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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione II
1.
Mercoledì 20 giugno 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Follegot Fulvio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 5019 GOVERNO, RECANTE LA DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI DEPENALIZZAZIONE, PENE DETENTIVE NON CARCERARIE, SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PER MESSA ALLA PROVA E NEI CONFRONTI DEGLI IRREPERIBILI, E DEGLI ABBINATI PROGETTI DI LEGGE C. 879 PECORELLA, C. 4824 FERRANTI, C. 92 STUCCHI, C. 2641 BERNARDINI, C. 3291-TER GOVERNO E C. 2798 BERNARDINI

Audizione del professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino, Mario Chiavario, e del professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Macerata, Claudia Cesari:

Follegot Fulvio, Presidente ... 3 6 9 11
Cesari Claudia, Professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Macerata ... 6
Chiavario Mario, Professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino ... 3 10
Ferranti Donatella (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 20 giugno 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FULVIO FOLLEGOT

La seduta comincia alle 15,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino, Mario Chiavario, e del professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Macerata, Claudia Cesari.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5019 Governo, recante la delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, e degli abbinati progetti di legge C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini, C. 3291-ter Governo e C. 2798 Bernardini, l'audizione del professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino, Mario Chiavario, e del professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Macerata, Claudia Cesari.
Iniziamo con l'intervento del professor Chiavario, cui do la parola per lo svolgimento della relazione. Premetto che dopo gli interventi ci sarà la possibilità di porre domande da parte dei commissari presenti.

MARIO CHIAVARIO, Professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino. Grazie, presidente. Io mi sono soffermato essenzialmente su due aspetti, trattati entrambi nel disegno di legge governativo presentato dal Ministro Severino, quello della messa alla prova e quello dell'irreperibilità, o meglio del procedimento in caso di assenza.
Comunico subito che in via di principio, per quanto riguarda scopo e impianto generale delle due normative prospettate, mi trovo pienamente d'accordo sia con la ratio, sia con la fisionomia generale. Non mi soffermo sulle motivazioni, perché mi pare che siano illustrate nella relazione al disegno di legge. Ho visto anche alcune considerazioni nel dossier che è stato predisposto dagli uffici e mi pare che entrambe le normative meritino, per quanto vale la mia opinione, di essere portate avanti.
Svolgo, perciò, soltanto alcune osservazioni che tengono conto anche di altre proposte di legge, in particolare della proposta di legge che ha come prima firmataria l'onorevole Ferranti e del precedente disegno di legge governativo in materia di processo penale, oltre che di una proposta di legge del senatore Palma.
Illustro soltanto alcuni rilievi su alcuni singoli aspetti particolari e non su tutti, aspetti che, però, mi paiono meritevoli di attenzione.
Per quanto riguarda la messa alla prova, io ritengo che il disegno di legge abbia come scelta fondamentale quella di prevedere una larga applicazione dell'istituto di questa sospensione che consenta


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una verifica nella logica del probation e che, quindi, espanda anche al procedimento contro maggiorenni un istituto che ormai opera nel campo minorile. La scelta è quella di non seguire in toto il procedimento minorile, nel senso di ammettere l'applicazione del probation per qualsiasi tipo di reato.
Credo che la limitazione sia una scelta opportuna, salvo poi discutere l'ambito, che, però, non è sicuramente compito mio. È una scelta di opportunità - non so neppure se sia proprio di una legge delega fissare limiti in modo troppo rigido - ma certamente, se può ammettersi in campo minorile un'estensione così ampia come quella che ha avuto il probation con l'articolo 28 della legge minorile, per quanto riguarda i maggiorenni una maggiore cautela, a mio avviso, si rende opportuna.
Non mi pare che la delega indichi una durata massima, come, invece, avviene nella proposta Ferranti. Credo che forse anche da questo punto di vista sia opportuno che si stabilisca una durata massima della sospensione. Anche in questo caso, se posso permettermi un suggerimento - ma certamente i parlamentari sono molto più in grado di svolgere una valutazione, e anche gli operatori che sentiranno domani potranno fornire un'indicazione molto più probante della mia - potrebbe essere opportuno stabilire la durata, ma con una direttiva di delega che mantenga una determinata elasticità.
Per esempio, io ho il ricordo, da vecchio che ha partecipato da giovane alla stesura del Codice di procedura penale, di quanto alcune direttive di delega troppo rigide abbiano poi frenato scelte opportune in sede di legislazione delegata. Ripeto, però, che su questo non è compito mio soffermarmi. Credo che la durata vada comunque indicata nella normativa che dovrà essere poi applicata dai giudici.
Il punto cruciale di questa problematica è quello di normare la possibilità di acquisire prove durante la sospensione del processo. È sperabile che il probation abbia un esito positivo, cioè che all'esito della prova si possa arrivare alla declaratoria di estinzione del reato. Se, però, ciò non accade, bisogna pur tener presente che una sospensione, che oltretutto non può essere soltanto di pochi giorni, non avrebbe senso. Non avrebbe senso una sospensione di pochi giorni per una messa alla prova, non deve essere una paralisi totale.
Non mi pare che nel disegno di legge si preveda questa possibilità. Mi pare, invece, che nelle proposte parlamentari si faccia riferimento alla normativa dell'articolo 71, comma 4, del Codice di procedura penale, che riguarda l'infermità mentale. In quel tipo di sospensione si è prevista la possibilità di assumere prove, intanto quelle richieste dall'imputato e dalla difesa, che possano portare al proscioglimento e poi ogni altra prova, quando vi sia pericolo di un ritardo, richiesta non solo dall'imputato, ma anche, per esempio, da parte dell'accusa.
Questo è un punto cruciale, perché è molto importante, a mio modo di vedere, che questi istituti non si trasformino in una sorta di gratuita impunità. In merito occorre porre alcuni paletti e alcuni presupposti.
Avrei alcuni dubbi sulla formulazione del semplice rinvio, come è nella proposta Ferranti, all'articolo 71 del Codice di procedura penale, non perché quella normativa non vada bene, ma, da un lato, perché un riferimento a un istituto che ha altri presupposti forse non è la scelta più felice da un punto di vista di tecnica normativa e, dall'altro, soprattutto, perché mi spaventa sempre un po' il riferimento all'«in quanto compatibile». È una formula molto comoda, che si è usata molto anche nel Codice. Confesso la colpa. È una formula che crea molti problemi sul piano applicativo e non è la soluzione che mi sembra migliore.
Oltretutto - è una scelta che devono compiere loro, come parlamentari - se si segue, come mi pare di aver capito, l'idea di incominciare comunque con una delega, basta forse una formula un pochino più generica, come prevedere la possibilità di acquisizione di prove durante il periodo di


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sospensione. Sarà poi il legislatore delegato che attribuirà concretezza a una direttiva elaborata in questo modo.
Nella proposta Ferranti mi pare che ci sia un opportuno riferimento, sempre un po' cifrato e un po' criptico, perché riferito all'applicabilità dell'articolo 71, ma del comma 6, che tuttavia diventa chiaro quando si va a leggere tale articolo, il quale dispone che non si applica l'articolo 75, comma 3.
Se leggo bene, si vuole prevedere la possibilità, e forse in una legge delega si potrebbe anche scrivere in questo modo, che la sospensione del procedimento penale non impedisca la prosecuzione del processo civile per danni eventualmente instaurati. La non applicabilità dell'articolo 75, comma 3, intenderebbe questo.
C'è un rilievo che mi pare sia stato mosso dagli uffici e che io penso sia da condividere. Nel disegno di legge delega non si fa riferimento alla possibilità di impugnazione del provvedimento che dispone la sospensione per messa alla prova. Nella proposta Ferranti mi pare che questo punto ci sia e, quindi, sarebbe opportuno trasportarlo anche nel disegno di legge delega.
Un altro punto molto delicato è quello della sospensione della prescrizione. Sempre nell'ottica di non favorire una strumentalizzazione di questi istituti, mi pare che sia opportuno che lo si introduca, tanto più che è già previsto per il probation minorile. L'articolo 28 sulla sospensione con messa alla prova del processo minorile parla esplicitamente di sospensione della prescrizione. Sarebbe soltanto da trasportare in questo documento e mi pare che sia opportuno farlo.
Ho quasi concluso su questa parte. La professoressa Cesari, che è molto più competente di me soprattutto da questo punto di vista, svolgerà certamente osservazioni che possono contrastare o integrare le mie.
Un'altra questione che mi sembrerebbe opportuno prevedere è l'audizione della persona offesa, senza attribuirle un potere di veto. Nell'istituto della tenuità del fatto, a un dato punto, non mi soddisfa moltissimo quella disciplina, né per quanto riguarda la fase delle indagini preliminari, né per quanto riguarda la fase successiva all'esercizio dell'azione penale.
In primo luogo non mi soddisfa perché è il giudice che valuta l'interesse della persona offesa. Mi piacerebbe forse un po' di più che potesse essere la persona offesa a valutare il suo interesse, magari integrato da una valutazione del giudice.
In secondo luogo, mi lascia insoddisfatto perché la persona offesa ha addirittura un potere di veto e nemmeno questo mi sembra opportuno. Bisognerebbe stabilire, però, che debba essere sentita, sia perché possa far valere le sue ragioni, sia perché possa essere valutata dal giudice per l'esercizio del suo potere.
Per le modifiche a un dato punto nel disegno di legge delega si dispone che le prescrizioni, su cui non mi sono soffermato, possono essere modificate, anche in questo caso, però, suggerirei, sentito l'interessato.
Ho dimenticato, avrei dovuto esporla prima, una questione su questa parte del disegno di legge. Mi parrebbe opportuno che, laddove si precisano le prescrizioni che vengono caricate al sottoposto al probation, si conferisse un rilievo maggiore alla posta in essere delle condotte riparatorie. La si pone solo come una delle alternative, se leggo bene, nel disegno di legge delega. Si legge testualmente: «prevedere che la messa alla prova consista nella prestazione di lavoro di pubblica utilità,» - e questo sembrerebbe valido sempre - «nonché nell'osservanza di eventuali prescrizioni [...] o all'eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato».
Io trasporrei prima la parte «prevedere che la messa alla prova consista nella prestazione di lavoro di pubblica utilità, nonché - bisognerebbe trovare una formula - nell'eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato», aggiungendo «inoltre, nell'osservanza di eventuali prescrizioni...» Le alternative proposte vanno bene.
Mi sento di osservare anche che, a mio modo di vedere - forse questo non è


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l'argomento centrale; c'è già tanta carne al fuoco in questa discussione - mi parrebbe opportuna una rimeditazione, soprattutto se si inserisce questo probation, sull'archiviazione per tenuità del fatto. Quella è un'archiviazione in qualche modo gratuita, ossia che non ha contropartite.
In altri ordinamenti ci sono le archiviazioni condizionate sotto questo profilo. Mi riferisco ai paragrafi 153 e 153a del Codice di procedura penale tedesco. Anche in Francia ci sono strumenti che cercano di bilanciare l'esigenza di uno sfoltimento e di un trattamento per reati minori che non sia puramente repressivo con l'esigenza, che non è solo un problema di allarme sociale, ma è anche un problema di giustizia, di non favorire di nuovo un'impunità troppo facile. Non vorrei sembrare troppo forcaiolo, ma mi sembra che il tema vada considerato attentamente.
Quanto all'irreperibilità, non mi soffermo sulla storia che tutti conoscono. È molto opportuno che si sia prevista questa sospensione anche in questo caso. Sui dettagli minori non mi fermo. Eventualmente vi lascio un appunto, se è ritenuto gradito.
Vorrei comunque svolgere un paio di considerazioni che riguardano due aspetti che ho già sfiorato per quanto riguarda la sospensione per messa alla prova, ma che, in questo caso, mi sembrano ancora più importanti. Si tratta della possibilità di acquisire prove durante la sospensione.
Di nuovo, a me piacerebbe molto il riferimento all'articolo 71 per motivi forse di autoreferenzialità, ma vediamo in concreto la questione perché la proposta possa essere operativa.
Se questo tipo di sospensione viene posto, come mi pare avvenga nel disegno di legge delega, come tipico della fase del giudizio e, quindi, non dell'udienza preliminare, allora forse si può utilizzare l'articolo 467, che già consente l'esperimento di atti urgenti. Mi parrebbe comunque necessario che nella formulazione della delega si disponesse che sia possibile compiere atti di questo tipo.
Ancora di più credo che valga lo scrupolo, in questo caso, di non favorire strumentalizzazioni dell'istituto. Sappiamo già che la contumacia mette insieme irreperibili veri e irreperibili di comodo e soprattutto in quest'ambito si può usare l'usura della prova col tempo che passa. Vi è, dunque, la necessità di stabilire una disposizione in merito.
Per quanto riguarda la prescrizione, invece, il disegno di legge ne parla. Non riesco tanto a capire perché non debba essere una sospensione della prescrizione pura e semplice e occorra, invece, stabilire che prevede alcuni limiti. Non è l'inerzia del magistrato che va contrastata.
Capisco che, quando c'è l'inerzia, il magistrato deve sapere che il contrappasso è che la prescrizione matura prima e, quindi, i limiti forti sono anche comprensibili. Si tratta di un evento anche non necessariamente colpevole dell'assente, però certamente non è un evento che dipende dal magistrato. Io introdurrei puramente e semplicemente la sospensione, ma è un aspetto che sottopongo alla loro valutazione di opportunità.
Mi fermo per non rubare tempo alla collega.

PRESIDENTE. Grazie, professor Chiavario. Do la parola alla professoressa Cesari.

CLAUDIA CESARI, Professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Macerata. Molto rapidamente, mi limito innanzitutto alla messa alla prova, così cerco di sintetizzare e mi dedico al tema su cui sono più specializzata, ossia la parte del disegno di legge C. 5019 che riguarda esclusivamente il probation processuale.
Non mi soffermo sulle considerazioni che ha già svolto il professor Chiavario, con le quali sono pienamente d'accordo. Sono tutte questioni che do per acquisite e già oggetto di riflessione. Mi limito ad aggiungere soltanto alcune note a titolo di integrazione.
Comincio con un paio di considerazioni di carattere generale, di cui una di fondo,


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che riguarda una prospettiva, se volete, un pochino più politica. Me la consento solo brevemente, perché è al confine con valutazioni di carattere tecnico.
Più volte nella relazione di accompagnamento e già in passato, per quanto riguarda le relazioni che hanno accompagnato i disegni di legge che sono alle spalle di questa iniziativa, i quali, peraltro, testimoniano un lodevole, secondo me, stato di maturazione della riflessione parlamentare su questo tema, si faceva riferimento all'opportunità di inserire il probation processuale nel sistema come meccanismo di decompressione dei carichi processuali a costo zero, cioè con una capacità di smaltimento che per di più ha il grande pregio di non esercitare pressione sulle finanze dello Stato e degli enti locali.
Permettetemi soltanto una riflessione amara. Non sono sicurissima che sia così e temo che bisognerebbe essere consapevoli dei rischi. A differenza dell'irrilevanza del fatto o della tenuità del fatto, cui poco fa condivisibilmente accennava il professor Chiavario, che sono effettivamente a costo zero, nel senso che garantiscono uno smaltimento immediato delle bagatelle senza alcun tipo di conseguenza per nessuno, a partire dal protagonista, il probation processuale è caratterizzato da una sospensione del processo con l'attivazione di una serie di risorse che non fanno parte del sistema della giustizia, ma sono riferite alla pubblica amministrazione, la quale deve attivare e seguire un percorso trattamentale alternativo alla celebrazione del processo e all'applicazione della sanzione criminale.
L'efficacia di un meccanismo di questo genere - proprio per evitare che si traduca di fatto in un'applicazione routinaria a semplice smaltimento dei carichi pendenti e, quindi, in quella che il professore definiva opportunamente un'occasione di impunità gratuita - dipende chiaramente da una adeguata attuazione. Bisogna essere un poco severi, ahimè, per quanto riguarda i contenuti delle prescrizioni, la ricchezza del programma di trattamento e anche l'individuazione dei soggetti che di fatto seguono l'attività trattamentale e i percorsi.
Se quei percorsi sono vigilati, sorvegliati ed effettivi, il sistema funziona, altrimenti diventa effettivamente una patente per venir fuori dal problema a costi molto bassi. Non può che essere, peraltro, percepito male, a mio avviso, anche dalla collettività.
Se poi gli uffici che sono destinati a garantire questa effettività sono, come credo, non tanto la pubblica sicurezza, ma, come vedo dai disegni di legge, i servizi sociali e gli uffici per l'esecuzione penale esterna, credo che sia inesorabile anche una ricaduta sui servizi sociali degli enti locali. Forse bisognerà, ahimè, mettere in conto alcuni costi.
Come altro passaggio, mi associo a quello che affermava il professor Chiavario a proposito della vittima, della persona offesa. Effettivamente la persona offesa e la parte civile vengono molto trascurate. La persona offesa dovrebbe quantomeno essere sentita. Del resto, in un modello già sperimentato ciò avviene: l'articolo 35 del rito penale di pace prevede, infatti, le attività riparative. Non c'è un veto della persona offesa, come ha precisato più volte la Cassazione, ma deve essere obbligatoriamente sentita. Far venir fuori l'imputato dalla vicenda penale senza nemmeno consultare chi ha subìto il reato francamente mi sembra singolare.
Se poi si arriva, come è il caso, a ridosso anche della fase dibattimentale e, quindi, ci può essere una costituzione di parte civile, almeno prevedere la deroga esplicita all'articolo 75, comma 3 e, quindi, la possibilità dell'attivazione dell'azione civile, o, di più, anche un rimborso spese, come avviene per esempio per il patteggiamento, dovrebbe, a mio avviso, essere almeno consentito. Forse in questo caso si può anche andare oltre.
Questa mi sembra un'occasione persa, francamente, sotto questo profilo. L'Italia è fortemente in ritardo rispetto all'attuazione di obblighi che abbiamo assunto a livello europeo per quanto riguarda l'introduzione della mediazione nel procedimento


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penale, sia pur per determinate fasce di reati, cioè quelli «bagatellari», ovvero quelli in oggetto. Fino a quattro anni mi sembra un tempo assolutamente ragionevole.
Forse si può cominciare a riflettere se non si possa cogliere un'occasione di questo tipo per inserire logiche strettamente mediative all'interno del processo penale, cioè fare della persona offesa non solo un soggetto non trascurato, ma anche un soggetto che diventa protagonista di questo tipo di dinamica. Allora possiamo superare e anche arricchire il contenuto di prescrizioni non solo con il risarcimento del danno - si allude alla lettera c) - con l'eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato, che però non coincidono esattamente con riparazione, restituzione, risarcimento del danno e tentativo di conciliazione. Forse queste condizioni ci potrebbero stare.
È vero che il modello da cui si muove è quello dell'articolo 28 minorile, dove il probation si tratta indipendentemente dall'offeso, ma quella del processo minorile è di per sé una logica in cui la persona offesa non ha cittadinanza; si tratta di un processo in cui la parte civile non può nemmeno costituirsi, perché è inammissibile l'azione civile. In tale ambito c'è una logica di protezione dell'imputato fragile, che naturalmente in questo caso non avrebbe alcun senso. Forse è meglio ignorarla e prevedere soluzioni più originali.
Svolgo soltanto un altro paio di considerazioni. Condivido anch'io l'individuazione della fascia di reati di riferimento, così come la previsione di un'ipotesi di revoca e la costruzione dei relativi criteri.
Un dato su cui credo che bisognerebbe riflettere, però, è quello che riguarda i contenuti. All'interno delle prescrizioni effettivamente la lettera c) attribuisce un'enorme centralità al lavoro di pubblica utilità. È una soluzione originale rispetto alle soluzioni già praticate di probation processuale, che fa del lavoro di pubblica utilità sostanzialmente il fulcro. A leggere quella lettera c), in altre parole, non potrebbe esistere un progetto di messa alla prova senza lavoro di pubblica utilità, mentre le altre prescrizioni sarebbero solo eventuali e, quindi, accessorie e comunque non necessarie.
Sotto questo profilo mi sembra che si tratti di una scelta quantomeno rischiosa, proprio dal punto di vista pratico. Innanzitutto priva il probation, se vogliamo svolgere un discorso un pochino più ampio, di quella componente trattamentale e risocializzativa che rientra in una serie di prescrizioni, che in realtà sono le altre, non quella del lavoro in quanto tale. Per di più, ciò rischia di far arenare l'istituto nelle secche dell'attuazione del lavoro di pubblica utilità, che presuppone che vi siano a tappeto la realizzazione delle convenzioni con gli enti locali e l'individuazione delle risorse necessarie e che quelle risorse in termini di posti di lavoro, cioè di disponibilità, siano in grado di soddisfare la domanda di giustizia in questa forma, che potrebbe essere attuata.
Rendere un pochino più flessibile questo contenuto potrebbe, invece, permettere, a prescindere dal fatto che questa disponibilità ci sia, di attuare comunque la disposizione, magari in forme un pochino più ricche e senza puntare necessariamente soltanto su una possibilità.
L'altro dato è quello che riguarda la flessibilità dei contenuti. Sono d'accordo con il professor Chiavario: è vero che le modifiche dovrebbero essere previste ed è vero che l'imputato andrebbe quantomeno sentito. A mio avviso, addirittura dovrebbe consentire, nel senso che, se l'impostazione dell'istituto è quella che vedo scritta, secondo me condivisibilmente, nel disegno, cioè quella di un istituto a base negoziale, il negoziato ci deve essere su tutto, sull'an, sul quomodo e in qualunque momento. Meglio sarebbe chiedere addirittura il consenso.
Secondo me, si pone anche un problema di legalità. È vero che questa è una delega, è vero che non si può scendere troppo in dettaglio, però forse al legislatore delegato su alcuni punti cruciali molto rischiosi si potrebbe già dare indicazioni in questo senso. Si tratta comunque di un istituto penale. È vero che è


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giustizia penale soft, ma comunque di misure penali si tratta e di misure penali che presuppongono l'accertamento della responsabilità.
Sono necessari due passaggi. È vero che c'è il consenso dell'imputato a monte, ma in ogni caso abbiamo il trattamento di un presunto innocente e, quindi, un'attività di tipo penalistico, un'applicazione di una misura che è sostanzialmente penale dal punto di vista in parte proprio delle limitazioni di libertà, in parte del trattamento risocializzante, e che entra inesorabilmente in tensione col principio per cui le misure di questo tipo si applicano soltanto quando si è arrivati a una sentenza definitiva di condanna, che in questo caso non ci sarebbe.
È chiaro che l'attenuazione di quel principio è fondata sul consenso dell'imputato, ma può essere solo un'attenuazione, non può essere la disposizione radicale di un bene di questa entità, che non è solo, peraltro, un interesse individuale, ma anche collettivo, perché ne va della funzione accertativa del processo penale in quanto tale.
Sotto questo profilo forse meriterebbe aggiungere che in qualunque momento - mi pare che siamo comunque in fase processuale - dopo l'esercizio dell'azione penale al giudice spetta un accertamento, sia pure allo stato degli atti, della responsabilità, quantomeno nella forma in negativo già prevista per il patteggiamento e, quindi, nei termini previsti dall'articolo 129 del Codice di procedura penale.
Un ulteriore profilo per quanto riguarda i criteri, invece, può evidenziare un problema di legalità. Non è chiarissimo quali sono i parametri che applicherebbe il giudice per ammettere alla prova. Non possiamo avere una discrezionalità totale, che è pericolosissima, soprattutto per un istituto come questo, già sufficientemente flessibile, un po' per sua natura. Esso meriterebbe almeno alcune puntualizzazioni.
Per la verità alcuni elementi ci sono, perché nella relazione di accompagnamento fra le righe, a un dato punto, si parla quantomeno di una prognosi di non recidiva. Evidentemente una valutazione del giudice ci dovrebbe essere, ma forse varrebbe la pena puntualizzare che al giudice spetta di valutare, in sede di ammissione alla prova, parametri come l'idoneità del progetto, la congruità rispetto alla gravità del fatto - i progetti devono essere anche calibrati rispetto a un ventaglio di gravità e di entità della condotta illecita, che può essere anche molto ampio, pur nella fascia dei quattro anni - o almeno un riferimento come quello all'articolo 133 del Codice penale.
Lo preciso a titolo di cautela, sapendo che per istituti per i quali ciò non è stato fatto, come l'irrilevanza del fatto minorile, il probation minorile e lo stesso patteggiamento nel Codice di procedura ordinario, sono intervenute o la Corte costituzionale o la Corte di cassazione ovvero la giurisprudenza di merito comunque si è data, per giurisprudenza costante, delle regole.
Il sistema tende comunque a compensare da qualche parte l'eccessiva flessibilità. Noi abbiamo tutto sommato una magistratura che preferisce avere una bussola orientativa. La discrezionalità piena, oltre a essere in tensione col dettato costituzionale, probabilmente non è gradita dal sistema e viene respinta. Tanto vale occuparsi subito del problema e prevedere alcune coordinate in più.

PRESIDENTE. Grazie, professoressa Cesari.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DONATELLA FERRANTI. Sarò brevissima, se me lo consente, presidente. Vorrei dare l'opportunità al professor Chiavario di completare la relazione sugli aspetti di cui ha trattato, che consideriamo di particolare interesse.

PRESIDENTE. Do allora la parola al professor Chiavario.


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MARIO CHIAVARIO, Professore emerito di diritto processuale penale presso l'Università degli studi di Torino. Ringrazio l'onorevole Ferranti, ma non c'era molto da aggiungere. Forse un chiarimento maggiore andrebbe svolto, ma non so se c'è il rappresentante del Governo, per quanto riguarda il rapporto tra la procedura nuova con sospensione del processo e la procedura in assenza, quella che molto felicemente gli uffici nel dossier hanno puntualizzato per l'irreperibile non colpevole e l'irreperibile colpevole, dove chiaramente «colpevole» non significa colpevole del reato.
Non è di lettura facilissima la norma del disegno di legge che dispone, al punto c), che si deve «prevedere che le disposizioni di cui alle lettere a) e b) non si applichino, salvo che l'imputato provi di non aver avuto conoscenza del procedimento non per sua colpa nei seguenti casi...». Segue il caso del sottoposto a misura cautelare in modo secco e al punto 3 i procedimenti per reati di criminalità organizzata.
Si capisce forse che il collegamento è con il punto 2, però ci vuole un po' di sforzo di comprensione. Sarebbe opportuno staccare le previsioni qui contenute.
Se capisco bene, nel rapporto tra l'incipit del punto c) e il punto 2, emerge che non si procede alla sospensione del processo e, quindi, si effettua il procedimento in assenza, con la rappresentanza da parte del difensore, quando è scritto, però, che dagli atti emerge la prova che l'imputato è a conoscenza. Nella lettera c) all'incipit, però, si dispone «salvo che l'imputato provi di non aver avuto conoscenza».
Emerge, dunque, che ha avuto conoscenza, ma poi prova che non l'ha avuta? Verosimilmente si intende che è una prova suscettibile di controprova. Dagli atti emergerebbe che l'imputato lo sa, però poi lui sostiene, invece, che non lo sa. Sarà la mia limitata capacità di comprensione, però non è chiarissimo.
Inoltre, e forse soprattutto, non capisco perché si debba collegare la possibilità di provare che si è avuta conoscenza nei casi ai nn. 1 e 3. Se la ratio è quella di escludere determinate situazioni, non c'entra se si prova o non si prova il fatto che l'imputato ha avuto conoscenza del procedimento.
In particolare, poi, non capisco nel punto 3 il collegamento con la previsione, che sembra assolutamente secca, che per i reati non si procede in questo modo, o meglio non si sospende il procedimento, e si giustifica ciò per evitare i problemi del simultaneus processus. Forse era migliore la previsione del precedente disegno di legge governativo, che disponeva che bisognava valutare la possibilità di separazione del procedimento. Esiste una norma che si esprime a tale proposito.
Suggerirei anche di tener molto conto della disciplina del Codice di procedura penale tedesco. Avevo portato una traduzione italiana perché potesse essere utilizzato, anche perché si prevede una disposizione che mi sembra opportuna. Si afferma genericamente nella relazione di prevedere possibilità di notificazioni in modo particolare dell'atto di citazione e di tutto ciò che riguarda la sospensione del processo.
Probabilmente bisogna studiare modalità particolari di notificazione. I tedeschi arrivano, ma non so se ciò sia accettabile da noi, a sostenere che si può informare la persona attraverso pubblicazioni sui mezzi di comunicazione. Non so quanto sia possibile trasportare il sistema in Italia e quanto sia opportuno farlo, però ripeto che il problema esiste.
Sulla sospensione della prescrizione ho parlato, sulla possibilità di acquisire le prove anche mi pare di aver espresso tutto ciò che c'era da trattare, almeno dal mio punto di vista.
Un'altra preoccupazione che mi pare non trascurabile è quella di capire che fine farebbe il procedimento contumaciale, se, come previsto nel disegno di legge governativo, questa procedura di sospensione del processo si attua soltanto a partire dalla fase del giudizio. Ciò può avere alcuni vantaggi, però bisogna rendersi


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conto che la contumacia all'udienza preliminare continua a esserci. È opportuno o non è opportuno? La segnalo come valutazione che mi sembra utile svolgere.

PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Mario Chiavario e la professoressa Claudia Cesari, in particolare per le loro proposte e per il contributo che hanno fornito. Restiamo in attesa della documentazione che riusciranno a inviarci.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.

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