EMANUELE FIANO. Vorrei un chiarimento su un numero. Tutti i 2.500 ATPI sono dei nuclei di pronto intervento? Sono tutti a pari livello? Non c'è una ripartizione interna?

NINO DI PAOLO, Comandante generale della Guardia di finanza. Sono tutti a pari livello e sono distribuiti in 52 reparti di pronto impiego in tutta Italia.
L'onorevole Tassone, che ringrazio delle espressioni rivolte al nostro Corpo, pone dei problemi importanti e interessanti, però anche complessi. Non volevo eludere una domanda, ma se devo recepire la filosofia della domanda dell'onorevole Fiano, dovrei rispondere che non dovrei fare certe cose. In questo c'è un'implicita risposta non elusiva. La Guardia di finanza, e per essa il comandante generale, non ha per missione primaria l'investigazione a monte per individuare il terrorista. Io non ho sul territorio reparti che sono deputati a ciò in via primaria, perché questo farebbe confondere la missione che mi deriva dalla legge con quello che fanno i Carabinieri e la Polizia di Stato. Se andiamo all'analisi storica delle ragioni che muovono i gruppi anarchici, io non le so rispondere, perché non ho elementi per farlo e non ho dati che investigano ab origine su questo fenomeno.
La Guardia di finanza è servente a chi per legge svolge questo tipo di lavoro e interviene per dare la sua professionalità. L'input, l'indizio può venirmi da chiunque (Polizia, Carabinieri) o da organismi interforze a cui abbiamo fatto riferimento; l'input spesso viene dai Comitati di analisi strategica o dai servizi, i quali riferiscono un sospetto dal quale noi partiamo e facciamo la nostra parte con gli strumenti e le potestà che altre forze non hanno.
Quindi, l'universo preventivo dell'investigazione sulle operazioni sospette che hanno una matrice finanziaria credo che sia la parte più qualificante della Guardia di finanza, perché si esercita in questo modo la massima funzione preventiva: è un'azione silenziosa, non è visibile, non è un'operazione militare, quindi è efficace; è un'azione che viaggia attraverso l'analisi bancaria o attraverso gli intermediari finanziari sospetti. Lo dico perché le due inchieste pilota che abbiamo svolto per l'Algeria muovono le mosse da quello che sto dicendo. Noi non siamo stati protagonisti che hanno fotografato l'indizio che ha portato alla responsabilità e agli ordini di cattura; noi siamo arrivati dopo, ma senza di noi non si sarebbe arrivati alle responsabilità. È in questa funzione complementare che c'è la ricchezza. Guai a confondere i ruoli e anche le potestà, poiché noi abbiamo potestà finanziarie che la Polizia e i Carabinieri non hanno. Noi possiamo chiedere delle investigazioni bancarie muovendo da un'ipotesi fiscale o amministrativa innocua; si tratta di inchieste delicatissime, in cui non è facile non essere scoperti e non bruciare le fonti. Dunque, l'investigazione finanziaria è di grandissima utilità, ma interviene in una fase successiva all'indizio.
Faccio presente che nel 2009 abbiamo analizzato 462 segnalazioni. Il Comitato di analisi strategica nel solo 2010 ci ha richiesto l'effettuazione di 413 ispezioni: non sono poche, e parlo solo di finanziamento al terrorismo.
Se invece parliamo di che cosa si può fare di più sul piano del coordinamento, delle interforze, la mia esperienza mi dice che più che le etichette valgono gli uomini.


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Non sempre uno strumento può essere giudicato in sé, per come è formulato in astratto; a volte ci sono degli uomini eccellenti che fanno funzionare gli strumenti, altre volte no. Per questo sono molto concentrato sulla preparazione, sulla professionalità degli uomini più che sulle innovazioni formali, estetiche.
Ci sono scuole interforze dove ufficiali e funzionari di tutte e tre le forze di polizia che si interscambiano, con corsi anche di un anno, dove si instaurano anche rapporti personali che si ritrovano anche dopo i corsi. Io ho amici dappertutto, per non parlare dei rapporti di vertice, che non sono soltanto buoni, ma sono anche di profonda stima, anche amicale che nasce anche sul territorio. Ad esempio, quando comandavo la Campania, Manganelli era questore a Napoli e Gallitelli comandava la Campania.
Questo non significa che non si possa fare qualcosa di più, però dal mio punto di vista - non sarei corretto se parlassi di ambiti che non mi sono propri - guardando a quello che ho potuto dare come Guardia di finanza, si è fatto tanto. Mi riferisco anche all'ambito locale, laddove per esempio i Comitati provinciali dell'ordine e della sicurezza pubblica sono delle eccellenze. Abbiamo organizzato dei tavoli allargati - mi riferisco al modello Padova - dove addirittura il prefetto ha costruito per il comandante provinciale, per la contraffazione, una cabina di regia cui hanno partecipato i sindaci, le associazioni, le università.
Per quanto riguarda il Comitato nazionale, quello che va sotto il nome di «modello Caserta» non è uno slogan: aver messo intorno a un tavolo non solo le forze di polizia, ma anche i magistrati della DDA (Direzione distrettuale antimafia) e autorevoli responsabili, ha prodotto dei risultati concreti. Non posso dire che qualcosa non ha funzionato, poiché le mie esperienze sono state molto positive.
In ogni caso tutto è perfettibile ed è possibile sempre cambiare qualcosa; personalmente non avrei da fare proposte, come Guardia di finanza. Io non ho iniziativa sulle segnalazioni che mi vengono inoltrate dai servizi e dalle forze di polizia: mi arrivano perché me le mandano e io rimando loro i risultati. Si realizza, dunque, un processo osmotico di grande dignità.
Stiamo parlando anche di fenomeni - parlo da profano, non da tecnico - che sono complessi per natura. Ad esempio, la fortissima presenza giovanile; inoltre gli strumenti moderni hanno spiazzato i modelli tradizionali, e laddove prima era possibile vedere subito dove si portavano le armi il giorno prima, dove si nascondevano le bottiglie incendiarie e via dicendo, oggi è tutto volatile, molto più veloce.
Che cosa bisogna fare? Bisogna forse osservare meglio, non avere alcuna presunzione di avere la ricetta giusta e naturalmente far sì che l'esperienza e il dato sperimentale facciano la loro parte nell'inventare qualche ricetta diversa.
Il mio rimane un punto di vista strettamente legato alla missione istituzionale della Guardia di finanza. Questo tema, per quando riguarda la finanza, vede nell'analisi finanziaria, e soprattutto nell'analisi delle operazioni sospette, un pilastro fondamentale che può dare ottimi risultati in termini preventivi. Mi sono soffermato su questo aspetto perché vedo, nella chiarezza e nel processo di tipicizzazione giuridica di queste nuove condotte anomale, uno spazio futuro anche per la Guardia di finanza, qualora si dovesse arrivare a un paradigma giuridico su cui operare.
Credo che il resto riguardi un discorso più strettamente connesso a riflessioni di altre forze di polizia.
Sulla specificità, il decreto Pisanu è giunto all'indomani di un anno di lavoro dei Capi di Stato maggiore, e io stesso ho fatto parte del gruppo di lavoro. Non è un lavoro inutile. Laddove è stato possibile recuperare qualche spazio da aree di sovrapposizione o di confusione, credo che sia stato fatto. Sul piano didattico, l'interforze esiste nei fatti, anche per legge: abbiamo colonnelli, ufficiali inferiori che vanno e vengono, per un anno, sei mesi; si


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tratta di corsi anche robusti, cui partecipano come uditori o come frequentatori per ottenere un titolo.
Naturalmente la cultura interforze è anche figlia della legge n. 121; direi che nella cultura interforze c'è anche l'anima storica della legge n. 121, che voleva anche questo. Se mi chiedete che cosa si sia fatto e che cosa si possa fare di più, personalmente, come Guardia di finanza, non ho proposte da fare. Mi limito a ribadire la nostra disponibilità a continuare questi percorsi. Non ho mai pensato, né mai lo hanno pensato i miei predecessori, di anemizzare tutte le forme di collaborazione interforze, sia a livello didattico sia a livello sperimentale.
Sul territorio il Comitato provinciale dell'ordine e della sicurezza pubblica è un punto di riferimento che io ritengo ancora molto soddisfacente, poiché è duttile, versatile, molto sensibile. Questo tavolo, cui non sono presenti soltanto forze di polizia, negli anni si è arricchito anche di altre componenti della società civile: associazioni, sindaci. Gli elementi locali sono stati sempre più presenti in queste cellule dello Stato e ho visto che hanno un ruolo importante. Parlo delle mie esperienze toscane, emiliane, lombarde e campane.

PRESIDENTE. Credo che la relazione e le risposte del comandante Di Paolo siano state abbastanza esaustive. Ringrazio il generale Di Paolo, a nome mio e della Commissione, per la relazione e per le risposte esaustive che ha fornito ai quesiti posti dai colleghi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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