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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
15.
Martedì 3 aprile 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione del presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani, ministro plenipotenziario Diego Brasioli:

Colombo Furio, Presidente ... 3 11 14 18
Barbi Mario (PD) ... 12
Brasioli Diego, Presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani ... 3 15
Craxi Stefania Gabriella Anastasia (Misto) ... 14
Pianetta Enrico (PdL) ... 13
Tempestini Francesco (PD) ... 11
Touadi Jean Leonard (PD) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 3 aprile 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 14,05.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani, ministro plenipotenziario Diego Brasioli.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su diritti umani e democrazia, l'audizione del presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani, ministro plenipotenziario Diego Brasioli.
Ricordo che, nel corso dell'esame istruttorio della relazione sull'attività svolta dal Comitato interministeriale dei diritti dell'uomo nonché sulla tutela dei diritti umani in Italia, anno 2010, che questo Comitato ha avviato nelle sedute del 14 e del 21 febbraio, questa audizione era stata da più parti sollecitata.
In particolare, il relatore sul provvedimento, onorevole Touadi, ha osservato che la relazione presenta numerosi limiti derivanti dall'essere stata presentata da un ministro del precedente Esecutivo, in un contesto politico, oltre che temporale, del tutto diversi dall'attuale.
Riteniamo, quindi, che l'audizione odierna possa rappresentare un utile supplemento informativo sugli eventi più recenti in tema di tutela dei diritti umani e su quelli che saranno gli indirizzi strategici che si intende promuovere nel corso del 2012.
Segnalo, altresì, che si è da poco conclusa la missione della Commissione esteri a Ginevra in occasione della 19a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, alla quale ha preso parte l'onorevole Barbi.
Ricordo, infine, che il nostro Comitato ha già avuto l'occasione di audire nella presente legislatura, per tre volte, il predecessore del ministro Brasioli, Valentino Simonetti, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla violazione dei diritti umani nel mondo.
Do quindi la parola al ministro Brasioli, cui va il nostro benvenuto.

DIEGO BRASIOLI, Presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani. Illustre presidente, gentili onorevoli, è per me un onore e un piacere essere qui oggi per questa che è la mia prima audizione; altre ne erano state programmate l'anno scorso, ma poi per motivi vari, legati soprattutto al calendario parlamentare, erano state rinviate. Sono particolarmente lieto di essere qui per potervi mettere al corrente degli sviluppi più recenti riguardanti l'attività del Comitato interministeriale per i diritti umani.
Vorrei dire brevemente che sono stato chiamato a presiedere il Comitato nel luglio del 2010, succedendo all'ambasciatore Simonetti, quindi è la prima volta che vengo audito presso questa Commissione,


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anche se con molti di voi ho avuto il piacere di lavorare, ad esempio in occasione delle riunioni dell'Osservatorio sui fenomeni di razzismo e xenofobia, coordinato dai vicepresidenti della Camera onorevoli Bindi e Lupi, così come in occasione di alcune visite del Consiglio d'Europa (ricordo in particolare la visita dell'ECRI, European Commission against racism and intolerance) e anche durante gli incontri periodici dell'Osservatorio parlamentare e di governo sui diritti umani che si tengono alternativamente in Parlamento e presso il Ministero degli esteri e che rappresentano per noi un utilissimo scambio di informazioni informali.
La politica dei diritti umani, come ha sottolineato anche il Ministro Terzi di Sant'Agata in svariate occasioni, è un aspetto fondamentale e trasversale dell'azione della politica estera italiana. Io non mi ero mai occupato direttamente di diritti umani in precedenza, però il mio background, in qualche modo, mi aveva portato a occuparmi di queste questioni.
Ricordo quando ero consigliere politico in Libano, nel 1999-2003, allorché con l'ambasciata ci adoperammo per un'azione presso l'opinione pubblica locale contro la pena capitale che portò de facto a una moratoria della pena di morte in Libano.
Più recentemente, quando sono rientrato dall'estero, in qualità di capo dell'ufficio G8 mi sono trovato a dovermi occupare della dichiarazione del G8 de L'Aquila, una dichiarazione ad hoc sul terrorismo nella quale, come Presidenza italiana, abbiamo voluto inserire un forte richiamo alla necessità di lottare contro il terrorismo ma, al contempo, di rispettare pienamente i diritti fondamentali dell'individuo.
Non mi soffermerò sulla natura e sui compiti del Comitato interministeriale per i diritti dell'uomo, che conoscete molto bene. È stato creato nel 1978 ed è composto da tutti i principali ministeri che si occupano di diritti umani, quindi praticamente dall'intera compagine governativa.
Dirò semplicemente che la principale responsabilità con la quale mi sono confrontato appena arrivato, nello scorcio del 2010, era quella necessitante dall'opportunità di dar seguito alle raccomandazioni che ci erano state rivolte all'inizio di quell'anno in sede di Revisione Periodica Universale delle Nazioni Unite, attraverso alcuni dossier di cui abbiamo cercato di occuparci fin da subito.
Il primo di essi, che vi è ben noto, è quello della creazione di un'istituzione nazionale indipendente sui diritti umani. Come sapete, si tratta di un impegno che deriva da una risoluzione dell'ONU del 1993. Esistevano diversi disegni di legge, di ispirazione parlamentare, presenti alla Camera e al Senato, che in qualche modo non riuscivano ad andare avanti per motivi vari, non ultimo quello dell'onerosità di alcuni di essi. Si parlava, per la creazione di tale istituzione, di budget annuali intorno agli 8 milioni di euro.
In realtà, tra la fine del 2010 e gli inizi del 2011, il Governo si è dovuto confrontare con la necessità di proporre un proprio disegno di legge, cercando di contemperare due aspetti: il rispetto dei criteri imposti dalle Nazioni Unite, quindi efficacia, trasparenza, rappresentatività e indipendenza, e la necessità di comprimere al massimo i costi, in una situazione di bilancio che, come sapete, è andata progressivamente peggiorando.
Si tratta, comunque, di organismi che sono presenti in oltre cento Paesi del mondo, in una dozzina di Paesi dell'Unione europea. Il nostro Paese, che aveva assunto un impegno formale in sede di UPR (Universal Periodic Review), non poteva esimersi dal proporre, anche a livello governativo, un proprio disegno di legge che, infatti, è stato approvato poco più di un anno fa, il 2 marzo del 2011. Abbiamo cercato, a questo punto, di operare secondo quelle linee cui accennavo poc'anzi, da un lato assicurando l'efficacia e l'effettività dell'azione della Commissione nazionale indipendente, dall'altro cercando di renderla almeno per il momento snella, in vista di un suo possibile e auspicato rafforzamento,un domani, quando forse tempi migliori arrideranno al bilancio dello Stato.


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Ecco, quindi, che è stato molto utile il contatto che abbiamo avuto con voi in sede di Osservatorio parlamentare e di governo sui diritti umani, perché anche in quella sede abbiamo stabilito un po' questa linea d'azione. Il disegno di legge governativo prevede una struttura particolarmente snella: tre commissari, un ufficio molto piccolo di assistenza al lavoro dei commissari, che originariamente doveva essere composto da una dozzina di funzionari e da poche unità di personale ausiliario, e poi la creazione di un Consiglio per i diritti umani con funzioni fondamentalmente consultive che deve raggruppare le espressioni della società civile. Questo è veramente fondamentale, ed è emerso anche nei nostri contatti con le ONG che avevamo consultato all'epoca.
Il provvedimento, come sapete, è stato approvato quasi all'unanimità, secondo l'impianto previsto dal Governo, al Senato nell'estate scorsa e attualmente è all'esame della Camera. La settimana scorsa ci siamo recati, con il sottosegretario Dassù, in Commissione affari costituzionali per cercare di affinare ulteriormente questo provvedimento e di rendere la Commissione nazionale anche più snella e meno onerosa, rispondendo a questa sempre più pressante esigenza.
Il Governo si è trovato a sostenere e ad approvare la proposta, che è venuta da parte di molti parlamentari in quella sede, di abolire tout court il Consiglio con funzioni consultive per abbattere i costi, che peraltro - ci tengo a precisarlo - anche originariamente erano considerati molto esigui, perché si trattava semplicemente di prevedere il rimborso delle spese di viaggio in occasione delle riunioni periodiche che tale Consiglio avrebbe dovuto tenere, in numero di tre o quattro all'anno, per coloro che venissero da fuori Roma. Il Consiglio era composto da quaranta personalità, come ricordavo.
Si è deciso dunque di abolire questo Consiglio, ma come Governo abbiamo chiesto di introdurre comunque una norma che preveda l'obbligatorietà di consultazioni con la società civile, con le ONG, con il mondo delle autonomie locali, perché questo ci è espressamente richiesto dalle Nazioni Unite ed è fondamentale per garantire un livello di effettività all'azione della Commissione nazionale.
Queste consultazioni avverranno secondo modalità che deciderà di volta in volta la Commissione; non avranno una forma onerosa ma - secondo gli emendamenti che sono stati introdotti - saranno comunque obbligatorie.
L'ufficio è stato ulteriormente ridotto, nel senso che si è deciso, interpretando alcune indicazioni delle Nazioni Unite, di praticare una soluzione che le Nazioni Unite vedono in modo possibile, anche se non ottimale, ossia prevedere un certo numero di dipendenti dell'ufficio come provenienti dai ranghi della pubblica amministrazione. Le Nazioni Unite, evidentemente, non vogliono che l'ufficio sia composto da personale comandato dalla pubblica amministrazione, perché temono che questo comporterebbe una lesione del principio di indipendenza. Tuttavia, entro un certo limite percentuale, le stesse Nazioni Unite ammettono la possibilità di avere del personale comandato dalla pubblica amministrazione. Questo consentirà ulteriormente di scremare i costi.
Attualmente, le stime - stiamo preparando la nuova relazione tecnica che dovrà essere presentata a breve - prevedono un budget annuo, tutto compreso, anche l'affitto dell'eventuale sede che dovrà essere individuata, di meno di 2 milioni di euro annui, una cifra davvero limitata anche rispetto ad altre authority presenti nell'ordinamento italiano. La speranza è che questo tipo di Commissione si riveli uno strumento efficace.
Naturalmente, da parte del Governo e da parte del Comitato che presiedo vi è la massima collaborazione per fornire il sostegno di natura consultiva. Ovviamente il CIDU (Comitato interministeriale dei diritti umani), come organismo governativo, non può far parte di questa Commissione, ma può collaborarvi a titolo consultivo.
Una seconda raccomandazione che ci era stata rivolta in sede di UPR era quella relativa all'adozione di un piano nazionale contro il razzismo. Pertanto, attraverso il


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Dipartimento per le pari opportunità e attraverso l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) abbiamo sostenuto la creazione di un tavolo di lavoro. Il lavoro è andato avanti, si sono svolte diverse riunioni nel corso del 2011, ed entro settembre del 2012 l'UNAR, che è un po' il capofila di questo esercizio, ritiene di poter presentare un piano nazionale contro il razzismo.
Ci era stata, altresì, rivolta la raccomandazione di intensificare la lotta al fenomeno della tratta. Anche in quel caso, attraverso l'azione svolta a livello di Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, abbiamo aperto un tavolo che ha iniziato i lavori il 10 gennaio 2011 e si sono tenute finora quattro riunioni. Il piano di lavoro prevede la possibilità - che auspichiamo, evidentemente, e credo che i termini saranno rispettati - di arrivare entro la fine dell'anno a un piano d'azione che comprende una prima fase, ossia un'analisi di contesto che è stata sostanzialmente completata, una strategia per affrontare il fenomeno e una definizione delle attività concrete per affrontare la tratta di esseri umani.
Anche in questo caso il CIDU ha fatto da facilitatore di queste riunioni, quindi stiamo seguendo attivamente questo versante.
Sapete bene che vi sono anche altre richieste che ci sono state rivolte in sede UPR, ad esempio quella della ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura. Il Governo - desidero ribadirlo - è pienamente favorevole, ma si tratta di attendere la creazione della Commissione indipendente perché, come abbiamo avuto più volte modo di spiegare, il protocollo prevede che lo Stato parte crei un meccanismo nazionale indipendente di prevenzione e monitoraggio dei maltrattamenti nella situazione carceraria. L'idea è che l'istituenda Commissione nazionale sui diritti umani abbia al suo interno anche uno specifico mandato, uno specifico ufficio e una specifica attenzione a questo tema.
Non appena, dunque, la Commissione nazionale indipendente diventerà operativa - noi speriamo veramente a breve, attraverso l'approvazione da parte della Camera e poi un rapido passaggio finale in Senato, per recepire gli emendamenti che sono stati introdotti alla Camera - ci auguriamo entro la fine dell'anno di poter essere in grado di ratificare anche questo protocollo opzionale.
Vorrei ricordare che l'Italia, nel dicembre del 2010, ha adottato il piano di azione nazionale su «Donne, Pace e Sicurezza», in attuazione della risoluzione 1325 approvata dal Consiglio di sicurezza nel 2000. È una questione che riguarda soprattutto la nostra cooperazione allo sviluppo.
Vi è, inoltre, l'azione che io definisco di ordinaria amministrazione del CIDU, che ben conoscete. Mi riferisco al rapporto con le procedure speciali delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa, per quanto riguarda l'attualizzazione dei rapporti sulle convenzioni internazionali, la risposta ai questionari, la risposta alle lettere, la programmazione e la cura delle visite che i vari rapporteur speciali delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa o le varie Commissioni effettuano nel nostro Paese.
Nel piccolo schema che ho predisposto, cercando di precorrere i tempi e di impostare in questo piccolo documento quello che potrebbe essere l'indice di un più snello rapporto 2011, che conterei di presentare sicuramente prima dell'estate - e non in ritardo nel calendario di marcia, come è successo l'anno scorso - in modo da dargli anche un maggiore carattere di freschezza, troverete sintetizzate le principali (non tutte, evidentemente) attività del CIDU nel 2011 e in questi primi tre mesi del 2012.
Il 2011 è stato un anno particolarmente intenso. In particolare, il 14 luglio a New York abbiamo discusso il rapporto periodico sullo stato di attuazione della Convenzione sulla condizione femminile delle Nazioni Unite. La delegazione doveva essere originariamente presieduta dal Ministro per le pari opportunità, il quale, per impegni di governo, non ha potuto farlo,


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quindi ho dovuto presiederla io stesso. Si trattava di una delegazione molto ampia.
In quella occasione abbiamo sperimentato, grazie anche all'aiuto della nostra rappresentanza a New York e al servizio del Segretariato, una formula un po' innovativa. Infatti, abbiamo avuto una consistente delegazione che si è recata a New York, data anche l'ampiezza della materia, ma anche una videoconferenza in diretta con il Dipartimento per le pari opportunità, la quale ha consentito anche a funzionari che non hanno potuto partecipare alla missione di interloquire con gli esperti delle Nazioni Unite. Il tutto si è svolto anche nella direzione dell'abbattimento dei costi di questo tipo di missioni, che come potete immaginare sono particolarmente onerose.
Le osservazioni conclusive del Rapporto «Donna» sono state pubblicate, anche in italiano, sul sito del CIDU e sul sito del Dipartimento per le pari opportunità.
A settembre dell'anno scorso, a Ginevra, abbiamo discusso il rapporto sull'applicazione della Convenzione del diritto del fanciullo. Anche in questo caso abbiamo pubblicato le osservazioni conclusive, tradotte in italiano, sul nostro sito. È in corso di preparazione un testo consolidato assieme all'Unicef per poter fare auspicabilmente una pubblicazione ad hoc. L'anno scorso ricorreva, peraltro, il ventesimo anniversario della ratifica dell'accordo da parte italiana, un appuntamento a cui tenevamo particolarmente.
Il 2012 è iniziato con alcuni importanti eventi. Innanzitutto, a gennaio abbiamo avuto la visita della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne. Tale fenomeno, come sapete benissimo, è un problema grave in tutto il mondo, ma assume caratteristiche ancora marcate purtroppo anche nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda la violenza domestica.
La relatrice si è recata in visita in Italia, per due settimane, a gennaio. Ha avuto, come sempre in occasione di queste visite, degli incontri istituzionali ma anche degli incontri con la società civile, con organizzazioni di categoria, con i media. Ha concluso con una conferenza stampa presso la SIOI (Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale) e si è recata in varie città italiane, oltre Roma, visitando anche centri di detenzione. La visita si è svolta in modo positivo: Rashida Manjoo - sudafricana di origine indiana - è una personalità veramente rilevante e ha dato alle amministrazioni interessate ottimi consigli su come cercare di arginare il fenomeno della violenza di genere, in particolare contro le donne.
Abbiamo avuto, un mese fa, a Ginevra, la discussione del rapporto sull'applicazione in Italia della Convenzione contro il razzismo, con una delegazione abbastanza nutrita da parte delle nostre amministrazioni. Anche in questo caso ho dovuto all'ultimo fungere da capo delegazione, sebbene il mio ruolo sarebbe semplicemente quello di coordinare, di accertarmi che i vari dicasteri competenti per materia siano presenti. Purtroppo, è accaduto che nessuno dei sottosegretari fosse disponibile; in particolare il sottosegretario De Mistura era in quel momento in India, nella sua lunga missione per la questione dei due marinai imprigionati nel Kerala.
Devo dire che ho potuto riscontrare - se mi consentite una nota secondo me non priva di valore politico - un rinnovato interesse nei confronti dell'Italia. Rispetto a qualche mese fa, c'è la consapevolezza di un'attenzione particolare dell'Italia su questi temi, la consapevolezza che i problemi di bilancio che si sono abbattuti e che sono al centro dell'azione del Governo sono molto gravosi e, tuttavia, non fanno premio sull'esigenza di proteggere alcuni diritti fondamentali. Per esempio, è stato molto apprezzato il fatto che sia stato istituito, nonostante la razionalizzazione della pubblica amministrazione, la figura del Ministro della cooperazione internazionale e dell'integrazione.
Anche la riunione di Ginevra dei primi di marzo è andata bene. Naturalmente sono state sollevate alcune problematiche, che conosciamo tutte: il nostro è un Paese che si presenta con le carte in regola, sostanzialmente, per quanto riguarda l'apparato legislativo e molto spesso anche per


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quanto riguarda l'apparato istituzionale; i problemi ci sono nell'applicazione delle norme, nella disparità con cui queste norme vengono applicate anche su base geografica in Italia. Insomma, i problemi di cui siamo ben coscienti.
È anche stato rivolto un apprezzamento al nostro Governo per l'azione svolta dall'UNAR, che effettivamente - lo hanno detto loro - è un organismo che potrebbe essere preso a esempio anche per altri Paesi per la sua particolare efficacia nell'affrontare i temi della discriminazione.
Queste sono le attività che io chiamo di ordinaria amministrazione, che poi tanto ordinarie non sono, dal momento che - comprendete bene - dietro la presentazione di ogni rapporto c'è un'attività piuttosto complessa di preparazione, traduzione dei documenti, riunioni preparatorie. Inoltre, una cosa non sempre facile è coordinare diverse amministrazioni. In Italia non sempre spicchiamo per efficienza quando si tratta di coordinamento, dunque il compito del Comitato, che è sostanzialmente quello di coordinare la risposta, è particolarmente delicato. Devo dire, tuttavia, che grazie a questi frequenti incontri che organizziamo siamo riusciti a creare una buona squadra di punti di riferimento fermi nei vari dicasteri.
Abbiamo anche cercato di intensificare il rapporto con la società civile, che è fondamentale: l'azione del Governo è importante, cionondimeno sono pienamente convinto che questa non può essere vista esclusivamente con una visione introspettiva, ma va comunque rapportata a tutto quello che riguarda la società civile. Ecco, quindi, che in occasione di questi incontri, nella misura del possibile, abbiamo sempre cercato di raccogliere i suggerimenti che ci venivano sia dai cosiddetti «rapporti ombra», che io preferisco chiamare «rapporti complementari», preparati dalle ONG, sia dagli incontri. Dunque, prima di ogni incontro ci sono state riunioni preparatorie, in cui ci siamo confrontati, ognuno nel rispetto dei rispettivi ruoli.
Questo mi porta ad affrontare un altro elemento dell'attività del CIDU, al quale avevamo accennato nella relazione annuale del 2010, e soprattutto nella presentazione dall'allora Ministro Frattini, ma che non avevamo sviluppato. È un'attività che si è sviluppata nel corso del 2011, alla quale tengo particolarmente, così come tengo particolarmente a ringraziare quanti di voi, sia alla Camera che al Senato, ci hanno sostenuto per questa attività (troverete al riguardo una piccola cartellina che abbiamo predisposto).
Chiaramente come Comitato interministeriale siamo composti non solo dalle pubbliche amministrazioni, ma abbiamo anche consultazioni periodiche con le ONG. Abbiamo al nostro interno dei consulenti che provengono dal mondo accademico, quindi il rapporto con la cosiddetta società civile e col mondo accademico è un innanzitutto frequente e personalmente lo trovo sempre molto stimolante. Da questi incontri si impara molto di più di quanto non si possa imparare - non me ne vogliano i colleghi delle altre amministrazioni - dai rapporti con i funzionari di altri ministeri.
Il 4 marzo scorso abbiamo pensato di organizzare un convegno alla Farnesina intitolato «Il contributo delle istituzioni e della società civile italiana per la protezione e promozione dei diritti umani. Risultati e nuove sfide del sistema multilaterale». Abbiamo organizzato il convegno con tutti i membri del CIDU e la Conferenza dei presidi delle Facoltà di Scienze politiche di tutta Italia. A breve dovrebbero essere pubblicati gli atti. L'idea è quella di fare una mappatura, anche a livello accademico, di quali sono i centri di studio che offrono programmi sui diritti umani, siano essi Facoltà di Scienze politiche, Giurisprudenza, ma anche Lettere, Sociologia, Economia.
Una delle idee emerse in occasione di questo convegno è stata quella di avvicinare gli studenti. Come voi sapete, nella pubblica amministrazione abbiamo molti laureandi o laureati che effettuano dei periodi di tirocinio. Molti di questi ragazzi al termine del tirocinio si dichiarano soddisfatti, soprattutto perché hanno potuto vedere come si mette in pratica, a livello


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di azione governativa, quello che loro studiano sui libri di scuola o all'università. L'idea - la cui primogenitura voglio dare a loro, non certo a noi - è stata quella di organizzare degli incontri periodici a carattere ciclico dedicati ai diritti umani, che abbiamo chiamato «I diritti umani: dalla teoria alla pratica».
Si tratta di sei incontri per trimestre, di circa quattro ore ciascuno, organizzati con le principali università romane, le tre pubbliche - Tor Vergata, Roma Tre e La Sapienza - e la LUISS, la San Pio V e la LUMSA, quelle che hanno aderito. La formula è quella di conferenze-dibattito in cui ci sono dei professori di diritto internazionale ma anche dei giornalisti, in alcuni casi dei parlamentari, operatori di settore, funzionari delle Nazioni Unite.
Il primo ciclo è stato aperto a ottobre e si è concluso a dicembre dell'anno scorso; partecipano circa ottanta studenti i quali, tra l'altro, si vedono riconosciuti dei crediti formativi dalle rispettive università, quindi questo finisce sul loro libretto universitario.
Dopo questa prima fase preliminare, abbiamo voluto rendere, se possibile, ancora più attuale il secondo ciclo d'incontri, sempre raccogliendo i suggerimenti degli studenti, quindi innanzitutto gli abbiamo voluto dare un carattere europeistico. I diritti umani, questa volta, li affrontiamo non solo dal punto di vista dell'Italia, ma in generale dell'Unione europea. Parliamo, quindi, di non discriminazione, diritti delle donne, diritti degli immigrati, situazione dei rom, coinvolgendo anche l'ufficio del Parlamento europeo.
Abbiamo anche coinvolto come nostro partner il Comitato per la protezione e promozione dei diritti umani, che è una rete che raccoglie le più importanti (circa 86) ONG presenti nel settore dei diritti umani. C'è, dunque, anche questo aspetto di co-organizzazione con la società civile.
Il primo incontro si è svolto il 13 marzo alla Farnesina, presieduto dal sottosegretario Dassù e dal Ministro Fornero. L'onorevole Touadi ci aveva dato la sua gentile disponibilità, ma per problemi di aereo purtroppo non è riuscito a essere presente. Lo ringraziamo, comunque, per la sua collaborazione. Se mi permettete, mi avvarrei della reciproca conoscenza per chiamare di volta in volta qualcuno di voi per essere presenti, se vi è possibile, ad alcuni di questi incontri e portarvi anche il punto di vista delle istituzioni parlamentari.
Tra l'altro, questo ciclo di seminari è organizzato in collaborazione con il MedFilm Festival che ogni anno affronta i temi dell'integrazione soprattutto nell'area mediterranea.
Per quanto riguarda le attività future, quest'anno abbiamo due eventi particolari, ai quali tengo molto. Il Comitato interministeriale per i diritti umani, come sapete, si occupa del coordinamento della risposta del Governo italiano nel suo complesso alle norme che implicano l'applicazione delle convenzioni internazionali sui diritti umani in Italia. Finora non ha avuto grandi capacità di potersi spingere al di là e guardare anche al di fuori dell'Italia, ma nella zona a noi vicina del bacino del Mediterraneo. Per questo, vi sono preposti peraltro altri uffici del ministero: l'Ufficio diritti umani della Direzione affari politici, gli uffici territoriali, in particolare l'ufficio Nord Africa e Medio Oriente (penso ai recenti avvenimenti che hanno caratterizzato l'ultimo anno, anno e mezzo il Nord Africa).
Cionondimeno io ritengo che, sfruttando la possibilità delle visite periodiche che i nostri amici delle Nazioni Unite, i nostri relatori speciali compiono in Italia, sia possibile - a latere di queste visite che hanno come scopo precipuo quello di verificare la situazione in Italia - organizzare degli incontri con un respiro un po' più ampio, sempre grazie al contatto col mondo accademico. A ottobre dovremmo avere la visita del Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani dei migranti, François Crépeau; questa visita lo porterà in Italia, ma prima ancora in Grecia, Turchia e Tunisia. Sfruttando il suo passaggio in Tunisia, in Turchia e in Grecia, ci piacerebbe organizzare in tale occasione - a latere dei suoi incontri istituzionali - dei momenti di


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incontro seminariale, delle conferenze, che riguardino anche la situazione della primavera araba.
Questo chiaramente non potrà farlo il CIDU da solo, perché esula dai suoi compiti, ma ci coordineremo con gli altri uffici del ministero che si occupano di questa tematica.
Lo stesso discorso si può riproporre per quanto riguarda il Relatore speciale delle Nazioni Unite per la libertà di espressione, Frank La Rue, che era qui in visita la settimana scorsa per una serie di incontri accademici e che ci ha manifestato l'intenzione di tornare in visita entro la fine dell'anno. Anche in quel caso, poiché il ruolo dei media, le nuove tecnologie sono fondamentali, come sappiamo, per quanto riguarda lo sviluppo della democrazia, in particolare nei Paesi più vicini a noi, sarebbe interessante sfruttare la sua esperienza per parlare con lui di questi temi.
Un tema importante, globale e generale, è quello della libertà religiosa, del dialogo interreligioso. Il CIDU è stato l'anno scorso uno dei promotori dell'iniziativa, che poi è stata formalizzata a gennaio con un accordo firmato dal Ministro Terzi e dal sindaco Alemanno, per la creazione di un osservatorio sulla libertà religiosa presso il Campidoglio, del quale il CIDU sarà parte, assieme all'Ufficio diritti umani della Direzione affari politici che più da presso segue la situazione della libertà religiosa.
Abbiamo già dato istruzioni a tutta la nostra rete diplomatica di fare dei rapporti periodici sulla situazione dei diritti umani e della libertà religiosa in particolare. Abbiamo raccolto grande interesse da parte di svariate ambasciate straniere in Italia o di Governi che hanno contattato le nostre ambasciate. A maggio avremo la visita dell'imam dell'università Al-Azhar del Cairo, una figura molto interessante e anche particolarmente illuminata. Recentemente si è fatto promotore della pubblicazione di una carta dei valori fondamentali dell'Islam, un minimo comune denominatore di valori che dovrebbero essere alla base della convivenza pacifica e che sono molto vicini ai valori della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Stiamo pensando, dunque, di organizzare - oltre a incontri ad alto livello al Quirinale - una conferenza per approfittare della sua presenza in Italia.
Vorrei fare un'ultima notazione - prima di concludere, perché mi rendo conto di essermi dilungato - che mi preme l'obbligo di sottolineare anche perché è una sorta di leit motiv. La nostra è un'attività abbastanza intensa, piuttosto time-consuming. Quando si tratta di scrivere rapporti, tradurre relazioni od osservazioni conclusive si tratta di avvalersi di consulenze, esperienze, traduttori. Lo staff del CIDU è il seguente: oltre al presidente, cioè chi vi parla, vi è un segretario generale, il dottor Massimiliano Monnanni, direttore dell'UNAR, quindi già molto preso da quella importante attività; abbiamo inoltre due impiegati di ruolo e ci avvaliamo da tempo di alcuni (due o tre) consulenti, che sono professori o ricercatori universitari molto esperti in materia, i quali devono essere anche incentivati per la loro attività, essendo dei professionisti, appunto accademici o avvocati.
Il bilancio del CIDU, come in generale il bilancio del Ministero degli esteri e della pubblica amministrazione - non sono qui per fare un pianto greco, ma per spiegare la situazione, nello spirito di trasparenza che credo debba caratterizzare questi nostri incontri - nel 2006 era di circa 100.000 euro. L'attività del CIDU è andata crescendo e non verrà meno quando verrà creata la Commissione nazionale indipendente, perché i due organismi avranno dei ruoli complementari: noi saremo governativi e continueremo a svolgere i nostri rapporti con le Nazioni Unite, mentre la Commissione nazionale indipendente avrà un ruolo diverso, molto importante, al quale noi dovremo contribuire in qualità di consulenti.
La nostra attività, quindi, non verrà meno, ma semmai aumenterà. Purtroppo, però, nel corso degli anni il bilancio del CIDU è andato diminuendo, al punto che quest'anno sarà di circa 30.000 euro. Capite bene che, con somme del genere, il lavoro ormai si regge sull'attività volontaria di questi consulenti e sulla nostra


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buona volontà. È un peccato, perché si tratta di una materia fondamentale per la nostra politica estera e credo che dovrebbe essere in generale rafforzata.
Questo però riguarda il discorso più generale del bilancio del Ministero degli esteri e della pubblica amministrazione, sul quale non è mio compito soffermarmi. Mi sembrava importante, tuttavia, chiudere queste mie brevi osservazioni con questa annotazione.

PRESIDENTE. Grazie al ministro per la sua relazione, così puntuale, precisa e ricca. L'essersi dilungato è utile, purtroppo non è utile il fatto che abbiamo poco tempo a disposizione prima della ripresa dei lavori dell'Aula.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO TEMPESTINI. Sono arrivato quando lei già parlava, ma il mio collega mi ha assicurato che aveva appena iniziato. Credo, dunque, che lei sia partito dallo stato del disegno di legge sull'istituzione della Commissione nazionale indipendente sui diritti umani.
Ritengo che sia utile che il ministro sia edotto del fatto che i cambiamenti che sono stati formulati in sede di Commissione affari costituzionali si sono determinati in quanto questa Commissione, nei mesi passati, ha formulato un parere con numerose condizioni relativamente al testo che ci era giunto dal Senato, un testo - se lei mi consente il termine - assolutamente irricevibile. A mio giudizio, esso segnava un punto assai basso della legislazione italiana. Il testo è stato in parte corretto dal lavoro della Commissione affari costituzionali, in gran parte - lo ripeto - grazie al contributo che, all'unanimità, abbiamo fornito come Commissione. Credo che esso potrà essere ulteriormente migliorato, come mi auguro, pur rispettando l'esigenza di non andare alle calende greche - conosciamo tutti gli impegni presi dal Presidente Napolitano, quindi siamo tutti convinti che dobbiamo licenziare il testo in tempi giusti - anche dall'Aula.
Il problema di quel testo non è soltanto lo spreco oggettivo di risorse che si determinava con la non detta ma sostanziale costituzione dell'ennesima authority, di cui francamente non si sente alcun bisogno, dovendo semmai in Italia fare qualche riflessione su come funzionano le attuali authority. In verità, era necessaria una riflessione a tutto campo su come funziona l'intero meccanismo, che non è ancora chiaro.
Occorrerebbe una riflessione di carattere generale che riguarda - lo dico senza tanti mezzi termini - il modo di funzionamento di questo sistema onusiano. Siamo sicuri che questo sistema, anche in questo campo dei diritti umani, produce il meglio in termini organizzativi e in termini di rapporto tra risorse utilizzate e risultati? Siamo sicuri, per esempio, che anche questa scelta di indicare ai Paesi la costituzione di organismi indipendenti sia valida? Naturalmente, se scorriamo l'elenco dei fatti, cioè di come i Paesi hanno adempiuto a questa sollecitazione delle Nazioni Unite, ci accorgiamo che ognuno sostanzialmente ha dato le risposte sulla base della propria legislazione e dei propri orientamenti politici.
Siamo sicuri che questo metodo abbia favorito effettivamente la formazione di strutture tali da essere efficaci e ficcanti nell'approfondimento dalla materia, o non si è determinato, invece, un allargamento di quel sistema di burocrazie che fanno della tutela dei diritti umani, per qualche verso, anche una sorta di «professione» dei diritti umani? Naturalmente queste parole vanno prese con molto garbo. Intendo dire che certi appesantimenti e certi modi di procedere danno l'idea che ci sarebbe molto da correggere, anche per quello che riguarda il modo con cui le Nazioni Unite lavorano in questo campo, dando anche il via alla costruzione e alla disseminazione di tante strutture che, osservate con uno sguardo d'insieme, fanno pensare che si tratti di un buon lavoro, poiché meglio parlare di diritti umani che non farlo. Nei fatti, però, l'efficacia di queste strutture è meno sostanziale di quello che servirebbe.


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Per quello che ci riguarda, comunque - questo è un tema che esula dal nostro dibattito, sebbene credo che come Commissione avremo modo di poterci tornare in qualche occasione - il testo che ci era pervenuto era sostanzialmente irricevibile; è stato in parte corretto e vedremo di correggerlo ancora, facendo uno sforzo in più e rispettando una sollecitazione giusta che viene dal ministero e dal Presidente della Repubblica, che si è impegnato pubblicamente (cose che sappiamo e che peraltro ho già detto).
Vorrei tuttavia che rimanesse agli atti che come Commissione esteri, pur non disponendo di una delega e di una responsabilità piena nel campo, vigileremo affinché questa partita si concluda nel modo migliore. Il modo migliore è quello di far sì che questa delicata materia, assolutamente centrale, proprio per la sua centralità e decisività, sia affrontata e gestita nel modo meno burocratico e meno legato a una sorta di ripetitività e di continuità che si trascina da sola, come se si trattasse di lavorare intorno al tema perché in fondo è ciò che si fa per la propria professione.
Credo che dobbiamo cercare di tenerci un po' lontani da questa prospettiva, quindi dobbiamo pensare a una Commissione molto snella. Penso, per esempio, che sarebbe molto utile che anche i costi del personale vengano ulteriormente corretti e ridotti, ma lo vedremo. Dobbiamo dare il segnale che anche da questo punto di vista c'è un impegno di volontarietà che accompagna l'impegno dello Stato, ma anche una grande voglia di fare in quanto partecipi di un movimento che richiama le coscienze e la dignità delle persone, quindi si muove al di fuori di ogni logica burocratica e ogni logica «ministeriale».
Questo è il punto, ma sul merito credo che avremo modo in Aula di poter affrontare bene la questione. Mi premeva soltanto fare questa puntualizzazione.

MARIO BARBI. Il resoconto che è stato fatto sulle attività del Comitato interministeriale da parte del ministro Brasioli è motivo per me di interesse ed è una utile sollecitazione, unita anche alle osservazioni che faceva ora il collega Tempestini, per metterle in relazione anche con la missione a Ginevra che ho svolto per conto della Commissione affari esteri recentemente.
Esprimerò alcune osservazioni su questo e poi rivolgerò una domanda specifica al nostro ospite, interloquendo di necessità sia con il ministro Brasioli che con il collega Tempestini. Indubbiamente ci troviamo di fronte a un sistema internazionale che ha fatto dei diritti umani un tema intorno al quale si è costruita una struttura estremamente formalizzata, che quindi, per il fatto stesso di essere costituita e di assumere le forme proprie dell'ONU e dei rapporti tra i vari Paesi e quant'altro, diventa in qualche misura - mi si perdoni l'esagerazione del termine - indifferente al tema, per necessità, per il suo modo di funzionare.
È nel funzionamento di questo tipo di strutture che vi è di necessità un diventare - naturalmente in parte, per un aspetto - indifferente, quindi dare l'impressione che le attività professionali che sono impiegate nel funzionamento si rendano autonome ed indipendenti dall'oggetto e diventino un fine in sé stesse, alimentando quindi il rischio che si ponga la domanda se sia utile una struttura del genere.
È una domanda che ci poniamo frequentemente, ad esempio quando ci chiediamo se la psicologia sia utile ai pazienti che se ne servono o agli psicologi che svolgono la professione. Il tema è generale e si presta ad essere svolto sotto diversi punti di vista.
Personalmente do una risposta sommaria. Credo che questo sistema multilaterale, pieno di difetti, di limiti e di contraddizioni serva. È meglio - ce lo dicevamo anche in privato - che ci sia un luogo in cui si parli di questi temi, come il Consiglio dei diritti umani di Ginevra, con tutte le dinamiche anche tortuose, le strumentalizzazioni politiche che caso per caso si mettono in campo e vengono esercitate, piuttosto che non ci sia. Come dicevo già in un'altra occasione, la contraddizione è nei termini. Questo Consiglio


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e questo sistema dovrebbero essere interessati alla tutela dei diritti umani in modo indipendente e scevro da valutazioni politiche e da interessi di Stato, quindi come un tribunale, come un'istanza terza, ma in realtà il Consiglio è formato dai Governi, come noi sappiamo, quindi funziona con questa doppiezza che è inerente all'istituzione, che è fondativa e costitutiva del sistema.
Il CIDU, come osservava il collega Touadi nel corso dell'esame della relazione del 2010, è un Comitato governativo, dunque non può non tenere conto delle posizioni del Governo al quale riferisce.
Fatta questa premessa, faccio ancora un'altra osservazione sulla Commissione indipendente. Nel corso di questa missione, tramite il rappresentante permanente italiano e in altri incontri, ho potuto effettivamente riscontrare la richiesta che l'Italia rispetti questo impegno che ha assunto fin dal 1993, adempiendo a quanto previsto dalla risoluzione delle Nazioni Unite.
Peraltro, le commissioni indipendenti hanno titolo a partecipare al Consiglio dei diritti umani e anche a intervenire, sebbene secondo delle procedure che naturalmente prevedono che prima sia esaurito il titolo di parola dei membri del Consiglio.
Il sistema naturalmente è complicato, però chi ci lavora ritiene che la possibilità di far circolare notizie e informazioni relative ai diritti umani, alla loro violazione, sia un fatto di per sé importante e non vada sottovalutato.
Sulla Commissione non intervengo poiché non ho seguito la materia dal punto di vista legislativo. Certamente, un organismo agile, snello e poco costoso è una scelta di buonsenso e probabilmente anche doverosa, in termini generali e più ancora in termini particolari. Mi permetto soltanto, in questa sede, di esprimere un dubbio. Lei parlava di complementarietà tra questi due organismi; io non ho approfondito, però mi permetto di esprimere il dubbio che sia utile lavorare in questa direzione. Mi pare che la legge sia già andata avanti, è un treno nel quale non sono salito, quindi mi limito a questo inciso. Tuttavia, ho dei dubbi e direi che la Commissione dovrebbe in qualche modo assumere ed assorbire altre competenze - poi il Governo naturalmente continua ad avere tutti i titoli e gli obblighi che gli sono propri - per quanto riguarda i rapporti internazionali. Quindi, senza nulla togliere alle responsabilità e alle attribuzioni proprie del Governo, mi limito ad avanzare questa riserva, ma sono i colleghi che più direttamente hanno lavorato su questo che dovranno alla fine decidere.
Fatte queste osservazioni, desidero rivolgerle una domanda specifica. Quando il collega Touadi ha illustrato la sua relazione sul rapporto del CIDU noi eravamo ancora in attesa di quel verdetto della Corte europea sui respingimenti, pagina non gloriosa della nostra vicenda nazionale. Vorrei chiederle se l'ha sorpresa quella sentenza della Corte dei diritti umani.
Lei ha anche riferito in modo incidentale che da qualche mese nelle sedi internazionali si osserva con maggiore interesse e più attenzione quello che fa il nostro Paese. Non le chiedo di approfondire, ma se ritiene può anche farlo.
La mia domanda specifica, tuttavia, riguarda la sentenza della Corte europea.

ENRICO PIANETTA. Anch'io desidero ringraziare il ministro Brasioli per l'ampia e dettagliata relazione che ha voluto riferire di fronte a questo Comitato.
Considerati i tempi, mi limiterò a porre una domanda. I colleghi si sono ampiamente dilungati, giustamente, per quanto riguarda la Commissione indipendente. Io, invece, voglio fare un riferimento al terzo punto che lei, ministro, ha sottolineato, cioè la lotta al fenomeno della tratta degli esseri umani, un fenomeno davvero brutale. È stato detto che questa è la schiavitù del nostro secolo. Ci sono organizzazioni criminali che lucrano sulla vita di queste persone, provenienti dall'Africa, dall'Est, e c'è una filiera di reclutamento, con i trasferimenti, lo sfruttamento e via dicendo. Vengono messe in atto crudeltà, brutalità, ricatti anche sulle famiglie. A me


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è capitato di vedere in loco, in Africa, in Nigeria, quello che avviene e posso dire che è davvero orrendo.
Lei, ministro, per affrontare organicamente e combattere questo fenomeno, ha fatto riferimento al piano d'azione, alle strategie, e soprattutto alla definizione di attività concrete. Vorrei chiederle, se è possibile, un piccolo approfondimento in relazione alle modalità di raccordo con le amministrazioni e soprattutto al raccordo con organizzazioni internazionali e Paesi esteri, dato che ormai questo fenomeno non si limita né all'Italia, come Paese di arrivo, né soltanto ad alcuni Paesi esteri. È un fenomeno che, peraltro, coinvolge milioni e milioni di euro come rendita sulla pelle di queste persone che sono sfruttate e tormentate in modo veramente crudele, a livello di negazione dell'essere umano, in quanto sono i nuovi schiavi del nostro secolo.
Direi che si deve porre una particolare attenzione a questo fenomeno e vorrei capire da lei quali sono le modalità di procedere anche perché questo Comitato possa magari approfondire ulteriormente questo stesso fenomeno.

STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI. Anche io vorrei porre una domanda per capire perché da qualche mese il nostro Governo è ritenuto più affidabile nella difesa dei diritti umani. Non mi sembra che, per esempio, nella recente visita in Cina, quando giustamente è stato rivolto agli investitori cinesi un invito a investire nel nostro Paese, questo tema sia stato sollevato.

JEAN LEONARD TOUADI. Avrei avuto molte domande e considerazioni da fare, ma non c'è più il tempo, e inoltre molte questioni sono state anticipate dai colleghi Barbi, Tempestini e Pianetta.
Mi limiterò ad alcune brevi domande. Il collega Barbi esprimeva alcune perplessità in merito alla complementarietà tra il lavoro del Comitato interministeriale e quello della nascente Commissione. In effetti, mi piacerebbe avere ulteriori specificazioni su come si sta pensando il rapporto tra queste due istituzioni. Abbiamo rilevato che il Comitato assumeva un punto di vista - strutturalmente e fisiologicamente non so quanto utile ai fini della lettura di ciò che avviene - governativo, mentre la Commissione, proprio in quanto Commissione indipendente, potrebbe ergersi a organismo di giudizio di ciò che il Governo fa, quindi anche delle valutazioni e delle conclusioni del Comitato. Trovo abbastanza complesso questo rapporto, che è ancora più complesso se si parla di complementarietà.
La domanda che vorrei porre è stata la domanda di tutta il nostro Comitato quando abbiamo incardinato l'esame istruttorio della relazione. Prima di tutto, con riferimento ai tempi, lei ha detto che ci porterà la relazione entro giugno, quindi non più a dicembre o a gennaio, e già questo potrebbe essere utile. Tuttavia, esprimo i miei dubbi proprio rispetto a questa assunzione del punto di vista del Governo, tra l'altro caricata di una consultazione delle organizzazioni non governative che spesso, su alcuni temi specifici, come la questione rom, i respingimenti e altre questioni, hanno espresso un parere diametralmente opposto a quello del Governo.
La sentenza che si citava che condanna il nostro Paese rende ancora più divergente ciò che il Comitato ci dice nella relazione e ciò che gli organismi non governativi e anche le istituzioni europee, a cominciare dal Consiglio d'Europa, nelle sue numerose visite in Italia, hanno detto.
Mi piacerebbe avere degli elementi di metodo nella redazione di questa relazione, in modo che possa essere utile e possibilmente anche aderente alla pluralità dei punti di vista presenti, quelli del Governo e quelli delle ONG, a proposito di alcune questioni sollevate dalle istanze sia internazionali sia nazionali.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, chiederò al ministro Brasioli di dare le sue risposte nei limiti del tempo che ci rimane, non senza tentare di sottolineare quest'ultimo punto, che in realtà era già presente in tutti gli altri, ossia che


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esiste oggettivamente - e indipendentemente dal buon lavoro del Comitato - una sorta di contraddizione all'interno stesso di ciò che ci viene detto, fra una posizione che, oltre che essere del Governo, è «governo-burocratica», cioè del corpo burocratico che con competenza e bravura sostiene - deve farlo, è il suo compito - le argomentazioni del Governo, e le osservazioni che fatalmente esprime un organo parlamentare, che tiene conto delle cose che vede, che viene a sapere, che vengono denunciate.
Cito, ad esempio, due fatti rilevantissimi nel nostro discorso di oggi: la condanna di febbraio della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo nei confronti dell'Italia per i fatti del 2009 e le 300 persone consegnate alle prigioni libiche; l'episodio - dimostrato in un film che è nelle sale ma anche ripetuto con molto vigore e molta chiarezza da un documentario trasmesso ieri sera da Rai Tre, al quale non mi risulta ci siano state obiezioni di nessun tipo - dei 60 morti in mare, perché nessun aiuto viene dato a una barca che sta affondando. L'unica testimonianza è quella delle sei persone che si sono salvate. Si tratta questa volta del 2011.
Dalle Nazioni Unite e dagli organismi internazionali sappiamo che si sta parlando di migliaia di vittime in mare dovute alla politica dei respingimenti. Qui stiamo parlando di diritti umani e, ovviamente, non possiamo non ricordarlo, pur rendendoci conto della diligenza con cui il lavoro viene svolto dal Comitato e notando, anche in prospettiva, la discrasia, la differenza, il disporsi su linee tutt'altro che di divergenze parallele, ma di vera divergenza, tra il Comitato, la cui voce oggi stiamo ascoltando, e l'eventuale Commissione nazionale indipendente sui diritti umani, che invece avrebbe una libertà che finora purtroppo non ha potuto esprimersi.
Su questo organo ci sono stati fatti notare dei tagli preventivi che lo rendono praticamente inagibile. Ad esempio, si parla di consultazione obbligatoria con la società civile, laddove la parola «obbligatoria» nega la possibilità che si possa fare, perché la società civile è piuttosto grande e la lista delle ONG è piuttosto lunga. L'idea che questa consultazione sia obbligatoria praticamente paralizza qualsiasi Commissione, a meno che si fermi un anno intero a fare un canvassing di organizzazioni e di espressioni della società civile che sono praticamente impossibili.
L'abolizione del Consiglio consultivo per via delle spese dei viaggi è altrettanto curiosa. Naturalmente il ministro Brasioli è stato un puro e semplice messaggero di qualcosa di già avvenuto. Il costo che ci è stato dato è assolutamente un costo di struttura burocratica esistente, neanche funzionante, perché poi dovrebbe comprendere tutte le spese di viaggio per quella consultazione obbligatoria delle ONG e della società civile che credo manterrebbero da sole metà della Società Trenitalia o dell'Alitalia, perché ben pochi di questi gruppi e di questa società civile hanno sede a Roma, mentre una parte grandissima ha sede nelle parti più diverse d'Italia.
Ci sono dunque numerosi problemi, signor ministro. Noi sappiamo che non avremo tutto il tempo che vorremmo avere, ma l'ascoltiamo volentieri per la parte in cui è possibile dire qualcosa di utile adesso, e probabilmente ci rivedremo per completare il discorso e darle la chance completa di rispondere alle domande importanti - quanto la sua relazione, di cui le siamo grati - che lei ha ascoltato in questa occasione.

DIEGO BRASIOLI, Presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani. Sono io che la ringrazio. Cercherò di rispondere molto brevemente, sebbene i temi sollevati siano molto importanti. Vi ringrazio, naturalmente, per queste sollecitazioni.
Andando per ordine e cominciando dalle questioni più semplici, con riferimento alla percezione del nuovo Governo, quello che ha colpito molto favorevolmente gli esperti a livello della Nazioni Unite è la creazione della carica di Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione.


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Non mi addentro, perché non sono in grado di farlo, sulle competenze e sui suoi rapporti con il il Ministro del lavoro con delega alle pari opportunità, la cooperazione internazionale eccetera, ma credo che con il Ministro Riccardi avete avuto e avrete senz'altro occasioni di incontro. È comunque un fattore che è stato riconosciuto come molto positivo da tutti gli esperti. Questo è un dato di fatto.
Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Tempestini, effettivamente questo tipo di commissioni sembra essere stato concepito - circa vent'anni fa - forse più per Paesi che avevano problemi di diritti umani che noi oggettivamente non abbiamo, almeno come sistema legislativo e assetto istituzionale. Sembra una struttura più concepita per Paesi del Terzo mondo, in sostanza, laddove si vuole assicurare un organismo veramente indipendente e laddove qui da noi effettivamente ci possono essere delle altre forme. Le sue perplessità sono anche le mie, e non come funzionario del Ministero degli esteri che è obbligato a piantare la bandierina sulla necessità di applicare le risoluzioni dell'ONU, ma semplicemente confrontando l'esiguo bilancio del CIDU, e in generale di altri organismi governativi, e il bilancio di questa istituenda Commissione. Peraltro, faccio presente - come ho accennato all'inizio - che i disegni di legge di origine parlamentare prevedevano una Commissione con un costo e una struttura quattro volte superiore rispetto a quella che abbiamo cercato di individuare.
Ulteriori affinamenti sono stati fatti. Anche noi come il presidente Colombo temiamo che l'obbligo morale, la necessità che viene richiamata nell'articolato del contatto con la società civile, in assenza di un Consiglio che viene comunque eletto portando i maggiori rappresentanti, rischi poi di rimanere sulla carta. Starà evidentemente alla Commissione e alla società civile trovare i modi migliori per interagire. Il problema è proprio come assicurare l'efficacia o meglio, come ho detto all'inizio, sono due corni di un problema: da un lato l'efficacia, dall'altro il contenimento delle spese. Il momento in cui ci muoviamo non è effettivamente felice sotto questo punto di vista.
Vorrei aggiungere anche che in Europa, soprattutto dopo Lisbona e quindi l'adozione della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione europea nel sistema costituzionale dell'Europa, questo tipo di commissioni potrebbe sembrare ridondante, perché effettivamente l'Europa ha il modo per controllare. È una riflessione che va fatta. Era comunque una Commissione da creare, è un impegno che abbiamo preso e siamo l'unico grande Paese europeo che non ha una Commissione di questo tipo. Credo che starà a noi, anche come funzionari governativi, esponenti del Governo, lavorare con questa Commissione quando sarà creata, magari ulteriormente razionalizzata. Siamo favorevoli a un'ulteriore razionalizzazione, affinché essa sia effettivamente efficace.
Quando parlavo di complementarietà intendevo dire che i ruoli devono essere distinti. Nei Paesi dove questo tipo di commissione opera, essa viene comunque sottoposta a una certificazione da parte delle Nazioni Unite, con una sofisticata gradazione (tripla A, B eccetera). Esiste un compendio delle linee guida delle Nazioni Unite (si tratta di 250 pagine, mi sono dato la pena di leggerle) in cui vengono elencati tutti i singoli aspetti, compresa la necessità di avere una sede indipendente e staccata. Avremmo voluto poter comprimere i costi offrendo dei locali al Ministero degli esteri, ma ci è vietato dalle Nazioni Unite. Questo forse fa un po' ridere con riferimento all'Italia, ma in altri Paesi è una necessità per assicurare l'indipendenza.
Questo mi porta al problema della metodologia. La relazione del CIDU è un rapporto governativo, e purtroppo - purtroppo o per fortuna, ma è un dato di fatto - non può che essere così. Sarebbe interessante confrontarlo con la cartina di tornasole dell'attività delle ONG. Noi cerchiamo di farlo per quanto possibile, ma in sede di rapporto non è facile.
Quando un giorno sarà creata la Commissione nazionale indipendente, che si avvarrà di consultazioni regolari con il


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CIDU e con la società civile, forse in quella sede riusciremo ad avere un punto di contatto che - sono d'accordo con l'onorevole Touadi - mi sembra particolarmente importante.
L'onorevole Barbi, riguardo alla sentenza della CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo), mi chiedeva se ne sono stato sorpreso. Questa è un'annotazione personale, quindi esula dal mio carattere istituzionale, e per questo tolgo per un momento il cappello di funzionario del Ministro degli esteri: sono stato dispiaciuto, perché quando il proprio Paese viene condannato non si può che essere dispiaciuti, ma lo sono stato piacevolmente, perché la giurisdizione internazionale ha comunque messo il dito su un problema che oggettivamente esisteva. Abbiamo rappresentato in sede di discussione del rapporto sul razzismo, a Ginevra, la questione e, nel discorso introduttivo che abbiamo pronunciato di fronte al Consiglio per i diritti umani, abbiamo voluto non nasconderci dietro la sentenza ma citarla come primo sviluppo, uno sviluppo esogeno, che ci viene da fuori, ma che costituisce per noi un monito a far sì che questo tipo di avvenimenti non debba più accadere.
Posso assicurare che il Governo sta lavorando per trovare una soluzione. Il nostro servizio del contenzioso diplomatico è alacremente al lavoro per trovare una soluzione all'applicazione di questa sentenza e, soprattutto, per evitare sentenze di questo tipo. La risposta, dunque, è che non sono stato sorpreso ma dispiaciuto piacevolmente.
Il problema della tratta, onorevole Pianetta, è un problema molto importante, una delle grandi sfide epocali che vedranno l'Italia e, in generale, l'Europa impegnate. Dobbiamo anche considerare la miopia da parte di altri Paesi europei, perché il problema non è tra Libia, Tunisia, Italia o Malta, ma è tra Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea. Questi signori non si fermano solo qui, sono persone che pagano e vengono sfruttate; è una forma di schiavitù del ventunesimo secolo che non possiamo evidentemente tollerare nel nostro Paese. Si tratta, in prospettiva, di uno dei grandi temi - soprattutto con la desertificazione del Sahel e con la situazione economica che si sta profilando - che sarà drammatico per il futuro.
Dietro nostro impulso, ma sotto la guida del Dipartimento per le pari opportunità, per il quale ha ora la delega il Ministro del lavoro, abbiamo creato un tavolo di lavoro, cui partecipano i ministeri principalmente coinvolti, ossia Interno, Giustizia ed Esteri. Sono soprattutto questi tre ministeri che hanno i rapporti anche con gli altri Paesi, attraverso i rispettivi canali: i magistrati sono in contatto con i loro colleghi europei e della sponda sud del Mediterraneo, ugualmente le nostre ambasciate, i funzionari del Ministero dell'interno. Inoltre, partecipano al tavolo il Dipartimento politiche per le famiglie, che adesso è stato razionalizzato), Ministero dell'economia e delle finanze, Direzione nazionale antimafia (lavoriamo strettamente con Pietro Grasso, che ha personalmente partecipato a una delle riunioni poiché, tra le tante implicazioni, si tratta di un fenomeno mafioso), Carabinieri, Polizia di Stato, Direzione centrale anticrimine, Guardia di finanza, Caritas, ANCI, Conferenza Stato-regioni, OIM, esperti e via dicendo.
A livello nazionale, dunque, abbiamo cercato di coinvolgere tutti i soggetti interessati. I lavori sono stati avviati il 10 gennaio e si sono svolte quattro riunioni. Come ricordava anche lei, gli aspetti da considerare sono tre: l'analisi di contesto, che è stata completata; la strategia, ossia individuare le linee guida; le attività per poter applicare questa strategia.
Il documento sugli obiettivi strategici è attualmente all'esame del gabinetto del Ministro del lavoro, con delega alle pari opportunità, per una validazione. Il piano di lavoro prevede che, sulla base degli obiettivi che sono stati identificati, nel prossimo incontro, che dovrebbe avvenire entro maggio, vengano individuate e listate le attività da inserire nel piano. L'idea è di arrivare a un piano entro la fine dell'anno.


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Credo di aver risposto alle domande, sia pure superficialmente e senza entrare nei dettagli.

PRESIDENTE. Diciamo sinteticamente più che superficialmente. Noi le siamo grati e concludiamo questa audizione tenendo conto delle domande in sospeso, che non restano in sospeso in quanto domande a lei, che gentilmente ci ha detto quello che nell'ambito della sua funzione e della sua responsabilità sta facendo in questo momento, ma in quanto domande che abbiamo posto a noi stessi, su cui dovremo continuare il dibattito in questo Comitato e in questa Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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