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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
1.
Martedì 4 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 5603, RECANTE DISPOSIZIONI PER L'ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DEL PAREGGIO DI BILANCIO AI SENSI DELL'ARTICOLO 81, SESTO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 12 16
Baccini Mario (PdL) ... 13
Brunetta Renato (PdL) ... 12
Calvisi Giulio (PD) ... 14
Cambursano Renato (Misto) ... 13
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 15
Duilio Lino (PD) ... 15
Giampaolino Luigi, Presidente della Corte dei conti ... 3 16
Occhiuto Roberto (UdCpTP) ... 13
Simonetti Roberto (LNP) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta antimeridiana di martedì 4 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 9,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 5603, recante disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, l'audizione del Presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino.
Sono presenti anche il dottor Maurizio Meloni, il dottor Francesco Petronio, il dottor Enrico Flaccadoro, il dottor Natale Maria Alfonso D'Amico, il dottor Clemente Forte, il dottor Luigi Caso e il dottor Roberto Marletta.
Do subito la parola al Presidente Giampaolino.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Signor presidente, con il suo permesso deposito agli atti la mia relazione, di cui abbiamo predisposto copie per i membri della Commissione.
Con la presentazione della proposta di legge C. 5603, cui questa audizione fa esclusivo riferimento, inizia la terza fase del complessivo processo decisionale, europeo e interno, in materia di nuovi strumenti e obiettivi di finanza pubblica.
Dapprima 25 Stati aderenti all'Unione Europea hanno adottato, il 2 marzo 2012, il cosiddetto Fiscal compact, cioè il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria.
La seconda fase si è concretizzata con l'approvazione della legge costituzionale n. 1 del 2012, con la quale il nostro Paese ha scelto di recepire a livello costituzionale le indicazioni del Fiscal compact. Si ricorda che sulla materia la Corte ha espresso, in un'apposita audizione, le proprie valutazioni.
La terza fase - quella in corso di svolgimento - consiste nel varo della cosiddetta legge «rinforzata», richiamata dalla novella costituzionale al fine di definire il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio fra le entrate e le spese dei bilanci, nonché la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.
Compito della legge «rinforzata», come è noto, è anche quello di dare attuazione al contenuto dell'articolo 5 della citata legge costituzionale, concernente i casi di scostamento tra previsioni e consuntivi e le relative modalità di recupero, l'introduzione di una regola sulle spese, l'istituzione di un organismo indipendente di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica, il concorso dello Stato per assicurare un livello essenziale delle prestazioni nei momenti sfavorevoli del ciclo, nonché le modalità di accesso all'indebitamento


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da parte degli enti territoriali e quelle del relativo concorso alla sostenibilità del debito.
La quarta fase riguarderà l'adattamento della legge ordinaria di contabilità pubblica alle prescrizioni della legge «rinforzata».
Nella relazione che ho depositato vi è, poi, una piccola esposizione sui vari capi della proposta di legge su cui non mi soffermo. Passiamo, quindi, al commento della proposta.
Per quanto riguarda i Capi II e III, si tratta della normativa che articola gli obblighi che nascono dagli articoli 81 e 97 della Costituzione, come novellati, e in ordine ai quali, in considerazione della loro complessità tecnica e del loro elevato contenuto innovativo, sussistono interpretazioni non sempre univoche. Nell'ambito di uno sforzo volto a dare una maggiore enfasi al controllo ex post in particolare vengono fissati, in coerenza con la normativa europea, l'allineamento degli obiettivi della pubblica amministrazione sull'obiettivo di medio termine, nonché l'obbligo di adottare le misure per conseguirlo.
Al riguardo, dovrà essere attentamente considerata l'opportunità di mantenere l'attuale formulazione del comma 2 dell'articolo 3, che recita che «l'equilibrio dei bilanci corrisponde all'obiettivo di medio termine», obiettivo a sua volta definito dall'articolo 2, comma 1, lettera e), come «il valore del saldo strutturale individuato sulla base dei criteri stabiliti dall'ordinamento dell'Unione europea».
Il Fiscal compact, come è noto, è rimasto estraneo al corpo del diritto comunitario. Infatti, gli Stati aderenti si sono esplicitamente impegnati, ai sensi dell'articolo 16 del Trattato, a promuovere entro 5 anni «le misure necessarie per incorporare il contenuto del presente trattato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea». L'impegno sottoscritto dagli Stati contraenti a mantenere una posizione di bilancio della pubblica amministrazione «in pareggio o in avanzo» è esplicitamente dichiarato «in aggiunta e fatti salvi i loro obblighi ai sensi del diritto dell'Unione europea» (articolo 3).
La definizione, quindi, di un equilibrio di bilancio coerente con l'obiettivo di medio termine definito in sede di Unione europea non garantirebbe il rispetto dei vincoli assunti con il Fiscal compact e rischierebbe di vanificare il principale elemento innovativo contenuto nella legge costituzionale n. 1 del 2012, avente come titolo «introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale».
È pur vero che allo stato attuale l'Italia ha definito il proprio obiettivo di medio termine come bilancio in pareggio, ma, in via ipotetica, obiettivi diversi sarebbero stati o potrebbero essere in futuro compatibili con l'ordinamento dell'Unione europea. Essi non sarebbero, però, coerenti con il Fiscal compact, al quale, invece, le complesse novità normative interne - legge di riforma costituzionale e legge «rinforzata» - vogliono dare stabile attuazione.
Nel testo della proposta di legge in discorso trova esplicitazione il fatto che gli obiettivi si pongono in termini di saldo strutturale, come prevede il nuovo primo comma dell'articolo 81 della Costituzione. Viene, quindi, disciplinato il vincolo in termini di sostenibilità del debito, con riferimento al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo e viene, altresì, disposto l'obbligo di individuare tale rapporto sulla base delle prescrizioni dell'ordinamento europeo.
Viene, altresì, recepita l'indicazione contenuta nella citata legge costituzionale, nel senso di introdurre nell'ordinamento un vincolo alla spesa, naturalmente riferito all'intera pubblica amministrazione e con riguardo ai singoli sottosettori. È, inoltre, esplicitata la previsione di un analogo limite per il bilancio dello Stato.
Un aspetto che sarà da valutare in conseguenza della previsione di una regola sulla spesa riguarda la possibile ricaduta sul regime delle coperture finanziarie delle leggi ordinarie. Già in sede di esame del disegno di legge in materia di contabilità pubblica, poi tradottosi nella legge n. 196 del 2009, fu discusso se si dovesse passare a un regime più attento alle singole componenti


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- entrate e spese - del bilancio e sancire in tal modo l'impossibilità di travasi reciproci nell'opera di riferimento delle coperture delle leggi ordinarie. L'opzione in tal senso fu esclusa, ma ora si potrebbe ripresentare in sede di futuro adeguamento della legge di contabilità.
Il regime che ne risulterebbe permetterebbe coperture finanziarie di nuove o maggiori spese solo riducendo contestualmente altre spese di pari natura. Tra le cause dello scostamento previsto dalla legge costituzionale nel raffronto tra i risultati conseguiti e gli obiettivi programmati, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), vi sono gli effetti del ciclo, l'inefficacia degli interventi e gli eventi eccezionali, i quali ultimi vengono poi disciplinanti nella successiva lettera d) e in relazione ai quali occorre approntare il piano di rientro.
Da notare che nel meccanismo di cui all'articolo 8 della proposta di legge, che disegna l'obbligo di riassorbire l'eccedenza rispetto alla soglia ammessa in sede europea - attualmente 0,5 per cento del PIL - dello scostamento tra consuntivo e nuovo preventivo al netto degli effetti degli eventi eccezionali, si fa menzione dell'obbligo di riferire sulle relative cause, come richiesto dalla legge costituzionale.
A questo riguardo, tuttavia, va notato che forse sarebbe stato preferibile prevedere l'obbligo di riferire quantificando gli effetti di ciascuna delle cause previste per il predetto scostamento. Può essere, infatti, utile che il Governo dia conto, per esempio, degli effetti dell'inefficacia delle varie manovre decise nel più recente passato, il che, oltretutto, agevolerebbe la trasparenza circa le determinanti del quadro finanziario in evoluzione e, di conseguenza, il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica. In particolare, per la quota delle manovre riferita alle spese, si può ritenere che l'informazione possa essere fornita con un sufficiente grado di esaustività.
La Corte, peraltro, da tempo si è fatta promotrice della richiesta di un miglioramento ulteriore dell'apparato documentativo del Governo a sostegno delle proiezioni tendenziali dei conti della finanza pubblica, proprio allo scopo di agevolare il monitoraggio di questi ultimi.
L'articolo 6 traduce in legge «rinforzata» il principio, prima comunitario e poi della legge costituzionale, di escludere dal computo delle poste che vanno a comporre l'equilibrio di bilancio gli effetti dei cosiddetti «eventi eccezionali», che la ripetuta legge costituzionale individua nelle tre fattispecie delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle gravi calamità naturali.
La proposta di legge sintetizza in due casi le tre fattispecie di cui alla legge costituzionale, evidenziando la grave recessione economica e includendo nella nozione di «evento straordinario» le rimanenti due, sia pure con una menzione delle gravi calamità naturali. Probabilmente, sarebbe stato preferibile una formulazione più aderente alla legge costituzionale, anche se la sintesi dei due casi viene sussunta nel concetto, anch'esso di derivazione comunitaria, di «eventi al di fuori del controllo dello Stato».
In particolare, l'enunciazione di numerose fattispecie, ivi comprese quelle riferite agli eventi straordinari relativi alla difesa e alla sicurezza della Repubblica, va valutata in ordine alla possibilità di dar luogo indirettamente a interpretazioni non improntate al rigore.
È da rilevare, peraltro, che, in particolare, la costruzione delle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 5 della citata legge costituzionale, in un contesto di formulazione letterale della norma che non sembra del tutto chiaro, esprime una logica di fondo che non esclude un'interpretazione, cui si è dato corso in altri ordinamenti, nel senso dell'approntamento di un meccanismo contabile - una sorta di conto nozionale o di controllo - che, fermi rimanendo gli obblighi di rientro in caso di scostamento del consuntivo rispetto alle previsioni superiore a quanto tollerato dall'ordinamento europeo, si faccia carico, tuttavia, di recuperare deviazioni permanenti del rapporto debito/PIL rispetto agli


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obiettivi prefissati. La tematica, per la sua rilevanza, dovrebbe essere comunque oggetto di ulteriori approfondimenti.
Si ricorda poi che il Fiscal compact all'articolo 3, comma 1, lettera e), prevede che, qualora si constatino deviazioni significative dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, è attivato automaticamente un meccanismo di correzione. Al riguardo, si tratta di valutare il grado di vincolatività effettivo di tale forma di automatismo, anche tenendo conto delle esperienze in corso in altri Paesi.
Inoltre, sempre il Fiscal compact prevede al medesimo articolo 3, comma 1, lettera b), che le circostanze eccezionali, al verificarsi delle quali è consentita la temporanea deviazione dall'obiettivo di medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, sono subordinate alla condizione della non compromissione della sostenibilità del bilancio a medio termine.
Per questa prima parte della proposta di legge, riferita ai Capi II e III, sul piano metodologico, si può porre, inoltre, il problema se la scelta operata nel senso di riportare le indicazioni numeriche in riferimento ai vari meccanismi di rientro, sia quella più opportuna oppure se sarebbe stato, invece, preferibile un rinvio alla normativa comunitaria. Va, infatti, tenuto conto della natura «rinforzata» del provvedimento in esame e delle conseguenti maggiori difficoltà di apportarvi correzioni, a fronte di una normativa europea in ordine alla quale non si possono escludere evoluzioni.
Un'altra annotazione va fatta in riferimento all'esigenza di un rispetto puntuale e più preciso che non nel recente passato della normativa in materia di coinvolgimento delle autonomie territoriali nelle procedure decisionali. Infatti, nella proposta di legge viene ribadito che, tra gli obblighi del Governo, vi è quello di proporre con chiarezza la parte delle manovre che riguarda il sottosettore degli enti territoriali. È proprio questo che richiede un forte coinvolgimento delle relative rappresentanze nel processo decisionale, al fine di acquisirne gli orientamenti con riguardo, appunto, agli enti territoriali.
Agli equilibri dei bilanci delle regioni e degli enti territoriali è dedicato il Capo IV della proposta di legge. Il provvedimento prevede che siano da considerare in equilibrio gli enti che presentano, sia in termini di competenza che di cassa, il pareggio del saldo complessivo di bilancio riferito ad entrate finali e spese finali e del saldo di parte corrente, includendo, tra le spese, le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.
A riguardo, va osservato che il provvedimento, al comma 1 dell'articolo 9, si riferisce ai bilanci delle regioni, dei comuni, delle province e delle città metropolitane. Nell'individuazione dei soggetti sarebbe opportuno, specie considerando la normativa introdotta dal decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, tenere conto anche delle unioni di comuni e, in generale, delle altre forme organizzative, prevedendo un riferimento più ampio agli enti territoriali.
Naturalmente, non può che ritenersi condivisibile il riferimento ai saldi in termini di competenza e di cassa. Va, tuttavia, considerata la possibilità di prevedere nel calcolo del saldo corrente la considerazione di altre voci, oggi esistenti, come eccezioni previste dalla legge.
Il comma 2 dell'articolo 9 dispone che, ove si riscontri uno squilibrio nei saldi, si richieda l'adozione di misure correttive che ne prevedano il recupero nel triennio successivo. Si tratta di un meccanismo che, da un lato, sembra avvicinarsi a quello previsto per il cosiddetto «conto nozionale», escluso, invece, nel testo in esame e, dall'altro, si presenta stringente rispetto alla situazione attuale. Specie nel caso dello squilibrio corrente, un recupero effettivo dello scostamento porterebbe ad obiettivi particolarmente impegnativi per gli enti. La previsione normativa non è sostenuta, tuttavia, da un sistema sanzionatorio.
Va, inoltre, previsto un coordinamento di dette misure con quanto disposto dal decreto-legge n. 174 del 2012 in termini di


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piani di riequilibrio. Il riferimento, in quest'ultimo provvedimento, a «equilibri strutturali» del bilancio e all'integrale ripiano del disavanzo accertato, senza riferimento a recuperi riferiti al saldo corrente, da raggiungere in un periodo massimo di 5 anni - 10 anni sulla base di un emendamento attualmente in corso di esame - non trova diretta consonanza nel testo in discussione.
Eventuali avanzi di bilancio sono destinati all'estinzione del debito e possono essere utilizzati per finalità di investimento solo con l'obbligo di comunicazione nell'ambito della procedura di intesa a livello regionale finalizzata a consentire l'accesso al debito per finalità di investimento. Si tratta di una scelta opportuna, resa necessaria dal fatto che l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione non costituisce una forma di copertura finanziaria utilizzabile ai fini del rispetto dei saldi fissati in sede europea.
È fatta salva dal comma 4 la possibilità di attribuire agli enti territoriali obblighi ulteriori rispetto a quelli previsti dal provvedimento per il concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, oggi regolato dalla normativa del Patto di stabilità interno.
L'articolo 10 regola l'accesso al debito da parte degli enti territoriali. Esso è consentito solo per finanziare spese di investimento ed è subordinato all'adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito, con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e sulle corrispondenti modalità di copertura.
È prevista una procedura d'intesa a livello regionale per consentire che l'accesso al debito dei singoli enti venga reso coerente con la necessità di assicurare l'equilibrio complessivo a livello di comparto regionale, misurato in termini di gestione di cassa finale del complesso degli enti della regione. A inizio anno, ciascun ente deve comunicare il saldo di cassa tra entrate finali e spese finali che prevede di conseguire e gli investimenti che intende realizzare sia ricorrendo all'indebitamento, sia utilizzando i risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.
Nel caso di mancato rispetto degli equilibri a livello regionale, è previsto il recupero degli scostamenti nell'esercizio successivo, a carico degli enti che non hanno rispettato il loro vincolo. Al riguardo, va osservato che la particolare rilevanza del quadro normativo di cui alla proposta di legge all'esame potrebbe consigliare di rivedere in tale ambito la definizione delle spese da considerare come investimenti. È condivisibile, invece, mantenere una maggiore flessibilità nella determinazione dei limiti del ricorso al debito.
Positiva è, poi, la previsione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell'investimento. Si tratta di una norma che sembra voler limitare definitivamente la possibilità di ricorso a rinegoziazioni di debiti già in essere, allungandone la scadenza.
Il comma 3 dell'articolo 10 definisce un meccanismo di accesso all'indebitamento mediante intesa a livello regionale, particolarmente complesso, soprattutto guardando ai tempi di effettiva esecuzione degli investimenti. Per rendere il meccanismo più efficace dovrebbe essere valutata la considerazione di un piano dei pagamenti delle spese per investimenti che tenga conto della necessità di garantire il rispetto dei tempi di esecuzione della spesa. Da qui la difficoltà di prevedere intese di validità limitata a un solo anno di riferimento.
La garanzia che ciascun ente possa ricorrere all'indebitamento nel limite delle spese per rimborso di prestiti risultanti dal bilancio di previsione, seppur comprensibile, sembra cristallizzare in maniera rilevante le possibilità di ricorso all'indebitamento. Risultano avvantaggiate le realtà territoriali di maggiori dimensioni, mentre è più difficile l'accesso per quelle a minore capacità fiscale. La riduzione delle disposizioni debitorie per singoli enti è, in tal modo, legata alla sola sostenibilità finanziaria del debito.
La scelta di non attribuire alla regione la funzione di organo decisore, ma di prevedere che sia raggiunta un'intesa, in assenza della quale ciascun ente potrà indebitarsi nei limiti del rimborso dei


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propri prestiti, rende ancora di maggiore rilievo tale previsione normativa. Non è prevista, peraltro, una disciplina nel caso di mancato raggiungimento dell'intesa.
Determinante per il funzionamento del sistema sarà, poi, la previsione di un meccanismo di restituzione delle «quote» di indebitamento di cui si è beneficiato. Come ha dimostrato la seppur breve esperienza dei patti regionali, meccanismi sanzionatori e incentivi specifici a livello regionale rivestono un ruolo di rilievo per la gestione di un sistema di accesso all'indebitamento con caratteristiche simili a quelle prefigurate dall'articolo 10.
Va, poi, osservato come il meccanismo sanzionatorio, di cui si prevede l'attivazione solo in caso di squilibrio complessivo degli enti regionali, possa agevolare comportamenti opportunistici.
Su entrambi gli aspetti sarà necessario intervenire con il decreto previsto al comma 5, destinato a disciplinare criteri e modalità di attuazione della disposizione.
L'articolo 11 disciplina il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali. Per tale finalità è disposta l'istituzione di un fondo straordinario, alimentato da quota parte delle risorse derivanti dal ricorso dello Stato all'indebitamento, consentito nelle fasi avverse del ciclo economico. L'entità del fondo è determinata tenendo conto della quota di entrate proprie degli enti territoriali influenzate dall'andamento del ciclo economico.
Al riguardo, va osservato come manchino nel testo - né sono previsti provvedimenti successivi - indicazioni circa la modalità e i criteri di finanziamento del fondo. Pur essendo definito il legame delle risorse ad esso destinate alla quota di entrate proprie degli enti, il riparto è affidato a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, mentre l'intervento delle Camere è limitato ai profili di carattere finanziario.
Simili le osservazioni che si possono avanzare riguardo alla previsione normativa che regola il concorso delle regioni e degli enti locali alla sostenibilità del debito pubblico. Nelle fasi favorevoli del ciclo economico si prevede la possibilità di un contributo del complesso degli enti da destinare al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Anche in questo caso, il solo riferimento è quello alle maggiori entrate locali derivanti dal ciclo economico, che, tuttavia, possono essere ricondotte a fenomeni diversi: legati all'esercizio dello sforzo fiscale, all'attivazione delle aliquote oltre i limiti per la copertura di deficit sanitari o essere frutto di regimi agevolativi differenziati a livello territoriale.
La previsione di un provvedimento che definisca criteri di funzionamento del contributo al fondo può rappresentare un elemento di chiarezza che agevola la gestione dell'intervento e quella delle amministrazioni locali.
Passiamo, ora, alla struttura del bilancio dello Stato. Per quanto riguarda il Capo VI, relativo alla struttura del bilancio, va osservato che la materia è di grande rilevanza per le profonde implicazioni sistematiche in ordine ad alcuni passaggi cruciali dell'assetto del nostro sistema di diritto pubblico.
Il tema, ben noto in dottrina sin dal XIX secolo, è quello del rapporto tra stanziamenti di bilancio e ordinamento di diritto sostanziale. La scelta del legislatore costituente del 1948 di prevedere la natura formale della legge di bilancio traeva spunto anche da una visione volta a vedere, sostanzialmente, lo stanziamento di bilancio subordinato rispetto alla norma sostanziale, proprio per cogliere l'esigenza di rendere il più possibile chiara la decisione sulle conseguenze finanziarie dell'ordinamento in essere, a prescindere dalle innovazioni che vi si volessero apportare.
La soppressione di tale principio, operata con la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, supera questa visione e apre il campo a una logica diversa in cui è la legge di bilancio, nelle sue varie articolazioni,


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a regolare il rapporto finanziario tra Stato e collettività nell'ambito di una decisione unitaria.
Va ricordato, peraltro, che si tratta di un'impostazione che non è da escludere che sia stata, di fatto, praticata per qualche verso nell'impostazione del bilancio dello Stato del più recente passato e che risulta già implicitamente suggellata nella sede della delega di cui all'articolo 42 della legge n. 196 del 2009, sotto il profilo della previsione di una configurazione del bilancio quale strumento di allocazione delle risorse e quindi, in particolare, del tetto di spesa quale strumento privilegiato di regolazione dell'equilibrio di bilancio anno per anno.
Va, però, altresì ricordata un'altra anticipazione del principio ad opera della menzionata legge n. 196, in sede di previsione, sia pur previa adeguata informazione, della facoltà che con il bilancio si possano modificare i cosiddetti «fattori legislativi». Il passaggio di cui alla soppressione del precedente terzo comma dell'articolo 81 costituisce, comunque, nella sua ratio, un fatto rilevante nell'esperienza giuridica del nostro Paese, che porta all'equiparazione tra stanziamento di bilancio e norma sostanziale che vi sta «a monte». Solo in tal mondo il bilancio può essere, infatti, strumento di allocazione delle risorse e non svolgere più un ruolo per lo più passivo rispetto al quadro normativo a legislazione vigente.
Seppur non del tutto esplicitato nel dibattito che ha portato al varo della riforma costituzionale in questione, il punto appare implicitamente trattato anche con la formulazione del nuovo terzo comma del medesimo articolo 81 della Costituzione, relativo all'obbligo di copertura finanziaria, norma che presenta la novità di assoggettare a tale ultimo obbligo tutte le leggi, anche quella di bilancio, quindi.
La proposta di legge «rinforzata» esprime un profilo alquanto coerente rispetto alla logica sottostante alla scelta costituzionale di conferire al bilancio una valenza di legge sostanziale. Il testo, infatti, non si limita a riproporre una situazione in cui si è in presenza di un documento legislativo che esprime, da un lato, la portata a legislazione vigente degli effetti contabili dell'ordinamento in essere e, dall'altro, l'entità della variazione, prima normativa e poi contabile, che si intende introdurre nell'ordinamento medesimo.
Il testo propone una legge unitaria in cui le varie componenti risultano fuse, costituendo esse la risultante di due parti costituite dal «tendenziale» e dal «programmatico». Si tratta di una scelta che può risultare coerente con l'impostazione costituzionale nel senso dell'equilibrio dell'intero conto economico delle pubbliche amministrazioni, per cui acquista un ruolo di rilievo la decisione politica di allocazione delle risorse all'interno dell'equilibrio complessivo definito unitariamente.
Sul tema, ad avviso della Corte, la scelta di cui alla proposta di legge appare non priva, pertanto, di una sua logica. Un'impostazione diversa avrebbe implicato non solo non trarre le conseguenze dalla novella costituzionale, ma poter riproporre modelli del passato di copertura dei nuovi o maggiori oneri correnti a valere sul miglioramento a legislazione vigente, il quale a sua volta avrebbe presupposto quella dicotomia tra la legislazione vigente e la sua variazione che non dovrebbe aver più titolo nell'ordinamento, alla luce dell'avvenuta soppressione del precedente terzo comma dell'articolo 81 della Costituzione.
Tale ultima scelta, infatti, comunque da valutare sotto il profilo della trasparenza della decisione di bilancio, eleva a un livello più elevato - quello dell'equilibrio di cui al primo comma dell'articolo 81 della Costituzione, come novellato - il vincolo complessivo della pubblica amministrazione e dunque del bilancio dello Stato.
In argomento, vale la pena di approfondire l'interpretazione che appare plausibile del combinato disposto tra primo e terzo comma del nuovo articolo 81, in riferimento alla legge di bilancio e alle modalità del relativo assoggettamento all'obbligo di copertura finanziaria. Non


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appare inutile, infatti, sottolineare la necessità di intendere che la legge di bilancio, inclusiva sia della componente a legislazione vigente che delle relative variazioni, debba essere depurata dagli effetti del ciclo economico richiamati al primo comma dell'articolo 81 della Costituzione e che essa, al netto di tali effetti, possa presentare un saldo netto da finanziare diverso da zero o da una cifra positiva in corrispondenza dell'obiettivo di medio termine assegnato, ad esempio in una fase di rientro o successivamente a un notevole sforzo fiscale.
Ne risulta, pertanto, per la legge di bilancio integrata, un regime di copertura necessariamente diverso da quello ordinario. Per il bilancio dello Stato, dunque, la coerenza tra il principio dell'equilibrio, definito nei primi due commi del novellato articolo 81, e l'obbligo di copertura di cui al terzo comma richiede che l'obbligo di copertura risulti assorbito nell'effettiva attivazione del principio di equilibrio.
In altri termini, la proposta di legge «rinforzata» opera un'applicazione sistematica delle nuove disposizioni, prescrivendo che il saldo del bilancio dello Stato sia definito in coerenza con il saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche indicato nei documenti di programmazione, in tal modo assicurando il conseguimento dell'obiettivo di medio termine, ovvero il rispetto del percorso di avvicinamento a tale obiettivo.
Si richiamano, infine, le osservazioni già svolte circa le possibili conseguenze della nuova struttura del bilancio sul regime della copertura finanziaria delle leggi ordinarie.
Con riguardo all'organismo parlamentare di bilancio, che è appunto previsto nel Capo VII, si tratta di un tema sul quale la Corte ha avuto già modo di esprimersi, sollevando qualche perplessità in ordine all'ipotesi che le funzioni di tale organismo potessero sovrapporsi su quelle costituzionalmente garantite e svolte dalla Corte medesima.
Il testo della proposta di legge, conseguente alla scelta operata dal legislatore costituente, in ordine all'istituzione del predetto ufficio, contribuisce, in linea generale, a fugare le perplessità esposte. In effetti, le funzioni che dovrebbe esercitare il novello organismo indipendente e quelle intestate alla Corte risultano a un tempo differenziate e complementari nell'esercizio di ruoli oggettivamente diversi.
Va sottolineato, infatti, che la presenza diffusa sul territorio consente alla Corte dei conti di mettere a disposizione del nuovo assetto costituzionale, oltre che dati di integrazione e di riscontro, una preziosa esperienza che è impossibile surrogare con qualsiasi autorità fiscale.
Si ricorda, inoltre, che l'attività dell'istituendo organismo ha sostanzialmente funzione strumentale e di servizio a favore del Parlamento. La Corte, per parte propria, per quanto riguarda la funzione di monitoraggio, oltre che a consuntivo, anche nella fase di valutazione a preventivo, fornisce il proprio contributo tecnicamente fondato sulle analisi istituzionali svolte nei diversi ambiti del controllo, insieme a valutazioni sugli andamenti tendenziali della spesa e delle entrate e sugli effetti delle misure prese nel loro impatto diretto sugli equilibri di bilancio e nel loro impatto sull'economia.
Le analisi condotte dal novello organismo indipendente, operante presso le Camere, potrebbero, peraltro, fornire elementi utili alla stessa Corte dei conti nella verifica della non sussistenza, nelle leggi approvate e nei quadri di finanza pubblica, di taluni profili di criticità che, in quanto tali, meriterebbero di essere vagliati dal garante della Costituzione.
La Corte, comunque, come organo di controllo della finanza pubblica, a livello tanto accentrato quanto decentrato, non potrà esimersi dalle valutazioni attinenti anche agli andamenti «macro», come è ormai attestato ampiamente dai lavori e dalle audizioni che il Parlamento richiede proprio per assumere il giudizio tecnico che la Corte deve formulare.
La Corte non ritiene, infine, di potere esprimere giudizi sulle formule organizzative di tale ufficio e in particolare sulla coerenza della formulazione al riguardo presentata dalla proposta di legge rispetto


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al principio dell'autorganizzazione di ciascun ramo del Parlamento. Tuttavia, va sottolineato che non appaiono conferenti con una legge «rinforzata» il numero e l'analiticità delle disposizioni previste per disciplinare aspetti di dettaglio nella strutturazione e nel funzionamento dell'ufficio parlamentare di bilancio, ivi compresi organismi consultivi, comitati e così via.
Mi avvio alla conclusione.
La mera introduzione in Costituzione del principio del pareggio di bilancio potrebbe non risultare, di per sé, sufficiente a conseguire l'obiettivo di assicurare il rigoroso rispetto delle nuove disposizioni, laddove non venga assicurata la tenuta delle nuove regole dettate in attuazione della riforma costituzionale, anzitutto di quelle di cui alla proposta di legge «rinforzata» in esame. In tal senso, nel corso del dibattito parlamentare, era stato posto, anche dalla Corte, il tema del controllo di conformità costituzionale delle leggi in relazione al nuovo articolo 81 della Costituzione, nonché alla disciplina della legge «rinforzata».
A tal fine, era stato avanzato il suggerimento, già presente in dottrina e coerente con la lungimirante proposta Barbera-Andreatta del 1984, di riconoscere in Costituzione, alla Corte, il potere di sollevare in via diretta davanti alla Consulta le questioni di legittimità costituzionale della legge di bilancio e delle leggi di spesa in relazione al rispetto del principio del pareggio o, comunque, del principio di copertura dei nuovi o maggiori oneri introdotti dalla nuova legislazione.
Va, poi, ricordato che, in sede di dibattito parlamentare, il Governo era stato impegnato ad assumere apposite iniziative atte a disciplinare le modalità e le condizioni per consentire alla Corte di promuovere il giudizio di legittimità costituzionale per violazione dell'obbligo di copertura finanziaria di cui all'articolo 81, terzo comma, della Costituzione, come novellato.
Le sollecitazioni nascevano dalla consapevolezza della difficoltà, per la natura stessa della legge di bilancio e dell'operare del vincolo in termini strutturali, al netto del ciclo, di sottoporre la stessa al giudizio di legittimità costituzionale incidentale e, dunque, dell'opportunità di prevedere una via di accesso diretto alla Consulta da parte di un giudice specializzato nella materia contabile, al fine di consentirne il necessario vaglio di conformità costituzionale.
La legge organica in esame non affronta tale questione. La norma risulta, pertanto, priva, quantomeno con riferimento agli snodi più problematici, di momenti di controllo e verifica a posteriori del rispetto del vincolo, pur essendo apprezzabile l'introduzione del giudizio di parificazione sui rendiconti delle regioni a statuto ordinario. La proposta di legge si fa carico, infine, meritoriamente, di risolvere la questione di estendere la competenza del controllo della Corte a tutti gli enti pubblici, con una norma generale che si limita a fissare un principio, introducendo così nel sistema un complesso normativo che suggella la competenza in termini di controllo della Corte sugli enti pubblici, proprio per garantire il coordinamento della finanza pubblica e l'equilibrio dei bilanci.
Si prende atto, pertanto, traendone le conseguenze, del fatto che la Costituzione enuncia vincoli di carattere finanziario per l'intera finanza pubblica, dal momento che il nostro Paese si è impegnato, con la ratifica di apposti trattati internazionali, a garantire l'equilibrio di bilancio dell'intero sistema della pubblica amministrazione.
Occorre anche prendere atto del fatto che la possibilità di adire la Corte costituzionale da parte della Corte dei conti per violazione delle norme della Costituzione in materia di finanza pubblica appare indispensabile per assicurare l'effettiva chiusura di un sistema che vuole garantire, appunto, l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità dell'indebitamento delle amministrazioni pubbliche. La Corte, infatti, per la sua capillare presenza sul territorio, è l'unico organismo che può assicurare il controllo della tenuta complessiva del sistema finanziario pubblico e


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di ciò deve rendere conto in sede europea, anche a garanzia della qualità delle cifre riportate.
Va, poi, tenuto presente il fatto che quanto più efficace è il controllo in via preventiva tanto minore è la pressione sul controllo successivo.
Occorre, invece, sottolineare che non si è colta l'occasione, nell'ambito di un disegno complessivo più ampio volto a fissare la competenza esclusiva della Corte nella materia della contabilità pubblica, di attribuire ad essa la competenza a risolvere in via definitiva le controversie in tema di appartenenza al perimetro della pubblica amministrazione da parte dei vari enti. L'articolo 2, comma 1, lettera a), non fa riferimento allo strumento della definizione di tale perimetro, che potrebbe, pertanto, consistere nella legge ordinaria. Si tratterebbe, in tal caso, di un sistema che presenterebbe un qualche elemento di farraginosità.
Ferma rimanendo, invece, la maggiore elasticità del modello che si basa sull'atto amministrativo, si sarebbe potuto prevedere, prendendo atto della necessità di un giudice che esprima una particolare competenza sul tema proprio in quanto costituzionalmente tutore degli equilibri della finanza pubblica, la competenza esclusiva da parte delle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai sensi dell'articolo 103 della Costituzione, sui ricorsi avverso le decisioni dell'ISTAT circa l'appartenenza del singolo ente al perimetro della pubblica amministrazione.
In definitiva, il testo, sia pure con aspetti da integrare nei modi segnalati, manifesta un proprio equilibrio di fondo e appare, nel suo complesso, strutturato nei modi e nei termini dettati sia dagli impegni europei che dalle modifiche di recente introdotte alla Costituzione, mantenendosi al livello della fissazione di princìpi entro i quali andrà calata, poi, la successiva legislazione ordinaria in materia di contabilità e finanza pubblica. Grazie.

PRESIDENTE. Dalla sua relazione, mi sembra di aver capito che abbiamo meritato la sufficienza.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, tenendo conto che abbiamo dieci minuti a disposizione prima dell'inizio delle votazioni nominali in Assemblea.

RENATO BRUNETTA. Intervengo molto velocemente, anche per rispettare l'impegno dell'Assemblea. Ringrazio il Presidente Giampaolino che ha svolto una splendida relazione su questo testo. Vorrei fare solo alcune osservazioni di contorno.
Prima di tutto, questa è una grande occasione per noi e per l'Europa. Stiamo costruendo la costituzione economica materiale dell'Europa e del nostro Paese. Non ci deve, però, condizionare il momento storico congiunturale. Stiamo facendo tutto questo in un momento di crisi dell'Europa, dell'idea europea e dell'euro, ma non dobbiamo pensare a questa come a una strumentazione di risposta alla crisi. Non stiamo rispondendo alla crisi. Non stiamo stringendo i cordoni della borsa o dei meccanismi di bilancio. Un approccio di questo genere sarebbe spaventosamente riduttivo e pericoloso. Viceversa, stiamo costruendo un percorso di lungo periodo.
Quindi, dico a me stesso e ai relatori di fare attenzione perché la stessa modifica dell'articolo 81 della Costituzione non è passata senza discussioni e senza problemi, anche dal punto di vista teorico. Infatti, un'interpretazione troppo stretta del principio dell'equilibrio di bilancio - falsamente detto del pareggio di bilancio - rischierebbe di togliere ai governi qualsiasi possibilità di gestione della politica economica.
Man mano che il Presidente Giampaolino illustrava i singoli punti, mi tornavano alla mente Maastricht (perché tutto parte da lì), i trattati, il patto di stabilità interno, il patto di stabilità e crescita, le procedure di scostamento dai patti di stabilità, quindi le procedure di deficit eccessivo sulle quali si sta provando la coerenza dell'Europa; basta considerare l'esempio della Grecia. Non dimentichiamo che il patto di stabilità venne definito stupido, non più tardi di 10-11 anni fa, da Paesi come la Francia, la Germania e l'Italia e che, spesso, meccanismi


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di controllo eccessivamente rigidi rischiano di peggiorare la congiuntura e le relative politiche economiche e commerciali, come recentemente ci ha insegnato il Fondo monetario internazionale.
L'unico suggerimento che vorrei dare è - come ha detto il Presidente Giampaolino alla fine del suo intervento - quello di costruire un provvedimento strutturato, ma aperto a singole e ulteriori implementazioni. Per quanto riguarda il mio gruppo, questo sarà la filosofia da adottare. Grazie.

MARIO BACCINI. Sarò brevissimo. Vorrei porre solo due domande al Presidente Giampaolino, condividendo la sua analisi circa il fatto che la Corte dei conti è l'unico organismo - questo è importante - che può assicurare il controllo della tenuta complessiva del sistema finanziario pubblico, insieme all'organismo politico, cioè il Parlamento, che assicura il controllo politico degli atti attraverso l'attività di sindacato ispettivo.
Signor Presidente, l'applicazione dell'articolo 81 della Costituzione è fondamentale per la funzione di indirizzo politico del Parlamento italiano circa le attività dell'Esecutivo. Quindi, sulla verifica dell'applicazione dell'articolo 81 della Costituzione, la inviterei a controllare come gli uffici lo applicano sulle proposte del Parlamento. Infatti, in molte occasioni, la discrezionalità circa le coperture finanziarie può essere messa in discussione e può impedire un libero esercizio dell'attività politica. Per esempio, sulle rimodulazioni della revisione della spesa per rimettere a posto i conti e fare la lotta contro gli sprechi, spesso abbiamo invitato gli uffici dei ministeri e dei gabinetti dei ministri che applicano le rimodulazioni nei propri bilanci a far sì che esse siano a norma di legge. Invece, in molte occasioni, nel bilancio dello Stato, alcuni dirigenti e funzionari non lo fanno.
Invieremo un dossier al Presidente circa uno studio che stiamo facendo sull'abuso di potere e sulle distrazioni di bilancio da parte di alcuni dirigenti della pubblica amministrazione. Del resto, recuperare i danni fatti, anche agli enti collegati, è un problema molto grande. Con questo sentimento, condivido lo spirito e l'indirizzo di rafforzare anche in modo significativo la Corte dei conti perché la pubblica amministrazione ha bisogno di un controllo effettivo, visti i tempi che corrono.

ROBERTO OCCHIUTO. Vorrei porre solo una domanda. Com'è noto, l'ambizione di questa proposta di legge «rinforzata» è di dare concreta attuazione alla riforma dell'articolo 81 della Costituzione. In ordine alla relazione che ha presentato oggi, mi limito a rivolgerle una domanda che riguarda la norma della proposta che prescrive che, ove si riscontri uno squilibrio nei saldi degli enti locali, si obbligano gli stessi a un rientro nel triennio successivo. Nella sua audizione, ha detto, giustamente, che questa norma potrebbe essere troppo stringente rispetto alla situazione attuale e ha evidenziato che potrebbero esservi dei problemi per gli enti territoriali.
Le faccio questa domanda perché ho notizia che in alcune regioni l'opera che meritoriamente sta svolgendo la Corte dei conti attraverso le sezioni regionali sta producendo, per molti comuni, un aumento esponenziale delle iniziative rivolte all'attivazione della procedura del dissesto. Le chiedo, allora, se questa norma è sostenibile nell'attuale situazione finanziaria degli enti locali. Infatti, abbiamo l'obbligo di dare concreta attuazione all'articolo 81 della Costituzione così come l'abbiamo riformato, ma sbaglieremmo se scrivessimo una norma che, di fatto, non è sostenibile.

RENATO CAMBURSANO. Grazie, Presidente Giampaolino. La modifica della nostra Costituzione, in particolare dell'articolo 81, ma non solo, nasceva da provvedimenti europei, a partire dal patto Euro Plus al six pack, fino al Fiscal compact. Ora, avrà sicuramente letto la valutazione data da un noto studioso, già ministro di questa Repubblica, rispetto alla «nullità» - questo è il termine usato


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- e al carattere eversivo del provvedimento europeo, cioè del Fiscal compact, che sarebbe in contrasto con i Trattati.
Il sottoscritto è stato il primo - ma questo non ha importanza - a sollecitare, nel marzo del 2011, l'orientamento del Parlamento verso la predisposizione di una legge di riforma costituzionale. A ogni modo, queste osservazioni metterebbero in forte dubbio, addirittura con certezze di nullità, il provvedimento del Fiscal compact che sta alla base di quello che stiamo facendo, quindi, occorre svolgere una riflessione circa l'opportunità di procedere in questa direzione e la conciliabilità con gli impegni assunti dal nostro Governo e da questo Parlamento sia con la legge di riforma e con quella che stiamo facendo, sia con i Trattati che abbiamo sottoscritto. Come renderli, quindi, compatibili?

ROBERTO SIMONETTI. Ringrazio il Presidente della Corte dei conti delle relazioni sempre puntuali. Vorrei soffermarmi soprattutto sulla parte della proposta di legge legata agli enti locali, in particolare sugli articoli 9, 10 e 12.
Per quanto riguarda l'equilibrio, vorrei sapere se la Corte crede sia fattibile considerare, all'articolo 9, comma 1, anche una sorta di lettera c) per le casistiche di raggiungimento dell'equilibrio, qualora vengano considerati in equilibrio gli enti che presentino anche un disavanzo di cassa, nel caso in cui ciò sia dovuto alla presenza di residui attivi riguardanti i trasferimenti da altre amministrazioni. Infatti, un problema degli enti locali è avere molti residui attivi nei confronti della pubblica amministrazione statale, per cui, di fatto, dovrebbe essere possibile considerare anche questi come saldo positivo.
Vi è, poi, il comma 4 dell'articolo 9, che è abbastanza sibillino per gli enti locali perché se adesso approviamo una legge «rinforzata» per individuare le regole che tutti gli enti - dallo Stato al più piccolo comune - devono rispettare per far sì che i loro bilanci siano in equilibrio, lasciare la possibilità di prevedere ulteriori obblighi con leggi dello Stato a discapito dell'indipendenza e dell'autonomia degli enti locali mi pare eccessivo. Pertanto, dovremmo inserire questi vincoli adesso, nell'ambito di un dibattito parlamentare molto diffuso, senza la possibilità che, nel rispetto dei princìpi stabiliti da questo provvedimento, la legge dello Stato possa prevedere ulteriori obblighi a carico degli enti locali, altrimenti si aprono dei portoni che difficilmente possono essere considerati in termini democratici.
Per quanto riguarda, invece, il ricorso all'indebitamento, sarebbe interessante prevedere non solo una suddivisione verticale dell'ammontare dell'indebitamento all'interno della regione, ma anche orizzontale fra regioni, in modo tale da non disperdere delle possibilità che alcune regioni possono avere e trasferire ad altre regioni. Questo, peraltro, potrebbe avvenire anche per il patto di stabilità interno perché ci sono regioni che hanno un surplus in termini di patto e altre che non ne hanno, per cui potrebbero compensare le loro situazioni.
Lo stesso vale per l'articolo 12, comma 2, in cui si prevede che i comuni e gli enti locali partecipino al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Insomma, se non hanno sussistenze per coprire i loro debiti, non possiamo dir loro di coprire anche quelli dello Stato, cosa che, peraltro, stanno già facendo, come lei ha sempre ricordato, commentando tutte le manovre del Governo Monti. Sono stati, infatti, gli enti locali a concorrere al raggiungimento del pareggio del bilancio dello Stato con una tassazione locale trasportata a livello nazionale. Se, poi, dobbiamo arrivare a far sì che gli avanzi di amministrazione dei comuni debbano essere destinati all'ammortamento dei titoli di Stato, mi sembra eccessivo.

GIULIO CALVISI. Vorrei osservare che stiamo discutendo di un tema che ha una grande valenza politica, per cui non è soltanto una questione tecnica. Infatti, è in discussione il ruolo degli Stati nella politica di bilancio e in quella economica. Ora, noi attuiamo l'articolo 81 della Costituzione,


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ma, in verità, stiamo attuando il Fiscal compact, come diceva l'onorevole Cambursano.
In pratica, attuiamo il Fiscal compact con una legge «rinforzata». Tuttavia, questo è frutto di un'idea di politica economica e di bilancio che nel futuro - come diceva l'onorevole Brunetta - può anche cambiare, perché ci possiamo trovare di fronte a politiche su scala mondiale o praticate dall'Unione europea con meno ostilità, più sostegno alla domanda e più espansive. Vengo, allora, alla domanda che vorrei fare al Presidente e che avrei fatto anche ai relatori.
A fronte di un possibile cambiamento della politica economica a livello europeo, non rischiamo di trovarci con una legge che attua il Fiscal compact quando poi altri, a livello europeo, cambiano politica e lo superano? Insomma, c'è il pericolo che ci troviamo con i vincoli di una legge «rinforzata», mentre altri Stati possono praticare politiche espansive. Ecco, lei vede questo rischio? Pur non avendo studiato in maniera approfondita il provvedimento, mi domando, quindi, se non sia necessario prevedere un meccanismo automatico di adattamento alle modifiche che si fanno a livello di Unione europea. Mi pare, peraltro, che voi facciate anche un rilievo su questo punto.

LINO DUILIO. Le chiedo, se possibile e nelle forme che ritiene, una specificazione ulteriore circa l'identità della Corte dei conti e del Fiscal council. Lei ha detto che sono, in qualche modo, complementari e che il Fiscal council sarebbe organo di consulenza, che esercita funzioni strumentali e di servizio a favore del Parlamento. Più volte, però, in questa sede, lei stesso ha detto che la Corte dei conti si qualifica come organo di consulenza del Parlamento e del Governo. Ora, siccome le funzioni che andrebbero esercitate concernono la verifica degli andamenti di finanza pubblica, la valutazione dell'osservanza delle regole europee e così via, comprende bene che se ci fossero più soggetti che insistono sulla stessa materia e avessero valutazioni diverse, questo potrebbe comportare qualche problema.
Dico questo perché abbiamo l'esigenza, in prospettiva, di avere una situazione nella quale sia ben chiaro il perimetro di azione di ciascuno. Ora, possiamo darci una regolamentazione di tipo additivo, aggiungendo organismi ad organismi, oppure una in cui - come, peraltro, accade in altri Paesi - ci siano competenze specifiche che non si sovrappongono e non confliggono. Trattandosi di argomenti delicati, sarebbe apprezzabile che ci chiarisse meglio il suo pensiero circa questa complementarietà, che potrebbe essere sicuramente positiva per il nostro Paese.

AMEDEO CICCANTI. Sono d'accordo con il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione perché, se non fosse il Fiscal compact, sarebbero i mercati finanziari a farci ripensare l'equilibrio di bilancio, anche perché, comunque, si va verso quell'omogeneità fiscale che costituisce una condizione che ci potrebbe portare agli Eurobond.
Detto questo, signor Presidente, mi domando se la problematica che ha posto sulla questione del bilancio dello Stato, cioè della legge di bilancio come legge sostanziale, in cui all'interno delle allocazioni finanziarie fra le missioni e i programmi vengono trovati gli equilibri anche assorbendo eventuali «fattori legislativi» (nella sua relazione non è escluso che ciò possa accadere), non alteri il rapporto costituzionale tra Parlamento e Governo, posto che il potere fondamentale del Parlamento è quello di allocare risorse con leggi sostanziali, cosa che per più di 60 anni ha guidato tutta la nostra storia.
Ora, con la legge sostanziale di bilancio e con il fatto che con le rimodulazioni si possono modificare - come diceva il collega Baccini - anche le spese determinate da fattori legislativi, il potere parlamentare di legiferare diventa un potere di valutazione e verifica ex post rispetto alle scelte del Governo che, per mantenere gli equilibri di bilancio, possono anche alterare questo rapporto. Nella sua relazione i problemi costituzionali sul punto non sono stati posti, ma è stata accennata la questione.


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Pertanto, vorrei capire se può essere approfondito questo aspetto.
Passando all'ultima domanda, non ritiene che il fatto che gli avanzi strutturali degli enti locali, nelle fasi favorevoli del ciclo economico, debbano essere messi a favore del debito pubblico incida sulla virtuosità degli enti locali stessi? Insomma, molti enti possono avere un ciclo economico favorevole proprio perché c'è stata virtuosità, quindi si rischia, appunto, che la virtuosità degli enti locali venga meno. Ricollegandomi poi, anche all'osservazione dell'onorevole Simonetti le chiedo, in sostanza, se questo aspetto è da correggere nella proposta di legge «rinforzata» che abbiamo presentato oppure va bene così?

PRESIDENTE. Siccome tra qualche secondo inizierà l'Assemblea, non vorrei limitarla troppo, Presidente Giampaolino, cosa che sarebbe davvero scortese. Tuttavia, abbiamo degli obblighi precisi, per cui le do la parola per una brevissima replica, dopodiché attendiamo le sue risposte scritte.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Alcuni problemi sono di carattere talmente generale e impegnativo che forse richiedono un ulteriore approfondimento. In verità, pensavamo che nel documento che abbiamo depositato vi fossero indicazioni per alcuni dei problemi che sono stati sollevati, ma evidentemente non sono state sufficienti. Pertanto, approfondiremo i temi di carattere più speciale e, per quelli più generali, integreremo il documento. Per le sollecitazioni che ci provengono dagli onorevoli Baccini e Simonetti sull'azione della Corte, possiamo assicurare che ne terremo conto.
Per il resto, vi faremo pervenire le integrazioni sugli elementi sia strutturali sia organizzativi, derivanti dal nuovo articolo 81 della Costituzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Giampaolino del prezioso contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,35.

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