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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(II e X)
5.
Martedì 24 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palomba Federico, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA IN RELAZIONE ALL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 3 INIZIATIVA POPOLARE, C. 503 SILIQUINI, C. 1553 VIETTI, C. 1590 VITALI, C. 1934 FRONER, C. 2077 FORMISANO E C. 2239 MANTINI, IN MATERIA DI RIFORMA DELLE PROFESSIONI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Professioni area tecnica (PAT):

Palomba Federico, Presidente ... 3 9 10
Cimadoro Gabriele (IdV) ... 9
Follegot Fulvio (LNP) ... 9
Jogna Giuseppe, Vicepresidente dell'Associazione Professioni area tecnica ... 6 9 10
Polese Sergio, Presidente dell'Associazione Professioni area tecnica ... 3 10
Siliquini Maria Grazia (PdL) ... 10

Audizione di rappresentanti del Coordinamento geometri, periti agrari e periti industriali (COGEPAPI):

Federico Palomba, Presidente ... 10 14
Bottaro Andrea, Presidente del Collegio nazionale periti agrari ... 12
Jogna Giuseppe, Presidente del Consiglio nazionale periti industriali e periti industriali laureati ... 10 13 14
Savoldi Fausto, Presidente del Consiglio nazionale geometri ... 12 14
Siliquini Maria Grazia (PdL) ... 13 14

Audizione di rappresentanti del Coordinamento universitari e professionisti triennali (CUP3):

Federico Palomba, Presidente ... 14 15
Boccassini Vincenzo, Presidente del Coordinamento universitari e professionisti triennali ... 14 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONI RIUNITE
II (GIUSTIZIA) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 24 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA II COMMISSIONE FEDERICO PALOMBA

La seduta comincia alle 11,15.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Professioni area tecnica (PAT).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3 Iniziativa popolare, C. 503 Siliquini, C. 1553 Vietti C. 1590 Vitali, C. 1934 Froner, C. 2077 Formisano e C. 2239 Mantini, in materia di riforma delle professioni, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Professioni area tecnica (PAT).
Do la parola al presidente dell'Associazione Professioni area tecnica, ingegner Sergio Polese.

SERGIO POLESE, Presidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Vorrei innanzitutto ringraziare i presidenti, la relatrice e tutti i membri delle commissioni per averci concesso l'occasione di venire a esprimere le nostre opinioni su un argomento importantissimo come la legge di riforma delle professioni, che ci auguriamo sia prossima.
Noi rappresentiamo le Professioni area tecnica (PAT), un organismo costituito da pochi mesi e ancora in via di organizzazione definitiva, che raggruppa tutte le professioni dell'area tecnica. In questo momento vi hanno aderito dottori agronomi e forestali, geometri, geologi, ingegneri, chimici, periti agrari, industriali e tecnologi alimentari. Architetti e agrotecnici sono tuttora nel CUP, ma stiamo lavorando concordemente.
Io sono il presidente del PAT e il collega Jogna, perito industriale, qui presente, ne è il vicepresidente. Abbiamo concordato anche con gli architetti e gli agrotecnici, in diverse riunioni, ciò che veniamo a esprimere, che coincide, in massima parte, non soltanto con ciò che hanno riferito i colleghi di tali altre professioni tecniche nell'audizione del CUP, ma anche con quanto espresso dalla presidente del CUP nella sua prima audizione. Siamo più o meno d'accordo su questa linea.
Vorremmo ottenere, innanzitutto, che la legge di riforma vada in porto. Sappiamo tutti che per anni, per non dire decenni, il mondo politico e quello delle professioni hanno lavorato moltissimo, senza purtroppo approdare a un risultato. Ci auguriamo che questa sia la volta buona.
Come professioni, siamo sempre stati - lo siamo in questo momento in audizione e lo saremo in futuro - pronti a fornire il nostro contributo positivo. Ci auguriamo che gli organi politici - Parlamento, Governo, Commissioni, maggioranza e opposizione - stiano lavorando in questa direzione e che non si vada incontro a un


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fallimento, come è avvenuto negli anni passati. Siamo speranzosi che l'impresa possa andare a buon fine.
Abbiamo sempre sostenuto - checché ne dicano e ne abbiano detto altri - che vogliamo la riforma delle professioni, perché sappiamo bene che i nostri ordinamenti giacciono fermi ormai da quasi cento anni. Abbiamo indubbiamente bisogno di una riforma, che però, deve chiarire e sancire una volta per tutte quale, secondo noi, dovrebbe essere il ruolo delle professioni nel nostro Paese.
Ho letto le audizioni precedenti e ho visto che vi è stato riferito quanto contribuiscano le professioni al PIL e quanti milioni di professionisti ci siano. Non sto a ripetermi. Sicuramente, però, le professioni possono portare un grandissimo contributo al Paese dal punto di vista sociale, economico e culturale.
È arrivato il momento, secondo noi, di dare un valore alle professioni. Riteniamo che esse debbano essere un organo ausiliare dello Stato, col quale poter collaborare. A nostro giudizio, dovrebbero essere ascoltate per tutti i problemi di loro competenza.
È chiaro che - questo è il motivo per cui siamo usciti dal CUP - le problematiche, i saperi e anche il contributo che le professioni tecniche possono dare al Paese sono diversi da quelli, altrettanto validi, di altre professioni. Credo che non sfugga a nessuno che, in questo momento, dal punto di vista del territorio, delle infrastrutture, della sicurezza, delle problematiche agronomo-forestali, chimiche, geologiche e anche della stessa tecnologia alimentare, il contributo che le professioni tecniche possono portare al Paese su tali importanti problemi debba essere assolutamente valorizzato. Chiediamo, quindi, un riconoscimento pubblico della loro attività.
Uno degli argomenti di grande discussione nelle precedenti audizioni è stata la modalità con cui arrivare alla legge di riforma. In verità, non siamo esperti di procedura parlamentare, ragion per cui al riguardo ci rimettiamo a voi, al mondo politico, all'interno del quale si annoverano moltissime persone più che esperte del settore. Ci ha sempre affascinato e ci affascina tuttora il discorso della legge-quadro: vorremmo una legge di princìpi, che fossero ben chiari e stabiliti per tutte le professioni e che debbano essere recepiti negli ordinamenti di ciascuna.
Nelle audizioni precedenti si è parlato anche di un codice delle professioni e di deleghe. A noi interesserebbe stabilire princìpi chiari, che valgano per tutte le professioni; se poi, per applicarli a ciascuna, eventualmente per aree omogenee, sono necessarie norme di delega, vorremmo che esse fossero poche, chiare e precise. Sapete benissimo come desideriamo poter arrivare, nell'ambito di questa legislatura - ci auguriamo nei tre anni-tre anni e mezzo che ancora mancano - all'approvazione di questa riforma.
Che tipo di legge vogliamo? Il primo principio che riteniamo dovrebbe essere accolto è che si tratti di una legge per le professioni intellettuali. Quando, l'anno scorso, abbiamo raccolto le firme per conto di tutte le professioni, abbiamo parlato di riforma duale. In realtà, in quel momento, le condizioni politiche ed economiche erano diverse. Oggi riteniamo che la legge dovrebbe riguardare soltanto le professioni intellettuali. Come è stato affermato anche dal CUP - lo ripeto - bisognerebbe approfondire che cosa si intende per professioni intellettuali: secondo il Codice civile e l'articolo 33 della Costituzione, sono quelle costituite da soggetti che hanno seguito un percorso formativo ben chiaro, universitario o equipollente, un tirocinio, un esame di Stato con modalità ben chiare, un'iscrizione all'albo; tali professionisti avrebbero il dovere di perseguire una formazione continua e, soprattutto, di rispettare il codice deontologico relativo all'esercizio della propria attività.
Tale aspetto deontologico è ciò che distingue le professioni anche dalle imprese: queste ultime hanno nelle loro attività - giustamente, dal loro punto di vista - un fine più che altro economico, mentre le professioni ne hanno uno ben


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diverso. Secondo me, le professioni intellettuali sono quelle cui io, nonché altri, abbiamo fatto cenno.
È una questione facile e non mi ripeto: faccio riferimento a ciò che ho letto nelle audizioni, per dimostrare che siamo anche d'accordo su tali princìpi. Ciò che stiamo discutendo in questa sede dovrebbe tenere presente anche su quanto si sta discutendo da altre parti: mi riferisco al recepimento della Direttiva cosiddetta Zappalà sulle qualifiche e alla Direttiva servizi.
Ho parlato, anche nei giorni scorsi, con l'onorevole Zappalà, che ha seguito tali questioni e che so essere stato convocato anche da voi per un'audizione. Sono suo amico, oltretutto siamo della stessa città e ci vediamo spesso. Mi ha ripetuto che è ben lieto di venire di fronte alle Commissioni, anzi aspettava di sapere la data esatta dell'audizione per spiegarvi - è indubbiamente la persona che lo può fare meglio di tutti - come le direttive che ha curato, e che andavano proprio nel senso giusto, sembrano essere state recepite in maniera distorta.
Questa circostanza si lega col discorso del sistema duale: le associazioni a cui fanno riferimento le direttive non sono quelle normali che esistono in Italia, ma quelle del mondo inglese, le quali - non lo sto a ripetere - hanno un ruolo, una valenza, un'importanza simili a quelle degli ordini, se non addirittura superiori.
Detto questo, passo ad alcune questioni particolari di questa legge di riforma. Il collega Jogna riferirà poi meglio su alcuni punti.
Vorremmo che di tutti gli attuali ordini e collegi venisse riconosciuta l'esistenza e la valenza. Non saremmo neanche contrari a eventuali accorpamenti di professioni similari, ove ce ne fosse la necessità, che, però, dovrebbero venire o su istanza delle professioni, o comunque ascoltando tutti coloro che possono essere interessati al riguardo, ossia attraverso i desideri «della base» e non imponendo disposizioni dall'alto.
Venendo al contenuto del regolamento degli ordini e, in particolare, delle professioni tecniche, siamo dell'idea che ci dovrebbe essere sempre un organismo nazionale, il cosiddetto Consiglio nazionale, oltre ai riferimenti provinciali, gli ordini e i collegi provinciali. Riteniamo che sia giunto il momento anche di istituire formalmente e istituzionalmente le federazioni, per gli ovvi rapporti che, da tempo ormai, si devono intrattenere con le regioni.
Vorremmo che agli albi si potessero, e si dovessero, iscrivere tutti i professionisti, non solo coloro che esercitano la libera professione, ma anche coloro che esercitano tale professione in ambito dipendente. Riteniamo che tutti, con autonomia di giudizio personale nella propria attività, dovrebbero rispettare il codice etico a relativo alla propria professione. L'iscrizione dovrebbe, quindi, essere estesa a tutti.
Il Consiglio nazionale dovrebbe, oltre che avere funzioni di coordinamento della categoria e di interessamento per la formazione del professionista, soprattutto coordinare e assicurare la formazione continua, che dovrebbe rappresentare un obbligo; emanare i codici deontologici che devono essere rispettati dalla base; infine, stabilire standard di qualità con disciplinari di incarico per quanto riguarda le modalità di svolgimento.
In questo momento - compio un passo indietro - le nostre professioni tecniche sono quelle più svantaggiate dalla situazione di crisi in atto nel Paese. Tutti sanno che nelle gare di appalto delle professioni tecniche e dei lavori pubblici si è arrivati a circostanze assolutamente scandalose. Come ingegneri, possiamo fornire prova del fatto che alcuni professionisti hanno acquisito incarichi praticando un ribasso del 100 per cento. Quando abbiamo visto il 92, il 93 e il 95 per cento credevamo di essere arrivati al massimo. La scorsa settimana, abbiamo, invece, avuto della documentazione da cui si evince che sono stati affidati incarichi professionali col ribasso del 100 per cento. Credo non ci sia bisogno di commenti. È chiaro che la qualità della prestazione, in questo caso, sarà assolutamente non rispondente alle esigenze.


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Per quanto riguarda le tariffe - il collega Jogna chiarirà meglio in seguito questo punto - riteniamo che le tariffe proposte dalle professioni e sancite dai ministeri competenti dovrebbero assicurare un minimo e un massimo, nel cui ambito ogni patto volontario dovrebbe essere nullo.
Riteniamo anche - elemento importante - che la pubblicità sia necessaria, ma che dovrebbe essere intesa in senso informativo e non economico. Credo sia chiaro ciò che intendiamo.
La questione della funzione giurisdizionale è un argomento molto importante. Non riteniamo che l'Antitrust dovrebbe - come sta avvenendo di questi tempi - interessarsi delle professioni nel modo in cui lo sta facendo. Non credo, infatti, che sia suo compito perseguire alcune professioni - lo sta facendo con molte professioni - additando come loro colpa l'aver citato il decoro professionale imposto dagli articoli 22 e 33 del nostro Codice civile. Credo che il rispetto del codice dovrebbe riguardare tutti i cittadini, non soltanto le professioni.
Tornando all'aspetto giurisdizionale, saremmo anche d'accordo a creare due organismi distinti, uno inquirente e uno giudicante, sia in sede provinciale, sia in sede nazionale, eletti sempre dalla base e che diano le più ampie garanzie. Eventualmente, uno di questi organismi potrebbe avere sede locale e uno regionale. Ovviamente tutto si può approfondire ulteriormente.
Un'ultima considerazione, dopo la quale lascio la parola al collega, che aggiungerà sicuramente alcune riflessioni.
Come ho detto in premessa, riteniamo che debba esserci il tirocinio.
Con riferimento al discorso delle associazioni o delle società professionali, le prime ci sono sempre state tra professionisti, delle seconde si parla da tempo. Riteniamo che le società dovrebbero essere formate da professionisti iscritti all'albo, l'incarico dovrebbe essere espletato da un professionista e ci dovrebbe essere la massima garanzia per il cittadino della competenza di chi svolge l'incarico.
Per quanto riguarda il discorso del capitale, esso è un elemento che ci potrebbe essere, anche se, secondo noi, sarebbe meglio di no. Ammesso che lo si volesse introdurre, eventualmente in mano agli stessi professionisti, dovrebbe comunque essere soltanto sussidiario per lo svolgimento dell'attività professionale. Colui che lo detiene non dovrebbe sicuramente svolgere l'attività professionale né avere la possibilità di dare indirizzi all'attività professionale della società.
Ci sarebbero altri temi da affrontare, ma credo di aver tracciato un quadro delle nostre opinioni. Vi ringrazio ancora.
Ci riserviamo, appena possibile, di farvi pervenire un documento con le nostre indicazioni. Non l'abbiamo consegnato ora perché riteniamo di poterlo approfondire e di potervi dare, nei prossimi giorni, un documento più completo.
Il vicepresidente Jogna potrà ora fornirvi particolari più puntuali su alcuni aspetti, che potrei avere dimenticato.

GIUSEPPE JOGNA, Vicepresidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Ringrazio le Commissioni riunite, il relatore e tutti voi che ci ascoltate, perché riteniamo che sia molto importante, in questa fase particolare della politica in genere, ma soprattutto dei problemi che hanno una ricaduta diretta sulle professioni, poter dire la nostra e, soprattutto, disquisire a fondo su tutte le questioni sul tavolo.
Per quanto mi riguarda, sono sicuro di rappresentare gli interessi di tutte le categorie tecniche nell'affermare che siamo fortemente protesi verso la realizzazione di una formazione molto forte, di carattere specialistico, nelle diverse aree tecniche e che per questo motivo crediamo che si debba assolutamente introdurre la formazione continua obbligatoria. La mia categoria, per esempio, la prevede già su base volontaria, ma crediamo che sia più che utile che essa venga introdotta su base obbligatoria.
Riteniamo anche che, per accedere a un albo, come ha sostenuto il presidente Polese, oltre al titolo di studio universitario, o di valore equivalente, ormai ineludibile -


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a questo ci ha portato la legislazione comunitaria, acquisita anche dal nostro Paese - debba essere previsto un tirocinio serio, di almeno un anno, possibilmente dopo e non durante la formazione, attraverso meccanismi che consentano al praticante di acquisire le vere conoscenze della libera professione, che non sono quelle teoriche, ma quelle pratiche.
Non è facile. Ricordate che la scuola, per quanto voglia impegnarsi, in questo senso ha dimostrato fino a oggi di essere deficitaria in tutti i settori e a tutti i livelli. Crediamo, dunque, che debba esserci un tirocinio, che i praticanti lo debbano frequentare obbligatoriamente e che debba essere riconosciuto loro un compenso ragionevole, non legato a parametri di tipo sindacale, ma di produttività minima. È giusto, nessuno deve essere sfruttato, come ci risulta sia già avvenuto. Qualcuno fa svolgere il tirocinio gratuitamente o addirittura si pretende che paghino i genitori perché i ragazzi possano apprendere. Per noi questa è una negazione assoluta, che va respinta nel modo più assoluto. Siamo, però, anche dell'avviso che non sarebbe sbagliato che, oltre al titolo di studio e al tirocinio di praticante, si creassero corsi propedeutici destinati alla preparazione dell'esame di Stato. Tali corsi potrebbero tranquillamente essere organizzati degli organi di governo delle rispettive professioni; noi, per esempio, li teniamo già su base volontaria, ma potrebbero essere meglio regolamentati.
Successivamente dovrebbe svolgersi l'esame di Stato, il superamento del quale deve garantire sulle conoscenze acquisite dal soggetto, che deve poi responsabilmente esercitare un'attività che può procurare utilità o molto danno alla società. Le commissioni degli esami di Stato, secondo noi, dovrebbero essere in parte composte da soggetti della professione, che ne conoscano i meccanismi, e che abbiano anche una determinata esperienza. Dieci anni di iscrizione dovrebbero essere il requisito minimo per i commissari. Riteniamo anche che, se metà della commissione, tra cui il presidente, può essere composta da componenti della professione interessata, l'altra debba o possa essere composta da illustri esperti e da docenti delle materie specifiche di competenza.
Questi sono i punti. Per quanto riguarda il concetto della preparazione del professionista, noi la mettiamo al primo posto in assoluto, per quanto riguarda sia l'accesso, sia il percorso della vita professionale. Nessuno di noi riesce sempre ad avere le conoscenze di quanto capita nel mondo della professione. Proviamo a pensare a quante novità sono avvenute nel nostro settore nel tempo, come impianti tecnologici che non c'erano quando siamo stati regolamentati, ma anche tuttora: parliamo di certificazione energetica, di acustica, di problemi immensi, di cui, pur avendo un titolo di studio formato in un certo periodo, non si può avere completa conoscenza.
Chiediamo dunque che, in tali casi, la competenza debba restare in capo ai soggetti iscritti ad albi professionali, perché garantiscono alla collettività un po' di più rispetto ad altri soggetti, ma anche che essi stessi debbano avere la coscienza di seguire corsi di specializzazione, che possono anche essere organizzati dall'organismo di autogoverno della categoria. Per noi, ripeto, la chiave vincente è soltanto quella di creare un professionista preparato all'inizio, ma anche, e soprattutto, costantemente durante l'attività professionale.
Per quanto riguarda le considerazioni del presidente Polese, a noi sta molto a cuore l'obbligo di iscrivere agli albi professionali tutti coloro che esercitano una professione, sia a livello autonomo, sia a livello subordinato. Naturalmente si intende una professione a livello subordinato, non un altro lavoro. Coloro che, a livello subordinato, hanno un ruolo professionale nell'ambito pubblico e anche in quello privato, a nostro avviso, devono sottostare al controllo deontologico delle organizzazioni delle professioni.
I periti industriali e i geometri hanno, invece, il divieto di iscrivere nell'Albo i dipendenti pubblici. Provate a pensare: i periti industriali hanno migliaia, per non


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dire decine di migliaia, di rappresentanti introdotti negli allora ENEL e SIP, cioè nel mondo dei servizi tecnologici, che allora erano pubblici. Abbiamo dovuto cancellarli, mentre secondo noi devono sottostare alla disciplina e all'organizzazione delle professioni.
Per quanto riguarda la possibilità di unificazione fra professioni esistenti e - aggiungo - anche nuove che, per diverse circostanze, non hanno trovato un ruolo molto chiaro e preciso, crediamo che si debba procedere nella direzione della semplificazione, imponendo unificazioni anche con i gruppi nuovi, fermo restando che concordo perfettamente con il presidente Polese sul fatto che tutte le professioni che abbiano un minimo di correlazione o di interesse comuni debbano essere sentite. Ciò non vuol dire che possano porre veti, ma debbono essere sentite per spiegare al legislatore e a chi è chiamato a intervenire le loro ragioni. Questo, secondo noi, è fondamentale.
Teniamo molto - devo essere sincero - ad andare nella direzione della modernità e della semplificazione e crediamo che oggi si debba sgomberare il campo dall'idea che i professionisti vogliano la riforma per non cambiare nulla. È un detto che gira un po' dappertutto.
Sono abbastanza in là con l'età ed è da tanti anni che mi occupo di questi temi; non vi rivelo nemmeno con quale commissione ho cominciato a ragionare la prima volta. Ho capito che, effettivamente, si tratta di un problema talmente scottante che, se la politica non ha il senso di responsabilità di assumersi anche iniziative non del tutto condivise, probabilmente non riusciremo ad arrivare in fondo. In tal caso, si tratterà di una macchia pesante, perché essa non avrà saputo fare quello che la cittadinanza e la comunità generale richiedevano.
La comunità generale ha bisogno, secondo il mio punto di vista, di professionisti preparati, responsabili e specializzati ciascuno nel proprio ambito. Non deve esistere un solo mondo, ma tanti. Ecco perché siamo particolarmente protesi nella direzione della specializzazione secca, per aree orizzontali, molto formate, ma comunque orizzontali: chi fa l'elettrotecnico non fa il termotecnico, tanto per capirci. Questa è, secondo noi, la garanzia di una forte specializzazione.
Procedo alle conclusioni, oltre a ringraziarvi solennemente. Poiché nell'impostazione dei punti chiave della legge dovrete affrontare tutti gli aspetti - io sono totalmente d'accordo con le considerazioni del presidente Polese - è necessario inserire anche il meccanismo elettorale. Vi informo che in questo momento non tutte le professioni esistenti hanno un sistema democratico di rappresentanza uguale: alcune ce l'hanno in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 169/2005, altre hanno ancora quelli previsti dagli ordinamenti del 1929 e, a seguire, dal decreto n. 382 del 1944, in sostanza da leggi di 60-70 anni fa.
Vorremmo che ci fosse un'unificazione su questo aspetto e che, per tutte le professioni, il sistema elettorale fosse - lo condividiamo - quello recentemente introdotto con il decreto n. 169 del 2005.
Per quanto riguarda invece le tariffe professionali, per la verità, noi siamo tecnici, abituati da una vita a ragionare con il committente, a formalizzare contrattazioni e via elencando, ragion per cui non ci interessano minimi tariffari netti, ma tariffe collegate strettamente a standard di qualità dei servizi. Non avete neanche un'idea di che cosa succeda oggi sul territorio: è vero che si fanno ribassi anche del cento per cento, perché si ritiene di guadagnarci investendo sul curriculum, ma è altrettanto vero che ci sono, invece, ribassi del 60, 70, 80 per cento inaccettabili e assolutamente non tali da poter sopportare il costo della prestazione. Nessuno poi va a verificare se il servizio prestato corrisponda a standard minimi di qualità.
A mio avviso, nella legge quadro dovrebbe essere stabilito che le professioni sono obbligate, da sole o anche attraverso organismi sovracategoriali, meglio ancora soprattutto nell'area tecnica, dove i problemi sono comuni e le esclusive non ci sono per tutti ma sono sovrapposte, a


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stabilire standard di qualità almeno per le prestazioni più importanti e correnti. Dopodiché, le tariffe professionali che vengono previste, che devono essere stabilite dal sistema governativo e non dalle professioni, le quali possono al massimo esprimere la loro opinione al riguardo, possono avere un delta di oscillazione: per una percentuale, per esempio, di un quinto, possono andare in basso o in alto, ma se vanno oltre tale delta, l'incarico deve, secondo noi, diventare inaccettabile.
Vi ringrazio ancora per averci ascoltato con tanta attenzione.

PRESIDENTE. Grazie. Attendiamo naturalmente i contributi scritti, perché con tutti i materiali consegnati agli atti delle Commissioni sarà predisposto un volume, che potrà essere uno strumento importante di consultazione per tutti coloro che siano interessati ai contenuti di questa indagine conoscitiva.
Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FULVIO FOLLEGOT. Oggi non si è parlato di quale tipo di legge si voglia predisporre, se una legge quadro o una legge delega. Non ci sono state proposte in merito. La Commissione dovrà individuare quale tipo di strumento normativo utilizzare.
È ovvio che chi ha parlato affronti soprattutto la riforma delle professioni, sempre con un occhio di riguardo nell'interesse dei cittadini, ma è altrettanto vero che chi poi emana la legge deve avere come finalità esclusiva quest'ultimo e, in conseguenza di esso, anche la riforma delle professioni, trattandosi di due questioni che vanno in parallelo.
L'intervento ha toccato il tema dei praticanti e questo è importante perché, nel passato e, probabilmente, anche nel presente, non sempre chi svolge un tirocinio è stato adeguatamente tutelato, sia sotto il profilo economico, sia sotto quello della formazione. La legge dovrà andare, dunque, anche in questa direzione.
Vorrei porre la seguente domanda: attualmente, è prevista un'assicurazione obbligatoria per geometri o per le categorie di persone di cui si è parlato in quest'audizione?

GIUSEPPE JOGNA, Vicepresidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Se posso rispondere io, la informo che attualmente il sistema assicurativo è obbligatorio solo per le opere pubbliche. Mi sono dimenticato di dirlo - forse se n'era dimenticato anche il presidente - ma colgo l'occasione dell'intervento dell'onorevole Follegot per riferire che noi vogliamo le assicurazioni obbligatorie. Forse stentiamo a farci credere, ma per noi la tutela del cittadino è il punto centrale di tutto.

FULVIO FOLLEGOT. La ringrazio, perché la risposta va nella giusta direzione.

GABRIELE CIMADORO. Dal momento che mi sto occupando da poco tempo di questo provvedimento - sul quale tutti speriamo che si arrivi a una conclusione attesa ormai da trent'anni e che questa sia la legislatura giusta - mi accosto con grande titubanza a questo mondo e comincio ad apprendere solo ora tutte le difficoltà che esistono al suo interno. La vostra esposizione è stata chiarissima.
Vorrei formulare una semplicissima considerazione: in merito al fatto che l'accorpamento - di cui mi pare che il vicepresidente abbia maggiormente chiarito la portata - venga dalla base, credo che ci siano all'interno delle singole professioni interessi tali che si opporranno a tale accorpamento che magari il legislatore deciderà di prevedere. Credo che valga la pena, come suggeriva il vicepresidente, sentire magari il parere delle diverse professioni e arrivare comunque, anche in modo forzato, a un accorpamento che renda più chiara, agile, semplificata la loro situazione.

GIUSEPPE JOGNA, Vicepresidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Esprimerò nuovamente il mio pensiero fra pochi minuti, perché parlerò di nuovo per il COGEPAPI, che è l'organismo interessato a questo specifico aspetto.


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SERGIO POLESE, Presidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Vorrei fare semplicemente una precisazione in risposta all'onorevole. Avendo per primo sollevato il problema degli accorpamenti, mi preme sottolineare che non siamo contrari. Al contrario, se vanno nella direzione della semplificazione, della razionalizzazione e anche della chiarezza di alcuni aspetti che, secondo noi, nel nostro Paese non sono assolutamente chiari, vanno bene.
Sostenevo soltanto che auspichiamo che la decisione, pur dovendo venire da chi ha il dovere di prenderla, sia presa dopo aver sentito tutti coloro che sono interessati. Indubbiamente, negli accorpamenti ci sono lati positivi, ma ognuno dei soggetti che dovrebbero essere sentiti al riguardo può dare un contributo costruttivo da offrire per arrivare a un accorpamento positivo e non negativo.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Desidero porre, per quanto riguarda la legge, una domanda secca.
Se ho ben capito - ditemi di sì o di no - siete d'accordo su una legge asciutta e snella nei limiti del possibile, che stabilisca princìpi fondanti e fondamentali che regolino le professioni intellettuali regolamentate, quelle che, come ha spiegato il Presidente Polese, hanno il sapere certificato in tutto il loro percorso - vogliamo certificare anche la formazione obbligatoria futura, dalla scuola alla pensione, per intenderci - e siete d'accordo che, eventualmente, possa essere data una delega vincolata e limitata al Governo per la realizzazione di alcuni punti, che si individueranno, sui quali vi è un accordo. È questa la legge a cui fate riferimento?

GIUSEPPE JOGNA, Vicepresidente dell'Associazione Professioni area tecnica. Siamo perfettamente d'accordo. Se, da necessità, voi ritenete che si debba agire in un altro modo, per noi il problema fondamentale è arrivare, entro questa legislatura, all'approvazione della riforma nel suo complesso. Diversamente, se la legge-quadro intendesse demandare ad altre leggi l'attuazione degli ordinamenti delle singole professioni probabilmente mancherebbe il tempo e non si riuscirebbe ad andare in fondo.
Chiediamo che, entro la legislatura, che ci auguriamo duri fino alla fine, ci sia da parte vostra un impegno solenne ad arrivare alla conclusione del percorso riformatore. Per il resto, la scelta dello strumento legislativo più appropriato è nelle vostre mani.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Grazie.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentati del Coordinamento geometri, periti agrari e periti industriali (COGEPAPI).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3 Iniziativa popolare, C. 503 Siliquini, C. 1553 Vietti C. 1590 Vitali, C. 1934 Froner, C. 2077 Formisano e C. 2239 Mantini, in materia di riforma delle professioni, l'audizione di rappresentanti del Coordinamento geometri, periti agrari e periti industriali (COGEPAPI).
Sono presenti il presidente Andrea Bottaro, il presidente Giuseppe Jogna e il presidente Fausto Savoldi.
La ristrettezza dei tempi di cui disponiamo mi induce a chiedervi di essere estremamente concisi, anche perché sono sicuro che avete già predisposto o presenterete in seguito agli uffici delle Commissioni, un documento.
Do la parola agli auditi.

GIUSEPPE JOGNA, Presidente del Consiglio nazionale periti industriali e periti industriali laureati. Vi ringrazio ancora, anche perché siete disposti ad ascoltarmi per la seconda volta.
Il COGEPAPI è un organismo istituzionale, composto dai Consigli nazionali dei geometri, dei periti industriali e dei periti agrari, che complessivamente, allo stato


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attuale, conta quasi 200 mila iscritti. Esso è nato per determinate ragioni e circostanze, che adesso molto velocemente cerco di spiegare.
Innanzitutto, parte effettivamente, come iniziativa, dalle professioni. Nessuno impone, dunque, alcunché dall'alto, sono le professioni ad aver deciso di ragionare in termini unitari. Il problema nasce dal fatto che quanto accaduto negli ultimi vent'anni ci ha portato a ragionare con una certa preoccupazione, che rapidamente cercherò di illustrarvi.
Nel 1989, vent'anni fa, la Comunità europea ha emesso la prima direttiva generale sulle professioni, e, proprio in quella circostanza, ha deliberato un principio che non è mai venuto meno, ossia che si può esercitare una determinata professione intellettuale - l'Europa si riferiva al livello di mobilità, ovviamente, ma sappiamo che ricadute ciò abbia sui Paesi membri - solo se si ha una formazione universitaria, o di tipo equivalente, di almeno tre anni dopo il livello secondario.
Nessuno si è preoccupato, in quella sede, di verificare le caratteristiche di tale livello in Europa. In Italia abbiamo il più lungo in assoluto, almeno di un anno sopra la media comunitaria, e forse l'unico paese in Europa che prevedeva tale tipo di formazione specialistica.
Noi siamo tre professioni regolamentate dalla legge nel 1929. Abbiamo recentemente celebrato gli ottant'anni, ci siamo mossi nel tempo, siamo cresciuti e crediamo effettivamente di esercitare un'attività di interesse collettivo importante sul territorio. Siamo presenti anche in tutte le zone disagiate del Paese, dunque dappertutto. Questo ci ha fatto pensare, nel tempo, visto che la scuola almeno quella che conoscevamo, cioè l'istruzione tecnica superiore, che formava e specializzava, stava sempre più declassandosi ed è andata perdendo i suoi connotati. Ci siamo preoccupati, perché - come ho affermato prima per conto del PAT - per noi la formazione è l'elemento fondamentale. Se non siamo preparati, se non siamo bravi, non dobbiamo esercitare né questo né un altro mestiere.
In questa logica, ci siamo attivati, chiedendo un segmento aggiuntivo della formazione, tant'è vero che tutte e tre le professioni hanno previsto un tirocinio, uno stage, che varia da due a cinque anni; per quanto riguarda noi, abbiamo attivato addirittura un percorso di formazione presso la scuola diretta a fini speciali universitari prima dell'esame di Stato. Fino a qui tutto è andato bene e pensavamo di esserci avvicinati ai parametri comunitari.
Sennonché, la riforma dell'università, con l'introduzione delle cosiddette lauree brevi, triennali, sostanzialmente non ha fatto altro che inventare una nuova professione. Solo per quanto riguarda noi, ossia l'area tecnica, essa non ha trovato una sua collocazione personale, come l'avevano trovata i ragionieri nella parte economica o i consulenti del lavoro, che tuttora hanno iscritti con una formazione addirittura neanche secondaria insieme alla laurea magistrale. Pensavamo, visto che le attività sono identiche, che fosse logico che tutto venisse accorpato in una professione ingegneristica di primo livello analoga a quella che esiste in tutta Europa.
È questo che ci spinge, in questo momento. Consideriamo il decreto del Presidente della Repubblica n. 328 assolutamente nefasto. Il professor Sabino Cassese, che ci ha tenuto una lectio magistralis, ha affermato che da una formazione si può accedere a una sola professione e non, come succede adesso, anche a sei professioni diverse, assumendo sei titoli e sei competenze professionali distinte, un'assoluta assurdità. Lo stesso Cassese sostiene che stiamo andando proprio verso un collasso delle professioni, un indistinto e incomprensibile coacervo di professioni.
A quanto pare, la riforma della scuola secondaria superiore, che pure ci interessa molto, decollerà col prossimo anno; tutti ne conosciamo i contenuti. Tale scuola è di passaggio e costituisce comunque per noi un passo per compiere un ulteriore segmento


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di preparazione necessario ad arrivare ad esercitare la nostra professione. Ebbene, anche tale scuola, di fatto, al momento e a quel livello secondario, ci chiude i battenti.
Riteniamo che la collettività abbia bisogno di una professione ingegneristica di primo livello e reputiamo in modo categorico che tale interesse sia ampio e collettivo. Chiediamo, dunque, l'istituzione di un ordine professionale nuovo, che raggruppi tutti i laureati triennali dell'area tecnica, e sottolineo tutti a divenire, non quelli che sono già collocati nelle Sezioni B degli altri albi, perché questa è la loro professione del futuro.
In questa logica, abbiamo sottoscritto un documento unitario da parte di tre presidenti nazionali e tre di casse di riferimento. Siamo disposti ad accettare una reale unificazione che comprenda tutti e ad andare nella direzione della semplificazione per dare vita a tale nuovo albo. Vi chiediamo, nella legge-quadro o qualsivoglia legge diversa venga predisposta dal Parlamento, che si trovi il modo di prevedere tale meccanismo in maniera inequivocabile. Questa è la nostra richiesta.
In più, voglio aggiungere un'ulteriore considerazione riguardo ai componenti del CUP3 di cui è prevista l'audizione sempre nella giornata di oggi. Voglio precisare che, a mio giudizio, non è un CUP, ma un'aggregazione di soli laureati triennali iscritti nelle Sezioni B dell'ordine degli ingegneri. È come se noi, invece di chiamarci periti, ci chiamassimo CUP2 o CUP8. CUP vuol dire accorpamento di tante professioni. Nel CUP3 c'è l'accorpamento di una sola professione. Dunque, c'è un interesse legittimo da parte di una Commissione.
Presidente, la ringrazio per avermi sentito a lungo ancora una volta.

FAUSTO SAVOLDI, Presidente del Consiglio nazionale geometri. Devo aggiungere due dati a conferma di quanto riferito dal presidente Jogna.
Le statistiche, che noi abbiamo verificato, sostengono che gli iscritti alle sezioni B per ingegneri e architetti, nel 95 per cento al sud e nell'88 per cento al nord, proseguono il loro percorso accedendo ad una laurea magistrale. Ciò vuol dire che si tratta di un contenitore di transito, il che è un assurdo. Si tratta di persone che non hanno un lavoro e vi sono semplicemente parcheggiate.
Noi insistiamo - pare che su questo abbiamo trovato un accordo con le categorie dei laureati - che i livelli dei tecnici siano soltanto due: i laureati magistrali e quelli triennali. Questo è il nostro obiettivo. Abbiamo accompagnato la nostra proposta con misure di sostegno e già il 10 per cento degli iscritti geometri si è laureato, mentre un altro 20 per cento ha iniziato il percorso di formazione universitaria. La trasformazione è, quindi, in atto.
I geometri laureati che detengono tale titolo professionale sono già molti di più nei nostri albi rispetto a quelli che sono nelle sezioni B. Questa è la conferma che la nostra proposta non è solo un'idea che ci unisce, ma è anche recepita dal mercato dei professionisti.

ANDREA BOTTARO, Presidente del Collegio nazionale periti agrari. C'è poco da aggiungere, però vorrei puntualizzare alcune questioni.
A proposito dei CUP3 di cui parlava il presidente Jogna, vorrei informare le commissioni che ne stanno nascendo altri a livello locale, proprio per sostenere idee forse più vicine a noi che a loro. Ci permetteremo in seguito di farvi avere la documentazione relativa.
Desidero aggiungere che questo nostro progetto comporterebbe una riduzione del numero delle cariche amministrative, un obiettivo molto importante, perché si avrebbe la riduzione a un terzo e quindi una semplificazione anche di natura economica, recuperando risorse che potrebbero essere spese in altra maniera. Ci siamo anche confrontati sul fatto di come, in una competizione democratica - io rappresento proprio la categoria numericamente meno avvantaggiata da ciò - non abbiamo tuttavia preoccupazioni, perché riteniamo che tale operazione porti soprattutto


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alla realizzazione di due livelli professionali.
Oggi ne sono nati tre, mentre prima del decreto del Presidente della Repubblica n. 328 ce n'erano due: i laureati magistrali e i diplomati. Con il decreto n. 428 è nato direttamente un terzo livello che, a parità di attività e competenze professionali, è assolutamente ingiustificato.
Vorrei aggiungere un'ultima considerazione, per rendere chiara l'idea che noi siamo orgogliosi di essere periti agrari, geometri e periti industriali e che non perderemo mai, non vogliamo perderlo, il nostro nome, nato, come ricordava il presidente, ottant'anni fa. Una delle critiche che ci muovono è che vogliamo diventare ingegneri: assolutamente no, vogliamo rimanere quello che siamo, perché siamo orgogliosi di aver dato alla nazione il nostro contributo, con i nostri tre titoli, in tre settori che a volte si intersecano ma sono diversi tra di loro.
Da ultimo vorrei fare una precisazione riguardo alle competenze. Non vogliamo assolutamente modificare le nostre e ritengo che questo punto sia da chiarire. La disinformazione fa molto danno, a volte, quasi come la cattiva informazione. Le due si sono sommate e qualcuno va affermando che noi vogliamo acquisire nuove competenze. Non è assolutamente così: se dovessimo aggiornare le nostre competenze, lo faremmo per altri motivi e non certo per questo genere di unione - non fusione - che andiamo proclamando.
Infine, un'ulteriore questione che riteniamo possa essere importante. Ci siamo accorti di come le attuali classi delle materie tecniche delle lauree triennali abbiano attribuzioni professionali a volte inferiori alle nostre. È un po' strano, ma, di fatto, alcuni laureati «L» hanno attribuzioni e competenze professionali diverse e inferiori alle nostre. Questo crea un assurdo: se c'è un titolo accademico, dovrebbe essere perlomeno uguale se non superiore. Quando ragioneremo sulle competenze, cercheremo di restituire un peso specifico diverso a questi professionisti, che riteniamo siano vittime di una certa confusione, perché sono inseriti in un contesto piuttosto nebuloso.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Se ho capito bene - in caso contrario, potete tranquillamente intervenire - quello che chiedete come COGEPAPI, organo nato per la fusione di questi ordini e di queste categorie professionali, è una razionalizzazione, quindi una riduzione, dai diversi a un unicum, con riduzione di presidenze, spese, cariche e via elencando, anche economicamente rilevante, perché lo ritenete necessario alla luce di un intervento legislativo piuttosto tragico come il decreto del Presidente della Repubblica n. 328, che ha dato vita a livelli diversi, a confusioni, a pasticci, tant'è che, come riferiva il presidente che ha parlato per ultimo, che ci sono competenze dei diplomati superiori a quelle dei laureati, il che la dice lunga.
Volete quindi una razionalizzazione che porti all'individuazione di uno «zoccolo duro», di un unico ordine, a un unico livello triennale, senza travasi di competenze da un ordine all'altro. Il sospetto che alcuni avanzano è che qualcuno fa il «furbetto» perché vuole assumersi le competenze degli ingegneri. Se ho capito bene, voi lo ribadite: non volete una legge per travasare o modificare competenze, ma per razionare l'esistente, togliendo i pasticci e le confusioni derivanti dal decreto n. 328 e dando vita, come in tutta Europa, a un ordine di triennali tecnici - per ora chiamiamoli così, vedremo poi il titolo; questo è, ovviamente, provvisorio - e di professioni tecniche triennali.
La seconda e ultima domanda riguarda il numero degli iscritti al PAT. Non riguarda il COGEPAPI, ma visto che il Presidente Jogna fa parte anche del PAT, le chiedo di conoscere il numero globale.

GIUSEPPE JOGNA, Presidente del Consiglio nazionale periti industriali e periti industriali laureati. Il numero degli iscritti al PAT dovrebbe aggirarsi intorno a 500 mila.


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MARIA GRAZIA SILIQUINI. Solo per avere un'idea.

GIUSEPPE JOGNA, Presidente del Consiglio nazionale periti industriali e periti industriali laureati. Aggiungo alcune ulteriori considerazioni e lascio poi una replica al collega Savoldi.
Siamo scarsamente credibili, onorevole relatore, perché penso che non esista in Italia gente pazza come noi: siamo tre presidenti nazionali, siamo amici, ma sappiamo che ne resterà uno solo, ci sono trecento presidenti di ordini periferici e ne resteranno cento. Questa dovrebbe essere una novità importante, ma proprio per questo non siamo credibili: qualcuno crede che ci sia qualcosa sotto, perché ritiene che sia impossibile che siamo noi stessi a proporre tale riduzione.
Noi abbiamo una visione diversa della situazione. Per alcuni aspetti siamo anni luce più avanti degli altri. La professione tecnica, ottanta anni fa, aveva il tornio a pedali: non so se ce ne rendiamo conto.
Questa è la motivazione per cui vogliamo raggiungere questo obiettivo. La nostra unificazione, naturalmente, ha poco senso se non vi accedono le nuove formazioni, che sostituiranno le vecchie.

FAUSTO SAVOLDI, Presidente del Consiglio nazionale geometri. Il nostro progetto riguarda un'unica grande professione, nata per i laureati che operano nel settore dell'ingegneria. I nostri iscritti diplomati o si trasformano in laureati, come già avviene, o gradatamente spariranno nel tempo. Questo vuol dire che in prospettiva ci saranno duecento presidenti in Italia in meno e 1.500 consiglieri di collegio che continueranno a svolgere il loro lavoro professionale. Si verificherà, quindi, una razionalizzazione straordinaria.
Guardando le norme che state discutendo, credo che questa sia la vera grande novità che proponiamo alla Nazione, come avviene in Germania e in Francia: una categoria composta da specialisti di settore altamente specializzati nei diversi settori.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Coordinamento universitari e professionisti triennali (CUP3).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3 Iniziativa popolare, C. 503 Siliquini, C. 1553 Vietti C. 1590 Vitali, C. 1934 Froner, C. 2077 Formisano e C. 2239 Mantini, in materia di riforma delle professioni, l'audizione di rappresentanti del Coordinamento universitari e professionisti triennali (CUP3).
Nel darvi la parola, ci dispiace di dovervi comunicare che, per concomitanti impegni, possiamo dedicare a questa audizione soltanto pochi minuti. Potrete comunque lasciare agli atti della Commissione la documentazione che avete predisposto.

VINCENZO BOCCASSINI, Presidente del Coordinamento universitari e professionisti triennali. Cercheremo di sintetizzare al massimo le nostre posizioni.
Siamo dell'associazione dei laureati triennali, CUP3, e sappiamo che in questa sede si sta discutendo, in questo periodo, di progetti che interessano anche noi. Abbiamo, quindi, pensato bene di predisporre un documento da lasciare agli atti.
Noi siamo laureati triennali in ingegneria, inseriti nelle sezioni B degli albi, e contiamo attualmente circa 6 mila iscritti in tutta Italia. In modo residuale, ci sono circa trecento iscritti anche presso i collegi dei diplomati. A questi si abbinano anche altre categorie, di architetti, che contano un altro migliaio di iscritti, agronomi e altre poche categorie appartenenti alle sezioni B.
Se avete la bontà di ascoltarci ancora per qualche minuto, vorremmo illustrare sinteticamente un documento che compie un'analisi, partendo dal processo di Bologna del 1999, che ha previsto i percorsi in serie, il cosiddetto «tre più due», il quale è stato frutto di una concertazione europea. Attualmente, tale sistema è stato recepito da quarantasei Stati europei.


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Questa ricerca è stata condotta dal Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri; sono tutti dati che abbiamo recuperato da ricerche e da studi svolti sia dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sia dal citato Centro studi.
Partendo da un'analisi del contesto europeo, ricordo che l'accordo del processo di Bologna è stato recepito con la direttiva n. 36 del 2005 e, in Italia, con il decreto n. 206 del 2007, in cui sono stati previsti tre livelli professionali: il livello C per i diplomati, il livello D per i laureati triennali, ossia noi, e il livello E per i laureati magistrali quinquennali.
Noi non abbiamo fatto altro che fotografare il sistema europeo attuale. Si sta andando - sono dati ormai consolidati - verso l'impianto in serie, nonostante alcune modifiche: in Spagna, per esempio. È stata modificata la durata, in termini di anni, dei corsi di laurea.
Abbiamo anche analizzato quale sia l'ordinamento professionale europeo. In Europa c'è un modello anglosassone fondato all'interno della stessa categoria. Attraverso le institution, ci sono tre «sezioni»: quella dei laureati quinquennali, i charter engineer, gli incorporated engineer, e via elencando. Questo è lo scenario. Ovviamente, per arrivare a una proposta bisogna effettuare un'analisi del contesto degli altri paesi.
La nostra proposta è di chiedere l'istituzione di un albo specifico per i laureati triennali, innanzitutto perché riteniamo di essere i più titolati a chiedere un'istituzione di questo tipo, a differenza di altre categorie, che non sono composte da laureati, e anche per via della situazione di difficoltà che stiamo vivendo oggettivamente all'interno dei Consigli nazionali. Alcuni pareri, che essi stanno emanando, sostengono, di fatto, che le nostre competenze si riducono sempre di più.
Abbiamo difficoltà oggettive a livello professionale e ci sono tensioni sociali che si stanno acuendo. Dal 2001 stiamo operando con le competenze previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 2001. Ovviamente, abbiamo una situazione di conflitto, all'interno delle categorie, con i laureati quinquennali, per questioni di interesse. Attualmente, abbiamo un solo rappresentante all'interno dei Consigli provinciali e nazionali e, quindi, di fatto, siamo uno su quindici. Capite bene che non abbiamo nessun modo di incidere e che tutti i pareri e tutto quanto passa per i Consigli prende la strada che fa più comodo agli iscritti alla sezione A.
Noi faremo in modo che nessuna riforma venga attuata sulla nostra testa senza poter esprimere la nostra opinione in merito. Stiamo per avviare un referendum tra tutti gli attuali iscritti alle sezioni B degli albi per dimostrare che l'ipotesi di annessione - perché per noi si tratta di questo - verso categorie che non hanno come titolo di accesso la laurea non è condivisibile né condivisa da alcun iscritto alla sezione B.
Vi chiediamo di prestare attenzione ad attuare riforme senza coinvolgere i diretti interessati, ossia noi. Credo che sia percorribile - poi ovviamente giudicherete voi - l'ipotesi di istituire questa nuova categoria. Si tratta di calare nella realtà italiana il modello spagnolo, che prevede ingegneri tecnici e quinquennali.

PRESIDENTE. Come vede, vi abbiamo sentito e abbiamo voluto acquisire anche la vostra posizione.

VINCENZO BOCCASSINI, Presidente del Coordinamento universitari e professionisti triennali. Di questo vi ringraziamo.

PRESIDENTE. Valuteremo con estrema attenzione la vostra documentazione.
Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,15.

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