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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
23.
Martedì 30 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU DIRITTI UMANI E DEMOCRAZIA

Audizione di attiviste per i diritti umani e delle donne nel mondo islamico:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3 6 8 10 11 12 14
Ansari Nazenin, Attivista per i diritti umani e delle donne in Iran ... 7 13
Barbi Mario (PD) ... 9
Gasmi Wala, Attivista per i diritti umani e delle donne in Tunisia ... 6 12
Parisi Arturo Mario Luigi (PD) ... 8 11
Pianetta Enrico (PdL) ... 9
Polledri Massimo (LNP) ... 10
Ziada Dalia, Attivista per i diritti umani e delle donne in Egitto ... 4 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 30 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FIAMMA NIRENSTEIN

La seduta comincia alle 9,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di attiviste per i diritti umani e delle donne nel mondo islamico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su diritti umani e democrazia, l'audizione di attiviste per i diritti umani e delle donne nel mondo islamico.
L'audizione odierna acquista una particolarissima importanza, alla luce delle rivoluzioni islamiche che si sono svolte nel corso di quest'ultimo anno e mezzo nel mondo arabo e in particolare in Egitto, in Tunisia e in Libia.
Sono presenti rappresentanti del mondo egiziano, tunisino e iraniano. Nello specifico, la presenza dell'Iran ci è parsa indispensabile per parlare della condizione della donna e per fornire una sorta di disegno strategico di quello che può accadere della condizione femminile nel caso in cui una rivoluzione a carattere popolare e democratico si trasforma successivamente in una rivoluzione islamica. Per questo, mi è parsa particolarmente importante la presenza di una rappresentante iraniana.
Vorrei dire due parole sulle nostre ospiti. Sono ben più che attiviste dei diritti umani, ma vere e proprie leader di queste rivoluzioni che hanno avuto luogo in questi mesi, nonché intellettuali e giornaliste di primissimo piano.
Dalia Ziada è una giovanissima donna di trent'anni, pluripremiata attivista egiziana per i diritti umani, liberale, analista politico, public speaker e direttore della sede dell'Ibn Khaldoun Center for the development studies del Cairo. Questa è una delle organizzazioni non governative più antiche e più grandi che promuovono i diritti umani e le libertà civili in Egitto e nel mondo arabo ed è attiva dal 1980. Dalia ha ottenuto un master in relazioni internazionali negli Stati Uniti alla Fletcher School for law and diplomacy. Si potrebbero aggiungere moltissime medaglie al suo curriculum perché, tra l'altro, ha avuto tanti premi anche come giornalista. Comunque, una delle medaglie fondamentali nella sua più recente esperienza è di essersi presentata, senza paura e preoccupazione, alle ultime elezioni che, purtroppo, hanno visto un numero terribilmente basso di candidate donne a causa delle difficoltà che sono state poste loro nel corso della raccolta delle firme necessarie. Ciò nonostante, Dalia non ha abbandonato le sue speranze. Mi auguro un giorno di vederla presidente dell'Egitto, cosa che garantirebbe un magnifico futuro alla democrazia egiziana, in cui ancora speriamo.
Wala Gasmi è una tipica esponente dei giovani che hanno immaginato e realizzato


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la rivoluzione tunisina. È un ingegnere informatico, studentessa di legge, giornalista e attivista dei diritti umani, leader e fondatrice, tra l'altro, del Fronte giovanile in Tunisia.
Nazenin Ansari è molto nota. Infatti, avendola sentita nominare, l'abbiamo cercata a lungo per averla in questa occasione. È una giornalista iraniana, caporedattore di Kayhan London, un settimanale in lingua farsi distribuito a livello internazionale. Vive a Londra perché, nella sua condizione di oppositrice del regime iraniano, non ha la possibilità di svolgere questo compito nel suo Paese, che pure ama moltissimo e nel cui futuro spera con tutta se stessa. Ha un ruolo molto importante nella stampa estera con sede in Inghilterra, infatti è fra i giurati che scelgono il premio annuale per la stampa internazionale. Insomma, anche lei ha delle caratteristiche per cui gode di un elevato rispetto internazionale.
A questo punto, non mi resta che ringraziare le nostri ospiti per aver accettato il nostro invito. Do la parola alla rappresentante egiziana Dalia Ziada.

DALIA ZIADA, Attivista per i diritti umani e delle donne in Egitto. Buongiorno, è davvero un grande piacere essere qui con voi questa mattina. Vorrei, innanzitutto, ringraziare il presidente Fiamma Nirenstein per aver offerto a giovani come me la possibilità di parlare del nostro Paese dalla nostra prospettiva. Purtroppo ho notato di recente che le persone che ci governano, i Fratelli musulmani, stanno promuovendo nel mondo occidentale, in Europa e negli Stati Uniti, un'immagine che non corrisponde alla realtà di quel che accade sul campo ogni giorno.
È vero che in Egitto i Fratelli musulmani non hanno ancora creato una dittatura, ma crediamo che siano sulla buona strada. Quindi, stiamo cercando aiuto e sostegno in tutto il mondo perché vengano fermati. Sul piano concreto, sono contro le donne. Come ha detto il presidente, ciò è accaduto anche nelle elezioni politiche che si sono svolte. A questo proposito, non voglio parlare dei risultati finali o delle persone che non hanno votato per le donne, ma raccontarvi cosa hanno fatto gli islamisti sin dall'inizio e come sono state trattate le donne persino dai partiti più liberali e più aperti, che le hanno accettate nelle loro liste e nei loro ticket.
Mi sono candidata alle elezioni ed è stata un'esperienza molto dura. I miei avversari, che venivano dal partito islamista, mi hanno reso la vita davvero difficile: hanno preso le mie fotografie dalla mia pagina Facebook e le hanno inviate a giornali e vari social network, sostenendo che non ero adatta a fare la politica e a diventare parlamentare, perché avevo studiato negli Stati Uniti e avevo molti amici maschi in tutto il mondo. Questo vi dà un'idea di come guardano le donne. E il mio stesso partito, che doveva essere liberale, purtroppo non mi ha sostenuta. Mi hanno rimosso dalla cima della lista, spostandomi al secondo posto, perché hanno preferito che ci fosse un uomo.
Sono d'accordo sul fatto che questo abbia a che fare con la mentalità generale riguardo alle donne, per cui gli uomini sono considerati sempre superiori. Tuttavia, c'è stata una rivoluzione, che vorrei definire ideale. Per 18 giorni siamo stati a piazza Tahrir, che è ormai diventata molto famosa, ed è stato un momento fantastico. Tutti eravamo uguali, senza fare distinzioni tra uomini e donne o musulmani e non musulmani. L'unica cosa che ci interessava era sentirci tutti egiziani. Subito dopo, però, abbiamo perso questo slancio, nei confronti non solo delle donne, ma anche delle minoranze religiose. Adesso, i Fratelli musulmani stanno puntando principalmente a migliorare la loro immagine agli occhi dell'Occidente.
Invece, in realtà, stanno effettuando discriminazioni contro le donne per cui dico che si tratta di una democrazia illiberale. Non mi riferisco al liberismo come ideologia. Una democrazia liberale dovrebbe consentire di votare, invece


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viene data l'illusione di poter partecipare, mentre, di fatto, le persone non godono di diritti e di libertà.
Di fatto le donne sono considerate uno strumento essenziale per attuare questo genere di democrazia illiberale. Lo stesso Mubarak non ha fatto che parlare continuamente della questione delle donne, sottolineando l'importanza dei loro diritti. Tuttavia, non ha realizzato alcun cambiamento concreto. Ebbene, i Fratelli musulmani stanno facendo lo stesso perché presentano pochissime donne e solo in alcune posizioni. Ci sono le mogli dei leader del gruppo dei Fratelli musulmani o di membri dello stesso partito. Quindi, non ci sono le donne vere in prima linea. In Egitto, queste stesse donne praticano discriminazioni contro altre donne.
Una delle due questioni controverse di cui tutti parlano al momento è quella di legalizzare nuovamente le pratiche di mutilazione genitale femminile, che erano state finalmente messe al bando da Suzanne Mubarak, l'ex first lady, nel 2003. I Fratelli Musulmani vogliono che siano di nuovo introdotte, semplicemente perché lo dice l'Islam, lo dice la religione. I Fratelli musulmani vogliono che le bambine possano sposarsi già a 9 anni. Questo è incredibile. Si tratta di un ritorno al passato semplicemente perché i governanti di oggi pensano che questo sia il modo in cui debba essere condotto il Paese.
Si possono creare delle illusioni sul fatto che essi siano più liberali e aperti rispetto ad altri, come i salafiti o i jihadisti, cioè gli estremisti di destra. Vorrei, però, ricordare che i jihadisti e i salafiti sono una frazione del gruppo dei Fratelli musulmani, quindi non si distinguono da essi. L'unica differenza è che i Fratelli musulmani praticano un terrorismo psicologico sulla popolazione, mentre i jihadisti e i salafiti utilizzano le armi fisiche contro le persone. In realtà, però, sono un unico gruppo, quindi non è necessario distinguere tra di loro.
Vorrei, poi, parlare della discriminazione nei confronti delle minoranze religiose nel Paese. Dall'arrivo al potere dei Fratelli musulmani, essi hanno dato via libera alle discriminazioni, condotte da estremisti a carico delle minoranze religiose, dei cristiani copti. Peraltro, questi non sono una minoranza esigua, ma rappresentano il 10 per cento della popolazione. Attualmente sono sotto pressione. In passato hanno avuto la libertà di pratica del loro credo, ma adesso questa viene loro tolta. Due mesi fa, nella città di Dashur, nell'Egitto del nord, c'è stato un incidente. Sono state bruciate le case e le chiese dei cristiani copti e queste persone sono state costrette ad abbandonare la loro città semplicemente perché cristiane. Tutto è accaduto per mano dei loro vicini estremisti che si sono opposti a queste persone, creando tensioni per motivi religiosi. Credo che l'attuale governo dei Fratelli musulmani abbia la colpa di questo perché tollera le discriminazioni contro le minoranze religiose.
Anche riguardo alla libertà di stampa e dei media stiamo andando nella direzione sbagliata. Di recente, i Fratelli musulmani hanno chiuso una televisione indipendente, Al-Faraeen, senza motivo, semplicemente perché non gradiscono il capo di questa emittente, che si chiama Tawfiq Okasha. Il direttore di questa testata è anche conduttore e si è espresso molto duramente nei confronti dei Fratelli musulmani quando hanno vinto le elezioni, sostenendo anche che Mursi non era il Presidente giusto. Sono state presentate contro di lui 28 denunce in tribunale per ingiuria nei confronti del Presidente. Anche con Mubarak si usava questa pratica: molti attivisti venivano rinchiusi in carcere con l'accusa di aver insultato il Presidente. L'opinione diffusa è che noi viviamo in una democrazia, ma non è così. I Fratelli musulmani sono arrivati a chiudere un canale televisivo, cosa che accade nelle peggiori dittature. Chiudere un canale televisivo è una cosa gravissima. Questi sono segni del fatto che i Fratelli musulmani stanno cercando


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di creare un'atmosfera che impedisce la realizzazione di autentiche infrastrutture democratiche.
Diffondendo la paura si cerca di controllare la popolazione. Spero che il mondo occidentale si accorga di questo. Non guardate al governo dei Fratelli musulmani come a un governo legittimo perché la maggior parte delle persone è contro questo gruppo. Sarebbero soltanto 12 milioni gli elettori che hanno votato per loro; 12 milioni su una popolazione complessiva di 90 milioni di egiziani. Dobbiamo garantire che il nostro Paese possa proseguire verso la democrazia, un bene per le vite di tutti noi. Lavorate con i giovani, lavorate con la società civile e non con il governo!

PRESIDENTE. Grazie. Si parla tanto di questi temi, ma quando si sentono testimoniare in maniera diretta è tutta un'altra cosa.
Do ora la parola a Wala Gasmi, che ha venticinque anni e ci porterà la testimonianza dalla piazza tunisina.

WALA GASMI, Attivista per i diritti umani e delle donne in Tunisia. Buongiorno a tutti. Sono molto onorata di essere qui con voi. Inizierò illustrando come si sono svolte le elezioni in Tunisia. Sono stati eletti 217 deputati nella nuova Assemblea costituente per scrivere la nuova Costituzione, non per governare il Paese. Le elezioni si sono svolte il 23 ottobre 2011 e l'Assemblea doveva redigere la Costituzione nel giro di un anno. Tuttavia, il 23 ottobre 2012 è passato e questo non è avvenuto.
L'Assemblea ha anche eletto un presidente, che quindi non è stato eletto direttamente dal popolo. È stato, poi, nominato un Capo di Governo, che ha designato, a sua volta, i ministri.
Sul piano della sicurezza, in Tunisia attualmente c'è il raggruppamento di due milizie del partito Ennahdha, i cosiddetti «gruppi di protezione della rivoluzione», che sono state costituite dopo il 14 gennaio e che univano persone di tutti i fronti politici. Poi, i progressisti si sono allontanati da questi gruppi, che adesso sono in mano agli islamisti.
Oggi, queste milizie terrorizzano la Tunisia. In particolare, uno di questi gruppi è rappresentato degli ex sostenitori di Ben Ali, cioè da coloro che facevano parte del suo partito politico, tra cui anche dei ministri, che terrorizzano letteralmente il popolo, affermando di far parte dell'ex regime. A Tataouine hanno anche assassinato una persona, che aveva chiesto la protezione della polizia, ma è stata uccisa dalla popolazione senza che la polizia intervenisse.
Per quanto riguarda i diritti umani, soprattutto della donna, esiste ancora la tortura. Ci sono stati anche casi di morte dovuti alla tortura. In particolare, una ragazza è stata violentata da due poliziotti che sono rimasti impuniti.
Il Governo ha un atteggiamento diverso con le persone, a seconda del loro orientamento politico. Il 9 aprile 2012 c'era una manifestazione pacifica - a cui ho partecipato - perché era la festa nazionale dei martiri e i poliziotti hanno picchiato violentemente i manifestanti. Ero presente anche nel caso dell'attacco da parte dei salafiti e dei jihadisti all'ambasciata statunitense. In quel caso, c'è stato un comportamento completamente diverso perché i poliziotti quasi si prendevano cura degli islamisti, per esempio offrendo loro cure mediche, mentre i progressisti vengono sistematicamente picchiati.
Per quanto riguarda la libertà di espressione, ci sono le stesse pressioni che esistevano al tempo di Ben Ali sui presentatori, sui proprietari e i direttori delle televisioni e delle testate giornalistiche. Si cerca sempre di farli cedere al compromesso. È stato persino interrotto un programma simile a Gli Sgommati.
Ecco, questo è il quadro generale. Ho concluso. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio Wala Gasmi. Vorrei porle una domanda sul fatto che, nella nuova Costituzione, sia stato inserito il principio della complementarità e non della parità della donna. Prima, però, do


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la parola a Nazenin Ansari, giornalista e intellettuale iraniana.

NAZENIN ANSARI, Attivista per i diritti umani e delle donne in Iran. Questa settimana, una relazione di 23 pagine sull'Iran, presentata all'Assemblea generale delle Nazioni Unite dal relatore speciale sui diritti umani in Iran, Ahmed Shaheed, ha descritto un quadro fosco delle condizioni del Paese. Il rapporto, che include testimonianze rese da 221 persone tra novembre 2011 e luglio 2012, descrive la condizione dell'Iran come davvero problematica, sottolineando la cultura dell'impunità e la sistematica violazione dei diritti umani portate avanti dal regime iraniano.
Ci sono più di 40 giornalisti e 19 netizen in prigione; 4 di loro sono rinchiusi nel braccio della morte; dal 2009 32 avvocati sono stati processati e tra 150-400 giornalisti hanno lasciato il Paese. La situazione è estremamente negativa per le donne. Le discriminazioni e le ineguaglianze sono pervasive. La testimonianza di una donna in tribunale vale la metà di quella di un uomo e la sua stessa vita vale la metà di quella di un uomo. La relazione esprime preoccupazione circa l'impegno assunto dal Parlamento di abrogare le leggi iraniane che proibiscono il matrimonio delle bambine con meno di 13 anni. Ancora più preoccupanti i dati rilevati dal Relatore Speciale, secondo il quale soltanto nei mesi di giugno e luglio di quest'anno più di 75 bambine con meno di 10 anni sono state costrette a contrarre matrimoni con uomini molto più vecchi. Il rapporto Shaheed prosegue sostenendo che il diritto all'istruzione continua ad essere sistematicamente violato, per cui si registrano 396 casi di privazione dell'istruzione per studenti e attivisti civili.
Il rapporto esprime preoccupazione in merito al progetto di modifica del codice penale, che considera la blasfemia come un reato capitale e rafforza, invece, l'applicazione di leggi draconiane sulla sicurezza nazionale che prevedono il processo per chi critica il Governo. Il relatore del rapporto esprime preoccupazione per la situazione negativa dei diritti economici, sociali e culturali nel Paese. I diritti dei lavoratori sono stati fortemente limitati e tutti gli attivisti sono andati incontro ad azioni di repressione violenta. Attualmente, tutti i sindacati sono vietati nel Paese. Il Relatore volge la sua attenzione anche alle minoranze etniche e religiose. Gli arabi Ahwazi, i curdi e le minoranze dell'Azerbaijan continuano ad essere trattati in modo discriminatorio. Lo sviluppo delle loro tradizioni religiose, culturali e linguistiche è vietato e sono oggetto di discriminazione anche per l'accesso paritario a servizi sociali quali l'istruzione.
Il Governo iraniano aderisce ad alcune convenzioni internazionali, tra cui il Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti economici, sociali e culturali. Ha, poi, siglato la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, la Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e la Convenzione sull'abolizione della schiavitù.
Si chiede all'Iran di rilasciare immediatamente tutti i prigionieri di coscienza e politici e di stabilire una moratoria sulle esecuzioni. Il relatore chiede anche al Governo iraniano di prevenire la discriminazione contro le donne e le bambine, innalzando l'età per i matrimoni a uno standard minimo internazionale. Ancora, si chiede di interrompere il frequente abuso delle leggi sulla sicurezza nazionale che prevedono la detenzione per tutti coloro che svolgono attività politiche di opposizione e si battono per la libertà di parola. Si chiede, poi, una dettagliata inchiesta indipendente sulle violenze che hanno fatto seguito alle elezioni presidenziali del 2009.
Un secondo rapporto, preparato da United for Iran, ha criticato il livello di attenzione globale che è stato rivolto alle rivolte pro-democrazia del 2009, rispetto all'attenzione che è stata rivolta invece alla primavera araba e alla Birmania. Il rapporto di United for Iran chiede che l'Iran possa far registrare dei progressi.


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In sostanza, si chiede all'Iran di progredire sul tema del rispetto dei diritti umani e della democratizzazione.
Tutti gli stati del mondo, anche quelli che hanno stretti rapporti con l'Iran devono mostrare un chiaro impegno per portare avanti le legittime richieste di democrazia avanzate dal popolo iraniano. Si chiede loro di portare avanti un'agenda con l'Iran in materia di diritti umani. Occorre garantire che qualunque progresso fatto in materia di negoziati nucleari con il Governo iraniano non comprometta la volontà politica della comunità internazionale di proteggere l'attuazione e l'applicazione dei diritti umani nel Paese.
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, secondo il rapporto, dovrebbe chiedere la creazione di un gruppo di lavoro internazionale che possa coinvolgere il Governo iraniano nel perseguimento di alcuni obiettivi stabiliti, inclusi il rilascio dei prigionieri politici e la moratoria sulla pena capitale, fino a quando le leggi e le pratiche dell'Iran non rispettino un minimo standard internazionale. Occorre, inoltre, eliminare le restrizioni alla libertà dei media, alla libertà di espressione e di riunione, e condurre elezioni autenticamente democratiche, consentendo la presenza degli osservatori internazionali, affinché ci siano riforme con una governance trasparente. E sono soprattutto i Paesi che hanno buoni rapporti con l'Iran che devono assumersi l'importante responsabilità di portare avanti questa agenda.
Grazie per la vostra attenzione.

PRESIDENTE. Grazie a Nazenin Ansari, che ha posto il problema dei diritti umani in quanto tali, al di là dell'appartenenza a questa o quella società. Questa è una posizione molto difficile da prendere per l'Occidente. Invece, a me sembra l'unica strada effettiva, se fossimo in grado di prenderla e non avessimo le nostre paure nell'aiutare questi movimenti.
In sintesi, nella Costituzione sia dell'Egitto sia della Tunisia, vi sono proposte come la diminuzione dell'età del matrimonio, per cui le bambine dovrebbero sposarsi a 8 anni, e la legalizzazione della circoncisione femminile e dello stupro maritale, che avviene all'interno della famiglia. Secondo queste nuove proposte, questi fatti non sarebbero puniti, per cui vi sarebbe un ritorno indietro molto impressionante, che ci chiama tutti all'appello.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

ARTURO MARIO LUIGI PARISI. Voglio ringraziare le nostre ospiti per la testimonianza che ci è stata resa su situazioni che sono tra loro indubbiamente diverse, ma che, tuttavia, hanno un comune denominatore, che è il riferimento all'Islam, pur con le differenze tra i due Paesi arabi e la tradizione della civiltà iraniana.
Penso che la condizione della donna sia inevitabilmente sottoposta a restrizioni che non soddisfano il valore dell'uguaglianza dell'essere umano, indipendentemente dall'appartenenza di genere. Purtroppo, non è una novità, ma un dato presente lungo tutta la storia dell'uomo e in svariati contesti. Non è, quindi, di questo che stiamo parlando, bensì delle differenze e del cambiamento. Questo è l'oggetto della nostra riflessione. Rispetto a questo, vorrei circoscrivere la mia domanda.
Il termine «rivoluzione», che è stato utilizzato in riferimento ai sommovimenti che sono intervenuti recentemente nei Paesi arabi, ha alimentato in tutti noi un'attesa di cambiamento radicale. Lo «Stato nascente» - per far riferimento a una categoria di Weber - descritto riguardo ai fatti di piazza Tahrir, che abbiamo osservato anche noi, è un tratto che accomuna tutti i passaggi in cui il desiderio, l'entusiasmo e l'illusione di ricominciare fa nascere l'idea che il nuovo inizio veda tutti sullo stesso piano, indipendentemente dalle specificità di genere, religione, età e altre condizioni che differenziano le persone. Dopodiché, finisce l'entusiasmo e facciamo i conti con la


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realtà. Questo, dunque, non è una sorpresa.
A questo punto, l'interrogativo che abbiamo di fronte è se - per usare un'espressione sedimentata nella nostra cultura - si stava meglio quando si stava peggio. Tirando le somme, per quanto è possibile a distanza di poco tempo, la situazione è migliore o peggiore rispetto al punto di partenza? Inoltre, la dinamica in corso fa immaginare un avanzamento o addirittura un arretramento? Questo - ripeto - è l'interrogativo che abbiamo di fronte.
Un altro aspetto di rilievo riguarda le vicende interne alle società arabe. Non possiamo dimenticare che, soprattutto in confronto a un Paese come l'Italia, la differenza più importante è l'età della popolazione. Le società arabe sono giovani, non in termini di civiltà, ma in quanto popolazioni costituite da giovani. In Italia, l'età mediana è di 44 anni; in Egitto, è 24 anni; in Iran, 27 anni; in Tunisia, 29 anni. C'è una distanza enorme. Quindi, dobbiamo guardare al cambiamento dei giovani. Allora, la domanda è se tra i giovani la questione si propone negli stessi termini che nella fascia più anziana della popolazione.

ENRICO PIANETTA. Anch'io ringrazio le nostre ospiti. Pongo soltanto una domanda, che riprende alcuni elementi evidenziati dal collega Parisi. Parliamo di una «primavera araba», ma quali sono le condizioni affinché sia possibile una «estate araba», sul piano politico, ma soprattutto - questo è l'oggetto della nostra audizione - in relazione ai diritti umani, che hanno un valore universale?
Proprio in questa logica dell'universalità dei diritti umani, ci sono indubbiamente delle difficoltà, ma c'è la possibilità di poter arrivare a condividere, in maniera ampia, concetti fondamentali, come la libertà di un popolo e soprattutto della singola persona umana?

MARIO BARBI. Vorrei rivolgere un ringraziamento anche da parte mia alle nostre ospiti per le loro testimonianze dirette, esposte con precisione e con grande passione personale.
La mia domanda è stata anticipata dall'onorevole Parisi, che mi ha preceduto. Anche io volevo, infatti, chiedere se era meglio quando si stava peggio. Mi sento, quindi, di condividere questa domanda e di porla alle nostre interlocutrici. Infatti, se tali e tante sono le minacce alla libertà individuale e alla condizione non dico di parità, ma almeno di uguaglianza di diritti per le donne, che sono la metà della popolazione, che - come ci è stato ricordato - è molto giovane, la domanda non è peregrina, viste le tendenze che ci avete rappresentato.
Aggiungo un'altra questione, che riguarda il rapporto tra Islam e modernità. In che modo l'Islam è compatibile con la modernità? È possibile immaginare un'evoluzione dell'Islam politico che sia compatibile con la modernità?
Naturalmente, il concetto di modernità è tipico dell'Occidente e della nostra cultura, che ha fortemente determinato la concezione dell'universalità dei diritti umani. Possiamo immaginare che, in un mondo complesso, ricco di storia, di tradizione, di orgoglio e di dignità, come quello dell'Islam, vi sia un rapporto critico con la nostra concezione di diritti universali. Del resto, questo rapporto è ancora più critico quanto più l'esperienza o il tentativo di cambiamento e di modernizzazione dei Paesi arabi, e musulmani in generale, dalla decolonizzazione in avanti, si è rivelato fallimentare, nonostante siano stati imitati tutti i modelli ripresi dall'Occidente, che fossero quelli liberali e democratici o socialisti e statalisti.
A maggior ragione, sembra che l'irruzione e la predominanza dell'Islam politico, in queste società in forte evoluzione, sia un dato difficilmente reversibile per un una fase non so quanto lunga. Allora, la mia domanda è ancora più importante: l'islam politico e la modernità possono stare insieme?
Certo, quando vediamo che le bambine, per legge, possono essere destinate


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a matrimoni combinati e il mancato riconoscimento, nemmeno sul piano formale, dell'uguaglianza, questo per noi occidentali è un grande problema. Poi, c'è la politica e gli Stati, per cui i princìpi e il realismo debbono essere portati a una qualche forma di compatibilità. Comunque, il tema dei principi e delle differenze resta molto forte.

MASSIMO POLLEDRI. Anch'io ringrazio le nostre ospiti per il coraggio e il servizio che stanno rendendo alla libertà di tutti gli uomini. Vorrei porre due domande.
Nel 1981, c'è stata la Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo, con una differenziazione tra i diritti umani e il diritto universale del buon islamico. In base a questo, ancora oggi si sta facendo passare il reato di islamofobia in vari Parlamenti nazionali e la Sharia, che, fortunatamente, qualche tempo fa, è stata condannata delle istituzioni europee, ma che si sta imponendo a macchia d'olio in diversi Paesi. Pensate che la libertà e i diritti siano incompatibili con la Sharia, per cui l'Occidente dovrebbe impegnarsi in una lotta contro la sua applicazione tout-court?
Inoltre, come considerate la debolezza dell'Occidente che non capisce che, in nome della tolleranza, sta difendendo sempre di più gli intolleranti? In Inghilterra, ma anche da queste parti, non si capisce che l'applicazione dell'Islam politico porta comunque a conculcare diversi diritti.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, anch'io vorrei porre una domanda.
Ecco, vorrei chiedere cosa possiamo fare noi. La mia idea è che, di fronte a quello che sta accadendo, dobbiamo essere presenti perché, come si comprende in questa audizione, in questi Paesi che fronteggiano un nuovo tipo di oppressione, ci sono diverse forze, sia giovanili che politiche o culturali, che ambiscono alla democrazia e a una diversa condizione delle donne. L'Europa - e l'Occidente in generale - deve prendere una posizione che sia in grado di incidere su questo.
La mia idea è quella della condizionalità. Siccome questi Paesi sono tutti in grave stato di bisogno e chiedono continuamente aiuto, non solo all'Unione europea, ma ancora di più agli Stati Uniti, senza tanta timidezza, dobbiamo, anche se il resto dell'Europa non è d'accordo, agire uno a uno. Per esempio, credo che l'Italia debba porre la questione e dire a questi Paesi che un eventuale aiuto dipende dal loro comportamento, sul piano legislativo e umano, nei confronti della condizione femminile, della libertà d'opinione, di religione e della guerra.
C'è, infatti, anche quest'altro problema che deve essere preso in considerazione. C'è sempre il rischio - l'Iran lo dice tutti i giorni - di una spaventosa esplosione mediorientale. Ebbene, anche su questo dovremmo avere un atteggiamento condizionale: chi vuol fare la guerra non può ricevere aiuti da parte dell'Unione europea, né degli Stati Uniti. Insomma, bisogna aprire un fronte del condizionalismo che riunisca le forze democratiche di questi Paesi e quelle dei nostri. Questa è una battaglia tipicamente bipartisan, di grande avanzamento culturale.
Se penso che Ben Ali aveva tolto il velo; aveva dato alle donne il diritto di divorziare, nel senso di prendere l'iniziativa del divorzio; aveva dichiarato illegale la poligamia; aveva permesso il controllo delle nascite; il matrimonio era possibile soltanto con il consenso delle donne (mi riferisco alla Tunisia, ma penso anche a Susan Mubarak che, bene o male, aveva fatto qualche battaglia per le donne) e poi vedo che Abdel Jalil, uno dei capi del Consiglio di transizione della Libia, appena ha potuto afferrare un microfono, ha detto che intendeva abrogare qualsiasi legge contro la Sharia, ho la sensazione che, purtroppo, alla questione posta dall'onorevole Parisi e dagli altri colleghi, la risposta sia drammaticamente negativa.


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ARTURO MARIO LUIGI PARISI. Vorrei segnalare alle nostre ospiti che quella che è stata definita «tolleranza dell'intolleranza» è per noi un'opzione accettata a partire da due presupposti; il primo è che l'intolleranza dell'intolleranza, cioè il contrasto radicale, possa peggiorare la situazione; il secondo è che la tolleranza dell'intolleranza possa favorire una naturale evoluzione della situazione nella direzione auspicata.
Inoltre, si ritiene che questa naturale evoluzione sia favorita dalla democrazia, cioè dall'adozione del metodo democratico perché questa è la vera sfida. Abbiamo un atteggiamento di attesa positiva sull'evoluzione della situazione, che è legata al mito centrale della nostra cultura, ovvero che l'autogoverno dei popoli, fondato sulla libera scelta degli individui, porti ad approdare ai valori laici ed egualitari. Se queste tre proposizioni non fossero condivise, per noi nascerebbe un problema sul quale riflettere. È questo che mi permetto di proporre alle nostre ospiti.

PRESIDENTE. Do ora la parola alle nostre ospiti per una breve replica.

DALIA ZIADA, Attivista per i diritti umani e delle donne in Egitto. Grazie per le vostre domande ricche di ispirazione. Cercherò di contenermi entro i cinque minuti che mi sono stati concessi.
Riguardo alla prima questione relativa alle aspettative se buone o cattive, non mi pento del fatto che ci sia stata una rivoluzione. Era necessario che ci fosse. C'erano tanta corruzione e abusi da parte dei politici. La gente soffriva. La popolazione giovane non aveva un futuro. È vero che siamo giovani e pieni di energia, per cui riusciamo a fare molte cose, ma non avevamo futuro. Non riuscivamo ad avere un lavoro perché non c'era, né un futuro perché non c'era denaro. Anche gli imprenditori, che volevano avviare le loro attività, non avevano una sede per farlo. I rappresentanti della società civile erano in grande sofferenza. Inoltre, affrontavamo ogni giorno il rischio di essere buttati in prigione perché le nostre opinioni erano diverse da quelle del Governo. Questo era l'obiettivo della rivoluzione: la dignità, i diritti umani e le libertà individuali.
A proposito dell'Islam politico, non abbiamo fatto una rivoluzione per dare di nuovo il potere alle persone sbagliate. Gli islamisti sono semplicemente l'altra faccia della medaglia della dittatura. Mubarak era un autocratico, gli islamisti sono teocratici. A loro non interessa il bene del popolo. A loro non interessa altro che il proprio gruppo. Uno dei rappresentanti più importanti del movimento dei Fratelli musulmani, un accademico, sostiene nei suoi scritti che l'Islam e la politica non sono compatibili.
Questo mi fa capire che i Fratelli musulmani e tutti quelli che abbiano una preparazione religiosa non debbano andare al potere. La religione serve per il bene del popolo, per rendere la nostra vita migliore, ma se viene utilizzata dai politici lo è soltanto per giustificare i loro abusi. Basta vedere quello che accade con la parola Sharia, che viene utilizzata in continuazione nell'elaborazione della nuova Costituzione in Egitto, ma anche in televisione, per cui è entrata nella politica. Tuttavia, i politici attuali non hanno una qualifica politica. Purtroppo, non hanno i requisiti necessari. Nella fase di redazione della nuova Costituzione, il giorno in cui è stato eseguito per la prima volta l'inno nazionale, non si sono voluti alzare per onorare l'inno perché pensavano che non fosse previsto dall'Islam. Questo dimostra che loro non tengono all'Egitto, quindi abusano del termine Sharia per legittimare i loro stessi abusi. Usare la parola Sharia è un grande errore.
Peraltro, è divertente pensare che, se volessimo applicare l'autentica Sharia, il governante dovrebbe essere punito in piazza, se non è giusto nei confronti dei cittadini. Se, poi, si usa la Sharia solo per discriminare le donne e le minoranze religiose, non va bene. Insomma, non credo che l'Islam e la politica siano compatibili.


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Inoltre, per quanto riguarda l'Islam e la modernità, per la cultura occidentale, i diritti umani e le libertà individuali sono universali grazie ad antichi princìpi. Ho sentito il discorso di Obama nel 2009 al Cairo. Ho incontrato un suo consigliere dopo il suo discorso, nel quale ha parlato di diritti umani e diritti universali. Si è detto che tutto il suo popolo sarebbe stato favorevole alla loro applicazione, non perché erano Americani, ma perché erano esseri umani. Un discorso davvero ricco di ispirazione, che due mesi dopo ha portato alla rivoluzione iraniana, perché i giovani si sono sentiti ricchi di energie e hanno pensato che l'amministrazione americana stesse attuando una politica di rispetto dei diritti umani.
Ora, invece, l'amministrazione americana sta pensando soltanto al proprio tornaconto, stringendo la mano agli islamisti per la seconda volta. All'epoca, nel 2001 si è avuto l'11 settembre proprio perché gli americani hanno voluto collaborare con gli islamisti, creando la figura di Bin Laden, che si è ritorta contro di loro. Ora hanno stretto la mano di nuovo agli islamisti dei Paesi della primavera araba, portandoli al potere a nostre spese e passando sui nostri corpi: gli islamisti hanno preso il potere e adesso si stanno rivoltando di nuovo contro gli americani. Mi rivolgo adesso agli Stati Uniti, per il ruolo che svolgono in Egitto, e a voi europei: dovete imparare la lezione. Non sono gli estremisti o le persone che hanno raggiunto il potere con i mezzi sbagliati - come è accaduto nel nostro Paese o in Tunisia - ma i giovani, che hanno fatto davvero la rivoluzione, che potranno aiutavi perché credono nei valori occidentali e vogliono essere cittadini come i loro pari in Europa e negli altri Paesi. È questo che speriamo di poter raggiungere. Non vogliamo un altro regime.
L'ultimo punto che voglio commentare riguarda la tolleranza dell'intolleranza. Questo è un argomento molto interessante, che vi ringrazio di aver introdotto. Credo che si tratti di un tema molto importante, su cui vale la pena riflettere, perché ci sono questioni che non possono essere tollerate, come il dar fuoco alle case e alle chiese dei cristiani copti. Alcune cose non sono accettabili, come la legalizzazione di pratiche di mutilazione genitale femminile contro il corpo della donna.
Io stessa sono una sopravvissuta a queste pratiche e ho impiegato molto tempo per superare i problemi psicologici legati all'uso che era stato fatto del mio corpo, perché una certa società voleva accettarmi come donna soltanto se avessi subito quelle pratiche. Ho lottato contro queste pratiche e da ultimo, sono riuscita a fermarle, almeno nella mia famiglia e nella mia città, ma c'è voluto molto tempo. È importante avere la giusta istruzione e le giuste opportunità per combattere queste pratiche. Quindi, alcune cose non possono essere tollerate perché peggiorano le condizioni della gente. Questo è il mio pensiero. Grazie.

PRESIDENTE. Ascoltare queste testimonianze, a cui non siamo abituati, è come vedere l'altra faccia della luna!

WALA GASMI, Attivista per i diritti umani e delle donne in Tunisia. Grazie per le vostre domande. La rivoluzione richiede un cambiamento radicale. Quello che è avvenuto in Tunisia è l'inizio di una rivoluzione, non una vera e propria rivoluzione. Non basta l'allontanamento di Ben Ali perché ci sia una rivoluzione. Ci sono dei movimenti sociali che rivendicano i diritti umani, la libertà di espressione e tutti i diritti fondamentali.
Non posso dire, però, che fosse meglio prima. Ben Ali stava solo ritardando la fase attuale. Non ci proteggeva dagli islamisti, anzi ha favorito il loro arrivo al potere. Infatti, adesso gli islamisti sono così forti proprio a causa dell'atteggiamento di Ben Ali. Bisogna, quindi, imparare dagli errori. Quello che avviene oggi, nel 2012, è dovuto a quello che ha fatto Ben Ali nel passato.
L'altra domanda era se è possibile condividere i diritti fondamentali. Risponderei


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di sì, perché i diritti fondamentali appartengono a ogni essere umano che vive in questo mondo. Riguardo alla compatibilità tra Islam e modernità e Islam e democrazia, penso che l'Islam, come qualsiasi altra religione, debba essere un'esperienza privata e non debba avere nulla a che fare con la cosa pubblica.
Riguardo al coinvolgimento dell'Occidente, di cui parlava l'onorevole Nirenstein, in Tunisia e in Egitto, gli islamisti hanno avuto degli aiuti dall'Occidente in forma di denaro o di conoscenze e di formazione. Penso che adesso bisognerebbe puntare sulla gioventù progressista che dovrà definire il futuro della Tunisia e domani guidarla, proprio attraverso stage e corsi di formazione per i giovani.

NAZENIN ANSARI, Attivista per i diritti umani e delle donne in Iran. In merito all'Islam rispetto alla modernità e alla possibilità di una democrazia islamica, vorrei dire che questo è un ossimoro. La teocrazia è il governo secondo una legge divina; la democrazia è il governo secondo una sovranità popolare. Come ci può essere una sovranità popolare quando i cittadini non hanno gli stessi diritti, ci si ispira al diritto divino e c'è un uomo che impone quel che si deve e non si deve fare? Credo che la più grande vittima della teocrazia, in Iran, sia stato proprio Dio perché le persone hanno paura di Dio e si allontanano da lui.
Del resto, la democrazia non è solo elezioni, ma valori umani. Nel mondo di oggi, che è globalizzato, parliamo di globalizzazione, che, però, riguarda non solo l'economia e le finanze, ma anche i valori. La politica in quanto tale ci aiuta proprio perché ci sono alcune convenzioni e trattati internazionali a cui partecipano tutti i nostri Paesi. Anche voi ne siete parte ed è responsabilità del vostro Governo attuare queste leggi nel vostro Paese. Tuttavia, rispettare questi valori è anche una vostra responsabilità. Allora, è una responsabilità della comunità internazionale quella di garantire che i cittadini in tutto il mondo possano essere trattati con umanità.
Per quanto riguarda la domanda sulla tolleranza dell'intolleranza, questo è quello che accade in Iran. Dall'inizio della rivoluzione, la gente ha pensato che l'arresto dei tecnocrati occidentali non la riguardava ed è rimasta in silenzio; poi è toccato alle donne ed è rimasta in silenzio; finché, a poco a poco, la rivoluzione ha mangiato i suoi stessi bambini. Oggi non si tratta di avere un gruppo alternativo di opposizione: sono loro stessi che si stanno fagocitando da soli. Credo, quindi, che sia una responsabilità della comunità internazionale impegnarsi a favore di ogni singolo individuo, di quelle ragazze e di quelle madri.
Voi parlate di rivoluzioni. Io non sono mai stata una rivoluzionaria; odio la violenza e perché tutto quel che accade con il sangue riguarda solo il sangue. Occorre, però, un cambiamento positivo, non fine a se stesso.
Avete parlato dell'età media dei cittadini nei Paesi arabi e in quelli europei. Vari studi hanno dimostrato che più anziana è la popolazione più diventa moderata perché, pian piano, viene meno la passione e prevalgono prudenza e saggezza. Quindi, è una responsabilità delle nazioni sagge e prudenti, cioè delle democrazie mature, favorire l'istruzione e la formazione. Allo stesso tempo, è importante utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per attuare dei cambiamenti positivi.
L'ultimo punto non meno importante è la questione dello scontro tra civiltà di cui si è parlato. Il presidente dell'Associazione della stampa estera era una donna italiana. Insieme, abbiamo coniato una nuova espressione, «dialogo tra le culture», e abbiamo dato dei premi alle persone che si sono impegnate per questo. Diciamo «dialogo tra culture» e non «scontro tra civiltà» perché le civiltà si riferiscono all'antichità, mentre le culture sono vive e riguardano l'oggi. Sono le nostre stesse culture, oggi, che si stanno evolvendo, mentre siamo seduti qui.
Insomma, spero che la comunità internazionale guardi tutti come esseri umani, a prescindere dal Paese di provenienza. È


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responsabilità delle donne e degli uomini di buona volontà e di qualunque posizione politica, impegnarsi insieme e restare uniti per il bene dell'umanità.

PRESIDENTE. Ringrazio Dalia Ziada, Wala Gasmi e Nazenin Ansari. Penso che sia stata un'audizione molto importante. Inoltre, il fatto che sia stata fatta al Parlamento italiano induce, nell'ambito del nostro discorso politico di italiani ed europei, un senso di responsabilità al quale cercheremo di rispondere come possiamo.
Nel ringraziare nuovamente le nostre ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,15.

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