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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (III e VII)
3.
Martedì 25 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROMOZIONE DELLA CULTURA E DELLA LINGUA ITALIANA ALL'ESTERO

Audizione del ministro Vincenza Lomonaco, vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 9 12 14
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 9
Goisis Paola (LNP) ... 11
Lomonaco Vincenza, Vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana ... 3 12 14
Malgieri Gennaro (PdL) ... 14
Narducci Franco (PD) ... 10
Porta Fabio (PD) ... 11
Razzi Antonio (PT) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E VII (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE)

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 25 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,15.

(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro Vincenza Lomonaco, vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, l'audizione del ministro Vincenza Lomonaco, vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese e direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana.
Nel salutare e ringraziare il ministro Lomonaco, le do parola per la sua relazione, relazione che sarà di particolare interesse in considerazione dell'importante attività che il ministro stesso svolge nel coordinare la rete culturale e scolastica italiana all'estero.

VINCENZA LOMONACO, Vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana. Grazie, presidente. Innanzitutto, mi permetta di ringraziare le Commissioni parlamentari per l'opportunità che mi si offre di illustrare le attività che la Direzione generale ha posto in essere per dare attuazione concreta agli indirizzi di politica culturale che sono stati delineati dal Ministro Frattini nel corso della sua audizione del mese di luglio. L'analisi del Ministro si è basata su alcuni presupposti, che riassumerò il più rapidamente possibile.
Innanzitutto, i processi di globalizzazione odierni impongono al nostro Paese la necessità di coniugare sempre più la capacità di promozione culturale con la capacità di attrazione economica, rafforzando il rapporto tra economia e cultura, due componenti fondanti del sistema Paese. Se è vero che la cultura ha bisogno dell'economia per svilupparsi e diffondersi è ancora più vero che l'economia ha bisogno della cultura per dare solidità e continuità a qualsiasi azione di penetrazione commerciale.
Il secondo presupposto è che la crescita di un Paese, soprattutto di un Paese come l'Italia, dipende sempre più da risorse intellettuali, patrimonio culturale, creatività, innovazione e ricerca, che rappresentano un motore insostituibile per lo sviluppo.
In questo contesto il ruolo della diplomazia culturale, oggi strategico più che in passato, è quello di stimolare la crescita, di trasmettere all'esterno un messaggio


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culturale coerente e valido di un'Italia moderna e delle sue potenzialità.
Questi sono i presupposti che il Ministro ha delineato nell'ambito delle linee guida, cioè il documento programmatico che è stato diffuso a queste Commissioni nel corso dell'audizione e che noi, come amministrazione, abbiamo diramato all'estero.
A tali indirizzi si è conformata l'attività della Direzione generale per il sistema Paese con un duplice obiettivo: da un lato, rendere operativo quello che il Ministro ha definito «approccio di sistema», ovvero un nuovo metodo di lavoro che ci aiuti a superare visioni frammentarie, sovrapposizioni di interventi e dispersione di risorse, coinvolgendo tutti gli attori del sistema Paese; dall'altro, rendere più funzionale la rete culturale all'estero.
Quando parlo di rete culturale all'estero mi riferisco alle scuole, agli istituti di cultura, ai lettori, agli addetti scientifici, una rete alla quale abbiamo chiesto di adeguarsi alle nuove esigenze di politica estera cercando di superare non solo una serie di carenze strutturali, ma anche una distribuzione geografica che, come ha affermato il Ministro, non è più coerente con l'evoluzione del mondo della politica e dell'economia.
L'amministrazione ha perseguito questi obiettivi sforzandosi al meglio di coniugare l'esigenza di rilancio della nostra presenza culturale, in coerenza con gli obiettivi di cui abbiamo parlato, e la progressiva e inevitabile riduzione delle risorse. Sull'aspetto della contrazione delle risorse assegnate al Ministero degli affari esteri rinvio a quanto già detto dal segretario generale, ambasciatore Massolo, e dal direttore generale, ambasciatore Melani, in occasione dell'indagine conoscitiva sulla riorganizzazione della rete diplomatico-consolare in corso presso le Commissioni esteri di Camera e Senato.
Nella mia presentazione, dunque, mi propongo di illustrare nel concreto come si articoli questo approccio di sistema all'interno e all'esterno dell'amministrazione degli Affari esteri. Cercherò di esporre le modalità attraverso le quali nella realtà quotidiana questo approccio di sistema si è tradotto nella progettazione e definizione delle strategie di promozione culturale e linguistica, anche allo scopo di ottimizzare le risorse disponibili, nonché di spiegare i vantaggi che il raccordo tra cultura e impresa può assicurare anche sul piano dell'internazionalizzazione del nostro sistema produttivo.
Ovviamente parleremo anche dei criteri che hanno ispirato e ispirano l'amministrazione nell'adeguare la rete - che non è solo culturale, ma che io definirei addirittura «rete della promozione Paese» - alle sfide imposte da una congiuntura mondiale sempre più complessa e da un panorama internazionale caratterizzato da un'offerta culturale molto concorrenziale, nel quale l'Italia deve saper confermare i propri primati secolari. Questa è la sfida che ci aspetta.
Come detto, abbiamo tentato di attuare l'approccio di sistema sia all'interno che all'esterno dell'amministrazione. All'interno l'approccio di sistema, dal punto di vista metodologico, ha comportato una piccola «rivoluzione culturale». È stato necessario un cambiamento dei metodi di lavoro, favorito anche dalla creazione all'interno dell'amministrazione centrale di una nuova Direzione generale con due direttori centrali, uno per la cultura e la lingua, l'altro per il sistema Paese, coordinati da un direttore generale.
Sempre all'interno dell'amministrazione, questo approccio di sistema si è tradotto nelle istruzioni che sono state fornite alla rete culturale che opera all'estero. Parliamo di una rete molto ampia, costituita anzitutto dagli 89 istituti di cultura, dai 261 lettori, dai 21 addetti scientifici e dalle 293 istituzioni scolastiche nei vari livelli di insegnamento. A questa rete culturale, la Direzione generale ha chiesto di operare in maniera sinergica come sistema e non più come singole istituzioni e di condividere tutte le strategie e gli obiettivi con gli attori del sistema Paese presenti all'estero nel mondo economico, finanziario, accademico, culturale e scientifico.


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Tale contesto di organizzazione ovviamente presuppone un coordinatore. Il coordinatore naturale di tutta questa rete non può che essere l'ambasciata. Le nostre ambasciate, dunque, con il loro coordinamento hanno il compito di assicurare la coerenza tra l'azione svolta e le attività di politica estera.
Ancora, all'interno dell'amministrazione abbiamo rafforzato, come ha detto ampiamente il Ministro nel corso della sua audizione, il ruolo della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero, che è stata trasformata in una sorta di cabina di regia dove vengono promosse, indirizzate e coordinate le attività di tutti gli attori coinvolti nell'internazionalizzazione del sistema produttivo del Paese attraverso la promozione culturale.
All'esterno, invece, abbiamo agito intensificando il raccordo tra gli attori che a vario titolo si interessano di cultura sia in Italia sia all'estero (ma non solo quelli). In Italia ovviamente siamo partiti dalle amministrazioni, quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), il Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC), il Ministero dello sviluppo economico (MISE), le università e le regioni. All'estero abbiamo fatto squadra - questo il termine usato dal Ministro che mi piace ripetere - tra istituti di cultura, scuole, lettorati, dipartimenti di italianistica, comitati della Società Dante Alighieri, enti gestori dei corsi di lingua italiana, camere di commercio, uffici dell'ex Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) e dell'Agenzia nazionale del turismo (ENIT). Questa è la rete del sistema Paese all'estero.
Abbiamo agito stipulando una serie di protocolli d'intesa con il MIBAC, il MIUR e le regioni, finalizzati alla realizzazione congiunta e unitaria di attività e alla razionalizzazione delle risorse utilizzate. In particolare, con il MIBAC e con il MIUR sono stati avviati tavoli di lavoro inerenti a tematiche di comune interesse delle amministrazioni: la promozione del patrimonio e la valorizzazione del cinema e dei prodotti editoriali con il MIBAC, la cooperazione interuniversitaria, la cooperazione scientifica, la politica scolastica e la politica linguistica con il MIUR.
Un altro tavolo l'abbiamo riservato alle regioni. È stato, infatti, riattivato il tavolo tecnico di concertazione permanente previsto dall'intesa Stato-regioni del 2008, di cui si occupa sempre la nostra Direzione generale, per favorire il maggior coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nell'attività di promozione culturale. La presenza delle regioni e degli enti locali è un aspetto fondamentale dell'attività di promozione culturale all'estero. Favorisce, infatti, la promozione e la diffusione sia delle loro enormi potenzialità culturali e turistiche sia di quel ricco tessuto imprenditoriale di piccole e medie imprese che rappresenta il motore economico del nostro Paese. In questo senso, gli istituti di cultura sono una vetrina davvero privilegiata per chi vuole rappresentarsi all'estero.
Allo stesso modo stiamo intensificando i rapporti con i municipi di grandi città, come Roma capitale, Milano, Napoli e Venezia, con enti, fondazioni, imprese culturali e associazioni, sempre con l'obiettivo o di promuovere eventi particolari, quali l'Expo 2015 o la candidatura internazionale di Roma capitale alle Olimpiadi del 2020, ovvero di promuovere sponsorizzazioni, partenariati e finanziamenti di iniziative congiunte per la realizzazione di corsi di lingua e cattedre di italiano presso le università straniere.
Mi permetto di sottolineare che quest'ultima è una tendenza estremamente importante. Ci sono regioni che promuovono cattedre di italiano presso università straniere nonché imprese all'estero interessate a finanziare non tanto eventi culturali quanto il mantenimento di lettorati presso gli atenei stranieri.
La stessa cosa stiamo cercando di sviluppare in determinati settori specifici grazie al contatto con alcuni enti. Per esempio, nel campo dell'editoria abbiamo recentemente avviato una collaborazione con l'Associazione italiana editori (AIE) finalizzata ad ampliare la diffusione e la presenza del libro italiano sul mercato


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internazionale. Con la Società Dante Alighieri, che citavo prima, è stata addirittura rivista e riadattata una vecchia convenzione, che era stata sottoscritta molti anni fa e che oggi è rinata, per sviluppare una collaborazione in tutti i settori, da quello linguistico a quello culturale, da attuarsi con la rete delle ambasciate soprattutto nelle aree dove non siano presenti con un istituto di cultura.
L'approccio di sistema nella progettazione e definizione di strategie e attività culturali ha avuto un unico obiettivo, quello di evitare la dispersione di risorse, le sovrapposizioni e quelle che il Ministro Frattini ha chiamato programmazioni culturali frammentarie, episodiche e fondate su modelli stereotipati: dare insomma un'immagine nuova del Paese.
L'obiettivo fondamentale che ci siamo posti è quello di lavorare a un'immagine dell'Italia coerente e globale, nella quale si percepisca immediatamente che stiamo operando per rendere efficace il rapporto tra cultura, economia e scienza, l'unico rapporto che, se opportunamente gestito, è in grado di innescare sul sistema un effetto di trascinamento che va dall'aspetto più ovvio dei flussi turistici e del turismo culturale alla propensione per il made in Italy in tutte le sue forme.
Abbiamo, quindi, creato dei grandi contenitori nella programmazione culturale, come i cosiddetti «anni tematici», le grandi rassegne o l'individuazione di temi conduttori per l'attività di promozione culturale. Tra gli anni tematici cito ovviamente quello appena concluso, cioè l'anno dell'Italia in Russia e della Russia in Italia, ma vi sono anche Italia e Turchia, Italia e Albania e l'anno della Cina in Italia e viceversa.
Tra i temi conduttori è d'obbligo ricordare le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia, che si sono articolate sulla rete estera con una serie di iniziative, raccolte nel volumetto che il Ministro ha distribuito nel corso dell'audizione, e con un evento multimediale che si intitola L'Italia del futuro, distribuito anch'esso dal Ministro nel corso della sua audizione. Si tratta di un video realizzato dal Ministero che pone l'accento su alcuni settori di eccellenza fortemente qualificanti per il nostro Paese sul panorama internazionale, settori nei quali siamo ai primi posti nel mondo anche se sono in pochi a saperlo. Mi riferisco a ricerca, industria e sanità.
In genere, la programmazione che stiamo concependo e inviando alla rete estera pone l'accento sulle potenzialità e l'eccellenza dell'Italia contemporanea, con l'obiettivo di presentare all'estero un'Italia nuova sia in chiave moderna che prospettica. Vogliamo proporre l'immagine di un Paese che sa fare tesoro del suo passato, ma sa anche coniugare tradizione e modernità lungo un percorso - per citare il Ministro - che racconta il futuro del nostro passato, dai mestieri d'arte al design, dalla letteratura alla robotica, dall'enogastronomia alle nanotecnologie, dai geni del passato ai grandi e giovani talenti emergenti di oggi. Per il 2012, per dare continuità a questa azione e per non disperdere le nostre risorse, abbiamo individuato due temi «contenitore»: l'Italia dei territori e l'Italia del futuro.
L'approccio di sistema ha riguardato anche la politica di promozione dell'insegnamento della lingua italiana all'estero. Stiamo cercando di diversificare la nostra politica per adattarla alle nuove esigenze imposte dal sistema Italia. Per questo abbiamo chiesto alla nostra rete di diversificare l'offerta di corsi di lingua italiana, estendendoli anche a settori specifici in grado di stimolare collaborazioni tra imprese e operatori attivi in alcune aree specialistiche e di eccellenza, quali il design, la moda, l'oreficeria, il restauro, la pelletteria.
L'italiano, com'è noto, è una delle lingue più studiate al mondo. Secondo un'indagine promossa dal Ministero degli esteri nel 2000 e realizzata da alcuni docenti dell'Università di Perugia, l'italiano si colloca al quarto posto tra le lingue più diffuse e studiate a livello internazionale. Nei prossimi mesi verrà divulgato l'aggiornamento di questa indagine, voluto fortemente dal Ministro Frattini, che si intitolerà L'italiano 2010 e mostrerà cosa è successo alla nostra lingua in dieci anni


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dal 2000 al 2010. Senza anticipare i contenuti dell'inchiesta, possiamo sicuramente affermare che, a distanza di dieci anni, l'Italia continua ad attirare, e di conseguenza attira molto la sua lingua.
Nel panorama della politica di insegnamento della lingua italiana noi investiamo tutti i livelli, dalle istituzioni scolastiche alle università, ai corsi per adulti. Tutta questa rete conta globalmente un numero di utenti pari a circa 500.000 persone, inclusi gli studenti che seguono i corsi di italiano della Società Dante Alighieri, oltre ai circa 377.000 studenti che frequentano i corsi organizzati dalla Direzione generale degli italiani all'estero attraverso gli enti gestori previsti dalla legge n. 153 del 1971.
Dentro questo grande dato c'è un numero che voglio sottolineare. Gli studenti che frequentano i corsi delle nostre istituzioni scolastiche sono circa 31.000; di questi il 76 per cento sono stranieri. È un dato significativo che dimostra come l'italiano sia una lingua apprezzata e diffusa anche tra la popolazione locale e che suscita interesse nelle nuove generazioni.
Questo è il motivo che ha indotto il Ministro Frattini a invitare l'amministrazione ad avviare uno studio per l'individuazione di un sistema unico di certificazione dell'italiano come lingua straniera, così come hanno altre lingue europee. L'Italia non ha un proprio certificato di qualità della lingua ed è ciò che stiamo cercando di individuare grazie all'aiuto degli enti e delle istituzioni che stanno collaborando con noi, in maniera da poter offrire la spendibilità di questo titolo sia ai giovani che vogliono entrare nel mercato del lavoro sia alle imprese. È, infatti, funzionale anche allo sviluppo delle imprese italiane collegate alla promozione linguistica, soprattutto nel campo dell'editoria, delle tecnologie e dell'apprendimento.
L'approccio di sistema trova uno dei momenti cruciali in quello che prima ho definito raccordo fondante del sistema Paese, cioè il raccordo tra cultura e impresa. Io approfondirò solo gli aspetti di questo binomio connessi alla strategia di promozione culturale. Altre audizioni in altre sedi, in particolare quella dell'ambasciatore Melani, avranno certamente fornito una più ampia panoramica.
Per quanto riguarda il rapporto tra impresa e attività culturali, mi piace sottolineare che è in crescita la partecipazione delle imprese al cofinanziamento di programmi culturali all'estero e all'erogazione di borse di studio e finanziamenti a favore di lettorati presso università straniere. Questa partecipazione delle imprese si sta rivelando e confermando essere uno strumento appropriato non solo per assicurare la formazione di personale locale utile all'attività produttiva e commerciale che si svolge nei Paesi dove l'impresa opera, ma anche per affermare il prestigio dell'impresa (l'impresa mecenate) e favorirne l'inserimento nel tessuto sociale ed economico del Paese estero, ampliando conseguentemente le potenzialità e possibilità di affari in quel Paese.
Questo beneficio riguarda tanto le imprese italiane quanto le imprese straniere. La forte attrazione che esercitano il marchio Italia, il patrimonio, la tradizione culturale e linguistica del nostro Paese fa presa sull'assetto produttivo locale. Le imprese straniere, per aumentare la propria attrattiva, utilizzano messaggi di tipo estetico e culturale che evocano l'Italia. Questo si traduce nella tendenza per tali imprese ad adeguarsi e ad acquistare in Italia non solo prodotti destinati al mercato locale, ma anche semilavorati e macchinari oppure a ricorrere alla consulenza di nostri tecnici ed esperti, a vantaggio ovviamente del sistema produttivo italiano. Nel restauro, ad esempio, o nel recupero delle opere d'arte siamo tra i primi nel mondo. L'Opificio delle pietre dure di Firenze, per citare un altro esempio, svolge un'attività riconosciuta a livello mondiale.
L'obiettivo che ci proponiamo è quello di sostenere e far conoscere sul mercato internazionale, sfruttando questa percezione positiva del nostro marchio Italia, non solo i settori più noti e tradizionali del made in Italy, come la moda, l'abbigliamento, l'oreficeria, le calzature, l'enogastronomia, l'arredo, gli oggetti di lusso, il design industriale, i prodotti per lo sport,


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ma anche altri settori di eccellenza della nostra realtà produttiva, quali i prodotti delle industrie culturali ovvero le macchine utensili, le tecnologie, le infrastrutture e i prodotti delle nanotecnologie.
È un rapporto, quello tra cultura, impresa e scienza, che avvia anche una positiva politica a favore dei giovani. Questa politica va vista dai due fronti, quello dei nostri giovani, quali borsisti, ricercatori, scienziati, che vanno all'estero e per i quali stiamo mettendo a fuoco una sorta di rete di eccellenza anche per condividere le esperienze che essi maturano con i giovani degli altri Paesi, e quello dei giovani stranieri che vengono a studiare in Italia e frequentano corsi di laurea specialistica in vari settori presso alcuni dei più importanti atenei italiani.
Questa presenza di stranieri in Italia favorisce, da un lato, l'internazionalizzazione delle imprese italiane nei mercati emergenti, anche grazie ai programmi che prevedono stage presso aziende italiane; dall'altro, nel contesto più ampio della cooperazione interuniversitaria, favorisce l'internazionalizzazione del nostro sistema universitario, che è sempre più «gettonato». Molti giovani stranieri vengono in Italia per studiare presso alcuni atenei italiani riconosciuti a livello internazionale o con borse di studio a spese dei propri Paesi o addirittura a spese proprie. Un dato per tutti è quello rappresentato dagli studenti cinesi in Italia: nel 2005 erano 400, oggi sono più di 5.000. È certamente un dato significativo.
La cooperazione interuniversitaria e scientifica è un altro degli obiettivi che certamente ci induce a rafforzare il legame con i nostri addetti scientifici perché è in grado di incidere in termini di crescita e di competitività sul sistema della ricerca e dell'innovazione tecnologica.
Passo subito alla rete, scusandomi se, per ragioni di tempo, affastello tutte queste notizie. La nostra strategia, certamente molto ambiziosa, poggia sull'esistenza di terminali operativi senza i quali nessun obiettivo potrebbe essere raggiunto. La rete del Ministero degli affari esteri è composta da 127 ambasciate, 93 consolati, 89 istituti di cultura, 261 lettori, 293 istituzioni scolastiche, 161 dipartimenti di italianistica, 21 addetti scientifici e circa 150 missioni archeologiche. A essa si aggiungono i comitati della Società Dante Alighieri e gli enti gestori dei corsi di italiano ex legge n. 153 del 1971.
All'interno di questo sistema complesso lo strumento di punta sono senz'altro gli 89 istituti italiani di cultura, con cui il Ministero degli affari esteri promuove la lingua, la cultura e la scienza italiana fuori dai confini nazionali.
Questa rete, dopo l'impulso iniziale impresso dalla legge n. 401 del 1990, accusa oggi qualche problema di sostenibilità, come ha detto il Ministro, anche a seguito di una contrazione progressiva delle risorse umane e finanziarie. Risente, inoltre, di una distribuzione geografica un po' «datata», forse non più coerente con le evoluzioni in atto nel mondo a livello politico ed economico.
Ciò ha indotto l'amministrazione ad avviare una riflessione per rimodulare l'assetto degli istituti di cultura, cercando di risolvere un'equazione cruciale tra scarsità di risorse da una parte e rilancio selettivo della nostra presenza culturale all'estero dall'altra, soprattutto nelle aree emergenti dove la nostra presenza si impone. Mi riferisco a Paesi come la Cina o l'India, che sono aree a forte crescita economica e con un crescente potenziale di domanda di produzioni italiane.
Di questa riflessione ha fatto stato il Ministro Frattini nel corso della sua audizione del 6 luglio scorso, condividendo con tutti voi il piano di revisione e razionalizzazione della rete degli istituti di cultura, che qui non ripeterò. Io vorrei esporvi l'altra parte di tale processo di razionalizzazione che, in linea con l'approccio di sistema, ha indotto l'amministrazione a individuare alcune strategie «di affiancamento», ovvero strategie che, oltre a razionalizzare le risorse esistenti, mirano a individuare e a intercettare nuove iniziative, il tutto senza alcun onere per le amministrazioni.


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Tali strategie sono: la promozione culturale finalizzata alle diverse aree geografiche, ampliando il coordinamento tra istituti e le riunioni d'area; la possibilità per gli istituti di aprire uffici distaccati nei Paesi dove operano, al fine di venire incontro a specifiche esigenze del sistema Italia; interventi di razionalizzazione sui lettorati, sugli addetti scientifici e sui contributi ai dipartimenti di italianistica; l'interazione con le scuole e la ridefinizione, come abbiamo detto prima, della collaborazione con la Società Dante Alighieri per poterla usare in termini sussidiari anche laddove gli istituti di cultura non sono presenti. Nell'area balcanica e caucasica, in Paesi come Bosnia-Erzegovina, Armenia, Georgia e Azerbaigian, esistono, infatti, dei comitati della Società Dante Alighieri che si interfacciano con le nostre ambasciate.
Per intercettare nuove risorse abbiamo previsto la possibilità per le rappresentanze diplomatico-consolari di organizzare corsi di lingua, soprattutto nelle sedi dove non operano istituti di cultura. Stiamo, inoltre, cercando di indicare agli istituti di cultura le pratiche migliori che alcuni di loro hanno messo in atto, così da invitare tutti a seguirle. Accanto a questo, stiamo anche cercando di rafforzare la collaborazione con altri enti del sistema Italia, come ENIT ed ex ICE, e con operatori del settore economico, in modo da condividere anche fisicamente, laddove possibile, le strutture. Lo stesso stiamo facendo con i Paesi europei.
In sostanza, tutta questa rete sta evolvendo verso un nuovo modello, che non è un modello di rete solo culturale. È un modello di rete «promozione Paese», in cui la componente fondamentale è proprio lo strumento culturale.
Con lo stesso approccio ci stiamo rivolgendo alle istituzioni scolastiche italiane all'estero, che, come già ricordato in un'altra audizione, costituiscono uno strumento prezioso. Operano all'estero 293 istituzioni scolastiche, divise tra i vari livelli insegnamento (sono pronta, se di interesse, a darvi tutti i dettagli). Come hanno detto il direttore generale e il segretario generale, i costi di questo sistema sono notevoli. Pertanto, a fronte delle priorità che ci impone la contrazione delle risorse, abbiamo avviato una riflessione per rendere il sistema sostenibile, tenendo presente, però, la necessità di preservare il livello di eccellenza e di competitività delle nostre scuole con tutte le altre scuole straniere presenti nei Paesi dove esse operano.
Abbiamo avviato un'attenta riflessione con l'obiettivo di rendere equilibrati e valorizzare i meccanismi di gestione nonché, a medio lungo termine, dopo aver riconosciuto quali eccellenze le scuole statali che esistono in alcuni Paesi, assicurare un percorso graduale di inserimento della lingua italiana tra le materie curricolari dei programmi scolastici delle scuole straniere, procedendo verso un modello sostanzialmente bilingue. Questa è la linea che il Ministro Frattini, d'intesa con il Ministro Gelmini, ci ha pregato di seguire, individuando altresì un percorso condiviso per quanto riguarda le istituzioni scolastiche.
Vi ringrazio e mi scuso per la lunghezza della relazione, ma mi sembrava opportuno fornirvi questi dati.

PRESIDENTE. Grazie, ministro, vista la complessità dell'argomento mi pare che sia stata molto brava.
Do ora la parola ai colleghi che vogliano porre quesiti o svolgere osservazioni.

EMERENZIO BARBIERI. Chiedo scusa al ministro Lomonaco, ma i tempi ristretti non mi permettono di argomentare molto.
Avrei un suggerimento per il Ministero, che sarà libero di accoglierlo o meno. Secondo me sarebbe importante conoscere quanto spende in un anno tutto il sistema Italia, intendendo sia il pubblico sia il privato, per la diffusione della cultura e della lingua italiana all'estero. Del resto, è questa l'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo.
Credo che sarebbe un dato importante anche perché uno sforzo per unificare quanto meno il settore pubblico andrebbe compiuto. Spesso si scopre che la tal regione fa la tal cosa nel tal luogo senza


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che il nostro ambasciatore sia informato. Da questo punto di vista so di parlare a persone, i membri della Commissione esteri, che ne sanno molto più di me.
In seconda battuta - voglio essere brutale, ministro - credo che non possiamo tenere gli istituti italiani di cultura all'estero in queste condizioni. Nell'ambito di questa indagine siamo andati solo a Edimburgo, ma per altri motivi, come ad esempio l'osservazione internazionale di talune elezioni, ho avuto la possibilità, insieme ad altri colleghi, di visitare altri istituti italiani di cultura. Il giudizio che do sui direttori e sulle direttrici è assolutamente positivo, sono di livello alto. Ma non li si può tenere perennemente in condizioni così disagiate.
Il Governo deve fare una scelta. Per lanciare una provocazione, dico che al limite potrebbe chiuderne la metà o licenziare metà dei dipendenti, ma non si può andare avanti così. Sono persone che corrono il rischio di non riuscire a fare nulla perché non hanno nemmeno i soldi - non è una battuta che riguarda solo la polizia - per la carta igienica della sede dell'istituto. In questi giorni, per esempio, durante le elezioni in Tunisia ho visto la sede del nostro istituto italiano di cultura a Tunisi, che è di livello eccelso. Purtroppo, anche loro sono in difficoltà.
Da ultimo, se è vero che l'italiano è la quarta lingua più studiata all'estero pur in queste condizioni, e non ho motivo di dubitare che così non sia, mi pongo un interrogativo ovviamente retorico: se l'aiutassimo di più, a quali obiettivi potremmo arrivare?

FRANCO NARDUCCI. Anzitutto voglio ringraziare il ministro Vincenza Lomonaco per questa relazione molto ampia e dettagliata in ogni parte che ho apprezzato. Sicuramente non me ne vorrà se toccherò alcuni punti di criticità di natura soprattutto politica. In occasione dell'audizione dell'ambasciatore Melani, benché su un altro versante, abbiamo espresso le nostre perplessità con toni anche abbastanza duri.
Rivolgerò al ministro Lomonaco alcune domande molto secche, visto il ruolo che ricopre in una direzione del Ministero che ha un valore strategico. Alla luce dei nuovi tagli della manovra agostana, che ammontano a 207 milioni per il 2012 e a seguire, le chiedo di dirci che progetti reali ha il Ministero degli Affari esteri (MAE) per la rete nel mondo.
Chiuderanno o no altri istituti italiani di cultura? Le «parole magiche» vanno bene, ma vorrei sapere chi promuove nei fatti il sistema Italia. Detto in modo caritatevole, le aziende che offrono ancora sponsorizzazioni lo fanno perché spesso sono pregate in ginocchio da consoli e ambasciatori. Le imprese non hanno tutta questa capacità di manovra, al contrario di come si pensa, soprattutto di questi tempi.
Soprattutto, quando si intende cambiare la legge n. 401 del 1990? C'è uno spirito di conservazione del MAE su questi aspetti che è semplicemente scandaloso alla luce delle esigenze reali del Paese. Come tutti sappiamo, quella legge - tra noi c'è un collega che è stato l'antesignano di questa riforma - regge le sorti degli istituti italiani di cultura.
Vorremmo anche sapere cosa si sta facendo e cosa accade con il decreto interministeriale n. 392 del 1995, che guida la gestione finanziaria e amministrativa degli istituti italiani di cultura. Lo si lascerà così com'è, come sempre avviene in questo Paese?
Visto che oltre tutto mancano risorse, ci sarà una valorizzazione del personale a contratto degli istituti italiani di cultura, personale che ricopre il 75 per cento dei posti nelle sedi degli istituti? Non lo dico per partito preso, ma perché due direttori di istituti di cultura in una precedente audizione hanno affermato testualmente che sono più i contrattisti degli addetti di ruolo.
Queste sono le domande. Come considerazione, condivido assolutamente la formula «immagine nuova dell'Italia». Il nostro patrimonio culturale è fondamentale


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per costruire quell'immagine nuova del Paese di cui abbiamo estremamente bisogno.
Lei ha anche detto che gli istituti italiani di cultura sono una vetrina privilegiata. Io, che difendo gli istituti di cultura, non capisco le decisioni che hanno assunto sia il Ministro degli affari esteri sia la Farnesina in ordine alle ultime nomine di chiara fama. È un altro pugno nell'occhio. Non voglio entrare in considerazioni meritocratiche o di parentela, ma si tratta di uno sperpero di danaro pubblico nel momento in cui agli italiani si chiedono sacrifici enormi.
I dirigenti nominati per chiara fama, infatti, costano il triplo dei direttori di ruolo, possono contare su dotazioni molto consistenti e molto spesso - sono alquanto documentato al proposito, possiamo anche metterlo a verbale - quando se ne vanno lasciano sfaceli dal punto di vista dei bilanci.
Concludo sulla lingua italiana. Si parla di quarta lingua nel mondo e sono stati citati gli oltre 370.000 studenti esteri, ma i milioni di cittadini italiani che vivono all'estero sono sempre stati considerati dalla Farnesina come un fatto secondario. Tra l'altro la Società Dante Alighieri, di cui ci si ricorda solo ora perché ce n'è l'esigenza, dovrebbe diventare il salvatore della patria. Noi ce l'auguriamo, ma i 420 circoli della Società Dante Alighieri sparsi per il mondo sono creati non dai consoli, ma da nostri connazionali che amano questo Paese in modo estremo e si impegnano con il volontariato da oltre cento anni.
La Farnesina, perciò, dovrebbe cominciare a mettere in primo piano il ruolo delle nostre comunità, anziché considerarle strategiche solo a parole. Tanto è vero che la cosiddetta «manovra d'agosto» penalizza i dipendenti assunti in loco, innalzando la loro base imponibile del 25 per cento, mentre la Farnesina ha negoziato con il Ministero dell'economia e delle finanze affinché il contributo di solidarietà ISEE del personale diplomatico non fosse ridotto come previsto, ma solo dell'1,5 per cento e in via transitoria.
Questi sono punti critici che investono la politica e non l'ottima relazione svolta dal ministro Lomonaco.

PAOLA GOISIS. I miei saluti al ministro.
Ho partecipato anch'io ai viaggi che abbiamo organizzato per visitare gli istituti italiani di cultura all'estero e una domanda mi è subito sorta, probabilmente anche per il fatto che svolgo la professione di insegnante di lettere e storia negli istituti superiori.
Vedendo come procede l'insegnamento della lingua italiana e quali risultati otteniamo nelle nostre scuole in Italia, se è vero come è vero che al primo anno, per esempio, di architettura o di ingegneria in Italia gli studenti sono obbligati a seguire un corso di italiano, mi chiedo se per paradosso la lingua italiana non sia conosciuta meglio all'estero che in patria. Mi chiedo anche come l'italiano sia insegnato all'estero, con quali strumenti, con quali metodi e con quali risultati.
Mi fa molto piacere che la lingua italiana sia diffusa all'estero, ma dal momento che in molte delle nostre scuole abbiamo eliminato il latino o diverse ore di filosofia in cambio, per esempio, dell'insegnamento dell'immagine, mi domando come avvenga l'insegnamento dell'italiano nei Paesi esteri. Non vorrei che si seguisse lo stesso sistema che usiamo qui in Italia e che non è positivo.
Spero che non sia così e vorrei sentire la sua risposta.

FABIO PORTA. Sarò breve, ma rivolgerò anche un supplemento di domanda a nome del mio collega Bachelet.
Ho apprezzato molto la relazione, anche se con qualche perplessità. Mi sembra che abbia una sua logica aver accorpato nel Ministero cultura ed economia, che oggi sono due facce della stessa medaglia nella penetrazione italiana all'estero.
La domanda che vorrei porle è quella di avere un quadro chiaro e aggiornato su aperture e chiusure degli istituti culturali all'estero. Lei ha parlato di distribuzione geografica datata, di rilancio selettivo della


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nostra presenza, ma, per quanto mi riguarda, non l'ho sentita citare l'America latina, il Brasile, l'Argentina, il Venezuela, l'area del mondo, cioè, dove non soltanto c'è quel piccolo dettaglio dei 60 milioni di italo-discendenti, che anche ai fini del recupero di lingua e cultura italiana non mi sembra secondario, ma soprattutto dove si situa uno dei quattro grandi paesi BRIC con i ritmi di crescita probabilmente più sviluppati di quel contesto.
Parafrasando un amico console generale in Sud America, dico che con meno soldi si può provare a fare meglio, ma sicuramente non si può fare di più, e invece noi in quell'area del mondo dovremmo fare certamente di più. Parafrasando anche un dirigente di istituto di cultura sempre di quell'area, dico che anche per acquisire gli sponsor privati, che stanno molto contribuendo benché il Ministro non abbia citato Momento Italia-Brasile, un'esperienza con più di cinquecento eventi molto significativi, c'è bisogno di una struttura efficiente per non incorrere nel rischio, al quale si riferiva il collega Narducci, di elemosinare.
Non vorrei trovarmi tra qualche giorno di fronte a ciò che mi è capitato di vedere a Rio de Janeiro di recente. Sono andato a visitare il consolato e ho scoperto che l'ufficio dell'Istituto per il commercio con l'estero già non esiste più. A suo tempo, prima ancora della chiusura, l'ufficio ICE era stato declassato, ma i suoi colleghi diplomatici ci avevano detto che il declassamento non corrispondeva a chiusura. A Rio De Janeiro l'ICE non c'è già più e non vorrei che l'istituto di cultura di Cordoba o quello di Rio corressero gli stessi rischi.
Riprendendo la domanda del mio collega Bachelet, vorrei avere un quadro aggiornato e strategico della situazione degli istituti per capire dove si apre, dove si chiude e perché. Per quanto riguarda l'America Latina in particolare, vorrei sapere perché non si rafforza o perlomeno non si lascia così com'è una rete culturale molto importante non solo per la presenza della nostra comunità, ma anche per la penetrazione commerciale nel Paese.

ANTONIO RAZZI. Sarò brevissimo. Innanzitutto mi congratulo con il ministro per l'ottima informazione che ci ha fornito.
Mi preme porle una domanda a proposito del fatto che, come lei ha detto, gli ambasciatori sono i coordinatori della rete culturale italiana all'estero. Poiché in alcune nazioni sono operative anche scuole di formazione professionale, vorrei sapere se le somme che il Governo destina ai singoli istituti devono essere avallate anche dall'ambasciatore per avere garanzia sulla destinazione effettiva delle risorse.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi intervenuti e do la parola al ministro Lomonaco per la replica.

VINCENZA LOMONACO, Vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana. Cercherò, seguendo l'ordine delle domande, di fornire risposte rapide, restando ovviamente a disposizione per tutte le informazioni supplementari che mi verranno richieste.
Per quanto riguarda la spesa globale del sistema Italia per la promozione culturale, è certamente difficile fare una quantificazione. Il tavolo tecnico di cui parlavo prima è inteso come strumento per ottimizzare tutte le risorse impiegate da enti locali e regioni quando vanno all'estero. Stiamo cercando di creare quest'unico contenitore, invitando anche le regioni a partecipare ai nostri programmi.
Mi riallaccio alla domanda relativa al coordinamento. Un'autorità di accreditamento straniera riconosce come Italia non la singola regione o la singola istituzione, ma l'ambasciata. Dunque, il ruolo dell'ambasciatore non è un ruolo di coordinamento tecnico, bensì di coordinamento politico. Stiamo cercando di offrire ai Paesi esteri la coerenza dell'azione globale complessiva del nostro Paese. Questo è l'obiettivo che stiamo cercando di spiegare ai singoli enti territoriali affinché possiamo presentarci in maniera unitaria al Paese dove lavoriamo.


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È previsto che i bilanci degli istituti di cultura abbiano l'approvazione non solo dell'ambasciatore, ma anche da un'apposita struttura. Il regolamento citato poc'anzi dal presidente Narducci, cioè il decreto 27 aprile 1995, n. 392, scansiona una serie di attività tecnico-amministrative riferite in particolare ai bilanci degli istituti, che vengono approvati da un comitato dei revisori e dall'ambasciatore. L'ambasciatore, quindi, entra nel merito delle attività. Anzi, l'ambasciata esercita funzioni di indirizzo e vigilanza, previste già dalla legge n. 401 del 1990, su tutte le strutture operanti all'estero.
La domanda del presidente Narducci sui tagli, sul regolamento e sulla revisione della legge è molto difficile. Io non posso che rispondere da tecnico, anche se lui stesso ha riconosciuto che si tratta di una domanda politica. Non posso rispondere per chi detiene la reale responsabilità politica. Certamente, come il Ministro Frattini per primo ha detto, l'amministrazione ha la necessità di rivedere una serie di assetti. L'approccio di sistema di cui parlavo prima, e che mi sono sforzata di rendere concreto, riguarda anche questo.
Noi non vogliamo e non pensiamo di chiudere tanto per chiudere perché non avrebbe senso, soprattutto laddove ci sono posizioni istituzionali storicamente acquisite dalla promozione della cultura all'estero. Stiamo cercando di avere un quadro chiaro delle situazioni locali per interagire attraverso quello che ho definito lavoro di squadra. Le limitate chiusure a cui si è proceduto sono state fatte a fronte di aperture in aree strategiche. Abbiamo aperto, con le risorse recuperate con queste chiusure, un istituto di cultura a Hong Kong e uno a Mumbai, due aree nelle quali il nostro sistema produttivo si sta espandendo. Per noi questa evoluzione è estremamente importante.
La rete geografica degli istituti è storicamente caratterizzata e siamo convinti che debba essere mantenuta. In Sud America non stiamo chiudendo e non abbiamo mai chiuso nulla. Nel piano di razionalizzazione della rete degli istituti, che il Ministro Frattini ha distribuito, ma che siamo pronti a darvi nuovamente, abbiamo previsto semplicemente la riqualificazione di alcuni istituti. Cordoba e Rio de Janeiro diventano sezioni di altri istituti.
Voglio rassicurare sul fatto che diventare sezione non significa un arretramento, è semplicemente un fatto amministrativo. L'abbiamo fatto perché il ridimensionamento amministrativo tramite la sottrazione di un direttore e l'invio di un solo addetto presso un istituto di cultura ci consente di liberare risorse. Quando chiudiamo gli istituti, recuperiamo un posto che ci consente di aprire da un'altra parte. Questa è stata la logica.
Con la stessa logica, in un piano progressivo di revisione della rete, mi rendo conto che lo dovremo fare ancora perché la contrazione delle risorse umane e finanziarie è un dato di fatto. Tuttavia, non intendiamo chiudere se non per migliorare la rete, che non si chiama più rete degli istituti di cultura, ma rete di promozione del sistema Paese. Questo è il concetto che noi stessi, come amministrazione, stiamo cercando di maturare.
Per quanto riguarda le nomine per chiara fama, anche questa è una domanda un po' difficile che andrebbe posta alla politica. Sul piano generale, quella del direttore di chiara fama è una figura prevista dal legislatore nel 1990 per consentire, in alcune sedi particolari, una maggiore incisività e visibilità dell'azione di promozione culturale, sfruttando personalità di elevato livello in grado di assicurare un valore aggiunto all'attività svolta in loco.
La legge n. 401 prevede dieci posti che dal 1990 a oggi sono stati puntualmente ricoperti senza che venissero avanzate obiezioni, neanche da parte della Commissione nazionale. È stato un percorso lineare, nel quale mi permetto di dire che siamo stati confortati anche da questo organismo interministeriale, previsto dalla legge n. 401, nel quale siedono tutte le amministrazioni e che supporta il Ministro nelle proprie scelte.
Infine, mi permetto di dire che non è del tutto corretto affermare che i nominati


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per chiara fama costino il doppio dei direttori di ruolo. Siamo pronti a fornire indicazioni in merito.

GENNARO MALGIERI. Interverrò, presidente, sull'ordine dei lavori.
Come il presidente e i colleghi sanno, la legge prevede che annualmente il Governo, e nella fattispecie il Ministero degli affari esteri, presenti al Parlamento una relazione sullo stato e sull'attività svolta per la cultura italiana all'estero, relazione che viene predisposta da una Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero.
L'ultima relazione a nostra disposizione è del 2009, benché siamo alla fine del 2011. Io ritengo che un'indagine conoscitiva debba fondarsi su dati, se non certi, quantomeno approssimativi. Non faccio ovviamente carico al ministro Lomonaco di questo ritardo, ma lo segnalo a lei in maniera tale che gentilmente si possa attivare presso il Ministero degli affari esteri perché almeno la relazione del 2010 venga messa a disposizione del Parlamento in occasione dell'indagine conoscitiva in corso.
Al di là delle molte e belle dichiarazioni che sentiamo e facciamo e degli auspici che formuliamo, non capisco su che cosa alla fine si ragioni. Conoscere lo stato di arretramento o di avanzamento della diffusione della cultura italiana all'estero è fondamentale. Per avere un dato oggettivo su cui poter lavorare, credo che il primo documento a nostra disposizione debba essere questa relazione.
Mi fermo qui anche se avrei altre cose da dire, sollecitato dal ministro Lomonaco che rivedo con piacere e a cui - non lo nego - sono legato da antica stima e amicizia. Abbiamo lavorato molto bene negli anni passati per una riforma degli istituti italiani di cultura. Mi ritrovo qui nell'anno di grazia 2011 a sentire le stesse cose. Francamente non è molto confortante.
Mi scuso se ho esorbitato dall'ordine dei lavori, ma si tratta di un ben noto escamotage.

VINCENZA LOMONACO, Vice direttore generale del Ministero degli affari esteri per la promozione del sistema Paese, direttore centrale per la promozione della cultura e della lingua italiana. La relazione al Parlamento è prevista da scadenze legislative. Noi lavoriamo un anno per l'anno precedente e la scadenza di rito per la chiusura dei bilanci e l'erogazione di questi documenti è il 31 dicembre. Entro il 31 dicembre, ma anche prima perché siamo pronti, invieremo, quindi, la relazione relativa all'anno 2010, visto che abbiamo un anno per l'adempimento.
Abbiamo già aggiornato i dati. Alcuni di quelli che sto per leggere sono confortati da questa relazione. La rete per l'insegnamento della lingua, su cui prima non ho risposto, conta di 73.000 studenti nei corsi organizzati dagli istituti di cultura, 44.000 nei corsi tenuti dai lettori di ruolo presso le università e 16.000 nei corsi tenuti dai lettori locali, a cui si aggiungono i circa 31.000 studenti delle istituzioni scolastiche.
I livelli di insegnamento e la scelta degli insegnanti sono variegati. Nelle istituzioni scolastiche, che si uniformano in tutto e per tutto ai programmi nazionali, i corsi sono tenuti da docenti di ruolo delle scuole italiane che vengono inviati all'estero a insegnare. La stesso non avviene nei corsi organizzati dagli istituti di cultura, che per legge e per regolamento normalmente utilizzano personale locale scelto liberamente.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Lomonaco per la sua importante relazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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