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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
7.
Mercoledì 22 dicembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI PROBLEMI E LE PROSPETTIVE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE VERSO LA RIFORMA DELL'OMC

Seguito dell'esame e approvazione del documento conclusivo:

Stefani Stefano, Presidente ... 3
Tempestini Francesco (PD) ... 3

ALLEGATO: Documento conclusivo approvato dalla Commissione ... 4
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 22 dicembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non ci sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'esame del documento conclusivo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui problemi e le prospettive del commercio internazionale verso la riforma dell'OMC, conclusasi il 31 luglio 2010, il seguito dell'esame del documento conclusivo.
Ricordo che nella seduta del 27 ottobre scorso era stata distribuita una bozza di documento conclusivo che ho ulteriormente integrato con un paragrafo relativo ai principali temi dell'accesso ai mercati.
Chiedo ai colleghi se intendano intervenire per formulare qualche osservazione.

FRANCESCO TEMPESTINI. Vorrei solo chiedere quale seguito si darà al lavoro svolto.

PRESIDENTE. Dovremmo approvare il documento, provvedere alla raccolta e alla stampa degli atti, quindi procedere a una presentazione pubblica, altrimenti questo lavoro non avrebbe alcun senso. Mi sono avvalso anche della collaborazione di eminenti conoscitori dell'argomento del commercio estero, dunque credo che il documento abbia un certo valore.
Se non vi sono osservazioni, pongo in votazione la proposta di documento conclusivo nel testo modificato (vedi allegato).
(È approvata).

La seduta termina alle 15,05.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sui problemi e le prospettive del commercio internazionale verso la riforma dell'OMC.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

Tutti coloro che vanno alla fiera sanno che questa non potrebbe aver luogo se, oltre ai banchi dei venditori i quali vantano a gran voce la bontà della loro merce, ed oltre alla folla dei compratori che ammira la bella voce, ma prima vuole prendere in mano le scarpe per vedere se sono di cuoio o di cartone, non ci fosse qualcos'altro: il cappello a due punte della coppia dei carabinieri che si vede passare sulla piazza, la divisa della guardia municipale che fa tacere due che si sono presi a male parole, il palazzo del municipio, con il segretario ed il sindaco, la pretura e la conciliatura, il notaio che redige i contratti, l'avvocato a cui si ricorre quando si crede di essere a torto imbrogliati in un contratto, il parroco il quale ricorda i doveri del buon cristiano, doveri che non bisogna dimenticare nemmeno sulla fiera.
(Luigi Einaudi, Lezioni di politica sociale)

L'indagine conoscitiva deliberata dall'Ufficio di presidenza della III Commissione della Camera dei deputati il 30 settembre 2008 ha inteso acquisire elementi di informazione sul funzionamento dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e sulle sue proposte di riforma, a fronte dello stallo negoziale dell'agenda di Doha.
La proposta di avviare una disamina complessiva di tale problematica ha tratto spunto dalle risultanze emerse nella sessione annuale della Conferenza parlamentare sull'OMC, svoltasi l'11-12 settembre 2008, a Ginevra, organizzata congiuntamente dall'Unione interparlamentare e dal Parlamento europeo, alla quale ha preso parte, in rappresentanza della Camera, il presidente Stefani.
L'iniziativa - che cadeva in un momento nevralgico delle negoziazioni del Doha Round - si è conclusa con l'approvazione di un documento che riafferma l'impegno dei parlamentari a rafforzare la dimensione parlamentare dell'OMC, nella prospettiva di aumentare la trasparenza dei processi negoziali promosso in seno all'organizzazione. Contestualmente il documento invitava i Parlamenti nazionali di potenziare l'azione di indirizzo e di controllo dell'azione di governo nel settore della politica commerciale e di promuovere una maggiore equità nella liberalizzazione degli scambi.
La Conferenza ha altresì adottato in quella sede un «Codice di condotta» delle relazioni Governo-Parlamenti sulle questioni commerciali internazionali che contiene una serie di stimolanti indicazioni operative di cui si è tenuto conto nell'articolazione dell'indagine conoscitiva e nelle formulazione di alcune linee propositive, poste alla fine di questo documento.
La Comunità internazionale si trova oggi in una situazione caratterizzata da complessità e fluidità. Lo è sia dal punto di vista politico, dove l'aspettativa che alla fine della Guerra Fredda avremmo rapidamente raccolto i peace dividends è stata messa in crisi dall'insorgere di fattori di insicurezza. Ma lo è anche dal punto di vista economico, poiché è finita l'illusione che una globalizzazione deregolamentata sia in grado di consegnare il benessere automaticamente, sempre e ovunque.
È quindi importante valutare la questione, che è in primo luogo d'ordine


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politico-internazionale, della definizione una nuova governance su varie filiere, tra loro interrelate, nel campo economico: la ricerca di meccanismi aggiornati di vigilanza sui mercati finanziari per garantirne la stabilità ed una efficienza duratura; la tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; infine, l'esigenza di conseguire nuove regole commerciali nei vari settori primario, secondario e terziario, a beneficio dei Paesi avanzati, dei Paesi emergenti e dei Paesi che sono ancora oggi fuori dai circuiti economici internazionali.
L'indagine si è articolata in cinque sedute, tenute dalla Commissione fra il settembre 2008 ed il luglio 2010, durante le quali sono stati ascoltati il direttore generale per la cooperazione economica e finanziaria multilaterale del Ministero degli Affari esteri, Giandomenico Magliano (26 novembre 2008), il presidente dell'ICE, Umberto Vattani (9 dicembre 2008), il rappresentante permanente italiano presso le Organizzazioni internazionali a Ginevra, Giovanni Caracciolo di Vietri (21 gennaio 2009), il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Adolfo Urso (19 febbraio 2009), ed il vice direttore generale della Direzione generale per il commercio della Commissione europea, Péter Balás (7 luglio 2010).

Il fallimento del Doha Round

Il negoziato commerciale multilaterale nell'ambito dell'OMC venne lanciato a Doha (Qatar) alla fine del 2001, dopo il fallimento del vertice di Seattle, avvenuto anche sulla base delle manifestazioni che lì si manifestarono, all'indomani della tragedia delle «torri gemelle», in un clima «volontaristico» di ripresa dell'attività internazionale e alla ricerca di una rinnovata «solidarietà» anche in campo commerciale e di lotta alle spinte protezionistiche.
L'Agenda concordata era molto ambiziosa e poneva particolare attenzione alle esigenze dei Paesi in sviluppo, tanto che il negoziato fu da allora conosciuto come l'Agenda di Doha per lo sviluppo.
I temi negoziali all'ordine del giorno riguardavano l'agricoltura (smantellamento delle sovvenzioni all'export, riduzione sostanziale del sostegno interno e apertura dei mercati, incluso quello europeo), i NAMA o prodotti industriali (riduzione delle tariffe e delle misure non tariffarie), i servizi, la facilitazione degli scambi, nonché alcuni temi nuovi (i cosiddetti «temi di Singapore», investimenti, concorrenza, appalti pubblici), successivamente usciti dal negoziato - durante, purtroppo, il vertice di Hong Kong del dicembre 2005 - per l'opposizione dei Paesi in via di sviluppo. Di particolare interesse italiano, erano state inserite le indicazioni geografiche, e fu considerato un successo per le aspettative e le prospettive del nostro Paese.
Spentosi progressivamente lo «spirito di Doha», emerse rapidamente la complessità del negoziato, il cui punto nodale era costituito dall'agricoltura, come nella maggior tradizione dei passati negoziati GATT: le discussioni si concentrarono così su questo tema, al quale fu affiancato quello dell'accesso al mercato di prodotti industriali, nel tentativo di riequilibrare il livello delle concessioni.
Il Round ha conosciuto un nuovo momento di crisi nella riunione ministeriale del luglio 2008 a Ginevra, proprio quando si pensava si fosse giunti ad un punto di svolta, che avrebbe consentito di procedere speditamente verso la conclusione e anticipare gli effetti della recessione economica internazionale.
Il confronto sull'agricoltura, in particolare, ha finito per condizionare ancora una volta negativamente l'esito complessivo del negoziato. Ma aperti contrasti si sono manifestati anche sulle altre aree tematiche più importanti del confronto, ovvero l'abbassamento delle tariffe sui prodotti industriali e le liberalizzazioni dei servizi. Gli Stati Uniti, da un lato, non hanno concesso sufficienti riduzioni sul fronte del sostegno interno in campo agricolo; l'Unione europea, dall'altro, è apparsa più che mai divisa e su una posizione


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troppo difensiva sul tema dell'accesso al mercato per i prodotti agricoli; e i paesi del G-20 non hanno voluto offrire più di tanto in termini di accesso al mercato dei prodotti industriali e dei servizi.
Per quanto riguarda i prodotti industriali, l'Italia avrebbe conseguito vantaggi dalla grande apertura dei propri prodotti nei mercati dei Paesi OCSE, i più ricchi ed avanzati, e da una riduzione sensibile del livello dei dazi consolidati nei Paesi emergenti e degli ostacoli non tariffari, molto importanti per le piccole e medie imprese. Alcuni Paesi emergenti, ma anche il Giappone con le calzature, stanno cercando di porre ostacoli non tariffari, quali quelli doganali o certificazioni di qualità.
Le difficoltà intrinseche del quadro negoziale giustificano parzialmente le difficoltà commerciali degli ultimi anni. Dai primi round negoziali che vedevano coinvolte poche decine di Paesi si è passati oggi ad un'organizzazione di 153 membri, portatori di diversi interessi, e una ventina di aree tematiche negoziali. Le trattative diventano, quindi, molto complesse soprattutto a fronte della volontà della Russia di aderire all'OMC e della membership già consolidata della Cina.
Ma la tornata negoziale è fallita per cause più profonde che si sono manifestate pesantemente ed a più riprese in questi anni. In questo senso, le forti difficoltà sperimentate dal Doha Round non possono essere considerati quali incidenti di percorso, a cui porre riparo con qualche accorgimento ad hoc.
Alla radice di queste difficoltà vi è una ragione di fondo: il venir meno in questi ultimi anni dei rapporti di forza e degli equilibri negoziali che avevano assicurato il successo di tutti i precedenti round commerciali, svoltisi in sede GATT prima ed OMC poi. Quel modello negoziale prevedeva un accordo tra Stati Uniti e Unione europea, da estendere poi al resto dei paesi: un duopolio che ha cominciato a non funzionare più in occasione della conferenza di Seattle ed è clamorosamente fallito a Cancun.

Le ragioni del multilateralismo del bilateralismo in un'epoca di recessione globale

Una ricerca dell'Università del Michigan ha rilevato che se le barriere attuali nel settore primario, secondario e terziario si riducessero di un terzo, ci sarebbe un aumento della ricchezza mondiale pari a 574 miliardi di dollari. Altri studi presentano risultati più modesti o più ottimistici in un range che va da 84 a 287 miliardi annui a partire dal 2015, altri ancora indicano un aumento di ricchezza fino a 3 mila miliardi di dollari annui.
Il problema commerciale è il primo e più antico dei problemi della governance economica mondiale. La consapevolezza ed il consenso sui benefici della massima libertà commerciale sono molto diffusi. Questa consapevolezza e questo consenso fanno tesoro di tante esperienze dei costi del protezionismo e delle guerre commerciali e si basano anche sul fatto che protezioni e sussidi piuttosto efficaci si possono introdurre facilmente e altrettanto facilmente possono essere restituiti scatenando battaglie dove tutti finiscono per perdere.
Non vi è dubbio che la soluzione multilaterale rimanga cruciale per governare le relazioni commerciali internazionali. Le motivazioni alla base del negoziato multilaterale sono di tipo squisitamente «politico»: in un confronto negoziale complessivo è più facile effettuare scambi e reciproche concessioni e, al crescere del numero dei settori negoziali e degli «scambi» intersettoriali, aumenta la possibilità che il gioco alla fine diventi a «somma positiva».
La crisi economico-finanziaria di questi anni ha indotto molti Paesi ad adottare misure che potrebbero, alla lunga, avviare una involuzione protezionistica su scala più ampia.
La tendenza è emersa già prima del pieno manifestarsi della crisi. Una prima condizione che ha spinto in questa direzione è stata la temporanea scarsità di prodotti agricoli nel 2007, perdurata per la


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prima metà del 2008, che ha portato alcuni produttori a introdurre misure restrittive relative all'export.
È possibile notare una serie di fattori specifici che caratterizza le misure messe in atto. Si è parlato infatti di murky protectionism, o «protezionismo strisciante». Questo perché non sono state introdotte, a parte qualche rara eccezione, misure in violazione egli accordi presi in sede multilaterale con l'OMC, ma è stata più volte ventilata la possibilità di ricorrere ad alcune misure «legittime».
L'Italia, essendo un Paese importatore di materie prime ed esportatore di prodotti finiti, quindi Paese trasformatore, ed essendo uno dei più grandi Stati esportatori al mondo, ha necessità, come e più degli altri, di contrastare questo tipo di spinte. Importando materie prime, ha bisogno che esse costino il meno possibile; esportando prodotti finiti, ha bisogno che essi trovino liberamente i mercati mondiali e al miglior prezzo. Abbiamo quindi, più di altri, la necessità che il mondo non alzi barriere e protezioni e non ostacoli i commerci.
Sembra comunque prevedibile che, una volta usciti dalla grave crisi in corso, l'integrazione tra le principali economie e il processo di globalizzazione, sospinti dai processi di frammentazione produttiva, continuino nei prossimi anni.
È quindi ipotizzabile una crescita del bilateralismo e degli accordi commerciali preferenziali tra paesi, che già nel corso di questi ultimi anni hanno fatto registrare una forte accelerazione. In pochi anni il numero di tali accordi è cresciuto in modo spettacolare, divenendo uno strumento largamente utilizzato dalla quasi totalità dei paesi membri dell'OMC.
Anche i paesi dell'Asia, rimasti per decenni al margine delle iniziative regionali, hanno cominciato a promuovere con intensità crescente accordi commerciali bilaterali e plurilaterali. La Cina è stato il paese più attivo e le iniziative cinesi con i paesi membri dell'Associazione delle nazioni dell'Asia sud-orientale (ASEAN) e l'India hanno spinto prima il Giappone, poi la Corea del Sud e la maggior parte dei paesi asiatici ad adottare strategie simili e in parte concorrenti.
Va inoltre considerato che, al di là delle classiche barriere tariffarie, i governi possono mettere in atto oggi discriminazioni nei confronti dei prodotti importati utilizzando misure domestiche di vario genere, giustificabili in nome della tutela della salute, dell'ambiente e della sicurezza dei propri cittadini, e quindi in forme del tutto compatibili con gli standard fissati a Ginevra.
A ciò si aggiunga che l'Europa e l'Italia sono tra le aree e paesi più avanzati quelli che rischiano di più da un arretramento o riduzione del grado di apertura e integrazione economica internazionale. Serve, dunque, una difesa e un rilancio del sistema di regole commerciali, attraverso un rinnovato impegno dei governi europei a favore del regime commerciale multilaterale.
Assicurare il buon funzionamento del regime commerciale nella sua nuova veste multipolare è comunque tutt'altro che facile. Richiede revisioni profonde, vere e proprie riforme, dei meccanismi e delle regole negoziali multilaterali. È un problema di governance globale assai complesso che andrebbe affrontato, indipendentemente dall'esito del Doha Round, per evitare che l'OMC si trasformi in un'organizzazione sempre più paralizzata nella sua capacità di decisione e sempre più marginale, come già accaduto ad altre organizzazioni simili in passato.

L'assetto attuale e le ipotesi di riforma dell'OMC

Anche i più duri critici del processo di globalizzazione riconoscono che, benché non propriamente efficace, quella dell'OMC è certamente un'esperienza avanzata del multilateralismo operativo. La prima ragione è la sua articolazione strutturale, che regge su tre componenti distinte: una componente di dibattito intergovernativo, una componente di controllo del rispetto delle regole vigenti e, quel che più conta, una componente sanzionatoria,


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anche questa ancora molto imperfetta, ma certamente esistente, che fa la differenza rispetto ad altre grandi agenzie multilaterali, in particolare delle Nazioni Unite.
L'autentico acquis dell'OMC, fino ad oggi, sembra risiedere proprio nell'avere definito una cornice di organizzazione, non un semplice trattato con i suoi seguiti, nella quale esiste un sistema giuridico sui generis e la possibilità di assicurarne la piena osservanza.
Nondimeno, al di là della mera dimensione giuridico-internazionale, l'OMC è veramente globale sotto il profilo della partecipazione: in questo senso rappresenta un presidio prezioso del multilateralismo, in un mondo che rischia la frammentazione e lo scontro tra blocchi e potenze economiche nonostante la globalizzazione dell'economia produttiva (la filiera internazionale dei prodotti non solo nell'ambito delle multinazionali) e dei mercati di capitali.
L'articolazione strutturale dell'Organizzazione attuale è erede, sin dal 1o gennaio 1995, del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), del 1947, evoluto in un vero e proprio sistema intergovernativo.
Le decisioni vengono prese dagli Stati membri che sostanziano in maniera articolata ed a vari livelli una sorta di corpo legislativo che è chiamato poi, nell'ambito dei vari cicli negoziali, a prendere decisioni per la formazione delle nuove regole degli scambi mondiali.
L'Accordo di Marrakech del 1994 ha prodotto un vero e proprio salto qualitativo: il complesso degli accordi dell'Uruguay Round ha comportato un ampliamento notevole del campo di applicazione delle normative concordate. Tale ampliamento era necessitato dall'espansione negli ultimi venti anni del commercio internazionale per settori e per modalità. La facilità dei trasporti, la fornitura a distanza di molti servizi (ad esempio finanziari, professionali), lo sviluppo delle telecomunicazioni, di internet e la nascita del commercio elettronico avevano infatti reso obsolete molte delle vecchie regole.
Sulla base di questo corpus iuris, la struttura dell'OMC si articola su quattro livelli: quello generale della Conferenza ministeriale che dovrebbe riunirsi ogni due anni, ma che già da tre anni non si riunisce, per cui uno degli obiettivi di Lamy è quello di avere una Conferenza Ministeriale tra la primavera e l'estate; quello del Consiglio generale, sotto la Conferenza ministeriale; quello dei Consigli per le materie che ho prima citato (GATT, GATS e TRIPS); quello dei comitati specifici, che costituiscono la struttura sottostante al Consiglio generale. Vi è infine, una struttura (TNC) per così dire, parallela, creata per promuovere l'avvio e la gestione dei nuovi round, in questo caso, ad esempio, del Doha Round.
Il processo decisionale dell'OMC è basato sulla regole del consensus, molto complicato da gestire ma nondimeno fonte di grandi garanzie. Infatti, sulla base del principio introdotto nel Doha Round del single undertaking - ossia, nessun accordo si raggiunge se non sono raggiunti contemporaneamente accordi in tutti i settori oggetto di negoziato - il principio del consensus, se da un lato complica il raggiungimento di una intesa generale, dall'altro permette, essendo il voto riservato a ciascun Paese membro (nel caso dell'Unione europea a tutti i 27 Paesi membri, ma non si è mai praticato il voto), di mantenere un legittimo margine di manovra dato dalla possibilità di opporre il diritto di veto.
Su questo si innesca un meccanismo che spesso è stato criticato, quello del procedere secondo formati decisionali ristretti (le cosiddette Green Room) composti secondo specifici equilibri geografici destinati a facilitare la via verso la formazione del consenso proprio perché si assottiglia il numero di coloro che concorrono alla decisione; questo è l'aspetto positivo. L'aspetto negativo di questi formati di lavoro è di isolare naturalmente certi attori diciamo minori che certamente contestano la democraticità di tale modus operandi.
Un punto problematico è rappresentato dalle condotti di alcuni dei player principali, India e Cina per esempio, che agiscono con modalità e finalità (anche geopolitiche)


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diverse. In questo quadro si va innescando un altro degli aspetti, ovvero la richiamata proliferazione di accordi regionali e bilaterali che, seppur rappresentando una via più semplice da seguire, tendono a favorire solo le parti in contatto tra di loro e che, al tempo stesso, rischiano di compromettere gli interessi principali di Paesi in via di sviluppo.
Le strategie da perseguire a più lungo termine per un rilancio e rafforzamento dell'OMC sono le più varie e comprese tra due estremi: da un lato, ci sono quelli che vogliono delimitare il ruolo dell'organizzazione di Ginevra perché resti un foro intergovernativo e torni ad occuparsi dei temi commerciali più tradizionali, ovvero le barriere tariffarie; dall'altro quelli che chiedono l'estensione dell'agenda dell'OMC, sino ad includere i nuovi temi del commercio, anche quelli di «seconda generazione» (investimenti, concorrenza, politiche per l'ambiente e per il lavoro), e spingono per l'adozione di procedure più trasparenti, meccanismi di coinvolgimento del settore privato e delle organizzazioni non governative (Ong).
Nel rinnovare le sue regole il sistema commerciale multilaterale si troverà a dover fronteggiare una sfida che taglia trasversalmente la rete di accordi e negoziati ed è la ricerca di soluzioni efficaci alla cosiddetta «dimensione dello sviluppo» che riguarda i Paesi in via di sviluppo, membri dell'OMC.
Gli Stati che aderiscono all'OMC si trovano infatti a diversi stadi di sviluppo: conseguentemente, va ricercato un difficile equilibrio tra l'universalità degli impegni e i diversi contesti di applicazione di tali impegni. La «dimensione dello sviluppo» è un tema centrale per il rilancio dell'Organizzazione. Essa riguarda vari aspetti: i contenuti (il trattamento speciale e differenziato per i Pvs), l'accesso libero (senza dazi per i Paesi meno avanzati - Pma); i tempi (diverse fasi di attuazione); l'enabling environment (i programmi di assistenza tecnica e di capacity building); la riforma dei meccanismi decisionali (vedi poi).
Infine, sono in molti a denunciare le gravi insufficienze dell'attuale struttura organizzativa e dei meccanismi di funzionamento dell'OMC. Il sistema decisionale del GATT funzionava bene perché coinvolgeva pochi paesi e i temi tariffari da negoziare erano relativamente semplici. I paesi che partecipano oggi al OMC sono molto più numerosi ed eterogenei e gli stessi temi oggetto dei negoziati presentano una complessità crescente. Occorre dunque migliorare i meccanismi interni di decisione e accrescere la trasparenza esterna. La richiesta di riforme in tal senso viene non solo dai nuovi attori, quali i paesi emergenti più influenti ed i Paesi meno avanzati (Pma), largamente marginalizzati nei processi decisionali, ma anche da molti paesi sviluppati.
Il direttore generale Pascal Lamy ha più volte parlato, a proposito dei meccanismi organizzativi dell'OMC, di un «sistema medievale» di decisione e di una struttura di tipo «bizantino». Entrambi vanno riformati, anche se va mantenuto il delicato equilibrio tra miglioramento dell'efficacia ed ampliamento della partecipazione e del consenso.
L'Italia, paese importatore di materie prime ed esportatore di prodotti finiti, necessita di un commercio senza dazi o ulteriori ostacoli commerciali e intende creare un «osservatorio» nazionale, facente capo al Ministero dello sviluppo economico, al fine di monitorare continuamente tutti i fenomeni ostativi all'internazionalizzazione delle imprese italiane nei mercati esteri.
In tale ottica, la conclusione del Doha Round obbligherebbe i paesi in via di sviluppo e quelli emergenti a consolidare i propri dazi al livello più basso, senza aumentarli arbitrariamente, e rimuoverebbe, armonizzandoli, tutti quegli ostacoli non tariffari, spesso surrettiziamente protezionistici, che questi Paesi stanno moltiplicando.
Per rafforzare il ruolo del OMC è necessario creare nuove regole e strumenti in grado di modellare sia la struttura, sia la composizione degli accordi preferenziali così da ridurre la potenziale discriminazione


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nei confronti dei paesi terzi. Il problema è che gli strumenti e le regole a disposizione del OMC per evitare e/o minimizzare le distorsioni del commercio mondiale derivanti dal regionalismo si sono sempre rivelati difficili da utilizzare perché ambigui e incompleti. Anzi, in questi anni non sono mai stati veramente utilizzati per evitare che gli accordi preferenziali generassero distorsioni e ostacolassero il rafforzamento del sistema commerciale multilaterale. Sarebbe dunque importante che questi strumenti e regole siano rivisti, modificati e possibilmente rafforzati.

La posizione dell'Unione europea

L'Unione europea agisce in seno all'OMC come un unico attore, in particolare attraverso la Commissione europea che interviene a nome dell'Unione nella maggior parte delle riunioni dell'Organizzazione e nella negoziazione degli accordi commerciali.
La partecipazione ai negoziati promossi dall'OMC è regolata nel quadro delle disposizioni relative alla conclusione di accordi relativi alla politica commerciale di cui all'articolo 207, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Le negoziazioni sono condotte dalla Commissione, che riferisce periodicamente al comitato speciale e al Parlamento europeo sui progressi dei negoziati.
Il 28 ottobre 2005, in vista della Conferenza ministeriale di Hong Kong del dicembre 2005, l'Unione europea ha presentato una serie di proposte relative ai negoziati del Doha round che costituiscono tuttora, come indicato nelle conclusioni del Consiglio in più occasioni, la posizione negoziale dell'UE.
Tali proposte vertono sull'accesso al mercato agricolo, nonché su una serie di richieste in altri settori, compresi l'accesso al mercato non agricolo, i servizi, le norme e lo sviluppo. L'offerta agricola è subordinata ai progressi realizzati in altri settori.
In particolare, per i tre pilastri del negoziato agricolo (sussidi all'esportazione, aiuti interni e accesso ai mercati), l'UE ha proposto:
la riduzione del 70 per cento degli aiuti interni della scatola gialla o amber box (quelli aventi effetti di distorsione sugli scambi): tale riduzione è stata attuata dall'UE con la riforma della PAC nel 2003; una riduzione più rilevante invece per gli aiuti del blue box (aventi effetti di distorsione di portata minore);
eliminazione dei sussidi alle esportazioni ad una data precisa se gli altri membri dell'OMC assumono il medesimo impegno;
una riduzione dei dazi doganali del 60 per cento per quelli più elevati, mentre per quelli meno elevati la riduzione proposta va dal 35 al 60 per cento;
una riduzione del numero dei prodotti sensibili (in particolare, l'UE ha proposto una riduzione di tale numero pari all'8 per cento di tutti i suoi prodotti agricoli);
riduzioni tariffarie anche per i prodotti sensibili e contingenti tariffari maggiori che renderanno più accessibile il mercato comunitario;
un trattamento preferenziale per i paesi in via di sviluppo: per tali paesi la riduzione tariffaria sarà fissata ai due terzi di quella dei paesi sviluppati, mentre per i paesi meno sviluppati non sarà richiesta alcuna riduzione;
una lista internazionale volta alla protezione delle indicazioni geografiche in tutti gli stati membri dell'OMC.

Le proposte avanzate dall'Unione europea in campo agricolo sono strettamente condizionate all'accettazione da parte dei membri dell'OMC di un certo numero di richieste in aree negoziali estranee all'agricoltura:
per quanto riguarda il commercio dei beni industriali, l'UE vuole che sia raggiunto un accordo su una formula progressiva per la riduzione delle tariffe applicate


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dai paesi sviluppati e dai più competitivi tra i paesi in via di sviluppo;
relativamente ai servizi, l'UE chiede che si raggiunga un accordo su obiettivi nazionali ambiziosi e vincolanti nei settori che devono essere liberalizzati;
l'UE ribadisce la proposta di creare un registro internazionale di protezione delle indicazioni geografiche in tutti i paesi membri dell'OMC;
l'UE chiede, inoltre, discipline più stringenti su una serie di temi, inclusi tutti i maggiori ostacoli al commercio internazionale (prevenzione dell'uso abusivo di strumenti anti-dumping; incremento della trasparenza; riduzione sostanziale dei costi dei procedimenti anti-dumping; rafforzamento degli obblighi anti-dumping);
sul tema dello sviluppo, l'UE vuole raggiungere l'accordo su un significativo pacchetto di misure che preveda, tra l'altro, l'accesso libero da quote e tariffe per tutti i paesi meno sviluppati al mercato dei paesi sviluppati; la garanzia che la reciprocità in termini di apertura al mercato non sia richiesta ai paesi meno sviluppati nell'attuale fase negoziale; un pacchetto di aiuti al commercio.
La conclusione dei negoziati dell'Agenda di Doha per lo sviluppo costituisce tuttora una priorità dell'Unione europea, come indicato nel programma di 18 mesi del Consiglio UE, presentato il 22 dicembre 2009 dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese, che si prefiggono di operare ai fini di un accordo globale, completo ed equilibrato nell'ambito del Doha Round.

Nel Doha Round l'Unione europea - come ha ricordato il vice Direttore generale Balás - sta cercando di svolgere un ruolo di mediazione: Bruxelles è infatti fortemente interessata a un migliore accesso al mercato, a migliori possibilità per le esportazioni dei prodotti industriali, a un miglior accesso ai servizi, ma l'UE ha un atteggiamento difensivo quando si parla di agricoltura e della possibilità di aprire le importazioni di prodotti agricoli dall'estero, dal territorio extra UE. Da parte europea si ritiene comunque che dopo il 2008 sia stato preparato un pacchetto accettabile, anche se gli Stati Uniti vogliono cambiarlo per ottenere una maggiore apertura dei mercati delle economie emergenti.
Un miglior accesso ai mercati e migliori possibilità per le esportazioni sono tra gli elementi più importanti dei negoziati di Doha, che si occupano anche dell'ulteriore sviluppo delle norme internazionali dell'OMC che regolano il commercio. Per l'UE ci sono numerosi interessi offensivi in questo ambito, per quanto riguarda ad esempio il settore delle indicazioni geografiche, ovvero ottenere una maggiore protezione per prodotti come il Prosciutto di Parma o il Parmigiano. Si tratta di marchi italiani, ma che rappresentano un importante interesse per l'esportazione agricola degli Stati membri dell'Unione europea. Queste denominazioni geografiche non hanno una sufficiente protezione come nel caso, invece, dei marchi registrati e costituisce uno dei settori di maggiore interesse per l'UE e per il nostro Paese.

Linee di proposta

La concorrenza. L'Italia può farsi portatrice, anche in sede europea, di una proposta di definizione di un sistema multilaterale delle regole di concorrenza, in grado di fissare una disciplina uniforme delle pratiche anticompetitive che avvengono nel mercato internazionale.
In questo modo verrebbe soddisfatto il bisogno degli operatori economici privati di poter operare nei diversi mercati nazionali e regionali sulla base di regole eque e trasparenti in conformità agli standard internazionali eventualmente fissati. Inoltre, il principio di extraterritorialità non verrebbe più applicato alla disciplina della concorrenza, elemento questo che rischiava di penalizzare gli Stati dotati di una legislazione e una prassi meno evoluta in materia.
Il primo passo del percorso che dovrebbe portare a questo risultato è l'introduzione,


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in tutti gli Stati membri dell'OMC, di normative di base in materia di concorrenza, che definiscano ambito di applicazione della normativa, ruolo delle attività amministrative e del potere giudiziario e casi di esenzione o limitazione delle stesse. A livello multilaterale, poi, la tutela della concorrenza dovrebbe essere ispirata a principi di non discriminazione, trasparenza nonché su criteri di progressività ed elasticità, in considerazione del diverso grado di sviluppo dei paesi membri.
Accesso al mercato, barriere tariffarie e non tariffarie, condizioni di reciprocità. L'impegno del Governo italiano su questa tematica dovrebbe essere volto a garantire condizioni equilibrate di accesso al mercato per quei settori industriali che si trovano di fronte alla mancanza di reciprocità in molti Paesi membri dell'OMC o che soffrono per la carenza di materie prime a livello europeo e necessitano di approvvigionarsi sui mercati terzi.
Per quanto riguarda l'Italia, questo dossier tematico assume una particolare rilevanza: basti pensare, in tema di materie prime, alla forte dipendenza energetica che caratterizza il nostro Paese e che porta la bilancia commerciale con l'estero ad un deficit complessivo attestatosi, secondo gli ultimi dati disponibili (gennaio-settembre 2010), sui 19 miliardi di euro.
Un altro aspetto su cui intervenire in sede di negoziazione multilaterale potrebbe essere una maggiore armonizzazione delle strutture tariffarie tra i Paesi membri dell'OMC.
Anche l'eliminazione delle barriere paratariffarie e non tariffarie, la cui difficoltà di individuazione crea gravi difficoltà alle aziende e rende problematico l'ingresso in diversi mercati.
L'impegno italiano deve concentrarsi sull'eliminazione di tutte le misure non tariffarie identificate e per il rafforzamento dei meccanismi di vigilanza sull'introduzione di nuove misure non tariffarie in futuro. La crisi ha dato una forte spinta in questo senso, tantoché, per evitare la corsa di diversi Stati all'adozione di misure protezionistiche, è stato creato un sito indipendente, il Global Trade Alert, che raccoglie dati sui provvedimenti di questo tipo adottati da tutti i Paesi.
Non esiste però un analogo strumento che consenta di censire e sistematizzare le misure protezioniste adottate nel periodo pre-crisi. Per questo, il Governo italiano potrebbe presentare una proposta di introduzione di un'analoga piattaforma, da realizzare con il contributo attivo degli Stati membri, che non solo offra alle imprese un quadro più esaustivo dei provvedimenti restrittivi già in vigore, ma che sia funzionale anche all'eventuale ricorso ai meccanismi giurisdizionali dell'Organizzazione.
Sempre in ambito OMC, potrebbe istituirsi, inoltre, un apposito sportello al quale le imprese possano rivolgersi per segnalare le misure non tariffarie non ancora identificate o di nuova istituzione, in modo da garantire una loro più efficace individuazione e persecuzione.
Importante, infine, è prevedere procedure più rapide di intervento dell'OMC nei confronti di quei Paesi che non rispettano gli accordi sottoscritti.
Ostacoli tecnici agli scambi. Il permanere di ostacoli alla circolazione delle merci - dovuti alla diversità, tra gli Stati, delle normative che disciplinano le modalità di fabbricazione, composizione, imballaggio, confezionamento ed etichettaggio dei prodotti - rappresenta un problema per le aziende italiane esportatrici, soprattutto per quelle di piccola e media dimensione. Per questo il Governo italiano potrebbe impegnarsi affinché:
venga assicurato supporto tecnico, anche attraverso un'apposita Agenzia, ai paesi membri dell'OMC, in particolare ai Paesi in Via di Sviluppo, per l'adozione di norme internazionali in materia (capacity building);
vengano riconosciute a livello mondiale le certificazioni di conformità emesse dagli Stati che hanno già adottato le norme internazionali. In sintesi, un prodotto certificato in un Paese che risponde alla normativa vigente in ambito internazionale per quel determinato prodotto,


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deve poter essere dichiarato idoneo anche in quei Paesi che non si sono uniformati a tali norme e quindi poter circolare liberamente.

Tutela della proprietà intellettuale. La tutela della proprietà intellettuale ha assunto una maggiore importanza a fronte del progressivo emergere del fenomeno della contraffazione dei marchi e dei brevetti e del plagio dei modelli e del design industriale.
Oltre al rafforzamento delle regole di tutela, per le imprese italiane è necessario che vengano comunque salvaguardati adeguati controlli a livello doganale, dato che non sempre gli interventi sui Paesi che producono beni contraffatti riescono ad essere efficaci.
Agricoltura. Oltre ai tre capitoli di base del negoziato (»sostegno interno»; «accesso al mercato»; «sostegno all'esportazione»), il Governo italiano potrebbe portare avanti, anche in questo ambito negoziale, il suo impegno sul fronte delle indicazioni e delle denominazioni di origine sostenendo la costituzione di un registro internazionale volto ad individuare ed eliminare le contraffazioni che oggi avvengono in altri Paesi aderenti all'OMC.
Per l'industria alimentare italiana, inoltre, potrebbe risultare utile un impegno del Governo su tre temi importanti:
l'effettiva armonizzazione delle nomenclature dei codici doganali e statistici;
il miglioramento delle regole sulla risoluzione delle controversie, necessario soprattutto in considerazione del coinvolgimento frequente di imprese del settore in indagini antidumping e antisovvenzione;
l'inserimento, all'interno della tematica agricola, delle problematiche collegate alla tutela ambientale e alle produzioni eco-compatibili.

I prodotti non agricoli (NAMA). Questo dossier negoziale risulta di fondamentale importanza, dal momento che riguarda ben l'80 per cento degli scambi, siccome al suo interno sono ricompresi non solo i prodotti industriali ma, ad esempio, anche quelli della pesca.
Gli obiettivi in questo ambito sono:
la riduzione o l'eliminazione dei picchi tariffari e dei dazi più elevati e progressivi;
la conversione dei dazi specifici (1) in dazi ad valorem (2);

(1) L'ammontare dei dazi specifici può essere commisurato al peso, alla lunghezza, alla capacità o al volume delle merci introdotte nello Stato: si fa, cioè, riferimento alla struttura fisica dei prodotti.
(2) L'importo dei dazi ad valorem viene stabilito in proporzione al prezzo della merce che attraversa i confini dello Stato.

far fronte alle ripercussioni che l'adozione di determinate disposizioni avrà sul mercato del lavoro nei Paesi sviluppati, all'impatto della liberalizzazione sulle risorse naturali, come pesca e legname, e infine alla protezione dell'ambiente e al mercato dei beni e dei servizi ambientali.

Servizi. Seri contrasti sono emersi tra gli Stati membri su come procedere con il negoziato sui servizi. Le ragioni dello stallo sono molteplici.
Per quanto riguarda i PVS, esse sono attribuibili, da un lato, ad una scelta tattica precisa, volta al conseguimento di risultati prima su altri tavoli negoziali, dall'altro, ad una difficile liberalizzazione a causa della mancanza di competenze tecniche.
Le principali problematiche che interessano i paesi sviluppati concernono invece la struttura dei mercati del lavoro, la tendenza da parte dei governi a favorire un certo tipo di mobilità, ossia a scegliere quali lavoratori e da dove debbano spostarsi, il ruolo incerto rivestito dalle organizzazioni dei consumatori, la ridotta pressione esercitata dai produttori interessati alla liberalizzazione, e, non ultimo, il fatto che le società multinazionali, una volta impiantata in un determinato territorio la propria attività imprenditoriale, non abbiano interesse a contribuire all'apertura di quel mercato.


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Per l'Italia, può essere importante prendere posizione per ridare slancio ai negoziati su questo dossier. Il nostro Paese, infatti, non potrà che trarre beneficio da una maggiore liberalizzazione del mercato del terziario, in particolare quello europeo, la quale favorirebbe la competitività delle piccole imprese, consentendo loro di acquistare servizi a prezzi più convenienti.
Commercio e Investimenti. L'impegno italiano per favorire gli investimenti potrebbe concretizzarsi nella proposta di realizzare, in ambito OMC, un corpus di regole di base che disciplini il settore, alla cui stesura siano chiamati a partecipare anche i PVS, in modo da responsabilizzarli al riconoscimento e al rispetto di quelle regole che contribuiranno loro stessi a definire.
In particolare i principi guida proposti potrebbero essere:
Trasparenza, per l'accessibilità delle informazioni e la piena conoscenza delle regole interne ai singoli Stati;
Non discriminazione, trattamento nazionale e della nazione più favorita;
Accesso al mercato, per gli investitori esteri ed i capitali;
Protezione completa dell'investimento contro le espropriazioni illegali;
Libero trasferimento dei capitali e di tutti i pagamenti connessi con l'investimento, senza alcuna restrizione;
Meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato ed investitore estero.

Riforma dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. Per una riforma dell'Organizzazione, che sia più rispondente al grado di sviluppo dei diversi Paesi che ne fanno parte, il Governo italiano può farsi portavoce, anche in ambito comunitario, di un processo di ridefinizione dei metodi di classificazione degli Stati membri. Infatti, paesi come Cina, India e Brasile non possono più essere considerati «in via di sviluppo», e quindi beneficiari di regimi daziari preferenziali, soprattutto in considerazione della crescita che negli ultimi anni ha sperimentato il loro Prodotto Interno Lordo (solo nel 2010, il tasso di incremento del PIL di questi Paesi è pari rispettivamente al 10,5 per cento, 9,7 per cento e 7,5 per cento).

Considerazioni finali

L'indagine conoscitiva ha raccolto la consapevolezza, fortemente diffusa tra i diversi soggetti auditi, che a fronte della grave deriva che affligge l'economia del pianeta, occorrano delle risposte di tipo politico, capace di adeguare regole e istituzioni alla realtà: è, in altri termini, l'esigenza di quello che è stato definito un «multilateralismo efficace» nelle varie componenti tra loro interrelate: regole, istituzioni, policies e programmi.
In un mondo integrato, infatti, la ricerca di competitività non è una guerra aggressiva di conquista dei mercati, a somma zero, ma è la partecipazione a un progresso comune dove il successo di tutti è interdipendente. In un'economia planetaria veramente integrata ogni forma di «mercantilismo» ha soltanto effetti effimeri.
Assicurare il buon funzionamento del regime commerciale nella sua nuova veste multipolare è comunque tutt'altro che facile. Richiede revisioni profonde e vere e proprie riforme dei meccanismi e delle regole negoziali multilaterali del OMC accompagnate da politiche sociali domestiche in grado di mitigare i costi di aggiustamento all'interno dei singoli paesi.
Sta emergendo peraltro una netta differenziazione tra gli Stati vogliono difendere il loro territorio, la loro proprietà intellettuale collegata al territorio, di cui le indicazioni geografiche sono un eminente segno - da qui deriva un'alleanza con i Paesi che hanno antica tradizione (tra i prodotti figura anche l'artigianato) - e quelli che, invece, hanno un prodotto, che sia agricolo o manifatturiero, più standardizzato.
Occorre altresì riconsiderare, ai fini di un loro inserimento nella nuova tornata negoziale, di quei capitoli, come la regolazione degli appalti pubblici e le normative per la trasparenza, messi da parte nel


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Doha Round, che sono anch'essi fondamenti, perché rafforzano la fair competition, una competizione non solo aperta, ma equa, sul commercio internazionale.
In questa prospettiva, è necessario che il Governo italiano operi in sede comunitario affinché si arrivi ad una posizione comune circa lo status di paesi come la Cina, l'India ed il Brasile non possono essere più considerati come realtà «in via di sviluppo», e quindi beneficiari di regimi daziari preferenziali, poiché essi ormai costituiscono dei competitori agguerriti su moltissimi mercati, prima dominati dalle economie dell'Occidente.
È altresì importante che il Governo si faccia interprete presso l'Unione europea di accordi settoriali cosiddetti «zero per zero», così come stanno facendo già gli Stati Uniti, che potrebbero essere adottati, in ambito OMC, per alcuni merceologici (prodotti chimici, prodotti meccanici, oreficeria, tessile) e poi estesi ad altri settori, a condizione che siano sottoscritti anche dai Paesi emergenti. Ciò avvantaggerebbe enormemente il nostro Paese che rappresenta un sistema produttivo effettivamente equilibrato in ogni ambito produttivo, dall'industria ai servizi.
Più in generale, sul piano dei meccanismi decisionali comunitari, è necessario che si arrivi ad una maggiore trasparenza - che finora è sembrata latitare - sulle procedure d'individuazione e di selezione delle posizioni assunte dalla Commissione nel corso dei negoziati OMC.
Su questo punto è necessario rafforzare - così come auspicato dal richiamato Codice di condotta approvato dalla Conferenza parlamentare sull'OMC nel 2008 - un costante confronto Governo-Parlamento affinché quest'ultimo sia tempestivamente ed adeguatamente informato sullo stato d'avanzamento delle tornate negoziale e possa adottare gli opportuni atti d'indirizzo in materia. È inoltre auspicabile, in tale ottica, che delegazioni parlamentari ad hoc possano prendere parte ai principali momenti decisionali dei negoziati, a partire dalle conferenze ministeriali dell'OMC.
È altresì necessario che l'OMC, la Banca mondiale, il Fondo monetario, internazionale, l'UNCTAD, l'ILO e l'OMPI abbiano delle sinergie fra di loro: sussiste infatti uno stretto legame tra i piani di sviluppo e le modalità necessarie per aiutare i Paesi a esportare nel momento in cui le regole sono aperte. Possiamo aiutare molto di più i Paesi in via di sviluppo se li mettiamo in condizione di approfittare di un mercato che si mondializza. Anche sotto il profilo finanziario, il credito e l'assicurazione all'export sono fondamentali: vi è infatti il pericolo che il commercio non abbia più un sostegno finanziario, a motivo della paralisi dei mercati interbancari.
Un'altra delle componenti del negoziato per le quali vi è uno specifico interesse italiano è quella dell'armonizzazione delle norme doganali e delle certificazioni di qualità, per evitare che esse non siano surrettiziamente protezionistiche. Ciò è molto importante per l'Italia che possiede molte piccole e medie imprese esportatrici, che hanno maggiore difficoltà a certificare i loro prodotti in ogni Paese o modificarli alla luce delle certificazioni esistenti. Vista l'opposizione di alcuni partner negoziali, tra cui gli USA, è importante che il Governo italiano operi affinché la Commissione europea dispieghi tutti gli sforzi necessari per inserire questo argomento tra gli interessi prioritari della Comunità.
Per rispondere in positivo alle ansie e paure dei cittadini è infatti necessario non solo fissare nuove regole a livello internazionale, ma anche varare un'agenda di riforme e politiche a livello domestico che si facciano carico di ammortizzare i costi dell'aggiustamento e dell'apertura rafforzando e migliorando i programmi di safety nets. Di questi costi si è tenuto conto finora assai poco nei paesi più avanzati.
Si è confidato troppo, in questi ultimi anni, negli effetti compensativi della crescita globale. È necessaria in realtà una decisa inversione di rotta per il futuro. Ciò significa, più in generale, cercare di rendere compatibili l'integrazione internazionale delle economie con l'innalzamento degli standard di vita dei cittadini nella sfera del lavoro, dell'ambiente e della salute.

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