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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione II
6.
Mercoledì 28 novembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 5019 GOVERNO, RECANTE LA DELEGA AL GOVERNO IN MATERIA DI DEPENALIZZAZIONE, PENE DETENTIVE NON CARCERARIE, SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO PER MESSA ALLA PROVA E NEI CONFRONTI DEGLI IRREPERIBILI, E DEGLI ABBINATI PROGETTI DI LEGGE C. 879 PECORELLA, C. 4824 FERRANTI, C. 92 STUCCHI, C. 2641 BERNARDINI, C. 3291-TER GOVERNO E C. 2798 BERNARDINI

Audizione del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano, Carlo Enrico Paliero, e del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino, Carlo Federico Grosso:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 3 5 6 8 11
Bernardini Rita (PD) ... 6
Ferranti Donatella (PD) ... 5
Grosso Carlo Federico, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino ... 3 6
Paliero Carlo Enrico, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano ... 8 11
Samperi Marilena (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 28 novembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 14,05.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano, Carlo Enrico Paliero, e del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino, Carlo Federico Grosso.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva avviata nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5019 Governo, recante la delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, e degli abbinati progetti di legge C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini, C. 3291-ter Governo e C. 2798 Bernardini, l'audizione del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano, Carlo Enrico Paliero, e del professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino, Carlo Federico Grosso, in materia di depenalizzazione.
Ricordo che l'Assemblea ha deliberato lo stralcio dell'articolo 2 del disegno di legge C. 5019, in materia di depenalizzazione. Oggi pertanto si procederà a delle audizioni che avranno per oggetto la materia della depenalizzazione e quindi in particolare i progetti di legge C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini e C. 5019-ter Governo.
Do quindi la parola al professor Carlo Federico Grosso, professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino.

CARLO FEDERICO GROSSO, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino. Io ho letto con attenzione questo disegno di legge, che mi sembra indubbiamente apprezzabile. Da anni si parla di depenalizzazione e si è andati pian piano verso di essa, anche se non si è mai affrontato con radicalità il problema, come probabilmente sarebbe stato necessario. Questo disegno di legge è quindi un ulteriore tassello che si aggiunge alle iniziative già assunte dal Parlamento in passato.
Mi sembra che quanto stabilito dall'articolo 2, lettera a) sia assolutamente apprezzabile, laddove tutti i reati che vengono puniti con multa e con ammenda vengono trasformati in illeciti amministrativi, salvo una serie di reati che appartengono a categorie particolarmente qualificate di illeciti penali.
Questa norma si inserisce in una tecnica di depenalizzazione già radicata nella nostra legislazione. Forse sarebbe necessario non operare per decisioni di carattere


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generale e astratto, ma individuare sempre i singoli illeciti. In ogni caso, mi sembra che la direzione sia giusta.
Vi è soltanto una preoccupazione: poiché sono trasformati in illeciti amministrativi tutti i reati puniti con la multa e con l'ammenda, non vorrei che questo fosse un segnale volto a - se non eliminare - ridurre eccessivamente l'utilizzazione delle sanzioni pecuniarie in materia penale. C'è anche un segnale diverso in questo disegno di legge, perché poi si specifica che la depenalizzazione non si estende a un numero abbastanza rilevante di reati, che appartengono a categorie di reati rilevanti.
Questo è vero, però, dato che accanto al tema della depenalizzazione c'è il tema, altrettanto importante e attuale, dell'utilizzazione sempre più ridotta della sanzione detentiva nell'ambito penale e della sua trasformazione quando possibile in sanzioni diverse dal carcere, credo che in questa diversa prospettiva la sanzione pecuniaria possa continuare a esercitare un ruolo importante. Quando si procede quindi alla depenalizzazione, bisogna sempre fare attenzione a questa doppia prospettiva.
Il disegno di legge, dopo avere giustamente depenalizzato una serie di reati per i quali sono previste sanzioni pecuniarie, individua una serie di reati «bagatellari», per i quali l'attuale ordinamento penale prevede l'alternatività della pena pecuniaria e della pena detentiva, e ne depenalizza specificamente qualcuno.
Mi sembra che le scelte fatte siano assolutamente condivisibili. È stato molto opportuno non depenalizzare la contravvenzione prevista dall'articolo 656 del Codice penale che ha una sua notevole rilevanza, ossia la diffusione di notizie false, esagerate e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, fattispecie che andrebbe al contrario rivitalizzata.
Mi sembra anche giusto avere depenalizzato il disturbo del riposo delle persone, ma mi domando perché si sia depenalizzato l'articolo 659 e non l'articolo 660, molestie e disturbo alle persone, in quanto le due fattispecie rispondono infatti alla medesima ratio. Le altre contravvenzioni al Codice penale previste nella prospettiva della depenalizzazione mi lasciano assolutamente convinto, come sono assolutamente d'accordo sulla depenalizzazione delle leggi speciali, che sono andato a guardare una ad una.
Per quanto riguarda i criteri della legge delega che dovranno essere seguiti, si prevede che la sanzione amministrativa debba consistere nel pagamento di una somma di denaro compresa fra un minimo di 300 e un massimo di 15.000 euro. Se ho ben capito, dovrà essere il legislatore delegato a specificare, sulla base dei criteri indicati nella lettera d), quale sarà la specifica sanzione per ciascuna contravvenzione. Sul piano dell'indicazione al legislatore delegato il criterio mi sembra assolutamente corretto.
Anche la determinazione della specifica sanzione con riferimento alla gravità del reato, alla reiterazione dell'illecito (quindi al fatto che si tratti di soggetti recidivi o non recidivi), all'attenuazione delle conseguenze negative del reato, alla personalità dell'agente e anche alle condizioni economiche è un criterio assolutamente condivisibile, che riproduce concetti che noi penalisti elaboriamo e trattiamo da anni e che ormai costituiscono princìpi assolutamente condivisi.
Con riferimento a quanto si stabilisce nella lettera f), prevedere che nei casi in cui sia stata irrogata la sola sanzione pecuniaria il procedimento possa essere definito mediante il pagamento anche rateizzato di un importo pari alla metà della stessa, mi domando che cosa si sia inteso fare con questa norma. Io l'ho capita così: si irroga la sanzione, dopodiché si esaurisce il procedimento se colui al quale questa sanzione è stata applicata paga una somma pari alla metà della sanzione irrogata, con eventuale rateizzazione con riferimento alle condizioni economiche dell'autore dell'illecito.
Dato che questo provvedimento si inserisce nell'arco di una serie di iniziative legislative volte a rendere più snello il processo penale, eliminando la trattazione di alcuni casi da parte dei giudici penali,


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e date l'eliminazione della competenza penale e la trasformazione delle leggi in amministrative, quindi l'assegnazione all'autorità amministrativa dell'illecito corrispondente che determina un carico per l'autorità amministrativa, potrebbe essere utile prevedere una forma assimilabile all'oblazione, cioè stabilire che colui che realizza un illecito ormai amministrativo perché depenalizzato possa chiudere la partita senza nemmeno affrontare il procedimento davanti all'autorità amministrativa, pagando una quota pari al massimo della sanzione prevista. Si eviterebbe quindi l'intervento dell'autorità amministrativa.
In questa mia introduzione non ho altro da aggiungere, se non esprimere apprezzamento per iniziative di questo tipo. Non so se simili iniziative di liberalizzazione siano in grado di liberare grandi masse di processi penali dall'ambito delle competenze dei nostri magistrati penali, ma indubbiamente a qualcosa servono. Ovviamente questo provvedimento deve coordinarsi con una serie di altri provvedimenti diretti nella stessa direzione, cioè all'abbreviazione dei tempi del processo penale.
Ho fatto una breve introduzione, apprezzo questo provvedimento, non ho alcuna critica da sviluppare. Indubbiamente si sarebbe potuto andare ancora oltre nella direzione della depenalizzazione nell'ottica del diritto penale come extrema ratio di tutela giuridica, ma è comunque positivo che il Parlamento prosegua lungo questa direzione.
Chiudo con un'osservazione di carattere generale un discorso che si è aperto nel 1974 con la disciplina degli illeciti depenalizzati. Nei momenti in cui si pensa a un'ampia o più ampia possibile sostituzione dell'illecito amministrativo al reato per fronteggiare determinati fenomeni nasce la prospettiva di un concetto di illecito che va al di là della differenziazione illecito penale/illecito amministrativo, cioè emerge un concetto sostanzialmente unitario di illecito giuridico, che pone tutti noi di fronte a una serie di problemi.
Probabilmente da un lato c'è il problema di estendere le garanzie dell'imputato agli illeciti amministrativi, ma questo è già stato ampiamente fatto, dall'altro va ripensato il catalogo delle sanzioni. Finiremo infatti per avere le medesime sanzioni talvolta con valenza penale, altre con valenza amministrativa (sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, tutte le sanzioni non detentive). Più noi ampliamo il diritto penale alle sanzioni alternative, più si pone un problema di sovrapposizione delle medesime sanzioni in due ambiti oggi nettamente separati, per cui bisognerà valutare se la separazione debba essere attenuata.
Appare fondamentale l'organo al quale è attribuito il compito di irrogare queste sanzioni, e mi sembra giusto che il giudice penale sia usato esclusivamente per affrontare le situazioni di maggiore rilievo sociale. Bene, quindi, questo tipo di iniziativa legislativa.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Grosso per la sua chiarezza oltre che per l'efficacia espositiva. Faccio presente che il professor Carlo Enrico Paliero avrebbe dovuto essere qui alle 14,15, ma purtroppo, a causa del traffico, tarderà ancora qualche minuto.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

DONATELLA FERRANTI. Vorrei fare una premessa su questo disegno di legge, che, come il professore avrà potuto vedere, abbiamo stralciato durante i lavori parlamentari in quanto così come è stato impostato ci sembra avere un impatto molto modesto e limitato rispetto all'esigenza di depenalizzazione.
Un'altra osservazione si intreccia con questa, in quanto anche da altre audizioni è emerso come quando si va a stabilire l'area della depenalizzazione questa rimanga di fatto limitata come impatto anche dal punto di vista dei carichi di lavoro e quindi anche della funzionalità degli uffici giudiziari perché certe materie vengono in toto escluse, e così fa questo disegno di legge.


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Su questo punto vorrei conoscere la sua opinione, perché la delega alla lettera a) fa una serie di eccezioni per materia: tutta l'edilizia urbanistica, tutto ambiente, territorio e paesaggio, tutta l'immigrazione, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica che è qualcosa di generico.
Vorrei sapere quindi se lei ritenga opportuno precisare meglio questi criteri e delimitare ulteriormente le materie, nel senso anche di renderle talora più ampie. Notavamo ad esempio come, per quanto riguarda l'urbanistica e l'edilizia con l'articolo 44, lettera a), che riguarda le condotte penalmente sanzionate riguardanti la costruzione abusiva ma non senza concessione, bensì per mera difformità rispetto all'autorizzazione, queste verrebbero non depenalizzate, ma rimarrebbe una contravvenzione che potrebbe essere di rilevanza penale, mentre potrebbe essere più efficacemente punita con altre pene (magari illecito amministrativo).
Mi chiedo - e qui mi ricollego alla sua conclusione finale - se, anziché percorrere la strada della depenalizzazione, non sia opportuno perseguire l'altra strada ovvero prevedere pene alternative. Se infatti guardiamo questo disegno di legge, i fatti reato da depenalizzare sono pochissimi, quindi forse sarebbe meglio pensare non a una depenalizzazione, ma ad ampliare l'utilizzo dell'oblazione e di misure interdittive, anche secondo lo spirito della Commissione di studio che lei aveva presieduto e delle altre che hanno lavorato in tal senso.

PRESIDENTE. Grazie. Anch'io vorrei porre una domanda al Professor Grosso. Credo che lei avesse anticipato quanto evidenziato dall'onorevole Ferranti, dichiarandosi consapevole della limitata portata del provvedimento sotto il profilo dell'area della depenalizzazione. Mi chiedevo se lei avesse degli spunti da offrire in merito a quale area di depenalizzazione si potrebbe ulteriormente arrivare.

RITA BERNARDINI. Vorrei chiedere al professor Grosso se abbia avuto modo di approfondire i provvedimenti abbinati a questo disegno delega sulla depenalizzazione, perché quello che porta la mia prima firma riguarda la depenalizzazione della coltivazione per uso personale delle sostanze stupefacenti.
Mi sembra che questa depenalizzazione sia fra quelle previste l'unica che inciderebbe in modo consistente sia sul contenzioso dei procedimenti penali pendenti, sia sulla carcerazione. Vorrei conoscere la sua opinione in merito, anche perché a me sembra irragionevole essere arrivati, grazie anche a un referendum del 1993, alla depenalizzazione del reato di detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale, che è in vigore, per cui la persona che detiene queste sostanze stupefacenti è andata sicuramente a comprarle da uno spacciatore, mentre penalizziamo con il carcere (e in carcere ci sono queste persone) chi, rifiutando di rivolgersi a uno spacciatore che spesso è anche un criminale, coltiva la pianta per poter assumere la sostanza.
Trovo dunque irragionevole questa legge che prevede il carcere per chi coltiva una pianta a volte anche per uso terapeutico, visto il mancato accesso a questo tipo di sostanze per questioni burocratiche.

PRESIDENTE. Do quindi la parola al professor Grosso per la replica.

CARLO FEDERICO GROSSO, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Torino. Inizio dalle osservazioni dell'onorevole Ferranti, che ringrazio. Ho fatto un intervento estremamente soft nei confronti di questa legge, perché ormai sono passati tanti anni, sono anziano e ragiono in un certo modo, per cui di fronte alle iniziative legislative il mio atteggiamento mentale (non so se sia giusto) mi induce a cogliere gli aspetti positivi e ad andare avanti, anche se poi il Parlamento dovrà magari tornare sui provvedimenti e fare cose in più.
Questa è stata la mia valutazione con riferimento al disegno di legge sulla corruzione, laddove, pur rendendomi conto dei grossi limiti di quel disegno di legge, ho


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sempre espresso una valutazione politica positiva perché finalmente si faceva qualcosa, si aumentavano le pene, si metteva l'etichetta promozione privata, reato che fa sorridere ma è bene che sia stato introdotto, perché si parte da lì per andare avanti.
Allo stesso modo ho espresso una valutazione su questo disegno di legge, dicendo però chiaro che questo si inserisce in quello che è stato sempre l'atteggiamento del Parlamento nell'affrontare il tema della depenalizzazione, cioè affrontarlo in termini astratti, cancellando i reati che hanno determinate tipologie di sanzioni senza andare a vedere quando quel reato sia stato emanato e il perché di quel tipo di sanzione, se la misura della sanzione fosse giusta in quel momento e non lo sia più adesso.
Questo modo di affrontare il problema della depenalizzazione mi è sempre sembrato (ma credo che come consulenti penali fossimo tutti d'accordo su questo) un modo improprio di affrontare il problema, però forse era l'unico modo di porvi mano senza affrontare il tema della riforma del sistema penale.
Il tema della depenalizzazione, se considerato con attenzione, è l'altra faccia della medaglia della riforma della parte speciale della legislazione penale speciale. Se si affronta quel tema, si può avere un quadro complessivo ed entrare in profondità nella cancellazione di reati che oggi vengono considerati importanti sul piano dell'etichetta normativa, ma magari importanti non sono più.
Detto questo, lei ha ragione: questo nuovo disegno di legge sulla depenalizzazione ha in concreto un impatto molto limitato, però un piccolo impatto lo ha comunque e allora va bene. Lei evidenzia le esclusioni, ma sulle esclusioni sono d'accordo perché o andiamo a eliminare contravvenzione per contravvenzione, ma che la materia ambiente, territorio e paesaggio debba essere esclusa da una depenalizzazione in termini generali è ovvio.
Quando il Parlamento, dato che la legge era diversa, usava gli istituti dell'amnistia, venivano sempre escluse queste tipologie di reato, anche trattandosi di contravvenzioni. Lei ha però citato l'esempio della contravvenzione per la mera difformità dell'autorizzazione, ma è ovvio che quel tipo di comportamento non merita un trattamento penale!
Possiamo andare a leggere tutti questi reati, ma nei confronti di alcuni bisognerebbe incentivare la sanzione penale. Si tratta quindi della riforma della materia dei reati in tema di ambiente, territorio e paesaggio, per cui cancelliamo le fattispecie bagatellari e aggrediamo in maniera più pesante certi illeciti che rappresentano una violazione del patrimonio ambientale e del paesaggio italiano.
Se vogliamo andare a esaminare questi settori, possiamo effettuare delle scelte e decidere cosa vada tolto, ma è la riforma della materia. Io depenalizzerei il reato di diffamazione, anche se sarebbe contro i miei interessi in quanto difendo un grande giornale e quindi perderei il lavoro, ma non è questo il problema. Ci sono Paesi in cui si affronta il tema della diffamazione con pesanti sanzioni civili riparatorie, ma è una scelta, e questo potrebbe riguardare anche altri reati contro la persona.
Il problema è andare a vedere questi reati uno per uno e valutare la possibilità di abbandonare questo totem del diritto penale, però a questo punto si tratta della riforma della parte speciale del Codice penale e della legislazione speciale penale.
Non possiamo nasconderci dietro un dito: tutte le volte in cui voi affrontate una nuova legislazione con riferimento a un settore speciale chiudete sempre con le sanzioni penali e noi dall'esterno condividiamo questa scelta, però quando affrontiamo un discorso di sistema bisognerebbe guardare con un'ottica distaccata. Veramente questo diritto penale deve continuare ad essere questo totem al quale affidiamo tutto ciò che importante o non importante riteniamo debba essere tutelato con incisività?
Il discorso vale per la depenalizzazione come per le sanzioni alternative, perché bisogna cominciare a ripensare il sistema. Nel momento in cui voi affrontate il tema della depenalizzazione in sé con questo


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tipo di provvedimento, credo che non possiate sfuggire a questo modello. Il modello quindi è nella sostanza non corretto, però si inserisce nei modelli già usati parecchie volte in passato, per cui è qualcosa in più.
Sul tema della depenalizzazione nel caso di coltivazione di sostanze stupefacenti ad uso personale, può darsi benissimo che si debba depenalizzare, però è un discorso che non riguarda il tema generale delle depenalizzazioni: riguarda la scelta di politica legislativa nei confronti di questo particolare fenomeno.
Posso essere d'accordo con lei, onorevole Bernardini, però qui bisogna affrontare questo problema: non si può dire che, dato che bisogna depenalizzare, si depenalizza automaticamente questo aspetto. Affrontiamo il tema di politica criminale nei confronti della droga nel nostro Paese e vediamo, con riferimento ai soggetti che ne fanno uso personale, quale sia il limite dell'incriminazione.
Se tutte le volte in cui è possibile si sostituisce il carcere con interventi di tipo curativo, sono sempre d'accordo come mio atteggiamento personale, ma non tratterei questo tema nell'ambito di un tema generale, in quanto fa parte di quel problema di revisione complessiva del sistema penale che prima o dopo il nostro Paese dovrà affrontare (speriamo prima piuttosto che dopo) e che finora non è riuscito ad affrontare.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Grosso per la sua relazione e per il modo in cui ha risposto immediatamente a tutte le domande.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,40, è ripresa alle 14,50.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Do la parola a Carlo Enrico Paliero, professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano.

CARLO ENRICO PALIERO, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano. La ringrazio, presidente. Ho osservato questi tre progetti di legge e dico subito che ho interpretato il mio ruolo in termini strettamente tecnici. Per questa ragione non ritengo di entrare nel merito della proposta relativa al trattamento della droga, la proposta Bernardini, perché si tratta di una scelta politico-criminale se non politica tout court, che implica una valutazione dell'intera problematica dei reati senza vittima, che conduce però a valutazioni non tecniche ma di strategia generale.
Allo stesso modo ma per ragioni diverse non sono entrato nella valutazione della proposta di legge Stucchi per carenza di obiettività. Sono un appassionato cacciatore e come tale non mi sento di entrare in una tematica molto specifica, che vede contrapposti ideologicamente gli appassionati di questo tipo di attività che è sempre meno politically correct (me ne rendo conto), ma che comporta valutazioni di sistema. Mi concentrerei quindi essenzialmente sul testo della depenalizzazione di più ampio respiro.
La via seguita in questa ipotesi è quella di una depenalizzazione in altre occasioni definita con tecnica di amministrativizzazione o fiscalizzazione, cioè trasformazione di illeciti penali in illeciti amministrativi con il potenziamento del sistema sanzionatorio amministrativo.
Questa è una scelta che ritengo fruttuosa, che personalmente condivido assolutamente nelle linee di sviluppo, anche tenuto conto del fatto che, come a loro è noto, le garanzie che sovraintendono a questo sistema anche a livello di Corte europea danno il massimo dell'affidamento.
Quelle norme di ripresa degli elementi sistematici della scelta amministrativistica certamente vanno condivise ed è corretto ovviamente ampliare lo spazio d'impatto della sanzione anche a cornici elevate, non banali, ma forse è ultroneo il punto d), che riproduce una norma già vigente, l'articolo 11 della legge n. 689 del 1981, ed è opportuno ribadirlo in termini di criteri commisurativi.


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La scelta a mio avviso continua ad essere valida, e i rilievi che potrebbero essere fatti in termini di analisi critica delle scelte concrete riguardano la tecnica di selezione delle fattispecie. Qui mi sembra che si siano seguiti due criteri paralleli e distinti, d'altra parte non nuovi agli interventi in materia, cioè un criterio generale orientato sulla sanzione di natura formale e un criterio più puntuale e più puntiforme secondo la tecnica che mi permetto di definire puntaspilli, cioè una serie di fattispecie raccolte e collocate entro il perimetro attinto da questa opera.
Entrambi questi criteri hanno i loro punti deboli, come sappiamo. Per quanto riguarda il criterio generale (questa è una mia valutazione personale essenzialmente pragmatica), vorrei fare una premessa relativa al ruolo della sanzione pecuniaria penale nel nostro ordinamento. Qui, facendo «abiura» di alcune idee che in precedenza avevo cercato di sviluppare, sono personalmente giunto alla conclusione che nel nostro sistema la pena pecuniaria in tempi brevi non abbia alcun futuro.
Forse bisognerebbe cominciare a immaginare una divaricazione fra sistema penale e sistema sanzionatorio amministrativo orientato sulla sanzione, ma nel senso di espungere definitivamente - anche perché è un orpello, e le statistiche ci dicono il tasso di ineffettività quasi assoluta, paradossale dell'esecuzione della pena pecuniaria penale - qualsiasi forma di pena pecuniaria, a parte il discorso delle pene patrimoniali che è un concetto completamente diverso (penso alla confisca e al suo utilizzo).
La pena pecuniaria classica in Germania costituisce l'80 per cento delle condanne, ma è un mondo diverso, non raggiungibile in questo momento, per cui forse avrebbe senso immaginare, nell'ambito di una politica di ridistribuzione dei modelli sanzionatori, un sistema penale criminale in cui la pena pecuniaria non abbia più cittadinanza e utilizzare viceversa la sanzione pecuniaria nell'ambito amministrativo, con strumenti anche di enforcement, di implementazione e di esecuzione, che su quel terreno possono dare e danno frutti molto maggiori in termini di effettività.
Questa è una mia idea personale, ma potrebbe dare ragione di una ridistribuzione orientata sulla sanzione di questi due campi. Rispetto al progetto attuale, le scelte sulla base del criterio formale non si possono sottrarre a tutta una serie di critiche fatte in passato: quelle di essere poco selettive da un lato, cioè di non riuscire a discostarsi da scelte del passato che non necessariamente erano felici, con qualche problema ulteriore. Accenno solo a due che derivano probabilmente dal criterio formale che è un criterio cieco.
Ipotesi codicistiche: con questo criterio - mi correggano se sbaglio - verrebbero depenalizzati ad esempio il reato di ingiuria e il reato di rissa (articolo 588). Questi inevitabili automatismi su tali figure di reato dimostrano la debolezza del criterio così indiscriminatamente utilizzato, perché ad esempio può aver senso estromettere l'ingiuria dal sistema penale ma con strumenti diversi dalla sanzione amministrativa.
Mi chiedo infatti quale autorità amministrativa irroghi la sanzione pecuniaria per un'ingiuria, in che misura un conflitto squisitamente interpersonale, non a caso perseguibile con la querela, possa essere gestito dalla pubblica amministrazione e che senso abbia anche dal punto di vista di politica criminale affidarlo a questo campo.
Nutro qualche perplessità (il collega Gullo conosce i miei orientamenti e sa che non sono certo un affezionato alla penalizzazione a tutti costi) sull'ipotesi di depenalizzare la partecipazione a una rissa nei limiti in cui si tratta di un fatto il cui impatto sociale non è necessariamente bagatellare, con in più problemi molto più complessi dal punto di vista tecnico.
Come tutti sappiamo, la fattispecie base della rissa viene punita con pena pecuniaria che diventerebbe illecito amministrativo, ma le aggravanti, che sono serie in caso di eventi lesivi e morte, lesioni intervenute per la sola partecipazione alla rissa (quindi è scontata la punibilità per


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gli ulteriori reati in caso di concorso) trasformano la pena rendendola seria.
Si tratta però di un nucleo tradizionalmente concepito come un nucleo aggravante di una fattispecie base, il che ovviamente porterebbe anche a dei paradossi tecnici perché ci sarebbe quasi un problema di giurisdizione tra due sistemi, laddove il sistema amministrativo tiene solo nella misura in cui non sopravvengano, magari anche a distanza di qualche tempo, delle aggravanti che trasferiscano la competenza al giudice penale, che però si trova una fattispecie aggravata mancando della fattispecie base. Questo è un dato che non mi sembra sofisticato, per cui si creano dei problemi tecnici.
Vengo rapidamente ad alcune considerazioni sparse relative invece all'individuazione puntiforme di fattispecie sottoposte a ipotesi di depenalizzazione. Devo confessare da osservatore esterno - non avevo una relazione che forse mi avrebbe illuminato meglio sul razionale generale di queste scelte - che, ad una mera lettura delle varie ipotesi come un qualcosa di legato da un filo rosso di razionalità politico-criminale che li deve accomunare, qualche difficoltà di individuazione del razionale politico-criminale di fondo permane.
Scontate le ipotesi sia codicistiche, sia dei testi più risalenti, che sono una sorta - mi si consenta - di archeologia giuridica, cioè di ricerca di reperti archeologici della penalistica tuttora vigente, pur non essendo stato in grado di fare delle verifiche, dal punto di vista statistico l'impatto sulle statistiche criminali di queste figure credo sia praticamente nullo, ma la depenalizzazione ha scopi essenzialmente deflattivi e quindi finisce con l'essere contraddittoria la scelta di queste cose, così come anche le fattispecie penalistiche dall'abuso della credulità popolare all'esercizio di attività teatrali non legittime.
Anche quelle codicistiche rimangono realtà più ottocentesche che reali, per cui a questo punto la proposta potrebbe essere addirittura quella dell'abrogazione secca, anche perché vi sono figure che potrebbero assorbire l'eventuale gravità. Per altre figure più recenti colgo una sorta di opacità almeno a prima lettura, mentre poi una relazione probabilmente potrebbe dar conto della ragione per cui vengano scelte proprio queste e non altre, perché in termini di impatto sulle statistiche criminali anche qui ho qualche dubbio che siano proprio figure che a prima vista risultino di forte impatto.
In passato ho avuto occasione di collaborare con il Ministero di Grazia e Giustizia a un intervento di depenalizzazione sugli assegni a vuoto, su cui c'era un dato statistico molto rilevante, il carico sulle Preture era estremamente consistente e quindi una ragione c'era.
La ragione di espungere specificamente queste ipotesi non appare a prima vista in generale, mentre in due casi che mi permetto di segnalare può indurre perplessità a prescindere dall'impatto statistico l'ipotesi di espungere dal sistema penale fattispecie di questo genere, anche se non è detto che debbano essere punite con il carcere.
Mi riferisco al decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 sul mercato del lavoro, per cui verrebbe depenalizzata l'ipotesi di chiunque percepisca compensi da parte del lavoratore per avviare la prestazione di lavoro oggetto di somministrazione punito con la pena alternativa.
Questo comportamento non mi sembrerebbe nel contesto generale meritevole di particolare benevolenza, certo si tratta di scegliere quali strumenti utilizzare, ma una mera degradazione a illecito amministrativo non mi sembrerebbe impeccabile, così come la norma relativa all'intermediazione bancaria, che depenalizzerebbe il comportamento dell'operatore bancario che indirizzi determinati soggetti a un utilizzo di credito extra-bancario, che non mi sembra affatto una fattispecie bagatellare. Se infatti non ho controllato male, nel frattempo il legislatore l'ha elevata a delitto, a mio avviso a ragione perché qui entriamo in un terreno estremamente delicato.

MARILENA SAMPERI. Scusi, potrebbe specificare l'ultimo riferimento?


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CARLO ENRICO PALIERO, Professore di diritto penale presso l'Università degli studi di Milano. Si tratta dell'articolo 16, comma 9 del decreto legislativo n.108 del 7 marzo 1996 in materia di usura, per chi «indirizzi una persona per operazioni bancarie o finanziarie a un soggetto non abilitato». Questa in genere è la via maestra per l'usura, cioè per l'abbandono al braccio secolare della criminalità organizzata dei soggetti che non riescano a ricevere credito dal sistema bancario.
Ho infine notato che in alcuni paradigmi di tipo ingiunzionale per esempio in tema di pari opportunità o di discriminazione si immagina di depenalizzare la fattispecie di chiusura di violazione delle prescrizioni del giudice. Non entro nel merito se sia giusto o meno trattare dal punto vista penalistico questo tipo di comportamento, se lo si fa, il modello ingiunzionale è quello più adatto nel momento in cui consente di dosare i precetti in base al caso concreto, senza violare il principio di tassatività, però nel momento in cui l'ingiunzione viene sviluppata in termini corretti la chiusura deve essere seria.
Qui il giudice penale deve poter intervenire rispetto alle violazioni di ordini dati dal giudice specifici, concreti, ben indirizzati, comprensibili dal soggetto, anche per analogia con altre ipotesi in cui il modello ingiunzionale come in tutti gli altri Paesi viene poi sostenuto come norma di chiusura da una norma penale anche di una certa serietà.
Penso all'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, all'articolo 388 del Codice penale in cui questo modello ha questa giusta chiusura in termini penalistici, fermo restando sempre il tipo sanzionatorio da individuare che può anche non essere il carcere, altro nostro grande problema.
Se ha un senso la graduazione fra illecito penale e illecito amministrativo, questo è uno dei casi in cui deve essere il giudice penale a dire la sua sia pure in seconda battuta, perché una prima chance di adeguamento all'osservanza viene data al destinatario della norma, ma, se vi si oppone in modo pervicace, allora deve intervenire il giudice penale.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Paliero per la relazione estremamente interessante e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,10.

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