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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
4.
Mercoledì 5 dicembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 5603, RECANTE DISPOSIZIONI PER L'ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DEL PAREGGIO DI BILANCIO AI SENSI DELL'ARTICOLO 81, SESTO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea, Lucio Pench:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 7 12 16
Calvisi Giulio (PD) ... 11
Cambursano Renato (Misto) ... 10
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 7
Duilio Lino (PD) ... 8
Giorgetti Alberto (PdL) ... 9
Pench Lucio, Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea ... 3 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di mercoledì 5 dicembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 13,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea, Lucio Pench.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 5603, recante disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, l'audizione del Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea, Lucio Pench.
Do subito la parola al dottor Lucio Pench, che ringrazio per aver accettato il nostro invito, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine del suo intervento, domande e formulare osservazioni.

LUCIO PENCH, Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea. Ringrazio il signor presidente per avermi invitato a partecipare a quest'indagine conoscitiva, che si colloca sullo sfondo di profondi mutamenti nella governance economica europea in risposta alla crisi ancora in atto.
Senza scendere nel dettaglio, per il quale rimando alla relazione scritta che, con il permesso del presidente, deposito agli atti, consentitemi di ricordare per sommi capi i principali sviluppi di questa riforma della governance economica europea.
Una prima serie di riforme ha rinnovato il quadro esistente delle regole di sorveglianza delle politiche di bilancio attraverso il pacchetto legislativo noto come six-pack, che comprende, da un lato, innovazioni significative per quanto riguarda il Patto di stabilità e crescita e, dall'altro - forse questo è l'elemento più innovativo - l'integrazione di questa disciplina comunitaria da parte di una nuova direttiva sui quadri nazionali per i processi di bilancio che impone requisiti minimi in materia di contabilità e statistiche, previsioni macroeconomiche, regole di bilancio numeriche, quadri di medio termine e trasparenza delle procedure di bilancio.
Con il proseguire della crisi, essendovi stata la riforma del Patto, alla quale ho fatto riferimento dianzi, e gli altri regolamenti collegati essendo stati adottati definitivamente alla fine del 2011, la Commissione ha inteso rafforzare il quadro di sorveglianza per i Paesi dell'area dell'euro con due nuove proposte di regolamento, il cosiddetto two-pack. Di queste, la proposta che riguarda la sorveglianza comprende, in particolare, un esame annuale da parte


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della Commissione dei bilanci predisposti dai Governi in attuazione dei programmi di stabilità e aggiungendo nuovi requisiti di sorveglianza per quanto riguarda i Paesi sottoposti alla procedura per deficit eccessivo.
Infine e più o meno nello stesso torno di tempo, i Capi di Stato e di Governo dei 25 Stati membri, tutti gli Stati dell'Unione con l'esclusione del Regno Unito e della Repubblica Ceca, hanno deciso di dare un ulteriore impulso politico alle riforme con la firma del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica monetaria, il cui titolo III, il principale, disciplina le politiche nazionali di bilancio e va sotto il nome di fiscal compact.
Il fiscal compact non innova tanto nella sostanza rispetto alle regole già contenute nel Patto di stabilità - in particolare, l'obbligo di raggiungere gli obiettivi di medio termine rispecchia le regole già in vigore a livello europeo - ma i Capi di Stato e di Governo, da un lato, hanno deciso di fissare limiti più rigorosi rispetto a quelli previsti dal vigente quadro normativo e, dall'altro, hanno soprattutto cercato di integrare questo quadro normativo con una serie di strumenti, principalmente il cosiddetto meccanismo di correzione automatica, che dovrebbero, nell'intenzione dei contraenti, rafforzare, in combinazione con la creazione di un organismo indipendente, l'efficacia delle norme già presenti a livello europeo.
In Italia, come sapete, l'introduzione di una regola di bilancio in pareggio nella Costituzione ha preceduto la firma del fiscal compact e, in un certo senso, ha anticipato gli orientamenti previsti. L'Italia è anche uno degli otto Paesi tra quelli che fino a oggi hanno già ratificato il trattato intergovernativo. La scelta di una legge «rinforzata» per dare attuazione al nuovo principio costituzionale del pareggio di bilancio conferma, a nostro avviso, l'orientamento di piena adesione dell'Italia agli obiettivi della riforma della governance europea.
Permettetemi di rilevare, a questo punto, una serie di elementi importanti e positivi che confermano tale orientamento: in primo luogo, la coerenza pressoché completa con le definizioni utilizzate dal Patto di stabilità e crescita e dal fiscal compact per quanto riguarda, ad esempio, l'insieme delle amministrazioni pubbliche; la formulazione del bilancio in pareggio attraverso l'uso del saldo in termini strutturali; la definizione delle circostanze eccezionali che autorizzano uno scostamento dall'obiettivo; la definizione dell'obiettivo stesso.
Ulteriore coerenza si trova, per quanto riguarda gli strumenti previsti, in particolare la regola sulla spesa, il meccanismo di correzione e l'organismo indipendente. Farò alcuni rilievi che portano proprio su questi strumenti.
Sono da notare, infine, il coinvolgimento di regioni ed enti locali nel raggiungimento del pareggio di bilancio attraverso la previsione di un loro contributo all'aggiustamento strutturale e alla riduzione del debito della pubblica amministrazione; il forte orientamento al medio termine del quadro programmatico di bilancio, peraltro già in vigore con legge ordinaria dal 2009, che nell'aprile 2011 è stata esplicitamente adeguata alle esigenze del six-pack.
Nel complesso, quindi, si tratta di un impianto valido e articolato, frutto senz'altro di un accurato lavoro preparatorio, ma che probabilmente riflette anche la consapevolezza politica, in Italia come in altri Paesi, della necessità di aumentare l'affidabilità e la trasparenza dei conti pubblici nei confronti degli osservatori e dei mercati.
Al tempo stesso, nell'attuale proposta di legge si riscontrano alcuni elementi che, a nostro modesto avviso, potrebbero essere migliorati. Come ho già accennato, queste criticità riguardano essenzialmente tre elementi: il carattere vincolante delle regole e degli obiettivi di spesa; alcuni aspetti legati al funzionamento del cosiddetto meccanismo di correzione; l'autonomia dell'organismo indipendente, il cosiddetto fiscal council.
Vengo al primo elemento. L'articolo 5 della proposta di legge «rinforzata» introduce


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una regola che limita la crescita della spesa al netto delle misure discrezionali dal lato delle entrate completamente coerente con quanto previsto, a livello europeo, specificamente nella parte cosiddetta preventiva del Patto di stabilità. Questo rappresenta, senz'altro, un passo avanti, che a nostro avviso, tuttavia, potrebbe essere reso più fermo attraverso alcuni accorgimenti: in primo luogo, limitando la possibilità di rivedere annualmente i tetti pluriennali di spesa per il periodo restante dell'orizzonte programmatico che li trasforma, di fatto, in tetti annuali. Sarebbe preferibile, a nostro avviso, limitarsi a revisioni al margine, o a «scorrimento», sull'ultimo anno dell'orizzonte secondo il modello di una serie di Paesi europei generalmente considerati come modelli in materia di disciplina fiscale, come la Svezia o i Paesi Bassi.
Ciò, naturalmente, aprirebbe la questione di un'eventuale necessità di adattare i tetti nominali a eventuali significativi scostamenti cumulati dell'inflazione rispetto a quanto previsto. Il modo per raggiungere quest'obiettivo sarebbe una formulazione dei tetti pluriennali in termini reali prevedendo un possibile aggiornamento sulla base dell'aggiornamento delle previsioni di inflazione.
Sottolineerò altri rilievi forse di minore importanza. Per quanto riguarda le amministrazioni locali, sarebbe forse opportuno prevedere in maniera più precisa i limiti annuali alle spese, al di là della corrente formulazione che parla di un generico arco di tempo pluriennale, e definirli in coerenza con quanto previsto per lo Stato.
Infine, la legge rinforzata sembra lasciare una certa indeterminatezza sull'opportunità o meno che il Governo riferisca alle Camere quando verifichi il rischio di superamento del livello massimo di spesa. Sembrerebbe opportuno imporre in maniera più esplicita un obbligo di giustificazione da parte dell'amministrazione responsabile all'uopo raccordato con il ruolo dell'organismo indipendente.
Il secondo punto dei miei rilievi critici concerne il meccanismo di correzione. Come accennavo, questa è una delle innovazioni più importanti introdotte dal fiscal compact rispetto al quadro complessivo degli obblighi in materia di disciplina di bilancio che già si trovano nel Patto di stabilità.
La proposta di legge rinforzata, agli articoli 7 e 8 e, per gli aspetti di interazione con la clausola di salvaguardia, all'articolo 6, complessivamente è ampiamente conforme alle indicazioni fornite dalla Commissione europea nella sua recente comunicazione sui princìpi informativi di questi meccanismi in risposta al mandato conferitogli dal trattato intergovernativo.
In particolare, come già sottolineato, la scelta della legge rinforzata rappresenta uno strumento particolarmente forte per dare veste legale al meccanismo di correzione; allo stesso modo, la definizione di scostamento rispetto all'obiettivo, quella di circostanze eccezionali e anche la correzione minima da attuarsi in seguito al venir meno di queste circostanze sono completamente coerenti con la definizione degli obblighi del Patto di stabilità e crescita.
Anche la natura della correzione, in particolare l'indicazione esplicita nella proposta di legge che il meccanismo debba assicurare il conseguimento dell'obiettivo programmatico strutturale a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è accertato lo scostamento, è coerente con i princìpi elaborati dalla Commissione europea.
Vorrei adesso soffermarmi su alcuni aspetti che, invece, si prestano a qualche rilievo critico. In primo luogo, il Governo sembra avere un ampio potere discrezionale circa l'attivazione del meccanismo laddove i princìpi elaborati dalla Commissione nella comunicazione a cui facevo riferimento prevedono esplicitamente un ruolo per gli organismi indipendenti di analisi e verifica della finanza pubblica. A nostro avviso, sembrerebbe opportuno attribuire a tale organismo l'iniziativa di richiedere l'attivazione del meccanismo di


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correzione, lasciando al Governo il compito di reagire sulla base del principio del comply or explain.
Un secondo elemento sul quale, forse, sarebbe opportuno avere maggiore chiarezza riguarda il carattere vincolante delle correzioni previste nei documenti di programmazione e di bilancio per tutti gli anni compresi nel periodo di correzione, in linea con un'esplicita indicazione della comunicazione della Commissione per quanto riguarda l'aspetto della natura della correzione.
Infine, ci parrebbe auspicabile che il meccanismo contenesse ulteriori indicazioni circa la natura degli interventi correttivi, che nella formulazione attuale è lasciata completamente alla discrezione del Governo, per esempio prevedendo interventi dal lato della spesa se il verificarsi dello scostamento coincidesse con un mancato rispetto della regola della spesa di cui abbiamo appena discusso.
Vengo ora al terzo punto critico, che riguarda la costituzione di un organismo indipendente per l'analisi e la verifica degli andamenti di finanza pubblica e la valutazione dell'osservanza delle regole di bilancio, previsto dagli articoli 16, 17 e 18 della proposta di legge rinforzata.
La creazione di questi organismi rappresenta un'innovazione importante che ha trovato un primissimo riscontro, ancorché abbastanza generale, nella direttiva sui quadri nazionali di bilancio cui ho fatto riferimento precedentemente e ha avuto un più netto riconoscimento da parte del fiscal compact, in particolare in collegamento con il funzionamento del meccanismo di correzione.
Vorrei, anzitutto, porre l'accento sulla scelta del legislatore costituzionale di collocare l'organismo presso il Parlamento e non al suo interno, distinzione a nostro avviso importante per affermare la cosiddetta non-partisanship dell'organismo, che è cosa diversa da una bipartisanship. Ciò è in linea con i requisiti di elevata autonomia elaborati nella già citata comunicazione della Commissione al riguardo di questi organismi.
Prendiamo atto della scelta, nella proposta, di un modello collegiale anziché monocratico, ristretto a tre membri nominati dai Presidenti delle Camere, anche se a nostro avviso forse il modello monocratico meglio si presterebbe ad affermare sin dall'inizio l'autorevolezza del nuovo organismo. In ogni caso, per rafforzare l'immagine di piena indipendenza da qualsiasi condizionamento politico nazionale, la nomina di «persone di riconosciuta indipendenza e comprovata competenza» si rivelerà essenziale.
Alcuni aspetti, come accennavo, della normativa prevista si prestano ad alcuni rilievi critici, anche alla luce dei princìpi ripetutamente sopracitati. Tali criticità concernono, essenzialmente, i seguenti punti, non necessariamente in ordine di importanza.
Per quanto riguarda la revoca del presidente o dei membri dell'Ufficio parlamentare di bilancio, sarebbe forse opportuno specificare le ragioni obiettive che possono portare alla revoca, ad esempio in caso di grave mancanza ai doveri d'ufficio, una formulazione adottata nella costituzione di fiscal council di altri Paesi dell'Unione europea.
Un punto, a nostro avviso, importante riguarda le procedure di reclutamento del personale, che dovrebbero essere trasparenti e aperte sulla base esclusiva della competenza. Alla luce di questo principio, non sembra opportuno prevedere un reclutamento riservato in parte o in maggior parte a personale distaccato da altre amministrazioni o, addirittura, prioritariamente allo staff permanente del Parlamento, anche se possiamo comprendere che le competenze ricercate si possono largamente trovare presso queste istituzioni. Al riguardo, una nostra breve ricerca non segnala casi di altri Paesi nei quali esista una riserva o preferenza per il trasferimento dello staff da un'amministrazione in particolare. Infine, gli stessi princìpi di trasparenza e apertura dovrebbero, a nostro avviso, applicarsi anche alla nomina del direttore generale dell'Ufficio e del suo eventuale vicedirettore.


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Il penultimo punto riguarda le funzioni dell'Ufficio, che, grossomodo, sembrano essere in linea con quanto previsto dal fiscal compact e dalla direttiva sui quadri nazionali, che si concentrano sul funzionamento del meccanismo di correzione e il rispetto delle regole di bilancio.
Benché mi renda conto che si tratta di una questione in parte di tecnica legislativa, sarebbe forse opportuno prevedere una migliore specificazione dei modi e dei tempi di intervento dell'organismo nelle diverse fasi di preparazione ed esecuzione del bilancio, in particolare, rifacendomi al mio precedente rilievo in ordine al funzionamento del meccanismo di correzione, disciplinando esplicitamente il ruolo dell'organismo indipendente in relazione all'attivazione del meccanismo correttivo.
Sarebbe forse opportuno, data la collocazione dell'organismo presso il Parlamento e per evitare rischi di sovraccarico, chiarire la distinzione tra il mandato dell'ufficio e le competenze degli attuali servizi di supporto delle attività della Camera, preferibilmente limitando le funzioni dell'organismo indipendente a quelle essenziali per lo svolgimento del suo mandato, così come delineato nel fiscal compact e nella legislazione europea.
L'ultimo punto riguarda il cosiddetto principio del comply or explain. I princìpi della comunicazione a cui facevo riferimento richiedono che tale principio funzioni nel modo seguente: il Governo è tenuto ad aderire alle valutazioni dell'organismo indipendente o, nel caso in cui scelga di disattendere a dette valutazioni, di darne pubblica spiegazione. Questo non prevede un necessario coinvolgimento del Parlamento ancorché possa essere auspicabile. Limitare, però, l'obbligo per il Governo di fornire spiegazioni ai soli casi di richiesta esplicita delle Camere non sembrerebbe coerente con i princìpi citati.
Permettetemi di concludere sottolineando che, a nostro avviso, l'adozione della legge rinforzata nei termini previsti dalla legge costituzionale, abbastanza urgenti e tassativi - se non erro, il 28 febbraio 2013 - rappresenta un importante segnale che l'Italia può dare della ritrovata credibilità della condotta delle proprie finanze pubbliche.
Tuttavia, al di là del messaggio che si vuole dare all'Europa, ritengo che rappresenti anche un importante passo avanti nell'interesse del Paese, in quanto si tratta di una serie di regole che nel loro complesso sarebbe nell'interesse dell'Italia adottare anche qualora non fossero imposte da un trattato internazionale o dalla legislazione comunitaria.

PRESIDENTE. La ringrazio. Mi sembra che con stile europeo, in modo secco e puntuale, siano stati posti i temi di discussione. Tra l'altro, per quanto riguarda quest'organismo indipendente, nell'audizione di questa mattina abbiamo colto l'accento di un organo potenzialmente strumento del Parlamento contro il Governo, mentre adesso abbiamo colto un altro accento. In realtà, il vero pericolo per il Governo non arriverebbe, a questo punto, dal Parlamento e dall'utilizzo dello strumento, ma dallo strumento stesso dell'organismo, come sembra abbiamo evidenziato.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

AMEDEO CICCANTI. Il discorso secondo il quale l'organismo indipendente potrebbe pubblicamente chiedere spiegazioni al Governo sugli scostamenti dall'equilibrio strutturale a medio termine del bilancio, francamente mi lascia molto perplesso. Noi siamo una Repubblica parlamentare. Può essere utile per la Francia o per qualche altro Stato, ma non per noi.
Capisco che il fiscal compact sia stato costruito per tener conto dei diversi livelli di Governo e di controllo parlamentare eventualmente presenti in qualche altro Paese, ma per l'Italia è come strappare una pagina del Vangelo. Noi siamo una Repubblica parlamentare e non ci rinunciamo. Lei definisce non opportuna la limitazione di tale obbligo per il Governo ai soli casi di richiesta esplicita delle Camere: francamente, le chiedo le ragioni


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di questa sua posizione, le chiedo su cosa si fonda.

LINO DUILIO. La ringrazio, anzitutto, di questa comunicazione. Vorrei esordire dicendo che alcune sue osservazioni relative alla struttura di quest'organismo - parto dal fiscal council - sono state oggetto anche di nostre riflessioni. Ovviamente, rispetto al testo iniziale, le considerazioni circa la strutturazione che presiede la valutazione dell'andamento della finanza pubblica e di tutto il resto tengono conto dell'arricchimento che deriva dal confronto con soggetti autorevoli che abbiamo cominciato ad audire, con confronti al nostro interno, per arrivare a definire, nel quadro di ciò che ci è raccomandato a livello comunitario, il meglio delle nostre decisioni.
Certamente, deve trattarsi di un equilibrio che tenga conto del fatto che siamo una Repubblica parlamentare, come ricordava il collega. Occorre anche tener conto, nello stesso tempo, del fatto che siamo tutti interessati e decisi a rimettere sotto controllo la finanza pubblica e, per quanto ci riguarda, più specificamente adottare una serie di decisioni che, progressivamente, ci facciano rientrare sul versante del debito e mettere sotto controllo i flussi e le grandezze che in questi anni hanno portato anche ad accumulare, come sappiamo, un debito consistente.
Ciò premesso, vorrei ricordare semplicemente che stiamo valutando, per esempio, ciò che lei giustamente ha annotato come acquisito da parte nostra, ma ancora acquisito non è, in verità, ossia che vi sia una struttura collegiale piuttosto che monocratica. La valutazione è ancora in corso. Abbiamo ascoltato opinioni autorevoli dai nostri interlocutori che, per esempio, portavano a prediligere la struttura monocratica piuttosto che collegiale. Anche alcuni di noi si orienterebbero in questa direzione. Non è escluso che si arrivi - lo valuteremo - a prefigurare la struttura di quest'organismo con un vertice monocratico e non collegiale.
Per quanto riguarda le altre valutazioni, anche su questo stiamo confrontandoci. Entro le ore 17 di oggi valuteremo gli emendamenti presentati dai colleghi e, come relatori - io sono uno dei due correlatori - cosa proporre ai nostri colleghi anche per quanto riguarda il resto della struttura. Mi soffermo su questo perché il fine, ovviamente, deve essere congruente con il mezzo. Il modo in cui è organizzato l'organismo non è indifferente sui risultati che produce. Personalmente, per esempio, sono abbastanza d'accordo su quanto osservava a proposito della composizione dell'organismo, la sua selezione e il reclutamento.
Detto in parole semplici, per non essere ridondante, ritengo che quest'organismo non debba essere né esplicitamente né surrettiziamente una filiazione del Parlamento - della Camera, del Senato o di altro - ma avere persone assolutamente qualificate e di eccellenza e che servano a perseguire e conseguire un obiettivo sul quale mi vorrei soffermare brevissimamente.
Abbiamo immaginato e immaginiamo che, nella dialettica Parlamento-Governo, che è quella tradizionale, si inserisca oggi come dato costitutivo della realtà che viviamo il tema dell'Unione europea e delle regole definite in ambito comunitario. A una linea si sostituisce, quindi, una triangolazione: il Parlamento italiano nella sua sovranità, evidentemente, tiene conto, però, di ciò che è definito a livello comunitario e interloquisce col Governo e con i livelli di Governo subnazionali affinché questi obiettivi siano perseguiti e conseguiti.
In questo senso, giudichiamo quello di cui stiamo parlando come un organismo che, nella sua indipendenza, sovrintenda al monitoraggio e alla valutazione della situazione economica, dell'andamento delle grandezze, degli scostamenti rispetto agli obiettivi che ci si è dati come Governo e così via, consegnando al Parlamento, nella sua indipendenza, e al Governo, valutazioni che nella dialettica Parlamento-Governo, che rimane, consentano di apportare quelle correzioni, di verificare gli


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andamenti affinché il tutto corrisponda a ciò che è stato stabilito a livello comunitario.
Qui credo si tratti di intendersi: non lo vediamo - in questo forse raccolgo una preoccupazione del collega - come un organismo che si sostituisca al Parlamento, per cui, si realizza una dialettica tra Governo e organismo anche a prescindere dal Parlamento. Evidentemente, l'organismo, nell'ambito di ciò che è definito a livello comunitario, che intendiamo perseguire e conseguire, nella sua indipendenza ed eccellenza - usiamo questo termine auspicabile - deve servire al conseguimento degli obiettivi e della causa.
Su questo, mi piacerebbe delineare una specificazione ulteriore dell'organismo perché si costituiscano le caratteristiche di cui parlavamo circa il suo vertice e la sua composizione, ma si definiscano le sue competenze in modo che sia un organismo indipendente, che però non interferisca rispetto a poteri democratici che intendiamo esercitare nell'orizzonte comunitario che citavo. Spero di non essere stato criptico.
Tra le competenze di quest'organismo vi è un'attività di analisi, verifiche e valutazioni con riferimento alle previsioni e agli andamenti di finanza pubblica, compresa l'attivazione dell'utilizzo del meccanismo correttivo di cui all'articolo 8. Non ci è estranea la preoccupazione che dobbiamo mettere sotto controllo queste grandezze ed evitare che non si ottengano i risultati che intendiamo conseguire.
Non entro nel merito più specifico della questione degli scostamenti, del debito e così via. Ne abbiamo parlato anche stamattina. Nell'ambito dell'autonomia del Governo, con i saldi che siano evidentemente programmati e rispettati, come si muove il Governo e cosa succede quando vi sono scostamenti per quanto riguarda le correzioni, che bisogna introdurre, e la valutazione dell'impatto sul debito degli stessi scostamenti?
Qualche organismo, come la Banca d'Italia, ha osservato che si potrebbe anche ipotizzare un conto nozionale che affianchi al percorso virtuoso del rientro dal debito anche ragionamenti e misure ad hoc relativi alla gestione dei possibili scostamenti. Stiamo valutando. La nostra preoccupazione, ovviamente, è di evitare che questo rappresenti un fattore di ulteriore irrigidimento, nella consapevolezza che il percorso di rientro dal debito deve comunque essere la stella polare e la strada maestra. La Banca d'Italia sostiene che bisognerebbe prefigurare questo conto nozionale in situazioni di ciclo economico che lo consentano e quando, comunque, non si fosse sul percorso virtuoso di rientro dal debito, ma sono ancora valutazioni in corso.
La nostra preoccupazione è che, nel condividere in pieno ciò che abbiamo peraltro sottoscritto a livello comunitario, siano utilizzati margini - vorrei che non si equivocasse sul termine - di flessibilità che concilino la realizzazione di questi risultati con la gestione concreta degli interventi a favore del tessuto sociale ed economico del Paese affinché sull'altare della stabilità non si produca, paradossalmente, una eterogenesi dei fini. Il discorso della stabilità non può andare a detrimento dell'altra preoccupazione, che anche in sede comunitaria si ha, della crescita del Paese, in sostanza di un sistema che non finisca in recessione o addirittura in stagnazione.

ALBERTO GIORGETTI. Riprendendo l'ultima considerazione dell'onorevole Duilio, relativamente al fatto che è evidente che gli Stati nazionali tendono, così come i Parlamenti, a mantenere - sarò molto diretto - delle prerogative nella speranza che la politica possa, ovviamente, determinare degli effetti virtuosi di crescita, laddove la priorità fino a oggi è stata sicuramente il tema del rigore e del controllo della spesa.
In questa logica, vorrei avere conferma della mia interpretazione, che magari sarà esasperata nella forma, degli ultimi punti della sua relazione molto circostanziata e interessante e per la quale anch'io mi associo nei ringraziamenti. Questi danno l'immagine dell'organismo previsto dalla proposta di legge come di un'autorità


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sostanzialmente indipendente, terza, staccata dalle dinamiche parlamentari, se non nel momento in cui avviene la designazione dell'organo, e che sostanzialmente rappresenta la vera «controparte» dell'azione del Governo, in cui tutte le considerazioni nel merito del ruolo del Parlamento sembrano, a questo punto, attribuire a quest'ultimo un'attività di ratifica delle scelte del Governo o, eventualmente, come protagonista di azioni che possono andare, però, se è questa la tesi della Commissione europea, nel senso delle indicazioni che darà l'autorità.
L'impressione è che si istituisca un soggetto terzo che abbia questa forza anche dal punto di vista dell'opinione e delle informazioni nei confronti della Commissione. Forse esagero, ma rilevo questo tipo di approccio proprio negli aspetti che sono stati da lei correttamente, peraltro, rappresentati nella sua relazione, come il tema della revoca del presidente e dei membri del consiglio, rispetto a cui si sottolinea l'aspetto relativo alla grave mancanza ai doveri dell'ufficio - quindi rispetto a temi che riguardano l'obiettivo dell'attività dell'organismo -, e del valore del reclutamento del personale, sicuramente un aspetto di assoluto rilievo.
In particolar modo, relativamente alle funzioni previste, asserisce che appare notevole l'assenza di menzione del ruolo dell'organismo nelle altre disposizioni sostanziali della proposta di legge, in particolare quelle che danno attuazione allo stabilimento dell'obiettivo programmatico corretto per il ciclo, la regola sulla spesa, la constatazione di eventi eccezionali, il meccanismo correttivo e la predisposizione della legge di bilancio dello Stato. È uno scenario, per dirla con grande semplicità e con grande onestà, molto più «stringente» rispetto a quello che stiamo discutendo anche in queste ore.
Inoltre, lei rileva che, data la collocazione dell'organismo presso il Parlamento, per evitare che siano lese la sua efficienza operativa e la sua autonomia funzionale, occorrerebbe chiarire meglio la distinzione tra il mandato dell'ufficio e le competenze degli attuali servizi di supporto all'attività delle Camere. Avevamo già rilevato l'esigenza di chiarezza sul ruolo, ma anche, a mio modo di vedere, sulle possibili interpretazioni o commistioni per una strumentalizzazione parlamentare dell'attività dell'autorità.
La sua analisi si chiude con il tema del principio del comply or explain, dove effettivamente si chiarisce un aspetto che avevamo dibattuto anche questa mattina e che è ancora più chiaro. Il Parlamento, cioè, non è sicuramente la controparte dell'autorità, ma l'autorità deve poter parlare, agire e, evidentemente, fare delle valutazioni pubblicamente, a prescindere dalla stimolazione o dal richiamo del Parlamento.
Credo che i fattori rapidamente ricordati diano anche una dimensione molto più chiara, ma anche - vorrei rappresentarlo ai colleghi - molto più forte dal punto di vista del rapporto con il Parlamento e dell'innovazione sostanziale. Non si tratta, sotto questo profilo, di un'autorità che aiuterà nelle valutazioni e a dare elementi propositivi per quello che riguarda il raggiungimento degli obiettivi di bilancio del six-pack, del fiscal compact o altro, ma che rappresenterà un punto di riferimento a tutti gli effetti di controparte dell'azione di Governo in materia di politica economica e di politica di controllo della spesa pubblica.
Ho un po' esasperato il quadro. Siccome, però, in questo momento stiamo discutendo sul fatto che, in fondo, la riserva mantenuta dallo Stato nazionale in materia di politica economica, fiscale e di governo della spesa pubblica si riduce ormai al lumicino, vorrei capire quanto, rispetto a queste indicazioni, alla fine l'Europa si attende per davvero che sia recepito dai Parlamenti nazionali.

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio il dottor Pench perché, dato il suo ruolo di direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale degli affari economici e finanziari della Commissione europea, può fornirci una lettura più autentica di quanto sta avvenendo in Europa.


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Mi pare di poter affermare, in estrema sintesi, che nelle audizioni di ieri si evidenziasse un eccesso di flessibilità nella proposta di legge al nostro esame, che nelle audizioni odierne si compensa. Addirittura, se ho inteso bene, si leggerebbe una necessità di minore flessibilità, quindi di una maggiore «rigidità». In medio stat virtus, quindi mi verrebbe da dire che la nostra proposta coglie gli uni e gli altri sentimenti.
Al di là delle battute, credo sia importante un testo che non serva solo all'oggi, ma soprattutto al domani, auspicabilmente, immaginando che la questione del rigore prima o poi non sia dimenticata, ma passi in secondo ordine perché, finalmente, abbiamo cambiato registro e abbiamo messo in ordine le cose in casa e stiamo guardando all'altra faccia della medaglia, ossia crescita e sviluppo.
A tal proposito, credo non le sarà sicuramente sfuggita, direttore, la presa di posizione piuttosto forte da parte di un illustre italiano, anche cultore del diritto internazionale, che ha definito il fiscal compact «nullo», addirittura uno strumento eversivo, invitando, da una parte, l'Europa a rivedere le posizioni e, dall'altra, gli Stati europei a non tenerne conto e a ritornare all'origine, cioè al Trattato, alla regola del 3 per cento di deficit.
Non sono, ovviamente, un sostenitore di questa tesi, ma mi corre l'obbligo di cominciare a ragionare su quali strumenti adoperare e come coniugarli con questa legge rinforzata e nel rispetto della legge costituzionale, come si può venire finalmente a prendere il toro per le corna, come si suol dire, e avviare una crescita in questo nostro Paese. Diversamente e ancora con una battuta, il rischio è che di rigore si muoia.
Pongo a lei la stessa questione rivolta stamane al direttore centrale per la ricerca economica e le relazioni internazionali della Banca d'Italia. L'unico strumento di questo Paese per ripartire è quello degli investimenti, come qualsiasi altro nell'accezione ampia del termine. È noto, inoltre, che ormai, soprattutto nel settore delle infrastrutture, ma non solo, le autonomie locali sono quelle che più dello Stato centrale investono, o meglio investivano, e parliamo di investimenti veri, ma con la rigidità che intravediamo all'interno del sistema - che oltretutto subordina gli investimenti delle autonome locali a una sorta di stanza di compensazione su base regionale - rischiano che tale attività di investimento si blocchi ancora ulteriormente. Giudicherei questo un ulteriore freno agli investimenti. Vorrei sapere cosa ne pensa, soprattutto della seconda faccia della medaglia, ossia come coniugare questo discorso con quello della crescita.

GIULIO CALVISI. Sono arrivato un po' tardi, ma ho letto la sua relazione e ho notato un contenuto molto interessante, grazie al quale si comprende da che parte stia, dove propenda il suo pensiero. È chiaro che, se la questione che stiamo discutendo oggi, è non solo di natura tecnica, ma soprattutto di grande rilevanza politica, nel senso che attiene al ruolo della politica nella definizione delle politiche economiche e di bilancio, anche guardando alle sue conclusioni ho capito da che parte va il suo pensiero su questo punto.
C'è stata un'apertura della Commissione europea alla proposta italiana sulla golden rule, ossia allo scorporo degli investimenti produttivi dal calcolo del deficit. Se esiste un percorso, naturalmente non sarà intrapreso subito, ma è la prima volta che si verifica un'apertura del genere. Non si delibererà subito, ma è ipotizzabile prevedere, soprattutto se c'è un cambio di direzione politica in molti Paesi dell'Unione europea, compreso il nostro, che anche grazie ai sostenitori della crescita e di un forte intervento dello Stato nell'economia e nelle politiche di bilancio una cosa del genere possa effettivamente verificarsi.
Esiste il rischio, nel caso in cui passi un'indicazione a livello europeo di questo genere, che rimaniamo - lei ha letto la proposta di legge - prigionieri di una legge rinforzata senza la possibilità di fare nulla. Gli altri potrebbero, quindi, fare gli investimenti, attivare politiche di sostegno


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alla domanda, mentre noi saremmo prigionieri di una legge rinforzata.
Penso che questo sia uno dei punti centrali della discussione che stiamo affrontando, e quindi probabilmente - lo dico ai relatori - mi pare che dovremo tendere sempre di più a una legislazione di rinvio. Oggi il quadro europeo è questo; se, però, il quadro europeo si evolve, è chiaro che dobbiamo avere l'abilità e gli strumenti legislativi per adattarci a questo quadro che si muove e non rimanere prigionieri di una legge rinforzata che, nella dialettica maggioranza e opposizione, non è poi così facile da superare con la semplice coesione parlamentare o con la semplice iniziativa del Governo.
Vorrei conoscere la sua opinione su questo punto che mi sembra fondamentale.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Pench per la replica.

LUCIO PENCH, Direttore per le politiche di bilancio presso la Direzione generale affari economici e finanziari - ECFIN della Commissione europea. Vorrei, anzitutto, ringraziarvi per le domande. Questa è la mia prima esperienza di un'audizione in Commissione.
Come mi sembra naturale, alcune domande si soffermano su aspetti che attengono più specificamente al contenuto dell'audizione; altre hanno una portata più ampia. Cercherò di attenermi alle dovute differenze, ma di fare anche del mio meglio per cercare di fornire una risposta complessiva. Comincerei dai punti che attengono maggiormente alla formulazione della proposta di legge rinforzata e ai miei rilievi critici.
Mi sembra che una serie di domande si accentrino, forse anche perché si tratta del punto a cui ho dedicato più spazio nel mio intervento, sul ruolo dell'organismo indipendente, tanto in alcuni aspetti organizzativi quanto su alcuni aspetti di sostanza.
Venendo proprio alla sostanza, una serie di domande verte sull'interpretazione che diamo del principio del comply or explain. È stato suggerito che questo potrebbe non essere coerente con i princìpi di una forma di Governo parlamentare. Sono più economista che giurista, anche se, lavorando alla Commissione europea, inevitabilmente si è anche costretti a diventare giuristi pur partendo da una formazione di economista. Prendete, in ogni caso, con la dovuta cautela quanto posso dire riguardo agli equilibri istituzionali.
Comincerò da un rilievo economico, e cioè da quale sia l'idea complessiva che ha portato a promuovere questi organismi, una relativa novità nell'ambito europeo e mondiale, ma che sta prendendo piede in una serie di Paesi, non solo nell'Unione europea, dove in un qualche modo sono imposti dal trattato intergovernativo e dalla norma comunitaria, ma anche in alcuni dei maggiori Paesi industriali.
L'idea è sì, in un certo senso, di un organismo terzo, ma dove si distingue molto nettamente il potere di dare delle valutazioni da quello di decidere. A mio modesto avviso, non si ha un vulnus rispetto al sistema di Governo parlamentare se si prevede che un organo di natura tecnica si esprima su una serie di quesiti essenzialmente tecnici. In altre parole, quando si parla di fissare un obiettivo corretto in termini strutturali, di verificare se ci sia stato, sulla base dei criteri forniti dalla legislazione, uno scostamento, e quindi esistano gli estremi per l'attuazione del cosiddetto meccanismo correttivo, di indicare se il sentiero di aggiustamento sia coerente con quanto predisposto dalla legge, a mio avviso c'è spazio - è chiaro che queste valutazioni hanno un impatto politico - per una valutazione terza e indipendente.
Anche per queste ragioni il nostro favore va a un organismo che si limiti a quesiti relativamente semplici e che non estenda il suo mandato alla valutazione di programmi di spesa pubblica o altri elementi che hanno, questi sì, una pregnanza politica più vasta, come la scelta della destinazione delle risorse.
Limitando il mandato a questi temi, quelli in fondo a cui specificamente il fiscal compact e la legislazione europea fanno riferimento, a nostro avviso c'è


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spazio per un organismo terzo che fornisca delle valutazioni, con piena libertà da parte del Governo e del Parlamento, cui spetta il potere di decisione in materia di bilancio, di disattendere queste valutazioni. L'unico obbligo è darne spiegazione. Forse la mia rappresentazione può risultare un po' semplicistica, ma questo è il modello che avremmo in mente.
La mia obiezione, per essere chiaro, non è rivolta al fatto che il Parlamento chieda, sulla base delle valutazioni dell'organismo indipendente, al Governo di fornire spiegazioni, ma alla limitazione che mi sembra si trovi, se ho dato una corretta lettura alla proposta di legge, nell'obbligo del Governo di rispondere ai soli casi di richiesta esplicita delle Camere.
Mi si permetta di citare un esempio che attiene a un altro ordine, che tutto sommato, però, ha qualche somiglianza. Come sapete, ogni anno gli Stati membri presentano i programmi di stabilità. La Commissione formula un'opinione su questi programmi e i Governi, se lo ritengono opportuno, rispondono. Di per sé, non mi sembra un sistema incompatibile con il funzionamento del Governo parlamentare.
Quella che sta avvenendo, quindi, a livello europeo - alcuni economisti vanno persino più in là di quello che prevediamo - è essenzialmente una riappropriazione nazionale di regole europee laddove avevamo un sistema con regole che, come sappiamo, nel diritto comunitario si applicano direttamente negli Stati membri, ma in un certo senso erano vissute come estranee dai Parlamenti nazionali e dall'opinione pubblica proprio perché erano formulate a Bruxelles.
Potrete immaginare che sul Trattato intergovernativo come Commissione abbiamo avuto alcune perplessità di origine perché la Commissione, come guardiano dei Trattati, vorrebbe che tutto il quadro normativo fosse disciplinato all'interno del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e non con dei processi paralleli.
Detto questo, devo ammettere che, dal punto di vista politico, questo trattato ha avuto un effetto importante nel sensibilizzare tanto i Parlamenti nazionali quanto l'opinione pubblica nazionale a una serie di criteri di disciplina che già esistevano, ma in qualche modo erano vissuti come esterni.
Non riconosco un necessario conflitto con la forma di Governo parlamentare purché le funzioni di quest'organo si limitino a valutazioni su quesiti abbastanza ristretti e purché sia chiaro che resta al Parlamento, quale autorità sovrana in materia di bilancio, la possibilità di disattendere, dandone semplicemente giustificazione, queste valutazioni.
Vengo a un ultimo rilievo di carattere economico. Gli economisti, come si sa, amano condurre ricerche empiriche su tutto, anche quando hanno a disposizione campioni abbastanza limitati. Alcuni colleghi del Fondo monetario internazionale hanno lavorato su questi fiscal council di cui, come dicevo, esistono esempi, ma ancora oggi ancora non molto numerosi.
Quanto alla domanda sui possibili effetti di questi fiscal council sulle politiche fiscali, la risposta, ancora abbastanza abbozzata per la mancanza di un campione sufficientemente ampio, è che, se hanno un effetto, è rinvenibile laddove il fiscal council, l'organismo indipendente, ha la possibilità di rivolgersi direttamente all'opinione pubblica.
Per questa ragione, sottolineiamo la libertà dell'organismo di rispondere e non passare attraverso altri filtri. Se si vuole, è l'opinione pubblica che a questo punto dovrà mobilitarsi laddove veda che gli orientamenti del Governo non corrispondono a certe regole, almeno sulla base di questa valutazione indipendente. Questa è la filosofia di fondo che sottintende il principio del comply or explain. Mi rendo conto che possano esserci valutazioni differenti, ma cerco di essere sincero appunto sul principio di base.
Sul funzionamento dell'organismo, prendo atto che da parte vostra è in corso una discussione sui criteri circa il reclutamento del personale. Ho fatto alcuni rilievi. Mi rendo conto che esistono due necessità: una, immediata, di far funzionare quest'organismo in tempi relativamente brevi, che quindi posso immaginare


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propenda per un reclutamento tramite corsia preferenziale per lo staff già operante nel Parlamento o altre amministrazioni nazionali.
Esiste, però, a mio avviso, anche un'esigenza più di lungo periodo. In fondo, le riforme che stiamo facendo non servono tanto e soltanto a rispondere a questa crisi - non bisogna farsi illusioni che basti cambiare le regole per uscirne - ma per avere in quello che gli economisti chiamano steady state, vale a dire il lungo termine, un sistema che ci impedisca o, perlomeno, limiti i rischi di cadere negli errori del passato. Se ci collochiamo in questa prospettiva di più lungo periodo, mi sembra importante che quest'organismo si costituisca come veramente indipendente e non come un'affiliazione di servizi parlamentari o della Banca d'Italia o di altri pur qualificatissimi centri di esperienza.
Rilevo anche che è ancora in corso la discussione sull'alternativa tra modello collegiale e monocratico. Va detto chiaramente che i princìpi che la Commissione europea ha elaborato non danno indicazione in proposito. Quella espressa nel mio intervento, quindi, è una valutazione idiosincratica, un po' personale. Forse, se la priorità è di conferire immediatamente autorevolezza a quest'organismo, che è qualcosa di nuovo insomma nel panorama italiano ed europeo, ma soprattutto italiano - alcuni Paesi, come l'Olanda, hanno organismi simili in atto già da molti anni - dare un volto a quest'organismo attraverso l'adozione del modello monocratico potrebbe essere più efficace a questi fini. Ribadisco, però, che si tratta di una valutazione politica e non di una valutazione di aderenza alle norme europee.
Vengo alle domande di carattere più ampio, che uniscono considerazioni economiche a considerazioni di aderenza delle disposizioni della legge rinforzata alla riforma costituzionale che è alla base della stessa legge rinforzata.
Un punto specifico che è stato evocato è quello del conto di controllo o debt brake, il cosiddetto freno sul debito. Devo chiarire che qui, come per quanto riguarda la scelta tra modello monocratico e modello collegiale, non esiste una disposizione nel Trattato o nella legislazione europea o nella stessa comunicazione che la Commissione ha pubblicato per cercare di esplicitare i princìpi che dovrebbero sovrintendere al funzionamento del meccanismo di correzione, un obbligo per gli Stati membri di avere un conto di controllo dove si cumulano gli «smarginamenti» pregressi.
Dal punto di vista economico, esistono varie ragioni per cui non si è pensato di formulare questo requisito a livello europeo; c'è stata una dialettica anche abbastanza vivace con la Banca centrale europea al momento della stesura, alla quale ho partecipato, del testo finale del trattato intergovernativo. Quando si produce legislazione europea, lo si fa per tutti gli Stati membri. Alcuni hanno un debito molto alto, altri hanno un debito basso. Non ci sembrava necessario che questo strumento fosse obbligatorio per tutti i Paesi europei.
Chiarito questo punto, per un Paese a debito elevato, per il quale, in verità, l'elevatezza del debito pubblico è il problema fondamentale della finanza pubblica - come sappiamo, in termini di saldo primario, l'Italia si colloca piuttosto bene nell'attuale panorama della crisi - nel quale lo stock di debito rappresenta l'anello debole della complessiva performance economica, in particolare di finanza pubblica, forse un meccanismo che dà una memoria agli scostamenti e impone un recupero può rivelarsi utile, purché sia concepito bene.
Come mi è stato riferito, anche il rappresentante della Banca d'Italia ha sottolineato che questo recupero debba operarsi soltanto nelle fasi favorevoli del ciclo economico. La mia opinione, quindi, ancorché non abbia trattato questo punto nel mio intervento, ma visto che il punto è stato sollevato, sarebbe complessivamente favorevole.
Una domanda più ampia ha riguardato i margini di flessibilità per la politica economica che questo impianto lascerebbe. Mi si permetta di sottolineare questi margini di flessibilità che, a mio avviso,


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esistono per concludere sulla questione particolare relativa agli investimenti che è stata oggetto, se non ricordo male, dell'ultima domanda.
Come esistono questi margini di flessibilità? Recentemente, nell'Analisi annuale della crescita, il documento della Commissione che dà inizio al cosiddetto semestre europeo, troverete una parte, che conosco meglio perché abbiamo contribuito a redigerla, in cui si sottolinea che il Patto di stabilità non comporta il rispetto di obiettivi di bilancio formulati in termini nominali, ma essenzialmente insiste sul rispetto di uno sforzo formulato in termini corretti per il ciclo, che è già una maniera importante di tenere conto dell'andamento dell'economia, e quindi dell'indebolimento dal lato delle entrate che si ha in una fase debole del ciclo.
Vi è anche detto che, laddove la valutazione della Commissione e del Consiglio riconosca che un Paese ha messo in atto le misure richieste, ma per ragioni attinenti all'andamento dell'economia indipendenti dal ruolo del Governo non abbia conseguito gli obiettivi, gli si dà la possibilità, ad esempio, di estendere i limiti temporali per la correzione del cosiddetto deficit eccessivo. Esistono numerosi esempi al riguardo.
Nel caso della Spagna, questo è avvenuto già tre volte; nel caso dell'Italia, formulo qui l'auspicio che, nonostante un andamento ciclico meno favorevole di quello previsto, si riesca comunque a mantenere il deficit sotto il 3 per cento. Voglio, però, ribadire in questa sede che il mancato rispetto del 3 per cento di per sé, se giustificato da debolezza ciclica, non comporta l'eventuale rischio di sanzioni.
Esiste, nella parte preventiva del Patto, una valutazione degli scostamenti che tiene conto, da un lato, del saldo aggiustato per il ciclo e, dall'altro, della cosiddetta regola di spesa, un modo di differenziare eventuali deviazioni dovute a uno «smarginamento» dal lato della spesa più spesso attribuibile al Governo rispetto a quelle dovute a una caduta delle entrate che spesso, al di là delle previsioni iniziali, può verificarsi in momenti di debolezza ciclica particolare. Infine, ma non meno importante e recepita dalla proposta di legge rinforzata, esiste nel Patto ed è riconosciuta dal fiscal compact una clausola che permette deviazioni dagli obblighi del Patto in caso di una recessione economica severa o altri eventi eccezionali.
Come forse saprete, considerazioni critiche di alcuni Paesi o anche di alcuni settori della Banca centrale europea ritengono che, avendo inserito tutti questi elementi, ci sia fin troppa flessibilità nel Patto così come è stato riformato nel 2010 e ancora nel 2011 rispetto al suo impianto iniziale. Non condividerei la valutazione del fiscal compact come eversivo, come è stata riferito a un certo punto.
Vorrei terminare sulla questione degli investimenti e cercare di fare un po' di chiarezza a questo riguardo. Cercherò di essere molto franco. Si è fatto riferimento a un documento che la Commissione ha pubblicato lo scorso mercoledì, giorno in cui la Commissione pubblica le sue esternazioni, il cosiddetto Blueprint, un contributo al dibattito, che non assume il carattere di proposizione vera e propria della Commissione, sul futuro dell'Unione economica e monetaria.
In questo documento, come è stato rilevato, un passaggio abbastanza delicato è stato oggetto di discussioni assai vivaci. In esso la Commissione annuncia l'intenzione di esplorare i margini di flessibilità che possono esistere all'interno del Patto, e in particolare della parte preventiva, per cercare di rendere possibili programmi di investimento pluriennali, per esempio legati a programmi cofinanziati dall'Unione europea. Questo ricalca più o meno verbatim il testo.
Devo essere chiaro in questo senso: non si prevede qui l'adozione della cosiddetta golden rule, che è uno scorporo permanente delle spese per investimento dall'obiettivo di deficit. A nostro avviso, questo non è compatibile con il Trattato, che è sovraordinato, naturalmente, rispetto alla legislazione secondaria, che ha un obiettivo dei criteri di deficit che non fanno distinzione tra le spese per investimento


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e le spese correnti e, a nostro avviso, si presenterebbe anche a una serie di obiezioni di carattere economico.
Ciò cui si vuole andare incontro è la possibilità di dare un po' di flessibilità rispetto a picchi di investimento, quindi qualcosa di carattere temporaneo rispetto al normale andamento degli investimenti e questo dovrà essere finanziato senza possibilità di scorporo o eccezioni.
Per quanto riguarda la domanda più specifica se la legge rinforzata in qualche modo non creerebbe una camicia di forza alla quale l'Italia sarebbe costretta anche quando, a livello europeo, si concedesse maggiore flessibilità al riguardo, la mia risposta è senz'altro negativa. Se non ricordo male, uno specifico comma dell'articolo 3 che definisce l'obiettivo di medio termine prevede la possibilità di scostamenti temporanei - insisto, temporanei - nel caso di grandi riforme strutturali sotto le quali potrebbero sussumersi i programmi di investimento di cui dicevo.
Nel momento in cui si affermasse a livello europeo - questo è l'inizio di un dibattito - un orientamento di questo genere, la proposta di legge rinforzata già dà la possibilità di sfruttare questo spazio nella sua attuale formulazione, almeno nella lettura che do io.
Concluderei qui. Mi scuso se non dovessi aver colto alcune delle domande.

PRESIDENTE. Abbiamo colto il senso delle sue risposte. Come sapete, abbiamo tempi strettissimi. Con questa si conclude il ciclo di audizioni. Ringrazio ancora il dottor Pench per il contributo che ha dato ai nostri lavori e tutti gli intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,50.

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