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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
10.
Martedì 7 febbraio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME CONGIUNTO DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO RELATIVO AI REQUISITI PRUDENZIALI PER GLI ENTI CREDITIZI E LE IMPRESE DI INVESTIMENTO (COM(2011) 452 DEFINITIVO) E DELLA PROPOSTA DI DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO SULL'ACCESSO ALL'ATTIVITÀ DEGLI ENTI CREDITIZI E SULLA VIGILANZA PRUDENZIALE DEGLI ENTI CREDITIZI E DELLE IMPRESE DI INVESTIMENTO E CHE MODIFICA LA DIRETTIVA 2002/87/CE (COM(2011) 453 DEFINITIVO)

Audizione del dottor Gianluca De Candia, direttore generale dell'Associazione italiana leasing:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 6 7 10 11
De Candia Gianluca, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing ... 3 6 7 8 9 10 11
Abrignani Ignazio (PdL) ... 9
Barbato Francesco (IdV) ... 6
Fluvi Alberto (PD) ... 6
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 10 11
Tibuzzi Beatrice, Responsabile dell'area relazioni istituzionali, vigilanza, studi e statistiche dell'Associazione italianaleasing ... 7 10
Ventucci Cosimo (PdL) ... 8

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal dottor Gianluca De Candia ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 7 febbraio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del dottor Gianluca De Candia, direttore generale dell'Associazione italiana leasing.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2011)452 definitivo) e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 2002/87/CE (COM(2011)453 definitivo), l'audizione del dottor Gianluca De Candia, direttore generale dell'Associazione italiana leasing.
Il dottor De Candia è accompagnato dalla dottoressa Beatrice Tibuzzi, responsabile dell'area relazioni istituzionali, vigilanza, studi e statistiche dell'Associazione.
Do, quindi, la parola al nostro ospite per la relazione.

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Ringrazio lei, signor presidente, e tutta la Commissione per avermi invitato a partecipare all'audizione odierna, nella mia qualità di direttore generale dell'Associazione italiana leasing.
Innanzitutto, desidero premettere una breve presentazione del mondo del leasing.
La funzione del mercato del leasing è incentrata sull'importante ruolo che le piccole e medie imprese svolgono nell'economia italiana.
A tale proposito, abbiamo ritenuto opportuno allegare ai documenti predisposti per l'audizione anche uno studio recentissimo, elaborato da Oxford Economics per conto di Leaseurope, la federazione che rappresenta l'industria europea del leasing, per determinare in quale misura, con quali modalità e per quali motivi le piccole e medie imprese di otto Paesi europei (Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Polonia) ricorrano allo strumento contrattuale di cui stiamo discorrendo.
Lo studio conferma che il leasing è fondamentale, in Europa, per il finanziamento degli investimenti produttivi delle piccole e medie imprese. La porzione degli investimenti delle PMI finanziata mediante il leasing - cioè, il tasso di penetrazione - è superiore, in Italia, al 20 per cento. Questo valore è il più alto in Europa. Se si ha riguardo ai volumi di stipulato, l'Italia occupa il quarto posto nella classifica europea, dopo Francia, Spagna e Regno Unito, ma ha il primato nell'ambito immobiliare.


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La caratteristica di questa tipologia di finanziamento è quella di essere asset based: la società di leasing acquista il bene scelto dall'impresa utilizzatrice - tendenzialmente, una piccola o media impresa -, e glielo concede in utilizzo, dietro il pagamento di un canone periodico, alla cui determinazione si procede tenendo conto di molteplici fattori. Alla scadenza del contratto, nell'ipotesi di leasing finanziario, l'utilizzatore ha la facoltà di acquistare la proprietà del bene, esercitando un'opzione di riscatto, ad un prezzo contrattualmente prestabilito.
La proprietà del bene, quindi, permane in capo alla società di leasing fino all'esercizio dell'opzione di acquisto da parte dell'impresa utilizzatrice. Questo è un elemento importante ai fini prudenziali, perché l'appartenenza del bene al patrimonio della società di leasing per tutta la durata del contratto rappresenta qualcosa di più di una semplice garanzia volta ad attenuare il rischio.
Ciò nonostante, nell'ambito delle proposte di regolamento e di direttiva all'esame della Commissione sono previsti criteri particolarmente stringenti, dai quali deriva un peggioramento della ponderazione del rischio per l'intermediario che concede in locazione finanziaria beni immobili. Attualmente, al leasing immobiliare è applicato un fattore di ponderazione di favore, del 50 per cento, giustificato dai dati che anche gli operatori italiani hanno presentato a livello europeo. Le proposte di direttiva e di regolamento stabiliscono, invece, che il predetto fattore non sarà più applicato all'intera esposizione, ma soltanto alla parte del prestito che non supera il 50 per cento del valore di mercato dell'immobile, mentre alla restante parte di esposizione sarà applicato il coefficiente di ponderazione relativo alla specifica tipologia di controparte finanziata.
Ciò si ripercuoterà in maniera negativa sia sui competitor, gli operatori finanziari che concedono in leasing beni immobili (i quali possono essere anche di emanazione bancaria), sia sulla clientela, nell'ambito della quale predominano, come ho già rilevato, le piccole e medie imprese.
Auspichiamo, pertanto, il mantenimento dell'attuale fattore di ponderazione del 50 per cento in relazione all'intera esposizione riguardante il leasing immobiliare, in coerenza con la proposta che stiamo portando avanti con la federazione europea e con l'omologa associazione francese.
Un'altra penalizzazione, che stiamo cercando di contrastare, deriva dalla previsione del requisito di liquidità a breve termine, definito liquidity coverage ratio (LCR).
Il requisito è riferibile, per sua natura, agli intermediari che svolgono un'attività di raccolta di depositi, come le banche. Le società di leasing, invece, non fanno alcuna attività di raccolta a breve: acquistano beni per metterli a disposizione degli utilizzatori. In particolare, nel caso del leasing immobiliare - settore in cui siamo primi in Europa - vengono in considerazione principalmente finanziamenti a medio e lungo termine, con i quali mal si concilia - o addirittura contrasta - la previsione di un requisito di liquidità a breve.
Come ho spiegato, nell'ambito di un'operazione di leasing assume un ruolo centrale il bene, che per la società concedente rappresenta, ai fini prudenziali, non soltanto una garanzia, ma anche qualcosa di più.
Ebbene, le proposte in esame infliggerebbero al settore una duplice penalizzazione - modificando il meccanismo di ponderazione del rischio ed estendendo alle società di leasing gli stessi requisiti di liquidità previsti per le banche -, che finirebbe per comprimere ulteriormente l'accesso al credito delle imprese.
I dati concreti confermano la bontà delle nostre proposte.
In uno dei documenti che abbiamo consegnato forniamo un esempio di ciò che cambierebbe nel caso di un investimento immobiliare (la maggior parte delle operazioni di leasing immobiliare riguarda settori produttivi e, quindi, capannoni industriali


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e altri edifici non residenziali). Abbiamo ipotizzato il caso classico di un finanziamento di un milione di euro per l'acquisto di un capannone, con un leasing della durata di 18 anni, con pagamento in rate semestrali. Il piano di ammortamento finanziario è alla francese, cioè con rata costante, quote di capitale crescenti e quote di interessi decrescenti. Come si può notare, applicando il meccanismo di ponderazione proposto dal legislatore europeo, si ottiene un requisito patrimoniale aggiuntivo iniziale di circa 193.000 euro: non è poca cosa.
Nel capitolo 4 del medesimo documento sono riportati i dati di sintesi di un'analisi che conduciamo da diversi anni, che presentammo alla Banca d'Italia proprio al fine di ottenere l'attuale ponderazione del 50 per cento per le esposizioni immobiliari.
L'indagine, che coinvolge un campione di quindici tra le maggiori società di leasing italiane e il 70 per cento del volume complessivo di leasing immobiliare in essere, riguarda i contratti risolti nel periodo 2007-2010 per insolvenza degli utilizzatori.
In particolare, abbiamo potuto dimostrare come, negli anni presi in considerazione, non sia mai stato chiuso un contratto di leasing immobiliare senza il recupero del bene: come mostrato dalla tabella 1, a pagina 9 del documento contenente le nostre osservazioni e proposte, le probabilità di recupero e rivendita del bene corrispondono, quindi, al 100 per cento.
Altro dato importante è che il prezzo di rivendita è stato pari al 79 per cento del costo originario (la percentuale dell'86,5 per cento, registrata nel 2007, è decresciuta fino al 77 per cento nel 2009, a causa del calo delle compravendite e del valore degli immobili).
Il dato più importante, tuttavia, è che il prezzo di rivendita alla data della risoluzione contrattuale risulta essere superiore all'esposizione (nel 2010, esso è pari al 118 per cento).
Per quale motivo, dunque, dovrebbe essere rivista la ponderazione del rischio per questa tipologia di esposizione, se i dati dimostrano che il prezzo di rivendita è superiore al 100 per cento del costo originario, anche in questi ultimi anni, nei quali il valore degli immobili e il numero delle compravendite sono diminuiti?
Ritengo opportuno segnalare, inoltre, il numero di mesi che intercorrono tra la risoluzione del contratto e la rivendita dell'immobile. Mentre per i mutui immobiliari occorrono mediamente 56 mesi, nel caso del leasing i tempi sono molto più brevi: nel 2010, ad esempio, sono intercorsi 26 mesi.
Come dicevo, stiamo cercando di contrastare, d'intesa con l'associazione francese delle società di leasing e con la federazione europea, la previsione del requisito di copertura della liquidità (liquidity coverage ratio). Come si evince dalle disposizioni che definiscono il campo di applicazione delle proposte di regolamento e di direttiva, i requisiti in materia di liquidità sono riferiti esclusivamente a quegli intermediari che, come le banche, svolgono attività di raccolta di depositi. Il leasing non è assimilabile a tale attività, perché le società di leasing non raccolgono depositi, ma fanno provvista in relazione alle scadenze per il pagamento dei fornitori dei beni che acquistano, per concederli in locazione finanziaria alla clientela.
L'estensione dei requisiti di liquidità ai soggetti non bancari determinerebbe una disparità competitiva, a vantaggio delle banche e delle società finanziarie di emanazione bancaria - perché le società di leasing non dispongono della liquidità proveniente dai depositi e non hanno accesso alle forme di rifinanziamento presso la BCE previste per le banche -, e una compressione del numero degli operatori, che ridurrebbe l'offerta di servizi finanziari alla clientela. Peraltro, la disomogeneità sul piano concorrenziale sarebbe accresciuta per effetto dell'applicazione, da parte di alcune banche, di metodologie avanzate di ponderazione del rischio, da cui deriverebbe un minore costo della provvista.
Tutto ciò danneggerebbe non soltanto le società di leasing, ma anche tante piccole


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e medie imprese radicate nel territorio, le quali vedrebbero ridursi la possibilità di effettuare nuovi investimenti produttivi.
La proposta che stiamo portando avanti, anche in forza delle previsioni dei documenti legislativi in esame, è quella di prevedere l'esonero dall'applicazione dei requisiti di liquidità per le società di leasing.
Ci preoccupa, tuttavia, lo dico apertamente, l'atteggiamento della Banca d'Italia. Infatti, nel documento per la pubblica consultazione contenente lo schema delle «Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari», che danno attuazione alle disposizioni contenute nel Titolo V del Testo unico bancario, come modificato dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, diffuso il mese scorso, l'Autorità di vigilanza ha espresso l'intenzione di estendere l'applicazione della normativa europea in materia di requisiti patrimoniali delle banche a tutti gli intermediari finanziari vigilati e non soltanto a quelli che raccolgono depositi.
Se tale orientamento dovesse essere confermato, le società di leasing sarebbero costrette ad affrontare i gravi problemi che ho fin qui esposto. Oltre che compromettere la competitività delle società di leasing a livello nazionale, le nuove disposizioni di vigilanza rappresenterebbero una forma di penalizzazione, soprattutto ove si consideri che le autorità di vigilanza di altri Paesi europei non stanno applicando una normativa altrettanto rigorosa.
Vi ringrazio per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor De Candia e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO BARBATO. Desidero innanzitutto ringraziare il dottor De Candia, anche a nome del gruppo parlamentare Italia dei Valori, per il contributo che ci ha offerto.
Vorrei, quindi, che mi fosse chiarito meglio l'aspetto riguardante la penalizzazione degli intermediari finanziari non bancari, qualora fosse loro estesa la disciplina in materia di requisiti patrimoniali e di liquidità prevista per le banche. Ritenete che tale impostazione favorirebbe i grossi gruppi bancari, a scapito di un tessuto finanziario più fragile, qual è il vostro?

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. È un rischio fondato, che abbiamo indicato nel documento consegnato.

FRANCESCO BARBATO. Pensate, quindi, che il legislatore debba intervenire per evitare questo eterno contrasto tra il Davide e il Golia di turno?

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Quello che lei ha descritto, onorevole Barbato, è uno degli scenari che temiamo.
A livello strategico, stiamo puntando a una modifica delle proposte legislative comunitarie che esoneri le società di leasing dall'applicazione dei predetti requisiti.
Un ruolo importante dovrà svolgerlo la stessa Banca d'Italia, quando emanerà le nuove istruzioni di vigilanza, possibilmente cercando di evitare il rischio da lei paventato.

ALBERTO FLUVI. Ringrazio il dottor De Candia per averci illustrato argomenti in parte nuovi. Proprio tenendo conto degli aspetti di novità relativi ai temi affrontati, direi che l'audizione odierna si è rivelata utilissima, come lo sarà, ritengo, la documentazione consegnata.
Le domande che desidero porle, dottore, si ricollegano, in qualche modo, alle considerazioni del collega che mi ha preceduto.
In primo luogo, quante sono le società di leasing di emanazione bancaria e quante le altre?
In secondo luogo, sia per le società di leasing, sia per le banche e per le altre istituzioni finanziarie, si è sempre posto il problema della diversità di regolamentazione all'interno dei singoli Paesi appartenenti all'Unione europea (e fermiamoci qui,


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perché andare al di là del vecchio continente ci porterebbe, non soltanto in senso geografico, troppo lontano). Ora, invece, tanto i requisiti di liquidità quanto quelli di capitale sono disciplinati, se non erro, dalla proposta di regolamento. Ne deriva la riduzione degli spazi di discrezionalità dei singoli Paesi e delle autorità di vigilanza nazionali, tra cui la Banca d'Italia. Secondo voi, ciò rappresenta un rischio oppure un aspetto positivo, considerando che il campo di gioco deve essere il più possibile livellato e, inoltre, che il compito di definire le regole spetterà non alle autorità di vigilanza nazionali, ma all'EBA e alla Commissione europea?

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Se lo consente, signor presidente, chiederei alla dottoressa Tibuzzi di rispondere alla domanda posta dall'onorevole Fluvi.

PRESIDENTE. Prego, dottoressa Tibuzzi.

BEATRICE TIBUZZI, Responsabile dell'area relazioni istituzionali, vigilanza, studi e statistiche dell'Associazione italiana leasing. Per quanto riguarda il peso delle diverse tipologie di società di leasing, un elemento preoccupante è la tendenza alla sempre maggiore concentrazione del mercato nelle mani di due o tre grandi intermediari finanziari facenti capo a importanti gruppi bancari, i quali sostengono costi di provvista inferiori. Il gruppo bancario, infatti, applica la ponderazione dello zero per cento alle esposizioni verso componenti del gruppo soggette a vigilanza in un Paese dell'Unione europea, mentre in generale, a seguito del downgrade dell'Italia, le esposizioni superiori ai tre mesi verso intermediari, anche vigilati, sono ponderate al 50 per cento e, in caso di nuovo downgrade, saranno ponderate al 100 per cento.
Esistono, quindi, numerose realtà non bancarie, ma la loro quota di mercato si sta riducendo.
Credo di poter affermare che i grandi gruppi bancari detengono tra il 50 e il 60 per cento del mercato. In termini numerici, hanno aderito alla nostra associazione un centinaio di società. Invece, la percentuale di società che, pur avendo stipulato convenzioni con le banche, non fanno parte di gruppi bancari, si attesta tra il 40 e il 50 per cento.
I dati che ho riferito sono riportati nel nostro «Rapporto annuale sul leasing» e, in forma sintetica, in uno dei documenti che abbiamo consegnato. Per il 2011 stiamo ancora verificando le cifre. Posso anticipare, comunque, che i gruppi bancari hanno un peso maggiore in termini di quote di mercato, mentre le società più piccole pesano di più in termini numerici.
In questo ambito eterogeneo, una specifica disomogeneità interessa gli intermediari convenzionati con le banche, ma non appartenenti a un gruppo. Poiché applicano le disposizioni di vigilanza a livello individuale, tali soggetti sono penalizzati rispetto a quei competitor che, facendo parte di un gruppo bancario, possono usufruire di vantaggi sotto il profilo dei requisiti patrimoniali.
Esistono anche società che sono emanazione di banche estere. Come tali, esse dovrebbero essere equiparate a quelle che fanno parte di gruppi bancari italiani. Tuttavia, la Banca d'Italia le considera, ai fini della vigilanza, come società indipendenti, tenute a rispettare i requisiti prudenziali a livello individuale.
La competizione sta assumendo caratteristiche di maggiore eterogeneità e pericolosità. Non sempre, infatti, prevale l'impresa che offre condizioni più vantaggiose: riescono a imporsi, spesso, quelle che sanno sfruttare meglio tutti i fattori atti a influenzare le decisioni della clientela, tra i quali assumono rilievo anche le caratteristiche organizzative dell'impresa. In ogni caso, la conoscenza del territorio, dei prodotti e delle specificità di alcuni investimenti dovrebbero consentire alle società di leasing di offrire prodotti più competitivi.
Il discorso si ricollega al tema dell'omogeneità delle regole a livello europeo. Una normativa europea che elimini le discrezionalità nazionali, favorendo l'omogeneità di trattamento per tutti gli intermediari, è


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sicuramente auspicabile. Bisogna considerare, tuttavia, che tale normativa sarebbe applicata a un mercato differenziato.
In Italia, il leasing immobiliare è uno degli strumenti preferiti dalle PMI, alle quali riesce a offrire, grazie alla garanzia costituita dal bene, un finanziamento a condizioni più vantaggiose. In questo senso, il comparto è in una certa misura strategico, perché aiuta le piccole e medie imprese italiane, francesi e spagnole, le quali stanno vivendo una fase più complessa rispetto alle altre.
A livello europeo si sono sviluppate altre tipologie di finanziamento, e il leasing è utilizzato tipicamente per le autovetture aziendali e altri beni strumentali. Per questo motivo le nuove proposte in materia di ponderazione delle esposizioni relative a operazioni di leasing immobiliare, sui cui deleteri effetti per le società di leasing italiane si è soffermato il dottor De Candia, suscitano minore preoccupazione fuori dal nostro Paese, anche perché non è detto che gli intermediari siano vigilati dalla banca centrale; infatti, molte società di renting effettuano operazioni di noleggio di auto o di beni strumentali che sfuggono alla vigilanza bancaria, sebbene siano molto vicine al leasing.
È stato avviato, in ambito europeo, un processo volto ad assoggettare a sorveglianza e regolamentazione più rigorose le entità e le attività riconducibili al cosiddetto sistema bancario ombra (shadow banking). Il fenomeno è molto meno rilevante in Italia, perché la nostra legislazione e le prassi di vigilanza hanno da tempo accolto il principio secondo il quale le attività sostanzialmente riconducibili all'intermediazione creditizia devono essere regolate e controllate come tali.
Tuttavia, calibrare l'applicazione agli intermediari finanziari di una normativa creata per le banche è un'operazione molto delicata. Estendendo le stesse regole a tutti, si rischia, anche per disinformazione, di danneggiare gli intermediari più piccoli, a scapito della collettività.
Assimilare il leasing a un mutuo ipotecario, o a qualsiasi altra tipologia di finanziamento bancario, non soltanto farebbe perdere a tale strumento contrattuale la sua specificità, ma ne farebbe qualcosa di diverso dal prodotto che, com'è stato posto in risalto, è particolarmente apprezzato dalle piccole e medie imprese: i grandi gruppi bancari lo parificherebbero, alla fine, ad altre tipologie di finanziamento garantito, offrendolo alle stesse condizioni. Insomma, il leasing, così com'è adesso, sarebbe destinato a estinguersi. Credo che sarebbe un peccato per l'Italia e per l'Europa, perché anche i dati europei confermano il trend positivo.

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Vorrei segnalare che le nostre proposte di emendamento sul leasing immobiliare sono perfettamente coerenti con quanto è previsto da alcuni considerando della proposta di regolamento.
Infatti, nel considerando n. 25 della proposta di regolamento si dice espressamente: «È essenziale tener conto della diversità degli enti creditizi e delle imprese di investimento nell'Unione, prevedendo sistemi alternativi di calcolo dei requisiti in materia di fondi propri a fronte del rischio di credito (...)».
Inoltre, l'articolo 119, paragrafo 2, della medesima proposta regolamento prevede che le autorità competenti possano fissare un fattore di ponderazione del rischio più elevato o criteri più severi, qualora se ne presenti la necessità, consentendo, quindi, di prevedere normative ad hoc per specifiche situazioni.
Per quanto riguarda le quote di mercato, le prime due società di leasing, di emanazione bancaria, coprono circa il 30 per cento del valore dello stipulato del 2011, ridottosi a 24,6 miliardi di euro, contro i 27,5 miliardi di euro del 2010. L'erogazione di leasing ha già subito, quindi, un forte decremento.

COSIMO VENTUCCI. La mia domanda potrà sembrarle banale, dottor De Candia, ma da quanto ci avete riferito sembra emergere un certo accanimento nei confronti del settore. Ad esempio, il requisito di liquidità a brevissimo termine, cioè trenta


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giorni, rappresenta per voi un notevole handicap.
Poiché siete tecnici, e svolgete istituzionalmente attività di informazione e assistenza a favore delle imprese associate, chi meglio di voi può indicarci il motivo di tanto accanimento? Gli specialisti della finanza, a livello europeo, avranno elementi validi per proporre l'applicazione anche alle società di leasing dei nuovi requisiti di liquidità.
Vorrei sapere, inoltre, se coprite tutti i settori di attività o soltanto il leasing immobiliare.

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Le nostre associate coprono tutti i settori di attività e, come dicevo, hanno finanziato, nel 2011, investimenti in beni del valore di 24,6 miliardi di euro.
In particolare, si è attestato intorno ai 7 miliardi di euro il valore dello stipulato nel comparto immobiliare, che è stato superato, sia pure di poco, dal leasing strumentale, relativo a tutte le tipologie di beni strumentali all'esercizio di attività d'impresa. Il leasing auto, invece, si è mantenuto sui 5,6 miliardi di euro. È confermato nel 2011, in Italia e in Europa, il trend di crescita del leasing di impianti e centrali per la creazione di energie rinnovabili. Un altro settore che potrà crescere in modo esponenziale è quello del leasing collegato a investimenti delle pubbliche amministrazioni. Il leasing su beni da costruire è ancora limitato, ma ci crediamo molto (non mi riferisco soltanto agli immobili, ma anche ad altri beni).
È chiaro che la proposta di applicare un fattore di ponderazione del 50 per cento alle esposizioni nell'ambito di operazioni di leasing immobiliare penalizzerebbe le società attive principalmente in tale settore. Diversamente, l'applicazione del liquidity coverage ratio danneggerebbe tutte le società di leasing, sia che operino nel comparto immobiliare, sia che operino in altri comparti. Ad esempio, sarebbero fortemente penalizzate le società di leasing del settore automotive (automobili, veicoli industriali e commerciali), per la maggior parte non di emanazione bancaria.
È per questo motivo che auspichiamo l'esclusione degli intermediari finanziari vigilati dall'ambito di applicazione del predetto requisito di liquidità.
Nell'appunto che abbiamo consegnato sosteniamo che l'ambito di applicazione delle proposte di regolamento e di direttiva dovrebbe essere limitato alle credit institution, cioè agli intermediari che raccolgono dal pubblico depositi o altre forme di fondi prontamente liquidabili. Purtroppo, nel documento di pubblica consultazione contenente lo schema delle «Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari», la Banca d'Italia mostra l'intenzione, come ho già detto, di estendere l'applicazione della normativa in materia di requisiti patrimoniali delle banche a tutti gli intermediari finanziari.

IGNAZIO ABRIGNANI. Ho anch'io una domanda da rivolgerle, dottor De Candia.
Gli elementi acquisiti nelle audizioni possono rappresentare, spesso, anche un termometro della situazione dell'economia. Poiché, come ci ha spiegato, le società di leasing operano in molti settori economici, avrete sicuramente analizzato l'andamento sia delle principali variabili economiche, sia del leasing nei diversi settori. Ebbene, qual è, a vostro giudizio, il quadro economico del triennio 2010-2012? Inoltre, cogliete qualche segno di ripresa?

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. La crisi dei mercati ha coinvolto direttamente anche le società di leasing.
La situazione è particolarmente critica in quanto il costo della provvista, più elevato per le società non di emanazione bancaria, e l'esigenza di un bilanciamento temporale tra raccolta e impieghi, rende difficile erogare un finanziamento a medio-lungo termine, quale l'acquisto di un immobile o di un bene con obsolescenza più lunga rispetto al normale. Dal punto di vista dell'impresa utilizzatrice, invece, il finanziamento deve avere una durata sufficientemente


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lunga, poiché la deducibilità dei canoni è ammessa a condizione che la durata del contratto di leasing sia non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento fiscale del bene, individuato in base ai coefficienti applicabili in relazione all'attività esercitata dal locatario.
Anche riguardo a tale aspetto è auspicabile, pertanto, una modifica legislativa, in mancanza della quale prevediamo una contrazione dei finanziamenti, con ripercussioni negative sulle piccole e medie imprese.

BEATRICE TIBUZZI, Responsabile dell'area relazioni istituzionali, vigilanza, studi e statistiche dell'Associazione italiana leasing. Ci conforta il fatto che, nonostante il calo in valore assoluto degli investimenti, dei finanziamenti a medio e lungo termine e dello stipulato, le rilevazioni presso le PMI - ad esempio, il sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi della Banca d'Italia - confermano un forte ricorso al leasing anche in relazione agli investimenti programmati per il 2012. In altre parole, le imprese ci sono affezionate e continuano a credere nel leasing.

PRESIDENTE. Per il leasing immobiliare chiedete un meccanismo di ponderazione diverso da quello proposto dalla Commissione europea. Inoltre, vi opponete all'estensione del liquidity coverage ratio agli intermediari finanziari diversi dalle banche.
Se la richiesta di un requisito di liquidità a breve termine non sembra astrusa, la valorizzazione, a sostegno di una diversa ponderazione, delle probabilità di recupero e rivendita del bene - in caso di risoluzione contrattuale, di prezzo di rivendita e di tempo intercorrente tra la risoluzione e la vendita - riguarda il leasing immobiliare, non gli altri settori.

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Il requisito di liquidità a breve termine, come si evince dalla lettera delle proposte di regolamento e di direttiva, dovrebbe applicarsi agli intermediari che svolgono l'attività di raccolta di depositi. Le società di leasing, a prescindere dal settore in cui operano, non fanno raccolta di depositi; di conseguenza, non sono ipotizzabili, rispetto ad esse, le condizioni di stress che hanno indotto a introdurre il liquidity coverage ratio.

PRESIDENTE. Vorrei approfittare della vostra presenza per porre una domanda che riguarda l'aspetto fiscale. È invalsa l'abitudine, strettamente connessa all'applicazione del cosiddetto redditometro, di utilizzare automobili di grossa cilindrata intestate a società di long leasing estere.
Il fenomeno riguarda anche società italiane?

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Riguarda principalmente soggetti non italiani. La situazione cui lei ha fatto riferimento, signor presidente, ci mette in una situazione sgradevole dal punto di vista dell'immagine.
Si tratta di operazioni compiute nel settore dell'auto e della nautica, che coinvolgono soprattutto società di leasing non italiane.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Si tratta di un aspetto rilevante anche sotto i profili etico e deontologico, oltre che fiscale. Per quanto ne so, sono tantissime le operazioni simili compiute da italiani con società italiane.
La critica è indirizzata a voi non direttamente, ma affinché possiate intervenire presso le vostre associate. Alcune registrazioni nei documenti contabili di società o gruppi rasentano la follia: tanto, nessuno controlla... Talvolta, pur di portare a casa, come si suole dire, un contratto, sono suggerite determinate pratiche, presentate come perfettamente regolari ma, in realtà, illecite. Tali ipotesi chiamano in causa non soltanto la società di leasing, ma anche la compagnia di assicurazione e il commercialista che consiglia o avalla una certa operazione. Recentemente mi è capitato di vedere, ad esempio, contratti di leasing aventi ad


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oggetto autovetture, i cui canoni erano fatti passare per interamente deducibili.
Come ha osservato il presidente, sono coinvolte, per la maggior parte, società estere; tuttavia, a me risulta l'esistenza di contratti analoghi stipulati con società di leasing italiane.

GIANLUCA DE CANDIA, Direttore generale dell'Associazione italiana leasing. Prendo atto della sua osservazione, onorevole Fogliardi, che presumo sia supportata da fatti concreti. In generale, glielo posso assicurare, cerchiamo di monitorare tutto ciò che riguarda i settori di attività delle associate. Siamo, non a caso, l'unico Paese in Europa in cui esiste una banca dati centrale dei rischi del leasing.
In questo momento, le società di leasing procedono con molta attenzione all'erogazione dei finanziamenti, proprio in considerazione del rigore delle norme e delle prassi di vigilanza. È difficile, quindi, che siano poste in essere operazioni come quelle cui si è fatto riferimento. Non posso nascondere che ce ne sono state in passato; oggi, però, si presta grande attenzione. Peraltro, dalle recenti ispezioni che la Banca d'Italia ha eseguito presso alcune associate non sono emerse disattenzioni - diciamo così - nell'analisi del merito creditizio.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Gliene do atto, addossandomi, da commercialista, una precisa responsabilità: il problema si risolverebbe in maniera molto semplice, prevedendo espressamente la responsabilità concorrente, non soltanto civile, del professionista che tiene la contabilità dell'impresa.
Gli ordini professionali non capiscono, a volte, in quale contesto ci troviamo. Qualcuno è in malafede, qualcun altro non lo è. Ebbene, chi agisce in buona fede non concluderebbe certi contratti se un professionista, anziché avallare alcune operazioni, gliene evidenziasse i profili di presumibile illiceità.
Mi rendo conto che la questione della responsabilità è delicata, ma dalla sua soluzione, nel senso da me indicato, potrebbero ricavare vantaggi anche gli ordini professionali.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,45.

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