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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
3.
Martedì 29 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione del Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE, Maria Grazia Giammarinaro:

Colombo Furio, Presidente ... 3 8 9 12 14 15
Corsini Paolo (PD) ... 9
D'Amico Claudio (LNP) ... 10
Giammarinaro Maria Grazia, Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE ... 3 12
Mecacci Matteo (PD) ... 8
Narducci Franco (PD) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 29 marzo 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 14,10.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE, Maria Grazia Giammarinaro.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su diritti umani e democrazia, l'audizione del Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE, la dottoressa Maria Grazia Giammarinaro.
La dottoressa Giammarinaro è accompagnata dalla dottoressa Liliana Sorrentino e dalla dottoressa Libera Picchianti, cui do il benvenuto e che ringrazio per la partecipazione.
Sono certo che l'autorevole contributo della dottoressa Giammarinaro potrà essere di notevole utilità per conoscere le più recenti linee di sviluppo del fenomeno e per avere indicazioni sia del suo punto di vista, sia delle strade che si stanno prospettando per porre rimedio ai problemi di cui parleremo.
Do la parola alla dottoressa Giammarinaro per lo svolgimento della sua relazione.

MARIA GRAZIA GIAMMARINARO. Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE. Grazie, signor presidente. Vorrei prima di tutto ringraziare lei e l'intero Comitato per questo invito, che mi dà l'opportunità di esporre le linee direttrici del lavoro del mio ufficio.
Prima di entrare nel merito, vorrei spendere alcune parole sull'OSCE, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, un'organizzazione che ha sede a Vienna e che comprende 56 Stati, dal Canada agli Stati Uniti, fino alle repubbliche dell'Asia centrale.
Il lavoro dell'OSCE si basa sul concetto di sicurezza cooperativa e punta alla risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la cooperazione. Fin dal suo atto fondativo, l'Atto di Helsinki del 1975, l'OSCE ha stabilito una stretta connessione tra sicurezza, sviluppo democratico e rispetto dei diritti umani.
Si deve certamente a questa impostazione fortemente ancorata alla cultura dei diritti il fatto che l'OSCE sia stata attiva fin dal 2003, stabilendo non soltanto un piano d'azione contro il traffico di esseri umani, ma anche l'Ufficio del rappresentante speciale contro la tratta, che è a tutt'oggi un meccanismo unico. Esso è dotato del potere di rappresentare i 56 Stati, ha alle sue dipendenze un ufficio di dieci persone di elevata qualificazione ed è posto al più alto livello della gerarchia del Segretariato dell'OSCE, il che testimonia dell'importanza che l'organizzazione


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ha attribuito fin dal 2003 alla lotta alla tratta.
Svolgo una piccola annotazione lessicale: io preferisco il termine «traffico» di esseri umani a quello di «tratta», perché l'apparato concettuale attorno al termine «tratta» è quello che si rifà alla tratta delle bianche e che fu costruito attorno a un'idea di una tratta ai fini di sfruttamento sessuale. Tale idea non rispecchia più la realtà attuale del fenomeno e questo è il primo punto di merito che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.
Sin da quando io ho assunto il mio incarico, un anno fa, ho cercato di porre l'attenzione sul fatto che sempre di più il traffico di esseri umani è un traffico a fini di sfruttamento lavorativo. Questo aspetto del traffico di esseri umani è in costante aumento, come segnalato dall'Europol, dall'Interpol e da tutte le agenzie di intelligence.
Che cosa è oggi il traffico di esseri umani? Dal punto di vista dell'OSCE esso rappresenta una gravissima violazione dei diritti umani delle persone coinvolte, che vengono sottoposte a forme di sfruttamento paraschiavistico, nel campo dello sfruttamento sia sessuale, sia lavorativo, nonché in altri campi. Per esempio, i minori vengono trafficati anche per fini di accattonaggio, di criminalità forzata. Vengono obbligati a commettere furti, ma anche reati più gravi, come la coltivazione e il traffico di stupefacenti.
Il traffico a fini di sfruttamento è cresciuto in tutte le congiunture economiche e questa è una questione sulla quale dobbiamo interrogarci. Esso riguarda soprattutto settori ad alta intensità lavorativa, in cui la domanda di manodopera a buon mercato è endemica e in cui l'outsourcing è raramente possibile. Si tratta di tre elementi che accomunano i settori più interessati dal fenomeno del traffico di esseri umani, ossia l'agricoltura, l'edilizia, l'industria turistico-alberghiera, in alcune aree l'industria tessile, la ristorazione e il lavoro domestico.
Che cosa caratterizza la condizione di lavoro che noi chiamiamo paraschiavistica, dal momento che per l'OSCE il traffico è la moderna schiavitù, un fenomeno contro il quale bisogna lottare con carattere di priorità? Normalmente i lavoratori vengono privati dei documenti, vengono sottoposti a una condizione di isolamento sociale, costretti a lunghissimi orari di lavoro, anche fino a 14-15 ore al giorno - addirittura nel lavoro domestico ancora di più - e privati del salario, totalmente o in larghissima misura.
Ricevono un salario appena sufficiente alla mera sopravvivenza e, dunque, non solo assai meno di quanto avrebbero diritto sulla base di un contratto regolare e del salario minimo del luogo nel quale si trovano, ovvero del Paese di destinazione, ma addirittura molto di meno di ciò che era stato promesso al momento della partenza. Spesso sono sottoposti a debt bondage, ossia hanno un debito insormontabile da saldare, e la loro prestazione lavorativa è richiesta come corrispettivo di tale debito, che, peraltro, è spesso assolutamente arbitrario e non riesce mai a essere ripagato.
Per portare semplicemente un esempio tratto dalla cronaca italiana, dopo i fatti di Rosarno i nove lavoratori che hanno ricevuto un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, per i quali è stato riconosciuto che erano soggetti a violenza e a grave sfruttamento, secondo l'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione, lavoravano dalle 10 alle 14 ore al giorno sotto il controllo di intermediari facenti parte di organizzazioni criminali, guadagnavano 22 euro al giorno, di cui 13 erano trattenuti dagli intermediari, e vivevano in condizioni di assoluto degrado, senza acqua né elettricità. Questo può essere considerato un esempio di lavoro paraschiavistico.
Noi abbiamo condotto recentemente uno studio sulla servitù domestica, una delle forme peggiori e più invisibili di sfruttamento lavorativo. Naturalmente voglio essere chiara su un punto: la stragrande maggioranza delle lavoratrici - per la maggioranza sono donne - e dei lavoratori domestici trova condizioni di lavoro accettabili e riesce a realizzare il proprio progetto migratorio e a sostenere la propria


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famiglia, ma alcuni, i meno fortunati, cadono preda di datori di lavoro senza scrupoli, che li assoggettano e schiavizzano all'interno dell'abitazione, in una situazione di isolamento nella quale queste persone non hanno la possibilità di sfuggire e di chiedere aiuto.
Questo è l'altro aspetto di novità su cui vorrei richiamare la vostra attenzione. Forse dobbiamo abituarci a vedere il traffico come un grande problema sociale, prima ancora che come un grande problema criminale. Dobbiamo probabilmente vederlo come un fenomeno di grave sfruttamento che riguarda il segmento più vulnerabile della popolazione migrante, quello che vive al di fuori della protezione del principio di legalità, che non ha alcun tipo di protezione sociale o familiare, cioè che non trova alcuna protezione nell'ambiente circostante, e che diventa facile preda della criminalità organizzata.
Questo è l'altro aspetto cui l'OSCE sta dedicando molta attenzione. Il traffico è sempre di più un fenomeno di criminalità organizzata, però, quando parliamo di criminalità organizzata, non dobbiamo necessariamente avere in mente le forme tradizionali della criminalità organizzata, ossia le organizzazioni altamente gerarchiche, molto radicate sul territorio.
Al contrario, i gruppi che gestiscono il traffico sono spesso piccoli gruppi, molto mobili sul territorio, collegati tra loro in maniera funzionale, nel senso che ciascuno prende in carico un pezzo della catena del traffico: uno si occupa di provvedere ai documenti falsi, un altro della logistica e un altro dei trasporti.
Non dobbiamo pensare che per questo motivo tali gruppi siano meno pericolosi delle organizzazioni criminali tradizionali. Sono spesso ferocissimi e disposti a tutto pur di ottenere i guadagni che hanno programmato e sono difficili da smantellare perché, essendo un conglomerato di anelli diversi, quando qualcuno viene colpito dalla repressione, può essere facilmente rimpiazzato. Pur essendo una realtà molto diversa dalla criminalità organizzata tradizionale del territorio italiano, questa criminalità organizzata è particolarmente pericolosa.
Le rotte variano continuamente. È difficile parlare di rotte consolidate. Oggi il traffico non è più, come era negli anni Novanta, prevalentemente un fenomeno proveniente dai Paesi dell'Est, dall'ex Unione Sovietica e dai Balcani, come esito dei problemi sociali ed economici legati al collasso dell'Unione Sovietica e al conflitto nell'ex Jugoslavia, ma è un fenomeno che ormai muove masse di persone dalle aree povere alle aree ricche, anche all'interno della stessa area e addirittura dello stesso Paese. Ci sono imponenti fenomeni di traffico interno in Russia e nel Kazakistan, ovviamente più nei grandi Paesi, ma anche nei piccoli Paesi. Per esempio, è stato documentato in Germania e in Olanda.
All'interno dell'Unione europea si registrano ancora imponenti flussi di traffico che vanno dalla Bulgaria e dalla Romania verso altri Paesi dell'Occidente. Anche da questo punto di vista il traffico si rivela un fenomeno estremamente mobile. Quando si pensa di aver afferrato il bandolo della matassa, il modus operandi è già cambiato.
A proposito del modus operandi è importante osservare che le forme di violenza estrema ancora esistono e che sono state riscontrate anche recentemente, soprattutto nel campo dello sfruttamento sessuale e, in alcuni casi, anche in quello dello sfruttamento lavorativo. Il modus operandi, però, evolve nel senso di forme di coercizione con metodi più sottili, che possono essere la dipendenza psicologica, nel caso della servitù domestica, ma anche alcune forme di negoziazione parziale, in cui alla persona si preferisce lasciare una piccola parte del salario per convincerla che, in definitiva, è meglio rimanere nella condizione di assoggettamento piuttosto che venirne fuori.
Anche da questo punto di vista il lavoro delle forze dell'ordine è particolarmente difficile. Sfortunatamente dobbiamo rilevare che a livello globale i risultati dell'azione repressiva sono modestissimi e assolutamente non comparabili con la dimensione


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stimata del fenomeno, che è a livello globale di 12 milioni di persone sottoposte al lavoro forzato. Chiaramente non tutte sono trafficate, però, se pensiamo che l'area OSCE include molti tra i Paesi più industrializzati e che quindi è un polo di attrazione per il traffico, riteniamo che si tratti di alcuni milioni di persone interessate nell'area OSCE ogni anno.
A fronte di questa realtà il Dipartimento di Stato americano l'anno scorso riportava 5.606 procedimenti penali aperti, una cifra veramente molto modesta.
Che fare in merito? L'OSCE ha sempre adottato una prospettiva di protezione dei diritti umani come asse portante dell'azione antitraffico, che io voglio oggi ribadire. La sicurezza inizia per l'OSCE dalla dignità di ogni singolo essere umano. Durante il vertice di Astana tutti i commitment dell'OSCE, compresi quelli della dimensione umana, con particolare riferimento ai diritti umani, sono stati solennemente riconfermati.
Naturalmente le priorità nella lotta al traffico di esseri umani, come vi ho riferito, sono quelle, da un punto di vista tematico, del traffico per lo sfruttamento lavorativo e del traffico di minori, che pure è in costante aumento.
Da un punto di vista metodologico, invece, la priorità resta l'identificazione dei casi di traffico di esseri umani e la protezione dei diritti delle vittime. Noi abbiamo bisogno di identificare più casi di traffico, più vittime, e di supportarle e assisterle nel loro percorso di reintegrazione e di inclusione sociale. Si tratta di uno dei reati più gravi esistenti sulla scena internazionale, un reato considerato dallo Statuto della Corte penale internazionale un crimine contro l'umanità e, dunque, la protezione dei diritti delle vittime deve prendere il primo posto.
L'Italia offre ai Paesi OSCE quello che può essere considerato un benchmark a livello internazionale. L'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione, che significativamente non è stato mai modificato fin dal 1998, quando fu adottato, e che prevede un permesso di soggiorno e allo stesso tempo un percorso di reintegrazione sociale per le vittime di traffico ha consentito negli anni di raggiungere risultati significativi, forse i migliori che possiamo registrare nell'area OSCE.
Quali sono gli elementi di questo successo? Uno degli elementi è il ruolo attribuito alle associazioni nel riconoscimento dei casi di traffico di esseri umani. Mi è gradito in questa sede dare ampio riconoscimento all'enorme lavoro sociale svolto in Italia dalle associazioni cattoliche, laiche e femministe che hanno lavorato tutte insieme per un'assistenza di alta qualità alle vittime del traffico di esseri umani.
Il secondo elemento è che, come ho anticipato, l'articolo 18 dà la possibilità di un percorso di inclusione sociale, in quanto dà la possibilità di una conversione del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale in un permesso di lavoro, offrendo la possibilità alla persona che ha subìto una condizione di assoggettamento disumana di intravedere un'altra alternativa di vita alla fine di un percorso difficilissimo, che l'espone spesso a gravissimi rischi.
Senza tale prospettiva, ossia senza la possibilità di intravedere una risoluzione positiva alla sua vita, la possibilità di ritraffico è altissima. Uno studio recentissimo dell'OIM, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, ha stimato che in alcuni casi addirittura tra il 45 e il 55 per cento delle vittime identificate è stato soggetto a una nuova fase di traffico, perché evidentemente, senza un supporto sociale e senza la possibilità di trovare un altro lavoro, una vittima ritrova nel Paese di origine tutte le condizioni di povertà estrema e di isolamento, talvolta anche di grave stigmatizzazione, specialmente nel traffico a fini di sfruttamento sessuale, che possono indurla a tale eventualità.
Passo all'ultimo punto su cui vorrei attirare la vostra attenzione. Al di là delle politiche specifiche, che sono pure importantissime e che vanno applicate correttamente, raccomando che l'articolo 18 venga applicato correttamente in tutti i suoi aspetti, anche in quelli difficili. Il percorso


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sociale è un aspetto difficile della legge e richiede di costruire un percorso di fiducia insieme, forze di polizia, procure e associazioni. Ciò sta avvenendo grazie anche a protocolli di intesa che stanno funzionando molto bene in alcune aree del Paese, tra direzioni distrettuali antimafia, forze di polizia e associazioni che prestano i servizi alle vittime.
Al di là di questo tema, io credo che sia particolare compito dei Parlamenti quello di valutare se aree di politiche collegate e interrelate con l'azione antitraffico siano congruenti con l'obiettivo dichiarato di fare del traffico di esseri umani una priorità.
Mi riferisco alle politiche del lavoro e alle politiche di protezione dei minori, per esempio. Dobbiamo essere consapevoli che, se vogliamo veramente affrontare il fenomeno del traffico di minori, non possiamo solamente pensare di occuparci dei minori già identificati come trafficati, perché sono un'infima minoranza. Dobbiamo agire, invece, in termini preventivi nei confronti di tutti i minori a rischio, che sono i minori non accompagnati, i minori separati dalle famiglie, i richiedenti asilo, i rifugiati, i figli di genitori migranti, e mettere in atto sistemi realmente protettivi, che lo siano nella pratica e non soltanto in teoria.
Per esempio, le procedure di determinazione del migliore interesse del minore nel caso di una decisione di rimpatrio come sono portate avanti, in maniera veramente individualizzata o come una sorta di standard procedure in cui c'è la presunzione che rintracciare la famiglia basti per realizzare l'interesse del minore, senza andare a vedere se la famiglia per caso non sia collusa nel processo che ha portato il minore a essere trafficato?
L'altro esempio - capisco che sto toccando un tema difficile e sensibile - che voglio portare è quello della criminalizzazione dell'immigrazione irregolare. Spesso le vittime del traffico sono addirittura minacciate dai trafficanti di denuncia alle autorità. Il fatto che poi questa profezia si realizzi e che la persona trafficata possa essere addirittura perseguita e messa in prigione per il fatto di essersi ribellata ai trafficanti, per avere cercato di venire fuori dal circuito dello sfruttamento, è certamente un ostacolo. Non voglio entrare nel merito degli approcci generali alle politiche migratorie, ma almeno questo deve essere sottolineato come un aspetto quanto meno problematico.
Un altro aspetto, per esempio, è dato da alcune legislazioni che obbligano il lavoratore a rimanere alle dipendenze di un dato datore di lavoro, perché a ciò è condizionato il suo permesso di soggiorno. Dobbiamo sapere che questo fatto ne aumenta la vulnerabilità rispetto a datori di lavoro senza scrupoli.
Intendo far capire che dobbiamo occuparci delle politiche antitraffico non solo come di politiche specifiche. Esse non possono avere successo, se sono isolate da tutte le altre politiche correlate. Dobbiamo pensare all'azione antitraffico come a una vera priorità e valutare se tutte le aree connesse siano coerenti nel perseguire l'obiettivo di superare e abolire questa moderna forma di schiavitù.
Dobbiamo lavorare per la prevenzione, il che significa dare migliore protezione ai minori a rischio di traffico, creare migliori occasioni di lavoro nei Paesi di origine, stabilire percorsi garantiti, e sensibili al genere, di politiche legali e sicure di immigrazione regolare, ridurre drasticamente la domanda che alimenta il traffico di persone, con riferimento sia alla domanda di servizi sessuali a pagamento, sia alla domanda di lavoro a buon mercato, in particolare in alcuni settori dell'agricoltura e dell'edilizia.
L'Unione europea sta svolgendo il suo compito. È stata adottata pochi giorni fa una nuova direttiva sul traffico di esseri umani che, in maniera vincolante, darà la possibilità ai 27 Stati membri di essere più efficaci nella loro iniziativa.
Voglio anche sottolineare che, al di là delle misure specifiche, se vediamo queste forme di lavoro paraschiavistico come forme di grave ingiustizia sociale, dobbiamo


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pensare di lavorare per promuovere condizioni di lavoro giuste e dignitose per tutte e per tutti.

PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Giammarinaro non soltanto perché in un periodo di tempo relativamente breve ha svolto tante considerazioni e ne ha indicate molte altre, come se avesse indicato un albero con una quantità di rami che poi bisognerebbe avere il tempo di esplorare e identificare, come a noi compete, ma anche per avere indicato alcuni aspetti che toccano la vita politica contemporanea proprio mentre la stiamo vivendo e che ci stanno dando una lettura di alcuni aspetti che potrebbero sfuggire alla pura e semplice visione automatica dei fenomeni come azione e contrapposizione. La politica è fatta di contrapposizioni, ora ci vengono indicati, invece, alcuni punti che dovrebbero restare al di fuori di queste contrapposizioni e rifarsi direttamente alla natura del problema.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Ringrazio la dottoressa Giammarinaro, che conosciamo bene in quanto membri della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE. Abbiamo avuto modo di discutere anche in quella sede diverse volte, sia a Vienna, sia in altre occasioni, recentemente anche a Palermo, quando abbiamo organizzato l'assemblea annuale, di un tema che evidentemente ha grande valenza politica per il Parlamento italiano.
In merito vorrei chiedere l'opinione della dottoressa Giammarinaro in particolare sulla mobilità e su come tale fenomeno sia molto cangiante nelle sue dimensioni spazio-temporali.
Noi assistiamo a una situazione attuale in cui, rispetto a una tradizionale attività di traffico di esseri umani, che lei ha descritto con riferimento ai Paesi centroasiatici, dell'Est europeo e dei Balcani verso Paesi più industrializzati, ci troviamo in queste ore e in questi giorni di fronte a una pressione che arriva dall'Africa e che immagino coinvolga anche aspetti relativi al traffico di esseri umani.
Esiste un dibattito in queste settimane nel nostro Parlamento sulla capacità o incapacità delle istituzioni europee in generale di affrontare il fenomeno. Mi chiedo se proprio dal punto di vista istituzionale dell'OSCE, che ha il compito di occuparsi della tratta di esseri umani all'interno dell'area dell'OSCE, ma tenendo conto del fatto che queste persone possono arrivare anche non dall'area OSCE, se non sia necessaria anche un'iniziativa a livello istituzionale e governativo da parte dell'OSCE per avviare una collaborazione con tutti i Paesi dell'area del Nord Africa, che in questa situazione sono nell'incapacità - credo che sia piuttosto evidente il caso della Tunisia - di far fronte a questa pressione migratoria.
Credo che questo tema dovrebbe rientrare veramente in una delle priorità politiche da parte di questa organizzazione, che, come lei ricordava, ha saputo sviluppare anche una politica molto solida, che tiene conto sia del lato della repressione del fenomeno criminale, quindi del traffico e dei trafficanti di esseri umani, sia della necessità di garantire protezione individuale e non solo collettiva alle persone vittime di tale traffico.
Penso che non solo perché siamo di fronte a questa situazione nel nostro Paese, ma proprio dal punto di vista istituzionale, il suo ruolo e il suo ufficio potrebbero dare forse una mano anche a livello governativo in sede OSCE per affrontare la questione in termini un po' più espliciti.
Si tratta di una notazione al di fuori di ogni polemica, perché, quando abbiamo avuto recentemente a Vienna la presenza del Ministro degli affari esteri lituano, che è il presidente in esercizio dell'OSCE, parlando della situazione dell'Egitto e della Tunisia e della collaborazione dell'OSCE con lo sviluppo democratico di questi Paesi, la sua risposta è stata un po' burocratica. Ci è stato risposto che, se l'Egitto e la Tunisia chiederanno collaborazione,


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sarà loro fornita e che si potrebbe fornire loro una consulenza sul sistema elettorale.
Credo che da un'organizzazione che raccoglie 56 Stati, e questo tipo di Stati, ci si possa aspettare di più anche nell'ambito della lotta al traffico di esseri umani.

PAOLO CORSINI. Innanzitutto ringrazio la dottoressa Giammarinaro perché ho trovato particolarmente stimolante e interessante la sua esposizione, sia sotto il profilo della rappresentazione dei fenomeni con la loro articolazione e complessità, sia sotto il profilo dei suggerimenti e delle indicazioni per quanto attiene l'ammodernamento della produzione legislativa a fini di contrasto.
Prendo spunto da esperienze che ho maturato nel corso della mia vicenda amministrativa. Per esempio, il traffico di minori a fini di sfruttamento lavorativo caratterizza in modo impressionante la vita urbana. Mi è capitato, nel tentativo di contrastare lo sfruttamento di minori, di rinvenire con le polizie municipali situazioni nelle quali...

PRESIDENTE. Sta alludendo alla sua esperienza di sindaco?

PAOLO CORSINI. Sì. Minori che provenivano da città limitrofe venivano forzatamente trasferiti nella mia città e impegnati ad accattonare ai semafori. È un fenomeno estremamente diffuso, accompagnato, peraltro, da vessazioni fisiche talora persino impressionanti. Abbiamo trovato bambini con il corpo ustionato da mozziconi di sigaretta a fini di costrizione all'accattonaggio ai semafori. Questo è un tema sul quale bisogna essere molto solleciti e particolarmente attenti.
L'altro aspetto del fenomeno che è particolarmente diffuso nelle città italiane è il traffico di donne schiavizzate provenienti da Paesi tanto dell'Est quanto dell'Africa del Nord e subsahariana, costrette a subire anche particolari riti che hanno una valenza ricattatoria in ragione di dati di subcultura o di mancanza di istruzione.
Rilevo tutto ciò semplicemente per sottolineare come anche in sede amministrativa locale il fenomeno sia particolarmente riscontrabile. Esso porta alla luce sia migrazioni continentali, sia trasferimenti all'intero della stessa regione, il che fa pensare che alle spalle ci siano organizzazioni criminali e strutture gerarchizzate e centralizzate, ma diffuse ampiamente sul territorio, con una capacità di enorme presa.
Infine, svolgo un'ultima osservazione. Ho trovato particolarmente interessante l'impostazione metodologica che lei ha voluto assegnare alla sua esposizione, cioè il fatto che non bastano iniziative che investono la dimensione comunitaria europea o dell'OSCE, ma che è necessario, soprattutto per quanto attiene all'aspetto più macroscopico del fenomeno, un adeguamento delle legislazioni nazionali.
Penso soprattutto al problema dell'emersione del lavoro nero in relazione al processo immigratorio. Credo che il cuore del problema sia sostanzialmente in quell'ambito. È un fenomeno che non investe soltanto il profondo Sud dell'Italia. Recentemente un giornalista di Repubblica che si chiama Paolo Berizzi ha pubblicato un reportage sugli incidenti nel mondo del lavoro, che quasi sempre, soprattutto nel campo dell'edilizia, sono legati al traffico di soggetti che vengono coattivamente indotti in situazioni a gravissimo rischio e pericolo.
Questa è la conclusione che voglio trarre e credo che lei possa condividerla, perché mi pare che tutta la sua riflessione tendesse sostanzialmente a questa sottolineatura. Per quanto attiene soprattutto al fenomeno immigratorio, se vogliamo passare da una contrapposizione di natura puramente ideologica e talvolta valoriale a una tecnica di produzione legislativa adeguata e mirata in grado di correlare lo strumento al fine, è evidente che soprattutto la lotta contro il lavoro nero e il lavoro sommerso rappresenta il punto centrale della battaglia che va condotta, perlomeno alla luce della mia esperienza.


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CLAUDIO D'AMICO. Saluto la dottoressa Giammarinaro, che peraltro ho già visto pochi minuti fa nella riunione della delegazione OSCE. In quanto componente della delegazione ho già avuto modo in altre occasioni di incontrarla.
Era giusto che intervenisse anche qui in Commissione affari esteri e devo riconoscere che, come il presidente ha già osservato, sono stati affrontati tanti rami dell'albero dell'immigrazione e di tutto ciò che c'è dietro. In questo momento così drammatico per via di ciò che sta avvenendo l'incontro di oggi è molto interessante e opportuno.
Lei ha un mandato relativo alla tratta degli esseri umani, che però in questo momento deve essere visto anche in un ambito molto più ampio, anche perché negli ultimi 25 anni i soggetti che trasportano in modo irregolare le persone sono state quelli che hanno fatto sì che si verificasse tutta questa immigrazione in Europa.
Bisogna essere coerenti: negli ultimi 20-25 anni il 90 per cento almeno degli immigrati che sono arrivati in Europa è arrivato in modo illegale. L'immigrazione regolare con un visto di ingresso è stata una piccola parte di tutto quella che ora ci troviamo. Col passare del tempo alcuni sono stati regolarizzati, alcuni hanno trovato il modo di sanare la loro posizione, ma la massa dell'immigrazione è stata dovuta a passaggi irregolari, nella maggior parte dei casi dietro il pagamento di un compenso, come sta avvenendo adesso nel traffico dalla Tunisia all'Italia.
Queste persone pagano come un biglietto. C'è un'organizzazione criminale di cui non riesco a capire la natura e mi piacerebbe sapere da lei su questi temi dove si sta arrivando nelle indagini e nelle inchieste: si tratta di singoli proprietari di pescherecci che si fanno dare 1.500 euro a testa e che portano 100 persone oppure c'è dietro una grossa organizzazione che ha capito che, se è vero, come ci è stato riferito, che ci sono almeno 300.000 persone pronte a partire, ha calcolato che 1.500 per 300.000 diventano 450 milioni? Di fronte a masse di denaro tanto grosse io penso che ci siano organizzazioni che gestiscono questi traffici.
Questo fenomeno avviene da 25 anni e la questione sconcertante è che l'OSCE, che deve trattare la sicurezza dell'Europa e dei Paesi che ne fanno parte, non sia intervenuta in modo pesante per cercare di capire chi organizza e gestisce questi traffici. È da quel punto, secondo me, che l'approccio deve partire, non dal risultato.
Il punto che io non condivido della sua esposizione è che lei l'ha incentrata soprattutto sul problema di chi ha utilizzato questo mezzo, di chi è sfruttato. Partendo dalla fine arrivare alla testa è una strada un po' lunga.
Il mio approccio è diverso: bisogna partire dal cervello e da chi organizza queste attività. Se noi tagliassimo completamente le organizzazioni che fanno partire le persone in modo irregolare, non ci sarebbe lo sfruttamento successivo, perché queste persone non verrebbero qui e non sarebbero sfruttate. Gli uomini che sfruttano questa possibilità di portare persone per fini economici sono quelli che causano poi il susseguirsi di tutte le altre questioni, che poi si legano. Le organizzazioni criminali funzionano in questo modo: iniziano a guadagnare sul trasporto, poi cercano di sfruttare quelle persone perché sono sbandate e non hanno nulla e, quindi, vanno avanti con un altro metodo di arricchimento illegale. Dovremmo sostenere l'OSCE anche in azioni forti nei confronti dei tanti Stati che la compongono per l'individuazione di chi gestisce le organizzazioni che trattano i traffici di persone.
Fatto ciò, quindi andando a contrastare con tutti i mezzi chi organizza i viaggi, dobbiamo distinguere tra chi è vittima e chi è correo o comunque d'accordo. Se io vado da una persona che ha rubato una macchina, so che quella macchina è stata rubata e la compro, sono colpevole anch'io. È un reato diverso dal furto, però sono colpevole a mia volta.
In questo caso, quando io, non spinto da nessuno, voglio cercare fortuna in Europa, vado da un proprietario di un barcone


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e pago 1.500 euro per un passaggio illegale, sapendo che di là la legge non mi permette di entrare regolarmente, so che sto commettendo una violazione, che può essere anche penale, a seconda del Paese in cui arrivo, e quindi sono compiacente e sto commettendo un reato insieme allo scafista che mi permette di salire sulla sua barca.
Dobbiamo dividere tra chi è correo del reato e chi è veramente sfruttato, preso con l'inganno e con la forza, come alcune donne che vengono portate dalla Nigeria. L'abbiamo letto in tanti e l'onorevole Corsini parlava prima di donne che vengono soggiogate. Questi sono casi di sfruttamento anche contro la volontà del soggetto.
La maggior parte dei casi, invece, è diversa e, quindi, distinguiamo le due situazioni e le loro caratteristiche. Chi arriva volontariamente nel nostro Paese, sapendo di pagare per fare un'azione illegale, arriva irregolare e poi viene trovato a lavorare in modo magari anche sfruttato, è normale che arrivi a quel punto, perché è partito già in modo sbagliato. Non si può considerare una vittima perché sta lavorando sfruttato da qualcun altro e, quindi, chiedere la protezione e la regolarizzazione per questo motivo. Non è una vittima, ma una persona cosciente che ha commesso un reato. Penso che sia corretto mantenere il reato di immigrazione clandestina.
Per toccare anche altri aspetti, il tema del lavoro che lei ha toccato è da sottolineare, non lo nego. Ho colto anche sue parole che condivido pienamente. Come ci sono aspetti che magari io vedo in modo diverso, ce ne sono altri che condivido pienamente, per esempio quello di creare lavoro nei Paesi di origine. Non possiamo pensare di portare 2 miliardi di poveri in Europa, perché l'Europa scoppia e, quindi, dovremmo riuscire - in questo ambito dovrebbe esserci l'impegno dei Paesi OSCE - ad aiutare a sviluppare, non sfruttare, i Paesi di provenienza degli immigrati.
Troppo spesso si sono sfruttati quei Paesi e troppo spesso si è stati troppo indulgenti con i Governi di Paesi, soprattutto del Nord Africa, ma anche del Centro Africa, come la Nigeria, ricchi di materie prime, che, invece di ridistribuire le proprie ricchezze ai propri cittadini, le rubano e lasciano la cittadinanza a vivere nella miseria. Da ciò nasce poi la speranza di trovare di meglio in un altro Paese.
I temi sono grossi e importanti. Io ritengo che l'OSCE ne abbia già parlato. Ci sono risoluzioni che abbiamo presentato nell'assemblea a Vilnius e a Oslo. Sono stati approvati sul tema più in generale anche dei rifugiati concetti importanti, che è giusto ribadire anche in questa sede.
Un concetto che io ritengo fondamentale è quello che noi, nell'ottica della vittima, quando parliamo di vittime, dobbiamo considerare che possono esserci vittime che non sono quelle venute da fuori, ma quelle che risiedono nel Paese di arrivo.
Una questione importante che è stata sancita ad Oslo nell'ultima riunione dell'Assemblea parlamentare in una delle risoluzioni approvate, che sono linee guida per l'OSCE, è quella di considerare nella divisione dei rifugiati l'opportunità di applicare il burden sharing. Mi sembra che l'OSCE sia un po' carente nel seguire questa direttiva, che però è una risoluzione dell'Assemblea parlamentare che dovrebbe essere portata avanti da tutti gli Stati.
Bisognerebbe dividersi gli eventuali rifugiati, soprattutto tenendo conto - è un concetto importante - dei problemi delle popolazioni locali, perché ci sono zone molto abitate che non possono ricevere nuovi arrivi, mentre ce ne sono altre, all'interno dei Paesi OSCE, che potrebbero riceverli.
Bisogna tener conto dei diritti e dei problemi delle persone residenti. Troppo spesso si parla della vittima, dell'immigrato che viene portato e sfruttato, ma rimango veramente colpito, invece, di fronte allo stupro di una donna - a Milano ce ne sono stati tanti, e non solo lì, da parte di clandestini - che è una


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vittima di quei trafficanti, i quali hanno fatto sì che quel clandestino sia arrivato nel nostro territorio irregolarmente.
Se quel clandestino non fosse stato a Milano irregolare in quel momento, non avrebbe stuprato quella donna, lei non avrebbe subìto ciò che ha subìto e non avrebbe avuto la vita rovinata. Il colpevole primario non è neanche chi ha commesso il fatto, ma il trafficante di esseri umani che ha permesso che questa persona arrivasse e poi commettesse un reato. Se quella persona non fosse stata qui, non avrebbe commesso un reato e si sarebbe salvata l'esistenza di una giovane donna.
Ci sono tanti casi. Non possiamo dimenticarci di questa parte del mondo e pensare solo a un'altra. Dobbiamo essere coscienti che i problemi di sicurezza, e l'OSCE si deve occupare di sicurezza, esistono per i nostri cittadini, quindi per i residenti dei Paesi OSCE, non solo per problemi derivanti dalle guerre. La sicurezza deve essere vista in senso molto più ampio, anche in relazione ai problemi che derivano dall'ingresso, permesso da trafficanti di persone, di personaggi incontrollati, dei quali non conosciamo l'identità, che possono essere terroristi, stupratori, o anche persone bravissime. Le persone bravissime, però, dovrebbero essere fatte entrare con un visto, con un permesso di lavoro in modo corretto e regolare, facendo in modo che non creino un problema sociale.
Parlo anch'io da sindaco di un paese che ha come primo problema quello della criminalità, un paese in cui i cittadini devono vivere chiusi in gabbia come se fossero loro i delinquenti in galera, perché si vive con le sbarre alle finestre, con allarmi e chiusi a chiave. Non si riesce più a vivere in un modo normale, che sarebbe quello di una vita serena, potendo aprire una finestra e respirare l'aria tranquillamente senza vedersi davanti le sbarre.
Addirittura dopo 17 effrazioni nelle scuole comunali mi propongono di mettere le sbarre a tutte le finestre. Da sindaco non voglio far vivere e crescere i ragazzi dentro una gabbia. Dobbiamo fare qualcosa. Dobbiamo fermare i delinquenti che arrivano. Ce ne sono anche di italiani, certo, ma ce ne sono tanti che arrivano con i trafficanti di esseri umani, che sono colpevoli dell'aumento della criminalità esistente.
Non dobbiamo fare di tutta l'erba un fascio, ma dobbiamo considerare anche i diritti dei cittadini delle nostre città. Penso che un approccio debba tener conto anche di questi temi e partire con misure forti nei confronti degli Stati inadempienti nel contrasto ai trafficanti di persone.
Sono sconcertato nel vedere che la Francia, tanto forte a bombardare un Paese straniero, non so neanche se all'interno dei paletti della risoluzione ONU, è tanto debole a creare barriere e a fermare i delinquenti e le organizzazioni criminali che organizzano e sfruttano le persone che vengono portate.
Forse tutti i Governi in ambito OSCE dovrebbero svolgere un esame di coscienza per prendere misure più drastiche contro chi cerca di lucrare, portando persone e, quindi, trafficando esseri umani. Che siano coscienti o no, sfruttati o no, è un passaggio successivo.

PRESIDENTE. Per fortuna la dottoressa Giammarinaro mi sembra perfettamente in grado, sia per il suo passato di magistrato, sia per il modo in cui svolge la sua attività attuale, di rispondere al complesso intervento, che ha praticamente ripreso l'intera ideologia del partito della Lega Nord e che ci è servito come un Bignami di una delle posizioni politiche italiane.
Do la parola alla dottoressa Giammarinaro per la replica.

MARIA GRAZIA GIAMMARINARO. Rappresentante speciale e coordinatore per la lotta alla tratta degli esseri umani dell'OSCE. In risposta alla prima domanda posta dall'onorevole Mecacci, parlando di rotte, esistono flussi di traffico che provengono da Paesi anche molto lontani, non solo esterni all'area OSCE. Stiamo parlando del Sud-est asiatico, della Thailandia,


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del Vietnam e, per quanto riguarda l'Africa, della Nigeria.
Qual è la situazione oggi in relazione alla situazione nordafricana? In verità non lo sappiamo. Al momento sembra di dover fronteggiare una crisi umanitaria che probabilmente non presenta risvolti significativi di traffico di esseri umani. Si tratta di persone che cercano di sfuggire a una situazione di grandissima difficoltà. Purtroppo dobbiamo affermare che, nonostante il grandissimo impegno dei volontari, non si riesce in queste ore a dare un'assistenza adeguata. Tra la popolazione migrante presente a Lampedusa ci sono anche molti minori e, quindi, questa dovrebbe essere sicuramente la priorità.
Per quanto riguarda il traffico di esseri umani possiamo pensare che nel tempo queste situazioni di destabilizzazione possano anche alimentare fenomeni di traffico e, quindi, dobbiamo essere preparati.
Sicuramente la dimensione della sicurezza dei Paesi OSCE è collegata con l'area del Mediterraneo e con alcune particolari aree, come l'Afghanistan, ed è questa la ragione per la quale l'OSCE in questo momento sta rafforzando i rapporti con i partner di cooperazione, in particolare con i Paesi nordafricani, Algeria, Tunisia, Marocco ed Egitto.
Il presidente in esercizio ha anche recentemente, nel corso dell'incontro con il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon, reiterato la disponibilità dell'OSCE a lavorare per coordinare l'assistenza e a mettere a disposizione la grande esperienza che l'OSCE ha effettivamente accumulato nel corso degli anni, soprattutto nei Paesi dell'area dell'ex Unione Sovietica, nell'aiuto alla transizione democratica e nel lavoro di institution building, di costruzione di istituzioni democratiche, con riferimento ovviamente alle elezioni, ma non solo. Questa disponibilità esiste ed è stata manifestata anche in queste ore.
Per quanto riguarda il problema posto dall'onorevole Corsini, la risposta è assolutamente affermativa: l'emersione del lavoro nero è una delle componenti di quell'azione politica ad ampio spettro volta ad affrontare tutti i problemi connessi con la lotta al traffico di esseri umani.
Noi dobbiamo pensare che lo sfruttamento dei lavoratori migranti è una sorta di continuum. Si va da forme più blande e anche ampiamente tollerate, purtroppo, a forme, invece, più severe e più gravi. Io sono un giudice di professione e chiaramente osservo la necessità, arrivati a un dato punto, di identificare una soglia oltre la quale siamo in presenza di un grave reato penale, un reato contro la persona che consiste nel suo assoggettamento, quindi nella perdita della sua libertà di autodeterminarsi e di avere anche il minimo di possibilità di negoziazione rispetto alle condizioni di lavoro, per esempio.
Ciò caratterizza praticamente tutte le forme di traffico e ancora di più il traffico di minori, in cui per definizione la persona viene assoggettata proprio per il fatto di essere particolarmente dipendente dalla persona adulta rispetto a qualsiasi scelta di vita, ma anche perché, come ricordava l'onorevole Corsini, il traffico di minori presenta spesso forme particolarmente violente, fondate su una ferocia impressionante, che si manifesta anche in molti casi di sfruttamento sessuale e in alcuni casi di sfruttamento lavorativo.
Nella pubblicazione sulla servitù domestica noi diamo informazione di casi nei quali la violenza viene esercitata nei confronti della lavoratrice domestica spesso per anni e anni, perché, quando iniziano questi fenomeni di sfruttamento, si tratta di bambine che vengono talvolta mandate in altri Paesi o presso parenti più ricchi per avere la possibilità di un'educazione. In questi casi alcune pratiche tradizionali vengono distorte e vi si inseriscono fatti di gravissimo abuso e violenza.
Perfino in casi di sfruttamento lavorativo di lavoratori adulti abbiamo verificato situazioni in cui i lavoratori, soprattutto ma non solo lavoratrici donne soggette a condizioni di sfruttamento e a situazioni di isolamento (tipicamente in agricoltura il tasso di stupri è elevatissimo), ma anche lavoratori maschi adulti sono stati sotto


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posti a maltrattamenti talmente gravi da mostrare gli stessi segni di trauma che presentano le vittime di sfruttamento sessuale o addirittura di tortura.
Per esempio, pensiamo a lavoratori che sono stati picchiati e che poi non hanno avuto la possibilità di curare le loro ferite gravissime, tanto che la gamba è andata in cancrena. Stiamo parlando di fatti di questa gravità.
Se, come ricordavo, esiste la necessità di identificare la soglia oltre la quale siamo di fronte a un reato gravissimo, i diritti umani devono essere presi sul serio. Se i diritti umani della vittima di un gravissimo reato sono una priorità, si tratta della vittima di un gravissimo reato, anche se è entrata nel Paese illegalmente e magari all'inizio consensualmente. Ci sono molti casi in cui il pagamento del prezzo per la facilitazione dell'immigrazione illegale si trasforma immediatamente in debito. È questo il meccanismo infernale che spesso i trafficanti utilizzano: tu sei in debito con me, non puoi pagare e, quindi, devi lavorare per me o per colui a cui io ti vendo. Questo fatto alimenta chiaramente la catena del traffico fondato sul debt bondage.
Chi sono le organizzazioni criminali? Il problema è esattamente questo. Noi ne sappiamo troppo poco. Come ho ricordato, ci sono 5.600 procedimenti penali per traffico di esseri umani aperti in tutto il mondo. Mi rendo conto che sicuramente i procedimenti di fatto sono anche di più, perché molti magari sono aperti per reati meno gravi. Anche se sono aperti per reati meno gravi, però, le tecniche di indagine non sono quelle sofisticate richieste dai casi di criminalità organizzata e, quindi, poi non si arriva a capo di nulla.
La verità è che noi abbiamo bisogno di un'azione repressiva più efficace anche per conoscere meglio tutto ciò che sta dietro. L'intelligence non ci riferisce tutto, è ampiamente sopravvalutata. Ci danno informazioni i casi investigati, in cui si riscontra l'esistenza di un gruppo di una data nazionalità collegato a un gruppo di un'altra nazionalità che insieme hanno commesso un dato reato. Abbiamo bisogno di accrescere l'efficacia dell'azione penale.
Quando sostengo che bisogna prendere i diritti umani sul serio, mi riferisco anche al fatto che la vittima deve essere considerata un soggetto meritevole di tutela e di protezione. Soprattutto l'esperienza italiana dimostra che una vittima, se adeguatamente assistita e protetta, è poi nella stragrande maggioranza dei casi ben disposta a cooperare con le autorità e a fornire almeno la prima informazione necessaria per iniziare l'indagine. Ci sono alcuni elementi di una condizione di assoggettamento che solo la persona può riferire. Esiste una probabilità che possa mentire, ma d'altra parte i poliziotti, i carabinieri e i magistrati esistono per questo. Siamo anche addestrati a riconoscere quando una persona mente, attraverso la ricerca di riscontri. L'idea che una vittima debba essere assistita e protetta anche per accrescere l'efficacia dell'azione penale è assolutamente comprovata dai fatti.
Concludo e vorrei ringraziare per questa opportunità di dialogo, che sicuramente continuerà, in questa sede particolarmente la delegazione parlamentare OSCE e il suo presidente, l'onorevole Migliori, anche per l'opportunità di uno scambio di idee costante e fecondo che mi ha accompagnato in tutto quest'anno e che spero mi accompagnerà ancora. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Giammarinaro a nome dei colleghi e di questo Comitato.

FRANCO NARDUCCI. Volevo svolgere una piccola osservazione. Quando si parla di emersione del lavoro nero, al centro dell'attenzione c'è sempre il lavoratore, cioè chi presta il lavoro nero, e non chi dà il lavoro, il datore di lavoro. In altre nazioni hanno sanzionato pesantemente i datori


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di lavoro per combattere il lavoro nero. Forse dovremmo ricordarcene anche in Italia.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Narducci. Mi pare che nel primo intervento della dottoressa Giammarinaro fosse incluso questo anche aspetto, che è comunque importantissimo.
Ringrazio la nostra ospite particolarmente perché il suo contributo è prezioso e perché apre un percorso che forse le chiederemo di continuare con noi in altre occasioni.

La seduta termina alle 15,15.

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