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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
35.
Martedì 25 gennaio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Colombo Furio, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione:

Colombo Furio, Presidente ... 3 6 8 9 10 12
Barbi Mario (PD) ... 6
Calò Maurizio, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione ... 3 10
Farina Renato (PdL) ... 8
Said Shukri, Portavoce dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione ... 5 8 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sui diritti umani

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 25 gennaio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FURIO COLOMBO

La seduta comincia alle 13.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione.
Intendiamo fare particolare riferimento ad un tema che attrae l'attenzione dell'opinione pubblica in modo drammatico, sebbene in misura minore di quanto dovrebbe: penso a quanto sta accadendo in Somalia e al riverbero che tale situazione tragica finisce per avere in questo Paese in particolare, date le circostanze e le condizioni storiche che legano l'Italia alla Somalia e che rendono quindi il problema più serio, più grande e di più immediata e diretta responsabilità per l'Italia e per altri Paesi europei, proprio a causa del passato.
Io chiederei alla signora Shukri Said, portavoce dell'Associazione Migrare, il favore di tener conto in quello che ci dirà (e questo interessa molto il Comitato) del senso che ha avuto nell'ambito delle cose che sappiamo, che sono poche, e delle cose che non sappiamo, che sono molte, la visita di un Primo Ministro somalo a Roma, nel momento in cui abbiamo invece notizie così drammatiche di una struttura e di una situazione incoerente dal punto di vista del controllo del territorio e della governabilità in Somalia in questo momento.
Le sarò grato se introdurrà anche questo elemento di connessione e di spiegazione; si intende che, essendo questa la Commissione esteri, il punto di riferimento da cui prendere avvio è la situazione internazionale per poi entrare nella situazione italiana. Non possiamo fare il rovescio perché qualcuno potrebbe obiettare, ed è vero, che la competenza sarebbe di altre Commissioni e non di questa Commissione esteri, non di questo Comitato dei diritti umani.
Do il benvenuto all'avvocato Maurizio Calò, presidente dell'Associazione, al quale lascio la parola per l'introduzione.

MAURIZIO CALÒ, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Grazie, presidente, cercherò di fare una microstoria degli eventi internazionali soprattutto della Somalia che hanno portato all'attuale situazione, ricordando che nel 1991 il presidente Siad Barre, che ha esercitato un potere abbastanza fermo nella Somalia, se ne allontanò lasciando una situazione che sarebbe stata anche abbastanza


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possibile a conservarsi quanto a strutture istituzionali, ma una cultura tribale, soprattutto a ripartizione clanica, non ha consentito un recupero delle istituzioni e anzi sono esplose le guerre tra i vari clan con il formarsi di milizie a disposizione dei signori della guerra, cioè dei capi clan che si sono battuti un po' per la conquista del territorio, un po' per la conquista del potere, un po' per revanscismo di antiche, risalenti questioni claniche.
Si è tentato di arginare la situazione con la famosa missione Restore Hope che ha visto la partecipazione degli americani, degli italiani e di altri Paesi stranieri per cercare di sedare questa situazione, ma purtroppo non si è riusciti ad ottenere questo risultato e la missione Restore Hope nel 1995 ha abbandonato la Somalia.
La vicenda dei signori della guerra è andata quindi sviluppandosi sempre di più per una decina d'anni, finché intorno al 2006 non vi è stato l'intervento di un islamismo moderato che, soprattutto a Mogadiscio, ha cercato di recuperare il favore delle popolazioni ormai stremate dalla guerra fra le varie fazioni.
È intorno a Mogadiscio soprattutto che si combatte, perché la capitale è l'emblema del potere in Somalia, laddove invece ci sono delle regioni come per esempio quelle del nord come il Puntland, che hanno invece una situazione un po' più calma e organizzata, con una situazione istituzionalmente più riconoscibile nello Stato.
La parte centrale di Mogadiscio e la parte meridionale verso Chisimaio costituiscono invece l'area degli scontri che sono proseguiti finché a Mogadiscio non ha cominciato ad apparire una forza di islamici moderati che è riuscita a conquistare il favore della popolazione.
A livello internazionale si è provato ad arginare l'assoluta mancanza di una struttura statale con l'istituzione in Kenya, a Nairobi, di un governo provvisorio di transizione somalo, che avrebbe dovuto raccogliere in un Parlamento, in un Presidente, in un Primo Ministro le istanze di pacificazione.
Proprio quando a Mogadiscio cominciava a prendere piede una struttura di islamici moderati con la ripresa di un'organizzazione istituzionale, si è ritenuto di intervenire instaurando il governo provvisorio a Mogadiscio e poiché in quanto tale non aveva altre strutture su cui fondarsi, si è fatto ricorso alle truppe etiopiche affinché permettessero l'ingresso a Mogadiscio del Governo di transizione.
L'avvento di truppe straniere non è stato affatto gradito dalla popolazione e quindi si è riaccesa la guerra tra fazioni, signori della guerra a favore del Governo di transizione e coloro che erano contro il Governo di transizione, supportato dalle truppe etiopiche.
L'esito è stato il fiorire di una fazione che era stata per lungo tempo minoritaria, quella degli Shabab, cioè dei giovani studenti integralisti islamici talebani con fortissimi influenze di Al Qaeda, che oggi ha ripreso la guerra contro truppe dell'Unione africana e quindi adesso c'è questa ferocissima battaglia per le strade di Mogadiscio fra queste due fazioni principali, gli Shabab da una parte e le truppe dell'Unione africana dall'altra, per sostenere un Governo di transizione che sta subendo alterne vicende.
Dopo il Presidente Abdullah Yousuf recentemente, a ottobre, abbiamo avuto la nomina da parte del Parlamento (mi sembra che abbia prestato giuramento il primo dicembre) di un nuovo Presidente di transizione, che però è soggetto di formazione americana; anche lui proviene dalla diaspora perché le forze migliori della popolazione somala con la guerra civile si sono distribuite in tutto il globo terrestre e sono rimaste a combattere le parti meno evolute, sulle quali è anche più difficile intervenire per convincerle ad accettare situazioni di pace.
Naturalmente accade che rispetto al ripetersi di questi combattimenti ferocissimi ci siano anche dei tentativi di far


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fuoriuscire elementi che possano recarsi nel resto d'Europa per dare il sostegno a chi rimane.
Questa è la situazione attuale sulla quale, a questo punto, cederei la parola alla portavoce dell'associazione Shukri Said.

SHUKRI SAID MOHAMED, Portavoce dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Signor presidente, lei prima aveva fatto una domanda circa l'arrivo del Primo Ministro somalo in Italia.
Come ha detto l'avvocato Calò, è un tentativo di ripristinare un Governo credibile, cosa che per ventidue anni non è avvenuta; si è data questa investitura a un uomo giovane, con una formazione anglosassone, però nonostante questo ha compiuto in Italia la prima visita ufficiale, ricordando agli italiani e ai somali un legame storico fra i due popoli, e ha incontrato il Presidente Berlusconi e il Ministro degli esteri Franco Frattini, che hanno accettato l'idea di sostenere questo sforzo del giovane Primo Ministro somalo.
In quei giorni sono stata presente durante le conferenze stampa ed egli ha lanciato un grido di allarme al mondo intero, perché ha raccontato situazioni drammatiche e ha detto che questo Governo non ha strutture istituzionali, non hanno nemmeno una centrale di polizia, mentre gli appartenenti all'organizzazione Al Shabab, che lui ha espressamente detto fa capo ad Al Qaeda, sono stati addestrati in Afghanistan e hanno mezzi e uomini che sono di Al Qaeda e sono referenti politici, come hanno dichiarato diverse volte, di Al Qaeda in Somalia.
Loro hanno strutture addirittura in gran parte del Paese: i porti più grandi dove avvengono gli scambi sono tassati da loro; hanno dei militari ai quali pagano uno stipendio.
Il Primo Ministro ha detto che il Governo non ha soldi, non può tassare, non c'è un budget e i militari non hanno stipendio. Egli ha detto quindi che se non sono assicurati minimi servizi che un governo, per quanto sia provvisorio, può erogare ai propri cittadini, non si è credibili e non si sa da dove cominciare perché è tutto distrutto e non c'è più nulla.
Si trovano in un angolo perché Al Shabab e Al Qaeda ormai si sono sparsi nel territorio e nei punti nevralgici del Paese e sono molto agguerriti, armati e hanno un'economia del terrore alla quale Al Qaeda e i paesi suoi sostenitori offrono i mezzi economici. Il Governo che vorrebbe ripristinare una regola condivisa non ha invece questi mezzi.
Questo è pertanto un fatto molto importante. Il Primo Ministro somalo ha detto testualmente che la Somalia è come l'Afghanistan, semplicemente è stata meno fortunata, perché in Afghanistan la comunità internazionale ha preso sul serio il terrore che c'era e quindi ha fatto un intervento militare per arginare e controllare. La Somalia è un importante punto geopolitico e strategico e le due superpotenze quando c'era la guerra fredda si sono sempre contese quel territorio e adesso, ancora di più, tra Al Qaeda e il mondo onesto c'è la contesa per il controllo di quell'area. Anche i vicini Paesi del Golfo sono molto interessati sia a noi che ad Al Qaeda che vuole seminare terrore anche in quei territori.
Non intervenire - ha detto il Primo Ministro - è una leggerezza della comunità internazionale perché da lì possono venire anche in Italia, in Europa, in Occidente.
Per quanto riguarda i diritti umani, in Somalia sono pressoché inesistenti, non c'è nessuna istituzione che garantisca un minimo di diritti umani in Somalia. C'è la legge del taglione, c'è l'islamizzazione del terrore esasperato. In questo Paese fino a mezzo secolo fa erano atei. Sono nata in Somalia, ho studiato anche la storia di questo Paese, mio nonno era totalmente ateo e felice, e le persone della sua generazione erano quasi tutti atei e mio padre, che era un uomo istruito ed era un diplomatico ha cominciato


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a borbottare qualche comandamento a cinquant'anni per fare contenta mia madre che ci teneva.
La laicità della popolazione somala è quindi riconosciuta anche se alcuni soggetti si sono battuti nel periodo di Siad Barre per l'islamizzazione, ma Siad Barre era un laico socialista e ha sempre respinto l'islamizzazione della Somalia.
Nel momento in cui la Somalia per venti anni, un buco nero dell'umanità, è stata abbandonata, chiaramente tutti gli sceicchi che avevano i soldi e che volevano l'islamizzazione della Somalia hanno trovato modo di esercitare il loro potere con la violenza in Somalia. Le donne quindi dovevano essere colpite nella loro dignità (noi somali non abbiamo mai costretto le donne neanche a portare il velo) e costrette a subire angherie e limitazioni della libertà; non si può fumare per strada, né uomini né donne, e sono state introdotte delle misure quali la legge del taglione e la Sharia.
Io che sono nata e sono rimasta fino al tempo della maturità in Somalia provo un brivido nel pensare alle punizioni fisiche che per noi sono mai esistite e adesso invece esistono con una violenza inaudita, cieca, irragionevole, che va al di là di ogni buona fede e religione: non c'è nessuna religione, c'è semplicemente il terrorismo mascherato con la religione.
Detto questo poi ci sono i problemi della infanzia, un'infanzia assolutamente derubata di ogni suo diritto. Ai ragazzini di cinque o sei anni viene dato un fucile in mano e con questo fucile si esercitano e non hanno nessuna alternativa a questo, perché non c'è istruzione, né altre attività tipiche dell'infanzia, si diventa subito adolescenti. Ci sono i minorenni che sono cresciuti così, io ho intervistato alcuni di loro che hanno detto che non c'è una scelta, o accetti di imbracciare un fucile sin da piccolo e accetti di uccidere o te ne devi andare, perché loro non lasciano possibilità di equivoco; o stai con loro o sei contro di loro e allora o fai quello che dice Al Shabab e uccidi tutti quelli che capitano, altrimenti loro ti sparano.
Non vi è tutela dei diritti umani in Somalia e le donne e l'infanzia sono in una condizione veramente inaccettabile; complessivamente i cittadini somali vivono una situazione di gran lunga peggiore di quella dell'Afghanistan di oggi.

PRESIDENTE. Ringrazio Shukri Said per la chiarezza con cui ci ha detto queste cose e anche per la struttura logica della sua presentazione, nella quale sono presenti tutti gli elementi che possono portare alla distruzione di uno Stato, che sono accaduti in una situazione particolarmente tragica in Somalia e hanno reso la visita del Primo Ministro somalo nei giorni scorsi pochissimo compresa dai media che ne hanno dato notizia. Questi infatti hanno scelto di parlarne poco, come se si trattasse di un normale Presidente del Consiglio, un normale Capo di governo di un normale Paese con tutte le difficoltà che il mondo ha e che si conoscono, prescindendo dal fatto che invece è venuto a trovarci un Primo Ministro che non può essere tale perché il Governo non può essere Governo e perché lo Stato non può essere Stato.
Do ora la parola ai colleghi che intendono porre quesiti e formulare osservazioni. Chiederò poi a Shukri Said di dirci quali sono le conseguenze che lei vede di questa situazione in Italia, dal momento che noi siamo il Paese storicamente ma anche fisicamente in questo momento referente dello stato delle cose in Somalia. Chiederò quindi alla signora Said di concludere con una seconda parte nella quale ci racconterà il dramma che si sta vivendo sotto i nostri occhi disattenti in una città come Roma che tratta il problema come se fosse una questione di povertà marginale.

MARIO BARBI. Ringrazio i nostri interlocutori per le informazioni che ci hanno dato. Il Parlamento italiano, attraverso i lavori della nostra Commissione non è naturalmente del tutto disinformato della situazione terribile in cui si trovano la Somalia e il popolo somalo non da oggi.
È stata ricordata la vicenda della disintegrazione dell'organizzazione dello


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Stato somalo dalla caduta di Siad Barre ai tentativi non riusciti di riorganizzare quel Paese anche con un intervento internazionale impegnativo a metà degli anni Novanta, piuttosto importante dal punto di vista delle risorse e dei mezzi, fino al punto in cui ci si trova attualmente, tanto che la questione è stata tema di dibattiti politici e di una mozione non tantissimo tempo fa, che è stata discussa ed approvata dall'Assemblea.
Il tema è presente nel decreto missioni che è lo strumento legislativo che viene ogni sei mesi discusso e approvato dal Parlamento italiano, in cui si finanziano le iniziative internazionali in cui l'Italia è impegnata nei vari teatri internazionali di crisi, tra cui anche la Somalia.
Questa è una lunga premessa per dire che non è che non ci sia da parte nostra la consapevolezza della situazione terribile in cui è il Paese; al contrario, partiamo proprio da questa consapevolezza della fragilità, quasi della finzione di questo Governo di transizione, della visita del Primo Ministro a Roma; una visita attesa di cui ha parlato anche il Ministro Frattini la scorsa settimana in un'audizione che aveva altri temi.
L'attesa per il Primo Ministro somalo è stata la ragione per cui nel corso della discussione che abbiamo fatto in questa Commissione congiuntamente con la Commissione difesa, una proposta che noi deputati di opposizione avanzavamo (ma non è importante che fosse una proposta dell'opposizione), quella di intervenire nel decreto missioni con un emendamento che approvava un'iniziativa di cooperazione per promuovere una conferenza della società civile in Somalia e in altri Paesi limitrofi è stata tenuta sospesa, dicendo che prima ci doveva essere una consultazione con il Governo legittimo somalo nell'ambito di questi incontri.
Volevo approfittare di questo incontro per chiedere alcuni chiarimenti e giudizi su questioni che mi paiono di grande rilievo, per farci un'idea anche di quello che possiamo fare.
L'intervento della forza multinazionale dell'Unione africana, con un contingente cospicuo, numeroso è positivo e, se lo è, quali limiti ha e che cosa dovrebbe essere cambiato perché possa avere una funzione ancora più positiva? Questa è la prima domanda e mi pare che sia una questione centrale.
Nell'ambito del decreto missioni rifinanziamo, per la parte che compete all'Italia, la missione dell'Unione europea denominata EUTM Somalia e che ha come scopo l'addestramento di forze militari e di polizia. Di questa missione avete notizie, svolge una funzione utile? Questa è un'altra domanda molto specifica.
Lei ci ha rappresentato questa condizione per un verso di anarchia e per l'altro verso invece di una presenza organizzata, strutturata e molto coesa di Al Qaeda e Al Shabab che si muovono con una forte motivazione e forti mezzi. Quanti sono? Sono imbattibili? Questa è una domanda che noi non possiamo non porci. Il quadrante regionale cioè l'Arabia Saudita, l'Eritrea, il Kenya, l'Etiopia, come intervengono in questa situazione interna della Somalia?
Queste domande sono per chiedere che cosa possiamo fare noi in più, perché io ieri sono intervenuto in Aula sul decreto missioni e ho parlato anche della Somalia chiedendo al Governo italiano di darci risposte più precise e di rafforzare l'impegno italiano per ragioni di responsabilità rispetto alla situazione presente, ma anche per un senso di responsabilità storica, rispetto a quello che è stato fatto, alla presenza che c'è stata. L'Italia deve agire in prima persona e a livello di Unione europea, perché da sola certamente non avrebbe i mezzi anche se avrebbe risorse di conoscenza e possibilità di coordinamento di iniziative sul terreno certamente maggiori di altri Paesi europei, facendosi, in un quadro europeo, protagonista attiva di un'azione di cui noi avvertiamo oggi la mancanza.
Questo è il quadro delle domande che la vostra presenza mi consente di fare, a partire dall'informazione che io do a voi sul fatto che c'è una sensibilità nel Parlamento italiano e ci sono anche circostanze, situazioni e strumenti normativi in


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cui questa sensibilità può esprimersi e produrre qualche indicazione, qualche indirizzo, qualche risultato.

RENATO FARINA. Ringrazio Shukri Said della sua presenza che mi immerge subito in questioni importantissime che mi riguardano anche personalmente e affettivamente, però penso che possano anche essere utili per la situazione dei suoi connazionali profughi in Italia e che sono trattenuti qui da una lettura della Convenzione di Dublino che fa sì che coloro che approdano in uno Stato non possano uscire dai Paesi dove sono stati accolti come rifugiati politici per andare negli altri Paesi dell'Unione europea. C'è un precedente, invece, che consente di superare questa norma e ci pensavo proprio in questi giorni. Nel 1999 fu arrestata a Linate provenendo dall'Egitto una signora con due bambini; fu arrestata per documenti falsi ma soprattutto perché era ritenuta una trafficante di schiavi, pensando che i bambini non fossero suoi, che li vendesse.
Questa persona, che si chiamava Sharifa, rimase in carcere otto mesi e poi l'esame del DNA la prosciolse e si comprese che era effettivamente la madre e la zia di questi bambini e si avviava verso Londra. Questa signora era una bravana, apparteneva ad una comunità particolarmente bersagliata dai signori della guerra e quindi con uno statuto particolare.
So che da allora le situazioni sono ulteriormente peggiorate, però so anche che, compreso l'errore giudiziario del quale la signora era stata vittima, su pressione mia e di Silvio Berlusconi, con intermediazione dell'attuale consigliere del Presidente Napolitano, l'addetto stampa Pasquale Cascella, questa situazione fu messa in agenda nell'incontro tra l'allora Presidente del Consiglio D'Alema e Blair e si trovò il modo di superare la Convenzione di Dublino e tutta la famiglia poté andare a Londra.
Questo vuol dire che esistono possibili deroghe perché c'è questo precedente per ragioni umanitarie, ma credo che le ragioni umanitarie valgano anche, sia pure in misura meno drammatica, anche per i somali che sono oggi a Roma. Bisognerebbe vedere come i vari sherpa risolsero il problema. Io so che lei fu sottoposta a esame dall'ambasciata inglese, che furono molto duri ma appurarono effettivamente che non era una criminale.
C'è un altro problema, Sharifa e i suoi figli erano persone che vestivano d'azzurro, con abiti colorati e praticavano un Islam niente affatto feroce. Io sono tornato diverse volte a Londra nei quartieri dove erano state poi accolte e vivevano nella casa fornita dal Governo; ebbene, quei quartieri erano diventati realtà in cui vigeva la Sharia pratica, per cui quando uscivano di casa vestivano di nero, erano sottoposti a un controllo minuzioso da parte della dominanza radicale islamica, per cui c'era un altro mondo in quel mondo.
Chiedo una riflessione su questo: come sia possibile che in Europa ci si ritrovi nella situazione di Sharia da cui le persone cercano di fuggire, come accade in certi quartieri a Londra e in altri metropoli europee, anche in Svezia.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

SHUKRI SAID, Portavoce dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Il quesito che ha posto l'onorevole Farina è molto importante per me e non lo è meno quello che è stato posto dall'onorevole Barbi, circa l'intervento dei soldati dell'Unione africana. Questi sono importanti ma non sono sufficienti, perché sono pochi e concentrati in un'area limitata della nazione, e comunque in ogni caso ritenuti non rispondenti complessivamente alla comunità internazionale, perché ciò sembrerebbe segnalare che la questione somala sia solamente un problema africano.
I somali si lamentano della situazione; è opportuno che l'Africa si occupi di Africa ma i somali sanno bene che l'Africa non brilla per la difesa dei diritti umani e civili.


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Per quanto riguarda la missione europea per istruire la polizia, sono a favore dell'intervento della comunità internazionale nel suo insieme perché il problema richiede molti finanziamenti e molta forza e volontà politica, in modo tale da isolare tutti quelli che vogliono che la situazione in Somalia non cambi, perché i somali sono vittime sia da parte di Al Qaeda che del mondo islamico «moderato».
Una delle frasi che mi ha colpito del Primo Ministro è che in Somalia c'è un'impresa criminale e quindi c'è un'economia criminale mondiale che è interessata. Questo riguarda anche lo di smaltimento dei rifiuti, i clandestini irregolari, il commercio delle persone, il commercio delle armi, il commercio normale ma non pagando il dazio o non rispettando le regole territoriali marittime, la pesca irregolare in territorio somalo. Ci sono fenomeni molto interessanti che interessano l'economia illegale mondiale; in Somalia ci sono russi, occidentali e gente strana, una volta in Somalia è caduto anche un aereo dell'Unione sovietica in missione, non so se lo ricordate.
La situazione della Somalia sembrerebbe una cosa minore, invece ha una rilevanza internazionale molto importante, quindi l'intervento della comunità internazionale e dell'Unione europea deve avere forza e l'autorevolezza per cercare di contrastare insieme tutti questi fenomeni.

PRESIDENTE. Questo riguardava le domande poste dall'onorevole Barbi a cui ha risposto adesso parlando della potenza dell'attività criminale, perché quello che chiedeva l'onorevole Barbi era la potenza di Al Qaeda.

SHUKRI SAID, Portavoce dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. La potenza di Al Qaeda non va sottovalutata, perché ha impiegato uomini e denaro in Somalia, è determinata e ha una consapevolezza. Al Qaeda sa che la comunità internazionale è distratta e guarda all'Afghanistan, mentre nell'area del Corno d'Africa, che è un punto strategico per l'accesso al Mar Rosso, all'Arabia Saudita e all'Egitto, quando lo deciderà può benissimo far scoppiare senza grossi problemi la situazione.
Per quanto riguarda l'Eritrea non sta con l'Etiopia perché ha con questa un conflitto storico; l'Etiopia ha un problema di sbocco marittimo, però non vuole pagare i porti dell'Eritrea con cui non ha buoni rapporti. Preferisce farsi dare un gettone di presenza per svolgere un servizio, per esempio l'intervento che ha fatto in Somalia è stato finanziato dagli Stati Uniti, come tutti sanno. L'Etiopia aveva interesse ad utilizzare i porti della Somalia, quindi è un colonizzatore nero, sia per l'Eritrea che per la Somalia, e non è ben vista e non può assolutamente essere delegata a svolgere una politica di mediazione in quest'area.
Per quanto riguarda l'Italia, io sono italo-somala e non ho remore di dire che il mio Paese Italia ha commesso un grave errore politico e umanitario e paradossalmente l'Italia non conosce mai le sue storie coloniali. Io anche nell'università sento parlare di Afghanistan o Maghreb o dei Paesi della regione dei grandi laghi o magari del Sudamerica, ma delle ex colonie che sono Eritrea, Somalia, Etiopia e Libia l'Italia non sa nulla; è stato stipulato il Trattato tra Italia e Libia mentre gli altri tre Paesi sono rimasti fuori.
L'Italia ha un posto di leadership e lo deve avere anche per il legame che aveva con Siad Barre. C'erano due sbocchi verso il mondo esterno della Somalia: l'Egitto era per la Somalia il collegamento con il mondo arabo e l'Italia era il punto di collegamento con l'Occidente. Questa leadership storica è un dovere dell'Italia e un suo diritto; esercitarla è una responsabilità storica che impegna, piaccia o no, questo Paese. Io non c'ero al tempo del fascismo, però questo è successo, è una responsabilità storica, politica e umana che l'Italia si deve assumere, cosa che nessun Governo italiano di nessun colore ha mai preso seriamente in considerazione.


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Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Farina, quello che a me personalmente, come attivista dei diritti umani, sta a cuore è la situazione di via dei Villini, che ritengo raccapricciante, fuori da ogni diritto internazionale. Queste sono persone che sono state ricevute in Italia e hanno un riconoscimento di status giuridico di rifugiati. Come se noi adottassimo un figlio e poi lo lasciassimo in strada, sarebbe abbandono di minori perché sono persone e il loro status giuridico ha una collocazione ben precisa.
Un Paese firmatario di tutte le convenzioni internazionali sui diritti umani ha ridotto queste persone a queste condizioni; non so se avete visto le immagini, sono cose che non hanno eguali nella storia dell'umanità e si verificano a Roma, in via dei Villini. Si tratta di una zona, ironia della sorte, agiata ed elegante, dove vivono queste persone.
Sono due mesi che stiamo facendo il tentativo di far conoscere la situazione ai cittadini italiani e sensibilizzare le istituzioni: alcuni cittadini si sono sensibilizzati ma le istituzioni sono rimaste impermeabili, la prima e unica istituzione che ci ha convocato siete voi, il presidente Colombo e questo Comitato, nessuno altro. Abbiamo scritto anche delle lettere.
Per quanto riguarda il precedente di cui lei ha parlato è un precedente che io personalmente che sono una sognatrice ho tenuto in considerazione; il fatto che lei lo abbia in qualche modo certificato mi rafforza, perché tutto quello che abbiamo documentato deve avere una finalità, che l'Italia intervenga e la negligenza nei confronti di questi individui, di questi ragazzi sia in qualche modo risanata. Se il nostro Paese non è in grado di risanare o non ha volontà politica di farlo, bisogna che la comunità internazionale, in questo caso l'Unione europea, se ne faccia carico.
Non possiamo consentire che questa situazione perduri perché adesso, ogni giorno, vengono le ambulanze, due al giorno. Aspettano che ci scappi il morto per intervenire e non sono intervenuti. Noi come associazione non dormiamo: tutti i giorni vado almeno due volte. È una situazione assolutamente immonda che richiede una partenza immediata, è come se avessimo a disposizione solo minuti, l'orologio è come fosse tornato indietro; prima sono stati accolti con i barconi, poi messi nel centro di accoglienza, sono stati curati, gli è stato dato un documento e sono stati lasciati andare. Adesso con questa situazione si sono ammalati, hanno malattie infettive pericolose per noi, perché circolano, prendono l'autobus e stanno a Roma. Hanno malattie della pelle: ieri ho accompagnato dei giornalisti tedeschi, sono molto più interessati in Germania e in Europa piuttosto che qui da noi. Questo è cinismo, si dice che l'Italia è un Paese di solidarietà, di sensibilità, ma questo cinismo contro questi rifugiati non ha precedenti.
Penso che l'avvocato Calò possa parlare delle sentenze che sono state emesse in Germania.

MAURIZIO CALÒ, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Una piccola considerazione su quanto diceva l'onorevole Farina: io non ho capito bene in quali anni si colloca l'episodio di Sharifa.

PRESIDENTE. Nel 1999.

MAURIZIO CALÒ, Presidente dell'Associazione Migrare - Osservatorio sul fenomeno dell'immigrazione. Nel 2000 è stata adottata la prima Convenzione di Dublino, che consentiva appunto un sostegno europeo ai rifugiati. È accaduto che però queste persone che arrivavano, magari approdavano in Italia e si trasferivano in altri Stati dove avevano conoscenze, amici e parenti, e andavano a ripresentare nuove domande. Questo fenomeno è stato definito asylum shopping e creava disorganizzazione nell'intervento europeo per i rifugiati, perché non si riusciva a capire in quale Stato si dovessero collocare i rifugiati.
È stato adottato quindi nel 2003 il Regolamento di Dublino 1, che viene definito Dublino 2. Con quest'ultimo si è


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stabilito che il profugo deve rimanere nel Paese dove per primo approda, viene quindi identificato e gli vengono prese le impronte digitali. Se poi, ritenendo di poter stare meglio, si reca in un altro Paese europeo come la Germania, l'Olanda, la Svezia, viene immediatamente accolto in condizioni ben diverse e molto più strutturate e organizzate di come avviene in Italia, gli viene assegnato un tetto - l'onorevole Farina accennava a Sharifa che a Londra aveva avuto una casa in un quartiere particolare e così avviene anche negli altri Paesi - e gli si dà un conto corrente bancario, con una tessera bancomat per gestirlo, rifornito tutte le settimane di un peculio per le spese quotidiane. Però non appena attraverso i controlli lo Stato estero scopre che il Paese di prima accoglienza dove ha lasciato le impronte digitali è l'Italia viene sottratto ai corsi di formazione linguistica e lavorativa e rispedito in Italia.
Ecco perché noi abbiamo delle immagini e delle testimonianze di questi rifugiati somali che ci dicono di volersi tagliare le dita; qualcuno ha messo le dita nell'olio bollente. A questa situazione si sta ovviando di fatto, abbiamo individuato già quattro sentenze emesse in Germania dai tribunali amministrativi - ne abbiamo una del 9 novembre, una del 15 dicembre, una del 10 gennaio e l'ultima dell'11 gennaio - in cui i tribunali amministrativi della Germania sospendono l'ordine di rimpatriare i somali in Italia perché l'Italia non dà sicurezza di provvedere a loro nel rispetto dei diritti umani.
Credo che questa sia una notizia sconvolgente per noi, perché non abbiamo la medesima organizzazione che hanno gli altri Paesi. Parliamo di un'Olanda con 15 milioni di cittadini e 80.000 rifugiati e di una Germania che si permette di emettere queste sentenze, che ha 500.000 rifugiati, l'Italia ne ha soli 50.000.
I fondi europei, che nel triennio 2008-2010 sono stati 13,5 milioni, sono il 50 per cento dei progetti che l'Italia dovrebbe proporre, quindi in questo triennio ci sono ventisette milioni; parliamo di nove milioni di euro all'anno in media.
Questi fondi non si sa come vengono utilizzati, vengono gestiti dal Ministero dell'interno, affidati all'Ancitel spa, che è la società per azioni operativa dell'ANCI, che contattata ci dice che hanno solo 3.000 posti letto in tutta Italia e solamente l'anno scorso sono stati riconosciuti 14.000 rifugiati.
Allora la domanda è come sia possibile che in Germania si possano gestire 500.000 rifugiati e in Italia non si riescano a gestire 50.000 rifugiati. Questa è la sorpresa nel verificare che solo 3.000 sono i posti che vengono messi a disposizione, quando abbiamo Stati come la Somalia da cui le persone che riescono a scappare non possono che essere accolte. Io non vorrei parafrasare il film Blade Runner, ma ci sono cose che voi italiani non potete nemmeno immaginare. C'è gente che ha attraversato il Mediterraneo su dei barconi senza sapere dove sarebbe arrivata, sette giorni di viaggio quando è andata bene, con compagni di viaggio che sono morti di fame e di sete, sono stati buttati in mare.
Queste sono esperienze che colpiscono inevitabilmente la psicologia. Quando sono arrivati qui si sono trovati poi abbandonati a loro stessi, credo che ci sia da ricostruire innanzitutto sul piano psichiatrico la realtà intellettiva di queste persone, poi dare loro la formazione linguistica perché c'è gente che da sette anni sta in Italia e non parla l'italiano e dopo ci vuole una formazione lavorativa per poterli poi distribuire.
Onorevole Farina, lei ha detto di aver trovato Sharifa immessa in un quartiere dove poi di fatto si era instaurata la Sharia, questo non si può ammettere; noi siamo favorevoli a che queste persone, dopo aver subito un trattamento volto a superare le esperienze che hanno subito, vengano poi distribuite sul territorio in piccoli gruppi; due tre piccoli nuclei familiari nei vari comuni, dove possano trovare quello strato sociale italiano che è famoso per l'ospitalità e per l'accoglienza. Però naturalmente deve essere


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un'accoglienza capace di assorbire, quindi si devono formare piccoli gruppi nei vari comuni di cui è composta l'Italia, che possano assorbire questi profughi che meritano tutta la nostra considerazione.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio Shukri Said e l'avvocato Calò per il contributo che hanno dato. Oggi agli atti di questa Commissione e di questo Comitato abbiamo un alibi in meno, nel momento in cui siamo stati posti nelle condizioni di sapere un po' di più del tema affrontato in questa seduta.
Credo che sarà doveroso da parte mia - certamente posso dirlo parlando per me - farmi guidare per vedere le cose di cui abbiamo parlato, in modo da farle diventare materiale vivo, non solo di memoria o di emozione ma di attività politica.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14.

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