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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(I e II)
2.
Giovedì 26 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA IN RELAZIONE AD «UNO SPAZIO DI LIBERTÀ, SICUREZZA E GIUSTIZIA AL SERVIZIO DEI CITTADINI»

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane:

Bruno Donato, Presidente ... 2 5 6
Capano Cinzia (PD) ... 5
Maiello Vincenzo, Componente della giunta dell'Unione delle camere penali italiane ... 2 5

Audizione del presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, onorevole Carlo Casini e del vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo onorevole Luigi Berlinguer:

Bruno Donato, Presidente ... 6 12 14 16
Berlinguer Luigi, Vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo ... 9 15
Casini Carlo, Presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo ... 6 14
Ferranti Donatella (PD) ... 13
Formichella Nicola (PdL) ... 13
Paolini Luca Rodolfo (LNP) ... 14
Zaccaria Roberto (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E II (GIUSTIZIA)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,20.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva afferente all'esame della comunicazione della Commissione europea in relazione a «Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini», l'audizione di rappresentanti dell'Unione delle camere penali italiane.
Do la parola all'avvocato Vincenzo Maiello, componente della giunta dell'Unione delle camere penali italiane.

VINCENZO MAIELLO, Componente della giunta dell'Unione delle camere penali italiane. L'Unione delle camere penali ringrazia il presidente e la Commissione per aver voluto assicurare un'audizione cui teniamo in particolar modo, perché sui temi dei rapporti tra diritto comunitario e diritto interno nello specifico settore della giustizia penale l'Unione vanta un'elaborazione risalente, che si è nutrita di una molteplicità di contributi e di proposte.
Superato l'orientamento iniziale caratterizzato anche presso i nostri colleghi da un profondo euroscetticismo, perché ritenevamo che l'apertura a questa innovativa frontiera di produzione del diritto potesse comportare un abbassamento del livello delle garanzie caratteristico del nostro stato costituzionale e della nostra tradizione liberaldemocratica, ha fatto seguito un atteggiamento più realista. Non possiamo disconoscere di essere nel pieno di un processo di integrazione europea e questo vale anche per i problemi della giustizia penale, come testimonia anche il carattere estremamente risalente del problema della cooperazione giudiziaria nel nostro specifico settore.
Ritengo peraltro che oggi, essendo mutato lo scenario istituzionale di riferimento, il trattato di Lisbona che comporterà un'autentica rifondazione del diritto comunitario, delle sue istituzioni, delle sue fonti di produzione e anche delle materie che vedranno protagonista l'Unione, per cui la lente dovrà essere in parte orientata verso un angolo visuale diverso.
In sede scientifica e di elaborazione culturale del nostro organismo, noi penalisti abbiamo molto riflettuto sulle ricadute che derivavano dalle due famose sentenze della Corte di giustizia in materia di tutela dell'ambiente, con la conseguente affermazione che la ritenuta appartenenza della protezione dell'ambiente al primo pilastro anziché al terzo legittimasse l'attivazione degli strumenti caratteristici del diritto comunitario, innanzitutto delle direttive, e quindi potesse determinare un circuito di tensione con il principio della riserva di legge statale in materia penale.


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L'istituzionalizzazione di obblighi comunitari di criminalizzazione, sia pure nella forma dello strumento dell'efficacia indiretta, comportava un problema di tutela dell'integrità della riserva parlamentare di produzione della materia penale.
Oggi, sembra che questo problema sia stato risolto attraverso la positiva affermazione di una competenza dell'Unione nelle famose nove materie. Il problema del rapporto tra produzione comunitaria anche in ambito penale e principio della riserva di legge statale sembra quindi apparentemente risolto in favore della competenza indiscussa delle fonti comunitarie, e quindi con una sostanziale presa d'atto dell'arretramento della barriera della competenza parlamentare.
Questa realtà non ha però impedito alla Corte costituzionale tedesca di avanzare il 30 giugno scorso una serie di rilievi e di osservazioni critiche, che, proprio con riferimento alla materia penale, hanno portato alla decisa sottolineatura della supremazia, che deve continuare a caratterizzare la produzione parlamentare in materia penale rispetto alla riserva di competenza in favore dell'Unione europea. Qualcuno ha detto che la Corte costituzionale tedesca si è fatta portatrice di una visione antiquata, obsoleta delle istituzioni europee e delle sue fonti di legittimazione. Mi sembra però che i problemi posti dalla Bundesverfassungsgericht siano assolutamente di primo rilievo, perché sussiste la sottolineatura mai superflua e pleonastica di come nel parlare di gestione penalistica dei bisogni di tutela si parli dell'attivazione di strumenti in forma coercitiva, che hanno una ricaduta diretta, immediata e indiscutibile sul nocciolo duro dei diritti fondamentali. Credo che questa sia non una sorta di pruderie intellettuale, ma la presa d'atto di una realtà che deve essere guardata nella complessità delle sue sfaccettature.
Si può in sostanza dire che la Corte costituzionale tedesca abbia messo in campo la categoria dei controlimiti come possibili barriere di salvaguardia dei caratteri supremi dell'ordinamento costituzionale e dunque delle cifre identitarie di una tradizione e di un sistema costituzionali rispetto alle spinte espansionistiche del diritto comunitario. Ritengo che questo sia un problema che, anche data la comunanza di tradizione giuridica tedesca e italiana, possa essere recuperato anche alla nostra riflessione. Del resto, la Corte Costituzionale in una molteplicità di sentenze ha avuto modo di ribadire che la supremazia del diritto comunitario deve arrestarsi innanzi a scelte che implicano una incisione nei caratteri supremi dell'ordinamento e dei diritti fondamentali della persona.
Il secondo punto riguarda il ruolo del Parlamento in questi nuovi scenari di produzione della materia anche penale da parte delle fonti comunitarie. Il trattato di Lisbona potenzia indubbiamente il ruolo del Parlamento europeo, ma anche il ruolo dei Parlamenti nazionali. Questo potenziamento può essere effettivo a due condizioni, innanzitutto recuperando la connotazione autenticamente parlamentare dell'intervento delle Camere nazionali in questo processo legislativo europeo. Uno dei punti che noi lamentiamo da tempo è l'utilizzo costante del criterio della legge delega per l'attuazione delle direttive comunitarie.
Oggi abbiamo un processo di produzione di diritto comunitario che nella fase ascendente è certamente caratterizzato da un deficit oggettivo di rappresentatività democratica, ma questo deficit si riproduce, sia pure in forme diverse, anche nella fase discendente. Se continuiamo ad affidare allo strumento del decreto legislativo l'attuazione delle direttive comunitarie, che in moltissime ipotesi implica l'assunzione di scelte politico-criminali importanti all'esecutivo, mortifichiamo il carattere della rappresentatività democratica della legge penale anche nella fase discendente.
In futuro auspichiamo innanzitutto una sorta di ostracismo nei confronti della legge delega in questa materia e, in secondo luogo, il recupero della consapevolezza di come in materia penalistica il Parlamento nazionale possa opporre controlimiti, per sottolineare la peculiarità


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dell'intervento penale anche in uno scenario che veda protagonista l'ingresso di una nuova fonte di produzione quale quella di carattere europeo.
Il trattato di Lisbona stabilisce, ad esempio, che la fonte comunitaria possa dettare i criteri minimi di definizione dei reati e delle sanzioni per l'ottimale salvaguardia dell'efficacia delle politiche dell'Unione. Questa affermazione reca in sé un tarlo potenzialmente corrosivo e pericoloso per la tenuta di un carattere di razionalità dell'intervento penalistico. Dire che l'Unione può ricorrere a una norma penale, perché la ritiene indispensabile per la salvaguardia dell'efficacia della politica dell'Unione medesima, significa individuare come polo di riferimento del giudizio di indispensabilità del ricorso alla sanzione penale una dimensione artificiale, puramente normativa della produzione dell'Unione europea. La politica dell'Unione europea può essere anche il frutto di scelte contingenti. Legittimare il ricorso alla tutela penale per rafforzare politiche contingenti può determinare una sorta di depauperamento del contenuto di garantismo materiale della scelta di criminalizzazione, laddove più opportunamente la formula del trattato di Lisbona potrebbe essere reinterpretata - i Parlamenti nazionali devono svolgere un ruolo importante di chiarificazione della portata significativa del principio in quanto compatibile con le tradizioni del sistema costituzionale di appartenenza - nel senso che l'indispensabilità della tutela penale di competenza legittima dell'Unione deve essere vista in relazione al singolo bene giuridico preso in considerazione. In questo modo, ridurremmo molto l'area della discrezionalità decisionale della fonte comunitaria, e, soprattutto sul piano delle singole scelte incriminatrici, finiremmo per irrobustire la struttura di razionalità garantistica della previsione di incriminazione.
Il ruolo del Parlamento è quindi inteso sia come rivendicazione di un ruolo dell'assemblea nel processo di produzione della normativa europea anche in materia penale, sia come ruolo che deve portare a una ridefinizione dei presupposti dell'intervento europeo compatibile con le finalità identificative della nostra cultura e storia nazionale.
Con riferimento al tema più propriamente processuale, che riguarda più da vicino i nostri interessi, lamentiamo che le prospettive di rafforzamento del quadro di cooperazione giudiziaria, del ruolo del Pubblico Ministero, dell'Europol, dell'Eurojust continuino ad essere coltivate senza tenere in alcun conto la posizione dell'indagato, del potenziale accusato, che in questo scenario, in cui è possibile sviluppare ipotesi investigative, si ritiene di dover arrivare alla produzione di fonti probatorie in ambito sovranazionale spendibili nei singoli processi gestiti dagli ordinamenti nazionali, che manchi un organo che possa fungere da contraltare all'organo pubblico che si pone come obiettivo la raccolta di elementi indizianti e quindi di prove a carico.
In base a questa premessa, auspichiamo la costituzione di una sorta di eurodifensore, un organismo che sia in grado di garantire in forma coordinata una difesa degli interessi dell'indagato in questa fase. Auspichiamo anche una modifica della disciplina in materia di mandato d'arresto europeo, perché oggi è prevista la partecipazione del difensore, ma non si facilita l'esercizio di un ruolo qualificato. Pensiamo alle difficoltà del difensore nello stato ad quem, nello stato di esecuzione, a venire a capo della procedura dello stato a quo, e nel consultare il difensore della fase processuale nello stato a quo. Se vi fosse una forma di interlocuzione tra i due difensori, il difensore che interviene nella procedura attivata dallo stato di esecuzione potrebbe rinunciare a mettere in campo una serie di tecniche dilatorie più o meno sterili, perché, d'accordo con il difensore dello stato di provenienza della richiesta, potrebbe attivarsi per una definizione anticipata di quel procedimento, e quindi verrebbe meno la materia per la quale ci si affanna a opporre eccezioni o deduzioni.


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PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

CINZIA CAPANO. Desidero ringraziare l'avvocato Maiello per la sua relazione. Volevo tornare sul punto finale del suo intervento anche per verificare se ho compreso bene.
Lei rileva come assistiamo all'esistenza di un'organizzazione con poteri sovranazionali di indagine e agli effetti di queste indagini dentro i processi gestiti dai Paesi nazionali con una ricaduta sui diritti fondamentali, senza un'organizzazione che si incarichi della difesa in ambito sovranazionale di quegli stessi diritti. Dovremmo quindi individuare forme di europeizzazione del ruolo del difensore, in modo da elevare a rango sovranazionale la tutela di questi diritti. Questo mi sembra molto condivisibile.
Non comprendo, invece, la ricaduta sul piano degli esempi e cioè della relazione tra difensore dello stato a quo e difensore dello stato ad quem, perché mi sembra che questo sia un problema che non ha bisogno dell'organizzazione della tutela dei diritti della difesa a livello europeo. Risiede infatti più nella capacità degli avvocati di pensarsi in una chiave europea, e quindi di organizzarsi. Non credo occorra una legittimazione istituzionale, perché è una richiesta da porre agli avvocati piuttosto che a un organismo che si sostituisca all'avvocatura.

PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Maiello per la replica.

VINCENZO MAIELLO, Componente della giunta dell'Unione delle camere penali italiane. Ringrazio l'onorevole Capano per le sue osservazioni. In realtà, si tratta di due piani distinti. Il primo è un piano che riteniamo possa essere implementato, e mi riferisco alla possibilità che un giorno un pubblico ministero possa produrre fonti probatorie in ambito sovranazionale per reati che offendono interessi ritenuti di competenza dell'Unione. Se questo dovesse avvenire nella perduranza dell'attuale dislivello di piani di garanzie tra i vari Stati, si aprirebbero scenari inquietanti. Un pubblico ministero, sapendo che l'acquisizione della dichiarazione di un coimputato non è assistita da particolari garanzie in Ungheria o in Romania, potrebbe recarsi in quei Paesi per raccogliere quella dichiarazione e spenderla nel processo che si svolge qui in Italia.
Questa prospettiva può essere un punto di approdo irreversibile, ma a condizione che si armonizzino i sistemi processuali a un livello di garanzie, che - non vorrei coltivare prospettive parossistiche di garantismo - non devono essere inferiori a quelle che abbiamo raggiunto a livello dell'attuale nostra organizzazione giudiziaria. L'impegno è a esportare il patrimonio di garanzie, per renderlo fruibile in tutti gli Stati dell'Unione.
Se si dovesse arrivare a questo, ovvero all'armonizzazione dei sistemi giudiziari, alla possibilità per uno dei pubblici ministeri nazionali o per un pubblico ministero europeo di raccogliere la prova in ambito sovranazionale, si dovrebbe pensare anche a un organismo che prenda in considerazione in questa fase, che può avere ricadute irreversibili per la sorte giudiziaria dell'imputato, anche gli interessi e i diritti dell'indagato.
Con riferimento alla seconda questione, lamentiamo che l'odierna disciplina del mandato di arresto europeo sia lacunosa, perché non favorisce collegamenti tra il difensore dello stato di esecuzione e il difensore della procedura dello stato di provenienza della richiesta, per un rilievo banale ma significativo. Nella richiesta che proviene dallo Stato in cui si dovrà gestire il procedimento manca l'indicazione del difensore che assiste l'imputato o l'indagato in quel procedimento. Diventa quindi molto complicato andare alla ricerca del soggetto con cui relazionarsi. Relazionarsi diventa una necessità per la stessa tenuta di esigenze di efficienza della giustizia, perché un mio collega francese potrebbe chiedermi di non creare problemi perché fra 15 giorni risolverà la questione a Parigi. Se questo avvenisse, si determinerebbe un alleggerimento di lavoro giudiziario


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anche per noi, oltre a favorire un dialogo nella prospettiva di una più robusta difesa dei diritti della persona accusata. A completamento della relazione, consegno alla Presidenza un dossier che racchiude interventi sulla materia dell'Unione camere penali italiane.

PRESIDENTE. Dispongo che il materiale consegnato dall'Unione camere penali italiane sia posto in distribuzione. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
In attesa che giungano il presidente della Commissione per gli affari costituzionali ed il vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo, se non vi sono obiezioni, sospendo la seduta per consentire alle Commissioni riunite, invertendo l'ordine del giorno, di passare all'esame degli altri punti previsti.
(Così rimane stabilito).

La seduta, sospesa alle 14,45, è ripresa alle 15,20.

Audizione del presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, onorevole Carlo Casini e del vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo, onorevole Luigi Berlinguer.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva afferente all'esame della comunicazione della commissione europea in relazione a «Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini», l'audizione del presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, onorevole Carlo Casini, e del vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo, onorevole Luigi Berlinguer.
Do loro la parola per lo svolgimento delle relazioni.

CARLO CASINI, Presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo. Grazie presidente. Ringrazio dell'invito, anche perché mi consente di tornare in forma ufficiale alla Camera dei deputati.
Intendo fare un breve intervento introduttivo. Ieri, come penso vi sia noto sia il collega Berlinguer che io, insieme al Presidente della Commissione del Parlamento europeo per le libertà civili Juan Fernando Lopez Aguilar abbiamo condotto a termine la faticosa adozione di una risoluzione sul programma di Stoccolma, di cui eravamo relatori. Sebbene approvata con amplissima maggioranza (487 voti favorevoli contro 122 contrari e 49 astenuti), essa ha infatti richiesto un notevole sforzo da parte nostra, perché la materia concernente la libertà, la sicurezza e la giustizia in Europa è molto vasta. In più, ci era stato chiesto di fare questo lavoro in pochi giorni, perché il 10 dicembre si terrà il Consiglio europeo e in quell'occasione si dovranno dettagliare meglio le linee del programma di Stoccolma, prima attuazione del trattato di Lisbona per quanto riguarda libertà, giustizia e sicurezza.
Sono stati presentati numerosi emendamenti. Tra l'altro, era la prima volta che si faceva l'esperienza di tre Commissioni riunite, come previsto dall'articolo 51 del regolamento del Parlamento europeo. È stata un'esperienza faticosa, ma siamo riusciti a condurla a termine positivamente.
L'idea di costituire uno spazio di libertà, giustizia e sicurezza europeo è un'intenzione che nasce con Maastricht, con una ripetizione di buone intenzioni sia al Consiglio di Tampere che al Consiglio dell'Aia e ora si tratta di arrivare a una delineazione concreta.
Presumo che abbiate già ricevuto e letto l'atto della Commissione ricevendone, credo una qualche delusione.
Io e il collega Berlinguer abbiamo fatto una conferenza stampa insieme, in cui abbiamo espresso il successo dell'iniziativa. In realtà il documento sostanzialmente conferma quello che già era scritto nella comunicazione presentata dalla Commissione il 10 giugno. Mancano però proposte concrete, c'è un rafforzamento


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degli obiettivi, una sottolineatura delle buone intenzioni, ma non ci sono linee concrete, anche perché non potevano esserci, giacché il programma di Stoccolma dovrà a sua volta essere meglio definito dal prossimo Consiglio dei ministri. In seguito, la Commissione presenterà nuovamente un suo progetto, su cui come Parlamento europeo dovremo ancora esprimerci per arrivare a ulteriori dettagli. Esistono tuttavia aspetti sui quali dovremo esprimerci come Parlamento europeo.
È necessario sottolineare alcuni aspetti importanti e con carattere di originalità rispetto a quello che si era letto nella comunicazione della Commissione. Sono intervenuto in questa vicenda come Presidente della Commissione Affari Costituzionali, quindi la mia preoccupazione principale è stata quella di segnalare gli aspetti di struttura dell'Unione europea, lasciando che la Commissione libertà civili e la Commissione Giuridica si occupassero degli altri campi. Sotto questo profilo, mi sembra opportuno segnalare alcuni aspetti soprattutto di carattere costituzionale.
Poiché siamo in sede di Commissioni riunite, affari Costituzionali e giustizia, non sto a ricordare i vari aspetti quali la necessità di avere uno spazio nel quale ci sia la semplificazione della giustizia, si cerchi di dare una valutazione comune alle prove, si introducano strumenti di accelerazione dei processi soprattutto sviluppando sistemi telematici, mentre considero particolarmente interessante la nostra proposta di istituire una procura europea per i reati transfrontalieri, fatto che richiede meditazione. Era già scritto nella comunicazione della Commissione, ma noi l'abbiamo particolarmente sottolineato, laddove sarebbe opportuno che le indagini a livello di alta criminalità o comunque di reati di criminalità organizzata che attraversino i confini fossero coordinate da una procura unitaria. L'altra novità, presente solo nella nostra risoluzione e non nella comunicazione della Commissione, è l'idea di una Corte europea relativa alla criminalità informatica. È stata infatti ampiamente segnalata l'esigenza di controllare i reati commessi specialmente per la pedopornografia ma anche per altri aspetti, che per loro essenza sono internazionali e hanno bisogno di una risposta di carattere internazionale.
Il tema dell'immigrazione non riguarda in modo particolare l'aspetto costituzionale dell'Unione, ma tuttavia mi pare molto importante per noi italiani, con risvolti di ordine costituzionale, perché i confini dell'Europa sono strutturali. Questo tema è stato trattato già nella comunicazione della Commissione, ma l'abbiamo molto arricchito. L'idea centrale è che l'immigrazione sia un tema che non può essere risolto alla luce del principio di solidarietà, che dovrebbe essere accolto e attuato da tutti gli Stati, ma è un problema europeo. I confini dell'Italia, della Grecia, della Spagna, dell'Olanda e di Malta sono confini europei e quindi è necessaria una normazione e un'attuazione che sono responsabilità di tutti. La definizione «problema europeo» non è utilizzata nella risoluzione della Commissione e nemmeno nella nostra, ma c'è una forte sottolineatura di una solidarietà obbligatoria, non lasciata alla volontarietà, aspetto che considero particolare.
A lato di questo aspetto si colloca il tema delle carceri, per cui si esige la sicurezza anche nelle carceri. In Europa, deve essere avvertita l'esigenza di una solidarietà obbligatoria anche per quanto riguarda il rispetto del diritti umani all'interno delle carceri e conseguentemente anche la costruzione di carceri, fatto che farà molto piacere al Ministro Alfano.
Una questione di livello costituzionale che ci riguarda direttamente concerne i rapporti fra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali. Il trattato di Lisbona si può dire che preveda una parlamentarizzazione in senso verticale e orizzontale. C'è l'estensione della codecisione come legislazione ordinaria del Parlamento europeo, ma è stabilita anche una collaborazione alla legislazione europea dei Parlamenti nazionali, che però non devono essere intesi come strumenti di controllo. Il trattato di Lisbona attribuisce ai Parlamenti nazionali un compito di controllo del principio di sussidiarietà e di proporzionalità,


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per cui nessuna norma e nessuna decisione può essere presa senza il previo controllo dei Parlamenti nazionali su questi due aspetti: la sussidiarietà e la proporzionalità.
A seconda delle materie, è prevista la possibilità di un campanello di emergenza. Se infatti un certo numero di Stati e di Parlamenti ritiene che sia stato violato il principio di sussidiarietà, gli organi dell'Europa devono effettuare una revisione e opporre un freno di emergenza, perché anche un solo Stato in materia penale può opporsi, se ritiene che la proposta legislativa europea leda i principi fondamentali del suo ordinamento. È quindi attribuito questo significativo potere ai Parlamenti nazionali. Questo però deve essere visto come una forma non di controllo, quanto di collaborazione, per avvicinare la democrazia europea ai popoli che conoscono meglio di cosa si parla attraverso gli strumenti a loro più vicini, ovvero i Parlamenti nazionali. Tutto questo comporta problemi che dovremo risolvere insieme. Se si calcola che in Europa ci sono 8.000 parlamentari nei 27 Paesi e 800 Commissioni specializzate, perché questo lavoro sia uno strumento non solo di controllo, ma di collaborazione, di stimolo, è estremamente difficile per il Parlamento europeo stabilire questo rapporto con un numero così grande di punti di riferimento.
Il primo protocollo aggiuntivo al trattato di Lisbona, che riguarda i Parlamenti nazionali, stabilisce il termine di otto settimane decorrenti dall'informativa che la Commissione o gli altri enti che promuovono la decisione devono trasmettere non solo agli organi delle istituzioni europee, ma anche ai Parlamenti nazionali. Entro otto settimane deve arrivare il parere e questo rappresenta un problema. Abbiamo già affrontato questo aspetto come Commissione Affari Costituzionali, e abbiamo voluto dare peso alla questione. Non solo non si può arrivare alla decisione finale se non è decorso questo termine, ma nemmeno le Commissioni che preparano il lavoro dell'assemblea e del Parlamento possono arrivare alla loro conclusione, prima che siano resi questi pareri. La scadenza delle otto settimane è una questione importante che deve essere definita. Qualcuno sostiene che bisognerà per questi rapporti ricorrere a video - conferenze, ma in ogni caso mi premeva rilevare che si tratta di un aspetto di straordinaria importanza.
Parlo soprattutto di Commissioni, perché non si tratta più di fare discorsi generali come già avveniva attraverso i due incontri annuali della Conferenza degli organismi specializzati in materia, ove le Commissioni per gli affari europei inviano i loro rappresentanti. Qui si parla di legislazione concreta e di avere contatti con le Commissioni specializzate, seria difficoltà da risolvere. Oltre a queste, evidentemente, si suggeriscono una serie di rimedi, che vanno da incontri comuni delle Commissioni nella loro interezza a incontri periodici dei presidenti delle Commissioni specializzate con i presidenti delle Commissioni europee alla possibilità della partecipazione del rappresentante delle Commissioni nazionali ai lavori, ovviamente senza diritto di voto, e d'altra parte con la nostra richiesta di partecipare ai lavori come ascoltatori delle Commissioni delle varie nazioni.
In una materia così vasta ci sarebbe ancora molto da aggiungere. Vorrei accennare a una di esse, perché è di particolare importanza e gravità, ovvero la questione dell'attribuzione da parte del trattato di Lisbona del carattere giuridicamente vincolante alla Carta dei diritti fondamentali, cosa da tutti condivisa, ma che presenta non pochi problemi dal punto di vista di chi pensa giuridicamente le cose, perché lo stesso trattato di Lisbona, in quella forma che lascia qualche discrezionalità di tempi e modi, impone l'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Due organi sono preposti al giudizio sul rispetto dei princìpi fondamentali di queste due carte, la cui interpretazione identica si suppone possa evitare conflitti, ma non è chiaro chi giudichi, chi abbia l'ultima parola. Il problema esisteva già per quanto riguarda le Corti Costituzionali


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nazionali, risolto finora di fatto, rilevando come, essendo tutti d'accordo, non si rilevi alcun conflitto. Con la sentenza del 30 giugno scorso, però, la Corte Costituzionale tedesca ha affermato che per la Germania l'ultima parola spetta alla Corte Costituzionale tedesca. Questo pone qualche problema. Oltretutto, il trattato di Lisbona, nel dichiarare giuridicamente vincolante la Carta dei diritti fondamentali, precisa anche «ferme restando le competenze attribuite all'Unione europea», per cui il principio di attribuzione resta saldo. I diritti fondamentali coprono però praticamente tutto l'universo giuridico, per cui si rileverà qualche problema di assestamento. Naturalmente, non so dare risposta a queste problematiche, ma mi premeva esprimerle nello spirito costruttivo di chi è sicuro che si troveranno le soluzioni, ma è altrettanto sicuro che i problemi esistono.

LUIGI BERLINGUER, Vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo. Voglio ringraziarvi anch'io di questo invito a me particolarmente gradito, perché non dimentico di essere stato il presidente della XIV Commissione in questa Camera e di essermi occupato di politiche dell'Unione europea come recita il titolo di quella Commissione.
Come voi sapete, la decisione su questo argomento spetta prima al Consiglio di giustizia e poi al Consiglio europeo, che si riunirà il 10 e 11 dicembre sotto la presidenza svedese. Quello sarà il testo che avrà valore formale e normativo.
Il testo del Consiglio non esiste ancora formalmente. So che esiste una bozza, che conosco, ma il Coreper non ha ancora cominciato a esaminare le proposte della presidenza svedese. Oggi, ci occupiamo della risoluzione adottata dal Parlamento ancora in sede di risoluzione, quando il trattato di Lisbona non era operativo. Il testo che avete di fronte non diventerà norma, ma tuttavia ci siamo sforzati per poter apportare alla decisione finale una serie di considerazioni e di proposte di norma, che partono dalla Commissione.
Come accennato dal presidente Carlo Casini, in vigenza del trattato di Lisbona, mentre ora il Parlamento si è espresso in sede «di parere», successivamente sarà chiamato a esprimersi su una serie di adempimenti di materia giuridica in sede di codecisione. Il valore pregnante del rapporto parlamentare europeo rispetto al Consiglio dettato dal trattato diventerà pratico, operativo. Non sarà semplice, bisognerà trovare i punti di equilibrio. In generale, il Parlamento spinge verso una politica comunitaristica e di integrazione, mentre il Consiglio spinge verso una politica di freno e di forte rispetto delle nazionalità e degli Stati, ma questa dialettica viene continuamente messa all'ordine del giorno.
In questo testo abbiamo accennato alla tematica delle carceri, perché il Ministro della giustizia italiano si è recato a Bruxelles, ha invitato la delegazione parlamentare italiana e ha pregato vivamente i parlamentari di affrontare anche la tematica delle carceri. Ci siamo fatti promotori di un emendamento al testo delle tre Commissioni riunite, in cui abbiamo voluto sottolineare un possibile intervento europeo in materia carceraria non per costruire carceri, ma per creare le condizioni oggettive del rispetto dei diritti umani anche all'interno delle carceri, laddove un eccesso di popolazione, di affollamento o altri elementi potevano mettere a repentaglio questo diritto, visto che questa tematica riguarda lo spazio europeo della giustizia, dei diritti, della libertà e della sicurezza.
Ritornando allo spirito di Tampere, dove è nata l'idea dello spazio europeo, rispetto al trattato dell'Aia, in cui la tematica principale ancorché non unica era quella della sicurezza, perché il trattato dell'Aia è figlio della vicenda delle Torri gemelle, del terrorismo e quindi dello shock determinato da quell'evento drammatico, per cui la politica della sicurezza era diventata fortemente prioritaria forse con un peso preponderante rispetto ai diritti. La natura dell'attuale passo avanti effettuato da noi in Parlamento è l'individuazione di un equilibrio fra le necessità


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improrogabili della sicurezza, che soprattutto uno spazio europeo può assicurare in campo penalistico e negli altri campi del diritto, e la considerazione dei diritti fondamentali dei cittadini, delle vittime ma anche dei diritti degli imputati.
Desidero esprimere la mia particolare soddisfazione, che è la stessa del presidente Carlo Casini, nel rilevare come siamo arrivati al voto finale con un consenso molto forte tra il gruppo del Partito Popolare, l'alleanza progressista dei Socialisti democratici e il gruppo liberale e con il voto di astensione dei Verdi. Sostanzialmente, quindi, salvo quello degli euroscettici, non c'è stato alcun voto contrario anche se in questo testo non mancano alcune questioni delicate della tematica della giustizia nei vari Paesi, che investono tradizioni, culture e persino posizioni politiche attuali. Abbiamo prodotto uno sforzo per conciliare le varie posizioni. Nella riunione delle Commissioni riunite, che ha approvato la bozza di testo da portare in aula nella sessione plenaria, il Partito Popolare si è astenuto a causa di un emendamento dei Liberali votato anche dai Socialisti democratici e passato in maggioranza, che esprimeva un orientamento che i Popolari non avevano condiviso, fino a essere indotti ad astenersi sull'intera risoluzione. Abbiamo quindi lavorato e presentato a firma congiunta un emendamento correttivo e abbiamo ottenuto il risultato di cui vi parlavo. Mi riempie di particolare soddisfazione rilevare come la proposta parlamentare sul programma di Stoccolma non nasca spaccando in due il Parlamento europeo, per cui è una delle condizioni per cui il Parlamento desidera contare di più nella dinamica delle tre istituzioni comunitarie, forte di questo ampio consenso. In talune occasioni, quindi, sulla politica della giustizia e dell'integrazione europea è possibile trovare un'importante convergenza, come accaduto a noi.
Entrando nell'esame delle questioni di merito, l'altro elemento di novità, oltre a quello dell'equilibrio fra diritti e sicurezza, è quello dell'equilibrio tra penale e civile. Sono membro della Commissione giuridica del Parlamento europeo, che si occupa in prevalenza delle materie civilistiche oltre che della giustizia, laddove per civilistiche intendo privatistiche, perché comprendono il commerciale, il diritto del lavoro e il diritto delle imprese. Si affronta quindi un secondo aspetto, perché prima c'era una prevalenza della tematica della Commissione libertà civili, che era la tematica dei diritti degli immigrati e della discussione su questo argomento e delle questioni che io definisco pubblicistico-penalistiche.
L'Europa e lo spazio europeo nascono anche per la disciplina della vita quotidiana dei cittadini. Questo significa intervenire nelle questioni che interessano quotidianamente sia coloro che vivono in una condizione transfrontaliera a cavallo di più Stati, sia coloro che le vivono all'interno del proprio Stato. Troverete quindi una serie di riferimenti non solo ai diritti fondamentali e al loro rafforzamento, ma all'accesso alla giustizia, con tutta la tematica dell'articolo n.6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ovvero l'accesso alla giustizia giusta, rapida e efficace, quindi anche l'efficienza.
Uno dei temi più nuovi rispetto al passato è dato dalla circostanza che il programma di Stoccolma, essendo un progetto quadro che dà legittimità anche normativa all'interno però del quadro, deve essere riempito delle singole politiche, dei singoli provvedimenti, ma deve anche prevedere una forma di monitoraggio e di verifica degli effettivi risultati, e prima ancora delle misure adottate sia dalla Commissione sia dall'Europa per dare corpo a questi provvedimenti. Può quindi sembrare più una carta nel senso aeriforme del termine, ma questo non è, sebbene debba essere riempita. Sono quindi necessari implementazione, monitoraggio, verifica dei risultati.
Affronteremo ad esempio il tema delle successioni. Il diritto inglese è diverso dal diritto nazionale italiano, la legittima ha un peso diverso nei due Paesi, i figli nati a cavallo fra queste due nazionalità avrebbero trattamenti di conflitto permanente.


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Un problema riguarda la questione drammaticamente esemplificata dalla vicenda della signora italiana e del marito tedesco che ha sottratto il bambino alla mamma, perché la disciplina tedesca e italiana anche in materia matrimoniale è distinta; esistono poi tutti i drammatici problemi di giurisdizione, quindi di competenza territoriale, le questioni riguardanti il diritto del lavoro. Alcune decisioni della Corte del Lussemburgo hanno portato a una situazione per cui ad esempio un'impresa con operai lituani che lavorano in Svezia ha ottenuto la giustificazione di un salario inferiore rispetto a quello contrattuale svedese, con una rivolta dei sindacati svedesi perché questo invadeva il loro campo. Tale tematica lavoristica testimonia il bisogno dell'area comune, che la società - e non soltanto idealisti europeisti come il sottoscritto - chiede oggi, perché si tratta di un bisogno sociale reale.
Per quanto concerne il diritto delle imprese, oggi si possono creare iniziative di allargamento del capitale senza passare attraverso una decisione dell'assemblea. Questo è successo in Germania e riguarda un'impresa allocata altrove, ma, se avessi sostenuto questo all'esame di diritto commerciale, sarei stato bocciato perché il diritto societario sostiene ben altro in proposito. Questo testimonia l'urgenza di un tentativo di disciplina comune, laddove un gruppo di lavoro si occupa dei diritti dei contratti. Si parla oggi di un diritto dei contratti opzionali a fianco a quello dei diversi codici civili, perché ormai le imprese non riescono più a seguire una frammentazione di disciplina giuridica in una materia in cui l'integrazione economica è largamente avvenuta.
Il grande tema del riconoscimento delle decisioni vale sia nella penalistica per quanto riguarda l'iniziativa investigativa e anche della decisione, che nella privatistica. La proposta di abolire l'exequatur sta andando ad esempio molto avanti. Oggi, quindi la disciplina europea offre uno spazio enorme sulla base di quanto richiesto dai cittadini: il copyright, il diritto dei consumatori.
In questo quadro, abbiamo posto due questioni ex novo come nostre proposte di emendamento rispetto alla Commissione. La prima questione è che, oltre a procedere in modo normativo e quindi normante con varie forme quali direttive, regolamenti, decisioni quadro proposte dalle istituzioni europee e poi riconosciute e introitate nel diritto nazionale, bisogna anche procedere dal basso.
Non posso dimenticare di essere stato il primo a presiedere la rete europea dei Consigli di giustizia in un'altra stagione della mia attività, in cui i magistrati hanno voluto essere protagonisti della politica di integrazione, e non soltanto gli Stati e le norme. Questo vale per l'attività degli avvocati e di tutti coloro che si confrontano con norme che spesso non possono essere soffocate dentro una giurisdizione o una cultura esclusivamente nazionale. Nella risoluzione, abbiamo evidenziato l'esigenza di continuare a sostenere tutti i processi che dal basso creano questo nuovo modo di essere dell'Europa dal punto di vista amministrativo: le reti.
La seconda questione è rappresentata dal fatto che non avremo riconoscimento o sviluppo della componente europea e quindi del diritto comunitario, se non avremo una cultura europea dei magistrati, degli avvocati e persino degli studenti di giurisprudenza, aspetto in cui l'Europa è indietro. Abbiamo bisogno di un giudice che sia italiano ed europeo, tedesco ed europeo, francese ed europeo, il giudice nazionale quanto il giudice di Lussemburgo o di Strasburgo, che abbia quindi quel tipo di forma mentis, come del resto l'Europa ha bisogno di una cittadinanza che è fatta di una forma mentis dei cittadini, che abbiano due patrie e non una soltanto.
Abbiamo chiesto quindi misure operative, per la «formazione di magistrati», termine che aborrisco ma ormai entrato nell'uso comune, salvo gli inglesi che parlano di legal studies, perché sono più fini in queste cose anche linguisticamente, un investimento professionale nella vita dei


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magistrati e degli avvocati che faccia crescere la conoscenza e la consapevolezza di una dimensione di questo genere.
Il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali operano con una scarsa comunicazione reciproca. Come presidente della XIV Commissione, per un breve periodo tentai di fare riunioni congiunte dei parlamentari italiani a Strasburgo e di quelli eletti in Italia, ma questo non basta. Non solo nella legge comunitaria, ma in una serie di decisioni normanti negli Stati e nel Parlamento europeo sarebbe opportuno un collegamento, e colgo l'occasione per auspicarlo.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ROBERTO ZACCARIA. Mi preme cogliere il significato di questo incontro. L'onorevole Carlo Casini aveva cominciato chiedendo se avessimo visto il documento, ma poi sia lui che il vicepresidente Berlinguer hanno voluto porre l'accento sui nodi. Come il vicepresidente Berlinguer ha evocato ricordando fasi della sua esperienza precedente, fatichiamo a partecipare in maniera costruttiva a questi processi.
Poiché siete stati entrambi parlamentari, sapete che ci sono delle scale di priorità: in occasione ad esempio di un decreto-legge si ha poco tempo per intervenire, si pone il problema di carattere emendativo, che possiamo realizzare confrontandoci e scontrandoci. Quando partecipiamo ai processi ascendenti nella fase dei documenti che poi vengono elaborati a livello europeo, la questione è molto complessa. Da un lato, c'è il rischio di una specie di omaggio formale alla scadenza, con un contributo che, sommato alla quantità delle altre Commissioni che intervengono in materia, può non apparire concreto, oppure si potrebbe individuare un numero molto limitato di problemi nell'ampio panorama che ci avete offerto, per avere una possibilità di incidere.
Verremo infatti mediati nel contesto dei Parlamenti e delle Commissioni su questi problemi, sui quali voi riflettete nelle varie fasi in cui è possibile spostare l'indirizzo politico, mentre per noi è possibile un intervento una tantum, quindi forniamo un'indicazione di cui spesso ignoriamo l'esito finale.
Apprezzo questo incontro, perché per me è stato molto utile sentir elencare i nodi dalla vostra voce. Sono interessato a tanti argomenti, ma sceglierò quello dell'immigrazione, perché, anche con riferimento alle politiche interne, mi sembra di rilevare un costante palleggiamento, per cui non si capisce se il problema debba essere risolto da noi o in Europa. Si gioca di sponda sull'Europa, per cui è molto importante capire cosa possa dimostrarsi significativo in un documento di questo tipo.
Trovare poi il punto di incontro non è così facile, laddove il vicepresidente Berlinguer ha rilevato come su questo documento si sia riusciti a realizzare una sostanziale convergenza tra le principali posizioni politiche, a parte l'astensione derivante da un fattore più contingente che non di carattere strategico. Fatichiamo però a realizzare questo tipo di convergenza, perché ad esempio sull'immigrazione abbiamo visioni abbastanza diverse. Questo è il punto: scegliere le questioni che possono avere maggiore significato in ordine alle posizioni che state maturando e trovare un punto di incontro.
Vorrei rivolgere una domanda sull'immigrazione al presidente Carlo Casini, che ha parlato di solidarietà. Riteniamo che l'Europa debba intervenire anche su quegli spazi ridotti di coste che riguardano alcuni Paesi, ma sono coste europee, aspetto sul quale siamo abbastanza d'accordo. Recentemente, però, alla Camera abbiamo discusso un tema che ci divide riguardante il diritto di asilo. Per quanto riguarda la politica dei respingimenti collettivi, che il Governo definisce «riconsegne», che chiudono la porta all'asilo, perché questo passa soltanto attraverso certi canali, a livello europeo ci viene raccomandato di stare attenti a non intervenire collettivamente, perché l'asilo è una pratica individuale, ma, se affrontiamo la questione all'ingrosso,


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dovendo gestire per conto di tutta l'Europa blocchi o strategie per evitare che queste persone arrivino sul territorio europeo, non riesco a trovare la quadratura del cerchio. Vorrei capire se sui problemi dell'immigrazione, della solidarietà, delle coste comuni europee, in questo documento si possa individuare una risposta di equilibrio nel rapporto tra respingimenti collettivi e diritto di asilo.

NICOLA FORMICHELLA. Ringrazio il presidente Bruno per l'occasione di oggi, perché questo è il terzo incontro con europarlamentari e, come rilevato dall'Onorevole Berlinguer, questo dimostra che il Parlamento italiano è attento all'incontro con gli europarlamentari proprio in vista dell'applicazione del trattato di Lisbona, che a giorni entrerà in vigore.
Abbiamo ascoltato le relazioni che sono state giustamente di carattere generale, ma a noi interessano argomenti specifici e concreti, uno dei quali già sottolineato dall'onorevole Zaccaria. Ieri, in Commissione politiche comunitarie, abbiamo approvato all'unanimità, quindi anche con i voti del Partito democratico, della Lega, dell'Italia dei valori e dell'UDC, il prescritto parere sul programma di Stoccolma, dove abbiamo evidenziato l'esigenza di perseguire con coerenza l'obiettivo prioritario del rafforzamento degli strumenti a disposizione, in particolare il Frontex, e di avere un'efficace risposta politica alle esigenze del nostro Paese.
Abbiamo quindi elencato cinque punti: contrastare con maggiore efficacia l'attività delle organizzazioni criminali che traggono profitti dal trasferimento nel territorio dell'Unione europea di immigrati, ovvero dal loro sfruttamento lavorativo; assicurare un adeguato sostegno ai Paesi terzi che non dispongano di mezzi e risorse adeguati, in particolare rafforzando la collaborazione con i Paesi di origine e di transito, in modo da evitare l'utilizzo dei rispettivi territori e soprattutto delle loro coste per il trasferimento degli immigrati illegali; parametrare le dimensioni dei flussi migratori regolari alle effettive opportunità di impiego legale nel territorio dell'Unione europea; rendere obbligatoria e irrevocabile, ai sensi dell'articolo 80 del trattato del funzionamento dell'Unione europea, la solidarietà tra i diversi Stati membri, in modo da non costringere quelli più esposti per ragioni geografiche, quali Italia e altri Paesi, alle pressioni migratorie a farvi fronte da soli, e provvedere affinché si possa procedere alla creazione di un ufficio europeo di asilo entro la fine del 2009, allo stesso tempo definendo una politica comune in materia di asilo.
Queste sono le premesse di alcune domande specifiche che vorrei porre. Lei, presidente Casini, ha citato la solidarietà tra gli Stati membri, ma credo che per raggiungere concretamente questo obiettivo siano necessarie le risorse economiche. Oggi, l'Italia è ancora lasciata sola da questo punto di vista, per cui vorrei sapere se vi sia l'intenzione di assegnare all'immigrazione risorse adeguate nel quadro finanziario dell'Unione europea post 2013. Vorrei chiedere come il Parlamento europeo intenda perseguire concretamente questo obiettivo.
La seconda domanda è volta a dare concreta applicazione alle disposizioni del trattato di Lisbona. Nella risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo si fa riferimento alla costituzione di un forum con la partecipazione di quattro deputati per Camera, due supplenti e due titolari, che si riunirebbe due volte l'anno. Vorrei sapere se riteniate sufficiente il ricorso a questo strumento o se, alla luce del trattato di Lisbona, sarebbe necessario stabilire una cooperazione più sistematica tra i nostri Parlamenti anche in riferimento ai provvedimenti in esame.

DONATELLA FERRANTI. Desidero ringraziare gli auditi per la presenza e il contributo specifico che hanno voluto darci e l'ufficio di presidenza delle Commissioni riunite I e II, che ha consentito di realizzare queste audizioni.
Quando ci sono affermazioni di principio come in questo documento approvato ieri, è più semplice trovare convergenze su punti delicati di equilibrio. Il


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problema è il passo successivo, ovvero la realizzazione di questi punti di equilibrio. In ogni programma politico delle forze contrapposte che si candidano alle elezioni ci sono punti che sembrano simili, ma che all'attuazione si traducono spesso in proposte distanti mille miglia.
Sarà quindi necessario uno sforzo comune. Questo è l'ultimo programma che si sta realizzando in Europa, dove finora le affermazioni di principio hanno contribuito a creare un tessuto che tenta di essere omogeneo. È però opportuno passare a indicare vie di realizzazione.
Il problema delle carceri per noi è molto gravoso. Vorrei quindi sapere se il problema delle carceri sia solo italiano, laddove è stato riferito che il nostro Ministro della giustizia ha voluto incontrare la delegazione dei parlamentari europei perché ponesse l'accento sul problema delle carceri italiane, o riguardi altri Paesi europei, e se le problematiche siano comuni, quindi sovraffollamento e situazioni di gravi compromissioni di diritti fondamentali in alcune carceri.
L'onorevole Berlinguer evidenziava come l'Europa intenda farsi carico non tanto della costruzione di nuove carceri, quanto di garantire i diritti fondamentali. Vorrei sapere cosa si intenda, giacché in Italia il problema deve essere attribuito non alla mancata volontà del nostro Stato di garantire i diritti minimi dei detenuti, quanto al sovraffollamento, alle strutture carcerarie, a un sistema giustizia che deve essere rivisto anche per quanto concerne le pene alternative, fattori che privano alcuni detenuti di spazi dignitosi di sopravvivenza, finalizzati al recupero.
Vorrei porre l'altra domanda al presidente Carlo Casini, che faceva riferimento alla proposta di una procura europea dei reati transfrontalieri. Personalmente, sono perplessa dinanzi all'istituzione di superprocure o organi internazionali, perché mi interrogo sull'efficacia, laddove talvolta, se non hanno la possibilità di incidere, di avere una giurisdizione propria ed esclusiva, si trasformano in «carrozzoni» che incrementano i vari passaggi. Sarebbe forse più proficuo creare sistemi che garantiscano un effettivo collegamento tra le procure nazionali, magari individuandone alcune di riferimento, le forze di polizia e le reti di avvocatura.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Desidero porre due domande molto semplici. Vorrei conoscere lo stato dell'arte riguardo alla questione dell'obbligatorietà dell'azione penale. Questo è infatti uno degli aspetti che ci differenziano da altri Paesi come la Francia o l'Inghilterra, ed è alla base del sovraffollamento delle carceri.
Vorrei conoscere inoltre lo stato dell'arte della costituzione di un corpus minimo di leggi penali comuni, per evitare che un reato non penalmente sanzionabile in Polonia lo sia invece in Francia. Vorrei sapere come ci si stia muovendo in queste due direzioni, che ritengo siano alla base di molti problemi.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

CARLO CASINI, Presidente della Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo. Essendo stato pubblico ministero per tredici anni, sono particolarmente interessato alle questioni penali, alle quali rispondo subito.
Condivido le perplessità dell'onorevole Ferranti in merito alla procura europea. Non abbiamo voluto dare risoluzioni preconfezionate, ma abbiamo riconosciuto l'esigenza di una riflessione. Quando ho fatto il pubblico ministero a Firenze ero nella stanza accanto a quella del collega Vigna. Vigna è un sostenitore delle procure generali antimafia, poi realizzate. Non so se sia giusto. Certamente, esistono processi di una tale complessità che senza una perfetta conoscenza dei dati, una capacità di mettere in rapporto situazioni che per altri sono casuali, possono far rischiare di diventare un arbitro incontrollabile. È necessario però conciliare le cose. La proposta della procura europea non è mia, ma non mi sento di contrastarla. Credo che bisognerà approfondirla attentamente.
Per quanto riguarda l'obbligatorietà dell'azione penale, sono sempre rimasto


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favorevole all'obbligatorietà, perché è garanzia di indipendenza. Non è chiaro a chi dovrebbe essere rimessa la decisione in un'azione penale che sia discrezionale. I problemi sono assai complessi. Ora anche in Italia si dibatte molto della rapidità del processo, di cui mi sono occupato. Sono stato il relatore sulla riforma del codice di procedura penale, ma nessuno evidenzia come ad esempio in Inghilterra i processi siano brevi, ma non abbiano l'appello. Sulla bilancia bisogna mettere i vantaggi, il garantismo e quello che è contro.
I documenti di cui oggi dobbiamo parlare non toccano il tema dell'obbligatorietà dell'azione penale. Il diritto penale è delicato, perché in esso più si rispecchiano le identità, i valori e i costumi di un popolo. Non vogliamo che l'Unione europea cancelli tutto questo. La sentenza del 30 giugno della Corte Costituzionale tedesca, che è lunghissima come tutte le sentenze della Corte costituzionale tedesca, ha autorizzato la ratifica del trattato di Lisbona, ma con una serie di paletti che meritano un'ulteriore e prolungata riflessione anche dei Parlamenti nazionali. La riflessione ruota attorno ai temi della democrazia, della sovranità e della identità. Ora, il diritto penale è molto legato all'identità di una nazione. In alcune materie servirebbe un codice europeo, perché spesso le normative europee non sono chiare.
In materia penale, finora l'Europa non si è espressa e forse, se dovessimo arrivare a un intervento più incisivo in materia di reati transfrontalieri, che dovrebbero essere pochi e non banali, riguardo le frodi finanziarie in danno della comunità e casi di delinquenza organizzata operante a livello globalizzato, forse un codice sarebbe utile, ma non andrei molto oltre, perché la cosa è delicata e si deve stare attenti a non cancellare le identità nazionali.
Sono d'accordo che l'immigrazione debba essere un tema centrale. Nel nostro documento si parla di solidarietà non tanto nei confronti dell'immigrato, ma tra i Paesi che devono fare accoglienza. Questa solidarietà, che secondo il nostro documento è obbligatoria, implica effettivamente non soltanto un'elargizione di soldi a coloro che hanno problemi più gravi, come l'Italia, ma anche una riflessione comune ad esempio sull'asilo. Il nostro documento richiede una legislazione comune in materia di asilo. Non si affronta il tema del respingimento, se non incidentalmente, ma una disciplina del diritto di asilo coinvolge anche questo tema ed è bene che sia l'Europa a parlare anche perché svelerebbe tante polemiche partitiche, che non giovano molto.

LUIGI BERLINGUER, Vicepresidente della Commissione giuridica del Parlamento europeo. Desidero anch'io esprimermi su quest'ultima questione. L'Europa è un equilibrio di sussidiarietà, perché ci sono competenze statali che nessuno può avocare all'ambito europeo e competenze europee che si stanno allargando muovendosi in due modi: la normazione diretta da parte dell'Europa con efficacia normativa diretta, e la tendenza a creare le condizioni dell'armonizzazione dei diversi sistemi. Questo significa che dentro gli Stati si procede a modificare il proprio ordinamento giuridico in modo da avvicinarsi a quello dell'altro Stato. L'Europa non è uno Stato federale, ma una comunità, un'Unione.
Dal paragrafo 112 al 115, si evidenzia la priorità del settore della giustizia penale e si chiede «la costruzione di uno spazio di giustizia penale dell'Unione europea basato sul rispetto dei diritti fondamentali, sul principio del riconoscimento reciproco e sull'esigenza di mantenere la coerenza degli ordinamenti nazionali di diritto penale, da sviluppare attraverso una serie di procedure». La stretta legalità dovrà essere rispettata.
Per la prima volta si assiste all'inizio di un'attenzione alla penalistica come disciplina del reato e della pena, mentre prima era considerata soltanto dal punto di vista della procedura e quindi delle funzioni investigazione. Oggi, si parla anche di un reciproco riconoscimento. Non si potrà comunque richiedere il riconoscimento reciproco di un reato non considerato tale


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dall'altro Paese, per cui si procederà a piccoli passi, però oggi è in atto una volontà di armonizzazione.
Questo avviene anche nella materia dell'immigrazione. Volevo far presente all'onorevole Zaccaria che il capitolo sull'asilo è il più lungo di tutti. Si vuole affrontare i problemi della garanzia insieme ai problemi delle misure. Ho letto la risoluzione della XIV Commissione della Camera, in cui vengono ribaditi gli stessi concetti espressi qui oggi, quindi mi pare che ci sia un desiderio di interpretare il programma di Stoccolma nell'ottica dell'equilibrio fra sicurezza e giustizia, nell'ottica di promuovere la cultura giuridica.
Il ministro Alfano ci ha chiesto in sostanza di riuscire a inserire una norma nel programma di Stoccolma che permetta all'Italia di ottenere fondi per realizzare le carceri. Lo ha detto in modo più elegante, ma la sostanza era quella. Perché costruire carceri non è competenza europea, abbiamo suggerito di trovare forme di intervento, dato che l'approccio del programma di Stoccolma, ma in complesso dell'Unione europea, riguarda la creazione delle condizioni di una vita civile all'interno delle carceri nel rispetto dei principi di tutela dei diritti. Nell'ottica di creare queste condizioni, che hanno un rilievo anche edilizio e non soltanto normativo, si potrà aprire una finestra. Abbiamo voluto fare una proposta di emendamento per venire incontro a un'esigenza, salvo le decisioni in sede di bilancio che non ci competevano.
Per quanto riguarda la politica dell'immigrazione, in Europa c'è una fortissima sensibilità ai diritti individuali. Sulla questione dell'asilo le autorità europee sono irremovibili, laddove alcuni elementi dello statuto dei diritti di asilo devono essere tutelati. Voi avete citato Frontex ed effettivamente qui c'è una spinta perché questa agenzia sia attivata in modo molto più largo, per creare le condizioni di un'azione comune europea e non soltanto dei singoli Stati sulle coste considerate non solo italiane, spagnole o francesi, ma anche europee. L'esigenza proveniente dal nostro Paese di non scaricare sui singoli Stati o sulle singole isole degli Stati questo problema sta maturando. Se si deve realizzare uno sforzo di dimensione europea, si dovranno avvicinare gli indirizzi politici sull'immigrazione per quanto riguarda i rapporti fra flussi e controriflussi, la ricettività, i diritti individuali, le forme dell'integrazione. Ritengo che il nostro Paese possa guadagnarci, ricevendo un aiuto nel regolare i flussi, ma garantendo anche la sua parte nel rispetto degli esseri umani. Anche noi possiamo quindi guadagnare da un'europeizzazione di questo problema.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.

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