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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(III e IV)
11.
Martedì 12 gennaio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME, IN SEDE REFERENTE, DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 1213 CIRIELLI, C. 1820 GAROFANI E C. 2605 DI STANISLAO, RECANTI «DISPOSIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE ITALIANA A MISSIONI INTERNAZIONALI»

Audizione del capo di stato maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 2 6 8
Bosi Francesco (UdC) ... 8
Camporini Vincenzo, Capo di stato maggiore della Difesa ... 2 7 8
Colombo Furio (PD) ... 6
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 12 gennaio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA IV COMMISSIONE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 12,35.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del capo di stato maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva relativa all'esame, in sede referente, delle proposte di legge C. 1213 Cirielli, C. 1820 Garofani, C. 2605 Di Stanislao e C. 2849 Maurizio Turco, recanti «Disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali», l'audizione del capo di stato maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini.
Do la parola al generale Camporini per lo svolgimento della relazione.

VINCENZO CAMPORINI, Capo di stato maggiore della Difesa. Desidero innanzitutto ringraziare i presidenti e gli onorevoli rappresentanti delle Commissioni qui riunite per l'invito che mi è stato rivolto.
Procederò, come ho già fatto in precedenti occasioni, ad un sintetico cenno sullo scenario in cui si collocano le missioni internazionali che assumiamo a presupposto della discussione delle proposte di legge in parola.
Esplosa da anni, la fase emergenziale del terrorismo internazionale continua a caratterizzare il quadro geostrategico; inoltre, l'esigenza di risposte adeguate vede amplificarsi gli ambiti di intervento del nostro apparato militare, che resta estensivamente impegnato in tutto il mondo.
Da interventi a carattere contingente, per così dire occasionali, che hanno caratterizzato gli anni '80 e l'inizio degli anni '90, si è ora in una fase storica che vede l'impegno delle Forze armate al di fuori dei confini nazionali come una costante strutturale. Da ciò deriva l'importanza di una legge organica che disciplini la materia.
Per ciò che riguarda la consistenza, basti pensare che negli ultimi sei anni sono stati impegnati in missioni all'estero in media dagli 8.000 ai 12.000 militari. Quanto all'ambito geografico, rammento che tradizionalmente l'interesse strategico italiano veniva riferito al cosiddetto «Mediterraneo allargato», con ciò comprendendo, oltre al Mediterraneo propriamente detto, da un lato la Mauritania e, dall'altro, tutto il Medioriente, inclusi i Paesi che si affacciano sul Golfo Arabico e il Corno d'Africa. L'evoluzione geostrategica impone oggi di ampliare tali aree di interesse, fino a includere l'Afghanistan, il Pakistan e le Repubbliche sovietiche dell'Asia centrale.
Entrando nel merito, il quadro delle attuali operazioni all'estero oggi comprende un impegno complessivo medio di circa 8.000 uomini in 30 missioni, in 21 diversi Paesi. Per dare un'idea della dimensione generale della gravitazione della


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Difesa, in termini di presenza numerica, tre missioni su tutte - Libano, Afghanistan e Balcani - sono quelle che impegnano circa il 90 per cento delle risorse umane presenti all'estero. Ciò a dimostrazione dell'importanza attribuita a determinate aree di crisi, che possono, anche quando non prossime geograficamente, influire direttamente sulla nostra sicurezza.
Attualmente, inoltre, il trend relativo all'impegno complessivo è in decremento in quei teatri operativi ove la fase di stabilizzazione sembra ormai avviata, a iniziare da quello balcanico.
In sintesi, fatti salvi i compiti istituzionali classici, l'impegno presente e futuro dello strumento militare ai fini di garantire i livelli di sicurezza desiderabili avverrà fuori dai confini nazionali, in contesti disagevoli e nell'ambito di coalizioni a scopo predeterminato e contingente - le cosiddette «coalition of the willing» - per perseguire gli obiettivi della politica italiana sulla base di regole e princìpi condivisi di multilateralità.
Il quadro globale appena tracciato rafforza, pertanto, l'esigenza per il nostro Paese di disporre di uno strumento operativo efficace, agile, integrato, proiettabile e sostenibile al fianco e in sinergia con quelli dei principali partner internazionali.
Dopo aver illustrato lo scenario complessivo in cui si colloca la partecipazione italiana alle missioni internazionali, vorrei ora trattare gli aspetti correlati con l'introduzione, nel nostro ordinamento, di una legge ad hoc, che è fortemente attesa ad ogni livello, anche al fine di assicurare un riordino della disciplina vigente e renderla maggiormente idonea a fronteggiare le sempre più complesse attività istituzionali connesse con l'invio di contingenti militari nei teatri di operazione.
Osservo in via preliminare che, se non si vuole tradire la lettera e lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione, l'impiego delle Forze armate non può essere limitato esclusivamente a iniziative umanitarie di sostegno e soccorso alla popolazione locale. I nostri contingenti, infatti, possono essere chiamati a operare nel quadro di missioni decise dalle organizzazioni internazionali e qui è d'obbligo il riferimento al capitolo VII della Carta delle Nazioni unite.
Le proposte di legge all'esame regolano i molteplici e peculiari profili che caratterizzano le missioni stesse. Compendiano, altresì, le varie disposizioni normative succedutesi nel tempo mediante i vari decreti-legge convertiti, che hanno di fatto consolidato un valido impianto normativo plasmato sulle esigenze di volta in volta rappresentate.
Considerata la varietà delle tipologie delle missioni militari che ho appena descritto, alle quali vanno aggiunte anche quelle civili, un primo aspetto che deve risultare ben delineato è l'ambito di applicazione delle disposizioni in discussione, in quanto la mutevolezza delle situazioni da affrontare non consente più di ricondurre la classificazione delle missioni internazionali alla tradizionale differenziazione tra missioni di pace e missioni in contesti di guerra o ad essa assimilabili.
In tale quadro, la realizzazione di un corpo normativo espressamente dedicato alle missioni militari all'estero appare l'unica soluzione in grado di superare le criticità finora riscontrate, nell'individuazione certa del contesto giuridico di riferimento. Specialmente quando si tratta, come detto, di missioni che non sono di guerra, ma che si svolgono in situazioni di conflitto armato e sono riconducibili a circostanze che richiedono anche l'uso legittimo della forza per l'assolvimento della missione, un altro aspetto per il quale si ritiene prioritario affrontare una disciplina organica è quello di una semplificazione e di una razionalizzazione della normativa penale militare, che tenga conto della specificità del settore e garantisca la serenità e l'efficienza del personale impegnato in particolari situazioni di rischio, quali quelle riscontrabili nei teatri operativi.
A tal proposito, presso il Ministero della difesa è stato istituito e sta terminando il compito assegnato un gruppo di lavoro incaricato di elaborare un corpo normativo ad hoc per i contesti operativi in parola, avente come riferimento centrale -


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mi preme di sottolineare - non la condizione delle Forze armate in addestramento o in guarnigione, ma quella in operazioni.
Tale importante opportunità consentirà anche di recepire le fattispecie criminali previste dallo statuto della Corte penale internazionale, che è stato ratificato dall'Italia ma mai traslato in una norma di adeguamento, in modo da introdurle nel nostro ordinamento. Si sta elaborando, dunque, uno specifico «codice delle missioni all'estero», ove confluiranno altresì le norme di diritto umanitario che oggi sono previste dal Libro terzo, Titolo quarto, del Codice penale militare di guerra, ovviamente adeguatamente aggiornate e rivisitate.
La creazione di un nuovo testo normativo che supererebbe l'obsoleta dicotomia della legislazione di pace e di guerra, ormai tipica del solo ordinamento italiano, renderà inoltre possibile affrontare e risolvere altre problematiche che non possono essere disgiunte dalla discussione in corso. Su questo aspetto specifico, aggiungo che con l'approvazione dell'ultimo decreto di proroga delle missioni è stata introdotta una norma a lungo attesa dal mondo militare, che ha opportunamente integrato l'attuale disciplina relativa alle cause di giustificazione del reato, prevedendo giustamente la non punibilità per il militare che, nel corso delle missioni internazionali, in conformità alle direttive e alle regole di ingaggio ovvero ad ordini legittimamente impartiti, faccia uso o ordini di fare uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica, per la necessità delle operazioni militari. È stata prevista, altresì, qualora si eccedano colposamente i limiti stabiliti dalla legge, la relativa fattispecie.
Per questo importante risultato, mi sia consentito di esprimere un sentito ringraziamento al Parlamento per la sensibilità evidenziata nei confronti delle esigenze delle Forze armate. L'impiego oltre i confini nazionali dei contingenti militari non è più da tempo un evento imprevisto ed eccezionale, ma costituisce, come abbiamo visto, un impegno costante e continuo su diversi scenari geografici. Pertanto, le iniziative legislative all'ordine del giorno, nel riprodurre di massima lo schema utilizzato per i provvedimenti emanati in materia di partecipazione italiana, costituiscono indubbiamente uno strumento di valido raccordo normativo nel complesso di leggi e regolamenti che disciplinano la materia.
Con riferimento alle disposizioni afferenti al settore logistico, le esperienze maturate hanno reso evidente e inderogabile la necessità di conciliare il processo di acquisizione di beni e servizi nazionali con le stringenti esigenze operative nei teatri. L'atipicità del contesto operativo delle missioni, infatti, per il mancato soddisfacimento in tempi ragionevolmente rapidi dei gap capacitivi identificati, potrebbe sia ledere la sicurezza del personale impiegato, sia inficiare il conseguimento degli obiettivi della missione stessa. In tale prospettiva possono essere ricondotte le proposte di legge che individuano il necessario criterio del parametro economico entro cui attribuire una maggiore flessibilità alla gestione in situazioni di emergenza, quali ad esempio il ripristino di servizi essenziali nelle aree di responsabilità dei contingenti italiani, anche ovviamente a favore della popolazione civile.
È bene che, in tali situazioni, il livello decisionale e la conseguente responsabilità per le spese necessarie, circoscritte entro un limite annuo prefissato, per la celerità con cui debbono essere esperite trovino l'ottimale collocazione a livello periferico decentrato, nella figura dei comandanti dei singoli contingenti.
Inoltre, anche la disciplina che si vuole introdurre relativamente alla cessione di materiali, strumento primario di cooperazione, rende più flessibile il vincolo esistente tra l'atto di cessione e la presenza di un accordo di cooperazione ratificato con lo Stato destinatario della cessione, agevolando di fatto la collaborazione con i Paesi nel cui ambito sono in atto missioni militari.
Coerentemente con gli orientamenti fin qui evidenziati, occorrerà rendere più agevole la cooperazione e il mutuo supporto


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tra gli alleati che, consentendo l'eliminazione di ridondanze di strutture e assetti logistici, assicureranno il conseguimento di economie di scala e favorevoli impatti operativi mediante la riduzione del footprint logistico.
Mi sia consentito, a questo punto, di affrontare alcune problematiche di carattere finanziario. Premetto che non si tratta della consueta richiesta accorata di fondi dedicati, bensì della necessità di intervenire sull'ordinamento affinché siano acquisiti alcuni princìpi generali in materia finanziaria, che è indispensabile acclarare per garantire l'efficacia e l'efficienza delle operazioni militari. Al riguardo, evidenzio che, per la prima volta, nel corso del 2009 sono state tenute in debito conto tutte le esigenze finanziarie rappresentate dalla Difesa, garantendo oltre al soddisfacimento delle cosiddette spese vive, quali le diarie al personale, per le quali si auspica fortemente il mantenimento degli attuali standard - tra l'altro, già recentemente ridotti in particolare per il teatro libanese - anche una rilevante quota delle risorse necessarie per l'addestramento pre-impiego e l'aggiornamento dei mezzi, sistemi di equipaggiamento e materiali che in passato erano tratte dal bilancio ordinario della Difesa. Questo è un risultato estremamente positivo, che viene percepito dalle Forze armate come una dimostrazione di pieno e unanime sostegno.
Vi assicuro che non è retorica ricordare che, per coloro che operano in condizioni spesso difficili e disagiate, a rischio della propria incolumità, lontano dalla patria e dagli affetti familiari, la certezza di avere il totale e incondizionato sostegno del Paese - sia dei suoi cittadini, sia della sua classe dirigente - è fondamentale.
Auspico per il 2010 il completo ristoro di questi oneri, affinché non gravino sul bilancio ordinario del corrente esercizio finanziario, che è connotato, come è a tutti noto, da estrema criticità.
Esistono, inoltre, alcuni ulteriori punti sui quali vorrei richiamare la loro attenzione. In primo luogo, l'esigenza di inserire in futuro negli stanziamenti di volta in volta autorizzati, in quanto finora non considerate, le cosiddette «spese di ricondizionamento», in special modo quelle riconducibili all'efficienza dei mezzi, equipaggiamenti, materiali usurati o distrutti in ragione dell'attività svolta in teatro operativo.
Il secondo aspetto riguarda i particolari meccanismi di attuazione delle disposizioni legislative e finanziarie relative alle missioni. Mi riferisco, in particolare, alle norme amministrative che dovrebbero assicurare l'effettiva e tempestiva disponibilità degli stanziamenti autorizzati sul bilancio del dicastero.
Oggi, purtroppo, le procedure vigenti impongono adempimenti burocratici le cui tempistiche risultano incompatibili con l'avvio e lo svolgimento delle attività operative. Infatti, come già autorevolmente rappresentato in questa stessa sede dalla Ragioneria generale dello Stato, i tempi necessari sono mediamente pari a circa 3-4 mesi dal giorno dell'approvazione del decreto-legge. In tale lasso di tempo, poiché è la Difesa, con il proprio bilancio ordinario, a garantire il regolare svolgimento di tutte le attività, si rende necessario cercare di inserire nel contesto del provvedimento in esame specifiche disposizioni che introducano differenti modalità volte ad assicurare sia l'immediata disponibilità dei fondi approvati, sia le indispensabili misure di flessibilità per il rapido reindirizzo dei fondi, qualora esigenze operative lo rendessero necessario.
Vorrei, inoltre, sottolineare la piena condivisibilità di altre disposizioni, quali la possibilità per il Ministro degli affari esteri, di concerto con quello della difesa, di conferire a un funzionario diplomatico l'incarico di consigliere diplomatico del comandante militare italiano, nel caso di assunzione del comando di un contingente internazionale da parte dell'Italia, nonché la modifica dell'articolo 744 del Codice della navigazione, volta ad equiparare gli aeromobili utilizzati per le operazioni di supporto alla pace agli aeromobili di Stato.
Sempre in tema di personale, sento altresì il dovere di segnalare un importante aspetto che riguarda i militari che


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subiscono lesioni durante le attività connesse con le missioni internazionali: mi riferisco, in particolare, al personale non in servizio permanente, che potrebbe apparire meno tutelato rispetto alle altre categorie che beneficiano di norme di collocazione nei ruoli del personale civile della Difesa.
L'unica eccezione a tale criterio riguarda il regime preferenziale attribuito agli appartenenti al ruolo d'onore, decorati al valore civile o militare, che è giustificata dal carattere eroico degli atti compiuti; ma i restanti casi seguono la disciplina generale delle norme sul collocamento obbligatorio dei disabili, costituita da disposizioni a carattere generale relative al diritto al lavoro degli invalidi. Queste, in realtà, richiedono tempi non compatibili con l'esigenza di un tempestivo collocamento occupazionale degli interessati, evitando soluzioni di continuità con l'attività di servizio. Inoltre, la presenza delle attuali tutele in disposizioni erga omnes non sembra tenere in debito conto la specificità del mondo militare.
In definitiva, è particolarmente sentita l'esigenza di introdurre una norma speciale che conceda agli interessati, i volontari in ferma prefissata - i cosiddetti VFP -, maggiori garanzie nel settore assicurativo, previdenziale ed assistenziale, nella considerazione che, come giustamente previsto, essi svolgono compiti e mansioni identici a quelli assegnati ai militari in servizio permanente.
A tale proposito, voglio sottolineare l'importanza che la partecipazione alle missioni internazionali sia mantenuta per tutte le categorie del personale, sia per non inficiare gli attuali modelli addestrativi, sia per garantire un'opportuna elasticità e flessibilità nell'individuazione del personale da inviare in teatro.
Nel concludere questo mio intervento, ritengo opportuno sottolineare che l'attuale sforzo complessivo delle Forze armate nelle missioni fuori area costituisce un segno tangibile dell'impegno della Repubblica a contribuire alla sicurezza e alla stabilità collettiva nell'ambito della comunità internazionale. L'addestramento e la preparazione del nostro personale, uniti ad adeguate risorse finanziarie, hanno consentito allo strumento militare nazionale di assolvere efficacemente e con ampio riconoscimento gli impegni assunti dalla nazione.
Mi preme, comunque, evidenziare che se da un lato l'introduzione degli strumenti legislativi in parola rappresenterà un importante traguardo sotto il profilo della disciplina generale delle missioni internazionali, dall'altro non bisogna dimenticare che l'instabilità che caratterizza i teatri operativi maggiormente a rischio non permetterà di escludere il ricorso anche a quei provvedimenti normativi più flessibili ed immediati, quali i decreti-legge, in grado di assicurare allo strumento militare quella flessibilità necessaria per affrontare le continue e improvvise evoluzioni degli scenari internazionali sopra delineati.
Auspico che il testo finale risultante dalle proposte di legge in esame possa recepire, anche attraverso un opportuno coordinamento degli atti Camera in discussione, le esigenze rappresentate e condurre alla creazione di una cornice giuridica per le missioni all'estero che, in sistema con l'altrettanto attesa riforma dei codici militari, consenta di rispondere al meglio alle esigenze tipiche dei contesti internazionali ove le Forze armate saranno chiamate a intervenire.
Signori presidenti e onorevoli presenti, ringrazio per l'attenzione e sono ovviamente a disposizione per qualsiasi domanda.

PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FURIO COLOMBO. Ci sono due punti rispetto ai quali mi pare sia molto importante riportarsi a quanto ci ha detto il generale Camporini, che ringrazio per la precisione e l'attenzione che ha posto sui singoli aspetti, mettendoci in condizione di avere un orizzonte più chiaro e più ampio.
In primo luogo, il generale ha osservato che siamo l'unico Paese che ha ancora un


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problema di distinzione tra pace e guerra, ossia tra missioni di pace e missioni che non possono più essere definite tali. Ora, se le sue parole sono realistiche nella descrizione degli eventi, esse tuttavia sollevano, in noi membri del Parlamento, il problema di ricordare che tale questione si riferisce all'articolo 11 della Costituzione e che, quindi, difficilmente potrà entrare nella discussione che stiamo facendo un'ambivalenza sull'interpretazione di questo articolo, che di per sé è chiarissimo.
È vero, come ha affermato il generale, che le tradizionali definizioni date finora risultano sempre più inadeguate, ma è anche vero che se siamo il solo Paese a mantenere questa distinzione, non è per un classico caso. La frase che lei ha detto, generale, spesso viene usata tra politici per fare riferimento a qualcosa che non ci decidiamo a mettere in ordine o ad aggiornare. Ebbene, in questo caso siamo l'unico Paese perché i padri costituenti hanno ritenuto di introdurre nella nostra Costituzione, col fervido sostegno di molti di noi, l'articolo 11.
In secondo luogo lei ha posto un tema che sembra soltanto tecnico-pratico, ma credo che abbia un'importanza veramente grande. In particolare, ha detto che tutto ciò che riguarda l'intervento finanziario e la copertura dei costi di ogni decisione assunta, viene ritardato di mesi rispetto al momento della decisione volta a offrire una soluzione e rispetto al momento della necessità che lei, come comandante delle Forze armate, avverte. Lei, quindi, ha sottolineato un punto delicatissimo, sul quale attraverso technicality, aspetti organizzativi e contabili, il Parlamento dovrà trovare una soluzione affinché ci sia un rapporto preciso fra l'operazione, il costo e la sua copertura.
Dunque, è molto importante prendere in considerazione le sue osservazioni.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Intervengo solo per chiedere una precisazione. Personalmente, ho inteso le parole del generale Camporini, relative alla prima questione richiamata dall'onorevole Colombo, come una distinzione difficile da fare tra operazioni di pace e operazioni che si svolgono in teatri di guerra. La differenza tra pace e guerra, dunque, l'ho interpretata nelle sue parole in chiave del teatro nel quale le nostre missioni operano e non relativamente al carattere delle nostre missioni, che ovviamente, se devono rispondere al dettato dell'articolo 11 della Costituzione, non possono che essere missioni non di guerra. Questo mi sembra evidente.
Le chiederei, a questo riguardo, una precisazione poiché ho interpretato le sue parole in questo modo, ma le osservazioni dell'onorevole Colombo derivano dal fatto che forse nelle stesse può esserci stato un margine di ambiguità. Trattandosi di un tema estremamente complesso e delicato, ritengo che possa essere utile un chiarimento.

VINCENZO CAMPORINI, Capo di stato maggiore della Difesa. La questione fondamentale della differenziazione tra pace e guerra è un fatto certamente costituzionale. Tuttavia, io ho inteso fare riferimento in primo luogo ai codici, che risalgono al 1941, e sono quindi antecedenti alla Costituzione. Abbiamo un codice di pace e un codice di guerra. Il primo regola l'attività di caserma, vale a dire si occupa dei reati che possono essere commessi durante una vita di guarnigione. Ebbene, utilizzare questo strumento in Afghanistan, nei Balcani o in Libano, credo che comporti dei problemi tecnici, prima ancora che di carattere giuridico.
Da questo punto di vista, la differenziazione tra pace e guerra, con riferimento ai codici, richiede una via di mezzo che prenda atto della realtà attuale. Non stiamo parlando di una guerra fra eserciti contrapposti, né di operazioni di addestramento che si svolgono sul territorio nazionale oppure in aree addestrative situate in Paesi alleati.
Lungi da me, dunque, la volontà di entrare in un dibattito sulla valenza dell'articolo 11 della Costituzione. Questo per me è chiarissimo e mi dice che devo contribuire allo sforzo della comunità internazionale


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per garantire a tutti condizioni di sicurezza e stabilità.
Per quanto concerne la questione del ritardo delle disponibilità, effettivamente il problema è di carattere tecnico. L'iter che va dal momento in cui viene emanato il decreto che assicura i finanziamenti per le missioni al momento in cui questi fondi sono effettivamente disponibili nelle mani di chi deve spenderli, dura tre, quattro, cinque, o anche sei mesi. Vi sono una serie di passaggi francamente poco comprensibili fra uffici e ministeri diversi, con atti che devono essere firmati in sequenza, più volte, dal Ministro dell'economia e delle finanze. Infatti, egli prima si trova davanti un documento preliminare; poi, dopo un'elaborazione che richiede tempo, deve emettere un altro decreto per mettere a disposizione i fondi, ma prima che questi vengano resi disponibili sono necessari ulteriori atti.
È necessario semplificare tale iter, perché se il decreto del 29 dicembre autorizza attività che cominciano il 1o gennaio - ad esempio, l'affitto di velivoli per portare truppe in Afghanistan oppure per riportarle a casa - i soldi servono subito; è difficile trovare chi faccia credito e, se si trova chi lo fa, costui impone un prezzo più alto. Credo, quindi, che sia nell'interesse della buona gestione delle finanze dello Stato avere subito disponibili queste risorse.

FRANCESCO BOSI. Signor presidente, vorrei porre una domanda al generale Camporini. Gli attuali codici, rispetto ai quali peraltro fu avviata, due legislature fa, una riforma che fu approvata dal Senato, ma poi si fermò alla Camera, prevedono per i militari impegnati nelle missioni all'estero l'applicazione del codice militare di guerra. Questo avveniva fino al 2006; dopo, da parte dei Governi che si sono succeduti, tale applicazione non è più avvenuta.
In attesa di una disciplina più organica della giustizia militare, secondo lei, l'applicazione del codice militare di guerra, potrebbe venire incontro alle problematiche cui ha fatto cenno?

VINCENZO CAMPORINI, Capo di stato maggiore della Difesa. Diciamo che renderebbe più chiare certe situazioni, ma certamente sarebbero più pesanti le conseguenze di atti che, se in una situazione di guerra effettiva hanno una gravità estremamente elevata, in una situazione come questa possono essere considerati peccati veniali. L'entità delle sanzioni è tale per cui sorgerebbe qualche problema.
È certo, comunque, che se dovessi scegliere fra i due codici propenderei per il codice di guerra, non fosse altro per il fatto che esso dà una copertura assai ampia a tutte quelle fattispecie che coinvolgono la popolazione civile.
Nel codice penale di pace, ovviamente, non si parla delle Convenzioni di Ginevra, che sono invece ben comprese nel codice di guerra. Paradossalmente, dunque, il codice di guerra tutela meglio chi è oggetto del nostro intervento di quanto faccia il codice di pace.
Ciò detto, sono profondamente convinto che né l'uno né l'altro siano perfettamente adeguati e che occorra una via di mezzo.

PRESIDENTE. Ringrazio il generale Camporini e tutti gli intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,05.

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