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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione II
2.
Giovedì 19 luglio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI TRIBUNALI ORDINARI E DEGLI UFFICI DEL PUBBLICO MINISTERO (ATTO N. 494)

Audizione del Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense (CNF):

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 5 6 7 10 11
Mascherin Andrea, Rappresentante del Consiglio nazionale forense ... 7 10
Merli Enrico, Rappresentante del Consiglio nazionale forense ... 10
Salvi Giovanni, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania ... 3 6
Samperi Marilena (PD) ... 6 10
Sisto Francesco Paolo (PdL) ... 10
Torrisi Salvatore (PdL) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 19 luglio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 9,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense (CNF).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo schema di decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero (Atto n. 494), l'audizione del Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi, e di rappresentanti del Consiglio nazionale forense (CNF).
Proseguiamo, dunque, i nostri lavori sul citato schema, in merito al quale la Commissione giustizia deve esprimere il proprio parere entro il prossimo 8 agosto.
Alle ore 15 svolgeremo l'audizione - lo ricordo perché sarebbe utile avere una presenza - del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno, Franco Roberti, e dei rappresentanti dell'Associazione italiana giovani avvocati.
Infine, nella seduta di martedì concluderemo il ciclo di audizioni ascoltando i rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, il Procuratore generale presso la Corte d'Appello di Torino, Marcello Maddalena, il Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Messina, Sebastiano Ardita, e il presidente del Coordinamento nazionale degli ordini forensi minori, Salvatore Pompeo.
Ringrazio e porgo il saluto anche al Consiglio nazionale forense, nella sua rappresentanza; sono qui presenti l'avvocato Andrea Mascherin, consigliere segretario, l'avvocato Enrico Merli e il dottor Paolo Glisenti.
Noi chiediamo - non so siete a conoscenza delle modalità delle nostre audizioni - una relazione espositiva, cui seguiranno eventuali domande da parte dei commissari. Se non è possibile per voi rispondere subito, perché magari sono stati richiesti dei dati che al momento non siete in grado di fornire, potrete inviarceli successivamente.
Do la parola al Procuratore della Repubblica di Catania, dottor Giovanni Salvi, ringraziandolo per aver accettato il nostro invito.

GIOVANNI SALVI, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Grazie per avermi invitato a esprimere il parere del mio ufficio. Prima di venire qui ho consultato i miei colleghi e anche qualche esponente delle forze di polizia, in maniera da avere un quadro più completo della parte del pubblico ministero e di coloro che al pubblico ministero relazionano.


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Il mio ufficio ha già presentato - per la parte forse più rilevante della mia audizione, quella relativa alla presenza della criminalità organizzata - una relazione al Ministero della giustizia che io comunque vi consegnerò al termine di questa audizione. Nella relazione si dà conto del peso che ha avuto negli anni la criminalità organizzata nel territorio catanese - questo è ben noto - ma in particolare nel Calatino e nel territorio di Modica.
Le situazioni sono molto diversificate: mentre Modica è un tribunale piccolo, con un'area che ha certamente presenza di criminalità organizzata, ma non così significativa da farne un punto dolente, altrettanto non può dirsi per Caltagirone. Caltagirone è al centro di un'area molto particolare; è sempre stata attraversata da fenomeni criminali, ma di matrice particolare, che distinguono quest'area, ad esempio, dai fenomeni criminali di Gela e dell'area nissena e l'avvicinano molto alla criminalità organizzata di origine catanese, in particolare Cosa nostra catanese e la famiglia di Santapaola.
Negli anni passati, la famiglia di Caltagirone facente capo a La Rocca è stata un punto centrale anche del contrasto interno alle famiglie catanesi, nello scontro che si ebbe negli anni Ottanta e Novanta all'interno del gruppo Santapaola. Quindi, Caltagirone ha una presenza di criminalità organizzata specifica che si collega direttamente alla criminalità organizzata catanese.
Questo naturalmente non cambia molto dal punto di vista delle scelte per ciò che concerne la procura distrettuale. Mentre di Modica non parlerò perché mi pare che si tratti di un tribunale e una procura della Repubblica davvero piccoli, con problemi non specifici, per Caltagirone la distrettuale è stata in passato in grado di seguirlo bene e lo sarà anche in futuro.
L'area di Niscemi ha determinato qualche problema, sempre risolto grazie agli ottimi rapporti di collaborazione che tradizionalmente ci sono stati tra le procure di Catania e Caltanissetta, e che continuano ad esserci ancora adesso. Certamente Niscemi appartiene, dal punto di vista della criminalità organizzata, all'area di Caltanissetta e non all'area catanese.
Naturalmente, parlando come distrettuale con un'ottica corporativa, è chiaro che a noi farebbe comodo un accorpamento a Catania, perché avremmo una presenza anche del tribunale e della Corte d'Assise a Catania.
Dobbiamo avere, tuttavia, uno sguardo più ampio e qui il discorso certamente si complica, perché Caltagirone è un tribunale, quindi una procura, al limite come dimensioni rispetto a quelle individuate come rilevanti ai fini della soppressione. Il territorio è certamente molto ampio, omogeneo, che ha tradizionalmente una sua caratterizzazione come tale, quindi credo che debba tenersi conto di questo.
Nell'ipotesi che si decidesse per la soppressione del tribunale e della procura, ci sono interessi chiaramente contrastanti. Comprendo che la costituzione di un'unica area che comprenda Ragusa e il tribunale di Caltagirone porterebbe a un tribunale di media dimensione in grado di risolvere e di interagire con i seri problemi che si hanno per le piccole dimensioni, ad esempio le incompatibilità, e darebbe la possibilità di avere delle specializzazioni, almeno entro certi limiti (vale anche per la procura, non solo per il tribunale), la possibilità di risolvere quei tanti problemi di incompatibilità ambientale che certamente si determinano nei tribunali di piccole dimensioni e che si possono risolvere in maniera più semplice, insomma una maggiore duttilità e flessibilità.
Questo, però, significherebbe allontanare Caltagirone da quel bacino di riferimento e da quell'area tipicamente catanese. Il punto di riferimento di Caltagirone è sempre stato Catania: come lo è per la criminalità organizzata lo è anche da altri punti di vista.
Dico questo con una certa sofferenza, perché è bene che sappiate che tribunale e procura della Repubblica di Catania sono in una situazione veramente molto difficile. So che non c'è ufficio giudiziario che non sia in cattive acque e, soprattutto, che non lo dica, tuttavia Catania sconta -


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chi è del mestiere lo sa bene - un sottodimensionamento dell'organico sia dei magistrati e del personale amministrativo sia del personale di polizia giudiziaria, che risale tradizionalmente al periodo in cui si riteneva che Catania fosse una provincia sostanzialmente immune da fenomeni criminali. Purtroppo così non è, né dal punto di vista della microcriminalità, o della criminalità diffusa per meglio dire, che anzi si lega spesso alla criminalità organizzata per tanti fenomeni che non sto qui a dire, né per gli aspetti di criminalità organizzata vera e propria. È di ieri la notizia di un omicidio a Vittoria, in seguito ad un agguato. Al di là di questi aspetti di sangue, è una forma di criminalità estremamente difficile da contrastare perché è strettamente legata anche all'imprenditorialità, che tradizionalmente caratterizza questa mafia catanese e che la differenzia anche da altri fenomeni analoghi.
So che il vostro tempo è limitato, quindi mi avvio rapidamente a concludere, segnalando altri due aspetti. La descritta situazione di Catania, che è particolare pur nell'ambito di un quadro generale di sofferenza, rende difficile per noi affrontare un carico di lavoro ulteriore se non vi è un impegno significativo in questo senso. Questo vale dal punto di vista delle strutture materiali, e qui qualcosa si può fare perché siamo in dirittura di arrivo - speriamo - per l'avvio della fase contrattuale per la costruzione del nuovo palazzo di giustizia, che dovrebbe e potrebbe già prevedere, poiché siamo in fase progettuale, l'eventuale ampliamento degli organici. Questo va considerato, altrimenti non siamo in grado, né noi né il tribunale, di assorbire nuovi carichi. Ciò vale anche per le sezioni distaccate, per le quali vi è effettivamente la necessità, anche in questo caso, di eliminare un elemento di rigidità, che è costituito dalle sezioni distaccate.
La situazione emergenziale paradossalmente rende più difficile utilizzare le sezioni distaccate che costituiscono un elemento di rigidità: non possiamo utilizzare personale amministrativo, il giudice non può utilizzare il personale se non attraverso meccanismi molto rigidi nelle sedi centrali (anche in questo caso, piccole modifiche normative probabilmente potrebbero rendere più flessibili i meccanismi di utilizzazione).
L'ultimo aspetto è relativo alla necessità che questa riforma richiesta ormai da molti anni - l'eliminazione dei tribunali minori è assolutamente necessaria, noi non siamo in grado di reggere ulteriormente questa situazione - venga fatta con la consapevolezza che non è una riforma a costo zero, ma che è una riforma caratterizzata da costi che verranno certamente recuperati in breve tempo. La riforma deve essere accompagnata dalla consapevolezza, lo ripeto, che non è a costo zero.
Molto può essere fatto. Vi cito l'esempio della procura - perdonatemi se parlo bene del mio ufficio - dove in quest'anno siamo riusciti ad aumentare di molto la nostra produttività (30 per cento circa per i reati contro noti, modello 21); siamo riusciti a ridurre le spese in maniera drastica (nel solo settore delle intercettazioni prevediamo una riduzione di oltre un milione di euro per il 2012 a bersagli invariati); siamo riusciti a riorganizzare l'ufficio con un recupero di personale attraverso l'accorpamento degli uffici, operazione che ha richiesto delle piccole spese che fortunatamente il ministero ha autorizzato avendone compreso la necessità. Abbiamo moltiplicato per dieci il costo dell'impegno che abbiamo avuto. Penso che sia importante dire anche oggi che piccole spese possono comportare grandi risparmi.

PRESIDENTE. Ringraziamo il procuratore. Il tempo a nostra disposizione purtroppo è limitato perché stanno per iniziare le votazioni in Assemblea.
Poiché alcuni colleghi chiedono di intervenire, do loro brevemente la parola per formulare delle domande, rinviando l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale forense al termine della seduta. Comunque, il procuratore ci consegnerà una relazione.


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MARILENA SAMPERI. Signor procuratore, vorrei da lei alcuni chiarimenti. Per l'attività della polizia giudiziaria, con l'accorpamento al tribunale di Ragusa del tribunale di Caltagirone previsto dallo schema di decreto, sarebbe più problematico rapportarsi con la Guardia di finanza, la Polizia o i Carabinieri che sono a Caltagirone e con le posizioni logistiche che sono a Catania? Quali conseguenze negative avrebbe questo e quali conseguenze negative ci potrebbero essere nella trattazione delle misure di prevenzione, per esempio, che farebbero capo al tribunale di Catania, alla procura di Ragusa, mentre le indagini sarebbero svolte dalla direzione provinciale?
Le strutture di Ragusa, secondo lei, sarebbero sufficienti per contenere il tribunale di Caltagirone, oltre che il tribunale di Modica e le sezioni distaccate dei tribunali?

SALVATORE TORRISI. Signor procuratore, a noi è pervenuto, su richiesta della presidenza della Commissione, un parere del Consiglio giudiziario di Catania, che immagino lei conosca. Lei ritiene che questo parere sia condivisibile anche dall'ufficio che lei presiede?
Ritiene, infine, che la presenza di sezioni distaccate, in alcuni territori dove vi è una fortissima presenza malavitosa e criminale - soprattutto di famiglie che appartengono al gruppo più importante in quel territorio, ossia la famiglia Santapaola - sia un presidio importante di legalità in quei territori?
Per quanto riguarda la logistica, a me sembra - lo dice anche il Consiglio giudiziario - che allo stato non sia possibile prevedere la soppressione delle sezioni distaccate perché c'è già un'inadeguatezza degli attuali locali e probabilmente, sul piano previsionale, una soluzione a questo problema non è imminente, neppure a breve tempo. Immagino che sull'ipotesi di cittadella giudiziaria di Catania si possa individuare una soluzione non prima di dieci anni. Vorrei sapere se lei condivide il parere del Consiglio giudiziario in ordine alla logistica e al fatto che - così sembrerebbe - il 70 per cento del carico penale e il 50 per cento del carico civile siano svolti dalle sezioni distaccate.

PRESIDENTE. Do la parola al procuratore Salvi per la replica.

GIOVANNI SALVI, Procuratore distrettuale della Repubblica di Catania. Certamente quello delle sezioni distaccate è un problema molto delicato, perché è vero che ci sono questi carichi di lavoro, però è anche vero che il modo con cui vengono affrontati e risolti non è sempre ottimale.
La possibilità di concentrare in alcune sedi può essere forse un'alternativa alla soppressione di tutte le sedi distaccate. Tenete conto, però, che l'orientamento del presidente del tribunale - non voglio farmi suo portavoce - è contrario, proprio per ragioni di migliore strutturazione organizzativa del lavoro. Ciò, a mio parere, va tenuto in considerazione.
La scelta è drammatica e anche di grande sofferenza. È chiaro che un presidio territoriale diffuso è importante anche per la criminalità organizzata, ma a patto che questi presidi funzionino. Se, invece, questi presidi in realtà diventano una palla al piede del funzionamento dell'organizzazione giudiziaria nel suo complesso, l'effetto è opposto. A mio parere, bisogna considerare caso per caso, tenendo presente queste esigenze di funzionalità.
Per quanto riguarda, invece, la questione relativa agli accorpamenti territoriali, è ovvio che la struttura della polizia giudiziaria è su base provinciale, quindi segue la provincia, come riferimento al prefetto, quindi evidentemente per effetto dell'accorpamento a Ragusa il prefetto che si occupa di Caltagirone sarebbe diverso da quello che si occupa della polizia giudiziaria di Ragusa. Infatti, tutta la struttura di polizia giudiziaria di Caltagirone fa riferimento a comandi provinciali di Catania e a strutture investigative più grandi che a loro volta fanno riferimento a Catania. Lo ripeto, è un bilanciamento rispetto al fatto che Catania è già un grande tribunale, mentre Ragusa è un tribunale più piccolo.


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Dal punto di vista della procura, noi siamo in grado di assorbire questo nuovo materiale procedimentale, però abbiamo anche bisogno di quanto vi ho già detto prima. I tempi a Catania sono imprevedibili, perché noi avremmo dovuto già avere il palazzo di giustizia per il quale erano stati stanziati - all'epoca, dieci anni fa - 50 miliardi di lire. Pare che adesso si sia in fase deliberativa e quindi potremmo avere l'occasione di avere finalmente una cittadella giudiziaria. Questo potrebbe essere uno stimolo per farlo.
Insomma, io non credo che ci sia, da questo punto di vista, una netta impossibilità di trasferire le strutture su Catania.

PRESIDENTE. Ringrazio il procuratore Salvi e invito tutti i deputati a recarsi immediatamente in Assemblea.

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 14.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Ringrazio l'avvocato Andrea Mascherin, l'avvocato Enrico Merli e il dottor Paolo Glisenti per la loro presenza e chiedo scusa per lo slittamento dei lavori che avranno certamente compreso. Do la parola all'avvocato Andrea Mascherin.

ANDREA MASCHERIN, Rappresentante del Consiglio nazionale forense. Ringrazio per l'invito il Presidente della Commissione e saluto i commissari e il rappresentante del Governo. È la prima volta che veniamo ascoltati su questo tema e riteniamo che il confronto sia importante soprattutto come strumento di conoscenza, in quanto confrontando le idee sicuramente si possono apportare miglioramenti a qualsiasi iniziativa.
Desidero innanzitutto precisare la posizione del Consiglio Nazionale Forense su questo tipo di problematica. Il Consiglio Nazionale Forense ritiene che la geografia giudiziaria vada sicuramente rivista e razionalizzata, e le osservazioni critiche che facciamo al provvedimento del Governo vogliono essere assolutamente costruttive e rappresentare l'ennesima offerta di collaborazione che l'avvocatura dà al Governo per affrontare questa come tutte le altre tematiche delicate attualmente sul tappeto.
Ricordo che il Consiglio Nazionale Forense, sulla base del Regio decreto del 27 novembre 1933, è consulente del Ministero in materia riguardante la giustizia.
Venendo allo schema di decreto in esame, l'aspetto sul quale si incentrano le nostre critiche è rappresentato dai criteri e dagli obiettivi che il Governo si pone con questo provvedimento: il risparmio di spesa e il recupero di efficienza. Dobbiamo capire infatti se il risparmio di spesa e il recupero di efficienza vengano effettivamente perseguiti e raggiunti con questo tipo di disposizioni.
Per quanto riguarda il Consiglio Nazionale Forense e l'avvocatura in genere, il risparmio di spesa e il miglioramento di efficienza sono criteri che devono rispondere al principio fondamentale superiore di garantire l'accesso del cittadino al sistema giustizia, che è diritto inviolabile. Questo non può essere confuso con un criterio, ma deve essere il faro dei due criteri, che sono il risparmio di spesa e il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario. Dobbiamo, quindi, verificare se il diritto inviolabile venga rispettato.
Venendo alle osservazioni critiche, che vogliono essere assolutamente costruttive, entrando nel tema del risparmio di spesa, il primo aspetto che non riusciamo a interpretare riguarda il fatto che il Governo prevede un risparmio di spesa di quasi 3 milioni di euro per il 2012 e di quasi 17 milioni per il 2013. Tuttavia, il provvedimento diverrà efficace solo nel 2014.
Ci chiediamo, quindi, come possa esserci un risparmio di una ventina di milioni di euro all'interno dei due anni in cui il provvedimento non sarà efficace. Questo ci lascia assai perplessi sull'intero impianto.
Ricordiamo anche come nel parlare di risparmio di spesa il Governo faccia esclusivamente riferimento ai mancati costi di gestione degli immobili, quindi locazioni e bollette, e a nulla altro. Non vengono,


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invece, minimamente presi in considerazione i costi degli accorpamenti, dei trasferimenti dei fascicoli, dell'acquisizione di nuovi immobili, di nuovi canoni di locazione.
Si prevede anche che, dopo l'entrata in vigore del decreto, per i successivi cinque anni le attività potrebbero continuare a svolgersi nei locali già adibiti, qualora vi fossero particolari difficoltà di reperimento di immobili. Vi è quindi un'aleatorietà tale che è praticamente impossibile sostenere che con questo tipo di intervento si risparmi. L'obiettivo del risparmio di spesa non è dunque motivato, non è costruito e va sicuramente ripensato per fare bene le cose.
L'altro aspetto è il recupero di efficienza, aspetto molto delicato perché rende giuridicamente molto fragile questo provvedimento. La legge delega fissa una serie di criteri, ma segnalo che il Governo - nella propria relazione - ammette in maniera assolutamente trasparente di aver preso in considerazione solamente tre criteri della legge delega, che sono il numero di abitanti, le sopravvenienze e i carichi di lavoro rispetto all'organico dei magistrati.
Il Governo li definisce letteralmente «gli unici criteri obiettivi e di pubblica conoscenza» ed espressamente dichiara di ritenere gli altri criteri della legge delega succedanei, dichiarando che su questo punto eventualmente saranno sentiti il CSM e le Commissioni giustizia. I criteri succedanei peraltro sarebbero le specificità territoriali, la presenza di criminalità, le sovrastrutture e le infrastrutture.
Questo è innanzitutto un problema di tenuta costituzionale dei decreti, perché sicuramente il Governo non può assegnare priorità ad alcuni piuttosto che ad altri criteri imposti dalla legge delega e non può addirittura non calcolare alcuni di questi criteri. Infatti, in questo caso non solo vengono messi in secondo piano, ma non vengono proprio calcolati.
I criteri trascurati delle specificità territoriali, delle infrastrutture, delle infiltrazioni criminali sono criteri - è inutile dirlo a voi - assolutamente decisivi per valutare territorio per territorio quali interventi siano opportuni o necessari. In sostanza, il Governo procede a un taglio lineare, senza considerare le variabili territoriali.
È pericoloso non ascoltare il territorio, è culturalmente pericoloso quello che sta accadendo sul territorio, perché questo non è un problema di avvocati e di magistrati che sono tecnici, operatori, bensì è un problema delle popolazioni, che stanno vivendo questo intervento come un intervento «violento», dall'alto, con ricadute soprattutto sulla popolazione più debole.
Chi è economicamente forte non ha infatti problemi a scegliere se prendere l'aereo, l'elicottero o i treni veloci. I problemi riguardano invece la popolazione debole, che si muove in corriera o in treno regionale veloce (non con il Frecciarossa), e vi sono territori in cui mancano i collegamenti, ci sono le corriere ma non i treni, gli orari variano.
Tutto questo va a colpire la popolazione debole, l'economia locale, ed è culturalmente sbagliato non ascoltare la gente, non ascoltare i territori: gli avvocati se la cavano perché sono operatori; non preoccuparsi della gente è invece un errore clamoroso che il Governo non deve fare e certamente non può fare il Parlamento, perché è la rappresentanza di questa gente che non ha voce per esprimersi se non attraverso il Parlamento stesso.
L'intervento del Parlamento deve quindi essere davvero a tutela dell'ascolto del territorio. Come dicevo prima, il dialogo è uno strumento di conoscenza. Prima di Socrate si sapeva di sapere e quindi non occorreva confrontarsi, ma dopo Socrate si è ritenuto di sapere di non sapere e, quindi, è emersa la necessità di confrontarsi non per non sbagliare, ma per sbagliare il meno possibile. Qui si rischia davvero di sbagliare.
La soppressione di tutte le sezioni distaccate è un altro segnale delicato, sensibile, sull'aspetto del recupero dell'efficienza. Sulla base di un calcolo probabilistico - quindi, senza nessuna analisi -


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non ritengo possibile che su 220 sezioni non ce ne sia una che sia importante e necessaria in un territorio.
È evidente che, come lo stesso Governo ammette, non è stata fatta un'analisi territoriale e non sono stati applicati quei tre criteri pubblici e oggettivi applicati nell'altro caso, ma è stato operato un taglio lineare, ritenendo che per la giustizia di prossimità non fosse necessaria la sezione distaccata. Non è così: le sezioni distaccate possono essere fondamentali e necessarie in certi territori; in altri territori la sinergia tribunale-sezione distaccata può risolvere il problema dell'efficienza e della spesa.
Credo - è un discorso semplicistico - che probabilmente in alcuni territori vada conservato il tribunale e affiancata la sezione distaccata, in altri sia sufficiente la sezione distaccata, ma sicuramente la mappa deve essere variegata e adattata ai casi concreti perché funzioni, altrimenti si costruisce una tigre con i piedi di carta.
Segnalo anche che non si è affrontato il problema delle aree metropolitane se non con riguardo a Napoli, in quanto Roma, Milano, Torino, Palermo non sono state prese in considerazione, altro punto della legge delega che è stato violato. Solo per Napoli è stato affrontato tale aspetto e sappiamo che ci sono forti critiche prima di tutto dell'autorità giudiziaria, dei Consigli giudiziari, oltre che delle autorità politiche.
Riteniamo anche che non sia stato rispettato il criterio della spending review, che è un faro di questo Governo, non sia stata fatta un'analisi dei costi storici e non sia stata introdotta l'idea di un controllo di gestione, non siano stati individuati costi e fabbisogni standard. Tutto questo è previsto dalla spending review ma soprattutto da una legge dello Stato, che prende le mosse dal decreto-legge n. 138 del 2011. Anche in questo senso vi è quindi un passaggio critico, su cui richiamo l'attenzione del Governo.
Non ci si è preoccupati di che cosa accadrà ai Consigli dell'Ordine dei tribunali qualora venissero soppressi. Ricordiamo che sono enti pubblici non economici, che hanno dei dipendenti e delle famiglie che vivono grazie al lavoro dei dipendenti dei Consigli dell'Ordine, che hanno crediti, debiti, rapporti giuridici in essere. Tutto questo non è stato considerato e regolato.
Se non riprendiamo in mano la problematica, non vi è prova di risparmio di spesa, ma probabilmente non vi sarebbe per quanto abbiamo detto. Quel che è certo è che vi saranno sicuramente maggiori oneri (pensiamo solamente all'esigenza di trovare nuovi immobili, di trasferire fascicoli e personale) e disagi che si creeranno localmente, laddove si possono chiedere sacrifici al territorio, ma questi devono essere assolutamente motivati e giustificati perché il territorio è fatto da soggetti deboli.
La geografia giudiziaria che ne risulterebbe sarebbe sicuramente irrazionale, perché, se non c'è un disegno ragionevole a monte, il risultato finale non può che essere irrazionale. Il decreto legislativo sarebbe esposto a grossi problemi di tenuta per violazione della legge delega e probabilmente anche per irragionevolezza nella sua applicazione.
Questo non è un discorso autoreferenziale, il Consiglio nazionale forense non è sindacato, ma è istituzione ed è qui per collaborare e, quindi, per segnalare con una spia rossa d'allarme, ma costruttiva e collaborativa. Non è autoreferenziale anche perché è un discorso che abbiamo costruito insieme all'ANCI, l'Associazione dei Comuni, che vivono sul territorio e quindi ne hanno il polso. Nella relazione che consegneremo troverete tutti i documenti.
Siamo pronti a mettere a disposizione un'importante banca dati, che costruiremo comunque, della mappa della giustizia italiana, che contenga i costi, i risparmi e anche la mappa delle infrastrutture.
Poiché è prevista l'entrata in vigore nei 18 mesi dalla pubblicazione, non perdiamo un giorno di più di questi 18 mesi, ma mi chiedo perché non impiegare 6 di questi mesi per fare queste verifiche sul territorio. In 6 mesi facciamo le verifiche e i decreti entrano in vigore dopo 12 mesi:


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non perdiamo un giorno ma facciamo un buon lavoro, che non è un auspicio ma credo sia un dovere del Governo, così come un dovere di stimolo da parte della Commissione giustizia.
Vi ringrazio davvero per l'attenzione. Come sapete, dobbiamo recarci anche al Senato, tuttavia il collega Merli è disponibile per ogni eventuale chiarimento.

PRESIDENTE. Siamo noi che vi ringraziamo per la pazienza che avete dimostrato in questa giornata. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Ho letto con attenzione il documento che il CNF ha predisposto per questa audizione e che mi è stato cortesemente anticipato. Devo dare atto della sua grande quadratura, non soltanto logica, ma soprattutto del grande rispetto dei princìpi della legge delega.
Il CNF lamenta in particolare una sorta di mancanza di seria valutazione dell'impatto da parte dello schema di decreto. Vorrei chiedere quindi se in merito ai sei criteri della delega abbiate provveduto a verificare con una sorta di anticipazione a cosa possa portare la loro applicazione, cioè se, al di là della proposizione di un criterio, abbiate fatto un esperimento, seppur virtuale, per capire se la loro applicazione porti a conclusioni diverse da quelle alle quali è giunto il Governo con il suo progetto.

ENRICO MERLI, Rappresentante del Consiglio nazionale forense. Un lavoro come quello che lei ipotizza richiede una scientificità di approccio che allo stato per noi non è praticabile. Le possiamo più semplicemente dire che la raccolta dei dati che noi abbiamo eseguito principalmente con riferimento ai cosiddetti «Fori subprovinciali» attesta l'esistenza di una determinata spesa, un elevato numero di Comuni - 16 su 32 tribunali monitorati sopprimendi - che non espongono canoni di locazione e, infine, che la composizione della spesa storica potrebbe essere oggetto di valutazioni molto semplici e molto ragionevoli in ordine alla congruità del sostenere alcune spese a fronte di alternative di una migliore allocazione delle risorse medesime.
In buona sostanza, queste spese vengono subite dall'ente territoriale che, ai sensi della legge n. 392 del 1941, le deve sostenere, e - per converso - subite anche dall'autorità centrale, che si vede arrivare il rendiconto della Commissione di manutenzione e percentualmente poi va a liquidare.
Ne consegue che parliamo sempre di spesa pubblica, ma su questa spesa pubblica non esiste un monitoraggio, non esiste un controllo di gestione, e la conseguenza di un intervento di questo genere è che non si interviene sulla spesa, ma ci si limita semplicemente a chiudere dei rubinetti, mentre gli altri rubinetti restano aperti con le medesime criticità di quelli molto più piccoli chiusi.
Ricordo che è l'eventuale chiusura di 37 tribunali - dati della Commissione manutenzione alla mano - comporterebbe un risparmio massimo di circa 15 milioni di euro. Questo sarebbe il risparmio che si otterrebbe dal chiudere i tribunali, disdire i contratti. Anche qui c'è il problema non da poco dei contratti di locazione pendenti degli immobili nei quali si gestisce.

MARILENA SAMPERI. Tra i criteri della delega c'era quello del riequilibrio territoriale. Vorrei sapere se riteniate che, visto il progetto del tribunale ideale di 360.000 abitanti presentava quelle caratteristiche, sarebbe stato opportuno realizzare nelle aree subprovinciali riequilibrio territoriale piuttosto che soppressione.

ANDREA MASCHERIN, Rappresentante del Consiglio nazionale forense. Sicuramente sì, e d'altronde la delega per creare questo riequilibrio non parla di soppressione, ma di soppressione o riduzione delle sezioni distaccate.
Un altro aspetto importante è, poi, che non si è minimamente tenuto conto della mappa istituzionale dell'Italia, ma si è lavorato addirittura sul periodo precedente al Regno Unito. Questa distribuzione


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così come è stata fatta comporta in vari casi che un cittadino abbia la Prefettura in una provincia, il tribunale in un'altra provincia e la Camera di Commercio nella provincia dove si trova la Prefettura.
Questa distribuzione non solo non è razionale o comunque non comprovata, perché è basata su una vecchia mappa dell'Italia e non sull'attuale collocazione, ma soprattutto comporta ulteriori disagi. Si è tirata una riga con la penna sulla carta, però da tempo l'Italia non è un punto interrogativo sulla carta geografica.

PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del CNF per la corposa relazione lasciata a nostra disposizione. Colgo l'occasione per informarvi che il Ministro della giustizia ci ha inviato 33 faldoni, tra cui un elenco degli immobili sedi di uffici giudiziari suddivisi per distretto e un elenco dei costi di gestione.
Nel ringraziare ancora i nostri ospiti per la partecipazione a questa audizione, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,20.

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