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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione V
2.
Martedì 31 luglio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE RECANTI RENDICONTO GENERALE DELL'AMMINISTRAZIONE DELLO STATO PER L'ESERCIZIO FINANZIARIO 2011 (C. 5324) E DISPOSIZIONI PER L'ASSESTAMENTO DEL BILANCIO DELLO STATO E DEI BILANCI DELLE AMMINISTRAZIONI AUTONOME PER L'ANNO FINANZIARIO 2012 (C. 5325)

Audizione dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, Biagio Mazzotta:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 6 7 9 11 13 16 18 20
Baretta Pier Paolo (PD) ... 14
Calvisi Giulio (PD) ... 14 18
Cambursano Renato (Misto) ... 15
Ciccanti Amedeo (UdCpTP) ... 15 16
D'Attoma Luigi, Dirigente dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 18
Duilio Lino (PD) ... 13
Marchi Maino (PD) ... 15
Mazzotta Biagio, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato ... 3 6 7 9 11 16 18 19 21

ALLEGATO: Documentazione depositata dal dottor Biagio Mazzotta ... 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

[Avanti]
COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 31 luglio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, Biagio Mazzotta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame dei disegni di legge recanti rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2011 (C. 5324) e disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2012 (C. 5325), l'audizione dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, Biagio Mazzotta.
Il dottor Mazzotta, come sapete, è noto collaboratore del Parlamento e ha contribuito anche alla stesura della legge 31 dicembre 2009, n. 196. È accompagnato dal dottor Luigi D'Attoma, dal dottor Federico Falcitelli e dal dottor Marco Camilletti, dirigenti dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato.
Do quindi la parola al dottor Mazzotta, che ha depositato la propria relazione, ringraziandolo per avere accettato il nostro invito.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Innanzitutto, grazie per l'invito. Credo che questa sia una delle prime iniziative, a mia memoria, relativa a un'indagine conoscitiva sul rendiconto. Sicuramente come Ragioneria generale dello Stato siamo contenti di un'iniziativa del genere, perché comunque, almeno in passato, l'attenzione sul rendiconto è sempre stata scarsa dal punto di vista dell'esame dei dati che esso contiene. Sicuramente questa iniziativa potrà far capire meglio i numeri che esso comprende.
So che è stato audito alcuni giorni fa il presidente della Corte dei conti. Ovviamente abbiamo letto la sua relazione e, quindi, abbiamo tenuto conto delle notizie che lui ha già segnalato. Magari, nel corso dell'audizione, potrò anche fare riferimento ad alcune delle considerazioni che il presidente ha svolto.
Come annunciava il presidente Giorgetti, ho messo a disposizione della Commissione la mia relazione. Non la leggerò tutta, per ragioni di tempo, però parlerò dei punti più rilevanti.
Innanzitutto, come sapete, la disciplina del rendiconto generale dello Stato, compresa la sua presentazione al Parlamento, è contenuta negli articoli 35 e 36 della legge n. 196 del 2009. Il rendiconto si compone del conto del bilancio e del conto del patrimonio, nonché dei consuntivi di alcune amministrazioni autonome.


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A parte questi aspetti più strettamente burocratici la domanda che ci dovremmo porre è quale potrebbe essere, nel contesto dell'esame parlamentare, il ruolo del rendiconto. È auspicabile, sotto questo profilo, un rafforzamento, come accennavo prima, dell'analisi e valorizzazione degli elementi di maggiore trasparenza e analiticità introdotti con la recente riforma della legge di contabilità e finanza pubblica.
Il rendiconto relativo all'anno 2011 recepisce alcune delle innovazioni introdotte dalla stessa legge di contabilità e finanza pubblica. Vedremo quali sono le principali. In questo senso l'ulteriore passo in avanti che occorrerebbe compiere ai fini di rafforzare il ruolo del rendiconto, anche dal punto di vista del controllo parlamentare, si dovrebbe sviluppare lungo due direttrici.
Una è l'analisi delle risultanze di bilancio, al fine di consentire la verifica della correttezza della gestione e l'effettivo rispetto delle autorizzazioni disposte con il bilancio di previsione, ma soprattutto del contributo che il bilancio dello Stato fornisce ai fini dell'evoluzione delle finanze pubbliche. Le manovre che sono state attuate in questi ultimi anni, in effetti, sono state tante, a partire dal decreto-legge n. 112 del 2008, per arrivare al decreto-legge n. 95 del 2012, che approderà in questa Camera fra stasera e domani.
Sono state, dunque, veramente tante e sono tutte manovre che hanno agito anche in maniera molto forte sul bilancio dello Stato, non solo dal lato delle entrate, ma anche, in maniera sostanziale, da quello delle spese. La prima direttrice è, dunque, l'analisi delle risultanze.
L'altra direttrice è lo sviluppo del ruolo del rendiconto come strumento conoscitivo a favore del Parlamento e di supporto alle valutazioni del decisore politico circa l'allocazione delle risorse in bilancio e il raggiungimento dei risultati che le amministrazioni si erano posti come obiettivo nel momento in cui era stato approvato il bilancio di previsione.
Con riferimento al primo aspetto, cioè quello delle risultanze di bilancio, il rendiconto illustra, come sapete, i risultati della gestione dell'esercizio finanziario, nonché i riflessi sul conto del patrimonio di tale gestione.
I risultati vengono esposti ed evidenziati sia sulla base dei dati della classificazione economica delle voci di spesa e di entrata del bilancio, fino al terzo livello della classificazione, sia dal punto di vista della classificazione funzionale, ossia delle funzioni che svolgono le amministrazioni. I risultati sono, inoltre, illustrati sia sotto il profilo delle risultanze economiche, dal punto di vista della contabilità analitica, accompagnate da un prospetto di riconciliazione tra contabilità economica e contabilità analitica, sia attraverso le note integrative al bilancio di previsione, che quest'anno sono state allegate anche al conto consuntivo e che dovrebbero dar conto dell'attività che le amministrazioni hanno svolto nel corso dell'anno, con associati, per ciascun programma, gli indicatori di risultato che le amministrazioni hanno scelto come più rappresentativi relativamente al grado di realizzazione di quel programma.
Sotto tale profilo un'altra significativa innovazione è stata l'implementazione nel rendiconto di un apposito allegato sulle spese di natura ambientale - era già presente nel rendiconto 2010, ma è stato istituzionalizzato quest'anno - che rende conto delle spese che sono state impiegate per la finalità di protezione dell'ambiente, il cosiddetto «ecobilancio». Esso costituisce un allegato al conto consuntivo.
Rispetto al rendiconto per il 2010, il consuntivo 2011 ha questi due elementi in più: il cosiddetto ecobilancio e l'allegato con le risultanze economiche della gestione riconciliate con gli aspetti finanziari del rendiconto stesso. Queste sono state le due più grosse novità che sono state introdotte con la legge n. 196 del 2009 e che quest'anno, per la prima volta, il rendiconto recepisce.
Parliamo ora del rendiconto come strumento di supporto all'analisi dell'evoluzione della finanza pubblica. I dati contenuti


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nel rendiconto consentono di valutare il contributo e il ruolo che il bilancio dello Stato svolge in questo contesto. Questi elementi risultano dai dati di consuntivo secondo i criteri di contabilità pubblica, cioè quelli di contabilità generale dello Stato.
Sappiamo che i criteri di contabilità pubblica non corrispondono ai criteri di contabilità nazionale che vengono dettati dall'ISTAT e che per ottenere tale corrispondenza c'è bisogno di un'apposita tavola di raccordo. So che la Corte dei conti l'ha presentata nella sua audizione. Essa è stata il frutto di un lavoro svolto da noi insieme alla Corte dei conti, al fine di cercare di spiegare queste differenze dal punto di vista contabile.
Sicuramente si tratta di un grosso passo in avanti, perché è la prima volta che viene elaborata una tavola di raccordo del genere, considerato che i dati ISTAT non sono ancora stati divulgati. È stata una stima che abbiamo dovuto effettuare relativamente a queste poste contabili.
Ciò che emerge analizzando i dati del rendiconto è il continuo rafforzamento delle politiche di risanamento dei conti pubblici, lo sforzo progressivo di risanamento che è stato compiuto in questi ultimi anni. Tale sforzo emerge dai dati contenuti negli ultimi rendiconti. Noi l'abbiamo elaborato partendo dall'anno 2003 fino ad arrivare al consuntivo per il 2011.
Adesso parleremo un po' di numeri e vedremo che evoluzione hanno avuto nel tempo queste poste di bilancio.
Lo stesso quadro generale riassuntivo che contiene i saldi di bilancio dello Stato ha subìto effetti derivanti dalle manovre e nel corso del tempo anche gli stessi saldi hanno avuto andamenti che adesso andremo a vedere e a spiegare.
In questa direzione di risanamento dei conti ovviamente operano tutti gli interventi che sono stati disposti, come accennavo prima, dal decreto-legge n. 112 del 2008 in primo luogo, dal decreto-legge n. 78 del 2010 poi, e, infine, dai decreti-legge nn. 98 e 138 del 2011. In questo senso un ruolo particolare sul bilancio dello Stato hanno avuto le ripetute riduzioni delle spese rimodulabili del bilancio stesso, affiancate alle riduzioni che sono state operate in maniera sostanziale da tutte le misure di risparmio riguardanti il pubblico impiego.
In linea generale il blocco dei contratti per il periodo 2011-2013 e, quindi, dei trattamenti economici, il blocco del turnover, il contenimento del numero dei dipendenti pubblici, tutte queste misure adottate nel corso degli ultimi anni si riflettono, come vedremo, anche sui risultati dei diversi rendiconti, da ultimo quello del 2011.
Un forte intervento sul bilancio dello Stato si nota anche dal punto di vista dei trasferimenti agli enti territoriali. A partire dagli ultimi anni, le manovre di finanza pubblica - che prima agivano sulle spese degli enti territoriali solo in termini di indebitamento netto, quindi con valenza soltanto sul Patto di stabilità interno, lasciando intonsi i trasferimenti agli enti, come voi sapete bene - hanno cominciato a operare anche mediante la riduzione dei trasferimenti.
Questo aspetto emerge dall'analisi dettagliata dei dati. In realtà, guardando l'ammontare generale dei trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, per effetto della spesa per la sanità e dei trasferimenti agli enti di previdenza, si vede che tali trasferimenti aumentano, ma si tratta di un «effetto composizione» rispetto ai singoli trasferimenti a favore delle diverse tipologie di enti.
In questo senso, anche il consuntivo registra tutte le misure in materia di entrate che sono state adottate con le diverse manovre di finanza pubblica, sia in materia di lotta all'evasione fiscale e contributiva, sia in materia di giochi e di altre misure, da ultima quella sull'IVA che, come sapete, è aumentata di un punto percentuale.
Analogamente, tra le entrate extratributarie, almeno quelle del 2011, sono contabilizzati i proventi derivanti dalle assegnazioni dei diritti di uso delle frequenze radioelettriche, che poi, come sapete, sono stati destinati in parte al finanziamento di alcune spese di bilancio.


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Svolta questa premessa di carattere generale, illustro le principali dimensioni finanziarie del bilancio dello Stato. Nonostante il deterioramento del quadro macroeconomico e finanziario, soprattutto per effetto dell'andamento del PIL così poco favorevole, ma anche delle numerose manovre che sono state adottate nel corso del tempo, i saldi di finanza pubblica, almeno quelli espressi in termini di competenza, hanno registrato un miglioramento sostanziale. Siamo passati dal livello, per esempio, del saldo netto da finanziare di circa 30 miliardi del 2003 a quello del 2011, che è addirittura positivo per circa 900 milioni. Questo ovviamente è valido in termini di competenza, ma vale anche per il risparmio pubblico, che nel 2011 registra un risultato positivo e addirittura si attesta intorno a 46 miliardi, nonché per l'indebitamento netto, che da un valore negativo di 25 miliardi nel 2003 passa ad un valore positivo, attestandosi intorno ai 5 miliardi nel 2011.
In altre parole, in termini di competenza il miglioramento dei saldi, con le manovre che ci sono state nel corso del tempo, ha avuto effetti che si sono riflessi ovviamente anche sui livelli di spesa e di entrata, nonostante l'andamento del ciclo poco favorevole dal punto vista delle entrate.
Se ci spostiamo, invece, dal lato della cassa, le cose cambiano, perché il miglioramento che dal punto di vista della competenza è molto forte e marcato, dal punto di vista della cassa non c'è. Lo si vede dalla tavola 2, a pagina 4 della relazione. Se osservate i numeri, vedete che i saldi sostanzialmente rimangono più o meno sullo stesso livello dal lato della cassa.
Qual è il motivo per cui accade ciò? Sicuramente c'è un motivo di tipo strutturale, legato non tanto alla spesa, quanto alle entrate. Come voi sapete, sulle entrate del bilancio giocano un ruolo rilevante tutti gli accertamenti che vengono fatti tramite ruoli, per quanto riguarda sia le entrate tributarie, sia quelle extratributarie. Guardando la tavola 3 notiamo che la differenza tra competenza e cassa è notevole. Se prendete le tavole 1 e 2, e le ponete a confronto, vedete differenze enormi.
Nettizzando i dati dalla dinamica dei ruoli, che sapete essere somme che vengono accertate per l'intero ammontare dovuto, ma che poi, alla prova dei fatti, vengono incassate per una misura percentuale molto inferiore rispetto a quell'intero valore, pari a circa il 10-15-20 per cento, a seconda del tipo di imposizione, come si vede dalla tavola 3, notate che in effetti, al netto dei ruoli, la differenza tra cassa e competenza, almeno per quanto concerne le entrate, si riduce. Con riferimento alle entrate, nel 2011, il dato di competenza è di 520 miliardi e quello di cassa è di 452 miliardi, con una differenza tra competenza e cassa di circa 60-70 miliardi. Questa differenza si riduce a circa 15-16 miliardi al netto dei ruoli.
C'è sempre, dunque, una differenza, che sarebbe spiegabile in parte con alcune regolazioni contabili legate alle regioni a statuto speciale, per come sono contabilizzate in bilancio. In parte è, invece, una questione da approfondire per vedere effettivamente da che cosa possa dipendere, se è un problema di contabilità...

PRESIDENTE. Scusi, dottor Mazzotta, ma non ho capito: al netto dei ruoli che cosa significa? Nella cifra di 452.731 milioni di euro per arrivare a quella di 417.827 milioni di euro sono compresi tutti i ruoli al 31 dicembre 2011?

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Sono ruoli che sono stati accertati e il cui incasso avviene nel corso del tempo, in percentuali molto basse.

PRESIDENTE. C'è un coefficiente di incasso sugli accertamenti dei ruoli? Si può calcolare?

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Sì.


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Dovremmo farlo per imposta, per la verità, perché sono piuttosto diversificati. Siamo sotto al 10 per cento.

PRESIDENTE. Mi sembra un dato significativo, perché, se incassassimo tutto ciò che viene accertato, già avremmo raggiunto il pareggio di bilancio.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Alcune misure di rafforzamento degli incassi sono state adottate e siamo saliti intorno al 10 per cento. Tenete conto che in relazione ai conti pubblici, quelli considerati ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dal Trattato di Maastricht in termini di deficit per capirci, i ruoli vengono assunti in termini di cassa e non di competenza.
Come vedete, la differenza tra la cassa e la competenza c'è. In parte dipende dai ruoli. Indubbiamente bisogna rilevare che negli ultimi anni si è registrata un'accelerazione degli incassi rispetto agli accertamenti, attraverso misure che erano state applicate nel corso del tempo. Noi, almeno come Ragioneria generale dello Stato, cerchiamo, da un anno e mezzo a questa parte, visto questo andamento degli accertamenti rispetto agli incassi, di valutare a consuntivo eventuali misure che dovessero essere presentate in materia di contrasto all'evasione, considerato il divario così ampio tra i dati di competenza e quelli di cassa. Ormai ci stiamo orientando, come detto, da un anno e mezzo a questa parte, a stimare queste questioni a consuntivo nelle relazioni tecniche, nel momento in cui le misure vengono proposte dal Governo di turno.
La differenza tra cassa e competenza, che sui saldi non si vede, in gran parte è dovuta alle entrate, ma occorre considerare anche le spese. In effetti, negli ultimi due o tre anni le spese si sono ridotte. Stiamo cercando, come politica di bilancio, di far accelerare il più possibile i pagamenti, attraverso diverse misure, cui magari accenneremo dopo. Anche il divario tra cassa e competenza che non si assottiglia è in parte dovuto al fatto che, anche se le spese si riducono per effetto dei tagli operati da diverse manovre, in realtà noi stiamo cercando di smaltire lo stock dei residui. Lo vedremo più avanti, ma siamo intorno a una cifra di 180 miliardi tra residui correnti e residui perenti sul conto del patrimonio.
Approfondiamo altri elementi sulla gestione del bilancio dello Stato. Sul capitolo 4 della relazione depositata mi soffermerò velocemente solo per riferirvi che il bilancio dello Stato che voi approvate nel corso della sessione di bilancio subisce alcune modifiche rispetto agli stanziamenti iniziali previsti per l'esercizio di riferimento. Lo stanziamento iniziale in realtà è destinato a crescere in alcuni casi e a ridursi in altri, per effetto degli atti amministrativi che vengono apportati in corso di gestione, derivanti sia dall'applicazione di leggi che il Parlamento approva, sia dalla flessibilità rappresentata dai fondi di riserva per le spese obbligatorie e per le spese impreviste e degli stessi fondi per la riassegnazione dei residui passivi perenti, che la legge di contabilità oggi mette a disposizione delle amministrazioni.
Tenete conto che questi fondi di riserva vengono ripartiti in corso d'anno e che la possibilità che viene concessa alle amministrazioni di rimodulare per ripartire questi fondi è uno strumento di flessibilità che è in mano loro, l'unico, per la verità. È sempre molto poco, perché le amministrazioni al massimo utilizzano per il 4-5 per cento grosso modo questa possibilità di spostare risorse e di operare le rimodulazioni in relazione alle loro priorità. Oggi, però, è l'unico strumento.
Che cosa comporta ciò? Rispetto alle previsioni iniziali di bilancio, gli stanziamenti per voce economica di spesa possono aumentare. Se il Parlamento, con riferimento alle spese per consumi intermedi, approva una legge di bilancio in cui il totale delle spese per acquisto di beni e servizi è di 10 miliardi, in corso d'anno, per effetto di queste variazioni, le predette spese possono arrivare a 11 o 12 miliardi per diverse motivazioni, sia, come ripeto, per l'utilizzo del fondo per le spese impreviste,


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sia, a volte, per il ripiano dei famosi debiti fuori bilancio delle amministrazioni, che in questi ultimi anni abbiamo effettuato molto di frequente.
A volte può accadere anche per la riassegnazione di entrate di scopo legate a servizi svolti da alcune amministrazioni dietro corrispettivo, come quelli relativi alla difesa, quelli resi dalla Polizia, dai Vigili del fuoco, dalla Motorizzazione civile. Noi riassegniamo questi fondi a fronte della spesa che loro hanno sostenuto in via anticipata.
Premesso ciò, nella relazione ci sono alcuni grafici che elaborano questi rapporti tra previsione iniziale e finale per alcune categorie di spesa. Vediamo che sostanzialmente, rispetto a 100 assunto come dato di partenza, le previsioni definitive si attestavano, almeno fino a tutto il 2009, intorno a 104-105, cioè crescevano del 5 per cento. Sono scese nel 2010 per poi risalire un po' nel 2011, ma, come vedete, siamo adesso intorno a 102, perché negli ultimi anni abbiamo cominciato a effettuare un maggior controllo di questo tipo di variazioni, per cercare di tenere sotto controllo il livello di spesa dei ministeri.
Analogamente, per i consumi intermedi, nella relazione potete vedere un secondo grafico relativo all'acquisto di beni e servizi. Mediamente, a fronte di 100 assunto come dato di partenza, l'acquisto di beni e servizi sale del 30-40 per cento in più rispetto alla previsione iniziale. Questo grafico è molto influenzato dal ripiano dei debiti fuori bilancio che abbiamo contratto nel periodo 2009-2011.
Nella relazione ci sono anche altri grafici, che adesso commento velocemente, in cui si vede che, per esempio, rispetto al totale delle previsioni finali di competenza, l'amministrazione, fatte 100 le previsioni finali, impegna circa il 95-96 per cento delle risorse, con un 4 per cento delle stesse che va in economia. Questo è il quadro con riferimento alle spese finali.
Anche le eccedenze di spesa, per esempio - voi sapete come nel giudizio di parificazione la Corte dei conti parifichi le eccedenze di spesa - negli ultimi anni hanno avuto un trend decrescente. Parliamo di alcuni miliardi nel 2003, 2004 e 2006, da cui siamo scesi sotto il miliardo. Nel 2011, il loro importo si attesta intorno a 700-800 milioni di euro.
Queste eccedenze di spesa sono sforamenti rispetto alle previsioni di competenza. Se il bilancio dello Stato ha autorizzato 100, l'amministrazione arriva a 102. Spesso si tratta di spese per stipendi, spese per redditi da lavoro dipendente, per interessi passivi e di alcune spese per acquisti di beni e servizi, per esempio il fitto di locali, che vengono pagate attraverso procedure automatizzate - noi le chiamiamo «ruoli di spesa fissa» - a prescindere dal controllo sul livello di stanziamento.
Il grosso nel 2011 è stato rappresentato dallo sforamento sulle spese per stipendi effettuato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Se vi ricordate, nel decreto-legge n. 112 del 2008 sono state introdotte alcune misure di forte riduzione degli organici della scuola. Quelle misure, e lo si vede dai dati 2011, non hanno avuto pienamente efficacia, perché, rispetto agli obiettivi di riduzione previsti da quel decreto, il Ministero non è riuscito a realizzare riduzioni per circa 11-12.000 unità di personale, che in termini contabili hanno rappresentato uno «sfondamento».
Poiché noi all'epoca abbiamo tagliato gli stanziamenti di bilancio, è chiaro che il mancato raggiungimento dell'obiettivo, legato soprattutto ai docenti di sostegno, ha creato uno un scompenso. Ci sono stati 7.000 docenti di sostegno in più rispetto alle previsioni, ma si tratta di una sorta di spesa obbligatoria, che dipende da diversi fattori. Voi sapete bene che dipende dalle aziende sanitarie locali, le quali indicano alla scuola di nominare il docente per l'alunno che ha particolari problemi. Molte di queste situazioni sono legate a questo sforamento.
Dal consuntivo ciò emerge come eccedenza. Ciò significa che la manovra effettuata nel 2008 è stata parzialmente efficace, dovendosi registrare uno sforamento per alcune centinaia di milioni che ho


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citato. Ovviamente in questo caso noi le registriamo a consuntivo e ne diamo conto. Sono questioni che emergono. Il rendiconto va letto in quest'ottica dal punto di vista dell'efficacia dei risultati.
L'ultimo grafico della relazione è relativo ai residui di stanziamento, che sono quelli di nuova formazione, i quali, come vedete, hanno un andamento piuttosto altalenante.
Dal punto di vista, invece, dei pagamenti, i grafici 8-10 mettono in evidenza i pagamenti rispetto alle previsioni finali di cassa. Come vedete, le amministrazioni pagano circa il 94-95 per cento degli stanziamenti di cassa che hanno a disposizione. Utilizzano quasi tutta la cassa, ma c'è sempre un 4-5 per cento della stessa non utilizzata, almeno per le spese correnti.
Sulle spese di conto capitale la percentuale scende per attestarsi intorno all'80-85 per cento nel 2011 e ciò è chiaramente legato alle procedure di spesa relative alle spese di investimento, che sono un po' più lunghe.
Quanto al conto dei residui, che è illustrato nel grafico successivo, vedete che i pagamenti in conto residui grosso modo rappresentano il 30 per cento annuo dei pagamenti complessivi per le spese in conto capitale e solo il 5 per cento per le spese di parte corrente. Praticamente le spese correnti vengono pagate quasi tutte insieme, quasi tutte il primo anno. Potete analizzare, quando avete un attimo di tempo, anche gli altri grafici.
Passando al discorso un po' più complesso dei residui passivi, come vedete, c'è la tavola 4 che ne illustra l'andamento alla colonna c). Nel 2003 partivamo con 115 miliardi circa di residui correnti, iscritti sul conto del bilancio, poi si è passati a 121 nel 2004, poi a 119 nel 2005, a 120 nel 2006, per crollare nel 2007 a 92 miliardi, perché nel 2007 è stata varata la norma che ha ridotto il termine di conservazione dei residui da sette a tre anni. Come vedete, non sono stati smaltiti, ma hanno cambiato semplicemente di posto, sono andati in perenzione e dal conto del bilancio sono finiti sul conto del patrimonio.
Negli anni successivi l'andamento rimane piuttosto stabile e nel 2010 i residui ricrescono in maniera considerevole, per riabbassarsi nel 2011, per effetto dell'articolo 10 del decreto-legge n. 98 del 2011, che ha ridotto da tre a due anni i termini di conservazione dei residui.
Nella sostanza il messaggio è il seguente: non riusciamo a smaltire tutti i residui. Non ci riusciamo, nel senso che in parte li paghiamo, ma in parte se ne formano e se ne formano di più di quelli che si pagano.
Ci sono quindi grafici che spiegano il tasso di smaltimento dei residui e in cui si vede che - sintetizzo per essere breve - rispetto al totale delle spese i residui vengono pagati, una volta formati, il 50 per cento nel primo anno in cui si sono formati, il 35 per cento nel secondo e il 10 per cento nel terzo. Ci vogliono tre o quattro anni mediamente per smaltire i residui. Quello è il tasso di smaltimento.
Salto le diverse tabelle per non annoiarvi e arrivo, invece, allo stock di residui passivi iscritti in bilancio e nel conto del patrimonio. Quella che vedete è la situazione attuale che risulta dal rendiconto 2011. Si nota che complessivamente, tra conto del bilancio e conto del patrimonio, nel 2011 abbiamo circa 185 miliardi di residui passivi, di cui perenti circa 95 e correnti circa 93-94. La somma dei due arriva a 185-186 miliardi. Mi riferisco al grafico 12.

PRESIDENTE. Lei parla di residui perenti. Dopo che perdiamo il conto dei perenti nel bilancio, questi che fine fanno? Fa comodo aspettare che subentri l'istituto della perenzione, ma dopo che cosa succede?

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Fa comodo nel senso che il bilancio sembra svuotato, ma in realtà non è così, perché il debito c'è e rimane iscritto sul conto del patrimonio.


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Come smaltiamo i perenti? La legge di contabilità prevede due fondi. Finché i residui correnti sono iscritti in bilancio si possono pagare in qualsiasi momento, purché si doti il relativo capitolo delle risorse di cassa. Nel momento in cui i residui, cioè questi 80-90 miliardi, sono iscritti sul conto economico, per poterli ripescare si ha bisogno di un fondo di riserva.
In bilancio sono iscritti due fondi, uno di parte corrente, uno di conto capitale. Il fondo di parte corrente ha uno stanziamento quest'anno di 1,2 miliardi, mentre il fondo di conto capitale ha uno stanziamento di 1,9 miliardi, se non ricordo male.
Si possono smaltire residui perenti per un ammontare di circa 3 miliardi, ossia la somma di 1,9 più 1,2 miliardi, in un anno. Non vi nascondo che le richieste dell'amministrazione concernenti la reiscrizione dei residui passivi perenti ammontano a un somma di circa 12 miliardi. Ci chiedono uno stock di reiscrizioni per circa 10-12 miliardi.
Adesso che succede? Quest'anno, fortunatamente, un po' ci ha pensato il legislatore, nel senso che attraverso l'articolo 35 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è stato stanziato l'importo di 4,7 miliardi per pagare questi residui, ovvero per estinguere i debiti commerciali delle amministrazioni, in parte alimentando i fondi per la reiscrizione dei residui perenti per circa 2,7 miliardi, in parte attraverso l'estinzione di debiti che abbiamo nei confronti di fornitori attraverso l'emissione di titoli del debito pubblico per 2 miliardi. Un altro miliardo è stato stanziato per l'estinzione di debiti fuori bilancio.
Con questo meccanismo riusciamo a smaltire di più. Anziché essere pagato in moneta, chi vuole - è facoltativo, ovviamente, bisogna presentare domanda - può essere pagato in titoli del debito pubblico. Abbiamo già emanato le circolari attuative di questa disposizione, che sono sul sito della Ragioneria generale dello Stato. Stanno già arrivando le domande. I titoli verranno emessi a fine anno, se non ricordo male.
A chi presenterà domanda anziché contanti saranno corrisposti titoli di Stato. È chiaro che ciò permette di smaltire lo stock di residui relativi ai debiti di questo tipo, mentre, in relazione agli altri 2,7 miliardi effettueremo assegnazioni, anche quelle a fine anno, perché anche quelle risorse sono destinate allo smaltimento di debiti commerciali che lo Stato ha nei confronti di terzi.
Col decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, le cui disposizioni sono confluite nel decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, verranno appostate ulteriori risorse. Esso prevede le procedure di privatizzazione di SACE e Fintecna. Il ricavo che si otterrà dalla vendita di quelle partecipazioni statali in parte andrà ovviamente al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, in parte verrà utilizzato per pagare i suddetti debiti e cercare di smaltire questi residui. Ancora non sappiamo quale sarà la proporzione, ma grosso modo ci si aspettano 8-10 miliardi complessivamente da questa operazione di dismissione. Non sostengo che tutti saranno utilizzati per pagare il debito, ma una buona parte sicuramente sì. Questo, però, probabilmente avverrà nel 2013, visto che nel 2012 disponiamo di risorse per smaltire un po' di debito.
Il problema dei debiti comunque rimane ed è collegato al discorso che ha svolto il Governatore della Banca d'Italia nella sua ultima relazione, dove ha stimato in circa il 5 per cento del PIL l'ammontare dei crediti commerciali che le imprese vantano. Il 5 per cento corrisponde a circa 80-90 miliardi.
Ci sono circa 190 miliardi di residui che non voglio affermare, così come fa la Corte dei conti, che siano tutti veri. Attenzione: prendiamo i residui perenti molto con le pinze, perché mediamente va in prescrizione circa un miliardo l'anno di residui, che nessuno richiede. Molto spesso dipende dalle amministrazioni, che fanno impegni molto generici, come riferiva anche la Corte dei conti nella sua audizione, ma poi le somme vanno in perenzione e


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non vengono mai richieste, perché in effetti non c'è un beneficiario vero ed effettivo. La norma di contabilità vuole che, per poter essere ripescati, sia necessaria la richiesta del creditore nei confronti dell'amministrazione, che poi si rivolge a noi.
Se ci pensate, a fronte di crediti per un ammontare di 80-90 miliardi, le amministrazioni ne chiedono a oggi 10-12 e, quindi, questo già vi fa pensare a quanta parte di quella cifra potrebbe essere rappresentata da residui fittizi, se mi permettete questo termine.
Noi abbiamo avviato, con un'apposita circolare in merito, una due diligence in relazione a questo stock dei residui perenti, che completeremo col consuntivo 2012 e di cui poi daremo conto anche al Parlamento, andando a vedere partita per partita quelli che sono veri debiti rispetto a quelli che sono impegni generici, a fronte dei quali non c'è un vero creditore. Secondo le notizie che arrivano, non sono pochi, ma lo vedremo magari col prossimo rendiconto.
Il problema dei residui e dello smaltimento degli stessi in effetti si pone. Non riusciamo a smaltirli, perché, come ripeto, se ne formano di più rispetto a quelli che riusciamo a pagare. Il decreto-legge n. 95 del 2012 ha ora introdotto alcune norme, in particolare una di flessibilità sulla cassa, che dovrebbero aiutare.
Lo vedrete quando lo andrete a esaminare, ma esso dispone che le amministrazioni potranno spostare la cassa da un capitolo all'altro senza limiti, oppure solo con alcuni limiti che metteremo sulle spese di personale, perché sono capitoli che funzionano in maniera particolare. Trattandosi solo di cassa, se l'amministrazione deve pagare una prestazione e non ha cassa, anziché accampare la scusa di non avere cassa, di aver chiesto i soldi al Ministero dell'economia e delle finanze e di non averli ottenuti, potrà, con decreti del Ministro competente, effettuare spostamenti solo di cassa, non di competenza, per pagare quel residuo, che magari arriva a fine anno e deve essere pagato, altrimenti va in perenzione, per esempio.
È una flessibilità «semi-totale», con esclusione di alcune spese di tipo obbligatorio, come gli stipendi, gli interessi e i fitti, che vengono pagati in una determinata maniera. Per il resto, noi stiamo concedendo una flessibilità totale, proprio per far fronte a queste esigenze e soprattutto per prepararci al 2013, quando, con l'entrata in vigore delle disposizioni della direttiva europea sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che fissano in sessanta giorni i termini temporali di pagamento, dovremo metterci in regola. Questo è uno di quegli strumenti che spero possa servire a conferire un po' più di flessibilità vera alle amministrazioni.
In effetti, questi spostamenti di cassa da una voce all'altra possono anche pesare sui conti.

PRESIDENTE. Più si concede flessibilità, più c'è bisogno di cassa. Forse, quando incontreremo il Ministro Giarda, potremo chiedergli perché non ci si poteva pensare prima.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Prima ci sono state strette di cassa, ricordiamocelo. Se l'economia langue, cerchiamo di pagare un po' di più. Adesso ci faranno pagare tanti soldi, se paghiamo con ritardo.
Velocemente passo alle ultime due annotazioni che volevo svolgere, di cui una è sulle spese del bilancio per missioni. In merito citerò soltanto alcune questioni fondamentali.
La tavola 8 compie il punto delle spese per missioni. Tenete conto che tra le missioni del bilancio in realtà due missioni da sole rappresentano il 50 per cento delle spese del bilancio statale; si tratta della missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali» e della missione «Debito pubblico». Queste due missioni da sole costituiscono il 50 per cento delle spese del bilancio. Se a queste aggiungiamo le missioni «L'Italia in Europa e nel mondo», «Politiche economico-finanziarie e di bilancio», «Diritti sociali, politiche


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sociali e famiglia», arriviamo a oltre l'80 per cento. Le spese sono concentrate su quattro, cinque o sei missioni di maggiori dimensioni. Questo è quanto emerge da questa serie storica, che abbiamo affrontato a partire dal 2008, ma sul tema ho visto che anche la Corte dei conti ha svolto un lavoro simile. Questo è il quadro dal punto di vista delle dimensioni.
Dal punto di vista delle variazioni che hanno subìto le missioni nel corso del tempo, le manovre di finanza pubblica non hanno agito su tutte nella stessa misura. Ci sono alcune missioni che sono rimaste più penalizzate rispetto ad altre, ma questo probabilmente è dipeso dalla natura rimodulabile delle spese che sono comprese nei relativi programmi.
Per esempio, sicuramente, come vedete nel grafico 13, dove sono esposte le variazioni cumulate nel periodo 2008-2011, le missioni «Regolazione dei mercati», «Energia e diversificazione delle fonti energetiche», «Turismo», «Fondi da ripartire», «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente», «Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo», «Giovani e sport», hanno subìto tagli più sostanziosi.
Se, invece, andiamo dal lato opposto, alla fine della lista, vediamo che le missioni: «Sviluppo e riequilibrio territoriale», «Politiche per il lavoro», «Soccorso civile», hanno una variazione positiva. Mi preme precisare che nella missione «Sviluppo e riequilibrio territoriale» c'è il capitolo concernente il famoso FAS, ora fondo per lo sviluppo e la coesione, che, come sapete, va un po' a fisarmonica, a seconda degli anni. Ci sono stanziamenti cospicui su quel capitolo.
Sicuramente il settore che ci ha rimesso di più è la missione «Istruzione scolastica», anche per effetto dei tagli che ci sono stati. Ha guadagnato di più, invece, la missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali». La sanità è l'ambito su cui abbiamo effettuato i maggiori trasferimenti.
Procedo velocemente, ma su questo punto potrete poi vedere con più attenzione quali sono le missioni che ci hanno rimesso nel corso degli ultimi tempi.
Concludo con i ministeri. C'è una tavola che trasmette il senso di quanto è accaduto tra il 2003 e il 2011 e di quali sono i ministeri che ci hanno rimesso. Ci sono cinque o sei ministeri i cui stanziamenti sono stati proprio dimezzati, in effetti, partendo dal 2003. Si notano subito i Ministeri per i beni e le attività culturali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali e degli affari esteri. Sono quelli più penalizzati dalle manovre.
Probabilmente gli effetti dei tagli apportati sulle spese rimodulabili hanno inciso maggiormente su questi ministeri, che hanno come tipologia di spesa molti fattori legislativi, cioè spese predeterminate per legge che noi consideriamo come rimodulabili, insieme al fabbisogno. Su quelle spese, in molti casi si sono andati a scaricare i tagli quando sono stati lineari.
Alcuni ministeri crescono perché crescono le spese per gli stipendi e il Ministero della difesa è uno di questi. In realtà, se andiamo a vedere la composizione, si vede che nel Ministero della difesa cresce tantissimo la spesa per le retribuzioni, ma rimangono costanti, per circa 4-5 miliardi, le spese per investimento, ossia per le forniture militari, mentre le spese per acquisto di beni e servizi subiscono un tracollo. Il riferimento è ai consumi intermedi e alla manutenzione.
Ciò è vero anche per altri Ministeri, come quelli dell'interno o della giustizia, che si basano molto sul servizio al cittadino, dove il vero costo del servizio è lo stipendio che viene pagato al dipendente, sia poliziotto o magistrato.
Naturalmente non c'era il modo e il tempo di compiere un'analisi più completa, altrimenti la relazione sarebbe diventata un'enciclopedia. Se, però, voi lo ritenete opportuno, possiamo inviare un supplemento con approfondimenti in questo senso.
Questo è quanto emerge. I grafici successivi sostanzialmente evidenziano questa


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situazione. Il Ministero dell'economia e delle finanze cresce così tanto in relazione al motivo che illustravo prima e il grosso è rappresentato dai trasferimenti agli enti territoriali, in particolare alla sanità, che crescono, tra il 2003 e il 2011, di circa 40 miliardi.
Il bilancio sta diventando sempre più di trasferimento. Per più del 50-60 per cento il bilancio è diventato un bilancio di trasferimento. Per un'altra fetta grossa è diventato un bilancio di pagamenti, uno «stipendificio», praticamente. Noi paghiamo stipendi. Ciò che rimane alla fine sono le spese per l'acquisto di beni e servizi, che negli ultimi anni - se noi ricostruiamo una serie al netto dei debiti fuori bilancio che sono stati smaltiti spalmandoli nell'anno in cui si sono formati -, tra il 2003 e il 2011, sono calate di circa 4 miliardi, con riferimento ai consumi intermedi.
Dal punto di vista degli interventi, quelli relativi ai cosiddetti affari economici, cioè gli interventi dell'economia, hanno subìto un taglio drastico, sia perché a volte sono stati tagliati dalle manovre - vedi quanto detto sopra con riferimento ai settori dell'ambiente, dei beni culturali, delle politiche agricole e in alcuni casi anche degli affari esteri, nel caso degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo - sia, soprattutto, perché non sono stati più rifinanziati alcuni tipi di interventi.
Gli stessi incentivi alle imprese, di cui tanto si parla oggi, da anni non vengono rifinanziati direttamente dal bilancio, ma si rifinanziano molto più con i trasferimenti dei fondi comunitari attraverso fondi rotativi che girano di tesoreria in tesoreria.
Adesso è intervenuto il decreto-legge n. 83 del 2012, recante misure per la crescita, che ha un po' cercato di riordinare gli incentivi alle imprese concessi dal Ministero dello sviluppo economico, ma sono state soppresse circa 40 leggi, se non ricordo male, e nessuno ha urlato, perché non c'è più un euro su tali leggi.
Dal bilancio emerge che sicuramente sono stati compiuti alcuni interventi, giustamente, nell'economia, ma si concentrano nei grandi fondi, quali il fondo per lo sviluppo e la coesione (l'ex FAS) e altri interventi che sono legati allo svolgimento di servizi essenziali che compie lo Stato, ad esempio nei settori della giustizia, della sicurezza e della difesa, benché soffrano anche questi. Tutti si lamentano, infatti, che i tagli, soprattutto alle spese correnti, ai beni e ai servizi, sono stati molto forti.
È chiaro che la spending review dovrà agire nel senso di rendere sopportabili quei tagli. Intendo spending review nel senso non di taglio, ma di redistribuzione e di riallocazione migliore di risorse, perché questo è il vero senso della spending review. Essa dovrà cercare di agire nei termini del ridimensionamento che dovranno compiere questi ministeri, perché solo così riusciremo a mantenere sopportabile l'ammontare di questi tagli. Altrimenti l'unico risultato che ne deriverà sarà l'aumento dell'ammontare dei debiti fuori bilancio, che oggi ammontano a circa 1-1,2 miliardi l'anno. Negli ultimi due anni abbiamo sanato tali debiti, e anche quest'anno, stiamo sanando debiti nati nel 2011 per circa un miliardo. Grazie.

PRESIDENTE. Abbiamo alcuni minuti a disposizione. Credo che l'audizione del dottor Mazzotta abbia fornito elementi incredibilmente utili, a conferma del fatto che effettivamente l'analisi puntuale del rendiconto è una miniera di informazioni che fino a oggi non era stata assolutamente valutata e che, invece, merita di esserlo.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LINO DUILIO. Telegraficamente pongo una domanda e mi scuso per il ritardo, peraltro dovuto a un altro impegno. Intuisco dalle poche parole che ho sentito che vi è conferma di quanto avevamo immaginato a suo tempo, quando decidemmo di introdurre la struttura del bilancio per missioni e programmi. C'è anche un po' più «gusto» nell'esaminare i dati del rendiconto, che è un documento di straordinaria importanza, a cui negli


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anni, come lei sa, ne abbiamo dedicata poca.
La mia era solo una curiosità, e chiedo scusa se magari ne ha parlato prima, relativa al dato che riguarda il settore concernente l'istruzione scolastica e universitaria. Già nell'analisi della cosiddetta relazione Giarda noi avevamo letto, ma non ricordo se era stato scritto o affermato a voce, che negli anni si era verificato, comparando l'andamento dei dati relativi alla sanità e all'istruzione, che l'istruzione andava giù e la sanità andava su, senza che ciò fosse stato l'esito di una decisione politica, ma un mero dato di fatto.
Dentro questo quadro si conferma questo andamento, ma si vede che, mentre la spesa per missioni concernente l'istruzione scolastica e universitaria, con riferimento al dato relativo agli impegni, scende da circa 55 miliardi a circa 50 miliardi dal 2008 al 2011, la spesa primaria per la stessa voce sale. Sostanzialmente, sale la spesa primaria e scende quella complessiva per missioni. Volevo, se possibile, un breve commento su questo dato.

PIER PAOLO BARETTA. La ringrazio e trovo molto utile questa relazione. Svolgo tre rapide considerazioni. La prima è sulla riflessione finale che lei ha svolto e che merita un approfondimento, in quanto la politica di bilancio è sempre meno politica e sempre più, invece, gestione obbligata da fattori che apparentemente sono oggettivi, data la situazione, ma che richiamano un'opportuna discussione più generale. A beneficio del presidente Giorgetti, penso che, in effetti, non continuare a discutere di federalismo sia un errore, come anche aver interrotto la riflessione che era stata iniziata con l'istituzione della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.
La seconda è una domanda. Il presidente Giampaolino, nella sua audizione, ha rilevato, come ha fatto lei all'inizio, un atteggiamento generalmente virtuoso per quanto riguarda la spesa. Ha, però, evidenziato anche una differente qualità tra il centro e la periferia, sostenendo che gli enti locali sono stati più virtuosi delle amministrazioni centrali. Peraltro, questa è una questione che si evidenzia anche dalla lettura del decreto-legge sulla spending review approvato dal Senato, che svolgeremo domani. Risulta ciò anche a lei e ha un'opinione su questo punto?
Passo alla terza considerazione. Io penso che noi faremmo proprio bene ad approfondire, presidente, due punti che sono emersi, tra gli altri, quello dei ruoli e quello dei residui, perché cambiano la natura del bilancio e quella della lettura del processo economico, non solo del bilancio dal punto di vista tecnico, ma anche dei processi economici.
Sia in ordine al pareggio di bilancio, sia in ordine alle possibilità di investimento questi due aspetti sono totalmente sottovalutati nella lettura complessiva. Io penso che come Commissione bilancio dovremo dedicare, quando giungeremo alla discussione, una riflessione apposita e svolgere alcune considerazioni in proposito quando i provvedimenti approderanno in Aula.

GIULIO CALVISI. Vorrei porre una domanda. Ho trovato molto interessante e analitica la parte sui residui passivi, che testimonia il ruolo dello Stato come debitore, ma manca l'altra parte, quella sui residui attivi.
C'è un riferimento che voi svolgete, molto pertinente e interessante, nel mostrare la differenza fra competenza e cassa, fra accertato e riscosso, ma manca la parte sui residui attivi e le chiederei un approfondimento in merito, magari anche in un'altra occasione. Se noi parliamo di residui attivi, abbiamo residui a riscossione certa, che si possono riscuotere immediatamente, residui con dilazione di pagamento, e sappiamo che questo fenomeno, in virtù della crisi economica, ha avuto un'accentuazione - penso a tutte le dilazioni di pagamento concesse dagli enti di riscossione e da Equitalia in particolare - residui incerti, perché sottoposti a una controversia giudiziale, residui di dubbia esazione, perché, per esempio, un'impresa che sta per andare in fallimento e che deve pagare l'IVA o l'IRPEF ritarda i


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pagamenti, e residui assolutamente inesigibili, relativi alle imprese già cessate e fallite.
Poiché il numero delle imprese che muoiono nel nostro Paese è altissimo, io penso che, con riferimento ai residui di dubbia esazione e inesigibili, si tratta di miliardi e miliardi di euro. Volevo capire perché nella relazione non c'è un riferimento a questa fondamentale grandezza dei residui attivi e se magari potete, in un'altra occasione, integrare la documentazione che ci avete fornito.

MAINO MARCHI. La mia domanda è soprattutto in riferimento al fatto se siamo in grado di avere un quadro del grado di realizzazione delle manovre che si sono succedute. In modo particolare, essendo il 2011 l'ultimo anno della manovra triennale che si è decisa nel 2008, vorrei sapere se, in particolare dal punto di vista delle entrate che erano previste e della spesa, soprattutto dello Stato centrale, siamo in grado di avere un quadro del grado di realizzazione di questi obiettivi.
Ci veniva illustrato l'esempio dell'istruzione. Vorrei chiedere se si è in grado di averlo anche complessivamente. Inoltre, vorrei sapere che grado di realizzazione vi è stato rispetto alle maggiori entrate previste con le decisioni assunte dalle manovre che esplicavano i loro effetti, in modo rilevante anche dal punto di vista delle entrate, nell'anno 2010.
L'ultima domanda ha un riflesso anche su decisioni ancora in corso e che comunque restano aperte nel 2013. Nel 2011 gli ultimi tre mesi hanno registrato un aumento di un punto di IVA. C'era una previsione di entrata e vorrei sapere se quell'entrata si è verificata. Adesso stiamo decidendo di spostare in avanti gli ulteriori aumenti, ma c'è una previsione che comunque rimane aperta dal luglio del 2013. Vorrei capire che cosa è successo nel momento in cui vi è stato tale aumento, perché può anche aiutarci a orientarci per le scelte future.

RENATO CAMBURSANO. Dottor Mazzotta, ho inteso bene o ho interpretato male l'ammontare concreto del debito che le pubbliche amministrazioni hanno nei confronti delle imprese, di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi e che ci obbliga nel prossimo futuro, sin dal 2013, a rispettare una direttiva comunitaria, che impone di provvedere ai pagamenti nell'arco temporale di sessanta giorni? Si è parlato di 70-80 miliardi di euro. A tanto ammonterebbero i debiti di cui sopra.
Mi pare che, invece, ci sia un ridimensionamento notevole, secondo le sue parole, oppure ho interpretato male?

AMEDEO CICCANTI. Pongo la stessa domanda del collega Cambursano. Io ho capito che i residui adesso diventano perenti dopo due anni e passano nel conto del patrimonio, ragion per cui noi ci dovremmo trovare con debiti della pubblica amministrazione verso le ditte private fornitrici con una durata che varia intorno ai due anni per evitare che i relativi residui risultino perenti, ma che potrebbe anche superare i due anni. Voi siete in grado di conoscere quali dei residui relativi a questi debiti vanno in perenzione e quali, invece, rimangono nella contabilità corrente. Qual è la questione?
Noi dovremmo capire, in base alle richieste che vengono presentate a valere sui fondi per la reiscrizione dei residui perenti - lei ha riferito che la media è di 2 miliardi per quelli perenti e di un miliardo per quelli della contabilità corrente - se questa misura contiene anche una previsione dei titoli pubblici che vengono assegnati ai fini dell'estinzione dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori o se è al netto dei titoli pubblici ed eventualmente a quanto dovrebbero ammontare questi fondi, se si dovessero pagare tutti i debiti della pubblica amministrazione.
Aggiungo una domanda. Non ho capito perché converrebbe a un'impresa, anziché essere pagata con liquidità, ossia cash, essere pagata in titoli pubblici, ossia mediante i buoni ordinari del tesoro (BOT). Qual è la sua convenienza? Mi sfugge.


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PRESIDENTE. È poca o inesistente. Se potessero essere tutti pagati cash, prenderebbero tutti cash, ma ci sono alcuni limiti.

AMEDEO CICCANTI. La domanda è la seguente: se la scelta tra cash o BOT è alternativa è un conto, se invece si tratta di BOT o nulla è un altro conto. Non ho capito questo passaggio. Ci deve essere un tetto di spesa, agendo tutti e due sul fabbisogno e, quindi, sull'indebitamento. Lei non ha parlato di tetti, non mi sembra che ne esistano e vorrei capire come funziona il meccanismo.

PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Grazie. Comincio dalla fine. Forse mi sono spiegato male. Esiste un tetto. Per le emissioni di titoli ci sono 2 miliardi. Abbiamo a disposizione 2 miliardi. Inoltre, l'opzione è alternativa, a domanda. Chi vuole, presenta domanda, non è obbligatorio. Non obblighiamo nessuno. Chi reputa più conveniente essere pagato in titoli viene pagato in titoli, piuttosto che eventualmente aspettare. Parliamo dei debiti dello Stato. È una possibilità a richiesta.
Avendo visto che le richieste arrivano, e che sono numerose, abbiamo introdotto questa opzione. Magari faremo il conto alla fine. I tetti ci sono: si tratta di 2 miliardi e non di più di emissione di titoli, già scontati nel fabbisogno, mentre, se consideriamo i fondi per la reiscrizione dei residui perenti, abbiamo 3 miliardi complessivi, più altri 2,7 disposti dall'articolo 35 del decreto-legge n. 1 del 2012. In totale sono 5,7 miliardi di fondi, più 2 miliardi per l'emissione di titoli. Complessivamente quest'anno abbiamo a disposizione 7,7 miliardi.
Ordinariamente abbiamo 3 miliardi sui fondi per la reiscrizione dei residui perenti, a cui il decreto-legge n. 1 del 2012 ha aggiunto altri 2,7 miliardi. Sono diventati, così, 5,7 miliardi. Oltre a questi abbiamo poi 2 miliardi che possiamo utilizzare per pagare i debiti con titoli, per un totale di 7,7 miliardi.
Inoltre, abbiamo un miliardo a disposizione per ripianare debiti fuori bilancio, che sono un'altra questione e che non stanno nei residui, né erano iscritti nella competenza. Sono proprio soldi veri, sia di competenza che di cassa. Complessivamente, dunque, ci sono 8,7 miliardi.
A questi si aggiungeranno quelli che deriveranno dal decreto-legge n. 95 del 2012 e che si introiteranno per effetto delle dismissioni di SACE e di Fintecna, per la quota parte che verrà destinata. Non so se arriveremo a 20, ma in due anni arriveremo a 10-12 miliardi. Sceglierà il ministro. Arrivo alle domande e procedo in ordine. Onorevole Duilio, in effetti l'istruzione scolastica e quella universitaria, come giustamente ha notato lei, sono i settori più «penalizzati», perché negli ultimi anni la gran parte della manovra si è realizzata in maniera più cospicua nel campo della scuola attraverso le misure di razionalizzazione nel settore scolastico e la riduzione sia dei docenti, sia del personale ATA. Questo profilo decrescente in gran parte è dovuto a questo, ossia alle manovre effettuate nel settore dell'istruzione.
Se da una parte ci sono state missioni che si sono ridotte perché hanno subìto più di altre gli effetti delle manovre, e abbiamo visto quali sono, ossia quelle collegate ai beni culturali, alle politiche agricole e alle politiche ambientali, dall'altra ce ne sono state altre, come ricordava anche l'onorevole Baretta, che sono state «favorite», perché sono state scelte obbligate.
Se si devono pagare i costi della sanità, alla fine il ripiano del settore della sanità deve essere effettuato, perché questo ha sforato, come per qualsiasi ente territoriale. Oppure, per esempio, ciò avviene nel campo dei trasferimenti agli enti di previdenza.
Quanto ai trasferimenti agli enti di previdenza, il fabbisogno è iscritto sul bilancio dello Stato. I trasferimenti sono aumentati da 60 a 80 miliardi nel corso


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del tempo, proprio perché c'è stato un maggior fabbisogno per pagamenti all'INPS e soprattutto all'INPDAP. Tutto il disavanzo che l'INPDAP accumula in conseguenza dello sfasamento tra contributi e prestazioni è pagato da noi, è lo Stato che trasferisce le risorse.
Involontariamente, non per decisione politica, c'è stata, dunque, una ricomposizione tra le diverse missioni, in parte dovuta alle manovre e, quindi, per scelta di operare in un determinato settore, che magari si è ritenuto di dover tenere sotto controllo e ridurlo. Dall'altra parte, però, ci sono state spese la cui evoluzione è stata al di fuori del controllo. Tenete conto che la spesa per la sanità cresceva a suo tempo del 6-7-8 per cento. Adesso cresce fortunatamente molto meno, però cresce sempre.
Se andiamo a compiere un confronto rispetto al PIL, mentre altre spese sono rimaste piuttosto stabili, alcune altre sono, invece, cresciute. Parlo soprattutto di previdenza e di sanità. Questi sono i settori di interesse. Per questo motivo si vede l'effetto sulla spesa primaria. Rappresentando i settori della sanità e della previdenza volumi di spesa rilevanti, è chiaro che questi incidono sul totale della spesa primaria, che invece sembra crescere. Tutta la spesa che è legata a diritti soggettivi di fatto sta aumentando. Dal punto di vista del bilancio questo è almeno ciò che io riesco a trarre.
Per quanto riguarda l'onorevole Baretta, forse alludeva a quella parte dell'audizione del presidente Giampaolino che faceva riferimento al contributo alle manovre dei diversi livelli di governo. Se prendiamo i numeri nel loro complesso, considerando entrate e spese, è chiaro che i contributi si equivalgono e forse è lo Stato che ha contribuito di più, comprese le entrate.
Se andiamo a vedere dal lato della spesa, indubbiamente, ma chiedo conferma ai miei collaboratori che hanno elaborato materialmente alcune tabelle - non le ho con me, ma, se volete, ve le invio; le abbiamo pronte - ed eseguiamo la somma delle manovre dal decreto-legge n. 112 del 2008 a oggi, distinguendo per sottosettori, entrata e spesa, si vede in effetti che, dal punto di vista della spesa, le autonomie territoriali stanno contribuendo di più in percentuale rispetto alla loro spesa. La differenza non è grandissima, ma in percentuale rispetto alla loro spesa lo è.
In questo senso indubbiamente è vero. Non è, ripeto, una differenza enorme come sembrava che sostenesse il presidente Giampaolino, però, se andiamo a vedere, un minimo in più è stato compiuto e dobbiamo ancora continuare. Anche l'ultima manovra, il decreto-legge n. 95 del 2012, va nella direzione che auspicava lei.
Quello dei ruoli e dei residui è un discorso diretto forse più al presidente Giorgetti. Credo che sia arrivato il momento, e lo dovremmo fare ai sensi dell'articolo 42 della legge n. 196 del 2009, di mettere mano ai concetti di accertamento e di impegno, un po' come è avvenuto adesso con gli enti territoriali che partecipano, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 dicembre 2011, alla sperimentazione volta all'adozione del bilancio redatto in termini di competenza finanziaria. Anche per lo Stato penso che sia arrivato il momento di occuparsene, in particolare per quanto riguarda la parte relativa alle entrate e, quindi, l'accertamento.
In questo senso arrivo anche a rispondere a quanto chiedeva l'onorevole Calvisi. In effetti è stata una pecca nostra. Chiedo scusa, ma la situazione dei residui attivi va studiata. È un discorso collegato ai ruoli e ne abbiamo accennato prima. Noi incassiamo sui ruoli circa il 10 per cento, più o meno, di quanto accertiamo. Oggi i residui attivi a bilancio dovrebbero essere intorno ai 250-260 miliardi, se non ricordo male.
Abbiamo con noi alcuni dati. Rettificando, nella relazione al disegno di legge concernente il rendiconto 2011 i residui attivi sono stimati in 215 miliardi, di cui una buona parte non è detto che rimangano oppure vengano cancellati, magari negli anni successivi, nel caso in cui si considerassero non più esigibili.


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GIULIO CALVISI. Non è solo colpa vostra. Nel giudizio di parificazione della Corte dei conti mi pare di aver letto che è difficile fare un preciso riferimento a tutta l'attività di riscossione e alla quantificazione delle entrate per lo Stato. C'è un esplicito riferimento a tale difficoltà.
Probabilmente è venuto il momento di intervenire. L'Agenzia delle entrate compie il suo dovere, mentre Equitalia mi pare non faccia altrettanto sino in fondo, sotto questo punto di vista.
Presidente, è assolutamente vero.

PRESIDENTE. Se compisse fino in fondo il proprio dovere, sarebbero problemi seri.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Per gli aspetti di carattere tecnico posso passare la parola al dottor D'Attoma. Tenete conto che, come ha rilevato in parte anche la Corte dei conti, c'è un problema di contabilità. Ci sono alcune contabilità che dipendono dagli uffici finanziari, sostanzialmente da Equitalia.
Tenete conto che noi ogni anno eliminiamo dalle scritture contabili tantissimi miliardi di residui attivi che rispuntano fuori, perché sono iscritti nella contabilità. Finché c'è la pretesa dell'amministrazione di riscuotere il credito, le contabilità continueranno sempre, in base al concetto attuale di accertamento, a prevedere tali importi. Quando si va a compiere il consuntivo, bisogna svolgere un'analisi puntuale di quanto potrebbe essere esigibile e attendibile a tutti gli effetti.
Un problema esiste, dunque, noi ce lo siamo posti e ne parlavamo proprio in questi giorni. Abbiamo aperto con l'Agenzia delle entrate e con Equitalia un tavolo di lavoro per cercare di risolvere questi problemi. Il nostro obiettivo è quello di rimettere mano a tali aspetti e cercare di approfondire e capire dove sono le incongruenze e ridisegnare un po' il sistema. Ovviamente lo dovremo fare d'intesa con l'Agenzia delle entrate e col Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.
Parlare di perenzione in merito alle seconde e terze rate dei versamenti non è pertinente, perché i residui attivi non vanno in perenzione. Al massimo si cancellano, ma non vanno in perenzione. Se le entrate sono state accertate, continuano a essere nei residui attivi, ma su questo punto lascio la parola al dottor D'Attoma, che potrà essere più preciso.

LUIGI D'ATTOMA, Dirigente dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Il mondo delle entrate presenta caratteristiche particolari. Per esempio, il discorso dei residui, che sono anche superiori a quelli che di fatto sono registrati, dipende anche dal fatto che, per esempio, molti versamenti vengono eseguiti direttamente dai cittadini. A volte questi versamenti non hanno riferimenti contabili precisi, a differenza della spesa, dove è l'amministrazione che emette i mandati.
Per portare un esempio, potrebbe esserci un debito che ha dato luogo ad accertamento, ma poi il versamento viene effettuato dal contribuente, dal cittadino, senza fornire quel riferimento. In questo caso potrebbe esserci un riaccertamento, perché questa somma, quando è incassata, viene riaccertata. Ciò magari non avviene per i versamenti diretti, quelli che passano per il canale F24.
Riguardo anche, per esempio, alle entrate extratributarie, dal momento che abbiamo visto che una formazione di residui importante c'è anche per le entrate extratributarie, ricollegandoci anche a quanto sosteneva l'onorevole Calvisi e prima ancora l'onorevole Baretta sul ruolo del bilancio, sicuramente si impone la necessità di conoscere bene il grado di esigibilità e di realizzabilità di questi residui.
Attualmente vengono effettuate, per esempio, alcune riduzioni in sede di rendiconto sulla base di elaborazioni che compie l'Agenzia delle entrate valutando i campioni di realizzazione. A seguito di queste elaborazioni in sede di rendiconto viene effettuato un taglio, però bisognerebbe andare a vedere le singole partite,


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che sono una miriade, magari si tratta di partite debitorie relative a crediti che lo Stato vanta, alcune delle quali si potrebbero riferire a operazioni ormai insussistenti, perché precedenti ai condoni.
Sicuramente il mondo delle entrate richiede una forte attenzione anche proprio all'individuazione del grado di realizzabilità dei residui. È un punto importante.

BIAGIO MAZZOTTA, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato. Come ripeto, ormai è diventata per noi una priorità quella di cominciare a mettere mano alla materia anche in questo campo. Anche se dovessimo ridisegnare il sistema contabile con gli uffici finanziari competenti, in questo caso con gli agenti della riscossione, io ormai sono più che convinto che sia arrivato il momento di intervenire, anche se ciò dovesse costare in termini di risorse da mettere sul piatto. Credo che sia un obiettivo assolutamente indispensabile, sotto il profilo dei residui.
L'onorevole Marchi chiede quale sia il grado di realizzazione delle manovre, in particolare quella contenuta nel decreto-legge n. 112 del 2008. Il grado di realizzazione delle manovre non è interamente intellegibile sul bilancio dello Stato. Per alcuni aspetti lo è, come per gli interventi eseguiti sulle spese del bilancio statale. Lo osservavamo prima sul caso della scuola, dove è emersa un'eccedenza rispetto all'obiettivo, così come mi sento di affermare che, relativamente ai tagli delle spese rimodulabili del bilancio dello Stato, essi sono stati parzialmente efficaci.
I tagli apportati in quella maniera, soprattutto sulla spesa per acquisto di beni e servizi, nel tempo, come ricordavo prima, hanno, in realtà, generato debito in molti casi. Se si è tagliato dieci, in realtà uno o due sono riemersi come polvere da sotto al tappeto.
L'amministrazione non ha adottato comportamenti virtuosi, riducendo la possibilità di compiere spesa un po' più discrezionale. Ha continuato a effettuare spesa discrezionale, lasciando da parte una sorta di spesa di tipo inderogabile, tra cui fitti, canoni e utenze. La gran parte delle spese per debiti è rappresentato da queste tre tipologie. Nessuno comunque taglia la luce o il gas, né caccia via i morosi, se non pagano l'affitto.
In parte ciò è dovuto all'effetto del taglio lineare che ha colpito certe tipologie di spese, ma in parte tale debito sommerso o fuori bilancio è dovuto al fatto che i comportamenti delle amministrazioni non si sono adeguati al nuovo vincolo di bilancio che era stato posto.
Mi sento di affermare che alcune misure sono state inefficaci o solo parzialmente efficaci. Altre questioni dal consuntivo a volte non emergono, ma emergono dal fatto che dall'analisi dei dati risultano debiti fuori bilancio che fanno pensare che parte della manovra realizzata mediante il taglio lineare delle spese del bilancio dello Stato non abbia avuto effetto.
Relativamente, invece, alle spese, per esempio, destinate alle autonomie territoriali, in molti casi operiamo dei tagli. Negli ultimi anni abbiamo tagliato e stiamo tagliando tali spese. È chiaro che, se gli enti locali non hanno le risorse e in più hanno il vincolo del Patto di stabilità interno, ci sono problemi e, in effetti, si lamentano da molti anni.
Sul lato delle entrate è molto complicato riuscire a capire l'effetto di una manovra. L'effetto della manovra in termini, per esempio, di lotta all'evasione e di aumento di IVA, il caso del punto di PIL a cui lei accennava, si incrocia col fatto che il PIL è caduto negli ultimi tempi. Bisognerebbe stimare quanta parte sia dovuta all'effetto riconducibile al calo del PIL e quanta parte sia legata al fatto che l'IVA era aumentata di un punto.
Se oggi lei mi chiedesse se quel punto di IVA che avevamo stimato come aumento vale ancora l'importo dell'epoca, che ora non ricordo, o, considerato l'andamento del gettito, soprattutto in presenza del PIL che scende, un po' di meno, opterei per la seconda ipotesi. Se all'epoca si era stimato quel punto 6-6,5 miliardi, oggi esso vale di meno, perché i consumi sono scesi e sull'IVA c'è stato un effetto


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negativo, che si vede dai numeri. Non sono io che devo parlare, perché mi occupo di spesa. In merito sono i colleghi del Dipartimento delle finanze ad avere la titolarità a compiere le previsioni.
L'onorevole Cambursano parlava di debiti verso le imprese. I debiti verso le imprese sono stati stimati dalla Banca d'Italia e io le porto solo un esempio. La Banca d'Italia ha parlato di una cifra pari al 5 per cento di PIL. Di questo 5 per cento, che grosso modo consta di 80 miliardi, ho saputo informalmente che circa 18-20 miliardi sono debiti delle amministrazioni centrali. Da una stima che ho eseguito io personalmente, risultano dallo stock di residuo, calcolando anche i debiti fuori bilancio, 10-13 miliardi e non 18-20.
Dipende da che lato vediamo la questione. La Banca d'Italia ha effettuato le sue stime. Come Ragioneria generale dello Stato noi non abbiamo una stima ufficiale eseguita sui debiti commerciali. Dal punto di vista del bilancio noi riusciamo ad avere alcuni dati in più e a effettuare una stima forse un po' più consolidata.
Gli altri settori hanno minori possibilità, però abbiamo alcune differenze rispetto alla Banca d'Italia. Questa parla del 5 per cento perché compie un'indagine statistica dal lato delle imprese e sulla base di quella stima il complessivo.
Dai dati di bilancio che io vedo 12-13 miliardi potrebbe essere una cifra attendibile come debito commerciale, ovvero come stock di residuo relativo a debiti commerciali, un po' meno rispetto alla cifra calcolata dalla Banca d'Italia.
Diverso è, invece, il discorso dei residui passivi complessivi, che sono quei 180 miliardi. Più della metà di questi sono trasferimenti a enti pubblici, ad amministrazioni pubbliche: regioni, enti locali, enti di previdenza e via elencando. Proprio negli ultimi provvedimenti si è deciso di ripianare i conti per 1-1,2 miliardi solo agli enti territoriali, ivi comprese le province.
Alla fine i debiti commerciali dichiarati dalle province sono ancora parzialmente legati a questo mancato trasferimento dello Stato, fermo restando che gli enti locali devono sottostare alle regole del Patto di stabilità interno. Alcune carenze di liquidità potrebbero essere anche causate da questo, ossia dal fatto che esiste uno stock di residuo che deve essere smaltito per quanto riguarda lo Stato.
Mentre per la sanità sappiamo che ci sono piani di rientro e vincoli all'erogazione della cassa, quello degli enti territoriali è un discorso che viene dal passato, perché c'è uno stock veramente alto.
All'onorevole Ciccanti in parte avevo risposto sui residui perenti. Il termine è di due anni. Ricordiamoci che oggi c'è anche la possibilità - a parte i 7-8 miliardi cui accennavo prima per smaltirli -, che stiamo attivando, di ricorrere alle certificazioni dei crediti nei confronti delle imprese, attraverso cui le imprese potranno, se vorranno, andare a farsi scontare in banca tali crediti, a tassi che speriamo siano agevolati, tramite convenzioni che si stanno stipulando. È un altro strumento che può essere messo a disposizione per il pagamento dei debiti commerciali dello Stato.

PRESIDENTE. Ringraziamo davvero il dottor Mazzotta per questo lavoro molto completo e per tutti questi dati, che saranno poi a disposizione di tutti i colleghi per le opportune meditazioni. Ricordo che l'indagine conoscitiva proseguirà nel mese di settembre con l'audizione dei soggetti istituzionali particolarmente interessati.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata dal dottor Mazzotta (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.

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