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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
30.
Mercoledì 26 maggio 2010
INDICE

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Audizione di attivisti per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea:

Colombo Furio, Presidente ... 2 6 10 12
Barbi Mario (PD) ... 8
Kwang Il Kim, Attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea ... 4 11
Mecacci Matteo (PD) ... 6
Migliori Riccardo (PdL) ... 10
Nirenstein Fiamma (PdL) ... 8
Pianetta Enrico (PdL) ... 9
Suk Kim Hye, Attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea ... 3
Yeon Do Hee, Segretario generale dell'organizzazione non governativa Antihuman Crime Investigation Commitee ... 2 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 26 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 8,30.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Audizione di attivisti per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di attivisti per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea.
Sono presenti Kim Hye Suk e Kim Kwang Il, attivisti per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea, e Do Hee Yeon, esponente dell'organizzazione non governativa Antihuman Crime Investigation Commitee.
Do il benvenuto agli attivisti per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea a nome di questo Comitato e - credo di poter affermare - anche a nome della Commissione affari esteri e del Parlamento italiano.
Do la parola ai nostri ospiti, ringraziandoli per la loro disponibilità.

DO HEE YEON, Segretario generale dell'organizzazione non governativa Antihuman Crime Investigation Commitee. Sono il segretario generale della Commissione d'inchiesta sui crimini contro l'umanità in Corea. Oggi mi trovo qui per discutere con voi il tema dei diritti umani violati in Corea del Nord e vi ringrazio per avermi dato l'opportunità di partecipare a questo incontro.
La Commissione d'inchiesta sui crimini contro l'umanità sottolinea che ai cittadini della Corea del Nord devono essere garantiti la libertà e i diritti umani. Siamo la prima organizzazione ONG ad aver iniziato a evidenziare l'importanza di questo tema.
Il fondamento delle nostre attività è stato quello di valutare il possibile intervento della Corte penale internazionale e il nostro scopo è cercare di unire tutta la comunità internazionale per focalizzarsi su questo tema molto importante.
Lo scorso 11 ottobre 2009 siamo stati anche in Olanda, di fronte alla Corte penale internazionale, per informare l'intera comunità internazionale riguardo ai crimini contro l'umanità commessi in Corea del Nord.
Sappiamo benissimo che ci sono alcuni punti che dobbiamo completare e che gli elementi raccolti non sono ancora sufficienti per portare a termine la causa contro Kim Jong Il; siamo coscienti che questo sarà il prossimo passo che dovremo compiere per risolvere il problema. Siamo convinti, però, che abbiamo bisogno del contributo della Corte penale internazionale e della comunità internazionale per poter portare a termine in modo positivo la nostra missione.
Sono al corrente del fatto che in Italia sono in corso rapporti con la Corea del Nord.
Vorrei che prima di tutto l'Italia conoscesse la situazione attuale in Corea del Nord, un Paese chiuso, che non permette alcun tipo di comunicazione con il mondo esterno. Spero che nei rapporti con la Corea del Nord, al fine di favorire la pace mondiale e una società più umana che garantisca i diritti umani e una qualità di vita migliore, si possa approfondire la


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situazione attuale della popolazione, piuttosto che focalizzarsi sull'aspetto economico di qualsiasi relazione.
Abbiamo condotto diversi studi sulla Corea del Nord, che provano che tale Paese nega ogni responsabilità o preferisce non esprimere opinioni rispetto ai recenti incidenti verificatisi nella Corea del Sud.
È anche vero che rappresentanti della Svezia, Paese neutrale rispetto alle due Coree, hanno compiuto una visita in entrambi i Paesi per esaminare le prove dell'ultimo incidente occorso tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. È una realtà che non riguarda solo le due Coree, ma che deve essere approcciata da tutta la comunità internazionale.
Chiediamo il vostro aiuto per aiutarci a rendere la Corea del Nord un Paese normale, in cui tutti i cittadini possano vivere sereni, senza problemi, in modo pacifico e, soprattutto, umano. Spero che oggi sia un giorno in cui possiamo discutere di questo tema.

KIM HYE SUK, Attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea. Una bambina viene al mondo e dovrebbe crescere soltanto con l'amore dei propri genitori. All'età di 13 anni, però, nel febbraio del 1975, viene presa senza capirne la ragione, insieme con i genitori, la nonna e i fratelli minori, viene messa su una macchina e portata in una zona montagnosa. Quella bimba sono io.
Scendemmo dalla macchina nel XVIII campo di prigionia, distretto di Pukch'ang, nella provincia di Pyongannam. Quando arrivai nel cosiddetto campo di concentramento, non capivo perché mi ci avessero portato.
La nostra razione quotidiana era di dieci grammi di grano. Non si può neanche spiegare con le parole la sofferenza subita: tutto ciò che vedevamo, erba e prati, cercavamo di raccoglierlo per sostenerci e sopravvivere.
Ci picchiarono molto e numerose persone vennero uccise. Ho vissuto in una situazione del genere, in cui l'erba era un pasto quotidiano e frequente. Tutti i giorni dovevamo riempire i nostri stomaci di erba, ma non provavamo dolore e rancore rispetto ai nostri genitori.
Alla fine, mia nonna, mia madre e mio padre morirono tutti. Ho dovuto prendere a carico i miei fratelli e lavorare per provvedere a dare da mangiare a loro. È stato molto difficile e faticoso. Ho vissuto così non per 10 anni, bensì per 28, ma non avevo alternative.
Il mio fratello minore morì in una miniera, dove lavoravamo tutti. Durante questi 28 anni, ho vissuto pensando solo che avrei dovuto vivere e non so neanche come ho fatto a sopravvivere. Non voglio neanche pensare al passato, a tutto quello che è successo.
Ho visto direttamente con i miei occhi l'uccisione delle persone che erano con me, circa 30-40. Era all'ordine del giorno vedere gente che moriva. Non si poteva uscire liberamente per i campi. Non era una vita da essere umano e neanche da animale.
Ho attraversato tutte queste situazioni, comprese le torture, e per 28 anni ho provato, insieme ai miei figli e alla mia famiglia, il terrore che penso nessun altro possa provare. Al momento, non so neanche se i due figli che ho avuto lì sono vivi. Non ho neanche potuto confermare se sono stati trovati i loro cadaveri. Non so se sono vivi, se sono riusciti a scappare, se sono stati uccisi. Non so niente.
Poiché siamo tutti attaccati, la gente vive facendo la spia l'uno verso l'altro. Non si poteva neanche morire facilmente: se qualcuno cercava di suicidarsi, tutti informavano chi controllava e il controllo era stretto.
Sono riuscita a scappare verso la Cina, nonostante il pericolo a cui andavo incontro, dopo che rimasi da sola, e ho lavorato in un ristorante cinese, nascosta, in nero, facendo favori al proprietario del ristorante.
Ciononostante, mi hanno ripresa, mi hanno ritrovata e sono dovuta ritornare al XVIII campo di prigionia. Sono, dunque, tornata dopo tre anni e le condizioni erano peggiorate. Avevo lasciato il posto in una determinata situazione e dopo tre


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anni mi sono ritrovata in una ancora peggiore di quella che avevo lasciato.
La prima scena che ho visto, appena arrivata, riguardava una madre che aveva ucciso una figlia per un po' di grano. La madre voleva suicidarsi, ma non voleva lasciare la figlia in una realtà così crudele. Aveva, quindi, deciso di uccidere prima la figlia e poi se stessa. Questa è stata la prima scena che ho visto con i miei occhi, ma era una scena frequente.
Sono stata trascinata in diversi posti, sei mesi da una parte e sei da un'altra, sempre all'interno di un campo di concentramento. Una notte sono riuscita a scappare in Cina una seconda volta e in quell'occasione ho pensato che, se mi avessero ripresa, mi avrebbero uccisa. La prima volta non avevo avuto quel pensiero, ma la seconda ho pensato che avrei dovuto per forza sopravvivere e non farmi prendere, altrimenti mi avrebbero ucciso. Nell'aprile del 2008 sono riuscita a entrare in Corea del Sud.
Vorrei farvi vedere graficamente quello che ho provato nel XVIII campo di concentramento in Corea del Nord, perché è difficile spiegarlo a parole. Non so se sono brava a farlo, ma per chi non l'ha vissuto è difficile immaginare quello di cui vi sto parlando.
Il disegno che vedete mostra una ragazzina morta di fame, debole, che non riesce ad alzarsi, non avendo energie, e rimane, quindi, sdraiata sulla terra, per strada, perché non ha forze. La gente, bambini e adulti, passa e assiste a queste scene tutti i giorni e, quindi, non prova alcuna sensazione, alcun dolore, perché è un fatto quotidiano.
Un altro disegno vi fa vedere persone che durante il lavoro, senza aver mangiato e indebolite, non hanno forze a sufficienza per continuare a lavorare e, quindi, si rannicchiano per terra con il mal di testa. Non riescono a lavorare perché non hanno le forze e soprattutto perché non hanno cibo e non possono mangiare.
Il disegno successivo, invece, illustra come, poiché la gente è tutta svenuta per terra e non riesce a lavorare perché indebolita, un soldato mostri di fronte agli altri l'uccisione di uno di loro per terrorizzarli, per dimostrare che anche loro potrebbero arrivare a una situazione del genere se non continuano a lavorare.
Un altro disegno mostra una moglie senza marito, che aveva un figlio di 16 anni e, poiché non sapeva che cosa fare, si voleva suicidare. Non poteva, però, farlo lasciando in vita il figlio e, quindi, ha preso il figlio e ha deciso di uccidere per primo lui e darlo ai proprietari di maiali. Ha, quindi, ucciso il figlio amputandogli le mani, i piedi e tutto il viso frantumato dalla sofferenza per darlo ai commercianti di maiali.
L'ultimo disegno mostra la madre di una figlia di nove anni malata. Il marito, ugualmente malato, lavora in miniera. Riuscì a mettere la figlia di nove anni dentro una pentola con il vapore. La gente vedendo il fumo pensava che ci fosse cibo in quella casa. In realtà, la signora stava cucinando la figlia, perché voleva sopravvivere. Per questo motivo fu condannata per l'omicidio della figlia.
Queste sono le situazioni che più frequentemente si sono verificate nel XVIII campo di concentramento. Finisco qui la mia storia.

KIM KWANG IL, Attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea. Alcuni anni fa sono riuscito a fuggire dalla Corea del Nord e sono andato in Corea del Sud. Mi chiamo Kim Kwang Il.
Innanzitutto, vi ringrazio per avermi dato l'opportunità di essere qui oggi. Vi voglio raccontare alcuni episodi della mia vita in Corea del Nord.
Ho studiato dalle scuole elementari fino alle medie in Corea del Nord e poi ho lavorato nel gruppo dell'agricoltura in un campo di concentramento in Corea del Nord. Il posto si trova nella zona di Musan ed è un luogo in cui si è forzati a lavorare per raccogliere prodotti agricoli.
Il motivo per cui sono stato portato al campo di concentramento è perché provengo da una famiglia malsana, di origini malsane. Questo è stato il motivo che mi è stato riferito. I miei parenti materni,


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provenienti dalla Corea del Nord, sono entrati in Corea del Sud durante la guerra di Corea. Solo perché i due miei zii materni hanno partecipato alla guerra con l'esercito nazionale della Corea del Sud, siamo stati, dunque, posti nel gradino più basso della società, secondo la struttura della Corea del Nord, e abbiamo vissuto una vita difficile, circondati da gente che ci puntava il dito contro.
Ho vissuto solo perché non potevo morire. Mia madre, anche dopo il matrimonio, ha pianto ogni giorno. Piangeva il sangue - come si dice in Corea - in quanto soffriva e piangeva al punto che dalle lacrime sgorgava il sangue. È un modo di dire per intendere che soffriva molto.
Dal momento che provenivo da una famiglia malsana, secondo i criteri della Corea del Nord, mia madre ha dovuto soffrire le critiche dalla società e mio padre beveva e si ubriacava ogni giorno perché non riusciva a sopportare la situazione. Mia madre non faceva altro che piangere.
È un posto crudele. Mia madre è morta molto giovane. Mentre andavo a scuola, non potevo neanche pensare di frequentare una scuola migliore. Forse il fatto di essere riuscito a partire militare subito dopo le medie e di aver potuto lavorare nel gruppo dell'agricoltura nel campo di concentramento mi ha salvato la vita.
A quel tempo, quello era un posto odiato da tutti. La gente di origini malsane come me non poteva aspirare a una vita migliore, non poteva neanche pensare di poter progredire. Ho sempre dovuto vivere sotto un controllo stretto e severo e sono riuscito finalmente a scappare verso la Cina nel 1983.
Lì sono riuscito a incontrare un pastore, che mi ha dato la possibilità di conoscere Dio e la religione e mi ha regalato una Bibbia. All'inizio, ho cominciato a leggerla per curiosità. Passavo la vita leggendo la Bibbia, che mi ha insegnato che essere cattivi non è un valore umano; bisogna basare la propria vita sui valori della bontà e dell'altruismo. Questo è quanto ho imparato dalla Bibbia.
Anch'io volevo insegnare e divulgare questo messaggio a tutti i miei concittadini in Corea del Nord. Per questo motivo ho preso la Bibbia e vi sono tornato di mia spontanea volontà.
Solo un giorno dopo il mio ritorno dalla Cina sono entrati in casa mia alcuni agenti accompagnati da soldati e hanno trovato una radio, la mia Bibbia e una lettera che mi aveva scritto mia nonna, che al tempo era scappata in Canada. Nella lettera mi diceva: «Vorrei che tu vivessi la tua vita basata sui valori cristiani. Se vuoi vedermi, se credi in un nostro prossimo incontro, ti prego di basare la tua vita sui valori cristiani».
Questa lettera fu trovata dalle forze di sicurezza nordcoreane, che mi accusarono di spionaggio solo perché avevo con me una Bibbia e una lettera scritta da mia nonna. Sono stato torturato, per questo motivo, senza fine. Mi hanno colpito in testa, avevo tutti i denti distrutti, frantumati. Come mi toccavano, mi picchiavano.
C'era una stufa con la legna che bruciava. Mi hanno picchiato e colpito anche con quei pezzi di legno ardenti. Perdevo conoscenza, perdevo i sensi e con l'acqua fredda, gelida mi risvegliavano. Mi lasciavano bagnato e infreddolito fuori al freddo e mi facevano gelare.
Anche dopo essere stato picchiato così tanto, ho sempre affermato che non ero una spia. Non ho mai svolto alcuna attività di spionaggio e, poiché non condividevo le loro convinzioni, mi mandarono nel campo di concentramento per crimini politici, che si chiama Yodok.
In quel posto c'erano circa 250 detenuti. Vedendoli, ho pensato che quella gente era lì per lo stesso motivo per cui ero arrivato io. Erano in condizioni pessime, ancora peggiori rispetto alle mie. Era gente senza energia, indebolita, senza pensieri, coscienza, sensi.
Per quindici giorni ho imparato le regole di vita di quel posto. Avevo lavorato sempre nei campi agricoli e ho pensato che, fortunatamente, se avessi lavorato in un campo agricolo, non sarei morto di fame, ma era soltanto una grande illusione, perché ogni giorno controllavano la


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situazione del grano. Non si può neanche descrivere la sensazione di fame estrema che si prova nel guardare persone che mangiano davanti ai tuoi occhi, senza poter fare altrettanto.
L'inverno ci facevano lavorare la legna spessa quattro o cinque metri. Dovevamo lavorarla per poi poter cucinare il grano. Chi riusciva a farne di più veniva premiato, ma il premio consisteva solo nel ricevere più grano. C'era gente che lottava per avere alcuni chicchi in più e moriva.
Ciò mi ha fatto pensare che Kim Jong Il non riservava un trattamento speciale solo a gente come me, proveniente da una famiglia malsana, che, in realtà, non era molta in quel luogo, ma si curava solo delle persone vicine a lui.
Sono riuscito a sopravvivere a quel posto e sono riuscito a scappare verso la Cina, ma poi mi hanno ripreso e sono stato portato in un campo di concentramento dove sono stato un anno e poi sono riuscito a scappare verso la Corea del Sud.
Non posso, non riesco a spiegare a parole i dolori e le sofferenze che ho provato in quei campi di concentramento. Ci sono tuttora più di 10 mila persone - ne sono sicuro - che ancora soffrono e subiscono torture in Corea del Nord.
Vorrei chiedervi, in quanto persona, in quanto essere umano, di aiutarci, di aiutare tutte le persone che sono in Corea del Nord attualmente a poter vivere in modo umano, come tutti noi. Chiedo l'aiuto della comunità internazionale per poter risolvere questi problemi.

PRESIDENTE. Questo Comitato vi ringrazia molto per le testimonianze che avete voluto portarci e che, attraverso la trascrizione delle vostre parole, condivideremo con i nostri colleghi della Commissione affari esteri e parlamentari.
Do la parola agli onorevoli deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MATTEO MECACCI. Non è la prima volta che nel nostro Comitato ascoltiamo questo tipo di testimonianze. Questa volta, però, anch'io, che sono piuttosto abituato a sentire questo genere di storie, sono rimasto molto colpito personalmente, dal momento che queste testimonianze personali corrispondono anche a fatti che abbiamo visto nei video, in merito a esecuzioni che avvengono in Corea del Nord, ma anche a quanto descritto in alcuni rapporti che iniziano a circolare.
Mi riferisco, in particolare, a quello dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nella Repubblica democratica popolare di Corea, Vitit Muntarbhorn, che è stato pubblicato lo scorso 17 febbraio e racconta alcuni di questi fatti.
Si tratta, quindi, di eventi che la comunità internazionale dovrebbe conoscere, che gli Stati e i Governi conoscono. Se ne parlava nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, però non si riesce a far molto. Ci sono tragedie che continuano ad avvenire.
Vorrei leggervi il paragrafo 60 del rapporto che si riallaccia all'iniziativa della ONG audita oggi circa la perseguibilità di questo tipo di reati. Muntarbhorn sostiene che il «crimine internazionale che sembrerebbe essere più vicino a quanto avviene nel Paese è il crimine contro l'umanità e i criteri che dovrebbero essere considerati includono un ampio e sistematico attacco nei confronti di civili e la conoscenza di questo tipo di attacco. Ci sono alcune precondizioni per l'esercizio della giurisdizione della Corte penale internazionale che dovrebbero essere tenute in mente».
La prossima settimana, in Uganda, si terrà la conferenza di revisione dei lavori della Corte penale internazionale, a dodici anni dall'approvazione dello Statuto di Roma e a dieci dalla sua entrata in vigore. Credo che, visto anche il contesto in cui ci troviamo a discutere, nazionale e internazionale, su cui mi soffermerò brevemente, sia utile provare a portare avanti un lavoro di questo tipo.
Discutiamo, comunque, non nel vuoto, ma in un contesto politico. È doveroso, quindi, formulare alcune osservazioni sulla situazione della Corea del Nord e sugli avvenimenti delle ultime settimane,


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in particolare di queste ore. Venti di guerra arrivano, infatti, dalla penisola coreana dopo l'indagine internazionale e indipendente, che è stata resa nota e che ha accertato le responsabilità del Governo della Corea del Nord nell'affondamento di una motovedetta della Corea del Sud.
Assistiamo, purtroppo, a uno svolgersi degli eventi che non è nuovo per quel Paese. Periodicamente vengono messe in atto iniziative anche di tipo militare da parte del Presidente Kim Jong Il. Ricordiamo i periodici lanci di missili sopra il Mar del Giappone e altri tipi di attività, che per questo tipo di governi e di sistemi autoritari sono il modo per compattare all'interno un sistema e un'opinione pubblica che ha bisogno di identificare un nemico esterno.
Bisogna, inoltre, sottolineare che, nel corso degli ultimi anni - al riguardo vorrei chiedere ai nostri ospiti una valutazione - vi sono state alcune aperture da parte del Governo della Corea del Nord, per ragioni di necessità. Sappiamo, infatti, che alcuni anni fa si è verificata una carestia che ha decimato centinaia di migliaia di persone. In particolare, si è avviato un dialogo con il Fondo alimentare mondiale e altre organizzazioni delle Nazioni Unite, quantomeno per cercare di limitare tale tragedia umanitaria.
Ora tutto sembra tornare indietro, secondo un cliché che abbiamo già visto in passato. In questo contesto, desidero porre all'attenzione dei colleghi presenti che è all'esame della nostra Commissione un accordo di cooperazione economica con la Corea del Nord. Si tratta di un accordo che fu stipulato dieci anni fa dal Governo di centrosinistra, dall'allora Ministro degli affari esteri Dini. In tale contesto, l'Italia, all'interno dell'Unione europea, fu il primo Paese a riallacciare rapporti diplomatici con la Corea del Nord.
La mia non è una posizione ideologica contraria agli accordi economici con alcun Paese. D'altronde, sappiamo che lo sviluppo economico è una condizione per il benessere delle persone, che vivano in Paesi democratici o non, che occorre garantire. Oggettivamente, però, in questo contesto internazionale, trovo sbagliato che il nostro Paese si faccia promotore di un'iniziativa politica che in qualche modo riconosce, come è chiaramente riportato nella relazione al disegno di legge presentato il 1o aprile 2010, poche settimane fa, che «la recente ripresa dei contatti tra il regime nordcoreano e la comunità internazionale ha ora consentito il riavvio del suddetto iter, la cui opportunità politica è rafforzata dalla celebrazione del decennale delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi».
Se questo fosse un accordo - come a volte anche l'Unione Europea cerca di stipularne - in cui accanto alla cooperazione economica, sociale e culturale si cercasse di porre alcuni vincoli, condizioni o commissioni di monitoraggio sulla situazione all'interno di tali Paesi anche a livello del rispetto dei diritti umani, credo che se ne potrebbe discutere. Un semplice accordo economico dettato dal bisogno di fare cassa è, invece, per un Paese come l'Italia, che, a mio avviso, in politica estera sta già portando avanti iniziative che ne riducono la credibilità e la forza come Paese fondatore dell'Unione europea e membro della NATO, un'iniziativa sbagliata.
Spero che si possa avere, l'opportunità di fermare, anche alla luce di queste audizioni, l'iter di questo disegno di legge.
Chiudo con due domande, cui forse potrà rispondere il direttore generale dell'ONG.
Chiedo, innanzitutto, se sono disponibili stime sul numero dei prigionieri all'interno dei campi di concentramento, che sappiamo esistere all'interno della Corea del Nord. Vorrei sapere di quali cifre si parla e conoscere anche il numero dei rifugiati che sono riusciti, nel corso del tempo, a fuggire, in particolare attraverso la Cina.
Ai due testimoni volevo chiedere, invece, in modo specifico al signore, visto che ha vissuto a lungo anche come cittadino in Corea del Nord, in quanto la sua detenzione è stata più limitata rispetto a quella della signora, di darmi l'impressione dell'uomo della strada. Che atteggiamento


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hanno i cittadini nordcoreani nei confronti del loro Governo? Sappiamo che non arriva informazione dall'esterno, ma le persone come vivono questa situazione tra di loro?
Sappiamo che non ci sono stati tentativi di rivolta o di organizzazione di proteste in Corea del Nord nel corso degli anni, a differenza di altri Paesi, anche autoritari, che si trovano nella regione. Vorrei domandare se è responsabile di questa situazione un'attività di lavaggio del cervello nei confronti della popolazione, perché non si vedono segni tangibili - o almeno noi ne non vediamo; se ce ne sono, ce lo faccia sapere - di ribellione o di rivolta rispetto alla situazione stessa.

MARIO BARBI. Svolgerò poche considerazioni. La disumanità del regime nordcoreano è universalmente nota da tempo ed è anche sempre più ufficialmente acclarata nelle sedi internazionali. La singolarità e la spietatezza del regime totalitario, che agisce in modo sistematico, freddo e repressivo, ci sono state restituite con crudezza e chiarezza dalle testimonianze che abbiamo ascoltato, per le quali ringrazio molto.
A questo punto, tuttavia, vorrei portare un'osservazione di tipo politico. L'esistenza di un regime come questo non sarebbe possibile senza appoggi e coperture internazionali.
Rilevo dalla scheda preparata dagli uffici che il 10 dicembre del 2009 è stata approvata una risoluzione dall'Assemblea generale delle Nazioni unite, che ha condannato le violazioni nordcoreane. In quella votazione, tuttavia, 99 membri hanno votato a favore, 20 hanno espresso voto contrario e 63 si sono astenuti. Questo è un quadro importante, nonché preoccupante.
Qualcosa di simile è accaduto nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite, che il 25 marzo del 2010 ha approvato una risoluzione che condanna le gravi, sistematiche e generalizzate violazioni dei diritti dell'uomo in Corea del Nord. In questo caso, ci sono stati 28 voti a favore, 5 contrari e 13 astensioni.
Quelli che contano sono i cinque voti contrari di Cina, Cuba, Egitto, Russia e Indonesia. Risulta piuttosto chiaro che, senza un cambiamento di politica da parte della Cina e della Russia, ma credo prevalentemente della Cina, la situazione di disumanità e spietatezza di quel regime non cambierà in modo significativo.
Ricordo, per conoscenza e per memoria diretta, la situazione della Germania comunista, la Germania orientale, che pure non era comparabile a quella della Corea del Nord. Tutti noi sappiamo che la crisi di quel regime fu contestuale alla crisi del suo principale sostegno internazionale, vale a dire l'Unione sovietica.
Vorrei, dunque, rivolgere la mia domanda a noi stessi e non a voi, se non per informazioni che potete aggiungere: qual è la politica della Cina e che cosa possiamo fare noi perché cambi?

FIAMMA NIRENSTEIN. Vorrei prima di tutto sottolineare che non basta affermare che le testimonianze che abbiamo sentito oggi sono spaventevoli, toccanti e commoventi: sono la rappresentazione di una tragedia metafisica, storica e metastorica.
Mentre gli auditi parlavano, soprattutto la signora, mi veniva in mente il libro di Vasilij Grossman Tutto scorre, in cui si raccontano la tragedia della NEP e le deportazioni dei kulaki, i contadini «ricchi», che furono costretti a mangiare i loro figli. Si racconta esattamente della loro deportazione su isole dove c'era soltanto la terra, neanche l'erba di cui la signora racconta.
Mi ha fatto veramente un grande effetto pensare alla ricorrenza del male nella storia dell'uomo, che raggiunge il suo punto massimo quando un genitore arriva a mangiare i suoi figli, come anche Grossman racconta. Non so se siete a conoscenza di questo testo, ma è proprio la riproduzione in termini metastorici di una realtà che si può rappresentare come il male assoluto, di cui voi purtroppo siete le vittime e i testimoni.
Vorrei ora formulare un'osservazione di carattere politico. Quanto più terribili


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sono le violazioni dei diritti umani, tanto più aggressivo è l'atteggiamento del Paese in questione per il contesto internazionale. Non solo la Corea del Nord è agli onori della cronaca - Hillary Clinton, proprio in queste ore, si è recata nella Corea del Sud per cercare di trovare una mediazione in relazione al recente episodio citato dai colleghi - ma dieci giorni fa Shimon Peres, parlando degli armamenti che stanno di nuovo mettendo il Medio Oriente in una situazione terribilmente drammatica, degli aiuti all'Iran nel costruire le armi atomiche e i missili destinati a trasportarle, dell'aiuto alla Siria, dove, in particolare, sono state ritrovate testate nel reattore distrutto circa un anno fa dall'aviazione israeliana, sosteneva che le tracce della presenza della Corea del Nord, Paese piccolo e affamato, che sembrerebbe non avere la forza di respirare, in realtà si ritrovano laddove è in preparazione una situazione aggressiva da parte di regimi autoritari nel contesto di tutte le dinamiche mondiali.
È una questione spaventosa. La Corea del Nord non è un avvelenamento soltanto per i suoi cittadini, ma arma gli hezbollah, Hamas, la Siria e, soprattutto, aiuta l'Iran in tutte le sue imprese più disastrose.
In questo contesto, quanto affermava il collega Barbi circa l'insufficienza delle organizzazioni internazionali nel confrontare una situazione di questo genere è drammatico.
Se prendiamo come parametro e assumiamo che sia esatto quanto affermo, ovvero che quanto più repressivo è un Paese, tanto più può risultare, quando ne abbia i mezzi, aggressivo per il contesto internazionale, a maggior ragione dobbiamo dare un significato al nostro lavoro di ricognizione dei diritti umani e spiegare che il punto nodale è proprio questo: non siamo spettatori di una tragedia, ma ne siamo in qualche modo protagonisti.
Alla lunga, infatti, il fatto che la Corea del Nord offra armamenti nucleari all'Iran si riverbererà sulla nostra situazione. Dobbiamo, quindi, muoverci per noi stessi e dobbiamo farlo in quest'ottica. Non so esattamente quale forma istituzionale potrebbe prendere nell'ambito della nostra Commissione, però è indubitabile che dobbiamo trovare un meccanismo che ci consenta di spiegare che il nostro lavoro non è soltanto umanitario, ma anche di difesa dei nostri interessi primari, in particolare a partire dalla problematica della Corea del Nord unita a quella di altri Paesi.
L'Iran è un altro esempio spaventoso. È un altro Paese in cui vanno di pari passo l'aggressione ai diritti umani e la pericolosità per il contesto internazionale. Ci sono che analogie con la situazione dell'Unione sovietica: si ridussero i commerci, perché si riteneva che essa fosse protagonista di questo tipo di rapporto, per il quale più repressione equivale a più aggressività. Occorre fermare, da parte nostra, la repressione interna e consentire la libertà di movimento, in modo che sia minore l'aggressività internazionale.
Penso che nel caso della Corea del Nord ciò sia particolarmente proponibile, proprio per l'ingegneria estremamente sofisticata della costruzione delle sue armi, non solamente sul terreno nazionale, ma su quello internazionale.

ENRICO PIANETTA. Le testimonianze che abbiamo ascoltato sono l'espressione di regimi totalitari disumani, che esistono e commettono crimini contro l'umanità. Spesso la comunità internazionale è in ritardo nei confronti di eventi come quelli che abbiamo ascoltato con emozione e lo è per disattenzione o, peggio ancora, per interessi.
Il 26 luglio sarà pronunciata a Phnom Penh la sentenza del tribunale contro i crimini dei Khmer rossi in Cambogia, ma regimi di questo tipo - condivido gli interventi dei colleghi in merito - esistono tuttora in altri Paesi. Sono state citate la Repubblica popolare cinese, Cuba, l'Iran.
Dobbiamo chiederci che cosa dobbiamo e possiamo fare, perché l'importanza di questo Comitato consiste non solo nell'ascoltare, ma anche nel fare in modo che si possa mettere in atto un'iniziativa per poter affrontare la nostra responsabilità di uomini liberi nei confronti di crimini di questo genere.


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Credo, dunque, che si debba cominciare - il concetto è già stato ribadito dal collega Mecacci - proprio in occasione del provvedimento che questo Parlamento affronta in relazione ai rapporti economici tra l'Italia e la Corea del Nord.
Dieci anni fa si sono aperti i rapporti diplomatici tra i nostri due Paesi, ma credo che dobbiamo dare un segnale forte proprio in occasione di questa approvazione. In che modo deve avvenire? Innanzitutto, nel momento in cui si perverrà all'approvazione, questo Comitato dovrà farsi promotore, a mio avviso, di un ordine del giorno che faccia capire qual è la nostra posizione in maniera molto forte, dura e operativa.
Non deve essere soltanto un grido, dovremo studiare i contenuti di questo ordine del giorno. Solitamente, gli ordini del giorno sono considerati elementi un po' superficiali e complementari. Credo, invece, che dovrà essere un ordine del giorno illustrato, che debba coinvolgere il sentimento e la posizione di tutta l'Assemblea.
Al tempo stesso, credo che il segnale da inviare sia quello di fare in modo che non si pervenga a un'approvazione troppo facile e immediata. Dobbiamo mirare alla costruzione di un'attenzione permanente nei confronti di tale provvedimento.
Mi sono posto la domanda di che cosa possiamo fare e credo che questo sia già un elemento, forse piccolo, ma che, in quanto Parlamento libero, possiamo mettere in atto come segnale forte, che può evidentemente essere oggetto di propagazione presso l'opinione pubblica.
Del resto, se gli elementi rimangono all'interno di questo Comitato, della Commissione esteri o dell'Assemblea, ciò è un fatto positivo, ma dobbiamo cogliere l'occasione, come ci chiedevano i nostri ospiti, di adoperarci affinché ci sia un coinvolgimento di tutto ciò che è esterno. Soltanto attraverso le azioni dei Parlamenti e dell'opinione pubblica si può attuare il tentativo di sgretolare e rendere più deboli questi regimi disumani, che si pongono contro la stessa umanità. Ritengo che la testimonianza che ci ha colpito stia a significare proprio che regimi come questi non debbano più sopravvivere.

RICCARDO MIGLIORI. Anch'io voglio testimoniare la nostra emozione per le considerazioni che abbiamo ascoltato. Avremo il tempo per discutere sulle relazioni tra il nostro Paese e la Corea del Nord, che esistono per l'attività dell'ambasciata della Corea del Nord a Roma e per la visita, nel corso della XIII legislatura, da parte del Presidente della Camera al Parlamento di Pyongyang.
Oggi vorrei, però, approfondire l'occasione storica della presenza di due perseguitati del regime nordcoreano per esaminare quello che ci hanno raccontato.
Mi appassiona, in particolare, il tema della libertà religiosa. È stato riferito che uno dei capi d'accusa che hanno portato il nostro amico in un campo di concentramento fu l'individuazione di una Bibbia nella sua abitazione.
Nella documentazione che ci avete fornito figura una grande fotografia della sedicente cattedrale cattolica di Pyongyang affollata di fedeli. Mi chiedo e vi chiedo: sono fedeli veri o comparse? Si tratta di una chiesa figlia della propaganda, che serve a dimostrare al mondo una libertà religiosa che in effetti non esiste?
In tal caso, ci troviamo in un grande e drammatico teatro senza precedenti, perché nessuno al mondo o nella storia ha organizzato una pantomima del genere. Avete rapporti, avete notiziato su questo argomento Asia News, che rappresenta la Chiesa cattolica e la difesa delle libertà fondamentali di religione in Asia e altre confessioni religiose su questo tema?
A me pare un elemento di grande rilevanza quello di un regime che, per dimostrarsi in linea con i fondamenti dei diritti e delle libertà religiose, organizza una chiesa falsa con falsi fedeli. Mi incuriosisce molto questo punto e vorrei avere su questo argomento una vostra visione, oltre a dati specifici e precisi.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri auditi per la replica.


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DO HEE YEON, Segretario generale dell'organizzazione non governativa Antihuman Crime Investigation Commitee. Vorrei rispondere, innanzitutto, brevemente alle domande dell'onorevole Mecacci.
C'erano più di 500 mila detenuti nei campi di concentramento in Corea del Nord. Poiché sono state esercitate molte pressioni da parte della comunità internazionale, tali campi sono molto diminuiti e il numero delle persone detenute si è molto ridotto rispetto agli anni precedenti. Infatti, sono stati ora confermati dalla comunità internazionale 250 mila detenuti in Corea del Nord.
Le organizzazioni non governative sono riuscite a verificare che sono tra 50 e 100 mila i detenuti fuggitivi nordcoreani ancora viventi.
L'ultimo punto riguarda la libertà di religione nella Corea del Nord. Sono cristiano cattolico e volevo visitare la Corea del Nord, ma proprio perché sono religioso e cattolico, ho dovuto mandare i documenti e il mio ingresso è stato rifiutato solo per questo motivo. Questa è la mia esperienza personale. Per quanto ne so, se chiedete a molti credenti nordcoreani o a missionari se vogliono riunirsi per preghiere o leggere la Bibbia, potrete vedere con i vostri occhi che molti avranno paura e, se lo faranno, reciteranno.
Durante la guerra di Corea, negli anni Cinquanta, tutto fu distrutto e rimasero solo campi vuoti. Adesso la Corea del Nord non basa la propria politica sull'economia, ma sul rafforzamento delle autorità attuali nel Paese e dell'unico potere di cui dispongono, ossia l'arma nucleare.
La Corea del Sud ha inviato cibo e molte risorse alla Corea del Nord, ma sono tutte utilizzate non per i cittadini, cui non vengono distribuite, ma per lo sviluppo dell'armamento nucleare e tradizionale.. Questi sono gli strumenti per rafforzare la propria autorità, il regime attuale, e non per aiutare i propri cittadini.

KIM KWANG IL, Attivista per i diritti umani nella Repubblica popolare e democratica di Corea. Rispondo alla domanda ricevuta. Adesso in Corea del Nord viene fatto il lavaggio del cervello dall'età di quattro anni. Anche se la vita è difficile, la gente non guarda negli occhi quando parla, ha paura a esprimere ciò che pensa veramente e non racconta quello che vede, ma tutt'altro. La situazione di altri Paesi è diversa da quella dalla Corea del Nord, dove non si può parlare, non c'è la libertà di espressione. È anche vero che il Paese è molto diverso dagli anni precedenti. Ultimamente, molte persone cominciano a parlare, a esprimere opinioni, ma sempre in modo segreto. È anche vero che le famiglie nascono ed ereditano la foto incorniciate di Kim Jong Il e di Kim Il Sung nelle proprie case. Alcune bruciano tali foto, come atto di protesta, di coraggio, di rivolta, ma vengono uccise, oppure picchiate e torturate.
Rispondo a un'altra domanda. Esiste una chiesa in Corea del Nord, ma è solo per gli stranieri. È costruita apposta per gli stranieri presenti nel Paese. La Corea del Nord non ha alcun interesse nell'accogliere altre religioni al di fuori del regime attuale. Tale chiesa non è frequentata da nordcoreani, ma è destinata agli stranieri presenti in Corea del Nord.
I cittadini nordcoreani devono credere che Kim Il Sung sia Dio, l'unico esistente e onnipotente sulla terra. A questo devono credere. Non credono in Gesù o in altri dei, non possono.
Quando in Cina ho incontrato il pastore e ho conosciuto il Cristianesimo, quella persona pregava e, pur avendo solo tre cucchiai di riso con sé, decise di donarli a un'altra persona più debole, dimostrando una forma di altruismo che non vidi da alcun'altra parte. Se l'altra persona non avesse ricevuto quei tre cucchiai di riso, sarebbe morta.
Fra le persone detenute con me per otto mesi nel campo di concentramento, c'era una donna. Era nuda, legata, e tutti dovevano passarle davanti per vederla. Hanno fatto in modo di farla vedere a tutti. Le hanno sparato solo perché credeva in un'altra forma di Dio, che non era Kim Il Sung. Tutto ciò avveniva per impaurire


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tutti gli altri cittadini. In Corea del Nord non si può credere a niente al di fuori di Kim Il Sung.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti, perché l'audizione di oggi non ha rappresentato soltanto un'informazione, ma anche un modo per metterci emotivamente al corrente di fatti che sono, purtroppo, politica quotidiana nel mondo in cui viviamo. Sono fatti che accadono mentre ne stiamo parlando e che certamente saranno seguiti attentamente da questo Comitato.
Speriamo che il Comitato stesso voglia, nell'insieme, farsi promotore dell'ordine del giorno di cui ha parlato l'onorevole Pianetta, che potrebbe diventare il nostro strumento di lavoro, almeno come minima conseguenza di quest'audizione e di quest'occasione di incontro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,45.

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