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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
19.
Mercoledì 6 aprile 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

Audizione del Presidente del Consiglio di Stato, dottor Pasquale de Lise:

Bruno Donato, Presidente ... 3 10 12 13
Bernini Bovicelli Anna Maria (PdL) ... 11
De Lise Pasquale, Presidente del Consiglio di Stato ... 3 6 12
Mantini Pierluigi (UdC) ... 11
Tassone Mario (UdC) ... 11
Zaccaria Roberto (PD) ... 6 10

ALLEGATO: Nota integrativa trasmessa dal Presidente del Consiglio di Stato, dottor Pasquale de Lise ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 6 aprile 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente del Consiglio di Stato, dottor Pasquale de Lise.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle Autorità amministrative indipendenti, l'audizione del Presidente del Consiglio di Stato, dottor Pasquale de Lise, che ringrazio anche a nome dell'intera Commissione.
Do la parola al presidente de Lise.

PASQUALE DE LISE, Presidente del Consiglio di Stato. Ringrazio l'onorevole presidente e gli onorevoli componenti della Commissione dell'invito a partecipare all'indagine conoscitiva sulle autorità amministrative indipendenti, alla quale assicuro la mia piena collaborazione - a questo proposito, consegno alla presidenza un documento scritto - e alla quale auguro il migliore successo.
Fra le diverse problematiche oggetto dell'indagine, quella sulla quale ritengo di poter offrire un modesto contributo, sia in ragione della carica che rivesto, sia per l'esperienza ormai quasi cinquantennale che ho acquisito attraverso il servizio svolto nelle varie magistrature (sono stato magistrato ordinario, poi contabile, per arrivare, quarant'anni fa, al Consiglio di Stato) è la tutela giurisdizionale che l'ordinamento assicura ai destinatari dei provvedimenti delle autorità indipendenti.
Il Consiglio di Stato ha offerto un rilevante contributo in questa materia, in primo luogo in sede consultiva. Ricordo, a questo proposito, i pareri espressi quando ricoprivo la carica di presidente della sezione normativa - alla quale mi è succeduto il presidente Coraggio, qui presente - in merito ai cosiddetti «codici di settore», molti dei quali hanno interferito con l'attività delle autorità indipendenti. Basti pensare al Codice delle assicurazioni, in relazione al quale, il Consiglio di Stato ha riconosciuto, per la prima volta, il potere regolatorio in capo all'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo), inaugurando un orientamento poi recepito dal diritto vivente. Lo stesso può dirsi per il Codice dei dati personali, per il Codice del consumo, con tutte le norme relative alla tutela del consumatore, e per altri.
Venendo ai pareri più recenti, sono orgoglioso di affermare che il Consiglio di


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Stato ha risolto il problema della durata dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Infatti, quando, qualche mese fa, si era posto il problema se l'Autorità dovesse essere considerata scaduta al termine del mandato degli unici due componenti rimasti oppure dovesse essere prorogata sine die, il Consiglio di Stato ha emesso un importante parere in base al quale ha individuato un meccanismo per concedere ancora sessanta giorni di vita all'Autorità. A tale parere il Governo si è poi uniformato, provvedendo successivamente alla nomina dei nuovi componenti.
Un altro contributo molto importante, sempre in sede consultiva, è quello relativo alla gara per le frequenze radio: anche in questo caso pare che il Governo si sia uniformato o si stia uniformando al parere del Consiglio di Stato.
Inoltre, in sede giurisdizionale, il Consiglio di Stato - in particolare la VI sezione, attualmente presieduta dal presidente Coraggio - è giudice di appello sui ricorsi concernenti i provvedimenti delle autorità indipendenti.
Prima di entrare nel vivo del problema, occorrerebbe qualche breve cenno sulla natura giuridica e sulle caratteristiche essenziali delle autorità indipendenti, che indubbiamente rappresentano un quid novi nel nostro ordinamento, trattandosi di un fenomeno abbastanza recente. La creazione e il rapido sviluppo del processo di istituzione di autorità indipendenti sono stati determinati, in particolare, da tre fattori, che ho cercato di individuare.
Il primo è legato al declino dello Stato interventista, che ha iniziato a manifestarsi fin dagli inizi degli anni Settanta e che ha condotto ad affermare l'esigenza di una crescente separazione tra sfera politica e sfera economica, in modo da trasformare la presenza dello Stato in questo settore da un ruolo di protagonista a un ruolo di regolatore e arbitro dei mercati.
Il secondo fattore è di derivazione comunitaria e si è affermato soprattutto a seguito dell'avvio, in sede comunitaria appunto, dei processi di liberalizzazione dei servizi pubblici e di privatizzazione delle imprese pubbliche finalizzati all'abbattimento dei monopoli statali nei vari settori e all'individuazione di assetti tali da garantire, con il rispetto dei criteri di trasparenza, obiettività e non discriminazione, una corretta concorrenza tra le imprese chiamate a prendere il posto dello Stato imprenditore.
Il terzo fattore, invece, è tutto interno ed è legato alla crisi che ha investito il sistema politico italiano agli inizi degli anni Novanta, accelerando il processo di generale arretramento della politica dalla sfera economica.
In ordine alla natura giuridica delle autorità; ho notato, leggendo i resoconti delle precedenti audizioni, che quasi tutti gli auditi si sono soffermati su questo tema. In effetti, si tratta di organismi sui generis in quanto, proprio per la loro indipendenza, si sottraggono al rapporto di subordinazione che sussiste tra le amministrazioni statali in genere e il Governo, interrompendo, in questo modo, anche il rapporto di responsabilità che lega il Governo al Parlamento. Dall'altra parte, la circostanza che siano chiamate a svolgere funzioni di normazione e di vigilanza e, in alcuni casi, anche di risoluzione di controversie, costituisce una deroga al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro impianto costituzionale, principio in base al quale le funzioni normative, amministrative e giurisdizionale sono esercitate da apparati distinti. Difatti, nella locuzione «autorità amministrative indipendenti», i due attributi «amministrative» e «indipendenti» generano una certa contraddizione, perché esse sono, appunto, «indipendenti» ma anche «amministrative».
A ogni modo, credo - senza voler affrontare il problema ex professo - che sia un principio sufficientemente consolidato nel nostro Paese che si tratti di organismi amministrativi, sebbene dotati di un grado molto elevato di autonomia e caratterizzati da notevoli peculiarità rispetto alla morfologia tradizionale delle amministrazioni pubbliche dal punto di vista sia funzionale che strutturale. Le autorità indipendenti, nei diversi settori nevralgici dell'ordinamento in cui operano,


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esercitano funzioni pubbliche a tutela di interessi generali del settore di riferimento, in posizione di terzietà rispetto agli interessi pubblici e privati che in essi si confrontano, sulla base di processi decisionali fondati sull'esperienza tecnica e sulla neutralità, in una posizione di almeno tendenziale indipendenza dal potere politico.
Non mi sembra, quindi, che costituisca un problema grave - anche se è stato trattato da molti degli intervenuti in questa indagine conoscitiva - la questione dell'esigenza di una riforma costituzionale che legittimi la presenza delle autorità, ovvero della copertura costituzionale delle autorità. Infatti, esse hanno trovato spazio nel nostro ordinamento, anche in mancanza di una espressa previsione costituzionale, per cui si può ritenere che il loro ruolo sia ormai parte del diritto vivente e sia inserito a pieno titolo nel dialogo istituzionale e nelle dinamiche dei rapporti economico-sociali propri del modello della società occidentale.
Tra l'altro, la derivazione comunitaria, ovvero la previsione in sede comunitaria di molte di queste autorità, consente di rinvenire un solido aggancio alla loro legittimazione, per cui non appare, a mio avviso, necessario che vi sia una espressa previsione costituzionale che ne autorizzi l'istituzione.
Invece, un problema di natura costituzionale si è posto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha mutato i rapporti tra competenza legislativa statale, divenuta solo residuale, e competenza regionale, che ormai costituisce la regola. Infatti, la riforma ha suscitato, fin dal 2001, dei dubbi circa la compatibilità delle autorità indipendenti, in quanto organi statali, con il carattere tendenzialmente federalista della riforma.
D'altra parte, le autorità sono state legittimate dalla Corte costituzionale, la quale, fin dal 1995, a proposito dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, istituita dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109, la cosiddetta legge Merloni, aveva affermato che esse non sostituiscono né surrogano alcuna competenza di amministrazione attiva o di controllo, ma svolgono una funzione di garanzia. Malgrado ciò, è rimasto in taluni il dubbio che attraverso l'istituzione delle autorità indipendenti si potesse prevaricare il sistema delle autonomie, e in particolare sottrarre delle competenze alle regioni.
Credo che la soluzione del problema consista nel ritenere che, dove vi è la competenza statale esclusiva, le autorità siano sicuramente legittime (basti pensare a quelle che si occupano di concorrenza, materia espressamente attribuita alla competenza statale esclusiva); dove vi è, invece, la competenza concorrente di Stato e regione, ossia per le materie in ordine alla quali lo Stato detta soltanto i principi fondamentali, ugualmente si può ammettere la presenza di un'autorità indipendente istituita dallo Stato; laddove, infine, vi è la competenza regionale esclusiva, non sarebbe possibile l'istituzione di un'autorità indipendente da parte dello Stato, ma lo sarebbe, eventualmente, da parte delle singole regioni. Ciò aggraverebbe, peraltro, il fenomeno della proliferazione di nuove autorità, sul quale esprimo un parere sfavorevole in quanto non solo ciò non è rispondente a reali esigenze oggettive e genera, quindi, perplessità di ordine generale e sistematico, ma addirittura, a volte, l'istituzione di un'autorità in determinati settori comporta interferenze con le competenze di altre autorità o la sottrazione indebita o non necessaria di competenze all'amministrazione attiva.
A questo proposito, ricordo che con un parere del marzo del 2010, il Consiglio di Stato ha riconosciuto la natura di autorità indipendente alla CIVIT (Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche), poiché, in effetti, essa possiede i requisiti delle autorità indipendenti; tuttavia, pur avendo proprio io firmato il parere, nutro ancora qualche dubbio al riguardo. Vi è, poi, una costituenda Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale che discende dalla direttiva 2008/6/CE dell'Unione europea. Ho appreso, poi, proprio leggendo l'intervento


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dell'onorevole Zaccaria nel corso dell'audizione del Presidente Lupo, che sta per essere istituita l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza.

ROBERTO ZACCARIA. Era una battuta perché non ritengo si tratti di una vera autorità.

PASQUALE DE LISE, Presidente del Consiglio di Stato. Vi è, inoltre, quella per la parità tra uomo e donna e molte altre ancora sono previste. Ultimamente ho letto una proposta proveniente da una fonte autorevole circa l'istituzione di un'Autorità per la difesa dai cyber attacchi.
Ad ogni modo, non sta a me valutare questi casi; esprimo solo un sommesso parere al riguardo.
Tornando a quanto dicevo prima, l'esclusione di uno specifico riconoscimento costituzionale non fa venire meno l'esigenza di garantire nel modo migliore l'indipendenza, la neutralità, la funzionalità e l'autorevolezza delle autorità mediante la previsione di un adeguato procedimento di nomina dei componenti, di un rigoroso regime delle incompatibilità e di un appropriato sistema di raccordo con il Parlamento.
A questo riguardo, ho letto del consenso riscosso dalla proposta - che anch'io ritengo condivisibile - del primo presidente della Corte di cassazione, avanzata nel corso della sua audizione, di una legge quadro o cornice concernente tutte le autorità indipendenti, o almeno quelle aventi competenze in settori di carattere economico. Debbo peraltro ricordare che già nel corso della XIV legislatura fu presentata una proposta di legge quadro dall'onorevole Tabacci ed altri (24 gennaio 2002, atto Camera 2224), ma ancor più significativo è stato il disegno di legge governativo, presentato da Prodi, Padoa-Schioppa, Bersani ed altri nel corso della XV legislatura (5 marzo 2007, atto Senato 1366). Quest'ultimo fu seguito dal lavoro di una Commissione di studio su questioni connesse alla riforma del sistema complessivo delle autorità indipendenti, istituita dall'onorevole Chiti, allora Ministro per le riforme istituzionali, che io ho avuto l'onore di presiedere. In tali atti erano contenute regole generali uniformi sulla composizione e la nomina dei componenti degli organi delle autorità, sull'organizzazione, sui procedimenti, sugli atti delle autorità, sulla tutela amministrativa e giurisdizionale e in tema di rapporti istituzionali con il Governo e il Parlamento.
A questo riguardo, data la sede in cui ho l'onore di parlare, vorrei richiamare l'articolo 21 del disegno di legge A.S. 1366 che prevedeva l'istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale per le politiche della concorrenza e i rapporti con le autorità di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati.
Purtroppo, tutte queste iniziative finora non hanno avuto attuazione. Tuttavia, da esse potrà forse essere tratta qualche utile indicazione per i lavori di questa onorevole Commissione. Il mio augurio, onorevole presidente, è che si arrivi a qualche conclusione concreta.
La natura delle autorità postula che la legge assicuri ad esse adeguata indipendenza. Sulla base della normativa attuale, non sembra che questa indipendenza sia del tutto assicurata e, in ogni caso, che lo sia in modo omogeneo, per cui sarebbero auspicabili, a mio avviso, interventi legislativi attraverso i quali ricercare una maggiore uniformità di disciplina.
Questo attiene, in primo luogo, alle nomine. Come è noto, vi è un sistema estremamente variegato di meccanismi di nomina dei componenti delle autorità. Riterrei che, forse, volendo mantenersi quelli attualmente in vigore, al fine della loro omogeneizzazione, il migliore è quello previsto per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, con la nomina da parte del Governo ma con una forte accentuazione del controllo in sede parlamentare, quindi con la ricerca di soluzioni condivise anche con le opposizioni. Difatti, affinché le nomine possano avere corso, è prevista la maggioranza di almeno due terzi dei componenti delle Commissioni.
Sempre in materia di nomina, sarebbe opportuno un riferimento legificato all'esistenza


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di spiccate competenze professionali, il che non sempre avviene in concreto, e comunque a competenze differenziate e adeguate al settore di intervento delle singole autorità. Vi sono, infatti, autorità dove è saliente l'aspetto tecnico, ossia ingegneristico, economico, attuariale e via dicendo; sono competenze molto variegate e finalizzate all'attività che l'autorità deve esercitare.
Inoltre, potrebbe essere utile la previsione di una durata del mandato con scadenze scaglionate, in modo da poter garantire la costante presenza dei commissari già muniti di esperienza poiché, nel momento in cui scadono tutti i membri contemporaneamente, si è costretti a ricominciare daccapo.
Credo - ma la questa è un'opinione del tutto personale - che sarebbe opportuno introdurre il divieto di nomine successive nelle varie autorità poiché l'essere componente di un'autorità indipendente sta diventando una professione, con relativa carriera.
Questo punto è collegato, in un certo senso, alla previsione di un meccanismo di nomina che possa consentire anche sulle nomine stesse un controllo giurisdizionale, oltre all'intervento del Parlamento, a cui accennavo prima. A questo riguardo, quando presiedevo il TAR del Lazio, ci siamo trovati a dover dichiarare inammissibile per difetto di legittimazione un ricorso presentato da un'associazione di consumatori nei confronti di un signore, nominato componente di una Autorità per la quale non sembrava possedere specifiche attitudini.
Sono perfettamente consapevole che non si debba giurisdizionalizzare tutto e che i giudici debbono svolgere esclusivamente il loro ruolo; tuttavia, occorre pure trovare qualche meccanismo di controllo. Pertanto, la mancanza di responsabilità politica e di soggezione nei confronti del Governo e l'indipendenza delle autorità debbono trovare nel nostro sistema istituzionale dei contrappesi, che, a mio avviso, sono di due tipi: il controllo giurisdizionale e le garanzie del giusto procedimento.
Quanto a quest'ultimo tema, sempre in mancanza di una legge contenente regole generali, il giudice amministrativo ha delineato un corpus organico di princìpi in materia procedimentale, spesso mutuati dalla normativa comunitaria, che potrebbero essere recepiti - nei limiti in cui il Parlamento ritenga - nella legge generale di cui abbiamo parlato. Ciò è avvenuto riguardo alla corrispondenza tra contestazione e decisione finale, alla trasparenza e all'accesso agli atti, al principio del contraddittorio nella fase istruttoria, alla completezza della provvista probatoria, alla separazione tra funzione istruttoria e funzione decidente, al progressivo ampliamento dei titoli legittimanti all'accesso alla tutela giurisdizionale e così via.
Ora passo a quello che ritengo il cuore della mia esposizione, vale a dire la tutela giudiziaria.
Il riconoscimento di una speciale posizione alle autorità indipendenti non vale a configurare, alla stregua dei princìpi costituzionali sulla inderogabilità della tutela della giurisdizione, una sorta di zona franca, ovvero di riserva di amministrazione, a favore di queste. Di conseguenza, si deve ritenere - come ormai accade comunemente - che gli atti delle autorità siano soggetti al controllo giurisdizionale, come del resto avviene per quelli delle più alte cariche. Ciò discende da un principio di carattere generale, secondo il quale la tutela giurisdizionale, prima ancora di essere una tecnica garantistica, è configurata dalla Costituzione come un diritto fondamentale che ha a oggetto, senza possibilità di deroghe, l'integrità del patrimonio giuridico di ciascun soggetto dell'ordinamento.
Posto che gli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione fondano il discrimine tra le due giurisdizioni - ordinaria e amministrativa - sulla natura della posizione giuridica soggettiva e posto che, come è stato espressamente affermato negli ultimi tempi dalla Corte costituzionale, il diritto soggettivo e l'interesse legittimo si trovano su un piano di assoluta parità, quanto all'intensità della tutela, ritengo che la posizione giuridica di cui è titolare il soggetto inciso da un provvedimento adottato


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dalle autorità indipendenti sia una posizione di interesse legittimo, la quale indubbiamente può essere connessa e intrecciata con posizioni di diritto soggettivo, configurando uno di quei casi che danno luogo alla giurisdizione esclusiva ai sensi dell'articolo 103 della Costituzione. Quindi, che questa materia sia di giurisdizione esclusiva, attribuita in quanto tale al giudice amministrativo, deriva dal principio secondo il quale il giudice amministrativo è il giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica, vale a dire il giudice istituzionalmente competente a stabilire se il potere pubblico sia stato o meno correttamente esercitato. Ciò anche quando il potere amministrativo finisce per incidere su diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti, come la libertà di iniziativa economica, la libertà di concorrenza o - come la stessa Cassazione talvolta ha ammesso - il diritto alla salute, l'unico che la Costituzione, all'articolo 32, qualifica espressamente come fondamentale.
Questo vale a consentire una tutela piena delle posizioni soggettive incise dai provvedimenti delle autorità, anche perché il giudice ha visto ampliati i suoi poteri con l'adozione del recente Codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Infatti, le tecniche di tutela dell'interesse legittimo affidate al giudice amministrativo, che una volta consistevano soltanto nell'annullamento del provvedimento lesivo, ora si sono estese, con la previsione di una pluralità di azioni atte a rendere più effettiva e piena la tutela dei cittadini.
Per le autorità indipendenti, questa impostazione trova riscontro nella legge. Invero, lo era già prima ed è stata confermata, con qualche modesto ritocco, dal Codice, mentre sono rimaste attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie che hanno per oggetto i provvedimenti dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali e quelli della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. In questi casi, si deve, infatti, ritenere che ricorrono esclusivamente posizioni di diritto soggettivo.
Per quanto riguarda la competenza territoriale del giudice amministrativo, essa, in primo grado è attribuita in genere al TAR del Lazio, con la sola eccezione - che forse dovrebbe venire meno - relativa agli atti dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che ha sede a Milano, per cui è prevista la competenza funzionale del TAR della Lombardia, mentre per gli atti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha sede a Napoli, la competenza è comunque del TAR del Lazio.
Ad ogni modo, vi è un'esigenza sostanziale nell'attribuzione della competenza al TAR del Lazio, perché sono importanti, sia per le autorità stesse che per le imprese che sono destinatarie dei loro provvedimenti, l'omogeneità e l'univocità di indirizzi fin dal primo grado. Infatti, le autorità e le imprese hanno bisogno di certezza almeno sul piano dell'uniformità degli orientamenti, nei tempi brevi imposti dal mercato.
L'orientamento attuale assicura una tutela tempestiva. Esisteva già - e si deve dare atto al Parlamento di aver approvato all'unanimità una legge molto importante - l'articolo 23-bis della legge 21 luglio 2000, n. 205, che prevedeva un rito abbreviato per determinate categorie di controversie, fra cui quelle nelle materie in questione. Questo articolo è poi confluito nell'articolo 119 del citato Codice del processo amministrativo, che prevede la dimidiazione dei termini processuali, la sollecita fissazione della camera di consiglio per la domanda cautelare e la possibilità di sentenza semplificata. Pertanto, i giudizi su questa materia possono essere definiti, nel doppio grado, anche in meno di un anno. Certo, con un po' di buona volontà da parte di tutti, compresi gli avvocati, che danno sempre la colpa ai giudici, ma non sempre sono abbastanza solleciti.
Passo ora a trattare del problema più importante, che è quello dei limiti del sindacato giurisdizionale di legittimità sugli atti delle autorità indipendenti. Questo problema è acuito dal fatto che nelle


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controversie di cui trattasi vengono in gioco, in modo strettamente intrecciato, profili giuridici, economici e tecnici. Nelle normative di settore ci si riferisce ai cosiddetti «concetti giuridici indeterminati», ovvero a concetti privi di significato univoco. Per esempio, in materia antitrust per le nozioni di «intesa restrittiva della concorrenza» oppure di «abuso di posizione dominante» o ancora di «mercato rilevante» non esiste nessuna definizione esaustiva: da ciò la denominazione di «concetti giuridici indeterminati». Vi è, poi, lo stretto intreccio della discrezionalità amministrativa, che è quella che attiene alla valutazione dell'interesse pubblico, con la cosiddetta «discrezionalità tecnica», data proprio la rilevanza degli aspetti tecnici sopra richiamati.
Ora, mentre i criteri di valutazione della discrezionalità amministrativa rientrano nel tradizionale sindacato del giudice amministrativo, particolarmente con riguardo al vizio di eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche, il sindacato della discrezionalità tecnica è una acquisizione abbastanza recente, rispetto alla quale è stata importante l'attribuzione al giudice amministrativo della possibilità generalizzata di far ricorso alla consulenza tecnica, che, nelle controversie in esame, può essere di indubbio aiuto.
A tale proposito, la giurisprudenza amministrativa ha cercato di individuare un punto di equilibrio tra l'esigenza di garantire la pienezza e l'effettività della tutela giurisdizionale, che altrimenti costituirebbe un guscio vuoto, e quella di evitare che il giudice possa esercitare egli stesso il potere attribuito all'autorità.
D'altra parte, su questo ci muoviamo in perfetta sintonia con la giurisprudenza della Cassazione, che nella sentenza delle sezioni unite 29 aprile 2005, n. 8882, ha affermato che la tutela giurisdizionale in materia, per essere effettiva, non può limitarsi a un sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche; tale controllo, però, non può tradursi in un potere sostitutivo del giudice che si spinga fino a sovrapporre la propria valutazione tecnica a quella dell'amministrazione.
Se si muove da questo principio perde di rilevanza stabilire se si tratti, come qualcuno ha rilevato, di un sindacato forte o debole: è un sindacato tout court che tende a un modello comune di livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela si coniuga con la specificità di controversie nelle quali è conferito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia, ma di verificare senza alcuna limitazione se questo potere sia stato esercitato legittimamente dall'autorità indipendente.
Il sindacato del giudice amministrativo va improntato a un equilibrio - non a una sorta di «timidezza» o di «deferenza», come pure qualcuno ha impropriamente ritenuto - che tenda a evitare due rischi opposti: da una parte, quello di consentire, come è stato affermato, «fughe in avanti ad alcune autorità animate da un eccesso di ardore regolatorio» e, dall'altra, quello di esercitare un controllo che sconfini nel merito delle decisioni adottate dalle autorità, vanificando di fatto l'istituzione di questi organismi. Insomma, il giudice deve avere il coraggio di non abdicare mai al sindacato, ma anche la saggezza di sapersi fermare al punto giusto, evitando qualsiasi commistione tra il proprio ruolo e quello delle autorità.
Un sindacato equilibrato contribuisce a rendere più autorevole l'applicazione dei princìpi europei nei settori trattati dalle autorità e più forte l'attività delle autorità stesse.
A questo proposito, mi permetto di segnalare che, in occasione del ventennale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, è stato pubblicato un volume in cui vi è un mio lavoro intitolato «Il contributo della giurisdizione amministrativa alla cultura antitrust», rispetto al quale il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha affermato l'esigenza, nell'interesse dell'autorità stessa, del controllo giurisdizionale.
Per finire, il ruolo del giudice amministrativo si è andato adeguando ai mutamenti intervenuti nel sistema istituzionale,


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sociale ed economico, con l'ampliamento delle tecniche di tutela cui ho accennato, che portano sempre più a sostanzializzare il suo giudizio. Tuttavia, dal complesso delle norme costituzionali in materia di giustizia amministrativa emerge l'imperativo di mantenere integri i pilastri dello Stato liberale di diritto che impongono, fra l'altro, che il processo sia strutturato in maniera da assicurare il principio di separazione tra attività giurisdizionale e attività amministrativa. In altri termini, è molto importante che sia garantito il rispetto dei confini che la Costituzione assegna al ruolo del giudice, che comporta l'esclusione di ogni forma di ingerenza o di supplenza rispetto alle prerogative e alle potestà di altre autorità pubbliche.
Vorrei esprimere un'ultima riflessione in merito all'audizione del presidente Lupo nella parte in cui discute dei rapporti tra giurisdizione ordinaria e amministrativa.
A questo riguardo, debbo richiamare un concetto che ripeto da tempo, quello della necessità di un dialogo costruttivo con i colleghi della magistratura ordinaria, dalla quale, tra l'altro, mi onoro di provenire. Un dialogo che non si risolva in una puntigliosa actio finium regundorum, sulla quale sarebbe competente una delle parti del confronto - le Sezioni unite della Cassazione, come afferma l'ultimo comma dell'articolo 111 della Costituzione - visto che da noi non esiste, come da più di due secoli in Francia, il Tribunale dei conflitti a composizione mista. Pertanto, un confronto che non si risolva in una contesa sull'attribuzione di competenze, ma che abbia presente l'obiettivo che la giustizia deve perseguire, che consiste nella prestazione di un servizio ai cittadini e alle imprese.
Un servizio nel senso più elevato dell'espressione, che va reso con funzionalità ed efficienza, in tempi compatibili con le esigenze dei singoli e dell'intera società e che costituisce uno strumento di giustizia e libertà alla luce dei princìpi della nostra Carta costituzionale. L'ordinamento si fonda non sullo scontro, ma sulla cooperazione fra i poteri e questo vale anche per i giudici, in presenza del principio dell'unitarietà della funzione giurisdizionale, pur se esercitata da giudici diversi, come si desume dalla Costituzione e come è stato in più occasioni affermato, anche recentemente, dalla Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente de Lise per la corposità e l'esaustività dell'intervento.
Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

ROBERTO ZACCARIA. Toccherò una questione molto specifica della complessa relazione che lei, presidente de Lise, ha affrontato nella parte finale, quasi come fosse un ideale confronto, ovvero la questione del rapporto con la Suprema Corte di cassazione, in merito al quale ha già dato una risposta di principio. Tuttavia, credo che sia abbastanza importante - visto che questa non è una sede giurisdizionale, ma si esprimono opinioni personali, anche autorevolissime come la sua - una riflessione in merito all'articolo 133, citato anche, come avrà visto dai resoconti, dal presidente Lupo. Infatti, questo articolo, che attribuisce la competenza esclusiva al Consiglio di Stato in materia di autorità amministrative indipendenti, ha destato qualche interrogativo da parte sia del presidente della Corte di cassazione sia di qualcuno di noi.
Ora, senza andare a scomodare la giurisprudenza della Corte costituzionale, vorrei riprendere un esempio già descritto nel corso dell'audizione del presidente Lupo, che forse lei avrà letto, che non riguarda l'Autorità per la privacy e neppure la Commissione per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, bensì l'Autorità per le comunicazioni. Vi è un piccolo grande diritto, quello alla rettifica dell'informazione, in relazione al quale un cittadino si trova a confrontarsi non con l'esercizio di un potere pubblico, ma con l'attività di soggetti privati che potrebbe ledere questo suo diritto. In questo caso, non c'è una commistione tra diritti soggettivi e interessi legittimi, ma si configura


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una situazione classica da diritto soggettivo. Infatti, se si chiede una rettifica e non la si ottiene, si è lesi nel diritto di ottenere una precisazione. A questo proposito, la legge attuale recita ancora «competenza dell'autorità giudiziaria», per cui non si capisce l'articolo 133, che è successivo, che fine faccia fare a questa norma.
Ora, non chiedo un'interpretazione autentica; ciò nonostante, nel momento in cui pensiamo a una legge, dobbiamo aver chiaro anche quali sono le conseguenze giurisdizionali sulle attività delle autorità che andremo a disciplinare, sia pure in cornice.
Vorrei, quindi, conoscere il suo punto di vista su questo punto. Del resto, lei ha già detto che alcune situazioni di diritto soggettivo semplice resistono e non sono superate dall'articolo 133.

PIERLUIGI MANTINI. Ringrazio anche io il presidente de Lise. La mia domanda è veramente telegrafica. Senza argomentare ulteriormente, vorrei conoscere l'opinione del presidente sull'esistenza di un'area piuttosto vasta di danno aquiliano, argomento anche questo emerso nell'audizione del presidente Lupo e che è molto significativo soprattutto in materia finanziaria.
Sempre in modo telegrafico, le chiedo come pensa si possa sfiorare, nei limiti che ci sono concessi, il tema del controllo del giudice amministrativo sulla condotta omissiva delle autorità ai sensi dell'articolo 133. Sappiamo, infatti, che vi è un variegato novero di poteri, molto diversi da un'autorità all'altra, quindi, a volte, a mio avviso, parliamo di omissioni per mancato esercizio di poteri scarsi. Vorrei quindi sapere cosa pensa in merito alla condotta omissiva.

MARIO TASSONE. Ho seguito con molta attenzione il suo ragionamento, presidente de Lise. Il dato che emerge è che autorità e indipendenza costituiscono una contraddizione, quasi un ossimoro.
Considerato che, in assenza di norme costituzionali, esistono problematiche di riferimenti e di certezze, relative alle questioni dell'indipendenza (che è in contraddizione con l'essere autorità) e dell'assenza di responsabilità (con la necessità di un controllo da parte del Parlamento) che determinano competenze variegate, oltre a determinare una sottrazione di competenze al Parlamento, al Governo, e considerato che sussiste anche il problema dei rapporti con le regioni nel quadro del federalismo, vorrei chiedere se, a suo avviso, rispetto a tutto ciò i provvedimenti dell'autorità amministrativa conseguono un apprezzabile successo per dirimere le controversie e dare certezze?

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Ringrazio il presidente de Lise per la relazione che ci ha rassegnato e che leggeremo con attenzione in quanto è ricchissima di spunti. Dovrò limitarmi telegraficamente a un paio di domande, forse tre, su questioni peraltro già toccate dai colleghi Zaccaria e Mantini che mi hanno preceduto.
È chiaro che per noi il tema del sindacato giurisdizionale e del conflitto tra giurisdizioni che suscita l'articolo 133 è particolarmente importante. A questo proposito, lei, Presidente de Lise, ha fatto riferimento a una actio finium regundorum, ma ciò non vale solamente in sede di Corte di cassazione, come si sta evidenziando presso la Corte d'appello di Torino proprio in questi giorni, con una istanza di valutazione della legittimità costituzionale dell'articolo 133 in ordine alle sanzioni pecuniarie, tema sollevato con riferimento alla CONSOB, ma che lambisce anche la Banca d'Italia.
È interessante, dunque, la questione sollevata dall'onorevole Zaccaria, com'è attualissimo il tema delle sanzioni pecuniarie perché sarà oggetto di una valutazione richiesta alla Corte costituzionale. Pertanto, questo è un altro tema che sarebbe interessante valutare se inserire o meno nella legge quadro, di cui io condivido l'opportunità, come anche quella della Commissione bicamerale, che potrebbe offrire un coordinamento operativo on-going delle autorità di settore.


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Esiste negli Stati Uniti, patria delle autorità di settore, una valutazione sulla natura delle autorità amministrative indipendenti avanzata fin dall'inizio, ai tempi dello Sherman Act e del Clayton Act, poi elaborata da un secolo di filosofia antitrust fino ad arrivare nel 1990 alla nostra legge istitutiva. C'è, infatti, una priorità nelle autorità di settore che consente di definire e identificare meglio le linee di demarcazione tra i diversi ambiti di operatività, cosa che nel nostro ordinamento ha presentato qualche margine di problematicità; pensiamo alla AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) rispetto all'AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni).

PRESIDENTE. Do la parola al presidente de Lise per la replica.

PASQUALE DE LISE, Presidente del Consiglio di Stato. Le questioni sollevate dagli onorevoli componenti della Commissione sono tutte di grande interesse e meriterebbero, da parte mia, una risposta ben più approfondita di quella che, in ragione della ristrettezza del tempo a disposizione, riuscirò a fornire.
Rispondo all'onorevole Zaccaria e anche all'onorevole Mantini. In generale, i rapporti con la Cassazione sono fluidi ed è chiaro che una legge non può ingessare tutto. Il decreto legislativo n. 104 del 2010 - all'articolo 133, comma 1, lettera l - attribuisce la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo. Ora, al di là della actio finium regundorum, ciò risponde a un'esigenza di effettività e di concentrazione della tutela giurisdizionale presso lo stesso giudice.
Bisogna cercare - voi legislatori più di noi - di semplificare la vita ai cittadini. Quando si parla della giurisdizione esclusiva, si dovrebbe aver chiaro che tutto quello che è di competenza delle autorità va al giudice amministrativo. L'articolo 7, comma 1 del nuovo Codice amministrativo parla appunto «di esercizio o mancato esercizio di poteri amministrativi», quindi ci muoviamo sempre in quest'ottica.
Di certo non muore nessuno, però rendiamo in questo modo la vita difficile a tutti. Per esempio, potrei condividere l'ipotesi di cui ha parlato il presidente Lupo a proposito della CONSOB poiché è giusto distinguere l'attività nei confronti dei soggetti direttamente incisi - che è di nostra competenza - e l'attività erga omnes di un soggetto che ritiene leso il proprio patrimonio dall'omessa o inadeguata vigilanza della CONSOB. Quindi, se la Corte di cassazione a sezioni unite ritiene che quella fetta di competenza le spetti, questo non è indice di semplificazione, ma non compromette l'impianto.
Sulla questione a cui accennava l'onorevole Tassone, ovvero la valenza della giustizia amministrativa, noi abbiamo realizzato il massimo risultato proprio mediante il Codice, attraverso il giudizio di ottemperanza, i poteri del commissario ad acta e la concentrazione dell'impugnativa di provvedimenti elusivi emessi in sede di ottemperanza o provvedimenti esecutivi in genere, e facciamo tutto il possibile, senza andare oltre il nostro ruolo.
Debbo dire che le sentenze dei TAR per circa il 90 per cento restano non impugnate, il che significa che probabilmente qualche aspetto positivo esiste. D'altra parte, il rimanente 10 per cento viene riformato dal Consiglio di Stato per circa la metà, quindi significa che la giustizia amministrativa, in sostanza, è soddisfacente.
Riguardo alle sanzioni pecuniarie di Bankitalia e CONSOB, che erano attribuite prima al giudice ordinario - qui vi è stata effettivamente l'innovazione - e oggi, in virtù del Codice, al giudice amministrativo, anche questa disposizione risponde a una esigenza di concentrazione della tutela in maniera più pregnante di quella della responsabilità aquiliana. D'altra parte, vi erano provvedimenti dell'autorità Bankitalia o CONSOB che restavano vaganti per le varie Corti d'appello. Difatti, a proposito dell'ordinanza della Corte d'appello di Torino, è risibile che si affermi che il cambiamento di giurisdizione sarebbe a favore della ragionevole durata del processo perché, spalmando le controversie nelle varie Corti d'appello, si eviterebbe che siano concentrate presso il TAR del Lazio, e si


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eviterebbe che il medesimo TAR del Lazio sia oberato di lavoro per il numero eccessivo di tali pratiche. Certo non posso accettare il fatto che il giudice ordinario venga a parlare a noi di ragionevole durata del processo.
Chiederei al presidente e alla Commissione di poter integrare la mia replica con l'invio di una nota scritta.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente de Lise, scusandomi per i tempi ristretti nei quali ha dovuto contenere la sua replica in ragione della imminente ripresa dei lavori dell'Assemblea.
Il presidente De Lise potrà trasmettere alla Commissione una nota integrativa, di cui autorizzo, fin d'ora, la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.


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ALLEGATO

Nota integrativa trasmessa dal Presidente del Consiglio di Stato, dottor Pasquale de Lise.

In merito ai rapporti tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, ribadita la mia ferma propensione al dialogo ed al confronto con la Cassazione, ai fini di un superamento «regolato» delle dispute che hanno registrato in passato, su altre questioni, una non proficua contrapposizione tra le giurisdizioni, vorrei rilevare che il Codice del processo amministrativo si è mosso proprio in questa direzione, dettando alcune disposizioni (articolo 7 sulla giurisdizione amministrativa in generale; articolo 133 sulle materie di giurisdizione esclusiva) tendenti a definire - e anche a delimitare - l'ambito della giurisdizione amministrativa rispetto a quella ordinaria.
Il giudice amministrativo non solo osserverà, doverosamente, le indicazioni che provengono da queste disposizioni, ma sarà pronto a dare ad esse una interpretazione costituzionalmente orientata, evitando qualsiasi appropriazione di competenza che pure potrebbe essere giustificata dalla formulazione letterale delle norme.
Così, con riguardo alla questione posta dall'onorevole Zaccaria relativa al diritto alla rettifica dell'informazione, sento di potere affermare che, pur di fronte alla ampia formulazione dell'articolo 133, lettera l), del Codice («le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti» delle autorità indipendenti), il diritto alla rettifica, proprio in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata e sulla base della natura di tipico diritto soggettivo della situazione fatta valere, continua ad appartenere alla giurisdizione del giudice ordinario.
Analoghe considerazioni possono valere per la questione posta dell'on. Mantini, anche in relazione a quanto affermato dal presidente Lupo.
È vero che, come ho appena rilevato, la formulazione dell'articolo 133, lettera l), del codice è molto ampia e che, inoltre, l'articolo 7 del codice stesso attribuisce alla giurisdizione amministrativa le controversie concernenti «l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo»; tuttavia, deve a mio avviso ritenersi che, almeno per quanto riguarda la vigilanza sui mercati finanziari e mobiliari (di competenza della Banca d'Italia e della Consob), vanno tenute distinte due ipotesi. Vi sono casi in cui i poteri di queste autorità sono esercitati nei confronti dei «soggetti abilitati», tendendo ad assicurare che i loro comportamenti siano trasparenti e corretti, ed allora la posizione di tali soggetti si configura in via di massima come interesse legittimo, con la conseguente attribuzione delle relative controversie al giudice amministrativo.
Diversa, invece, è la posizione dei risparmiatori, che le autorità sono tenute a tutelare, senza esercitare nei loro confronti alcun potere: in tal caso sono configurabili veri e propri diritti soggettivi, meritevoli, nel caso di comportamenti omissivi delle autorità, di tutela aquiliana, che non può essere assicurata che dal giudice ordinario.
Alle tematiche poste dagli onorevoli Zaccaria e Mantini si collega la questione posta dall'on. Bernini Bovicelli, che ringrazio particolarmente perché concerne un aspetto importante, che avevo omesso di trattare nella mia relazione.
Come ha opportunamente ricordato l'onorevole Bernini Bovicelli, la Corte di appello di Torino, con ordinanza del 25 marzo 2011, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni del Codice del processo amministrativo che stabiliscono che il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie applicate da tutte le Autorità amministrative indipendenti (comprese Banca d'Italia e Consob,


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per le quali, in precedenza, la giurisdizione era attribuita al giudice ordinario).
Non ritengo condivisibili le argomentazioni dell'ordinanza, in quanto l'espressa attribuzione di tale materia alla giurisdizione amministrativa, che si aggiunge alla richiamata devoluzione alla giurisdizione stessa delle controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori, adottati dalle Autorità indipendenti, omogeneizza le diverse normative in materia, in precedenza non sempre tra loro coerenti.
Del resto, in ragione della descritta natura soggettivamente e oggettivamente amministrativa degli atti sanzionatori e, quindi, del loro carattere provvedimentale, credo che sia da escludere in radice un problema di compatibilità costituzionale delle norme in questione, le quali, anzi tendono all'obiettivo della concentrazione e quindi della effettività della tutela giurisdizionale, che costituiscono i principi cardine in materia, più volte affermati dalla Corte costituzionale.
La sostituzione del giudice all'Autorità amministrativa nella determinazione della sanzione, invece, potrebbe ritenersi una non giustificata «invasione» del potere giurisdizionale nell'attività amministrativa, per cui, fermo restando il pieno sindacato di legittimità anche in ordine alla proporzionalità e ragionevolezza della sanzione pecuniaria, sarebbe forse da valutare l'opportunità di escludere l'estensione al merito della giurisdizione amministrativa, con la conseguenza che, ove sia annullata la sanzione per sproporzione, compete all'Autorità rideterminare la stessa, sulla base delle statuizioni conformative contenute nella sentenza.
Infine, le osservazioni dell'onorevole Tassone vertono su tematiche molto ampie, che non è agevole affrontare in poche battute.
Mi limito a rilevare che l'attuale sistema, fisiologicamente ma spesso anche patologicamente complesso, con l'accentuarsi dei fenomeni di parcellizzazione dei centri di produzione normativa e di multilevel governance, che concernono anche le autorità indipendenti, richiede un particolare impegno da parte di tutte le Istituzioni, che miri alla ricomposizione su basi diverse del sistema stesso, in uno Stato sempre più tendente al federalismo.
Impegno che vale innanzitutto per il Parlamento (e la legge quadro in materia di autorità indipendenti, cui ho accennato in precedenza, potrebbe costituire un tassello di questa opera), e vale anche, nei limiti delle loro competenze, per i giudici e, in particolare, per quanto direttamente mi concerne, per i giudici amministrativi, i quali già ora, con il nuovo Codice del processo, cercano di assicurare nel migliore dei modi le garanzie del cittadino e la legalità dell'agire amministrativo.

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