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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
17.
Giovedì 12 novembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DELLE NAZIONI UNITE

Audizione di Helen Clark, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP):

Stefani Stefano, Presidente ... 3 7 8 10 11
Corsini Paolo (PD) ... 8
Helen Clark, Amministratore dello United Nations Development Programme ... 4 9 11
Maran Alessandro (PD) ... 8
Pianetta Enrico (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 12 novembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 8,55.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di Helen Clark, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, l'audizione di Helen Clark, amministratore dello United Nations Development Programme (UNDP).
L'Aula del Senato, sfortunatamente, è convocata questa mattina alle 9, contrariamente a quanto programmato, per le votazioni sul disegno di legge della finanziaria, ragion per cui i colleghi senatori non ci saranno; anche la Camera, del resto, è convocata alle 9, dunque questo importante incontro con la signora Helen Clark a molti sfuggirà.
Do, comunque, un caloroso benvenuto da parte mia e dei colleghi della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati alla signora Helen Clark, amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, che ringrazio di essere qui e di aver accolto questo invito in Parlamento in occasione della sua visita in Italia.
Il Parlamento italiano, ovviamente, è onorato di poter procedere, nella seduta odierna, col prestigioso contributo della signora Clark, a una riflessione sulle attività poste in essere dalle Nazioni Unite in tema di sviluppo umano sostenibile.
Si tratta, infatti, di questioni alle quali il Parlamento tradizionalmente riserva grande attenzione e cui, nell'anno in corso, è stato attribuito un focus speciale in considerazione della presidenza italiana del G8.
Helen Clark, che ha assunto le funzioni di amministratore dell'UNDP nell'aprile del 2009, è figura assai nota alla comunità internazionale per l'intenso impegno politico ai più alti livelli istituzionali del suo Paese, la Nuova Zelanda, dove, tra l'altro, ha ricoperto per ben tre mandati consecutivi, dal 1999 al 2008, la carica di Primo ministro. Helen Clark, inoltre, è una collega di grande esperienza, che ha presieduto per tre anni la Commissione esteri del suo Parlamento, pertanto è due volte nostra collega.
Ricordo il clima particolarmente positivo che ha contrassegnato l'incontro tra la delegazione del Parlamento italiano e la signora Clark a New York, in occasione della 64a Assemblea generale dell'ONU.
Mi preme sottolineare che l'UNDP ha tra i suoi fondamentali compiti quello di aiutare i Paesi in via di sviluppo a costruire proprie istituzioni sulla base del principio della governance democratica, ovvero del fondamentale presupposto per la realizzazione degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, che attualmente


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rappresentano il quadro di riferimento per le attività di tutte le agenzie delle Nazioni Unite preposte allo sviluppo.
In questo quadro, l'UNDP si occupa anche di promuovere il ruolo dei Parlamenti, di sostenere i processi elettorali, di facilitare l'accesso alla giustizia, ai diritti umani e all'informazione.
Sono certo che i contenuti di questo incontro evidenzieranno numerose risonanze con i lavori dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi del Millennio in corso presso la Commissione affari esteri e comunitari della Camera e affidata al Comitato permanente, presieduto dal collega Pianetta qui presente.
È con piacere, pertanto, che cedo la parola alla signora Clark per la sua esposizione alla Commissione sui temi citati. Avverto che seguiranno le domande dei colleghi deputati, alle quali l'audita potrà dare una risposta in un successivo intervento di replica.

HELEN CLARK, Amministratore dello United Nations Development Programme. La ringrazio, signor presidente, per averci accolti qui oggi.
È stato un piacere, nelle ultime settimane, ricevere il presidente Dini e la vostra delegazione a New York. È la prima volta che sono a Roma in questa mia nuova funzione. Precedentemente, come Primo ministro della Nuova Zelanda sono stata qui tre volte in visita ufficiale per incontrare i miei omologhi di allora ed è un piacere tornare, considerando l'importanza di Roma, quale hub internazionale, per le agenzie delle Nazioni Unite, come il World Food Programme.
Oggi incontrerò l'executive board del World Food Programme con la FAO e con l'IFAD, il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, mentre la settimana prossima avrà luogo un'importantissima conferenza della FAO, che vedrà la partecipazione del Segretario generale delle Nazioni Unite al vertice sull'alimentazione.
So che l'Italia è particolarmente interessata alla cooperazione allo sviluppo e alle relazioni internazionali, ma ne parlerò successivamente.
Alle Nazioni Unite ci concentriamo moltissimo sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, al fine di arrivare al raggiungimento degli stessi nel 2015. Sono stata uno dei Capi di Governo che nel 2000 andarono a New York per siglare questi Obiettivi: quando si siglano degli Obiettivi da raggiungere nel giro di quindici anni, si tende sempre a pensare che quel lasso di tempo corrisponda ad almeno due «vite» politiche. Allora non avrei mai creduto di assumere un giorno il ruolo di amministratore di UNDP.
A proposito dello sviluppo e delle numerose sfide che ci attendono, vorrei sottolineare che ci sono stati enormi passi avanti in merito agli Obiettivi del Millennio. Credo che si tratti di un concetto molto importante, sul quale si concentra l'attenzione della comunità internazionale: gli obiettivi relativi allo sviluppo sono numerosi, come gli accordi siglati a tale proposito, in diversi vertici e nel corso di molti anni, ma quelli del Millennio rappresentano un indicatore significativo dello sviluppo umano ed è importante che ci focalizziamo su di essi.
Quando parlo di passi avanti penso anzitutto, per esempio, al mondo che sta per raggiungere l'obiettivo del dimezzamento del numero di persone che vivono in povertà estrema, con meno di 1,25 dollari al giorno.
Credo che siano stati conseguiti numerosi progressi anche sul piano della istruzione primaria universale, non tali da raggiungere il secondo Obiettivo del Millennio, ma abbastanza vicini al traguardo. Lo stesso vale per la riduzione della mortalità infantile - siamo piuttosto vicini al raggiungimento dell'obiettivo entro il 2015, se continuiamo ad agire come stiamo facendo - ma abbiamo ancora numerose sfide da affrontare, soprattutto per quanto riguarda la salute materna. Vorrei rilevare che proprio gli Obiettivi di Sviluppo del


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Millennio dimostrano come le necessità e lo status delle donne nelle società non ricevano l'importanza che dovrebbero avere. Stiamo lottando per raggiungere tale obiettivo: troppe madri muoiono senza motivo, a volte anche con i loro bambini.
Ci occupiamo, inoltre, della parità di genere e dell'istruzione (settore nel quale i maschi sembrano avere un accesso all'istruzione maggiore di quello riservato alle femmine), dei servizi igienici nonché, attualmente, dell'impatto della recessione rispetto a tutti gli altri aspetti che hanno segnato l'inizio del XXI secolo, che si tratti di terrorismo, a seguito di quel che accadde l'11 settembre del 2001, o della crisi dei prezzi dei prodotti alimentari, di cui si parlerà nel vertice FAO della settimana prossima (alcuni fenomeni economici relativi ai prezzi hanno duramente colpito Paesi e nazioni).
Ci sono, poi, le questioni ambientali e quest'anno l'OMS ha annunciato l'arrivo della nuova pandemia di influenza che colpirà duramente i Paesi in via di sviluppo.
In relazione ad alcuni Obiettivi di Sviluppo del Millennio, abbiamo rilevato non tanto il blocco dei progressi, quanto piuttosto un'inversione di tendenza, soprattutto in relazione alla fame. Prima dell'inizio della crisi dei prodotti alimentari, nel 2007, nel nostro pianeta 850 milioni di persone soffrivano di fame cronica. Secondo le stime della FAO, questo numero supererà il miliardo nel corso del 2009, condizione che rende il raggiungimento di questo obiettivo ancor più difficile.
Sappiamo che l'Italia, come qualunque altro Paese, è stata colpita dalla recessione internazionale; il mio Paese è stato colpito, anche la Spagna, vostra vicina, è stata colpita, la Gran Bretagna è stata colpita e così gli Stati Uniti. Ogni giorno si parla sui giornali del tasso di disoccupazione che negli Stati Uniti ha superato il 10 per cento, fattore estremamente negativo per un'economia come quella americana. Tuttavia, ritengo - parlo da cittadina di un Paese OCSE - che i nostri Paesi abbiano enormi strumenti a disposizione per fare passi avanti al fine di affrontare crisi come queste: grazie all'opzione dello stimolo fiscale, le istituzioni hanno potuto aiutare il settore finanziario in difficoltà. Siamo stati in grado di affrontare i cicli negativi.
Non è altrettanto facile per i Paesi più poveri, invece, che non dispongono di tasche profonde a cui attingere; non sono neanche presi in considerazione a livello bancario, quando si trovano ad affrontare tali questioni. Ci si è preoccupati anche del fatto che, in assenza di sostegno ai Paesi più poveri, potrebbero determinarsi danni di entità duratura legati a questa crisi: per esempio, i bambini che continuano ad avere problemi di sottoalimentazione nella fase iniziale della loro infanzia, avranno in seguito problemi di salute legati allo sviluppo; così come esistono ragazzi che non possono andare a scuola perché lo Stato non ha il denaro per pagare la scuola e le famiglie non riescono a pagare le rette scolastiche, per cui le loro potenzialità sono stroncate sul nascere.
Un altro aspetto da sottolineare, quando i Paesi vulnerabili sono esposti a un accumulo di crisi, si inizia con pressioni economiche, legate alla crisi dei prezzi dei prodotti alimentari o dei carburanti, e si sconfina nel settore umanitario. L'esito peggiore che può determinarsi è la creazione di instabilità, conflitti e crisi, che possono rivelarsi estremamente costosi per la stessa comunità internazionale. In Somalia, per esempio, che è considerato un failed state (Stato fallito), non sarebbe un'esagerazione dire che il World Food Programme spenderà più di 500 milioni di dollari l'anno per cercare di sfamare la popolazione somala, il che vale anche per il Darfur o per la Repubblica democratica del Congo, come per una serie di altri Stati che si trovano in enormi difficoltà.
Nella mia funzione, bisogna sempre sostenere l'idea che i Paesi più ricchi debbano contribuire ad aiutare quelli in difficoltà a raggiungere la pace e lo


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sviluppo. Uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, infatti, riguarda il partenariato globale per lo sviluppo, che prevede che entro il 2015 i Paesi sviluppati destinino lo 0,7 per cento del loro reddito nazionale lordo all'aiuto pubblico allo sviluppo. Pertanto, crediamo che il mondo potrà offrire livelli più alti di assistenza.
Vorremmo, in ogni caso, che gli insegnamenti legati alla crisi dei prodotti alimentari continuino ad essere utilizzati. È scioccante notare come la proporzione di aiuto pubblico allo sviluppo destinata allo sviluppo agricolo nel 1980 fosse pari al 17 per cento, mentre negli ultimi tempi tale quota è registrata al 3,8 per cento; quindi abbiamo trascurato lo sviluppo agricolo in una fase in cui la popolazione mondiale è aumentata e, con l'incremento della volatilità del clima, si è colpita in ogni caso la capacità produttiva, il che ha determinato la crisi dei prodotti alimentari.
Il G8, di cui l'Italia quest'anno detiene la presidenza, si è impegnato in maniera sostanziale in merito all'aiuto pubblico allo sviluppo, ricordando il vertice di Gleneagles del 2005, dove si era deciso di raddoppiare gli aiuti, rispetto ai livelli del 2004, entro il 2010, soprattutto per l'Africa. Purtroppo, però, le offerte e gli impegni per l'Africa sono per più dell'80 per cento al di sotto dei livelli richiesti: credo che ci siano grande diffidenza e notevole cinismo perché alcune persone si impegnano, ma poi non mantengono le promesse. Non si riesce, pertanto, ad ottenere il livello di fiducia necessario per sostenere lo sviluppo, il che ci fa rimanere al di sotto degli impegni presi.
Per quanto riguarda l'Italia, il suo contributo per l'aiuto allo sviluppo è pari a circa lo 0,2 per cento del PIL, rispetto all'obiettivo fissato a livello internazionale dello 0,7 per cento per i prossimi sei anni e dello 0,5 per cento entro il prossimo anno. Il ridotto impegno dell'Italia a proposito dei livelli degli aiuti ha avuto un impatto anche sulla nostra Agenzia; c'è stato un enorme calo nei contributi; lo scorso anno ad esempio la quota destinata all'UNDP è diminuita del 75 per cento circa, una diminuzione piuttosto drastica considerando che all'inizio degli anni Novanta il livello dei contributi italiani era quattro volte superiore rispetto a quello attuale. Siamo, quindi, consapevoli del fatto che una Commissione come la vostra ha un peso e che voi potete esercitare un'influenza significativa nel sostegno alle agenzie multilaterali, che svolgono un ruolo fondamentale nel portare sviluppo e speranza alle persone di tutto il mondo.
Il presidente, nel suo discorso iniziale, ha citato alcune delle questioni più ampie che riguardano lo sviluppo. Sono perfettamente consapevole che il denaro serve, ma non è tutto: occorrono una buona leadership, buon governo, mancanza di corruzione, trasparenza, tutti aspetti che il Presidente Obama ha sottolineato nel suo discorso in Ghana, alcuni mesi fa. È importante determinare la crescita economica, sostenere il commercio, scegliere gli investimenti giusti, operare buone scelte e attuare strategie valide, poiché questi sono gli ingredienti fondamentali dello sviluppo. Quando si parla di assistenza ufficiale allo sviluppo, essa funge da catalizzatore per sostenere politiche migliori, una governance migliore, strategie migliori, e la capacità di far fronte agli impegni e soddisfare le speranze della popolazione.
Quando date il vostro sostegno a un'importante agenzia multilaterale come l'UNDP, voi spesso sostenete un lavoro di base che mira al sostegno di una governance migliore, di strategie e politiche efficaci, del rafforzamento delle capacità. L'assistenza ufficiale allo sviluppo, in relazione agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sarà fondamentale anche nei mesi che ci separano dalla prossima Assemblea generale del settembre 2010. Ci sarà una conferenza di alto livello sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, in cui si parlerà ancora dei progressi fatti in relazione agli obiettivi. Saremo tutti pronti a fare il punto della situazione. L'UNDP, dal canto suo, continuerà a sostenere un approccio specifico per ogni Paese nell'affrontare gli


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Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Conosciamo le cifre e le tendenze, ma paese per paese continueremo - insieme ai Paesi alleati, come l'Italia e molti altri - a lavorare sul campo perché ci si concentri, insieme ai governi locali, sui settori in cui ciascun Paese ha maggiormente bisogno di progredire.
Un ultimo elemento che voglio sottolineare, prima di cedere la parola ai membri della Commissione, riguarda la connessione tra l'agenda dello sviluppo e quanto sta accadendo in vista della Conferenza di Copenaghen e dei negoziati sui cambiamenti climatici, anch'essi una sfida cruciale per lo sviluppo. Se si trasformano tali sfide in opportunità, un'enorme fonte di finanziamento extra sarà il probabile risultato delle risorse che saranno assegnate al settore dell'ambiente. Non conosciamo gli esiti, ma l'accordo sul clima, naturalmente, dovrà essere collegato a un'intesa sullo sviluppo: bisognerà sostenere i Paesi più vulnerabili nel loro adattamento ai cambiamenti climatici; essi non devono essere dimenticati, in modo che tutti possano mettere a punto una strategia per lo sviluppo a bassa emissione di carbonio.
Non possiamo negare a questi Paesi il diritto allo sviluppo: i Paesi occidentali sono privilegiati a godere già di questo diritto; lo sviluppo, tuttavia, così come si è verificato, avrebbe bisogno di tre o quattro pianeti, pertanto esso va sostenuto, ma con modelli diversi. E dovremo pagare per ciò, trattandosi di un modello più costoso, che comporta l'avvio di nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio.
Noi sosteniamo, quindi, il raggiungimento di un accordo che comporti lo stanziamento di maggiori risorse per l'adattamento e una crescita più verde, elementi che consideriamo fondamentali. La nostra stessa Agenzia ha un ruolo significativo nei Paesi in via di sviluppo proprio in merito a tali questioni, non da ultimo perché aiuta a sviluppare le capacità necessarie per accedere ai finanziamenti legati al clima. Il protocollo di Kyoto ha stanziato dei finanziamenti, ma per i Paesi più poveri può diventare molto difficile attingervi ed è ovvio che questi Paesi hanno bisogno di proposte che implicano strategie sofisticate e monitoraggi, troppo costosi per loro; è per questo che dobbiamo entrare in gioco noi e aiutarli a costruire le capacità necessarie per agire in questa direzione. Attualmente, più di 75 Paesi dispongono di strategie di adattamento e affrontano il problema di sviluppare piani di crescita a basse emissioni di carbonio (questo è un altro punto fondamentale dell'agenda legata agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio).
Per quanto riguarda il lavoro che svolgiamo, per esempio, nei Paesi in crisi, quando ieri sera ho incontrato il vostro Ministro degli affari esteri, abbiamo parlato dell'Afghanistan e della possibilità di concentrarci anche sullo sviluppo per risolvere i numerosi problemi di tali Stati. Se non siamo in grado di offrire loro una pronta ripresa e un dividendo che possa aiutarli ad uscire dalle crisi, infatti, non potremo vedere tanto facilmente la fine dei loro conflitti. L'UNDP è in Afghanistan, in Somalia, in Sudan, in Congo e in numerosi altri Paesi che affrontano un momento molto difficile.
Per concludere, signor presidente, invito tutti i presenti a sollevare eventuali questioni in merito al lavoro che svolgiamo. Se avete proposte o suggerimenti da darci, siete i benvenuti.

PRESIDENTE. Grazie, signora Clark.
Do ora la parola agli onorevoli deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Ha chiesto di intervenire il collega Pianetta che è anche presidente del Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

ENRICO PIANETTA. Anch'io voglio ringraziare la nostra ospite e ricordare il graditissimo incontro che la delegazione del Parlamento italiano ha avuto con lei nel suo ufficio a New York, in occasione della 64a sessione delle Nazioni Unite.
Ho particolarmente apprezzato il suo intervento, ovviamente con la preoccupazione dovuta in ragione del pieno raggiungimento degli otto Obiettivi del Millennio.


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Il fatto - come la nostra ospite ha detto - che il primo obiettivo purtroppo ha subìto una regressione in quest'ultimo periodo deve essere oggetto di grande preoccupazione per noi, non soltanto per una questione fondamentale, umanitaria, ma anche per una motivazione di natura politica e di riequilibrio del mondo. Lei ha fatto riferimento, per esempio, all'instabilità dell'Afghanistan, ma altri casi analoghi possono essere citati.
Non c'è dubbio che, nel 2008, le risorse messe a disposizione dello sviluppo mondiale hanno raggiunto un livello molto alto, ma questo non ha impedito la regressione. Credo, dunque, che ci sia l'esigenza non soltanto di incrementare le risorse - mi pare che i Paesi e i Governi abbiano deciso di intraprendere questo percorso relativamente allo sviluppo, soprattutto dei Paesi del terzo mondo - quanto, da parte di noi tutti, di cercare di migliorare l'efficienza globale dell'aiuto. Molte di tali risorse, infatti, non riescono a mettere in atto uno sviluppo adeguato.
Le chiedo, dunque, come si può riuscire, tutti insieme e in particolare l'UNDP, a coordinare la capacità di promuovere sviluppo e interventi di cooperazione con una migliore efficienza. Credo che questo sia un grande obiettivo da raggiungere per consentire che le risorse, quanto mai insufficienti, possano essere utilizzate nel migliore dei modi.

PAOLO CORSINI. Mi associo al benvenuto da lei rivolto alla nostra illustre ospite, alla quale porrò una domanda molto breve.
Tenuto conto della mission della realtà che lei presiede, c'è un tema che mi appassiona e che credo sia oggi decisamente rilevante, a partire dalla consapevolezza, che credo sia condivisa, che il problema della povertà è co-estensivo. Lei stessa ha fatto riferimento, per esempio, alle criticità connesse ai cambiamenti climatici, alla necessità di sostenere i processi di ripresa dopo le crisi e via dicendo. Tenuto conto anche della documentazione fornita dall'UNDP, come interpreta il nesso tra democratizzazione di un sistema Paese e lotta alla povertà? Considerando gli ambiti territoriali nei quali la sua associazione è impegnata, per esempio l'Afghanistan, l'Iraq, o i Territori palestinesi che mi interessano particolarmente (ho visto, nelle schede che ci sono state offerte, piccoli saggi monografici su queste aree), le pare condivisibile l'affermazione che tende a cogliere un nesso particolarmente stretto e intimo tra sostegno al processo di democratizzazione di un sistema Paese e incremento delle opportunità per la lotta alla povertà, all'indigenza, alla miseria, alla deprivazione?
Credo che questo, in qualche misura, si riconnetta anche alla sua affermazione conclusiva, da me assolutamente condivisa: il problema della lotta alla povertà non è soltanto una questione di disponibilità di risorse economico-finanziarie, ma anche di ruolo della politica e di affermazione di leadership che siano credibili e democraticamente legittimate.

ALESSANDRO MARAN. Mi associo, ovviamente, al benvenuto espresso dagli altri colleghi. Uno degli sforzi che ci accomuna nella Commissione esteri, in tempi di risorse scarse, è quello di cercare di convincere l'opinione pubblica che l'aiuto allo sviluppo e alla cooperazione internazionale non è un lusso che i nostri Paesi si possono concedere in tempi di vacche grasse, per poi naturalmente cercare di comprimerlo quando la situazione peggiora, ma una necessità permanente.
Nel nostro caso particolare, la vicenda dell'Afghanistan, che ci vede impegnati, richiede un di più di cooperazione - come ci siamo detti molte volte - e comporta la necessità di sviluppare tutti quegli interventi che consentano di migliorare la vita concreta delle persone, per poter conquistare le menti e i cuori. Qual è l'esperienza diretta dell'UNDP in quello scenario?

PRESIDENTE. Do la parola alla nostra ospite per la replica.


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HELEN CLARK, Amministratore dello United Nations Development Programme. Ringrazio il signor presidente e i commissari che mi hanno posto delle domande.
Il presidente Pianetta ha parlato della necessità di sviluppare un'efficienza globale nelle nostre modalità di assistenza allo sviluppo. Come presidente dell'UNDP, presiedo anche il Gruppo per lo sviluppo delle Nazioni Unite, che cerca di coordinare all'interno dei singoli Paesi i vari bracci del sistema della Nazioni Unite. Se avessimo iniziato nel 2009 con l'assistenza allo sviluppo, non avremmo 27 agenzie delle Nazioni Unite, ciascuna con un proprio ruolo. Ma questa è la storia. Alcune agenzie delle Nazioni Unite, come l'OIL, risalgono ai tempi della Lega delle Nazioni; poi abbiamo l'OMS, con una veneranda storia alle spalle, l'UNICEF, l'UNESCO, tutte hanno un mandato specifico, specifiche abilità e settori di competenza, ma è importante, naturalmente, coordinarci strettamente anche sul campo.
Negli ultimi anni, c'è stato un lavoro di concerto attraverso un sistema di coordinatori residenti, gestito dall'UNDP, per cercare di sviluppare un programma più coordinato e congiunto con i Governi dei vari Paesi. A livello globale, lavoriamo attraverso queste Agenzie per fornire princìpi guida globali; può sembrare un noioso discorso di meccanismi e procedure a quel livello, ma a livello di squadre di Paesi delle Nazioni Unite è fondamentale parlare con un'unica voce ai Governi.
Uno degli sviluppi più straordinari, in questo senso, è rappresentato dagli otto ex Paesi pilota che hanno accettato di sviluppare tutti insieme, come un unico soggetto, un nuovo formato pratico (Tanzania, Ruanda, Mozambico, Uruguay, Pakistan, Albania eccetera), di cui l'Assemblea generale ha appena chiesto una valutazione formale: credo che i risultati saranno assolutamente positivi e ci spingeranno a realizzare un mandato ancora più chiaro in termini di efficacia coordinata sul campo.
Ci sono, inoltre, le agenzie per lo sviluppo a livello bilaterale, anche in Italia, che cooperano sul campo con le Nazioni Unite. Per tutti noi, a parte il coordinamento, l'altra parte dell'agenda che riguarda l'efficacia degli aiuti consiste nel fornire assistenza ai Governi di questi Paesi perché esercitino un ruolo di leadership. La Commissione sull'assistenza allo sviluppo dell'OCSE, che ha promulgato le migliori prassi in questo ambito, ha parlato di leadership nazionale, ma bisogna prima possedere un adeguato livello di capacità all'interno di un Governo per fornire la leadership, le strategie, stabilire le priorità. È fondamentale, quindi, per l'UNDP ricevere i contributi generali (core contributions) per sostenere i Governi locali e le pubbliche amministrazioni e per ottenere una maggiore efficacia e un coordinamento migliore.
Per quanto riguarda il commento dell'onorevole Corsini sul collegamento tra la democratizzazione dei sistemi Paese e la povertà, che può avere effetti destabilizzanti, in linea di massima sono d'accordo. All'UNDP consideriamo un Governo tanto più trasparente e responsabile nei confronti dei propri cittadini, quanto più a lungo termine sono i risultati che si riescono ad ottenere in termini di sviluppo sostenibile. Le diseguaglianze e la povertà, ovviamente, sono destabilizzanti per la democratizzazione, e anche in quei continenti dove si rilevano numerosi progressi nel campo della democratizzazione, quando si registra una recessione si determinano pressioni sulla società e si può determinare un effetto corrosivo sul processo di democratizzazione. Proprio la scorsa settimana, ho incontrato per tre giorni tutti i coordinatori residenti dell'UNDP e i rappresentanti residenti dell'America Latina, dove ci sono numerose pressioni sui Governi istituzionali a causa delle profonde disuguaglianze esistenti in quelle società dell'America Latina. Tali pressioni, quindi, esistono non soltanto in quelli che per noi possono essere considerati i Paesi più poveri e vulnerabili, ma anche nei continenti in cui in anni recenti si sono registrate rivoluzioni democratiche


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e crescita economica ma che al momento attraversano profonde difficoltà.
Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Maran relativamente agli aiuti e alla nostra esperienza in Afghanistan, in generale i Paesi sviluppati dell'OCSE si sono basati su principi e motivazione filantropici: se il mio vicino è povero, lo sono anche io, un principio antico e molto importante da ricordare; se il nostro vicino è povero, tuttavia, tanto da essere disperato, tutto ciò crea pressioni anche a noi. L'Italia, per esempio, è esposta alle pressioni da parte dell'Africa sottosviluppata, da cui arrivano persone disperate, a bordo di minuscole imbarcazioni, che chiedono aiuto. Naturalmente, dovremmo agire alla radice del problema, ossia sul sottosviluppo.
È importante, quindi, che l'Africa sia considerata parte della soluzione e non sempre un problema: ha un miliardo di abitanti, una popolazione giovane e piena di energie quindi dispone di un grandissimo potenziale e di un'enorme capacità di elaborare innovazioni, con il sostegno, però, che noi siamo in grado di fornirle.
Se consideriamo la situazione da un punto di vista materialistico, un miliardo di persone ricche rappresenta un grande mercato e se vogliamo raggiungere l'obiettivo di avere un miliardo di persone che possono esportare manodopera verso un continente che invecchia, come l'Europa (in Italia ad esempio credo che l'invecchiamento sia un problema serio) qualcuno deve adoperarsi per conseguirlo, e bisogna considerare, naturalmente, come un elemento positivo attingere ai Paesi in via di sviluppo per avere manodopera. Ne beneficiano sia i Paesi che ricevono la manodopera sia gli immigrati. Oltre alla possibile motivazione filantropica e umanitaria, comunque, dobbiamo essere tutti in grado di convivere a conti fatti.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, la situazione è molto problematica: molte parti del Paese sono zone di guerra, il che ha determinato delle tragedie anche per la nostra organizzazione. Uno dei bracci dell'UNDP, infatti, è la United Nations Volunteer Organization che ha sede a Bonn, che aveva numerosi volontari in Afghanistan per le recenti elezioni: due di essi hanno perso la vita in un attacco contro il nostro ufficio. È davvero triste, inoltre, vedere come operatori dell'UNICEF o del World Food Programme in Pakistan, volontari che cercano soltanto di fare del bene, finiscano per essere degli obiettivi.
Una delle principali sfide in Afghanistan è quella di sostenere i piccoli agricoltori, fornendo loro un mezzo di sostentamento che non sia la droga. Il sistema di distribuzione della droga attuale, infatti, consente loro di arrivare al mercato: i talebani pagano e si crea una rete di distribuzione che fa guadagnare i piccoli agricoltori, ma bisognerebbe fornire loro la possibilità di vivere e guadagnare denaro in maniera onesta perché siano in grado di portare merci regolari, alimenti e altri prodotti sul mercato e distribuirli. Gli agricoltori potrebbero guadagnare molto di più, quindi, rispetto alla semplice coltivazione del papavero. Credo che si tratti di un'enorme sfida: fornire fonti di sostentamento sostenibili che soddisfino le reali necessità della popolazione, non quelle dei trafficanti di droga.
È fondamentale, inoltre, basare lo sviluppo in Afghanistan anche sul dialogo politico e sociale, per coinvolgere i cittadini nel processo politico e fornire un'alternativa alla guerra: «jaw jaw is better than war war» (meglio parlare che fare la guerra). Ne abbiamo parlato proprio ieri sera con il Ministro Frattini e con altri ministri: è fondamentale pensare ad aumentare gli sforzi per lo sviluppo ed elaborare forme locali di sostegno all'Afghanistan e alle forze di polizia, nonché sostenere il processo di dialogo politico. Credo che questo sarà un impegno davvero duro da mantenere, ma è importante farlo per conseguire risultati a lungo termine.

PRESIDENTE. Ringrazio a nome di tutti la signora Helen Clark per l'importante contributo alle nostre conoscenze


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sull'operato delle Nazioni Unite in questo specifico settore.
Ricordo che i colleghi che non hanno potuto essere presenti a causa di questo sfortunato incrocio di convocazioni, potranno consultare il resoconto stenografico.
Rinnovando il nostro ringraziamento, auguro alla signora Clark un buon proseguimento di soggiorno in Italia.

HELEN CLARK, Amministratore dello United Nations Development Programme. Grazie per avermi dedicato del tempo in una giornata così impegnativa.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.

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