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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione IV
16.
Mercoledì 26 settembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE MILITARE DEI RUOLI DELLA TRUPPA A DIECI ANNI DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 215 DEL 2001

Audizione di rappresentanti dell'Ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan):

Cirielli Edmondo, Presidente ... 3 5 6 7 11
Bosi Francesco (UdCpTP) ... 10
Garofani Francesco Saverio (PD) ... 8
Gidoni Franco (LNP) ... 8
Marmo Federico, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan) ... 3 5 7 8 9 10
Porfidia Americo (Misto) ... 9
Recchia Pier Fausto (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 26 settembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE EDMONDO CIRIELLI

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul reclutamento del personale militare dei ruoli della truppa a dieci anni dal decreto legislativo n. 215 del 2011, l'audizione del tenente generale Federico Marmo, capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan).
Do, quindi, la parola al generale Marmo per svolgere la sua relazione, alla quale potranno fare seguito domande e quesiti formulati dai colleghi ed eventualmente una replica da parte del nostro ospite.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Signor presidente, io mi atterrò a un aspetto specifico di interesse sanitario; quello dei requisiti di idoneità, con riferimento al problema dell'altezza. Immagino, infatti, che sia questo il tema di vostro interesse.

PRESIDENTE. L'argomento è un po' più ampio. Se lei rileva che questo sia l'aspetto centrale, può parlarne. L'indagine, tuttavia, punta a capire come ha funzionato il nuovo sistema di reclutamento, con il passaggio dalla leva al professionale, e ci interessa sapere ciò da un punto di vista sanitario, nonché i problemi che avete riscontrato.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Innanzitutto c'è stato indubbiamente un cambiamento sostanziale sotto alcuni aspetti, per quanto attiene all'assistenza sanitaria, ma soprattutto agli aspetti medico-legali inerenti il reclutamento e tutta la parte sanitaria militare.
Il primo importante fattore di novità che riguarda l'assistenza, è dato dal fatto che mentre la sanità militare all'epoca della leva assumeva in pieno il carico assistenziale di ogni coscritto di leva - il militare di leva perdeva il medico di base - con l'avvento del professionale, invece, è subentrata l'assistenza del Servizio sanitario nazionale.
Oggi, quindi, ogni militare di leva, come avveniva già prima per il personale in servizio permanente effettivo, gode dell'assistenza del Servizio sanitario nazionale. Ciò ha determinato un riassetto anche nei profili di responsabilità per quanto riguarda l'assistenza sanitaria stessa. Il dirigente del Servizio sanitario in passato era il medico di base del coscritto di leva, mentre ora non lo è più, perché il VSP (Volontario in servizio permanente) e il VFP4


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(Volontario in ferma prefissata quadriennale) hanno o dovrebbero avere il proprio medico di base, che ha la responsabilità della loro assistenza.
Si tratta di un rapporto nuovo, perlomeno in guarnigione. Nelle operazioni fuori area, infatti, la situazione cambia nuovamente e si ritorna a una responsabilità totale della sanità militare per quanto attiene all'assistenza degli uomini impiegati nelle operazioni.
Si è, poi, ulteriormente sviluppato il settore medico preventivo. Infatti, abbiamo dovuto perfezionare e ampliare le attività che già svolgevamo in precedenza, ma questa volta l'abbiamo dovuto fare in maniera mirata e più specifica, estendendole a tutte le operazioni che si compiono prima, durante e dopo le operazioni fuori area finalizzate alla protezione, alla force health protection, come dicono gli americani. Mi riferisco alla messa in atto di una serie di protocolli, misure e procedure finalizzati alla tutela e alla protezione della salute dei nostri uomini nei diversi contesti nei quali essi vengono impiegati.
I criteri di selezione sono gli stessi, ma è cambiato un po' lo scenario. Siamo, infatti, passati da una situazione nella quale si tentava di simulare a una in cui si cerca, invece, di dissimulare. Il coscritto di leva, infatti, cercava di simulare o comunque di amplificare talune situazioni che gli dessero comunque diritto all'esenzione.
Ora, invece, lo scenario è cambiato completamente, perché l'interesse di chi si avvicina alla vita militare è quello di essere reclutato. Siamo passati da Scilla a Cariddi. In pratica non si tratta di un problema cogente, però potenzialmente oggi la minaccia non è più la simulazione, ma piuttosto la dissimulazione di talune situazioni che potrebbero inibire l'accesso alle Forze armate.
Da un punto di vista tecnico posso aggiungere che, se la simulazione poneva a dura prova la nostra esperienza - noi abbiamo sempre vantato una grande esperienza proprio nel campo medico-legale della lotta alla simulazione - tecnicamente è più difficile svolgere il dépistage, lo screening della dissimulazione. Da questo punto di vista, si richiede ai medici militari una ancora maggiore attenzione, nonché una maggiore professionalità.
Vengo ai problemi dell'altezza e di altri aspetti legati all'idoneità. Quando selezionavamo la leva, noi - medici militari - come criterio guida, ci attenevamo al criterio della cosiddetta idoneità generica.
Svolgo una piccola premessa. Gli strumenti operativi sono due. Il primo è «l'elenco imperfezioni e infermità», che cita in alcuni articoli le malattie, le infermità e le malformazioni la cui presenza rende inidonei al servizio militare. Tutti coloro che non hanno quelle malattie - si tratta di un criterio di esclusione - sono genericamente idonei al servizio militare. Questo era il criterio che si applicava alla leva.
Tutti coloro che erano giudicati genericamente idonei venivano classificati attraverso la direttiva che delineava il profilo sanitario. Il soggetto non ha le malattie elencate, però può avere un'altezza più o meno di un dato limite, una statura o una struttura particolari o altre piccole imperfezioni che venivano classificate con un criterio che individuava quattro livelli diversi di idoneità, dall'1 al 4. Nella leva più o meno partivano tutti, pur con diverse destinazioni di impiego.
Con il servizio professionale, invece, i bandi pongono il cut-off al secondo livello di idoneità. Siamo in un ambito di idoneità un po' più specifica. Oggi per fare il soldato non occorre solo essere genericamente idonei al servizio militare, ma bisogna anche possedere almeno alcune caratteristiche che consentano di arrivare a un livello 2.
E qui entra il problema dell'altezza. Da un punto di vista strettamente sanitario, l'altezza in quanto tale, se non è sintomo di altro - se cioè la bassa statura non rientra in una cosiddetta sindrome clinica, per esempio collegandosi a una disfunzione endocrina o a una malattia nella quale è inibito lo sviluppo e, quindi, non è sintomatica di una malattia in sé e per sé - non è un elemento che configuri uno


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stato di non sanità. Si può essere tranquillamente un individuo di bassa statura ed essere assolutamente sano.
Bisogna anche precisare che la bassa statura a volte, anche laddove non è sintomatica di altro, di per sé stessa potrebbe generare un cosiddetto complesso di inferiorità, ossia una difficoltà nell'ambito relazionale, con ripercussioni sul piano psicologico. In tal caso, si configurano situazioni cliniche di tipo psicologico che comunque vanno valutate.
A quel punto, l'altezza, diventa fattore innescante di problemi che si sviluppano in un altro ambito e che comunque vanno valutati di volta in volta, il che si fa normalmente. Nella nostra selezione l'ambito psico-attitudinale valuta anche gli assetti psicologici del soldato.
Da un punto di vista più generale, potrei affermare che l'altezza può avere alcune implicazioni non cliniche, quando non è sintomo di malattia, sul piano dell'impiego. L'altezza potrebbe, per esempio, avere un'implicazione sul piano ergonomico.
Porto un esempio molto banale. Una hostess o uno steward che non arrivino alla bauliera dell'aereo per poterci posizionare i bagagli possono incorrere in una controindicazione operativa. È un esempio un pochino particolare, che non rappresenta un problema sanitario, quanto un problema di ergonomia, ingegneristico, di altra natura, che non investe le competenze del medico, ma di chi deve impiegare il soggetto. Occorre il responsabile delle risorse umane o il responsabile dell'impiego per vedere se per un dato tipo di attività sia richiesta una determinata altezza, in più, ma anche in meno. È noto, per esempio, che i nostri piloti non possono superare una data altezza, perché c'è un problema di espulsione dei sedili o addirittura di chiusura del tettuccio.
In estrema sintesi, l'altezza è un problema medico quando è sintomatica di una malattia o quando, comunque, genera effetti sul piano psicologico. Quando non sussiste tale situazione, un individuo può essere sano e, quindi, alla fine anche idoneo a un'attività, a prescindere dalla sua altezza. Rimangono ovviamente gli aspetti ergonomici e di sicurezza.
Quest'ultimo è un aspetto importante, perché a volte, se un soggetto non ha l'altezza giusta per assicurare un dato tipo di attività, può compromettere la sicurezza sua e degli altri. Per esempio, chi guida un veicolo e non arriva con i piedi ai pedali fa qualcosa che, da un punto di vista dell'efficacia, pone un dubbio.

PRESIDENTE. Signor generale, vorrei porle una domanda. Il passaggio all'esercito professionale ha comportato, come lei stesso ha ricordato, alcuni aggiornamenti e aggiustamenti del ruolo della sanità all'interno proprio dello strumento militare.
La questione è la seguente. Ho la sensazione, in base alle mie esperienze nelle missioni internazionali, che la sanità militare sia costretta a richiamare molti ufficiali della riserva selezionata di completamento, i quali hanno una specializzazione particolare - sono chirurghi - ma vengono impiegati, in realtà, come fanti aggiunti ai reparti e, quindi, svolgono in caserma un ruolo medico, ma sul campo un ruolo differente.
Nella sostanza, mi sembra che la mancanza dei nostri Role 2, di ospedali che possano intervenire in maniera efficace soprattutto sugli scenari di combattimento, con la conseguente ricerca di supporto da parte degli alleati, sia una lacuna delle nostre Forze armate, certamente non attribuibile alla sanità. Vorrei capire se anche da parte vostra sia stata rilevata questa difficoltà oggettiva.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Se ho capito bene la domanda, lei mi sta chiedendo qual è lo stato di efficacia ed efficienza dei nostri ospedali da campo.
Noi abbiamo effettuato l'ultimo impiego operativo di un Role 2 due o tre anni fa, in Ciad. Ci siamo stati per oltre un anno. Va precisato che non eravamo al seguito di un contingente italiano, ma servivamo un contingente multinazionale e c'era solo l'ospedale da campo.


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Dal punto di vista della sanità militare, per noi è stato un grande successo, perché ci siamo mossi autonomamente. Inoltre i dati d'attività e gli interventi eseguiti dimostrano la rilevanza del nostro operato. Abbiamo riscontrato un buon apprezzamento da parte dei contingenti da noi serviti, che erano composti da diverse migliaia di uomini di varie nazionalità, ma - come nostra usanza - abbiamo anche prestato servizio alle popolazioni locali, con grande soddisfazione soprattutto di chi ha potuto giovarsi di noi.
Quella è stata l'ultima missione che - ripeto - ritengo chiusa con pieno successo. Ora è in atto un ampio processo di riammodernamento dei quattro Role 2, che, peraltro, mi pare di aver capito potrebbero diventare sei. Non vorrei però dare notizie imprecise, perché sono in carica all'Esercito e sono di responsabilità di tale Forza armata, per quanto attiene alle dotazioni campali.
Ci aspettiamo a breve che i Role 2 vengano riportati nuovamente al livello più adeguato, perché c'è un processo continuo, non solo di mantenimento e di ammodernamento di materiali che si consumano, ma anche di ammodernamento delle tecnologie.
Faccio una parentesi. Uno dei parametri che noi seguiamo è di fornire assistenza sanitaria a chiunque ne abbia diritto con gli stessi standard di qualità che abbiamo in Patria. Medicina campale non significa «medicina arrangiata». Le professionalità che mettiamo in campo e le tecnologie che schieriamo sono assolutamente le stesse. L'unica particolarità è che siamo o sotto shelter o sotto tenda. Le performance sono del tutto commisurate agli standard che abbiamo in Patria.
Per quanto attiene alla professionalità dei medici militari, è uno dei compiti prioritari dell'ospedale militare del Celio, che peraltro ha dentro di sé i cosiddetti pacchetti di capacità, cioè gli organici pronti per essere proiettati.
Il Celio svolge un training on the job. Una delle sue funzioni principali è quella di produrre un'attività che sia contestualmente a beneficio sempre e comunque dei pazienti, ma costituisca anche un momento di addestramento, di formazione e di mantenimento delle capacità di chirurghi, anestesisti, ortopedici e traumatologi, cioè di tutti coloro che possono da un momento all'altro essere proiettati nei diversi contesti.
L'ultima direttiva del ministro - mi sfugge la data, ma è recentissima - tra le altre decisioni che il ministro ha assunto, ha ribadito l'indicazione a orientare sempre di più il Celio verso la funzione di Role 4, in quanto esso rappresenta l'ultimo anello della catena logistica che parte dal Role 1, cioè dal medico under fire, poi passa al Role 2, il primo ospedaletto da campo, quindi al Role 3, un ospedale polispecialistico, anch'esso campale - al momento non l'abbiamo, ma lo stiamo studiando anche a livello internazionale - per arrivare infine al Role 4, l'ospedale stanziale dove la cura viene completata e subentra la fase di riabilitazione. In Italia di questo si occupa il Celio.
Il ministro ha disposto che il ruolo di Role 4 del Celio sia sempre più perfezionato e ampliato. Contestualmente, ha deliberato che tutto il Celio, non solo il settore da Role 4, orienti sempre più la sua attività verso le branche di maggiore interesse per la sanità militare, che ovviamente sono la medicina e chirurgia d'urgenza, la traumatologia e la riabilitazione, in pratica tutto ciò che ruota attorno alla domanda prioritaria alla quale noi dobbiamo rispondere, ossia l'assistenza nelle operazioni fuori area.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIER FAUSTO RECCHIA. Ringrazio il generale Marmo per la sua relazione. Se ci voleva far venire rimorsi per quanto riguarda i limiti d'altezza, ce li ha fatti venire. Noi abbiamo già concluso l'iter del provvedimento, purtroppo, e non possiamo tornare indietro.
Ho una curiosità da soddisfare a proposito del cambiamento a cui lei ha fatto riferimento e al passaggio dalla leva al


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professionale. Volevo capire se ritiene che con questo passaggio le strutture sanitarie siano diventate in eccesso in termini di quantità, non certamente di qualità.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Le rispondo subito. Sempre con riferimento alla citata direttiva del ministro, essa ha da poco ulteriormente rivisto la questione. C'era già stato un primo intervento nel 2005, in cui era già stato effettuato un rimodellamento. Recentemente abbiamo avuto un ulteriore rimodellamento, che, in estrema sintesi, comporterà la soppressione di alcuni enti di medicina legale.
Noi avevamo tredici DMML (Dipartimenti militari di medicina legale) e ora passiamo a sette. Già questa riduzione riconfigura la situazione.
Alcuni - non sappiamo ancora quanti, perché stiamo studiando la questione - di questi dipartimenti potrebbero essere riconvertiti in strutture poliambulatoriali e per la diagnostica, a beneficio dell'aderenza, ossia del personale militare. È possibile, quindi, che un DMML - se volete, vi cito anche quelli in chiusura - possa riconvertirsi, cessare la sua attività di organo medico-legale, e assumere una valenza di medicina preventiva, ossia di diagnostica e di assistenza ambulatoriale, a beneficio degli uomini in armi. In questo senso c'è già stata, dunque, una revisione.
La direttiva del ministro prevede la riduzione dell'ospedale militare di Milano. Abbiamo visto che tale ospedale, relativamente al bacino, all'attività e all'utenza, era un po' ridondante e, quindi, stiamo passando a un ospedale di dimensioni più adeguate alla domanda.
Contestualmente, al contrario, l'ospedale militare di Taranto subirà un potenziamento. Data la posizione sul Mediterraneo, la presenza della squadra navale, valutando cioè alcuni fattori di posizione, di domanda e di bacini operativi, Taranto dovrebbe subire un potenziamento.
Al Celio ho già accennato. Come dimensione rimane lo stesso, ma si sposta l'attenzione un po' più sulla domanda.
Quanto a Firenze, è un po' una spina nel cuore, presidente. Io ho frequentato l'Accademia a Firenze, che ora non c'è più. C'era la scuola di sanità, che adesso è a Roma, c'era un ospedale militare, che non c'è più. Rimane solo un DMML, che ora, ahimè, chiude.
Mi pare di aver capito - bisognerebbe, però, sentire lo stato maggiore dell'Esercito; a breve arriveranno le direttive - che proprio Firenze potrebbe essere uno degli ospedali che si riconvertiranno in struttura per l'aderenza, considerando i reparti esistenti tra Bologna, Pistoia e Siena. Ci sono paracadutisti in queste ultime due località, come a Budrio. Firenze potrebbe avere la funzione di supporto non più medico-legale, ma di diagnostica, per la medicina preventiva, nonché a livello poliambulatoriale, di cardiologia e ortopedia.

PRESIDENTE. C'è anche un centro trasfusionale molto importante.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Il centro trasfusionale ha subìto anch'esso un ridimensionamento. Prima avevamo un centro al Celio, che rimane, nonché altri tre centri trasfusionali, uno a La Spezia, uno a Firenze e uno a Taranto. Di questi tre centri quello di Sesto Fiorentino, che si trovava presso lo stabilimento chimico-farmaceutico militare, chiuderà e manterrà una funzione di stoccaggio, in quanto ci sono vaccini. Gli altri due, quello di La Spezia e quello di Taranto, dovrebbero rimanere come centro prelievi, con funzioni di raccolta. La funzione emotrasfusionale sarebbe mantenuta soltanto dalla struttura che si trova presso il Policlinico militare di Roma.
Ciò avviene per una serie di motivi. Il primo fra tutti è che i vincoli sono molto rigidi e non si può approssimare nulla. Mi riferisco sia ai vincoli di spesa, sia a quelli normativi.

PRESIDENTE. O hanno un livello di qualità, o non possono funzionare.


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FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Assolutamente. Ciò vale un po' per tutto, ma in questo ambito più che mai. Alla fine, valutando il rapporto costo-efficacia, si è arrivati a deliberare di mantenere alcuni centri di prelievo e un solo centro emotrasfusionale vero, presso il Policlinico militare del Celio, il quale risponde a tutti i crismi che la legge prevede.

FRANCO GIDONI. Ho una curiosità, generale. Lei prima affermava che, passando dalla leva a un sistema in cui i militari sono volontari, il vostro ruolo è un po' cambiato, nel senso che una volta chi doveva fare la naja cercava di esaltare - per così dire - i suoi difetti, mentre oggi si cerca di barare in senso inverso. Volevo chiederle se ci sono tanti casi di questo tipo e che cosa succede se, una volta arruolato un soldato, si dovesse riscontrare che qualcosa non funziona.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Premetto che, ahimè, io adesso svolgo un ruolo un po' distante dal fronte del reclutamento, però non mi pare che esista un'emergenza dissimulazione. I reclutamenti vanno avanti con grande serenità. In ogni caso, ho l'impressione che esista già una forma di preselezione. Chi si propone, secondo me, si misura già da prima. Non credo che sia un problema, dunque, quanto un'ipotesi.
La seconda domanda è piuttosto importante. Non ho dati riferiti all'accertamento di infermità o comunque di problemi che possano emergere in seguito. Mediamente la selezione è effettuata con un'accuratezza tale da garantire che chi viene arruolato possa permanere nelle Forze armate. Può accadere che qualcosa emerga che non era emerso in precedenza, ma non c'è error scientiae, quanto error hominis. Siamo tutti fallibili, anche i selettori.
Se emerge un fatto nuovo, possono esserci problemi. In tal caso, esiste una metodologia medico-legale per cui si va a valutare se i requisiti di idoneità comunque richiesti, che si verificano anche durante il servizio, permettano o meno il permanere in servizio del militare.
Ritengo, però, che, da questo punto di vista, se devo riferirmi al contenzioso o a indicatori indiretti, la materia non costituisca un problema. È un settore piuttosto tranquillo. Abbiamo contenziosi, ma per altri motivi. Su questi aspetti non c'è molto.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Pongo una domanda che forse esula un po' dall'oggetto specifico della nostra riflessione e della nostra indagine conoscitiva che tuttavia ha un valore per quanto riguarda la statistica e la situazione sociale.
Vorrei sapere che cosa si è perso nel passaggio dal modello basato sulla leva a quello professionale in riferimento al controllo medico di un segmento larghissimo e fondamentale della popolazione maschile. Credo che tutti i maschi in questa sala abbiano fatto la visita di leva (i tre giorni) e ricordino che quella visita era un momento di verifica importantissimo, che oggi manca. Che guasti ha prodotto dal punto di vista medico-sanitario sulla popolazione maschile e che cosa la sanità militare potrebbe eventualmente fare e suggerire per coprire tale lacuna?

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Sicuramente abbiamo perso qualche elemento, su questo non c'è dubbio. Pensate ad esempio - forse in merito abbiamo alcuni dati ormai antichi - a quante forme malformative venivano scoperte ancora in tempi cosiddetti moderni, nonostante la medicina sportiva, la medicina scolastica, l'attenzione che dedichiamo alla salute.
Ebbene, la visita di leva consentiva sia di evidenziare patologie - soprattutto in alcuni settori andrologici e urologici, perché magari i giovani avevano poca dimestichezza a parlarne - sia di incamerare dati di tipo epidemiologico importanti,


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anche se relativi solo alla popolazione maschile. Questo era il limite. Non avevamo dati relativi all'universo femminile.
Si ricavavano anche dati antropometrici, tanto per rimanere all'altezza, perché misuravamo tutti. Avevamo anche dati relativi proprio allo sviluppo della nostra popolazione. C'erano questi e tanti altri elementi che scaturivano dal fatto di poter visitare uno per uno tutti i nati in una data classe di leva. Questo aspetto è venuto meno.
Continuiamo a vedere i contingenti che non sono proprio così ridotti di numero, ma sono composti da un buon numero di giovani e, questa volta, anche di donne per quanto poche. Abbiamo, quindi, ancora alcuni elementi di informazione relativa alle nostre giovani classi. È un campione, però, estremamente parcellizzato e ristretto. Prima passava alla visita l'universo maschile, adesso abbiamo solo alcuni dati.
Riusciamo a osservare alcuni elementi, come rilevavo prima, ma si tratta di un campione un po' preselezionato, perché chi viene a fare il militare in genere dedica molta attenzione alla salute.
In effetti, la sua domanda è rilevante, onorevole. È un problema: abbiamo perso alcuni dati.

AMERICO PORFIDIA. Signor generale, lei ha accennato a un ridimensionamento delle strutture sanitarie militari. Leggendo la direttiva del Ministro Di Paola, oltre che da notizie che ci giungono dal territorio, si evince chiaramente che l'ospedale militare di Caserta dovrà essere tra le strutture soppresse.
La domanda che le pongo è la seguente. Quali sono stati i criteri che hanno portato a questa riorganizzazione e che hanno indotto la Difesa a chiudere determinati presìdi? Mi riferisco soprattutto a quello di Caserta che - a quanto mi risulta - sarebbe uno degli ospedali più efficienti.
Nella sanità le prestazioni offerte sono importanti e ciò vale anche per le strutture militari. Mi risulta che Caserta sia seconda solo a Roma, come prestazioni e come attività di ruolo, nonostante vi sia meno personale impiegato. Vorrei conoscere, dunque, la motivazione che ha indotto a questa scelta, in generale, ma anche soprattutto su Caserta.

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Io credo che si richieda un'esegesi della direttiva del ministro. Posso immaginare che le ragioni siano state prima di tutto un'analisi dei carichi di attività. Penso che comunque si sia partiti da quel dato per stabilire il da farsi.
Inoltre, è stata svolta un'analisi della distribuzione delle forze sul territorio, una sorta di equilibrio di rappresentatività tra le Forze armate. Il bacino di Caserta viene diviso, se non sbaglio, tra il DMML di Bari dell'Aeronautica e un'altra metà che dovrebbe gravitare sulla Cecchignola di Roma. È un bacino che viene diviso in due.
Vorrei, però, ribadire ancora un fatto. Quando parliamo della chiusura ci riferiamo ai DMML, cioè alla sola attività medico-legale. Sono state calcolate le pratiche che Caserta tratta. A memoria non li ricordo, però è stato valutato che in fondo tale carico di attività medico-legale poteva essere distribuito tra i poli di Bari dell'Aeronautica e di Roma, che è ancora dell'Esercito.
L'attività di tipo non medico-legale, ma laboratoristico e ambulatoriale, che l'ospedale di Caserta svolgeva è alla valutazione del Capo di stato maggiore dell'Esercito. Laddove si ritenesse vantaggioso continuare a svolgerla, a beneficio essenzialmente della Garibaldi, ma non solo, può tranquillamente gravitare sulla parte dello stesso ente che eventualmente sopravvive. Si tratta di una valutazione, però, che, investendo l'aderenza, investe anche la responsabilità e l'autorità dei Capi di stato maggiore di Forza armata.
La direttiva del ministro - è proprio scritto - non preclude la possibilità che, nel sedime su cui si trovavano i DMML, laddove ci siano convenienze, possano sopravvivere attività di tipo ambulatoriale e diagnostico e comunque di medicina preventiva.


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Dunque, Caserta chiude come DMML, perché in una valutazione che ha messo insieme i suddetti quattro fattori, si è ritenuto che la sua attività potesse gravitare per metà bacino su Bari e per l'altra metà su Roma.

FRANCESCO BOSI. Pongo tre domande molto rapide. Lei sa bene che l'ospedale militare del Celio svolge prestazioni sanitarie anche per i non militari di una determinata zona della città di Roma. Vorrei sapere se le prestazioni che da questo ospedale vengono erogate ai civili vengono pagate al Ministero della difesa o no. Questa è la prima domanda.
La seconda è relativa allo stoccaggio del sangue. Lei accennava che presso l'Istituto farmaceutico militare c'era anche una struttura di stoccaggio particolarmente funzionale alla distribuzione nei luoghi in cui, per i motivi più disparati, anche di tipo non militare, venivano effettuati i prelievi. Non ho capito bene se questa attività permane o meno.
Infine, in ordine alla questione oggetto dell'indagine conoscitiva sul reclutamento del personale militare, occorre oggi prendere atto che si sta già procedendo a una riduzione piuttosto marcata del reclutamento. Pertanto, chi viene reclutato oggi è chiamato a svolgere ruoli intercambiabili, perché, più si riduce il numero del personale impiegato e più aumenta l'intercambiabilità nel ruolo. Di questo viene tenuto conto nel reclutamento, oppure no?

FEDERICO MARMO, Capo ufficio generale della Sanità militare dello stato maggiore della Difesa (Ugesan). Il primo è un tema molto scottante. In realtà, allo stato attuale, le prestazioni che tutte le strutture nosocomiali militari rendono, a beneficio sia di militari, sia di civili - laddove è consentito e hanno diritto a esercitarle - gravano sul bilancio della Difesa. Ciò, e l'onorevole Bosi lo sa bene, rappresenta un po', anche dal punto di vista economico-gestionale, una contraddizione, perché, soprattutto col professionale, oggi noi siamo tutti assistiti dal Servizio sanitario nazionale.
Quando io mi reco in un ospedale militare e vengo sottoposto a un intervento chirurgico, in realtà il costo che la Difesa sopporta è sopportato impropriamente, perché tale costo dovrebbe gravare sul Servizio sanitario nazionale, al quale peraltro si versano anche alcuni contributi.
Allo stato attuale noi abbiamo in piedi solo alcune convenzioni, che sono, peraltro, in via di perfezionamento, soprattutto in Lazio, per consentire un recupero, almeno parziale, di questi costi. Non vorrei dilungarmi sugli aspetti amministrativi. Penso, infatti, che sia sufficiente questo accenno all'idea che ci stiamo già attivando per recuperare almeno in parte i costi sopportati dalla Difesa.
È in itinere, e dovrebbe andare alla firma - spero - a breve, una convenzione specifica per la cardiochirurgia, per la neurochirurgia e verosimilmente anche per la maxillo-facciale. Non è ancora firmata, ma è in dirittura d'arrivo. Se non ci sono ostacoli e intoppi, a breve dovremmo arrivare ad avere anche questa convenzione, che rappresenta un fatto estremamente nuovo per la sanità militare.
Dovremmo poter avere all'interno del Celio dodici o addirittura diciotto posti letto, sei in cardiochirurgia, sei in neurochirurgia e sei in maxillo-facciale - se non cambiano i numeri - finanziati direttamente dalla regione Lazio.
In realtà, il malato ricoverato in cardiochirurgia a quel punto rappresenta un costo che va a gravare sulla regione in termini di DRG. Attraverso un meccanismo un po' complesso la regione storna le somme di denaro all'ospedale e alla fine ciò rappresenta almeno un parziale reintegro dei costi che stiamo sopportando. Si tratta di un processo ancora de iure condendo, ma piuttosto prossimo.
È invece ancora di là da venire, ma nemmeno tanto lontana, la possibilità di arrivare a uno strumento normativo che consenta alla fonte un trasferimento di fondi per coprire le spese. Per noi sarebbe un sogno nel cassetto.
Nella seconda domanda lei mi chiedeva del servizio dello stoccaggio. A Firenze dovrebbe continuare un servizio di stoccaggio


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di vaccini e di altri materiali biologici. Noi abbiamo svolto una grande ricerca, il progetto Signum che ha previsto la raccolta di campioni che furono all'epoca prelevati e che vanno conservati per trent'anni. Essi vengono stoccati presso questa struttura e comunque essa rimane attiva, non per lo stoccaggio di sangue, bensì per lo stoccaggio di materiali biologici per fini diversi. Non raccoglierà sangue, perché questa attività dovrebbe essere svolta a Roma.
Quanto alla terza domanda, in effetti il medico che fa la selezione si limita ad applicare le direttive del bando concorsuale. Se il concorso dispone che io devo dichiarare idoneo chi è alto 1,65, io lo misuro con l'antropometro.
Le valutazioni a cui lei faceva riferimento ricadono in un altro ambito. Smetto per un attimo di parlare da medico e osservo che non si tiene conto del fatto che un dato soggetto dovrebbe essere polifunzionale. È un problema, ma riguarda l'impiego. Non è più un problema sanitario. È chiaro che chi deve impiegare le risorse umane deve poter disporre di personale che sia impiegabile per più scopi. Si tratta di un fattore che interessa l'impiego, in merito al quale io compio tre passi indietro, perché sono soltanto un medico.

PRESIDENTE. Signor generale, la ringrazio per l'intervento, che è stato molto interessante e che, peraltro, è stato anche un'occasione per approfondire le funzioni in generale dell'Ugesan.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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