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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
4.
Giovedì 26 febbraio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

Audizione di rappresentanti di Social Watch:

Pianetta Enrico, Presidente ... 2 9 10
Bena Farida, Rappresentante di Unità e cooperazione per lo sviluppo dei popoli (UCODEP) ... 6
Mecacci Matteo (PD) ... 8
Nardi Jason, Coordinatore della coalizione italiana di Social Watch ... 4
Rondinella Tommaso, Rappresentante dell'Associazione Lunaria ... 7 10
Silverman Jana, Segretario internazionale di Social Watch ... 3
Siniscalchi Sabina, Rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica ... 2 9

Audizione del sindaco di Milano, Letizia Moratti, commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015:

Pianetta Enrico, Presidente ... 11 16 21 24
Bernardo Maurizio (PdL) ... 17
D'Amico Claudio (LNP) ... 18
Fassino Piero (PD) ... 16
Mecacci Matteo (PD) ... 18
Molteni Laura (LNP) ... 19
Moratti Letizia, Sindaco di Milano e commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015 ... 11 21
Moroni Chiara (PdL) ... 20
Picchi Guglielmo (PdL) ... 19
Stracquadanio Giorgio Clelio (PdL) ... 20
Zacchera Marco (PdL) ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 26 febbraio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEL COMITATO ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 11,20.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Social Watch.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'audizione di rappresentanti di Social Watch.
Porgo il benvenuto, saluto e ringrazio per la loro presenza Jana Silverman, segretario internazionale di Social Watch, Jason Nardi, coordinatore della coalizione italiana di Social Watch, Sabina Siniscalchi, rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica, Farida Bena, responsabile dell'ufficio campagne UCODEP e OXFAM international, e Tommaso Rondinella, rappresentante dell'associazione Lunaria.
La scorsa settimana, ho presenziato con altri colleghi alla presentazione del Rapporto 2008 Social Watch intitolato «Crisi globale. La risposta: ripartire dai diritti». È stato un incontro molto interessante con la presenza di parlamentari italiani e rappresentanti della società civile.
Questo Comitato sta svolgendo una serie di audizioni per valutare la situazione del raggiungimento degli obiettivi del Millennio previsti per il 2015. Abbiamo audito numerosi rappresentanti e siamo consapevoli delle difficoltà concernenti soprattutto il primo punto, la questione alimentare, la questione della fame e della povertà.
Do parola ai rappresentanti di Social Watch.

SABINA SINISCALCHI, Rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica. Grazie, presidente. Siamo riconoscenti al Comitato sugli obiettivi di sviluppo del Millennio non soltanto per averci concesso questa audizione ma anche per essersi costituito. Riteniamo infatti molto importante riportare l'attenzione del Parlamento italiano su un tema che riguarda lo stato del mondo, tutti i popoli del mondo e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi.
Rappresentiamo Social Watch, che è un network, una coalizione che riunisce rappresentanti di organizzazioni non governative di oltre 70 Paesi del mondo, nata nel 1995 subito dopo due importanti summit internazionali quali la Conferenza sullo sviluppo sociale di Copenhagen e quella di Pechino sui diritti delle donne. Ogni anno, Social Watch pubblica un rapporto in cui viene monitorato il rispetto da parte dei Governi degli impegni presi in quelle conferenze internazionali e compendiati poi negli obiettivi del Millennio.
Social Watch attribuisce una grande importanza all'interlocuzione con le istituzioni nazionali e internazionali, in particolare con i Parlamenti, che ritiene possano essere più vicini alla volontà dei


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cittadini. Per quanto riguarda le istituzioni internazionali, Social Watch ha un'interlocuzione privilegiata con il sistema delle Nazioni Unite, tanto che viene invitato ai summit internazionali, nell'ultimo dei quali, quello di Doha su finanza e sviluppo, ha potuto effettuare il lancio internazionale del rapporto. Come decana di questo gruppo, ringrazio quindi il presidente per avermi concesso l'onore di introdurlo.
Nel lasciare la parola a Jana Silverman, tengo a precisare come il Segretariato internazionale abbia da sempre sede in un Paese del sud del mondo - sebbene la signora Silverman sia di nazionalità statunitense - ovvero a Montevideo in Uruguay, sede da cui si diramano tutte le ricerche e i rapporti preparati sia a livello nazionale, che su temi di natura internazionale.

JANA SILVERMAN, Segretariato internazionale del Social Watch. Grazie, buongiorno. Ringrazio il presidente per averci offerto la possibilità di parlare dei risultati della relazione 2008 del Social Watch.
Il Social Watch, come coalizione internazionale che raggruppa 400 organizzazioni della società civile e basate sulla comunità in più di 70 Paesi, ritiene che la povertà sia un fenomeno multidimensionale, non relativo soltanto all'accesso a beni e servizi essenziali e al benessere dell'uomo (human welfare), ma anche alla mancanza di empowerment, ovvero alla capacità di influire in termini economici e sociali in modo efficace. Vorremmo utilizzare come punto di partenza la definizione di povertà utilizzata dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali, secondo cui la povertà è una condizione umana caratterizzata da una cronica privazione delle risorse, delle capacità, delle scelte, della sicurezza e del potere necessari per poter godere di un livello di vita adeguato e godere dei diritti culturali, civili, economici, politici e sociali.
Crediamo che la povertà non possa essere misurata soltanto in termini di reddito. La Banca mondiale utilizza un parametro di un dollaro al giorno per indicare il reddito degli esseri umani che vivono al di sotto della soglia di povertà. Ma questo parametro non tiene conto della capacità delle persone di soddisfare i propri diritti sociali ed economici al di fuori del mercato, come ad esempio all'interno di piccole economie rurali o in economie in cui esistono sussidi statali per prestazioni essenziali, come gli alloggi o i servizi di pubblica utilità.
Il Social Watch ha creato un indice alternativo per misurare la povertà, denominato Indice delle Capacità di Base (BCI = Basic Capabilities Index). Tale indice utilizza tre semplici indicatori, specificamente legati agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: la percentuale di bambini che raggiungono il quinto livello di istruzione, il tasso di mortalità infantile e il numero di nascite e assistite da personale specializzato. È dal 2000 che raccogliamo dati su questi tre indicatori, misurati per 176 Paesi.
Il nostro rapporto di quest'anno evidenzia che, se alcuni Paesi non miglioreranno il tasso di progresso in relazione a questi tre indicatori, nessun Paese in via di sviluppo potrà mai raggiungere il massimo livello possibile di capacità di base, che è stato stabilito a 99-100, vale a dire un tasso individuabile in paesi dell'Europa occidentale o dell'America Settentrionale. Prima del 2015, anno nel quale si dovrebbero raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, nessun Paese in via di sviluppo potrà raggiungere questi livelli, se non ci si impegnerà.
Abbiamo quindi documentato nel nostro rapporto come, a partire dal 2000, 56 Paesi nel mondo non abbiano registrato progressi sostanziali nei riguardi di questi obiettivi, mentre 21 siano addirittura regrediti in relazione ai nostri indicatori.
Da questi calcoli emerge come in alcune aree come l'Asia meridionale nel 2022 verrà raggiunto un livello accettabile di questi tre indicatori grazie alla crescita economica dell'India. In America Latina tale livello sarà raggiunto nel 2027 grazie alla realizzazione, in Paesi come il Brasile, di alcuni innovativi programmi di riduzione


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della povertà (come il Bolsa Familia Programme); nell'Asia Orientale i nostri obiettivi saranno raggiunti entro il 2031, in Medio Oriente e in Africa nel 2032, in Asia centrale nel 2041. I problemi più grandi si registrano nell'Africa subsahariana, dove i nostri obiettivi non saranno raggiunti prima del 2353.
Questi indicatori fondamentali evidenziano dunque la difficoltà di raggiungere questi obiettivi, che pure non hanno un livello di difficoltà particolarmente alto, prima di 344 anni, a meno che non sopraggiunga un cambiamento radicale che consenta a questi Paesi di migliorare considerevolmente le proprie capacità di base. La lotta alla povertà non deve essere quindi soltanto uno slogan, ma deve tradursi in fatti concreti, in politiche pubbliche sostenute da aiuti per lo sviluppo d'oltremare (Overseas Development Aid) trasparenti e in grado di fornire potere ai Paesi in via di sviluppo, altrimenti il circolo vizioso della povertà non si interromperà mai.
Social Watch lavora anche in termini di discriminazione di genere. Utilizziamo un altro indice alternativo per misurare la discriminazione di genere, relativa anch'essa agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: l'indice di parità di genere. Riteniamo che la povertà non possa essere superata se più della metà della popolazione mondiale, vale a dire ovviamente le donne, si vede sistematicamente negato l'accesso a diritti, benefici e opportunità. Il nostro indice di parità di genere, anch'esso un indicatore molto semplice, misura il gap di genere nel campo dell'istruzione (primaria, secondaria e universitaria), la partecipazione economica delle donne, ovvero la partecipazione delle donne al mondo del lavoro e il divario salariale, e la percentuale di donne che hanno raggiunto posizioni di potere a livello pubblico e privato.
Purtroppo, più della metà delle donne del mondo vive in Paesi che dal 2004 non hanno conseguito progressi in questo ambito. Calcoliamo questo indice dal 2004 per verificare i progressi nel corso del tempo. Un particolare problema è legato alla partecipazione economica delle donne e al loro empowerment. Il divario salariale tra uomini e donne in tutto il mondo è pari al 32 per cento secondo l'Unione interparlamentare; solo il 17,5 per cento dei parlamentari nel mondo è costituito da donne e, secondo i calcoli del Social Watch, il 60 per cento dei Paesi nel mondo non ha registrato consistenti progressi nell'accesso che le donne hanno all'istruzione.
Noi riteniamo che la parità di genere non sia necessariamente legata al reddito, giacché alcuni Paesi che hanno riportato il punteggio più alto per quanto riguarda l'indice di parità di genere sono tra i più poveri al mondo, come Rwanda e Mozambico. Questi garantiscono alle donne la partecipazione economica, l'empowerment e la possibilità di accedere alla sfera pubblica, senza che ciò comporti l'attuazione di programmi o di politiche pubbliche che richiedano trasferimenti di reddito. A tal fine, invece, sono necessarie semplicemente politiche pubbliche efficaci, inclusive e trasparenti, che abbiano ad esempio la forma di programmi di azione positiva (Affirmative Action Programmes) in grado di garantire parità nell'accesso all'istruzione e al mondo del lavoro e nella partecipazione al sistema politico. Purtroppo, le rilevazioni effettuate secondo il nostro indicatore dimostrano che Paesi come il Rwanda e la Namibia presentano livelli di parità di genere più alti dell'Italia, considerando una statistica secondo la quale in Rwanda la percentuale delle donne in parlamento è pari al 49 per cento e in Namibia al 27 per cento, mentre in Italia è del 17 per cento.
L'empowerment femminile è essenziale per eliminare la povertà e impedirne la ricomparsa. Nell'attuale crisi economica globale, parte delle persone che più di tutte risentiranno della situazione sarà costituita da donne. Spero quindi che l'Italia, insieme all'Unione europea, possa assumere una posizione molto forte in relazione a questo. Grazie.

JASON NARDI, Coordinatore della coalizione italiana di Social Watch. In Italia, stiamo seguendo il rapporto Social Watch


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da tredici anni, ma la prima pubblicazione risale al 1998. In questi anni, abbiamo perseguito il nostro obiettivo principale, monitorando il rispetto degli impegni assunti dal nostro e dagli altri Governi, senza formulare nuove richieste. Questo è il nostro punto di partenza. Purtroppo, abbiamo constatato come negli ultimi venti anni il trend generale di crescita economica e quello del benessere, misurabile in molti modi con il livello di povertà alla sua base, vadano in direzioni diverse.
Misuriamo questo in relazione ai dati disponibili in più Paesi e l'ultimo rapporto prende a riferimento dati del 2006 e del 2007. L'impatto delle molteplici crisi (quella alimentare dall'inizio del 2006, l'aumento dei prezzi delle materie prime in tutto il mondo, la crisi energetica e quella finanziaria) non è dunque ancora calcolato e possiamo solo immaginarci gli scenari. Desideriamo porre l'attenzione su questo, perché rischiamo di avere grossi problemi in futuro, se non vengono cambiate radicalmente le politiche dei nostri Governi per compensare questo gap tra tentativo di crescita economica dei Paesi e crescita sociale.
Il nostro interlocutore privilegiato è il Parlamento perché uno di questi aspetti è il livello di governance in molti Paesi, ovvero il livello di partecipazione democratica dei cittadini. Come organizzazione della società civile, rileviamo un distacco tra il livello delle politiche discusse nei nostri ambiti e quello dei Parlamenti e dei Governi.
Desidero focalizzare alcuni aspetti. Dobbiamo chiederci non ideologicamente quali benefici e quali impatti abbiano arrecato soprattutto ai Paesi con cui l'Italia ha una relazione stabile le politiche degli ultimi vent'anni, la privatizzazione di beni e servizi pubblici, lo smantellamento dello stato sociale, la deregulation di settori come quello bancario e finanziario, l'apertura sempre maggiore dei confini al libero scambio di merci ma non di persone. L'impatto si è quasi sempre rivelato negativo sulle economie locali e sulla capacità dei Governi di decidere autonomamente come affrontare lo sviluppo nel proprio Paese. L'Italia è uno dei Paesi che ha negoziato gli accordi di partenariato economico con i Paesi africani e del Caribe, per cui questo Comitato dovrebbe dimostrare una particolare attenzione per evitare il ripetersi di errori commessi in passato.
L'Italia può fare molto per contribuire a uscire da questa recessione globale, innanzitutto rispettando gli impegni presi e in secondo luogo considerando - e qui mi rivolgo in particolare a voi - i diritti umani come punto di partenza, ma anche con uno sguardo più ampio. Oggi, a sessant'anni dalla Dichiarazione universale, i diritti umani comprendono infatti diritti economici, sociali, culturali e ambientali prima non considerati.
Dobbiamo quindi guardare più al multilateralismo che al bilateralismo nell'affrontare la politica estera, stipulando un minor numero di accordi con singoli Paesi dove il peso dell'Italia è maggiore rispetto a quello di altri, ma cercando di rafforzare il sistema delle Nazioni Unite. Negli ultimi anni, abbiamo infatti assistito a una progressiva perdita di autorevolezza e di importanza del sistema delle Nazioni Unite, con il conseguente indebolimento della possibilità dei Paesi più poveri di partecipare in maniera democratica alle decisione del governo internazionale.
Al suo interno, l'Italia deve guardare alle politiche adottate a livello sociale, perché, come vari rapporti tra cui il Censis hanno evidenziato, stiamo assistendo a una disintegrazione sociale, a una «mucillagine» del corpo sociale, che ha come conseguenza una minore attenzione al rispetto dei diritti fondamentali.
Desidero lasciarvi con un quesito: perché non si possano trovare almeno 100 miliardi di dollari per implementare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, se è stato possibile trovare in pochissimo tempo oltre 2.500 miliardi di dollari per salvare le banche e il sistema finanziario, e che cosa l'Italia possa fare in questo senso.


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FARIDA BENA, Rappresentante di Unità e cooperazione per lo sviluppo dei popoli (UCODEP). Come hanno già anticipato i miei colleghi, il rapporto Social Watch del 2008 cita gli obiettivi di sviluppo del Millennio come obiettivi macro da perseguire. Vorrei citare un esempio di obiettivo di sviluppo del Millennio, che emerge da questo rapporto come uno degli obiettivi più difficili da perseguire, se non il più difficile, non a caso annoverato tra i tre indicatori chiave di questo indice di capacità di base prima citato da Jana Silverman: l'obiettivo 4, che cerca di ridurre di due terzi la mortalità infantile.
Dagli anni Sessanta registriamo una diminuzione di quasi il 60 per cento della mortalità infantile. Questo ci induce a sperare, ma ad oggi, secondo le statistiche di Social Watch ma anche di altre autorevoli fonti come dell'UNICEF, quasi 10 milioni di bambini muoiono ogni anno. A questa cifra agghiacciante si aggiunge il fatto che nel 99 per cento dei casi queste morti avvengono nei Paesi in via di sviluppo e nella grande maggioranza dei casi si tratta di morti per cause assolutamente preventivabili, per malattie curabili, ovvero casi come diarrea, polmonite, tubercolosi, che nei Paesi ormai sviluppati sembrano appartenere al Cenozoico, ma che purtroppo sono ancora di drammatica attualità nei Paesi in via di sviluppo.
A questi dieci milioni dobbiamo aggiungere mezzo milione di donne che ogni anno muoiono di parto, perché spesso mancano ostetriche o cure mediche per aiutarle al momento del parto, altro indicatore chiave. Le cause di questi dati preoccupanti sono molteplici e sono riconducibili a tre macro categorie. Innanzitutto, si tratta di malattie curabili ma non c'è accesso alle cure per favorire la prevenzione e il trattamento delle malattie. In secondo luogo, spesso fattori concomitanti aumentano gravemente l'esposizione dei bambini alle infezioni, laddove ad esempio in un Paese in via di sviluppo in cui manchi un'infrastruttura in grado di garantire l'approvvigionamento di acqua pulita, è molto più facile per i bambini ammalarsi, contrarre infezioni, bere acqua sporca. Il terzo macro fattore è un insieme di politiche sociali, economiche, ambientali inadeguate a fronteggiare questo problema. A questi sono connessi altri fattori come la malnutrizione, che favoriscono la morte dei bambini; infatti quattro di questi dieci milioni muoiono nei primi 28 giorni di vita.
Ci chiediamo quali siano le soluzioni. Oltre al discorso delle risorse, di cui parleranno poi i miei colleghi, vorrei concentrarmi sull'accesso alle cure mediche, che significa anche garantire l'esercizio del diritto alla salute e quindi un minimo di equità in questi Paesi poveri. Spesso, queste donne non sanno dove partorire, perché non hanno soldi per pagare un ticket sanitario. Garantire l'accesso significa garantire equità e sostenibilità. Questo mi porta al secondo punto.
Molti donatori e Paesi già sviluppati sostengono che il ticket sanitario sia necessario per garantire la sostenibilità di questi sistemi sanitari fatiscenti. La maggior parte dei fondi che noi elargiamo a questi Paesi in via di sviluppo mira a risolvere malattie specifiche, che sicuramente meritano grande attenzione, ma è inaccettabile che un ospedale possa accogliere soltanto malati colpiti da AIDS e debba poi rimandare a casa delle gestanti.
Si deve quindi garantire un rafforzamento dei sistemi sanitari, quindi le attrezzature adeguate, gli operatori sanitari, i medici, le infermiere che spesso sono costretti a fare doppi o tripli turni e che, acquisite competenza e professionalità, vorranno scappare da questi ospedali e cercare opportunità migliori, magari andare in Europa o in America per ottenere il giusto compenso dei loro sforzi. Per prevenire una catastrofe in termini di mortalità infantile, è giusto concentrarsi sulle persone, garantire l'assunzione, la formazione e un sistema di incentivi di questi operatori, perché continuino ad aiutare la loro gente in questi Paesi in via di sviluppo.
Il 40 per cento di queste morti avviene in Paesi fragili, colpiti da emergenze, da conflitti o disastri naturali. Creare un sistema di protezione attorno a questi


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bambini sarebbe uno strumento particolarmente efficiente. Molto spesso la protezione significa anche semplicemente permettere alla madre di curarsi. Questo obiettivo di sviluppo del Millennio non può prescindere dagli altri, ovvero dal tasso di mortalità materna, dal dimezzamento della fame, dalla sostenibilità ambientale, dalla possibilità di dare acqua pulita. Si tratta di una situazione complessa. Questo è l'obiettivo su cui siamo più indietro.
Voglio sperare che quest'anno la presidenza italiana del G8 mantenga la promessa di destinare 2,5 miliardi di dollari alla salute in cinque anni, che il Presidente del Consiglio ha fatto l'anno scorso alla fine della conferenza stampa di Toyaco. Siamo cautamente incoraggiati dal fatto che la presidenza italiana ha posto la salute materna e infantile al centro dell'agenda salute del G8. Speriamo che questi impegni teorici si tramutino in fatti. La ringrazio.

TOMMASO RONDINELLA, Rappresentante dell'Associazione Lunaria. Grazie della possibilità di intervenire in questa sede. Il rapporto Social Watch di due anni fa era intitolato «Architettura impossibile», perché faceva riferimento all'architettura finanziaria internazionale e veniva rappresentato con quel quadro di Escher in cui l'acqua scende e alla fine arriva dove iniziava la cascata. Nel mondo infatti esiste un paradosso per cui, per quanto abbiamo la percezione di donare soldi e risorse al sud del mondo, in realtà il grande flusso di risorse proviene dal sud del mondo verso il nord. Si calcola che per ogni dollaro che va dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, dieci prendano la strada contraria. La Banca mondiale è un beneficiario netto, ovvero sono più le risorse che riceve dal sud del mondo di quelle che è in grado di spendere.
Per raggiungere gli obiettivi del Millennio, è essenziale mettere i Paesi in via di sviluppo in condizione di trattenere le risorse che lì sono generate anche dagli investimenti stranieri, ma che non riescono ad essere trattenute dai sistemi fiscali locali.
Il Governo e il Parlamento italiani possono effettuare due interventi per porre rimedio a questa situazione. Da un lato, le politiche di cooperazione dovrebbero essere sempre più tese alla costituzione di sistemi fiscali efficienti, dall'altro c'è da mettere mano a un sistema finanziario internazionale che è fallace, come risulta dall'esplodere della crisi attuale.
In particolare, in vista del G8 il Governo italiano potrebbe assumere una posizione netta rispetto alla chiusura dei paradisi fiscali, che sono palesemente la vergogna del sistema finanziario internazionale, essendo i luoghi in cui si evadono e si eludono le tasse, si ricicla il denaro sporco, si fanno le transazioni di armi, transitano i soldi del mercato dei migranti e gran parte del commercio internazionale per non pagare le tasse. Il più importante partner commerciale dell'India è rappresentato da Mauritius e sette dei dieci più grandi esportatori internazionali sono paradisi fiscali.
Gran parte del commercio internazionale avviene infatti eludendo i sistemi fiscali e questo vale anche per l'Italia. Se andate sul sito di Jersey, una delle isolette della Manica, troverete dozzine di imprese italiane che hanno lì la loro sede per non pagare le tasse nel nostro Paese. Per Paesi così indebitati e con difficoltà economiche come quelle attuali, riteniamo che questo sia un importante punto di partenza. Ovviamente, nei paradisi fiscali vanno a finire anche tante risorse dell'élite del sud del mondo, facendo sì che tanti dei soldi investiti al sud possano poi ritornare nelle banche occidentali.
Il secondo punto che desidero toccare è relativo alle politiche di cooperazione del nostro Paese nell'ultimo anno e in particolare alle risorse. Quest'anno è stato tagliato il 56 per cento delle risorse per finanziare la legge n. 49 del 1987. In una situazione in cui l'Italia si annoverava già tra i Paesi che meno contribuivano all'aiuto pubblico e allo sviluppo a livello internazionale, questa ulteriore riduzione la farà diventare il fanalino di coda.
Non si parla dello 0,7 per cento né dello 0,51, che è quanto dovremmo dare


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affinché venga raggiunto lo 0,7 per cento da parte di tutti i donatori, perché ci attesteremo forse attorno allo 0,1 per cento, se tutto va bene. Questo implica un vero smantellamento della cooperazione allo sviluppo nel nostro Paese.
Le linee guida del Ministero degli esteri parlano di favorire la partecipazione dei settori privati in modo da trovare le risorse. Questo rappresenta un canale che tante volte si è proposto e che si discute anche a livello internazionale, in particolare in sede di Nazioni Unite. Le public private partnership sono uno dei meccanismi per trovare maggiori risorse, perché si ritiene che in questo modo sia possibile accedere a conoscenze e tecnologie in modo da aumentare l'efficacia degli aiuti e l'efficienza del sistema e garantire maggiore innovazione e maggiore flessibilità nell'azione. Vorrei qui sottoporvi alcuni rischi di questa strategia.
Nel caso delle Nazioni Unite, si è constatato come il contributo finanziario dei privati alle politiche di sviluppo sia irrisorio. Nonostante il Global compact e le molte iniziative individuate, pochissimi privati riescono a apportare somme significative. Nel caso delle Nazioni Unite, si tratta di una cifra inferiore all'1 per cento del budget.
Di fatto, l'unico vero attore privato è la Gates Foundation, ma in questo momento Bill Gates ha il potere di veto sulle politiche sanitarie a livello globale. Questa ci appare una contraddizione in partenza, perché si corre il rischio di una influenza delle corporation, dei grandi gruppi privati nella definizione delle priorità. Si rilevano quindi una perdita di sovranità da parte del pubblico e priorità dettate dalla massimizzazione del profitto e non dalla ricerca del bene pubblico.
Abbiamo constatato una maggiore frammentazione dell'attività, perché l'impresa privata che decide di contribuire alle politiche di sviluppo si concentrerà sui progetti che considera rilevanti e ottimizzabili, ma sicuramente andrà contro un maggiore coordinamento delle politiche di sviluppo.
L'ultimo ad essere citato ma non ultimo dei rischi è quello di porre forti limiti all'azione delle politiche perché il privato sceglierà sempre di intervenire in settori nei quali potrà osservare risultati concreti. L'impresa che decide di contribuire vuole giustamente vedere i risultati delle sue azioni. Si interverrà quindi soprattutto sui settori della salute e dell'ambiente, sulle campagne di vaccinazione e su nuove tecnologie ambientali. Tali scelte sono condivisibili, ma ci chiediamo chi penserà a sviluppare ad esempio la costituzione di un sistema sanitario pubblico, che nel lungo periodo possa garantire sviluppo, chi finanzierà la promozione delle pari opportunità.
Evidentemente, quindi, una maggiore partecipazione del privato nella definizione degli interventi e degli investimenti nella cooperazione allo sviluppo rischia di mettere ancora più a rischio il raggiungimento degli obiettivi del Millennio, che già non sono sulla buona strada. Grazie.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo, perché i vostri interventi ci hanno offerto sfaccettature e valutazioni differenti, che delineano un quadro completo e ampio, utile al nostro Comitato, per contribuire alla capacità di affrontare e migliorare questi temi fondamentali.
Questa mattina, insieme ai colleghi presenti abbiamo ascoltato una relazione del Ministro Tremonti sulla situazione riguardante il G8, sulla grande carenza delle regole internazionali. Desidero sottolineare in questa sede come in chiusura del suo intervento il Ministro Tremonti abbia affacciato l'idea di una d-tax sulla base dell'Iva o di transazioni, che potrebbe essere utilizzata per finanziare quanto riguarda il sud del mondo.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Desidero ringraziare i rappresentanti di Social Watch per le loro relazioni, che hanno toccato temi diversi, che però riguardano direttamente il lavoro del nostro Comitato. Considero


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davvero importante questo lavoro, perché spesso organizzazioni come la vostra per l'attenzione e l'approfondimento riescono a effettuare l'attività di monitoraggio dell'operato dei Governi meglio del Parlamento. Tale lavoro ci è dunque molto utile per l'attività parlamentare in un momento in cui sulle politiche di aiuto allo sviluppo si assiste a una crisi complessiva, che riguarda in particolare il nostro Paese.
Come evidenziato dal presidente, siamo reduci da questa audizione del Ministro Tremonti, sulla quale esprimo purtroppo un giudizio molto critico, giacché non è stata data risposta rispetto ai rilievi e al taglio del 56 per cento dei fondi allo sviluppo. Si cita la possibilità dei privati di investire nelle politiche di aiuto allo sviluppo, come da tanti anni avviene in alcuni Paesi del G8, a partire dagli Stati Uniti, dove l'aiuto privato costituisce una parte importante che integra l'aiuto pubblico allo sviluppo, ma ho riscontrato una sostanziale sordità rispetto a queste sollecitazioni, che appare più grave laddove si effettua anche un'operazione di falsificazione della realtà nell'addurre la crisi economica a motivo della riduzione degli aiuti allo sviluppo.
Non si considera infatti come gli impegni assunti dai Governi riguardino una percentuale del PIL che deve essere destinata agli aiuti allo sviluppo, per cui in caso di riduzione del PIL si ridurrebbe automaticamente anche la quota di aiuti allo sviluppo. Si fa però molto altro anche per una sostanziale sfiducia nello strumento della cooperazione allo sviluppo che mi sembra di poter riscontrare e considero grave, perché non si propongono alternative.
Ritengo che la presidenza italiana del G8 offra al Parlamento e a organizzazioni come la vostra l'occasione di pubblicizzare questa situazione, per cui potrete contare sulla mia collaborazione.
Da alcuni accenni nel vostro rapporto mi è parso di recepire una sostanziale critica alle politiche di liberalizzazione economica per i loro effetti a livello sociale. Vorrei porvi una questione relativa ai dazi, alle importazioni di prodotti agricoli dei Paesi sviluppati dai Paesi in via di sviluppo. Secondo le analisi effettuate, politiche di liberalizzazione nel settore, quindi di eliminazione dei dazi sui prodotti agricoli avrebbero un benefico effetto su questi Paesi e sulla crescita di economie locali, quindi di emancipazione e di rafforzamento dell'indipendenza di questi Paesi rispetto agli aiuti allo sviluppo.
Rilevo quindi una forte contraddizione nel mantenere dazi alle importazioni di beni dai Paesi in via di sviluppo e nel dare soldi per aiutare lo sviluppo seguendo canali spesso non efficienti in alcuni Paesi con elevati livelli di corruzione e governance inefficaci. Vorrei conoscere la vostra opinione sulla questione della politica agricola comune europea e degli Stati Uniti, che vincola le importazioni in modo molto pesante.

PRESIDENTE. Do ora la parola a Sabina Siniscalchi per la replica.

SABINA SINISCALCHI, Rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica. Grazie per questa domanda, che evidenzia una delle contraddizioni delle relazioni economiche, commerciali e finanziarie internazionali. Il sistema economico internazionale funziona secondo due pesi e due misure, per cui da una parte si chiede ai Paesi in via di sviluppo una totale liberalizzazione delle loro economie, del loro sistema commerciale e finanziario, dall'altra questi nell'esportare si trovano di fronte a barriere tariffarie e non tariffarie imposte dai Paesi del nord del mondo.
Questo allarme è stato lanciato dalla Banca mondiale prima ancora che partisse l'Organizzazione mondiale del commercio. Alla fine degli anni Ottanta, si valutava addirittura che le barriere dei Paesi industrializzati comportassero una perdita di 500 miliardi di dollari all'anno, all'epoca pari a dieci volte il volume dell'aiuto allo sviluppo. È quindi necessario intervenire su questo. Non è un caso che il negoziato sull'agricoltura all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio è quello che va più a rilento, perché maggiori sono gli interessi dei Paesi industrializzati.


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In attesa di giungere a un sistema commerciale più equo e più rispettoso dei diritti di tutti i Paesi, consideriamo fondamentale mantenere l'aiuto allo sviluppo e indirizzarlo al sistema agricolo, per fronteggiare un aspetto paradossale e drammatico nel contempo, per cui molti Paesi in via di sviluppo sono importatori di prodotti alimentari. Esportano materie prime agricole, ma devono importare il cibo per sfamare le loro popolazioni. Se si considera il livello di fame - il calcolo degli affamati fa parte del primo obiettivo - questo si rivela assurdo.
Chiediamo dunque che all'agricoltura vada una quota maggiore della cooperazione allo sviluppo - oggi meno del 10 per cento di tutto l'APS va all'agricoltura - e che questo aiuto sia finalizzato alla sicurezza alimentare delle popolazioni beneficiarie. Chiediamo inoltre una profonda revisione delle barriere poste in particolare sulle materie agricole da parte dei Paesi industrializzati, perché l'esportazione di alcuni prodotti quali la carne verso l'Africa smantella il già debole sistema produttivo locale, con conseguenze immaginabili per quanto riguarda la fame e la sofferenza dei più poveri, che in quei Paesi costituiscono la maggioranza della popolazione.

TOMMASO RONDINELLA, Rappresentante dell'Associazione Lunaria. Vorrei aggiungere un'ultima considerazione a questa risposta, che ovviamente condivido. Il problema fondamentale negli accordi di partenariato economico con l'Africa (EPAs) rispetto ai precedenti accordi con i Paesi ACP è il passaggio da un'asimmetria a una simmetria delle relazioni.
Ridurre le barriere dei prodotti agricoli all'ingresso nell'Unione europea è assolutamente necessario e viene anche ricordato tra le misure della Commissione Stiglitz formata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite per elaborare una serie di proposte per il superamento della crisi finanziaria, ma il problema consiste nell'impostare i rapporti tra l'Unione europea e i Paesi ACP in un'ottica di simmetria, di liberalizzazione o di non liberalizzazione. Il rapporto con i Paesi ACP deve permettere loro di accedere ai nostri prodotti, ma di creare, in alcuni casi, mercati protetti per strutturare una propria sovranità alimentare. Questo è essenziale, perché imporre l'apertura dei mercati agricoli significa anche eliminare le barriere all'ingresso delle grandi multinazionali, contro cui il produttore locale non riesce a far fronte. La crisi sui mercati internazionali provocherà un impatto delle decisioni della multinazionale sui mercati locali, che non saranno pronti a rispondere.
È positivo favorire le esportazioni dei Paesi in via di sviluppo, perché molti di questi hanno un sistema economico basato, a causa di un sistema post-coloniale, ancora sulle esportazioni, ma lo sviluppo si fa attraverso la creazione di mercati locali, non attraverso la creazione di produzioni per le esportazioni.

PRESIDENTE. Vi ringrazio per l'apporto dato al nostro Comitato, che dovrà raccogliere una serie di considerazioni attraverso le audizioni avviate. In seguito, il Parlamento dovrà diffondere i temi degli obiettivi del Millennio, perché soltanto attraverso l'informazione e la compartecipazione dell'opinione pubblica potrà essere garantita la capacità di incidere maggiormente.
Ritengo che questo Comitato vorrà continuare questa collaborazione con voi anche in ordine a quello che svilupperete successivamente. Voi avete iniziato nel 1996, avete steso il tredicesimo rapporto. Quindi, oltre ad augurarvi un buon lavoro per il quattordicesimo, desidero ribadire la nostra volontà del Comitato di mantenere i contatti, di avere - fa parte delle sue caratteristiche, lo abbiamo condiviso con tutti i colleghi - una continuità di rapporti con la società civile e con chi può dare un contributo estremamente concreto alla soluzione dei reali problemi esistenti.
Nel ringraziarvi per la partecipazione e augurandoci di poter continuare la nostra profittevole collaborazione, dichiaro conclusa l'audizione.


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Audizione del sindaco di Milano, Letizia Moratti, commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'audizione del sindaco di Milano, Letizia Moratti, commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015.
Il tema dell'Expo 2015 è «Nutrire il pianeta, energia per la vita», argomenti che si intrecciano con quelli alla base degli obiettivi del Millennio, in particolare con il primo, quello della fame e della povertà, che sta alla base anche di tutti i punti successivi. Fame, sete, mortalità infantile, malnutrizione sono i temi che preoccupano il sud del mondo.
Vorrei che questa audizione si incanalasse verso la parte operativa, concreta, che sta alla base dell'attività dell'Expo 2015 e, al di là delle infrastrutture e dell'elemento «milanese», dovrà concretizzarsi in progetti nell'ambito di un rapporto tra il nord e il sud del mondo. L'Expo sarà quindi una vetrina eccezionale per fare in modo che il collegamento tra il suo tema e gli obiettivi del Millennio possa subire l'accelerazione necessaria per contribuire alla realizzazione di questi obiettivi.
In questi mesi, abbiamo svolto una serie di audizioni e anche in base al rapporto del 2008 siamo consapevoli della difficoltà di raggiungere gli obiettivi prefissati dalle Nazioni Unite soprattutto per quell'ultimo miliardo di persone che si trovano in condizioni di estrema povertà e di estrema difficoltà in ordine all'alimentazione.
Ci auguriamo che la capacità di concretezza che indubbiamente caratterizza il sindaco letizia Moratti possa essere elemento importante per la funzione dell'Expo in una dimensione non soltanto italiana, ma internazionale. Questo aspetto appare collegato all'attuale presidenza italiana del G8, laddove questi temi collocano l'Italia in una posizione di grande importanza, responsabilità e impegno. Il lavoro è lungo e difficile perché purtroppo questi obiettivi non sono prossimi a essere realizzati, ma con il contributo operativo di progetti concreti attraverso l'Expo speriamo di poterli conseguire.
Do quindi la parola al Sindaco di Milano e commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015, Letizia Moratti.

LETIZIA MORATTI, Sindaco di Milano e commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015. La ringrazio, presidente, per l'opportunità di un incontro con il Comitato permanente delegato a esaminare e analizzare i temi legati agli obiettivi del Millennio, verificando anche le criticità e i ritardi che ci separano dal raggiungimento di questi obiettivi. Vorrei innanzitutto riconfermare che Expo nasce per rispondere in particolare al primo degli obiettivi del Millennio, quindi per sradicare la fame e la povertà nel mondo. È un impegno che noi abbiamo preso e un obiettivo che abbiamo rilanciato nelle tante occasioni di incontro e di comunicazione nel progetto Expo.
Nella fase di candidatura, infatti, abbiamo visitato 133 Paesi, insieme agli gli enti che hanno partecipato a questa candidatura (Governo, regione, provincia, comune), e abbiamo sviluppato il nostro progetto di candidatura sulla base dell'obiettivo di rispondere attraverso progetti concreti all'esigenza di tutti i Paesi ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi del Millennio per poter dare un contributo al loro raggiungimento.
Nell'ultima riunione a New York, a latere dell'ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso 24 settembre, insieme al Governo italiano e con il patrocinio della campagna del Millennio e contando sulla collaborazione dello United Cities and Local Government (UCLG), come Expo abbiamo organizzato un side event sul contributo degli enti locali per favorire il raggiungimento degli obiettivi. Questa è stata sicuramente una delle tante occasioni preziose per incontrare i rappresentanti


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delle amministrazioni locali, sindaci di città europee come Glasgow, ma anche di piccole isole caraibiche. Si è formato un primo nucleo di città e di amministratori locali che vogliono muoversi in questa direzione, dando un proprio contributo al tema Expo «Nutrire il pianeta, energia per la vita» per il raggiungimento degli obiettivi del Millennio.
Mi auguro che tale gruppo di città possa crescere anche per rispondere all'ottavo obiettivo del Millennio, che è rimasto ancora in ombra e che invece è assolutamente strategico. Attraverso tale obiettivo, che intende favorire il partenariato internazionale per lo sviluppo sostenibile, dovremmo riuscire per la prima volta a mettere insieme attori, agenzie multilaterali, Governi nazionali e autonomie locali, perché questa nuova formula mette a sistema attori diversi e garantisce maggiori opportunità di raggiungere gli obiettivi, mentre adesso siamo forse il Paese in cui si articola una ampia gamma di interventi su livelli istituzionali diversi. Questo non ci consente di essere valutati per il nostro effettivo contributo alla cooperazione, laddove la nostra cooperazione decentrata è forte a livello sia di regioni che di comuni, né di mettere a fattor comune tutte le risorse, in modo tale da non disperderci o da non duplicare risorse che potrebbero essere messe a sistema.
Nel decidere la candidatura di Milano-Italia - Expo è italiana, non milanese -, abbiamo scelto questo primo obiettivo, che comunque è collegato agli altri, perché riteniamo che su questo obiettivo l'Italia abbia effettivamente eccellenza, esperienza, risorse, talenti, che possono essere utilmente messi a disposizione di tutti i Paesi rispetto a dati, quali quello FAO dello scorso 9 dicembre, che chiede un forte impegno. Nel 2007, infatti, le persone senza cibo erano 923 milioni, mentre nel 2008 il numero è salito di 40 milioni, l'equivalente della popolazione spagnola.
Ci troviamo quindi di fronte a una situazione senza precedenti, che è stata richiamata anche da Josette Sheeran, quando la scorsa settimana ha ricordato che il World Food Program ha bisogno di 5,3 miliardi di dollari, cifra decisamente significativa. Non c'era mai stato un picco simile e, continuando così, tra poco raggiungeremo la cifra di un miliardo di denutriti al mondo. È quindi necessario un impegno forte su questo tema, anche perché questa crisi economica sarà pagata dai poveri del mondo, che si trovano a soffrire una drammatica congiuntura di aumento dei prezzi del cibo combinato con l'abbassamento dei salari e del potere di acquisto, creando una miscela purtroppo insostenibile per moltissimi Paesi.
Questa crisi mondiale è un grave danno per tutti, ma riteniamo di avere messo a disposizione del nostro Paese uno strumento che può aiutare anche la politica estera posizionandoci come un Paese che, nonostante la crisi, intende comunque continuare a mantenere un impegno rispetto al raggiungimento di questi obiettivi e anzi rafforzarlo.
Durante la campagna di candidatura di Expo, a differenza della Turchia che aveva impostato una campagna tesa a valorizzare gli investimenti che avrebbe realizzato nel Paese, abbiamo promosso una campagna completamente opposta, dichiarando l'intenzione di lavorare con ogni Paese sulla base delle sue attese per sviluppare progetti concreti che aiutino lo sviluppo sostenibile di tutti i Paesi.
Negli anni che ci separano da qui al 2015 lavoreremo in collaborazione con i 154 Paesi (Italia compresa) che aderiscono al Bureau International des Expositions, che ha votato il progetto Italia. Lascerò una lista dei Paesi e delle tipologie di progetto sui quali stiamo lavorando, molti dei quali si collocano proprio nei sette Paesi (India, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan, Etiopia) in cui si concentra il 65 per cento dei denutriti del pianeta.
Stiamo già lavorando con circa 90 Paesi che hanno dimostrato interesse per la realizzazione di iniziative e di progetti legati allo sviluppo sostenibile. Si tratta di 20 Paesi europei, 24 Paesi africani, 17 Paesi dell'Asia, 11 delle Americhe, 7 dei Caraibi e 6 dell'Oceania.


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Molti di questi progetti hanno per tema la sicurezza del territorio in senso lato (personale, ambientale, della sostenibilità economica, sicurezza sociale), le nuove forme di povertà, che purtroppo oltrepassano i confini socio-economici e sono sempre più responsabili dell'indebolimento della coesione sociale, laddove si aprono problematiche legate al tema delle nuove povertà. Alcuni progetti sono più direttamente legati al tema Expo, quindi alla sicurezza alimentare, all'ambiente, alle tecnologie applicate all'agricoltura, energia e biotecnologia.
Per realizzare questi progetti, Expo ha siglato alleanze a livello mondiale, che in questi due anni abbiamo costruito con protocolli d'intesa siglati con partner internazionali, quali la World Bank con la quale abbiamo firmato un accordo per quanto riguarda i cambiamenti climatici, che hanno un forte impatto sul tema dell'alimentazione, perché impattano sull'agricoltura. World Bank anche ha un impegno a matchare i nostri fondi in particolare sui progetti che riguardano le energie pulite nell'ambito dei sistemi rurali. Abbiamo sottoscritto un impegno con World Food Program, con FAO, con Millennium Campaign, con l'IFAD, e due accordi estremamente interessanti con l'Interamerican Development Bank e la Caribbean Development Bank, che ci consentono di matchare i nostri con i loro fondi sulle tematiche legate all'Expo. Tale volano aggiunge risorse a quelle che metteremo.
Voglio citare anche Milano for Expo Foundation, un'associazione nata da imprenditori milanesi che hanno sostenuto la candidatura di Milano-Italia per l'Expo 2015, che ha una dotazione di capitale iniziale di 10 milioni di euro ed è già impegnata con noi su parecchi progetti.
Un'altra esperienza internazionale con cui abbiamo firmato un accordo importante, PlaNet Finance di Jacques Attali, riguarda finanziamenti di microcredito nei Paesi in via di sviluppo, in particolare per le donne in Africa. Questo è la parte sulla quale ci siamo concentrati. Stiamo collaborando anche con il professor Yunus, che è entrato a far parte del comitato d'onore di Expo Milano Italia 2015, per mettere a fattor comune quanto sta facendo Grameen Bank e quanto possiamo fare noi rispetto al lavoro straordinario effettuato partendo dal Bangladesh in moltissimi Paesi del mondo. Ritengo quindi che Expo possa essere considerata un catalizzatore di risorse, che provengono dai Governi, dalla cooperazione decentrata, dal sistema delle imprese, dalle università e dai centri di ricerca, dagli enti locali e dalle ONG.
Abbiamo lavorato moltissimo anche con le università, per cui molte fanno già parte di questa rete di progetti. Colgo infine l'occasione per ringraziare del supporto ricevuto dalle fondazioni bancarie, in particolare dalla Fondazione Cariplo, capofila di altre fondazioni bancarie, del sistema delle banche e anche delle compagnie d'assicurazione milanesi e lombarde con finanziamenti concreti. Abbiamo pubblicato una serie di bandi dedicati in particolare a tre temi: sicurezza alimentare, cosviluppo e tutela della biodiversità e della difesa dalle catastrofi naturali.
Si tratta quindi di forme di cooperazione che attivano meccanismi finanziari, quali ad esempio il microcredito, che hanno dimostrato di essere uno strumento importante nei processi di sviluppo sostenibile. Il Bangladesh, che era considerato un Paese ormai incapace di uscire dalla povertà, con il progetto Grameen Bank Danone è riuscito a dimezzare il suo tasso di povertà e adesso il professore Yunus sta avviando progetti altrettanto significativi in partnership con Veolia e con Adidas.
Questi tre bandi che ho citato godono di un finanziamento complessivo del sistema privato, e in piccola parte del comune di Milano, di 10 milioni di euro per la sicurezza alimentare, 10 milioni per il cosviluppo, vale a dire il finanziamento delle rimesse degli immigrati per creare imprese nei Paesi di origine. Questa linea è molto importante, perché per molti Paesi la prima componente di PIL è quella della rimesse degli immigrati. In questo modo, si favorisce lo sviluppo del capitale umano nei Paesi d'origine, si frena una migrazione


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che rischia di divenire incontrollabile e si garantisce una crescita nei luoghi di nascita. Anche dal punto di vista umano, quindi, si tratta di un'opportunità che evita alle persone di essere sradicate dalla propria patria. Abbiamo attivato anche una rete di ONG con le quali lavoriamo sul territorio.
Desidero citare solo alcuni progetti, per poi consegnare tutta la documentazione relativa ai progetti stessi. Sul tema della sicurezza alimentare, quest'anno abbiamo avuto dieci vincitori del bando per 10 milioni di euro, in particolare in Ciad un progetto per l'accesso all'acqua potabile delle popolazioni autoctone, quelle rifugiate sull'asse Maro-Sido, in Niger con progetti che potrebbero allargarsi in Benin e in Togo, un progetto per tutelare i sistemi del blocco ecologico, il parco WAP, per garantire la tutela degli ecosistemi e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali. In Niger abbiamo un progetto legato alla filiera del latte, che a Niamey permette già a 75 mila persone di godere dei benefici della trasformazione del latte e della produzione di yogurt. Stiamo pensando di implementare questo progetto con attività di microcredito per permettere una vendita di yogurt più estesa di quanto non sia possibile fare con i sistemi attuali.
In Senegal abbiamo attivato il progetto Micro Jardin, di cui beneficiano 10 mila famiglie, che recentemente ha vinto un premio a Dubai, sviluppando tecniche agricole che permettono la coltivazione e la commercializzazione di prodotti agricoli urbani nella città di Dakar. È un progetto che stiamo sviluppando insieme a FAO e alla nostra cooperazione con l'ambizioso obiettivo di estendere questo progetto per fare in modo che 100 mila donne possano utilizzare queste tecniche e quindi alimentarsi attraverso la propria produzione ma anche vendere. Questo progetto si autoalimenta, perché dopo i fondi iniziali non richiede ulteriori finanziamenti. Stiamo dunque ragionando in termini di progetti di esteso impatto, replicabili o in grado di autoalimentarsi, così da rendere più producenti i nostri investimenti.
Nelle province di Santa Fe e di Entre Rios in Argentina stiamo contribuendo a consolidare un modello di sviluppo rurale sostenibile dal punto di vista economico e ambientale attraverso la valorizzazione delle produzioni tradizionali. In Perù, attraverso la gestione sostenibile del bosco secco situato nella regione di Piura, stiamo contribuendo al miglioramento complessivo della qualità della vita delle comunità locali anche a supporto di organizzazioni agro-ecologiche. In Colombia, abbiamo attivato un programma di recupero nutrizionale dei minori attraverso un accompagnamento medico dei minori malnutriti e delle loro famiglie in particolare nella zona di San Cristobal in Bogotà.
Per quanto riguarda il bando di cosviluppo, abbiamo attivato in Benin un progetto per la realizzazione di una fattoria e di un centro di formazione per produttori agricoli, che valorizzano le pratiche agricole locali, altrimenti destinate ad essere abbandonate. Sulla linea che unisce Bolivia, Colombia, Ecuador e Perù stiamo intervenendo per sostenere le comunità di origine e migliorare il sistema di vita, attivando la creazione - è interessante perché è un progetto di sistema - di un fondo italo-andino di solidarietà internazionale, che usa una parte delle rimesse dei migranti andini in Italia per sostenere questi progetti locali. Proprio domani in Campidoglio saranno dati i primi fondi che provengono da questo progetto alla presenza dei quattro ambasciatori di questi Paesi.
Il terzo bando che abbiamo attivato è sulla biodiversità e protezione dalle catastrofi naturali, che impattano sul tema della fame e della povertà. Sul tema della biodiversità, in Mali abbiamo un progetto che ci sta impegnando sul fronte della lotta alla desertificazione e valorizzazione delle risorse naturali nel comune di Tessit. Si tratta di un progetto con il Ministero degli esteri, che stiamo decidendo di estendere ad altri 600 villaggi in Mali, dove la cooperazione del nostro Ministero degli esteri interverrebbe su tutta la parte di risorse idriche per realizzare pozzi d'acqua potabile, mentre noi come Expo intenderemmo


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intervenire installando pannelli solari nelle piccole case esistenti, che permetterebbero di andare su altri obiettivi del Millennio, come per esempio il quinto obiettivo che riguarda la mortalità del parto, dal quale siamo lontanissimi. La posa in opera di pannelli solari permette già ai medici di intervenire con la luce. Sembrano interventi minimi, perché si tratta di un pannello solare che costa 3.000 euro, attraverso il quale riusciamo però a diminuire drasticamente la mortalità delle donne da parto e ad innalzare il livello di scolarità, perché i professori di questi villaggi ci hanno raccontato che possono insegnare di giorno e correggere i compiti di sera.
In Sudan, abbiamo avviato un progetto di miglioramento della produzione cerealicola attraverso la gestione delle alluvioni stagionali, progetto interessante, che si colloca tra l'ambiente e l'agricoltura, e il rafforzamento delle associazioni contadine nel delta del fiume Gash. In Dominica, stiamo lavorando per la formazione di una rete accelerometrica utilizzata per il monitoraggio degli eventi sismici. Stiamo realizzando questo progetto attraverso l'università di Pavia e l'università delle West Indies, quindi è un esempio di collaborazione tra università. Pensiamo di estenderlo a tutte le isole caraibiche, perché si tratta di un progetto sistemico che dovrebbe aiutare ad avere un allerta precoce e quindi a sapere come difendersi da eventi naturali che possono avere un impatto drammatico sul territorio.
Ad Haiti, abbiamo avviato un progetto per la riforestazione del bellissimo parco nazionale del Pic Makaha e per la formazione di contadini e di tecnici agricoli sulla salvaguardia ambientale. Questo consente di formare persone e farle rimanere ad occuparsi del loro territorio. In India, stiamo promuovendo pratiche agricole sostenibili nel distretto di Jiankun attraverso l'uso integrato di nuove metodologie e sistemi tecnologici avanzati.
Questi sono solo alcuni dei progetti che per il momento abbiamo iniziato a finanziare mettendo in rete non solo i capitali privati, ma anche le nostre università, i centri di ricerca, la cooperazione del Ministero degli esteri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, facendo quindi un lavoro di sistema.
Per rendere strutturale e continuativa questa attività, quindi per lasciarla anche in eredità dopo Expo, con la collaborazione del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'ambiente, con l'associazione nazionale dei comuni, con il sistema universitario, con la regione Lombardia, la provincia e con altre regioni abbiamo deciso di costruire non quello che normalmente si chiama il landmark fisico di Expo, che Parigi ha fatto costruendo la torre Eiffel, ma un centro per lo sviluppo sostenibile, che sarà un punto di una rete più estesa possibile nel mondo che ha l'obiettivo di formare capitale umano attraverso progetti di formazione, per contribuire a far crescere una rete di centri di ricerca, laboratori, centri di formazione, centri di assistenza medica in più Paesi possibili.
Desidero infine accennare a un'ultima iniziativa, che riteniamo possa essere un contributo al raggiungimento degli obiettivi del Millennio. Recentemente, abbiamo firmato un protocollo per la costituzione della fondazione Alliance for Africa, che vede partecipi la regione Lombardia, la Fondazione Amici per l'Expo Milano, il comune di Milano, e alla quale ha dato il proprio patrocinio l'ex presidente del Ghana Kufour, che ne ha accettato la presidenza. Questa fondazione ha come scopo quello di formare capitale umano in tutta la filiera, dal prescolare all'universitario, in Africa e non solamente in Ghana, nei settori dell'agricoltura, della sanità e dei servizi di pubblica utilità. Si tratta quindi di uno strumento particolarmente concreto e operativo, anche perché ha una dotazione di 10 milioni di euro che saranno spesi in progetti, a parte una piccolissima e già concordata cifra per sostenere la sede ad Accra, mentre quella di Milano sarà sostenuta da noi.
Abbiamo davvero bisogno di fare sistema, quindi di riunire le risorse pubbliche, private, nazionali, locali. Expo potrebbe


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essere un piccolissimo progetto pilota, che può dimostrare la possibilità di lavorare in questo modo. Per la prima volta, l'Associazione nazionale dei comuni ha deciso di creare una banca dati sui temi relativi all'Expo, per condividere la cooperazione decentrata. Per la prima volta il sistema delle università milanesi ha deciso di fare la stessa cosa, creando una banca dati comune per condividere i progetti. Per la prima volta stiamo lavorando con l'università Bicocca su un tema che riguarda meno il primo obiettivo, ma comunque alcuni degli obiettivi del Millennio, e il presidente delle Maldive venuto in visita a Milano due giorni fa ci ha affidato un'isola delle Maldive e stiamo lavorando alla conservazione della barriera corallina e alla filiera ittica fondamentale per quei Paesi.
Mi fermerei qui, perché non voglio togliervi troppo tempo. Ho solo voluto dare il senso della concretezza di Expo, che ritengo offra al sistema Paese anche un patrimonio di relazioni internazionali come contributo per posizionare adeguatamente l'Italia, laddove ritengo che il nostro Paese sia internazionalmente sottovalutato rispetto a quanto realizza attraverso queste reti. Credo che rendendo visibile questa attività e facendo sistema, questo possa rappresentare un patrimonio politico e istituzionale per tutto il nostro Paese. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, signor sindaco, per la sua esposizione e per la concretezza e la testimonianza della sinergia che Expo può realizzare nei confronti di questi temi così importanti, fungendo anche da catalizzatore di tutte le risorse, di tutte le forze, di tutti i soggetti.
Desidero anche salutare e ringraziare la delegazione che accompagna il sindaco Moratti, ovvero l'ambasciatore Mario Polverini, il capo ufficio stampa Filippo De Bortoli e Fabrizio Grillo che si interessa della parte Expo 2015 Milano.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

PIERO FASSINO. Desidero ringraziare il sindaco e i suoi collaboratori per l'illustrazione. Credo che la documentazione completa ci consentirà di avere una conoscenza. Condivido naturalmente l'impianto proposto, che fa dell'Expo 2015 una grande occasione che si colloca su una delle grandi tematiche di frontiera della governance globale del mondo.
Desidero aggiungere solo una considerazione scusandomi con il sindaco e con gli altri partecipanti alla riunione perché poi dovrò allontanarmi per prendere un aereo. Desidero solo unirmi al sindaco nella considerazione finale. Ritengo che Expo 2015 rappresenti una grande occasione per il Paese e per il sistema Paese. Poiché nella mia vita politica ho ricoperto anche il ruolo di ministro del commercio estero, ho toccato con mano come l'aspetto più critico e più delicato del nostro Paese sia la sua insufficienza sistemica, per cui la presenza dell'Italia nel mondo è molteplice e pervasiva, ma il basso tasso sistemico produce un effetto sinergico assolutamente inadeguato rispetto alla presenza. Potrei citare numerosi esempi del periodo in cui ero ministro per indicare questo aspetto richiamato anche dal sindaco.
Ritengo che Expo 2015 possa invece essere l'occasione per un salto di qualità, se saremo capaci di coinvolgere nella complessità di questa progettazione il sistema Paese, in particolare su un aspetto sottolineato dal sindaco. Abbiamo ormai una lunga esperienza di cooperazione decentrata, che è parte essenziale della politica di cooperazione e di aiuto allo sviluppo dell'Italia; anzi credo di non dire una cosa infondata affermando che la presenza italiana nel mondo su questo terreno è più significativamente caratterizzata dalla presenza della cooperazione decentrata che non della cooperazione finanziata dallo Stato. Ritengo quindi che uno degli importanti interventi già in atto consiste nel coinvolgere il sistema dei poteri locali italiani, ovvero regioni, comuni e province, a partire dai più grandi che hanno disponibilità di strutture e di finanze più significative nel fare di Expo 2015 Milano una grande occasione per un Expo 2015 Italia, con un forte coinvolgimento del sistema


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degli enti locali. So che si sta lavorando in questa direzione, so che con l'ANCI e con le altre associazioni del sistema dei poteri locali si va in questa direzione. Mi pare che debba essere una grande occasione.
Per quanto riguarda noi, se ci viene fornita costantemente in progress un'informazione sullo stato d'avanzamento, questo può anche consentire al Parlamento di essere più conscio delle proprie responsabilità e di far procedere gli aspetti normativi e finanziari che dipendono da decisioni del Parlamento con tempi coerenti con lo stato avanzamento dei vostri progetti.

MARCO ZACCHERA. Prima di ringraziarla per la sua partecipazione, signor sindaco, mi permetta un ringraziamento personale per l'impegno, per l'energia e per la grinta che sta dimostrando in questo lavoro apprezzato al di là di ogni schematismo politico, perché rappresenta il posto giusto alla persona giusta. Le auguro dunque buon lavoro.
Sono un deputato di Verbania sul Lago Maggiore, sponda piemontese. Ahimè dal 13 settembre 1743, siamo diventati savoiardi, ma ci sentiamo lombardi e parliamo lombardo e, se non avete ancora un patrono, San Carlo Borromeo, che è delle nostre parti, potrebbe essere un patrono ideale per l'Expo.
Poiché si diceva di fare sistema, la mia zona, dove purtroppo da un punto di vista amministrativo oggi non c'è molta sinergia con Milano, ma credo che dal mese di giugno cambieranno molte cose, vorrebbe dare una mano sia come città di Verbania, che come Lago Maggiore all'Expo non soltanto per le presenze turistiche e i congressi, ma per qualcosa di diverso.
Parlando proprio dei temi di oggi, senza uscire dal seminato, mi soffermo sul discorso dell'acqua. Sul Lago Maggiore abbiamo realtà di eccellenza che sono probabilmente sconosciute, giacché l'Istituto italiano di idrobiologia, l'Istituto degli ecosistemi sono gli istituti europei più importanti sullo studio delle acque. Vorrei quindi lanciare oggi una proposta di stretta collaborazione per costruire eventi sul tema dell'acqua, che è collegato agli obiettivi del Millennio, per avere nella zona del Lago Maggiore un punto di logico sviluppo verso nord-ovest della zona di Milano. Non si tratta soltanto delle iniziative dell'ente Fiera, ma della promozione scientifica e di sviluppo dell'importante tema dell'acqua.
Vorremmo inoltre illuminare la parete est del Monte Rosa, ma si tratta di interventi di corollario, di bon accueil per i visitatori, mentre è importante puntare sul discorso dell'acqua e fare qualcosa di concreto. Mi auguro che tecnicamente questo si possa fare.

MAURIZIO BERNARDO. Innanzitutto ringrazio anche la Commissione esteri per la presenza del sindaco Moratti, che offre l'opportunità a chi come me non fa parte di questa Commissione di cogliere aspetti importanti come quelli illustrati, anche perché come milanese devo riconoscere che i mezzi di informazione danno maggior rilievo a questioni che non hanno nulla a che vedere con quanto siete riusciti a realizzare, di cui purtroppo poco sappiamo.
Credo che un'occasione come questa debba essere messa in evidenza per il contributo che i singoli parlamentari eletti all'interno delle Commissioni di Camera e Senato possono dare rispetto all'ultima considerazione, ovvero l'esigenza di fare sistema unanimemente riconosciuta. Vorrei quindi invitare chi oggi presiede quest'occasione a trasferire la documentazione che verrà consegnata anche alle altre Commissioni, a fare in modo che quanto l'Italia ha già realizzato di buono e che voi state realizzando possa garantirci un ruolo come singoli eletti, possa dare anche un ulteriore impulso al nostro contributo in base al background di ciascuno di noi, maturato all'interno delle istituzioni locali o nell'ambito professionale. Anche nella nostra dimensione, infatti, non intendiamo sottrarci a un'occasione così importante, che nasce all'interno della nostra capitale economica e assume maggior risalto rispetto ai temi che verranno affrontati sino al 2015.


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MATTEO MECACCI. Desidero anch'io ringraziare il sindaco per la sua relazione, perché ha dimostrato competenza e passione per un tema che in questi primi mesi di legislatura è stato molto snobbato dalle nostre istituzioni, mentre la Farnesina e il Ministero dell'economia avrebbero bisogno dello stesso approccio che lei ha mostrato in questa Commissione. Sottolineo questo aspetto pur facendo parte dell'opposizione, quindi senza nessun intento di cortesia, ma evidenziando un dato di realtà.
Siamo reduci dall'audizione di questa mattina con il Ministro Tremonti, che ha parlato del ruolo dell'Italia e della presidenza italiana del G8, e i temi della cooperazione allo sviluppo sono molto lontani dall'orizzonte. Le vorrei chiedere quindi se una quota di aiuti provenienti dal Ministero degli esteri riguardino anche l'attività di Expo 2015 sul tema degli obiettivi del Millennio e della cooperazione allo sviluppo e se ci sia stato un impatto a causa dei tagli operati sul budget della cooperazione, che dal 2008 al 2009 è stato ridotto del 56 per cento, per valutare se questo metterà in difficoltà Expo 2015 nell'attività che lei ci ha descritto.
Vorrei sapere inoltre se nel corso dell'anno di presidenza del G8 sia previsto un appuntamento in cui questo tipo di attività, di messa in rete, di creazione di un sistema necessario possa essere parte del lavoro del nostro Governo.

CLAUDIO D'AMICO. Come parlamentare di Milano, ringrazio in modo particolare il sindaco Moratti per la sua presenza in Commissione e soprattutto per il grande lavoro che sta compiendo e che al momento non è riconosciuto, perché quanto ci ha detto oggi è di grande rilevanza, ma è forse passato sotto traccia. Per questo incontro mi ero segnato un concetto da evidenziare, secondo cui l'Expo deve essere un punto di partenza e non di arrivo, ma lei mi ha anticipato, perché sono state messe in cantiere iniziative non finalizzate solo a realizzare l'Expo, che presuppongono una continuità in tutto il mondo. È straordinario questo impegno di Milano in tutto il mondo, per realizzare qualcosa che possa contribuire alla crescita di tanti Paesi, non solo per dare cibo agli affamati, ma anche per sviluppare quei Paesi che ne hanno bisogno.
Sono quindi favorevolmente colpito da come Milano ha deciso di utilizzare questo grande patrimonio di contatti intessuti nel periodo di campagna elettorale per l'Expo, perché portare a frutto questi contatti creando iniziative in tanti Paesi dimostra come Milano sia all'avanguardia in tutto il mondo per progetti di questo tipo. Mi ha fatto piacere apprendere anche che il landmark dell'Expo non sarà una grande costruzione come la torre Eiffel per Parigi, ma un centro per lo sviluppo sostenibile, che durerà nel tempo e renderà Milano un punto di eccellenza.
Milano deve diventare un punto di passaggio di chi continuerà questo lavoro e l'Expo dovrà servire a far conoscere Milano e ad attrarre turisti non solo in quei sei mesi, ma per sempre, rendendola una delle città tra le più conosciute del mondo, degna di essere inserita in tutti i maggiori circuiti turistici.
Anche tutti i progetti che sta portando avanti vanno nella direzione raccomandata dalla Lega, secondo cui dobbiamo aiutare i Paesi i via di sviluppo a casa loro, perché è impensabile risolvere il loro problema accogliendo due o tre miliardi di persone. Lei evidenziava che un miliardo di persone si troverà in condizioni precarie per quanto riguarda l'alimentazione, ma non potranno essere accolte in Europa per mangiare. È quindi necessario sviluppare i loro Paesi in modo serio.
Questa mattina, durante l'audizione il Ministro Tremonti ha espresso una considerazione a proposito degli aiuti ai Paesi poveri che induce a riflettere: si prende a tanti per dare a pochi che hanno tanto, perché alla fine buona parte degli aiuti vanno a pochi governanti dei Paesi in via di sviluppo e non alla popolazione. In alcuni Paesi ricchissimi di risorse naturali come la Nigeria, la maggior parte della popolazione vive in condizioni pietose. Promuovere progetti come quelli del cosviluppo e aiutare gli immigrati ad aprire


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attività nel proprio Paese serve a far crescere quella società e a sviluppare un Paese, senza inviare aiuti che poi magari sono utilizzati solo da chi detiene il potere.
Desidero infine sottolineare anche l'altra esigenza da lei rappresentata, ovvero quella di fare giustamente sistema. Milano non può essere lasciata da sola in questa impresa, ma deve avere al suo fianco tutti noi e ognuno nel suo piccolo deve dare qualcosa, ogni singolo parlamentare, il Governo, i ministri interessati.
Poiché faccio parte della Grande Commissione Italia-Russia, che è una Commissione tra il Parlamento italiano e la Duma. Nell'ultima sessione tenuta alla fine del 2008, ho avanzato ai russi una proposta, di cui vorrei metterla a conoscenza, perché potrebbe essere interessante anche per Milano. Nel 2014, Sochi ospiterà le Olimpiadi. Ho proposto una collaborazione Sochi-Milano, per cui potremmo cercare di promuovere con varie iniziative a Milano queste Olimpiadi invernali del 2014, a patto che poi loro durante le Olimpiadi sostengano Milano con qualche iniziativa nella cerimonia di apertura o di chiusura in grado di dare in occasione di un'Olimpiade l'anno prima dell'Expo una visibilità enorme a questa nostra manifestazione. Spero di riuscire a portare avanti questa proposta.

GUGLIELMO PICCHI. Ringrazio il sindaco dell'ottima relazione. I miei colleghi le hanno già espresso l'apprezzamento per il lavoro che sta svolgendo. L'Expo sembra essere un buon esempio di fare sistema, fare rete, che significa anche diffondere informazioni. Raccolgo quindi anche l'invito dell'onorevole Fassino, pregandola di venirci a relazionare sullo stato di avanzamento dei lavori dell'Expo, perché ciò può portare idee, proposte e maggiore sostegno a ciascuno di noi sui propri territori, con iniziative che possono accompagnare l'Expo o ulteriori fondi.
Vorrei chiedere velocemente se esistano progetti per l'area del Pacifico in particolare e quali ulteriori fondi si possano attivare, oltre a questi bandi.
Vi invito infine a far emergere il lavoro che state svolgendo - aspetto al quale come Parlamento dovremmo dare un sostegno, perché riguarda non solo Milano, ma tutta l'Italia - in modo tale che l'esempio dell'Expo realizzi finalmente l'obiettivo di fare sistema, laddove come eletto tra gli italiani residenti all'estero rilevo da parte italiana l'impiego di ingenti risorse e quindi un forte impatto economico in termini quantitativi, ma un ritorno di visibilità estremamente ridotto.
Noi siamo effettivamente forti sulla cooperazione decentrata. Dovremmo riuscire, come già sta facendo l'Expo, a creare dei database, degli elenchi di interventi di cooperazione decentrata, non limitata all'Expo, ma estesa a tutto il Paese, per riuscire a quantificare effettivamente il nostro impatto di cooperazione, che non è fatta solo dal Ministero degli esteri, ovvero il beneficio che l'Italia porta complessivamente alla cooperazione nel mondo. Considero questo un elemento importante.
Vorrei inoltre sapere come si intenda far pesare all'interno del G8 queste iniziative sugli obiettivi del Millennio, che l'Expo sta portando avanti.

LAURA MOLTENI. Saluto innanzitutto con entusiasmo il sindaco di Milano Letizia Moratti, che conosco da tempo, capace di portare avanti e concludere sempre in modo compiuto quanto si prefigge. La ringrazio per il grande impegno, l'ingegnosità progettuale, la grande determinazione, che ha fatto sì che l'Expo 2015 fosse attribuito non solo a Milano, ma a tutto il Paese. Considero questa una grande opportunità per tutto il Paese, non solo per Milano.
Grazie a Expo 2015 e alle sue capacità, tutto il Paese è tornato a essere al centro dell'attenzione internazionale, aspetto da non sottovalutare.
Come grande opportunità, considero fondamentale fare sistema ma non solo a livello degli enti locali, giacché si deve realizzare una trasversalità nell'azione ai vari livelli istituzionali di tutto il Paese: regioni, province, comuni, Governo, tutti compiutamente attorno a un progetto


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grande come questo. La competizione è stata durissima. Raggiungere il risultato sembrava quasi un miraggio, invece con grande fatica l'Expo è stato portato a casa grazie al sindaco Moratti e al suo staff, a tutti quelli che hanno collaborato.
Ritengo che ora anche il Paese debba fare la sua parte e rispondere in modo concreto, garantendo ogni sostegno a questa iniziativa, che ci porterà lustro e permetterà al nostro Paese di risollevare anche il turismo internazionale, di portare più economia a tutto il sistema Paese. Questa è un'iniziativa da non perdere, da valorizzare ai massimi livelli, dandole tutto il risalto possibile.

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Innanzitutto le chiedo scusa, signor sindaco, per non essere stato presente durante la sua relazione, perché ero impegnato in un'altra Commissione, dove si discuteva di leggi elettorali e avevo emendamenti da sostenere, che tra l'altro sono stati approvati, per cui la mia presenza è stata utile.
Desidero però approfittare della sua presenza per fare interessi pubblici in atti pubblici. Su incarico del Ministro della funzione pubblica, Brunetta, faccio parte del Comitato che cura la partecipazione italiana all'Expo di Shanghai 2010, per quanto riguarda le competenze della funzione pubblica e soprattutto dell'innovazione tecnologica. Il Ministro ha ritenuto di dare l'incarico a un parlamentare, perché nei rapporti con un interlocutore importante come la Cina avere un ombrello politico può essere importante per i nostri interlocutori per comprendere il commitment, l'impegno dell'Italia in quella manifestazione.
Sono quindi a sua disposizione in relazione a questo. Qualora avesse bisogno della mia collaborazione di carattere istituzionale ma anche personale, perché fiero di essere cittadino di Milano desidero fare qualcosa di utile per la mia città, sono a sua totale disposizione.

CHIARA MORONI. Ringrazio in modo non formale il sindaco Moratti per la sua relazione dettagliata e sempre molto competente, come riconosciuto anche dall'opposizione. Questo per noi è cosa nota e consolidata e ci fa piacere anche dal punto di vista personale ritrovarla in Parlamento e constatare l'impegno e la passione che sta mettendo in un'occasione e una chance che è non solo milanese, ma dell'intero Paese.
Sarebbe opportuno tenerlo presente, perché troppo spesso questo Paese finisce con il perdere la chance di grandi eventi internazionali dal punto di vista sia di quanto accade nell'imminenza dell'evento, sia di ciò che rimane al Paese. L'opportunità di coordinare un insieme di risorse anche economiche finalizzate a un evento deve necessariamente saper guardare oltre l'evento stesso e dare l'opportunità che qualcosa rimanga.
Il sindaco Moratti ha giustamente sottolineato come il tema principale consista nel valutare come questo Paese possa utilizzare la chance dell'Expo anche per cimentarsi su un aspetto che non gli è proprio, ma che è sempre più necessario, ovvero la capacità di fare sistema e di ottimizzare le risorse nel coordinamento di iniziative che abbiano una logica di sistema. Questo è indispensabile. Il contesto nazionale e internazionale lo rende sempre più urgente. Un grande evento di prestigio internazionale è stato «vinto» dall'Italia con un impegno corale, perché l'Italia ha saputo fare sistema. Il sindaco Moratti ha saputo coordinare un'azione di sistema corale, che ha portato alla vittoria dell'Italia di questo evento.
Oggi, però, l'Italia deve saper rispondere con altrettanta capacità di fare sistema e di sentire questo evento non milanese, ma italiano. La Commissione esteri ha giustamente realizzato questa audizione, perché è importante che il Parlamento si senta coinvolto in questa comune opportunità.
Mi ha molto colpito la dettagliata descrizione delle iniziative che il Comune ha messo in campo in termini di cooperazione internazionale e di coinvolgimento con le ONG. Credo che questo sia particolarmente importante oggi di fronte a un


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salto di paradigma del mondo che ci circonda. La crisi economica ne è l'emblema finale. Noi siamo davanti a un salto di paradigma rispetto al mondo che abbiamo conosciuto e che si è articolato e costruito su un sistema ancora «coloniale» e che ha visto una prevalenza dell'Occidente e degli Stati Uniti.
Oggi, siamo di fronte a un salto di paradigma che richiede una diversa concezione del mondo, che ci pone di fronte a un mondo multicentrico, che deve diventare anche un mondo sempre più multilaterale, in cui le differenze tra nord e sud, tra zone ricche e zone povere e sui flussi migratori saranno determinanti nel definire il nuovo paradigma. I grandi flussi migratori sono un elemento che può destrutturare in maniera anche drammatica il nuovo sistema mondiale cui ci troveremo di fronte. Siamo dinanzi a una drammatica crisi economica di ordine mondiale e innanzitutto della grande società americana, una crisi non solo dei mercati finanziari statunitensi, ma anche dei valori della società americana, che si è sempre posta come grande trascinatrice del mondo.
A questa opportunità come Paese si ricollega anche la presidenza del G8, perché i due aspetti si coordinano in un senso che può essere molto importante per ridare un ruolo all'Italia. In questi anni, l'Italia ha perso molti punti in Europa e nel mondo. L'Expo con quanto riferito dal sindaco, quindi con la capacità di guardare alla valorizzazione del capitale umano nei Paesi di origine, al coordinamento degli interventi di cooperazione allo sviluppo - linee direttrici culturali e sociali in cui l'Expo si muove e si muoverà - può rappresentare una grande opportunità perché l'Italia torni a essere un grande Paese, più trascinante delle sue dimensioni e capace di svolgere un ruolo rilevante per le sue capacità culturali e di visione.
È un'opportunità che noi tutti dobbiamo saper cogliere. Milano è la nostra capitale economica e oggi si propone di essere capitale culturale, anche sul piano della capacità dell'Italia di essere avanti a tutti nel guardare al nuovo paradigma mondiale e di esserne sempre più protagonista.

PRESIDENTE. Do la parola al sindaco di Milano e commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015, Letizia Moratti, per la replica.

LETIZIA MORATTI, Sindaco di Milano e commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015. Cercherò di sintetizzare i punti salienti degli interventi. Sono naturalmente d'accordo con l'onorevole Fassino e altri onorevoli sulla necessità di continuare a dare informazioni, quindi di riferire in questa Commissione sullo stato d'avanzamento. Mi fa molto piacere poterlo fare, perché è un modo per condividere e allargare il lavoro che stiamo facendo a chi ha la responsabilità principale, che è quella di fare le leggi nell'interesse dello sviluppo sostenibile del nostro Paese. Oggi, abbiamo toccato aspetti legati agli obiettivi del Millennio, quindi una parte del ruolo che Expo può avere, mentre una parte da non sottovalutare riguarda il ruolo che Expo può avere per promuovere l'Italia nel mondo, aprendo o rafforzando relazioni scientifiche culturali ed economiche con i diversi mercati.
Ribadisco quindi la mia disponibilità a continuare a riferire in questa Commissione sulla parte legata agli obiettivi del Millennio ed eventualmente anche sull'altra parte altrettanto importante, illustrando gli interventi per promuovere attraverso Expo l'Italia nel mondo.
Le proposte rispetto agli istituti europei legati all'acqua mi sembrano estremamente interessanti. Desidero ricollegarmi a quanto espresso rispetto al Centro per lo sviluppo sostenibile, che è un nodo di una rete, ma già lavora con una serie di riferimenti del mondo della ricerca o dell'università, in particolare dell'Istituto agronomico d'oltremare, che dipende dal Ministero degli esteri e, ha sviluppato con noi un lavoro preziosissimo in buona parte dei Paesi dell'Africa subsahariana. Un'altra


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istituzione che lavora già con il Centro per lo sviluppo sostenibile è l'Università per stranieri di Perugia, insieme ad alcune università a distanza, in particolare Uninettuno per quanto riguarda il Progetto Med Net'U, quindi quella rete di formazione a distanza che avevamo sviluppato come Ministero dell'istruzione, università e ricerca, che collega una ventina di Paesi nella sponda nord e sud del Mediterraneo e che stiamo estendendo anche ad altri Paesi quali quelli africani appena sotto l'Algeria, la Tunisia e il Marocco con i quali stiamo già operando. Sarò quindi felicissima di prendere contatto per valutare come collegare anche questi istituti al Centro per lo sviluppo sostenibile.
Ringrazio l'onorevole Bernardo per l'opportunità di trasferire anche agli altri parlamentari la relazione e gli allegati che lascerò a questo Comitato, anche perché ritengo che in questo modo si possano stimolare altre partnership oltre a quelle finora attivate.
Per quanto riguarda le domande poste dall'onorevole Mecacci, confermo che stiamo lavorando in piena sintonia e con grande attenzione da parte del Ministero degli esteri, personalmente da parte del Ministro Frattini, il capo di gabinetto Economides, l'ambasciatore Massolo, il ministro Belloni, quindi su tutta la parte che riguarda la cooperazione. Stiamo lavorando su progetti che vedono la cooperazione impegnata e che, in accordo con il Ministro Frattini, possono incrementare la nostra quota di partecipazione a progetti bilaterali, che talora garantiscono maggiori risultati rispetto a quelli multilaterali. So che è più facile realizzare i multilaterali, ma come Expo siamo impegnati essenzialmente sui bilaterali; siamo impegnati sui multilaterali solo dove ne abbiamo il controllo, se non abbiamo il controllo preferiamo non impegnarci.
Avevamo ipotizzato di lavorare con la World Bank su un'iniziativa molto bella, Adopt the Country, che si prefigge di far adottare da un Paese un altro Paese per formare giovani adolescenti. Abbiamo cercato di lavorare con la World Bank per circa sei mesi, ma la World Bank ci ha precisato che dei 3 milioni di euro provenienti dall'associazione Amici per l'Expo, costituita da un gruppo di imprenditori che a titolo gratuito e anonimamente sta dando sostegno a Expo, l'overhead per World Bank doveva essere del 20 per cento; i fondi dovevano essere controllati da World Bank, addirittura inizialmente avevano deciso che dovevano scegliere loro il Paese.
Abbiamo quindi deciso di seguire una nostra strada e questo ci sta rendendo politicamente, perché abbiamo scelto un Paese, il Togo, e stiamo dialogando con il Presidente che è già venuto due volte a Milano per questo progetto, che considera questo progetto la priorità del Togo. Facendolo con le nostre risorse, attiviamo le scuole civiche di Milano, la Coldiretti, l'Associazione artigiani di Milano, l'associazione Amici per l'Expo, spenderemo meno che facendolo con la World Bank e il capitale politico che abbiamo attivato sarà sicuramente molto maggiore. Stiamo operando in questo modo in piena sintonia con il Ministero degli esteri, che ci sta dando una grandissima attenzione.
Non ci risulta che ci siano tagli per quanto riguarda questa cooperazione, a parte quella nell'ambito del Ministero degli esteri, perché questa è già inserita nel dossier di candidatura, in cui sono stanziati 52 milioni di euro per interventi finalizzati ai cambiamenti climatici, che hanno quindi un impatto sulla povertà. I fondi sono stanziati, perché stanno nella società Expo e quindi fanno parte dei fondi che il Ministero dell'economia ha già stanziato da qui al 2015.
Per quanto riguarda gli appuntamenti del G8, stiamo lavorando, per quanto riguarda un focus sulle energie rinnovabili in particolare sull'Africa e sui Paesi in via di sviluppo, con il Ministero delle attività produttive, con il Ministero dell'ambiente e con il Ministero dell'istruzione, università e ricerca. Allo stato attuale, come Expo parteciperemo a questo evento del G8. Ovviamente, se ci sono altri interessi, abbiamo sempre dato la nostra disponibilità a partecipare.


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Ringrazio l'onorevole D'Amico per gli interventi che credo di aver già riassunto, ma per quanto riguarda il tema Russia, sarò con il Ministro Scajola in delegazione a Mosca. Questo fa parte dell'altro aspetto di Expo, ovvero di come attrarre i Paesi. Così come stiamo facendo con la Cina, consideriamo importantissimo avere Sochi come partner e quindi possiamo impegnarci a promuovere Sochi nell'ambito di tutte le iniziative di promozione dell'Expo; però sarebbe altrettanto importante che Sochi promuovesse Milano.
Fino a quando non saremo registrati dopo la presentazione del master plan, non possiamo negoziare con gli Stati, però, non potendo negoziare con accordi, abbiamo iniziato a negoziare con dei protocolli. Con la Cina abbiamo già firmato un protocollo - con il CCPIT (China council for the promotion of international trade), che si occupa anche della partecipazione all'Expo - sulla base della reciprocità, per cui la Cina investirà a Milano quanto investiamo noi in Cina, che non è poco, perché siamo tra i Paesi che stanno investendo di più. Analogamente, in questi mesi abbiamo sviluppato già iniziative che dovrebbero vedere la firma dei protocolli d'intesa con la Russia, con la Libia nel viaggio che farà il Ministro Scajola all'inizio di aprile, con la Corea, quando andrò con il Presidente Napolitano nell'ambito della visita di Stato di settembre, con il Giappone nell'ambito della stessa visita di Stato. Stiamo già dialogando con alcune regioni: con Buenos Aires, quindi con il governatore Macrì che ha già confermato un suo interesse a partecipare, con Rio de Janeiro che ha manifestato un interesse e la provincia di Dalian in Cina. Stiamo quindi lavorando a una collaborazione istituzionale su questa parte, che però è altrettanto importante.
Abbiamo numerosi progetti per il Pacifico, onorevole Picchi, sui quali in parte c'eravamo impegnati nella fase di candidatura, quindi attraverso 8 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero dell'ambiente. Stiamo anche lavorando con nostre università, quali il Politecnico di Milano sul tema della protezione dall'innalzamento del livello del mare. Un altro progetto altrettanto interessante riguarda l'utilizzo dell'acqua di falda per far sì che queste piccole isole abbiano acqua potabile. Si tratta quindi di progetti molto concreti.
Saremmo lieti di avere ulteriori fondi, ma credo che per averne di più sia necessario dare a Expo una visibilità come progetto Paese.
Anche come Milano partecipiamo a Shanghai, perché siamo stati selezionati tra le 20 città al mondo con urban best practices, quindi stiamo costruendo il nostro padiglione e vorremmo avere un apporto anche sulla parte tecnologie.
Per quanto riguarda il tema Expo progetto Paese, vorrei citare le città con le quali noi abbiamo già firmato accordi, mentre la lista di quelle che vogliono firmare accordi e lunghissima. Abbiamo firmato accordi con Napoli, Verona, Lecco, Novara, Trieste, Parma, Pavia, Campione, Locarno, Lugano, Mantova, Genova, Roma, Alessandria, Firenze, Torino, altre città del circuito d'arte della pianura padana. Quelle che sono alla firma con accordi già pronti per cui mi recherò in queste città sono Reggio Calabria, Bari, Palermo, Ragusa, Lodi e Catania.
Con queste città abbiamo firmato accordi sulla base dell'interesse, delle attese e delle proposte delle città, in base quindi non a quello che noi vogliamo, ma a quello che le città chiedono. A Verona valorizzeremo il quadrante Europa, che è una porta d'ingresso importantissima, i temi legati ai percorsi shakespeariani e all'Arena di Verona. Per quanto riguarda Napoli, valorizzeremo l'evento di Napoli 2013, il forum delle culture, a Trieste, il polo logistico, a Parma, il rapporto con l'Agenzia europea di sicurezza alimentare. Per quanto riguarda Firenze, la moda e la cultura, come il maggio fiorentino, a Novara, il tema legato all'agricoltura, particolarmente intensa sul riso. Gli accordi vengono siglati sulla base delle richieste delle città, per rendere concreto il fatto che Expo non è Expo Milano, bensì Expo Italia.


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Siamo lieti di mettere a vostra disposizione anche queste informazioni, dichiarandoci totalmente disponibili verso altre città che volessero avere una valorizzazione nell'ambito di progetti scientifici, culturali o turistici da costruire e iniziare a vendere per tempo, senza aspettare l'ultimo momento. Grazie.

PRESIDENTE. Venga più spesso in Parlamento, signor sindaco, perché indubbiamente ha portato una ventata di concretezza e di quell'entusiasmo che spazza via dubbi e polemiche. La ringrazio quindi a nome di tutti i colleghi che hanno voluto partecipare a questa sua audizione.
Metteremo a disposizione di tutti i colleghi il resoconto di questa audizione e i documenti che lei ci invierà, perché l'informazione è l'elemento fondamentale e forse anche molti non conoscono la concretezza di quanto l'Expo Milano-Italia può fare per il nostro Paese e per il mondo, aspetto di cui il sindaco Moratti ci ha dato una lezione operativa.
Abbiamo affrontato il tema relativo agli obiettivi del Millennio, ma l'Expo incide su un terreno molto più ampio. Ritengo quindi sia importante la disponibilità espressa dal sindaco Moratti ad affrontare in Parlamento anche altri temi complementari rispetto all'oggetto del nostro incontro di oggi.
Anche in altri Parlamenti sono stati costituiti Comitati sugli obiettivi del Millennio, per cui vogliamo dare avvio ad un'attività di promozione a livello mondiale; sotto questo profilo credo che, nell'ambito di questi rapporti con analoghi Comitati di altri Parlamenti, potremo sviluppare una sinergia con Expo e con lei.
La ringraziamo dunque di questo grande apporto e della sua testimonianza di entusiasmo, che fa bene anche noi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,05.

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