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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
7.
Martedì 30 ottobre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Narducci Franco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DELLA POLITICA MEDITERRANEA DELL'ITALIA NEI NUOVI EQUILIBRI REGIONALI

Audizione del Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale, Mats Karlsson:

Narducci Franco, Presidente ... 3 6 8 10
Karlsson Mats, Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale ... 3 8 9
Malgieri Gennaro (PdL) ... 6 9
Tempestini Francesco (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 30 ottobre 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale, Mats Karlsson.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi della politica mediterranea dell'Italia nei nuovi equilibri regionali, l'audizione del direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca mondiale, Mats Karlsson.
Ricordo che il dottor Karlsson, che è accompagnato dalla dottoressa Julia Barrera, è a Roma per partecipare alla Conferenza annuale dell'OSCE sul Mediterraneo, che l'Italia ospita e che è stata inaugurata stamattina anche alla presenza del collega Riccardo Migliori, quale presidente dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE.
Nel ringraziarlo di aver trovato il tempo di intervenire nella nostra indagine conoscitiva, invito il dottor Karlsson a svolgere la sua relazione.

MATS KARLSSON, Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale. Grazie, presidente. È un grande piacere essere qui. Come nota personale, voglio ricordare che quindici anni fa ho lavorato presso la Commissione affari esteri del parlamento svedese, e in Commissione esteri mi sento a casa. Sono molti anni che lavoro al servizio relazioni esterne della Banca mondiale. Attualmente, mi occupo proprio di affari internazionali, e in particolare dell'integrazione del bacino mediterraneo.
Nella Banca mondiale ero responsabile delle attività nel Maghreb e ho suggerito la creazione di una piattaforma per la diffusione della conoscenza e dell'apprendimento nel Mediterraneo. Ci sono molte iniziative nel Mediterraneo, ma è sempre stato difficile dar vita a qualcosa di veramente attivo, cioè a un dibattito vivace che andasse al di là dei governi e che abbracciasse le società. Proprio in questo contesto, abbiamo creato il Centro per l'integrazione del Mediterraneo, che dirigo.
Il Centro è stato istituito prima della «primavera araba», per creare rapporti tra le diverse società e per approfondire tutti i temi attinenti all'integrazione. Tuttavia, dopo la «primavera araba» o il «risveglio arabo», la dinamica dei rapporti è cambiata. Stamattina ho avuto l'onore di partecipare alla Conferenza OSCE sull'integrazione del Mediterraneo; parteciperò a iniziative analoghe a Praga nel quadro della NATO. Sono in corso diversi dibattiti di grande attualità. Questi Paesi stanno raccogliendo la sfida politica del momento, quindi si è aperto un dibattito


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sulle Costituzioni e sulle sfide macro-economiche, ma anche sull'integrazione, dovuto proprio alle scelte, alle politiche e alla trasformazione di queste società. Insomma, la realtà sta cambiando a un ritmo più rapido rispetto all'azione istituzionale. Pertanto, vorrei presentarvi cinque aree in cui è necessario apportare dei cambiamenti.
I governi della sponda meridionale del Mediterraneo, dopo il risveglio arabo, hanno di fronte delle opinioni pubbliche con grandissime aspettative. Nel quadro delle sfide economiche più generali, la prima priorità è il lavoro. Per questi governi non è facile soddisfare queste enormi aspettative. Dico subito che, anche se attuassimo le migliori politiche di investimento, non si creerebbe lavoro per tutti i giovani. Purtroppo, la cosa non è così rapida. Ciò nonostante, è necessario iniziare ad agire sin da ora.
Il mio intervento toccherà a cinque temi.
Il primo è relativo al fatto che la regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa) del sud del Mediterraneo deve potersi raccordare meglio con i mercati globali. Ci sono alcuni Paesi che esportano gas e petrolio, ma anche per questi è necessario migliorare queste attività economiche e il modo in cui si integrano nei mercati globali ed europei. Paesi come la Tunisia e il Marocco hanno delle economie che per i due terzi sono integrate con l'Europa per quanto riguarda gli scambi commerciali e gli investimenti. Tuttavia, questa integrazione deve ancora progredire.
Abbiamo assistito a un lungo periodo di tentativi di riforme economiche, ma quelle che sono state attuate prima della primavera araba non sono state molto approfondite perché erano in gran parte legate agli interessi del ceto politico, ragion per cui non hanno consentito la nascita di aziende capaci di competere sul mercato e di creare lavoro. Nell'ambito della Banca mondiale, parliamo, quindi, della transizione da un'economia del privilegio a un'economia della concorrenza. Il primo cambiamento è questo.
Inoltre, è importante mantenere i collegamenti con il settore cosiddetto «informale» perché l'occupazione verrà anche dalla piccola e media impresa (PMI), come avviene in Germania o in Italia. Quindi, è il settore delle PMI che deve progredire. In molti di questi Paesi siamo di fronte a un equilibrio cosiddetto «a basso livello». Per esempio, gli artigiani sono in grado di produrre determinati prodotti, ma non hanno le economie di scala. Abbiamo, perciò, bisogno di creare economie di scala e dunque riformare in profondità tutto il settore imprenditoriale. Il Marocco ha già iniziato a percorrere questa strada, ma dobbiamo approfondire l'azione di riforma.
In questo quadro, quello finanziario è uno dei settori più sensibili perché bisogna creare un collegamento tra istituzioni finanziarie e aziende che sono in grado di investire. Attualmente, c'è una certa riluttanza a intervenire. Il settore finanziario aveva una notevole liquidità in passato, che, però, non si è tradotta in finanziamenti erogati alle PMI, consentendo loro di collocarsi sui mercati dell'esportazione e quindi di crescere. I governi dei Paesi della sponda meridionale hanno molto interesse a riformare il settore imprenditoriale, ma per il momento le riforme sono insufficienti.
Un secondo tema importante riguarda un nuovo contratto o patto sociale. Anche su questo, in passato, avevamo un equilibrio «a basso livello», cioè lo Stato non dava molto e la gente non si aspettava molto. Oggi, la situazione è più complessa perché la gente soffre a causa di un'elevatissima disoccupazione, ma lo Stato non ha strumenti finanziari, quindi si rischia una crisi di fiducia nella società proprio nel momento di maggiore apertura politica. Anche su questo aspetto, dobbiamo modernizzare.
In Marocco, per esempio, si erogavano sovvenzioni «alla cieca», cioè tra il 4 e il 7 per cento del PIL veniva erogato per sovvenzionare l'acquisto di carburanti o di derrate alimentari di base. Tuttavia, questo tipo di sovvenzioni non sono certo il canale più razionale per trasferire le risorse


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dello Stato. Per una maggiore equità sociale, sarebbe meglio dare assegni familiari per superare la povertà. Se, invece, vogliamo migliorare l'occupazione, dobbiamo potenziare la formazione e il collocamento. Viceversa, sovvenzionare il consumo di carburante non è una misura efficace. Passare da ciò a forme di previdenza sociale moderne richiede un'impostazione diversa. Di questo si discute, ma le decisioni non sono state ancora adottate. Allora, dobbiamo accompagnare questi Paesi verso un nuovo contratto sociale, che sia all'altezza del periodo successivo alla primavera araba.
Il terzo tema riguarda la mobilità della manodopera. Per troppo tempo c'è stata l'idea per cui la sponda meridionale vive una situazione di «fuga dei cervelli» mentre, sulla sponda settentrionale, c'è il problema dell'immigrazione e dell'integrazione. Ora dobbiamo andare al di là di questo schema. La mobilità della manodopera - se pensiamo alla storia economica - è positiva sia per i Paesi da cui si emigra, sia per quelli verso i quali si emigra. Peraltro, ho appena visitato il Transatlantico, che è un denominazione molto evocativa in questo senso. Questo vale anche per il bacino mediterraneo. Insomma, bisogna avere maggiore fiducia nella mobilità perché il Mediterraneo è stata un'area integrata per migliaia di anni e dobbiamo pensare allo stesso modo anche per il futuro, quindi dobbiamo affrontare la questione della mobilità della manodopera in maniera più scientifica, valutando i programmi di intervento per quanto riguarda sia i Paesi di origine che quelli di destinazione. Sappiamo che non è facile, ma dobbiamo affrontare questa tematica in maniera più consapevole dei benefici che potremmo realizzare nel lungo periodo.
Noi, del resto, concorriamo proprio alla valutazione di questi programmi. Per esempio, la scorsa settimana, il ministro tunisino della migrazione si è riunito, per la prima volta, con un gruppo di esperti per valutare il significato più profondo di migrazione e sviluppo. Si tratta di un diverso tipo di approccio che non siamo stati in grado di adottare prima della primavera araba. Inoltre, dobbiamo considerare il significato potenziale della libera circolazione delle persone, anche senza fissare delle scadenze, perché si tratta di un tema importantissimo nel lungo periodo, visto che soltanto a quel punto avremo degli standard su entrambe le sponde che siano in grado di definire le condizioni di sicurezza e di integrazione adatte a sostenere un futuro comune.
Il quarto tema è quello della «crescita verde», cioè della sostenibilità. Due anni fa, se ci fossimo riuniti in questa stessa occasione, il mio intervento sarebbe partito dall'acqua e dall'energia. Oggi, ovviamente, le questioni macroeconomiche sono in cima all'ordine del giorno. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare l'importanza dell'energia, dell'acqua e dell'ambiente. Abbiamo pubblicato un rapporto dal titolo Crescita verde nel quale si constata che per molte questioni ambientali, come per quelle sociali, ci sono dei costi. Se, però, avessimo considerato soltanto i costi, non avremmo mai realizzato progressi sociali. Questo vale anche per l'ambiente. I problemi ambientali debbono essere parte della soluzione. Con una coscienza ambientale più avanzata, saremmo in grado di creare posti di lavoro, per cui non dobbiamo pensare soltanto che si aggiungono costi nell'equazione economica per le imprese e l'economia nel suo complesso.
Peraltro, lo stesso è successo in Europa e non ci sono fattori ostativi a che ciò possa accadere anche nel Mediterraneo meridionale. Per esempio, se una società edilizia a Tunisi o ad Algeri lavora con dei progetti energetici moderni, come i pannelli a energia solare, e anche la programmazione urbanistica è valida, si troverà all'avanguardia sul piano economico. Queste sono le migliori pratiche e devono essere diffuse anche nel sud. È questo il modello di integrazione che proponiamo.
Se parliamo, poi, dei grandi sistemi energetici, al di là delle esportazioni di gas e di petrolio, si apre anche la possibilità di esportare le energie rinnovabili, come l'energia solare, cosa che porterebbe a un


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salto di qualità. Negli ultimi tre anni, si è collaborato molto per creare l'interconnessione tra le reti energetiche ed elettriche per consentire alla generazione di energia solare su larga scala di diventare economicamente sostenibile. Oggi, i costi unitari sono ancora superiori agli altri tipi di energia, ma si stanno riducendo.
Pensiamo a Ouarzazate in Marocco, là dove la Banca mondiale ha attivato un enorme investimento di 5 miliardi di dollari in un campo energetico. Ovviamente, quando arriviamo a queste dimensioni di scala, tutto diventa molto interessante. L'Italia, per esempio, potrebbe collegare la Sicilia con Tunisi, per cui investire in Algeria o in Tunisia potrebbe diventare estremamente redditizio, nel momento in cui l'Italia cerca di potenziare il ricorso al rinnovabile. Si tratta di investimenti infrastrutturali su larga scala che debbono partire rapidamente perché quanto più ingenti e celeri sono, tanto più velocemente si ridurranno i costi unitari di generazione di queste energie rinnovabili.
Il quinto punto che vorrei toccare ha a che fare con l'integrazione istituzionale. Ho già parlato delle questioni legate al processo di trasformazione in atto in questi Paesi, del clima economico, del contratto sociale, della mobilità del lavoro, delle risorse idriche ed energetiche. Possiamo, però, trarre delle conclusioni riguardo al governo del processo di trasformazione. Non c'è dubbio che queste economie debbono procedere in maniera più parallela rispetto all'Europa, così come rispetto al resto del mondo, cosa che richiede una maggiore cooperazione a livello istituzionale. Esistono i partenariati dell'Unione europea, poi c'è l'OCSE, tutta la cooperazione a livello intergovernativo e anche l'Unione per il Mediterraneo. Tutto ciò è positivo, ma vorrei suggerire che in alcuni settori sarebbe bene far emergere delle prassi comuni che fungano da fondamenta per assumere degli impegni a lungo termine.
Per esempio, un paio di anni fa non c'era una sola università del mondo arabo tra le 500 migliori del mondo. Questo non è accettabile per il governo della trasformazione economica. In questo quadro, abbiamo lavorato con i rettori dei diversi atenei del mondo arabo, cercando di creare un collegamento con il «Processo di Bologna», in Europa, in cui le università erogano una formazione che è riconosciuta anche nei Paesi vicini. Abbiamo lavorato per un paio d'anni con i rettori delle università, incoraggiandoli a un'autovalutazione per quanto riguarda la governance universitaria, il finanziamento e la qualità. Hanno, poi, pubblicato queste autovalutazioni sui loro siti web, con un processo di mutuo apprendimento perché studenti, docenti e rettori possano confrontare l'offerta delle università, cosa che funge da sprone per migliorare la qualità.
In ultima analisi, questo tipo di interazione con l'Europa consentirà il delinearsi di uno spazio di qualità condiviso. Quando parlavo di condivisione delle pratiche e di integrazione che parte dal basso mi riferivo proprio a questo, al di là della cooperazione intergovernativa. Nel momento in cui l'Italia e altri Paesi dell'Unione europea cercano di far progredire i rapporti a livello intergovernativo, la Banca mondiale e altre istituzioni di questo tipo possono cercare di rafforzare i comportamenti delle università, le politiche pensionistiche, il contratto sociale, la regolamentazione delle attività imprenditoriali, cioè creare nel Mediterraneo, passo dopo passo, uno spazio economico e sociale condiviso. Questo è il nostro obiettivo e per questo lavoriamo.
Ho concluso il mio intervento introduttivo e resto a disposizione per le vostre domande. Grazie.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Karlsson e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GENNARO MALGIERI. Ringrazio il dottor Karlsson per la puntuale ed esaustiva disamina dei problemi afferenti all'area del Mediterraneo dal punto di vista della Banca mondiale, ma soprattutto per il riferimento che ha fatto, tra gli organismi intergovernativi, all'Unione per il Mediterraneo.


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Difatti, questa sottolineatura non sempre avviene nelle Aule parlamentari dei Paesi mediterranei, della sponda sia nord sia sud.
L'Unione per il Mediterraneo è la prosecuzione, senza successo, del fallito «Processo di Barcellona». Ritengo, infatti, che anch'essa si avvii a un nuovo fallimento proprio perché non ha chiari gli obiettivi da raggiungere, al di là di una banale intesa riguardo al dialogo con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. In sostanza, tutto quello che il dottor Karlsson ha appena detto rientra nei compiti che l'Unione per il Mediterraneo si è assunta fin dal 2003, quando è stata fondata l'Assemblea parlamentare euromediterranea (così si chiamava), della quale faccio parte fin dall'epoca.
Vorrei, quindi, sapere dal dottor Karlsson se a livello di Banca mondiale si è mai parlato di uno degli asset più importanti dell'Unione per il Mediterraneo, ovvero della creazione di una Banca per gli investimenti nel Mediterraneo, che rientra tra le problematiche più importanti, insieme al disinquinamento del Mediterraneo, alle autostrade del mare, al problema dei visti, alla regolamentazione dei flussi e via dicendo. Peraltro, su questo, facciamo delle belle riunioni annuali e persino semestrali nelle commissioni economiche e finanziarie, ma poi alla fine non si riesce a ottenere nulla.
Si è creato un grande Segretariato generale a Barcellona, ma è assolutamente privo di sostanza, nel senso che non ha potere di fare alcunché rispetto al problema a cui il nostro ospite ha fatto riferimento, cioè all'incapacità delle aziende del sud del Mediterraneo di potersi dare delle strutture competitive per esportare i loro prodotti in Europa. Tutto questo è discusso soltanto a livello teorico, ma dal punto di vista pratico non accade per i motivi semplicissimi che il dottor Karlsson conosce meglio di me.
Un primo motivo è che, in quei Paesi, la produzione non avviene secondo gli standard europei, per quanto concerne la sicurezza del lavoro. Per esempio, l'industria alimentare potrebbe invadere i mercati europei in quanto la produzione è a basso costo e con un'ottima qualità dal punto di vista delle materie prime impiegate, ma gli standard igienici, ammessi dagli stessi Paesi del Maghreb o del Mashrek, rendono non esportabili i prodotti che vengono realizzati.
Oltretutto, il problema dello sviluppo del mercato è legato ai flussi, quindi a una politica dei visti. Finché non abbiamo delle istituzioni che si assumano seriamente il problema di regolamentare i visti, per come vengono chiesti dai Paesi del sud del Mediterraneo, non ci sarà nessuna possibilità di creare una reciprocità di scambi con l'altra parte del Mediterraneo per motivi che non sfuggono a nessuno. Non è un caso che in tutte le riunioni che facciamo il problema dei visti è sempre il primo a essere sollevato, in particolare da Paesi come l'Algeria e il Marocco.
C'è, poi, il problema della conoscenza. Siamo d'accordo che tutto si fonda sul dialogo e sulla tolleranza, ma quando è stato creato un gruppo di 180 università mediterranee raggruppate nell'Università per il Mediterraneo, questo è comunque rimasto relegato in un ambito molto ristretto. È vero che hanno aderito molte università - lei ha citato l'università di Bologna, ma potrei citare quella di Salerno, di Napoli e molte altre - il cui luogo di incontro è Portorose, in Slovenia, ma non si riesce a creare un'osmosi sempre per una questione di visti. Infatti, dai paesi del Maghreb possono affluire soltanto pochissimi studenti molto selezionati e per pochissimi mesi. Di conseguenza, gli scambi con le università europee sono pressoché nulli. Insomma, abbiamo tutti questi problemi sul tappeto che rendono molto difficile uno scambio a parità di condizioni fra il sud ed il nord del Mediterraneo, quindi lo sviluppo di una politica euromediterranea, ancorché sotto l'egida della Banca mondiale. Viceversa, sarebbe il caso che la Banca mondiale si riferisse alla costituenda, costituita o immaginata Banca per gli investimenti nel Mediterraneo.
Mi scuso se mi sto dilungando, ma avrei un'altra brevissima osservazione. Lei,


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dottor Karlsson, ha fatto riferimento alla cosiddetta «primavera araba» e al cambiamento in atto. Ecco, i sistemi costituzionali che stanno venendo fuori dalla sedicente «primavera araba» - loro stessi non amano chiamarla in questo modo - non sono assolutamente compatibili con i nostri sistemi costituzionali. L'unico modello di poco più avanzato è quello del Marocco, ma sta creando molti problemi interni all'attuale dirigenza del Paese, per cui si prevedono mutamenti piuttosto seri e forse anche gravi nei prossimi mesi per cercare di tenere coesa la società marocchina, che fino a questo momento era la più affidabile tra le nazioni magrebine.
L'altro giorno, in sede di Commissione cultura dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo, dovevamo approvare - pensi a quali livelli di follia si arriva nel nostro mondo, soprattutto in Europa - una Carta dei valori euromediterranei. Un collega algerino si è alzato e ha detto che non accetteranno mai lo Stato di diritto perché la Sharia, in nome di Allah potente e misericordioso, è inattaccabile.
Ora, con questi presupposti, mi chiedo come l'Europa, la Banca mondiale e tutte le istituzioni comunitarie e sovranazionali pensano di avere un interlocutore affidabile sull'altra sponda del Mediterraneo, se non vengono risolti i problemi di fondo che sono sul tappeto, che tutti conosciamo e che molto sinteticamente ho ritenuto di rappresentare.

PRESIDENTE. Preciso, per il dottor Karlsson, che il collega Malgieri è il presidente della Commissione cultura dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo, quindi parla con cognizione di causa. Do ora la parola all'onorevole Tempestini.

FRANCESCO TEMPESTINI. Ringrazio il dottor Karlsson per la sua introduzione. Mi pare di aver compreso che il suo approccio ci solleciti a dire che, accanto ai rapporti interistituzionali, occorre puntare sui rapporti di integrazione dal basso tra i soggetti che operano nelle società del Mediterraneo. A questo proposito, vorrei farle una domanda molto semplice. In questo sviluppo di rapporti di integrazione, come vede il ruolo della cooperazione allo sviluppo tra le due sponde del Mediterraneo?
In sostanza, vorrei sapere se le attività che la cooperazione internazionale allo sviluppo effettua nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo - poche o molte che siano - potrebbero essere meglio orientate e se si muovono all'interno dei paradigmi che lei ha cercato di indicarci. Pensiamo, per esempio, al mondo della piccola e media impresa. Il mondo della cooperazione allo sviluppo sta aiutando questi processi e, eventualmente, in che termini?
Ecco, mi farebbe piacere se toccasse questo ultimo aspetto, tra i tanti che ha già indicato nella sua introduzione.

PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Karlsson per una breve replica.

MATS KARLSSON, Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale. Vi ringrazio per le vostre domande. Rispondo, in primo luogo, sui temi che ha evocato l'onorevole Malgieri. Alla Banca mondiale forniamo degli strumenti, non diamo forma al dialogo politico generale. Questi Paesi sono entrati in una fase politica nuova. Pertanto, consideriamo questo clima di apertura come un'opportunità da cogliere per ampliare e rafforzare gli scambi. Cerchiamo di portare esperienza e conoscenza per offrire un supporto alle scelte di questi Paesi.
La Banca mondiale viene da una tradizione di apertura e di scambio. Crediamo, infatti, che la storia economica dimostri che l'apertura, gli scambi tra le persone, la mobilità del lavoro e i visti siano fattori positivi per entrambe le parti. Su questo, riteniamo che il dopo primavera araba ci interpelli per un nostro maggiore impegno. Dobbiamo, cioè, offrire più esperienza, non limitata soltanto all'Europa. Per esempio, quando parliamo di sistemi previdenziali, consultiamo il Messico, l'Indonesia e altri Paesi a medio reddito, affinché i Paesi mediterranei abbiano


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una maggiore possibilità di scelta. A ogni modo, si tratta di un'area economica in cui continueranno a esserci scambi e opportunità da cogliere. Come sostenere, quindi, queste dinamiche? L'economia della conoscenza, la crescita verde, gli scambi commerciali e il partenariato di Deauville sono tutte tessere del mosaico.
L'onorevole Malgieri ha parlato di una Banca per gli investimenti nel Mediterraneo, ma c'è la Banca mondiale, la Banca mondiale di investimenti, la BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo), la Banca di sviluppo africano, la Banca di sviluppo islamica e altre istituzioni che hanno una dimensione più nazionale. Forse, c'è lo spazio per un'altra istituzione finanziaria di diritto pubblico. Tuttavia, credo che sarebbe ancora più importante sfruttare in modo coordinato gli strumenti finanziari esistenti. So che si è discusso di una Banca per gli investimenti nel Mediterraneo, ma, per il momento, direi di cercare di utilizzare le risorse disponibili.

GENNARO MALGIERI. Il Parlamento italiano è l'unico Parlamento europeo che ha votato una risoluzione in favore dell'istituzione di una Banca di investimenti euromediterranea.

MATS KARLSSON, Direttore del Centro per l'integrazione del Mediterraneo presso la Banca Mondiale. Certo, mobilitare il capitale è fondamentale perché rappresenta una sfida macroeconomica per i Paesi del sud del Mediterraneo, che hanno bisogno di finanze per avanzare sulla strada delle riforme. Ciò nonostante, c'è anche tutto il settore dell'investimento privato. Torniamo, dunque, alla questione delle PMI. Infatti, l'evoluzione delle piccole e medie imprese dipende anche da tutto il clima economico. In questi Paesi del sud del Mediterraneo c'è molto da fare per quanto riguarda le riforme economiche e per creare un contesto propizio all'attività di impresa.
La cooperazione allo sviluppo può essere di ausilio, ma siamo una situazione diversa dal tipo di sostegno che viene dato all'Africa subsahariana. La nostra quota di assistenza e aiuto allo sviluppo per l'Africa del Nord è minore, in termini di PIL, rispetto a quella per l'Africa subsahariana, per cui dobbiamo sostenere, in primo luogo, le conoscenze e le riforme, piuttosto che sovvenzionare gli investimenti. Questo può realizzarsi. Negli ultimi vent'anni siamo stati coinvolti in molti Paesi e sappiamo come si lavora con Paesi a medio reddito, ma in questi casi bisogna puntare sull'integrazione, non basta la base nazionale. Dobbiamo promuovere l'integrazione delle economie della regione. Questo è un angolo visuale un po' diverso rispetto alla tradizionale cooperazione allo sviluppo.
L'onorevole Malgieri ha anche parlato del Processo di Barcellona. Tutti sappiamo che ha bisogno di essere rivitalizzato, motivo per cui è stata creata l'Unione per il Mediterraneo. Abbiamo una buona cooperazione, un memorandum d'intesa e ci rechiamo alle loro riunioni. Una settimana fa, a Marsiglia, ho incontrato il Segretario generale. Insomma, ci sono scambi, per cui c'è un quadro coerente e positivo. Tuttavia, alla fine, dobbiamo occuparci dei temi concreti. Ho parlato dell'istruzione superiore, ma avrei potuto parlare anche delle politiche migratorie.
Per quale motivo alcuni Paesi attuano politiche migratorie più efficaci rispetto a quelle di altri? Per quale motivo alcuni Paesi hanno adottato una politica globale più articolata riguardo all'economia della conoscenza? In Europa, c'è il Processo di Lisbona. Anche noi cerchiamo di promuovere un'impostazione più globale.
Per esempio, la Finlandia e altri Paesi hanno spostato le loro economie più in alto sulla scala di misurazione della produttività. Non pensiamo soltanto al clima economico o all'istruzione superiore, bensì a un'impostazione trasversale che faccia innalzare il livello della conoscenza e che porti questi Paesi a poter partecipare a un livello superiore di produzione di valore aggiunto. Non ci sono motivi che impediscano a questi Paesi dell'Africa del Nord di imboccare questa strada.
Oggi forniscono prodotti tessili, mentre Cina e altri Paesi dell'Asia orientale forniscono


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prodotti all'ingrosso un anno prima. Le fabbriche di tessuti della Tunisia lavorano più a ridosso della domanda proprio per la prossimità geografica. Pertanto, i rapporti di interscambio con l'Africa porteranno vantaggi anche all'Europa. Questa è la logica fondamentale dello scambio economico.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Karlsson per la sua puntuale relazione che ha toccato dei punti essenziali per la comprensione dell'attuale situazione dell'area mediterranea.
Nel ringraziarlo ancora del suo contributo, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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