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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
15.
Mercoledì 9 febbraio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

Audizione di esperti della materia:

Bruno Donato, Presidente ... 3 8 9
Bressa Gianclaudio (PD) ... 8
Sepe Marco, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma ... 3 9 10
Tassone Mario (UdC) ... 8 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 9 febbraio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di esperti della materia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti, l'audizione di esperti della materia.
È presente il professor Marco Sepe, professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma, a cui do la parola.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Il tema delle autorità indipendenti è molto ampio, come dimostra lo stesso programma dell'indagine conoscitiva. È arduo, pertanto, tracciare un quadro generale esaustivo nei tempi necessariamente ristretti di questa audizione.
Dovendo ritagliare uno spicchio nell'analisi del rapporto tra potere governativo e autorità amministrative indipendenti, come hanno fatto gli esperti intervenuti nella precedente audizione, avrei pensato di concentrare l'attenzione sul ruolo, le funzioni e le prospettive del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, che, pur non rientrando stricto sensu nel novero delle autorità indipendenti, è ricompreso tra le autorità creditizie dal Testo unico bancario, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.
La crisi che ha colpito nell'ultimo triennio l'industria finanziaria e che si è trasmessa poi all'economia reale, i cui effetti ancora non sono stati debellati, così come recenti sviluppi ordinamentali, sia a livello nazionale, sia a livello europeo, richiedono una riflessione sulle funzioni che un Comitato di ministri con la partecipazione di autorità di vigilanza può svolgere nel mutato contesto.
Il CICR è l'erede del Comitato dei ministri previsto dalla legge bancaria del 1936, il regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, la quale legge, in risposta alla crisi del modello economico fondato sulla banca mista - parliamo della crisi degli anni 1929-30 - ridisciplinò in maniera integrale il sistema bancario, nel quadro, rimasto tuttavia inattuato, di un più generale disegno di regolazione unitaria e verticistica del sistema finanziario, non legato solo alla componente bancaria, ma esteso anche alla componente borsistica e mobiliare.
Il fatto che nell'intenzione dei compilatori della legge bancaria del 1936 ci fosse l'intento di dare una regolamentazione all'intero comparto finanziario emerge chiaramente sia dai lavori preparatori, sia da alcune disposizioni della medesima legge bancaria del 1936, in particolare da quelle che rimettevano alla Banca d'Italia il compito di autorizzare la partecipazione delle banche ai sindacati di collocamento. Una specifica disposizione, l'articolo 43 della legge bancaria del 1936, disponeva l'accentramento nelle nuove autorità bancarie


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- il Comitato dei ministri e l'Ispettorato del credito, poi sostituito dalla Banca d'Italia - anche del controllo delle borse valori. Nella legge bancaria del 1936 figurava, dunque, questo indirizzo verso un sistema a vertice unitario.
L'idea di questo controllo e indirizzo unitario e verticistico, pur restando di fatto inattuata, perché l'articolo 43 rimandava a un successivo decreto che poi non fu mai emanato, viene riproposta nel 1947 con il decreto legislativo 17 luglio 1947, n. 691 del Capo provvisorio dello Stato, il decreto che istituisce il CICR.
Tale decreto, all'articolo 1, attribuisce al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio l'alta vigilanza in materia di tutela del risparmio e di esercizio della funzione creditizia, nonché valutaria, utilizzando espressioni che nella terminologia ricalcavano anche l'articolo 47 della Costituzione che stava per nascere. Si tratta di una disposizione a sua volta riferibile, secondo le letture più attente, all'intero comparto finanziario e non solo al settore bancario.
La normativa all'epoca degli anni 1947-48 prevedeva, dunque, una regolamentazione unitaria e verticistica del sistema, almeno a livello di princìpi. Tale indirizzo, però, non ha mai avuto concreta applicazione, vuoi per la scarsa significatività che il mercato mobiliare e borsistico per lungo tempo ha rivestito nell'economia finanziaria nazionale, vuoi per la prevalenza del profilo tecnico-amministrativo rispetto a quello politico - nei fatti, il CICR non ha mai attuato delibere di sua iniziativa, ma sempre su proposta della Banca d'Italia - vuoi, in periodi più recenti, per il progressivo affermarsi a livello sia europeo, sia nazionale, a partire dagli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo, di un principio di neutralità e indipendenza dal potere politico e governativo dell'attività di vigilanza sul sistema finanziario e su ogni singolo comparto del sistema finanziario, principio secondo il quale non sono tollerabili ingerenze pianificatorie da parte delle autorità ispirate o contagiate da esigenze di politica economica e del quale l'introduzione delle autorità indipendenti è la più evidente manifestazione.
Non è un caso, quindi, che, sia in sede di redazione del Testo unico bancario nel 1993, sia anche, successivamente, nel 2005, durante i lavori preparatori della cosiddetta legge sul risparmio, la legge 28 dicembre 2005, n. 262, nonché, più di recente, nel 2008, con la presentazione al Senato di un disegno di legge proprio sulla regolamentazione delle autorità indipendenti, sia stato posto il problema di un'abolizione del CICR oppure di una sua totale rivisitazione.
La dottrina si è espressa in larga misura, all'epoca del Testo unico bancario e anche successivamente, in maniera favorevole a un'abolizione del CICR, laddove da altri, almeno fino a tempi recenti, è stata sottolineata la necessità di un suo mantenimento, in quanto la riferibilità della responsabilità della politica di vigilanza a un organo ministeriale sarebbe necessaria, rinvenendosi in questo la legittimazione democratica del sistema di controllo, il quale altrimenti potrebbe scadere in un meccanismo di autoreferenzialità che le finalità generali fissate dalla legge non sarebbero sufficienti a giustificare.
Attualmente il CICR è disciplinato dall'articolo 2 del Testo unico bancario, il quale dispone che esso sia composto dal ministro dell'economia e delle finanze e da altri cinque ministri, quello del commercio estero, quello delle politiche agricole, alimentari e forestali, quello dello sviluppo economico, quello delle infrastrutture e dei trasporti, e quello delle politiche europee. Alle sedute del CICR partecipa il Governatore della Banca d'Italia con voto meramente consultivo. Il ministro dell'economia e delle finanze può anche invitare altri ministri o i presidenti delle autorità di vigilanza a partecipare alle sedute in relazione ad argomenti connessi ai profili di stabilità complessiva, di trasparenza e di efficienza del sistema finanziario.
Sempre dal punto di vista della struttura e del funzionamento del CICR, il direttore generale del Tesoro svolge le


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funzioni di segretario e per l'esercizio delle sue funzioni il CICR si avvale della Banca d'Italia. Ciò significa in sostanza che il CICR, almeno direttamente, non costa nulla al bilancio dello Stato, perché la sua segreteria è composta di dipendenti della Banca d'Italia e costituisce un'area della vigilanza della medesima Banca d'Italia.
Il CICR oggi svolge schematicamente cinque funzioni previste dalla legge: detiene l'alta vigilanza in materia di credito e tutela del risparmio; svolge una funzione di luogo di scambio di informazioni e di raccordo e di coordinamento istituzionale tra autorità di Governo e autorità di vigilanza, funzione propedeutica e finalizzata alla realizzazione dell'alta vigilanza riferibile ai profili di stabilità complessiva, di trasparenza e di efficienza del sistema finanziario; conserva le competenze in materia valutaria previste dal citato decreto del 1947; detiene un potere autorizzativo sulle emissioni obbligazionarie delle regioni ai sensi della legge 16 maggio 1970, n. 281; infine, svolge una funzione paragiurisdizionale, deliberando sui reclami proposti avverso i provvedimenti adottati dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 9 del Testo unico bancario.
Di queste cinque funzioni le ultime tre hanno di certo natura residuale, se non debbano considerarsi superate dall'evoluzione dell'ordinamento.
In particolare, la materia valutaria deve intendersi assolutamente circoscritta ed eventuale in relazione all'avvento dell'euro e al trasferimento delle relative competenze alla Banca centrale europea e al Sistema europeo delle banche centrali.
Anche il potere di autorizzare l'emissione obbligazionaria delle regioni stride fortemente con l'introduzione del federalismo, che attribuisce agli enti territoriali una propria autonomia e una propria responsabilità e competenza nei processi di indebitamento, tanto più che tale facoltà rappresenta un residuo storico finalizzato soprattutto a evitare che le regioni e gli enti territoriali emettessero titoli di debito in concorrenza con i titoli pubblici statali.
Quanto alla funzione paragiurisdizionale, anch'essa è un residuo storico, perché non è dato rinvenire negli ultimi cinquant'anni alcun pronunciamento del CICR, considerato che i tre o quattro reclami nel tempo presentati sono stati tutti bloccati per motivi procedurali.
D'altronde, la circostanza che l'istruzione di tali reclami avvenga da parte degli uffici che li hanno emessi, essendo avverso provvedimenti sanzionatori della Banca d'Italia ed essendo l'istruzione effettuata dalla segreteria del CICR, che è Banca d'Italia stessa, induce ovviamente i sanzionati a preferire il ricorso alla giustizia amministrativa.
Ricordo poi come tale tipo di ricorso nasceva proprio nel 1936, quando non esisteva il ricorso alla giustizia amministrativa ed era possibile solo un ricorso in via gerarchica. Possiamo, quindi, considerare le suddette funzioni superate.
Anche relativamente alle prime due che ho evidenziato, quella dell'alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio e quella di coordinamento, sono state segnalate molte perplessità e criticità.
Con riguardo all'alta vigilanza, è noto che essa si esplica essenzialmente attraverso l'esercizio di un potere normativo. Il CICR emette delibere assunte nei casi previsti dalla legge su proposta della Banca d'Italia per la materia di vigilanza bancaria o su proposta della CONSOB e di Banca d'Italia per i profili di trasparenza, di cui al Titolo VI del Testo unico bancario.
Tale proposta ha, nel caso della Banca d'Italia, natura obbligatoria, ma non vincolante. In altri termini, il CICR non ha il potere di attivarsi autonomamente, ma può deliberare solo su proposta della Banca d'Italia. Ovviamente, avanzata la proposta della Banca d'Italia, si procedimentalizza l'emanazione della delibera e il CICR, in quel caso, può anche deliberare discostandosi dalla proposta. Mancando, però, la proposta, il CICR non ha potere autonomo, a differenza di quanto avveniva nel 1947, quando il CICR deteneva un


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potere generale di direttiva, che non necessariamente doveva essere attivato su proposta della Banca d'Italia.
Si trattò di uno scambio che avvenne nel 1993 - io partecipai direttamente ai lavori di predisposizione della proposta di testo del Testo unico bancario - quando si discusse se mantenere o meno il CICR e si stabilì di mantenerlo, ma ponendovi due freni. Tali freni furono quello di togliere la competenza di delibera generale, limitandola alle sole ipotesi espressamente previste dalla legge, come dispone l'articolo 2, e quello di procedimentalizzare la funzione normativa del CICR, ossia di conferirgli il potere di deliberare nelle materie di vigilanza bancaria solo previa proposta dell'organo tecnico della Banca d'Italia.
Altri forti segnali di criticità su questa funzione sono stati evidenziati in sede internazionale con rispetto alla funzione dell'alta vigilanza. Ricordo come, in occasione proprio dei lavori della legge sul risparmio, tanto la BCE, quanto il Fondo monetario internazionale espressero perplessità sul mantenimento del CICR, nel parere reso, ponendo in luce il rischio che l'esercizio di questa alta vigilanza rispetto all'attività di controllo potesse andare a incidere su un'attività di controllo che, invece, avrebbe dovuto avere carattere eminentemente tecnico.
Lo stesso Governatore della Banca d'Italia ormai da oltre un quinquennio non ha mancato di sottolineare come il CICR stia perdendo questo potere normativo e come tale potere stia a mano a mano sfumando a causa dell'erosione della potestà normativa degli Stati nazionali europei, con il trasferimento a livello comunitario in maniera sempre più stringente delle scelte normative anche di dettaglio. Il fatto che ormai tutte le norme vengono formulate a livello europeo priva infatti di rilievo la funzione di indirizzo normativo del CICR.
Il processo di trasferimento a livello comunitario della normativa andrà sempre più rafforzandosi, sia a seguito della piena adozione del nuovo metodo di produzione legislativa comunitaria, il cosiddetto metodo Lamfalussy, sia con l'entrata in vigore, dal 1o gennaio di quest'anno, della nuova architettura istituzionale della vigilanza europea, la quale vede un organo, l'European Systemic Risk Board (ESRB), competente per i profili a livello macroprudenziale, e le tre autorità di vigilanza di settore in materia bancaria, assicurativa e dei mercati, che hanno competenza a emanare normative, secondo il cosiddetto single rule book, direttamente operanti nei singoli ordinamenti nazionali.
Uno dei motivi della crisi finanziaria recentemente sviluppatasi è stato proprio il fatto che il recepimento della normativa comunitaria a livello nazionale era spesso ondivago e non preciso. Si è stabilito, quindi, di non dare più margini interpretativi alla normativa e di conferire alle autorità di vigilanza europee il potere di dettare regole che devono essere integralmente e direttamente fatte proprie dagli Stati. In prospettiva, pertanto, non avremo più leggi o provvedimenti di recepimento, ma leggi e provvedimenti di traduzione della normativa europea.
Sempre con riferimento alla funzione di alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, la dottrina ha sottolineato come sia incoerente parlare di alta vigilanza in tale ambito con una formula che sembra onnicomprensiva e riferibile all'intero comparto finanziario, quando poi il CICR nel concreto ha una competenza solo con riguardo al settore bancario.
In relazione anche alla seconda funzione effettiva svolta e segnalata, quella di forum per lo scambio di informazioni e di raccordo e coordinamento istituzionale tra Governo e autorità di vigilanza vorrei sottolineare che anche questa funzione, pur essendo di recente istituzione, perché generata da una modifica introdotta al Testo unico bancario dalla legge n. 262 del 2005, è stata oggetto di perplessità e criticità.
Se ne è contestata, infatti, l'utilità, essendo presenti altri strumenti ai quali sarebbe rimesso il soddisfacimento dell'esigenza di un raccordo politico-istituzionale tra autorità. Sotto questo profilo, il CICR costituirebbe in sostanza un doppione


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sia dei Comitati di coordinamento previsti dall'articolo 20 della legge sul risparmio, ai quali però - va sottolineato - partecipano solo le autorità di vigilanza e non gli organi ministeriali, sia del Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria, istituito il 7 marzo del 2008 con la sottoscrizione del protocollo di intesa tra il Ministro dell'economia e delle finanze, il Governatore della Banca d'Italia e i presidenti delle altre autorità di vigilanza. Tale Comitato è chiamato a implementare la cooperazione e lo scambio di informazioni per la salvaguardia del sistema finanziario, nonché per la prevenzione della gestione delle crisi con potenziali effetti di natura sistemica.
Infine, sempre con riguardo alla funzione di forum per lo scambio di informazioni e di coordinamento tra autorità, se ne sottolinea l'utilità, soprattutto con riferimento alla fase cosiddetta ascendente della produzione normativa comunitaria. Infatti, il ruolo del CICR nella fase discendente è venuto meno, perché la normativa comunitaria sarà dettata dalle autorità di vigilanza europee e, quindi, il CICR vi avrebbe solo un ruolo di traduttore e nessun margine di intervento, avrebbe, invece, un margine nella fase ascendente, vale a dire nel modo in cui viene costruita la normativa comunitaria.
Il CICR potrebbe essere, dunque, il forum di coordinamento in cui le autorità di settore nazionali si mettono d'accordo, insieme all'autorità governativa, sulla posizione che l'Italia dovrebbe assumere con le autorità di vigilanza europee per avere, quindi, una posizione coerente e coesa. Esiste, però, già un altro organo presso il Dipartimento delle politiche comunitarie, il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei, che in parte assolve a questo compito e, quindi, si presenterebbe un problema di coordinamento.
Tracciato questo quadro, quali possono essere le possibili evoluzioni o soluzioni per il CICR? Schematicamente, esse possono essere tre.
La prima è una permanenza del CICR con le sue attuali prerogative e composizione. L'ipotesi si basa sul fatto che, dal momento che il CICR non costa nulla, si potrebbe conservare così com'è allo stato attuale. Ne verrebbe progressivamente svuotata la funzione normativa nella fase discendente e il CICR potrebbe condividere, invece, il ruolo di forum insieme al Consiglio di salvaguardia della stabilità finanziaria, ma con una precisazione.
Mentre il Comitato costituito nel 2008, infatti, è istituito sulla base di un gentleman's agreement e di un memorandum of understanding, ragion per cui le sue decisioni non hanno valore legale e i presidenti delle autorità vi si recano solo se vogliono farlo, il CICR, essendo disciplinato per legge, avrebbe un peso maggiore.
Si ricordino, a questo proposito, le vicende del 2004-2005, quando il CICR veniva convocato per avere presente l'allora Governatore della Banca d'Italia cui chiedere informazioni dirette su alcune questioni. L'unico modo per avere tale tipo di informazioni era quello di procedere a una convocazione formale.
La seconda soluzione sarebbe radicale e opposta, ossia quella della soppressione totale del CICR, per venire incontro anche alle richieste di larga parte della dottrina. Ciò comporterebbe la necessità di ridistribuire le competenze del CICR tra ministero e Banca d'Italia.
Ovviamente al ministero non potrebbe essere trasferita l'alta vigilanza, altrimenti incontreremmo di nuovo le perplessità e le critiche sollevate a livello europeo sul coinvolgimento di un organo ministeriale e, quindi, in buona sostanza politico nell'attività di vigilanza. Tutte le competenze dovrebbero essere, quindi, trasferite a Banca d'Italia, eliminando il potere di delibera a monte, salvo quelle che non sono rivolte direttamente alle banche, ma che riguardano la collettività.
Il pensiero corre soprattutto all'articolo 11 del Testo unico bancario, in materia di raccolta del risparmio non bancario, e alle disposizioni sulla trasparenza bancaria. Si tratta forse di materie che, abolito il CICR, dovrebbero andare non a Banca d'Italia quanto al ministero, salvo poi lasciare anche su questa materia un intervento della Banca d'Italia a livello consultivo o di


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proposta obbligatoria, ma non vincolante, secondo lo schema attualmente vigente per il CICR.
L'abolizione del CICR, a mio avviso, comporterebbe la necessità di rafforzare e formalizzare il Comitato di salvaguardia della stabilità finanziaria, che, come ricordato, è costituito solo a livello convenzionale. Non a caso, il neopresidente della European Banking Authority, l'italiano Andrea Enria, ha sottolineato come i memorandum of understanding, pur essendo il principale strumento per assicurare a livello europeo il coordinamento tra autorità nella prevenzione delle crisi, di fatto abbiano prodotto risultati non in linea con le attese. Occorrerebbe, pertanto, una forma più istituzionalizzata di coordinamento su questo punto.
La terza e ultima soluzione possibile consiste nel provvedere a una rivisitazione delle competenze del CICR. Un'idea potrebbe essere quella - viene lanciata veramente come un ballon d'essai - di recuperare a livello nazionale l'architettura istituzionale a livello europeo.
Abbiamo affermato che a livello europeo le tre autorità di vigilanza si occupano della vigilanza cosiddetta microprudenziale e che il board si occupa della vigilanza macroprudenziale. Noi potremmo in quest'ottica lasciare alle autorità di vigilanza, vale a dire Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP e COVIP, la vigilanza microprudenziale e attribuire al CICR la vigilanza macroprudenziale, ovviamente con una completa rivisitazione del CICR medesimo: si tratterebbe, quindi, di prevedere la partecipazione a livello istituzionale delle autorità, con una semplificazione dei ministri partecipanti, con una diversa governance e una differente modalità per l'assunzione delle delibere. Sarebbe così problematico parlare di un Comitato interministeriale, perché si tratterebbe di un Comitato misto tra autorità e organi ministeriali.
Va precisato, tuttavia, che una soluzione di questo tipo potrebbe non trovare il conforto della Banca d'Italia, la quale potrebbe sentirsi spogliata della vigilanza macroprudenziale che essa stessa ritiene di svolgere e che svolge sulla base delle norme.
Vorrei aggiungere un'ultima riflessione. A livello macroprudenziale, anche di architettura europea, nel Comitato che si occupa di vigilanza macroprudenziale e al quale partecipano i Governatori delle Banche centrali dei 27 Paesi, partecipano anche un rappresentante della Commissione europea e il presidente del Comitato economico e finanziario europeo. I profili macroprudenziali e la prevenzione delle crisi devono quindi necessariamente rispettare l'esigenza di rappresentare un punto di contatto tra autorità tecniche e governative, come la crisi ci ha dimostrato. Alla fine, infatti, se le autorità non sono in grado di far fronte o di prevenire la crisi, tutto diventa una questione politica, perché è la collettività che paga e sono i taxpayer che ne rispondono e ne soffrono le conseguenze.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANCLAUDIO BRESSA. Ringrazio il professor Sepe per l'eccellente relazione. Vorrei chiedere qual'è la sua opinione rispetto alle tre soluzioni? Quale individua essere la più utile al sistema: la soppressione, la rivisitazione o il mantenimento del CICR nello stato attuale, lasciandolo lentamente morire?

MARIO TASSONE. Mi associo alla domanda posta dal collega Bressa e aspetto la risposta da parte del professor Sepe. Io avrei già la risposta: credo, infatti, che il CICR, stando alle mie conoscenze, sia un retaggio e un orpello di una falsa collegialità, per quanto riguarda la vigilanza sul sistema finanziario. Ha iniziato a interessarsi di piccole questioni e di aggiustamenti di gestione, ovviamente senza un grande slancio e senza una grande prospettiva.
Volevo porre anche una questione. Lei ha fatto riferimento alle tre soluzioni riguardo il futuro del CICR, al rapporto


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con l'Europa, nonché al problema del Ministero dell'economia e delle finanze e del ruolo della Banca d'Italia. A mio parere, in un controllo e in una vigilanza reale, quando esistono più organi di vigilanza e più sistemi, oppure quando si rientra nel concetto e nella terminologia propria delle authority, che dovrebbe essere onnicomprensiva ed esaustiva di ogni tipo di controllo, questo Comitato interministeriale rischia di non avere alcun tipo di proiezione politica da parte dei Governi e di controllo da parte del Parlamento. In tutto questo contesto l'attività parlamentare e il ruolo del Parlamento finiscono per essere sottratti, con i risultati che abbiamo visto e che si sono rivelati estremamente deludenti, tanto per usare un eufemismo.
Se dovessimo ancorarci a un quadro della situazione reale, con le grandi terminologie e con le intersezioni esistenti anche nei rapporti con l'Europa e con il ruolo svolto dalla Banca d'Italia, nonché con tutti gli organismi, credo che siamo di fronte a una sottrazione dell'autorità dei Paesi, della collettività e della comunità per riportare tutto a una macroburocrazia che certamente non si è dimostrata degna del suo compito.
Vorrei chiedere, in sostanza al professor Sepe quale ritenga sia il ruolo del Parlamento in questo sistema: è all'interno del sistema, è fuori da questo oppure gli è tutto attribuito? Che ruolo ha l'autorità, che cos'è l'autorità, se possiamo definire quella descritta un'autorità, oppure esiste un'autorità talmente frastagliata da essere semplicemente una distribuzione di poteri che rispondono ad alcune esigenze, a volte impalpabili e a volte non riconoscibili sul piano economico e finanziario?

PRESIDENTE. Do la parola al professor Sepe per la sua replica.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Come premessa, dovrei specificare innanzitutto che l'architettura, sia nazionale, sia europea, dei sistemi di vigilanza presenta enormi incoerenze, di cui a livello nazionale quella del CICR è solo una.
Porto alcuni esempi. In Italia vige un sistema che si ispira a una vigilanza cosiddetta per finalità o che tende comunque, a livello nazionale, a una vigilanza per finalità, con Banca d'Italia, stabilità degli intermediari, CONSOB e trasparenza.
Tale principio soffre nel nostro ordinamento di moltissime eccezioni: la trasparenza bancaria è curata da Banca d'Italia e non da CONSOB, la vigilanza sulle assicurazioni, sia di stabilità, sia di trasparenza, da ISVAP e da COVIP per i fondi pensione. Vi è, quindi, un'affermazione di principio per cui vige una vigilanza per finalità, ma poi, nei fatti, nonché nell'ordinamento, questa è molto temperata.
Rispetto ai profili europei ci siamo mossi e ci stiamo muovendo in una direzione diversa, nel senso che l'architettura europea prevede una vigilanza non per finalità, ma per soggetti. L'autorità bancaria europea è competente per le banche, l'ESMA (European Securities and Markets Authority) è competente per il mercato mobiliare e l'EIOPA per le assicurazioni. Sussistono, dunque, numerose incoerenze.
Per rispondere alla domanda posta dall'onorevole Tassone: se ho ben capito, si chiede che ruolo possano svolgere il Parlamento e l'autorità governativa per il controllo sui soggetti che svolgono tale ruolo di controllo. Se si considera l'ordinamento nazionale, ogni autorità deve riferire al Parlamento. Da ultimo, con la riforma della legge sul risparmio, tale disposizione è stata introdotta per la Banca d'Italia, l'unica che non l'aveva, mentre tutte le altre la prevedono nelle loro leggi istitutive. L'autorità deve riferire annualmente al Parlamento - per la Banca d'Italia vige l'articolo 19, commi 4 e 8, della legge n. 262 del 2005 - sull'attività svolta.
Con riferimento al potere di intervento del Parlamento sulle politiche di vigilanza svolte dalla Banca d'Italia sulle banche, esso ha gli strumenti che gli sono propri, ovvero quelli di emanare le leggi, ma a


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livello europeo, se parliamo di politiche di vigilanza, non potrebbe fare nulla di diverso, perché comunque vige il principio per cui le autorità governative e i Parlamenti non possono intervenire sull'esercizio concreto e sui profili tecnici dell'attività di vigilanza.

MARIO TASSONE. Sono tecnici, ma talvolta tali scelte fuoriescono dal tecnicismo.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Il problema è che si sostiene che la politica di vigilanza non debba essere uno strumento per determinare la politica economica. Si gioca su questo punto.
Non l'ho ricordato nella mia relazione, però c'è anche chi sostiene che, al di là dell'abolizione, del mantenimento o della riforma del CICR, si potrebbe pensare a due soluzioni diverse: creare il nuovo CICR, che rimane autorità creditizia e fa politica di vigilanza, ma anche affiancarlo a un CICR che fuoriesce dal novero delle autorità creditizie e rimane un'autorità di indirizzo sulla politica economica del credito, senza interferire con le scelte di politica di vigilanza, come un Consiglio dei ministri ridotto alle questioni dell'economia e della finanza.
Il problema di una scelta di questo tipo è proprio il confine: dove il CICR esclusivamente «politico» può intervenire o non intervenire e che poteri in concreto può esercitare sulle autorità di vigilanza?
Vengo a quale soluzione preferisco tra le tre. Muovendomi nell'ottica di un CICR come autorità creditizia, credo che la situazione attuale perduri dal 1947, ma che non abbia veramente più significato di essere. Sicuramente la mia preferenza andrebbe alla seconda o alla terza opzione. Tutto sommato, credo che le autorità di vigilanza preferiscano la seconda piuttosto che la terza.
D'altronde, l'idea che ho lanciato sulla terza opzione è quella di riproporre l'architettura esistente a livello europeo, un'architettura che è stata varata ed è diventata operativa dal 1o gennaio, ma non senza critiche. Immaginate che l'organismo di vigilanza macroprudenziale a livello europeo è composto da 65 persone, di cui 38 che votano e 27 con voto meramente consultivo. Come tale organismo possa svolgere la vigilanza macroprudenziale è tutto da dimostrare.

MARIO TASSONE. Gli organismi macroprudenziali sono paralizzati.

MARCO SEPE, Professore straordinario di diritto dell'economia presso l'UNITELMA di Roma. Secondo il Regolamento europeo 24 novembre 2010, n. 1092/2010, questo organismo detiene solo il potere di emettere raccomandazioni alle tre authority di settore e, nell'ipotesi in cui esse non ottemperino a tali indicazioni, quello di rendere pubbliche le raccomandazioni effettuate.
Si prevede nel Regolamento che solo in caso di crisi e di emergenza reale l'ESRB possa mandare un'informativa riservata al Consiglio europeo perché esso si attivi nei confronti delle autorità di vigilanza e imponga loro l'adozione di determinati provvedimenti.
Non privilegio una soluzione in particolare tra le tre avanzate, però sicuramente ritengo che la prima sia da scartare.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Sepe e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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