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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
7.
Martedì 28 giugno 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione di Shukri Said, attivista per i diritti umani in Somalia:

Colombo Furio, Presidente ... 3 8 9 10
Calò Maurizio, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione ... 8
Farina Renato (PdL) ... 9
Said Shukri, Attivista per i diritti umani in Somalia ... 3 8 9 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile Nuovo Polo (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IRNP; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 28 giugno 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 13.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso
(Così rimane stabilito).

Audizione di Shukri Said, Attivista per i diritti umani in Somalia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di Shukri Said, attivista per i diritti umani in Somalia.
Ricordo che Shukri Said è stata audita lo scorso 25 gennaio da questo Comitato nella sua qualità di rappresentante dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione, unitamente all'avvocato Maurizio Calò, presidente della stessa associazione.
Gli sviluppi della crisi in Somalia sono divenuti di particolare attualità anche alla luce della recente investitura da parte del Presidente del Governo transitorio somalo, Sheikh Sharif Ahmed, del ministro uscente della pianificazione e della cooperazione internazionale Abdel Wali Mohamed Ali come nuovo Primo ministro.
Lo scorso 22 giugno la Commissione difesa del Senato ha approvato all'unanimità una risoluzione sul fenomeno della pirateria che impegna il Governo italiano a proseguire e a rafforzare la propria azione al fianco dei partner internazionali a sostegno della pacificazione e della stabilizzazione economico-sociale e politica della Somalia quale condizione determinante per sradicare e debellare il fenomeno della pirateria anche tramite una specifica attivazione in sede ONU, NATO e Unione europea.
Domani la Commissione affari esteri e comunitari della Camera esaminerà un atto di sindacato ispettivo presentato dal collega onorevole Tempestini sulla situazione in Somalia e su quali urgenti misure intenda assumere l'Italia in considerazione dei legami storici con la Somalia per favorire il processo di stabilizzazione e riconciliazione nazionale.
Rivolgo, quindi, il nostro benvenuto ai nostri ospiti e invito Shukri Said a prendere la parola.

SHUKRI SAID, Attivista per i diritti umani in Somalia. Grazie a tutti i membri del Comitato, al Presidente Colombo, a questo organo istituzionale, alla sua sensibilità e all'attenzione che presta a problematiche globali come la Somalia, che sembra un Paese molto lontano, ma è in realtà vicino a noi per una lunga tradizione culturale e storica che lega tanti italo-somali, di cui faccio parte anche io, che vivono in Italia e possono fare da sponda tra la Somalia e l'Italia.
Il problema della Somalia forse non è molto conosciuto, perché la stampa non ne parla molto. Le comunicazioni negli ultimi venti anni si sono quasi interrotte e, quindi, vale la pensa di svolgere una considerazione. Prima di tutto ricordiamo


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che cos'è la Somalia, senza rischiare di tenere una lezione di geografia.
La Somalia è un territorio tre volte più grande dell'Italia, con una bandiera blu e una stella a cinque punte. Essa significa che la Somalia è composta da Gibuti, che era francese, dal Somaliland, che era inglese, dalla Somalia ex italiana, con capitale Mogadiscio, dall'Ogaden, regione che gli inglesi cedettero, dividendola, agli etiopi e dalla Somalia meridionale al confine con il Kenya, che è nelle mani dell'amministrazione keniota.
Questo quadro vale a dare un minimo di focalizzazione sull'interesse geopolitico esistente intorno a quest'area. Ci sono rivalità da sempre, con la competizione per l'area del Corno d'Africa un po' allargata all'Africa orientale. Questa è la situazione della Somalia.
Dobbiamo parlare ora dei soggetti politici in campo, di cui alcuni sono stati citati prima. Come sapete, esiste un'istituzione di transizione voluta dalla comunità internazionale, basata su una sorta di Costituzione sulla base di un accordo firmato a Gibuti.
Il Presidente del Governo transitorio somalo e il Parlamento federale di transizione sono parte di un esecutivo interamente nominato dalla comunità internazionale. Non danno conto al popolo somalo, bensì alla comunità internazionale stessa.
Il Presidente è un uomo giovane che ha una formazione islamica e che, prima di diventare leader dell'Unione delle corti islamiche, era un insegnante di scuola primaria. Non intendo ridurre la sua dimensione umana, ma è un curricolo che va ricordato.
Dell'Unione delle corti islamiche di allora, come ricorderete, faceva parte anche Al-Shabaab, che ora è nel braccio armato di Al Qaeda.
Devo ringraziare il presidente di aver citato la mia attività per i diritti umani, che mi dà la possibilità di ricordare che anche le regole di Al-Shabaab prevedevano la Sharia. È inutile che io vi spieghi che cosa sia la Sharia. Ne siamo tutti consapevoli.
Il Presidente ha fatto carriera politica attraverso una polveriera di 22 anni di assenza di qualunque regola e del rispetto dei princìpi minimi ed elementari dei diritti umani e civili. Grazie alla comunità internazionale è arrivato al suo attuale incarico in Somalia. Si porta dietro, però, il suo background culturale. Dall'altra parte ci sono i soggetti più aggressivi e oltranzisti, che fanno capo ad Al-Shabaab.
Comunque sulle Corti islamiche devo spendere una parola positiva, perché hanno cacciato via i signori della guerra che la comunità internazionale teneva sul posto e che nessuno aveva mai smosso. Almeno hanno questo merito.
Io e Maurizio Calò abbiamo scritto anche articoli, che si possono trovare sul web, su questa questione. All'epoca eravamo a favore delle Corti islamiche più moderate che non applicavano la Sharia e la legge del taglione, perché avevano reso un servizio eliminando i signori della guerra che avevano seviziato e abusato per più di quindici anni il Paese. Meritavano, quindi, un dialogo.
Dopodiché, le Corti hanno preso il potere e spicca adesso un altro personaggio, il Presidente - lo Speaker - del Parlamento, assai più ambiguo, per essere generosi. Non mi limito alla descrizione che ne dà il New York Times: un analfabeta commerciante di bestiame. Io che sono somala, essendo il commercio di bestiame la prima attività della nazione, non posso pensare che non sia un fatto vero, visto che stamattina ho sentito dalla sua stessa voce che affermava di aver frequentato la scuola primaria e che era un commerciante. Non so che cosa commerciasse, però il bestiame non si può escludere, se siamo in Somalia.
Tutto ciò che riferiremo ci aiuta a individuare i soggetti che stanno al potere e che cosa possono offrire alla comunità somala e al dramma di tale comunità.
I due presidenti sono questi. Ogni sei mesi assumevano un Primo ministro e dopo sei mesi lo cacciavano via. Per cinque anni è accaduto questo, senza che le istituzioni assolvessero alla loro funzione: avrebbero dovuto promulgare la legge elettorale,


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la Costituzione, liberare da Al-Shabaab e dalla violenza il Paese e indire le elezioni a suffragio universale.
Questo era il programma per cinque anni, ma non è stato fatto nulla. Avevano il 20 per cento di Mogadiscio, ma il resto del Paese era in mano ad Al-Shabaab, che addirittura tuttora riscuote le tasse aeroportuali e le destina ad Al-Shabaab.
Questi Primi ministri venivano scelti ogni anno. I presidenti andavano a fare casting in una comunità all'estero somala e vi sceglievano un Primo ministro. L'ultimo è stato il professor Mohammed Abdullahi Mohamed, detto Formaggio, che insegna all'università di Buffalo.
Sono andati in America e il Presidente somalo Sharif ha fatto i suoi provini, ha visto miriadi di persone e questo giovane uomo, docente universitario di formazione americana e liberale, gli sembrava adatto. Non l'ha scelto perché fosse liberale, ma perché era un soggetto simpatico, delicato e, quindi, gli è sembrato un soggetto che poteva gestire.
Mohammed ha assunto la carica cinque mesi fa e da allora sono cambiate tante situazioni in un Paese così difficile e distrutto. Si è cominciato a pagare gli insegnanti, a pagare gli stipendi alle Forze dell'ordine, a lottare contro la criminalità, abbattendo i capi criminali internazionali.
C'era una taglia sul capo di coloro che aveva distrutto le ambasciate americane di Kenya e Tanzania e per altri meno noti, ma non meno importanti somali. Il capo dei servizi segreti era un somalo ed è stato ucciso.
Mohammed ha cominciato a liberare Mogadiscio quasi al 90 per cento, la Borsa di Mogadiscio era nelle mani di Al-Shabaab e l'ha liberata, ha aperto scuole, ha coinvolto nel dialogo la società civile, i soggetti che nessuno consultava, le donne, gli studenti, le minoranze etniche. Ha creato un dialogo con la popolazione e ha avviato un lavoro che avrebbe consentito di arrivare ai traguardi da raggiungere con la transizione. Tale transizione dura da un quarto di secolo, non possiamo farla durare un secolo intero.
Tuttavia, sembrava che questo signore corresse troppo alle persone che non aveva alcun interesse nel completare questa transizione, persone che non sono amate della popolazione, che non le vuole e le accusa di abusi e di corruzione. Ciononostante, la comunità internazionale li ha imposti.
Tali persone non potevano entrare a Mogadiscio dopo che l'accordo è stato stipulato, ma cinque anni fa sono entrati con truppe etiopi, perché potevano entrare solo con truppe straniere, altrimenti la gente non li avrebbe fatti entrare. Esse non hanno chiaramente alcun interesse nell'evoluzione del Paese, perché, se la Somalia diventa una nazione credibile, la loro carriera si conclude. Non hanno alcuna intenzione di arrivare a ciò e non hanno avviato, dunque, in cinque anni alcuna transizione, se non in questi cinque mesi.
Il Primo ministro e il suo Consiglio dei ministri ragionevolmente hanno chiesto un anno di tempo, rispetto ai 22 precedenti, per emanare la legge elettorale, la Costituzione e permettere alla gente di votare. L'ha chiesto il Governo e il Presidente prima era d'accordo. Il Primo ministro si è recato all'ONU, è andato in Kenya dove c'è un gruppo di contatto, è venuto in Italia e ha incontrato il Presidente Berlusconi e il Ministro Frattini, i quali hanno affermato che avrebbero sostenuto ogni iniziativa, e ha chiesto la fine della corruzione e degli sperperi del denaro che la comunità internazionale versa per la Somalia e che non arriva, ossia misure di trasparenza.
Il Primo ministro ha chiesto di far confluire tutti i fondi che vengono donati alla Somalia attraverso un trust fund, una Commissione mista tra l'Italia e altri Paesi donatori e Paese ricevente, per controllare come vengono spesi gli aiuti. Essi devono arrivare nelle mani del Governo in modo tale che si possano svolgere i servizi necessari per i cittadini e gestire le regole del gioco. A noi è sembrata un'iniziativa seria e onesta che meritava la nostra collaborazione e la nostra attenzione e l'abbiamo accettata.


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Il Primo ministro ha chiesto un inviato speciale dell'Unione europea per la Somalia, ha affermato che si doveva smettere di dare ai burocrati che stanno a Nairobi e alle giunte militari africane questo denaro che usano in modo strumentale, dividendo i somali anziché unirli, e non facendo arrivare i soldi dove sono stati destinati.
Tale affermazione per loro è stata una bestemmia. Hanno pensato che un soggetto appena arrivato stesse dando loro ordini e hanno fatto la guerra, nel senso figurato del termine, una guerra diplomatica, sfidandolo sulla durata.
Un'altra situazione incredibile accaduta in Somalia è il famigerato accordo di Kampala. Il mandato del Primo ministro avrebbe dovuto scadere il 20 agosto, ma si è voluto anticipare la scadenza, licenziandolo. A Kampala si sono riuniti Augustine Mahiga, inviato speciale di Ban Ki-Moon, tutto il gruppo di contatto composto di occidentali, europei e africani, di cui fa parte anche l'Italia e l'IGAD (Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo), un'istituzione africana che opera adesso in Somalia, capitanata dall'Etiopia, il Paese più forte dell'area.
L'Etiopia, come sapete, occupa una parte della Somalia a seguito della guerra del 1977 con Siad Barre. La storia è molto lunga e il Paese non è ben visto in Somalia. Ha un dittatore, Zenawi, molto aggressivo e repressivo.
Oltre a un'inimicizia storica, c'è anche un altro interesse che l'Etiopia nutre, fra i tanti: non ha uno sbocco marittimo. Non avendo tale sbocco, le giunte militari si mettono in testa di dividere la Somalia ed entrarvi, in modo tale da usufruire dei porti. Come sapete, la Somalia ha una delle coste più lunghe dell'Africa. Vogliono, quindi, utilizzare questo mare, che si può benissimo utilizzare con accordi bilaterali - non ci sono problemi - ma la giunta militare non è di questo avviso.
I somali hanno cacciato gli etiopi, che erano stati mandati dagli americani, però loro insistono e strumentalizzano Museveni, il Presidente ugandese, che è il maggiore azionista del gruppo di AMISOM, militari africani che non sono forze dell'ONU, ma dell'Unione africana, composte da ugandesi e burundesi.
Hanno stipulato, dunque, questo accordo. I due presidenti sono stati invitati per dialogare, perché prima avevano litigato tanto nel corso dell'ultimo anno. Il Presidente del Parlamento è andato a parlare con l'inviato delle Nazioni Unite Mahiga e a ha chiesto del tutto unilateralmente tre anni di proroga per il suo Parlamento, in modo tale che potesse nominare tutte le altre cariche. Mahiga ha consentito per due anni e non tre anni.
Ciò non andava bene, perché l'esecutivo riteneva che bastasse un anno solo. Il Primo ministro ha chiesto, dunque, un anno, e il Presidente Sheikh Ahmed è stato d'accordo, ma alla fine i rapporti con lo Speaker sono stati problematici.
Sono stati chiamati, dunque, dal Presidente ugandese Museveni per parlare in qualità di due litiganti che dovevano mettersi d'accordo, non di due autorevoli rappresentanti del loro popolo che dovevano curare l'interesse del loro Paese. Li hanno fatti sedere, li hanno coinvolti in un gioco di livello più alto del loro, hanno fatto emanare loro una piccola costituzione, Mahiga e Museveni, con Zenawi in videoconferenza, mentre si dialogava e si licenziava il Primo ministro somalo.
Com'è avvenuto il licenziamento? Egli è un docente universitario, una persona civile. Se entra qui da noi adesso un Capo di stato maggiore credo che tutti saremmo rimasti un po' sbigottiti. Gli hanno fatto fare colazione con il Capo di Stato maggiore, che lo ha informato che stavano preparando e discutendo le sue dimissioni. Lui si doveva dimettere, poi doveva andare a parlare con i presidenti e loro gli avrebbero dettato le condizioni.
Il Primo ministro si è recato a questa riunione, gli si è comunicata la notizia e gli è stato presentato un documento da firmare che prevedeva che entro trenta giorni lui si doveva dimettere. La proroga di un anno del Parlamento era accettata, ma lui si doveva dimettere entro trenta giorni.


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La questione scandalosa è che questo accordo prevedeva alcune condizioni inaccettabili fra cui una totale lesione della sovranità somala, sottomettendola assolutamente ai rivali e ai sorveglianti speciali, perché l'attuazione dell'accordo doveva partire da quel giorno e non doveva passare attraverso il Parlamento somalo.
Il Parlamento non poteva intervenire sulla nomina del futuro Primo ministro. Si è fatto diventare il Parlamento come un organo dello stesso livello, senza però capacità di censurare, né di interferire sul lavoro dell'esecutivo.
Sull'esecutivo è stata attuato quello che chiamano power-sharing tra Presidente, Speaker e Primo ministro, che è legato totalmente e non può fare nulla.
Il Presidente ugandese ha nominato un suo ufficio permanente che controlla l'azione del Governo federale di transizione somalo sotto la sua sorveglianza per tramite dell'ex capo dell'AMISOM di Somalia, un militare che è sia il rappresentante sia politico, sia amministrativo. Inoltre, c'è un ufficio in Etiopia che controlla. Sono tutte iniziative in contrasto con la Costituzione somala che adesso vige nel Paese. Esse sottraggono al Parlamento il suo ruolo e mettono la Somalia sotto la tutela dei falchi delle giunte militari.
Ciò rende tutto questo assurdo. Perché l'ONU si sia permessa di agire in questo modo, perché la comunità internazionale si affida a persone poco istruite per la ricostruzione della Somalia, che è tanto complessa e difficile? Quali sono gli interessi che stanno dietro al far fuori un docente universitario, una persona colta, che lavora con l'amministrazione Bloomberg, che ha una fama etica e ha ottenuto a New York l'approvazione di un suo progetto per 41 milioni di dollari per le donne, per le minoranze e per i trasporti?
Si è fatto fuori un personaggio laico, istruito, americano, nato in Somalia, ma andato via dal Paese tempo dopo il liceo per fare spazio a due sceicchi della ex Unione delle corti islamiche? Questo non torna. Nessuno può accettare questa situazione.
Inoltre, al popolo somalo è stata tolta la dignità e la libertà dei suoi cittadini. Questa volta la responsabilità è della comunità internazionale, dell'ONU in primis, perché, quando è stato comunicato l'evento, il popolo somalo è salito sulle barricate, ha fatto dieci giorni di manifestazioni. Il Primo ministro è dovuto entrare in casa delle persone, ha parlato con loro e, anziché incitarle, le ha tranquillizzate. Personalmente mi ha riferito di averlo fatto per tanti motivi, uno dei quali perché Al-Shabaab non se ne approfittasse. In un raduno di tanta gente avrebbero potuto piazzare un kamikaze e uccidere tante persone.
Lui ha voluto fare un passo indietro: o si poneva come un Mussolini, prendeva un megafono e incitava il popolo, versando altro sangue, oppure doveva alzarsi dalla sedia.
Io ho condiviso questa scelta, però la conseguenza è sotto gli occhi di tutti, come anche la responsabilità. Una volta si usavano gli alibi che i somali erano incapaci di aggregarsi, di superare il clan, di avere un leader carismatico. Tutto ciò si è rivelato falso, perché i somali hanno avuto questa occasione e hanno coinvolto una persona della società civile al di fuori dei giochi sporchi.
Ciò è stato riconosciuto dal popolo somalo nella sua interezza. In tutti i website e in tutti i giornali prestigiosi americani europei è stato scritto che il popolo somalo per l'80 per cento si è schierato, sia quello della diaspora, che quello interno, con il Primo ministro che è stato costretto a dimettersi dalla comunità internazionale.
Non è stata ascoltata la gente. Prima di tutto non è mai stata proposta una persona decente, ma sono state imposte sempre persone di levatura modesta e ritenute non in buona fede. Adesso si era trovata una persona degna di coprire questo ruolo, la gente aveva superato il clan. Il problema è che la comunità internazionale ha strumentalizzato la situazione e c'è una prova.
Gli abitanti di Mogadiscio - io sono nata a Mogadiscio, anche se i miei vengono


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da un'altra regione - all'80 per cento sono di un clan che si chiama Hawiye. Un sotto-clan si chiama Abgal.
Il Primo ministro Formaggio viene da un clan che si chiama Darod e da un sotto-clan Marehan, da cui viene la famiglia dell'ex dittatore Siad Barre. Capire i sotto-clan è interessante a livello culturale. Ci sono quattro tribù molto importanti, fra queste Hawiye, Darot ed Isaaq, che sono del Somaliland e quindi adesso partecipano al gioco del potere, ma non direttamente, perché hanno proclamato uno Stato, anche se non è stato riconosciuto.
Poi c'è Rahanwayn, da cui proviene lo Speaker. Infatti, il pluralismo di facciata è rispettato, perché tre cariche sono state suddivise ai tre clan più importanti, fatta eccezione per il Somaliland. Quello che non è stato suddiviso è l'etica e la correttezza delle persone che devono interpretare questo ruolo.
Ci sarebbe molto altro da aggiungere, però il tempo è poco e mi devo fermare.

PRESIDENTE. Do la parola all'avvocato Calò per un'eventuale integrazione.

MAURIZIO CALÒ, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Volevo solo puntualizzare alcuni aspetti già accennati da Shukri Said. Noi ci siamo trovati coinvolti in questa ultima fase della vita della Somalia proprio quando intorno al 20 gennaio il Primo Ministro Mohamed è venuto in visita in Italia. In quell'occasione l'abbiamo conosciuto e lui ha chiesto aiuto a noi, come l'ha chiesto a tutte le altre comunità della diaspora internazionale. Proprio per i discorsi che ha tenuto in quell'occasione a Roma abbiamo deciso di sostenerlo.
Abbiamo, quindi, potuto seguire passo dopo passo, giorno dopo giorno, l'evoluzione di questa sua parabola, che in Patria l'ha portato a riconquistare Mogadiscio con le truppe governative, alle quali ha promesso - promessa che è riuscito a mantenere - il pagamento degli stipendi puntualmente. Le truppe governative assieme a quelle di AMISOM hanno, dunque, potuto sviluppare una battaglia contro Al-Shabaab, liberando gran parte di Mogadiscio.
Allo stesso modo ha potuto pagare regolarmente gli stipendi agli insegnanti, sono stati aperti quattro licei, sono stati riaperti gli ospedali, è stata data attenzione alle minoranze femminili. Nelle manifestazioni che si sono verificate nelle strade di Mogadiscio dopo che si è sparsa la voce dell'accordo di Kampala nel quale il Presidente della Repubblica e lo speaker del Parlamento si accordavano per prorogare le istituzioni, a condizione che il Primo ministro Mohamed si dimettesse, in strada c'erano moltissime donne a sostegno del Primo ministro Mohamed.
Ciò che veramente ci ha lasciati allibiti è stato osservare come l'accordo fra i due presidenti sia stato sostenuto dalla comunità internazionale a scapito di un elemento che aveva dato prova di avviare con onesta e regolarità tutto ciò che la collettività internazionale aveva chiesto alla Somalia, ossia combattere Al-Shabaab e organizzarsi già in una serie di istituzioni necessarie alla pacificazione.
Questo percorso era, dunque, iniziato e non si è capito, o almeno noi non siamo riusciti a capirlo, perché la comunità internazionale non l'abbia assecondato, accettando invece un accordo dei due presidenti per le dimissioni del Primo ministro. Volevo sintetizzare questo punto del discorso che ha svolto Shukri Said.

PRESIDENTE. Mi pare di ricordare, e lo chiedo a Shukri Said, che è previsto un viaggio dell'ex Primo ministro in Italia?

SHUKRI SAID, Attivista per i diritti umani in Somalia. No, il viaggio non è previsto. Il Primo ministro ha chiesto invano di essere ospitato in modo ufficiale. È venuto qui una volta a parlare con il Presidente Berlusconi e con il Ministro Frattini, che l'hanno ricevuto, ma era una visita di lavoro.
Voleva venire perché ci teneva molto proprio per rinsaldare il rapporto che esisteva fra i due Paesi. Questa è una delle


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iniziative che l'Italia ha negato e che noi adesso non sappiamo veramente come giustificare. L'ex Primo ministro adesso è stato invitato a Londra per una grande riunione della comunità somala. Il 1o luglio, giorno dell'indipendenza per i somali, sarà, quindi, a Londra.
Una delle questioni che voglio chiedere al Comitato, come italiana, come somala e come cittadina universale quale mi sento, è di far luce su queste vicende. Sono successi numerosi eventi che non comprendiamo. Non credo che il Governo italiano sia improvvisamente diventato a favore della Sharia o del conservatorismo islamico. Non lo posso credere. Non si può predicare all'aperto che l'Islam conservatore è un pericolo e dietro le quinte abbracciare sceicchi semianalfabeti che fino a ieri applicavano la Sharia e comminavano torture ai loro concittadini.
Questo tema necessita di un approfondimento e con onestà io chiedo al Comitato e al Presidente un aiuto. Se io avessi la possibilità, costituirei una Commissione di inchiesta, perché vengono inviati soldi e fondi italiani che vengono spesi a nome della Somalia senza «cavare un ragno dal buco» e ancora si creano situazioni di pirateria per cui i nostri concittadini nelle navi italiane vengono sequestrati.
Noi abbiamo bisogno di uno Stato forte e onesto che combatta la criminalità e restituisca ai somali il loro Stato e la sicurezza marittima e territoriale. La Somalia non deve diventare un nido di Al-Shabaab e di Al Qaeda, come sta avvenendo. Avallare le tesi dei due presidenti, che hanno dimostrato il loro totale fallimento nei cinque anni concessi, prorogarli e togliere l'unico Governo che stava facendo quanto necessario ci pare inaccettabile.

PRESIDENTE. Io credo che ci possa essere una conclusione di lavoro, che non è una conclusione. Non è nel nostro potere, infatti, trasformare quest'audizione in una Commissione di inchiesta, né è nella struttura parlamentare italiana la possibilità di farlo senza passare attraverso un accertamento della posizione dell'esecutivo su questo tema.
Dobbiamo verificare qual è la posizione del Ministero degli affari esteri e dell'esecutivo italiano in questo momento. Questo Comitato chiederà alla Commissione affari esteri e comunitari di dare mandato al presidente di accertare con il Ministro degli affari esteri qual è la situazione ed eventualmente di audire il ministro stesso su questa questione per vedere qual è il livello di coscienza, di conoscenza e di progettazione del da farsi.

SHUKRI SAID, Attivista per i diritti umani in Somalia. Rispondendo alla sua domanda, personalmente - non è stato lui a chiedermi di parlare - come cittadina impegnata a favore della trasparenza e della giustizia, se lei ha facoltà, possibilità e voglia di farlo, le chiederei di organizzare un'audizione dell'ex Primo ministro, anche per chiarire il ruolo del rappresentante italiano per la Somalia.
Il Primo ministro testualmente ci ha riferito che non era collaborativo, che non rispettava il Paese, che era una persona non desiderata. Per quattro mesi è stata chiesta la sua rimozione, che non è stata attuata, se non dopo che è stato licenziato l'ex Primo ministro somalo. Ma è stato trasferito a Kampala, dove l'interesse della Somalia è comunque concentrato.
Ecco perché sarebbe interessante sentire in proposito l'ex Primo Ministro somalo, la prima idea che mi viene in mente è questa. Se non si fa piena luce questione sulla situazione, noi non salveremo la Somalia e continueremo a ingrassare la criminalità e la pirateria e a sprecare le risorse dei miei concittadini italiani; questo non è accettabile.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RENATO FARINA. Pongo una domanda laterale, ma che mi aiuta a capire di più. Nei mesi scorsi ho potuto incontrare il presidente del Puntland. Vorremmo


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sapere come gioca in questo quadro questo Stato autonomo federato. Che ruolo riveste?

SHUKRI SAID, Attivista per i diritti umani in Somalia. Non è uno Stato, perché nessuno l'ha riconosciuto. È una regione. Alla fine la gente è costretta a organizzarsi da sola, se non esiste un Governo centrale. Il problema della comunità internazionale è che è concentrata a Mogadiscio, che è una polveriera. Sono stati distrutti i diritti civili e distrutta la Somalia stessa.
Io sono del parere che bisogna togliere la capitale da lì. Spostiamola in un'altra città portuale, di cui la Somalia è piena, spostiamola altrove. Ci sono diverse regioni, fra cui il Puntland, che hanno università private e licei. Si sono organizzate, perché la gente non può attendere per vent'anni di sapere che cosa due sceicchi vogliano fare della Somalia. È una posizione legittima, ma non autonoma, perché il Puntland è sotto il Governo federale.

PRESIDENTE. Ringraziamo Shukri Said e Maurizio Calò per i loro interventi. Credo che riesamineremo la questione sulla base più larga della Commissione affari esteri e comunitari per capire qual è l'atteggiamento prevalente in questa Commissione e in che modo coinvolgere l'esecutivo. Certamente il Comitato si farà promotore della possibilità di audire l'ex Primo ministro.
Ringraziandovi ancora per l'aiuto che ci avete dato, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,45.

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