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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
14.
Mercoledì 18 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MERCATI DEGLI STRUMENTI FINANZIARI

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana delle banche di credito cooperativo - casse rurali e artigiane (Federcasse)

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 7 12 13
Cornelli Federico, Direttore operativo di Federcasse ... 7 13
Dell'Erba Augusto, Vicepresidente di Federcasse ... 3 7 12
Strizzolo Ivano (PD) ... 12

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Vicepresidente di Federcasse ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 18 maggio 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione di rappresentanti della Federazione italiana delle banche di credito cooperativo - casse rurali ed artigiane (Federcasse).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, l'audizione di rappresentanti della Federazione italiana delle banche di credito cooperativo - casse rurali ed artigiane (Federcasse).
Oggi svolgeremo la penultima audizione di un'indagine che ci ha consentito di ascoltare molti soggetti. Per Federcasse sono con noi il dottor Augusto Dell'Erba, vicepresidente, il dottor Federico Cornelli, direttore operativo, e il dottor Giuseppe Zaghini, responsabile dell'ufficio di regolamentazione finanziaria, servizio rischi e controlli.
Do la parola al vicepresidente Dell'Erba per lo svolgimento della relazione.

AUGUSTO DELL'ERBA, Vicepresidente di Federcasse. Abbiamo cercato di contenere l'estensione della relazione, il cui contenuto è limitato all'illustrazione di alcuni elementi essenziali e particolarmente caratterizzanti. Il documento che abbiamo predisposto per l'audizione comprende alcune tabelle e figure che ritengo opportuno non commentare, per evitare l'appesantimento derivante da citazioni numeriche eccessive. Ovviamente, siamo a disposizione per qualunque chiarimento.
Introducendo la realtà delle banche di credito cooperativo, che sarà esposta, da qui a poco, attraverso una sintetica elencazione degli aspetti salienti della loro attività e dei risultati conseguiti, occorre in primo luogo rilevare, in generale, come esse rappresentino una parte non trascurabile del mercato finanziario italiano.
Infatti, le 415 banche di credito cooperativo e casse rurali italiane operano con 4.375 sportelli, pari al 13 per cento degli sportelli bancari presenti nel nostro Paese.
Capillarmente presenti sul territorio, le BCC-CR operano in 101 province e 2.709 comuni. Si tratta soprattutto di centri di medie e piccole dimensioni. In 559 comuni le BCC-CR rappresentano l'unica presenza bancaria, mentre negli altri operano in piena concorrenza con il resto del sistema bancario (in circa il 45 per cento dei casi vedono la compresenza di almeno tre sportelli di altre banche).
Le BCC-CR rappresentano i tre quarti delle aziende di credito insediate nell'Italia meridionale.
Da un punto di vista «qualitativo», sono le uniche banche cooperative a carattere di mutualità prevalente del mercato, per le quali valgono precise disposizioni, sancite dal Testo unico bancario e confermate anche dalla recente riforma del diritto societario.


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Per quanto riguarda il reclutamento della compagine sociale, i soci debbono risiedere, avere sede e operare con carattere di continuità nell'ambito territoriale di attività della banca.
Inoltre, le BCC-CR hanno l'obbligo di realizzare almeno il 50 per cento delle attività di impiego con i soci e/o con attività a ponderazione nulla.
In merito ai limiti alla competenza territoriale e all'operatività fuori zona, il 95 per cento delle attività di finanziamento deve svilupparsi obbligatoriamente nel territorio di competenza.
In tema di utili, almeno il 70 per cento di essi deve essere destinato a riserve e, inoltre, la distribuzione è fortemente limitata. In concreto, considerando la media degli ultimi nove anni, le BCC-CR hanno destinato circa l'89 per cento degli utili a riserva, intorno al 4 per cento a beneficenza, poco più dell'1 per cento al Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione e soltanto il 2,12 per cento a dividendi.
Il numero dei soci delle BCC-CR è costantemente cresciuto in questi anni, e alla fine del 2010 ha raggiunto la quota di 1.070.000 euro, con un incremento annuo del 5,8 per cento, più della metà dei quali piccoli imprenditori e professionisti.
I collaboratori del credito cooperativo superano complessivamente le 36.000 unità.
Gli impieghi lordi a clientela nel sistema del credito cooperativo ammontavano a dicembre del 2010 a circa 145 miliardi di euro, con un tasso di crescita annua del 7,7 per cento, in linea con la dinamica rilevata per il sistema bancario complessivo. Al netto delle poste connesse a operazioni di cartolarizzazione, il tasso di incremento annuo degli impieghi risultava per le BCC-CR del 5,8 per cento, contro il 4,5 per cento del sistema bancario nel suo complesso.
I finanziamenti alle imprese erano pari, a dicembre 2010, a 90,8 miliardi di euro. Il tasso di incremento su base annua dei finanziamenti alle imprese era pari al 6 per cento, a fronte dello 0,6 per cento registrato nel sistema bancario complessivo.
La quota di mercato della categoria nei finanziamenti alle imprese era pari, a dicembre 2010, al 9,4 per cento.
Riguardo ai settori di destinazione del credito, le BCC-CR presentavano, a dicembre 2010, un'incidenza percentuale degli impieghi a famiglie produttrici e consumatrici significativamente maggiore rispetto al sistema bancario.
La raccolta bancaria complessiva delle BCC-CR ammontava, a dicembre 2010, a 151 miliardi di euro, con una crescita annua del 2,5 per cento, contro il 10,7 registrato nel sistema bancario complessivo: al netto delle poste connesse con operazioni di cartolarizzazione, il tasso di incremento annuo della raccolta era pari, a dicembre 2010, all'1,7 per cento per le BCC-CR, contro il 3 per cento per il sistema bancario complessivo.
Le obbligazioni emesse dalle BCC-CR ammontavano, a dicembre 2010, a 58 miliardi di euro, con una variazione annua pari a -1,7 per cento, in linea con la media di sistema. La raccolta indiretta, calcolata al valore nominale, è pari a 23 miliardi di euro, con una crescita annua del 12,4 per cento. Il rapporto fra raccolta diretta e indiretta era pari al 15,3 per cento.
La quota di mercato complessiva delle BCC-CR è del 7,3 per cento.
Dal confronto tra il sistema bancario complessivo e il credito cooperativo, con riferimento alla dinamica degli impieghi nel biennio 2008-2010, emerge che le BCC-CR si sono confermate nello svolgimento di una funzione anticiclica nel mercato, continuando a erogare credito e a sostenere gli investimenti produttivi proprio nelle fasi di maggiore difficoltà dell'economia, ovvero prima che la ripresa si fosse avviata.
I fattori chiave che hanno consentito al sistema del credito cooperativo di raggiungere i risultati sopra illustrati possono essere individuati, in sintesi, nel finanziamento alle PMI attraverso la raccolta obbligazionaria, nella liquidità delle obbligazioni emesse, assicurata dalla negoziazione


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su MTF, e nell'istituzione di sistemi di garanzia volontari a tutela della clientela.
In tale contesto, un'applicazione eccessivamente restrittiva della normativa di settore potrebbe minacciare il modello finora implementato dalle BCC-CR, con inevitabili ripercussioni sulla capacità di finanziare il territorio.
Per quanto riguarda il contesto di mercato, la struttura e gli assetti competitivi dei mercati degli strumenti finanziari sono stati fortemente innovati con l'entrata in vigore, il 1o novembre 2007, della direttiva MiFID. A tale riguardo, l'aspetto più innovativo, sul quale vale la pena di soffermarsi ai fini della presente indagine, concerne la regolamentazione delle diverse sedi di negoziazione (trading venues) disciplinate dalla nuova normativa.
Prima dell'entrata in vigore della direttiva MiFID, all'interno del mercato finanziario italiano vigeva il cosiddetto obbligo di concentrazione degli scambi, ovvero l'obbligo di negoziare lo strumento finanziario esclusivamente sul mercato regolamentato ove esso era quotato. Con l'obiettivo di un aumento della concorrenza tra le trading venues (mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione o MTF, internalizzatori sistematici e negoziatori in conto proprio) e dell'efficienza dei mercati, le nuove disposizioni hanno abolito il suddetto obbligo.
La MiFID, attraverso la disciplina di nuove piattaforme di negoziazione, ha potenzialmente contribuito all'offerta di un più ampio spettro di possibilità operative per gli investitori e per le imprese. In particolare, si può osservare come l'opportunità offerta dalla MiFID si sia tradotta prevalentemente nello sviluppo dei sistemi multilaterali di negoziazione, fornendo un ambito di negoziazione più flessibile per i partecipanti al mercato.
I Multilateral Trading Facilities (MTF) sono sistemi di negoziazione organizzati, alternativi ai mercati regolamentati, amministrati non solo dalle società che gestiscono i mercati regolamentati, ma anche da imprese di investimento appositamente autorizzate, che consentono l'incontro, al loro interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e vendita di terzi relativi a strumenti finanziari.
Lo sviluppo prevalente degli MTF, rispetto ad altre trading venues, può essere ricondotto alla disciplina ad essi applicabile, ovvero a una semplificazione, rispetto ai mercati regolamentati, dei requisiti organizzativi, di corporate governance e di trasparenza informativa per l'ammissione degli strumenti finanziari alle negoziazioni.
Com'è noto, il processo di quotazione sul mercato regolamentato è, in Italia, particolarmente lungo e oneroso. A tale riguardo, il principale elemento distintivo della quotazione sui mercati regolamentati è rappresentato dall'obbligo di pubblicazione di un prospetto informativo approvato dall'Autorità di vigilanza. L'ammissione a un MTF, invece, non richiede il citato adempimento - a meno che non venga a configurarsi un'offerta al pubblico - e comporta, pertanto, una forte riduzione di costi e tempistiche per le imprese che intendono essere ammesse alla negoziazione.
La situazione che si riscontra sul mercato finanziario italiano, che di seguito sarà illustrata più nel dettaglio, evidenza la perdita di volumi di scambi da parte dei mercati regolamentati a favore delle nuove piattaforme, anche se i primi rappresentano ancora in misura rilevante i mercati di riferimento.
Normativa di riferimento, retaggi culturali, scarsa presenza di investitori istituzionali, elevati costi di accesso alle piattaforme di negoziazione hanno influenzato l'attuale struttura dei mercati finanziari in Italia e rappresentano probabilmente, unitamente alla crisi finanziaria, i principali motivi del mancato sviluppo delle suddette piattaforme.
L'attuale panorama vede sostanzialmente l'affermarsi, accanto ai mercati regolamentati, degli MTF, che rappresentano un'alternativa «non regolamentata», ma «regolata», alle tradizionali borse valori.
È possibile ricondurre la gestione dei mercati italiani retail a tre soggetti: Borsa Italiana Spa, Euro TLX e Hi-MTF.


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In particolare, Hi-MTF, nato nel 2008 da un'iniziativa di ICCREA Banca (Istituto centrale del credito cooperativo, posseduto dalle 415 BCC-CR), Centrosim, Istituto centrale delle banche popolari italiane, Banca Aletti & C.- Gruppo Banco Popolare e Banca Sella Holding, è un mercato quote driven multicontribuito, in cui gli aderenti diretti veicolano sul mercato gli ordini ricevuti dalla propria clientela, applicando le proposte dei market maker.
Le principali caratteristiche sono: un numero di titoli quotati elevato (titoli di Stato esteri, titoli di Stato italiani, obbligazioni corporate, obbligazioni bancarie di largo mercato e obbligazioni strutturate, senza limiti qualitativi all'immissione di titoli); un flusso di liquidità considerevole e diversificato; un processo efficiente di formazione dei prezzi, con spread più contenuti; la possibilità di introdurre automatismi nella gestione degli ordini; la possibilità di eseguire gli ordini della clientela a prezzi certi in linea con le migliori quotazioni di mercato, secondo il criterio della best execution; elevati standard di trasparenza e assenza di conflitto di interessi; informativa aggiornata sugli strumenti finanziari trattati.
Hi-MTF ha costituito, inoltre, un mercato order driven, distinto in un segmento azionario, in cui sono quotati principalmente gli strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in maniera rilevante, e un segmento obbligazionario, che accoglie essenzialmente le obbligazioni bancarie.
Gli esiti di un'analisi svolta nel primo bimestre del 2011 dimostrano che, con riferimento ai titoli di Stato italiano, il MOT rappresenta più di tre quarti dei volumi scambiati, EuroTLX il 15 per cento e Hi-MTF il 7 per cento. In particolare, sulla base del confronto tra il primo bimestre 2010 e il primo bimestre 2011, emerge che EuroTLX ha registrato un decremento dei volumi scambiati sui titoli di Stato italiani pari all'1,77 per cento, distribuitosi in minima parte sul MOT (0,17 per cento) e, per la maggior parte, su Hi-MTF (1,60 per cento).
Queste piattaforme, com'è giusto che sia, sono in competizione tra loro: gli operatori sono attratti dalla piazza più accreditata, più qualificata rispetto agli interessi che i titoli portano sul mercato.
Con riferimento agli eurobond, EuroTLX rappresenta quasi il 50 per cento del mercato, mentre il MOT si attesta al 42 per cento e Hi-MTF all'8 per cento circa. In particolare, sulla base del confronto tra il primo bimestre 2010 e il primo bimestre 2011, i volumi scambiati sugli eurobond sono rimasti pressoché invariati sul mercato Hi-MTF, mentre sono defluiti in modo significativo dal MOT per concentrarsi su EuroTLX, che ha ottenuto, a fine febbraio 2011, un incremento del 10,33 per cento, come mostrano gli istogrammi esplicativi a pagina 7 della relazione.
Passando all'operatività in strumenti finanziari della clientela delle nostre banche, abbiamo analizzato la negoziazione effettuata sui mercati finanziari da ICCREA Banca per conto della clientela retail delle BCC-CR. I dati, riferiti al 2010, fanno riferimento al numero di operazioni e al relativo controvalore e sono suddivisi per tipologia di strumento finanziario (azionario od obbligazionario) e per piattaforma di negoziazione.
Dall'analisi emerge che su un controvalore totale di circa 18 miliardi di euro, corrispondente circa a 746.000 operazioni, il 27 per cento delle negoziazioni è rappresentato da titoli azionari e il 73 per cento da titoli obbligazionari. A tali negoziazioni si devono aggiungere i volumi, circa 1,5 miliardi di euro, relativi alla sottoscrizione di titoli obbligazionari (tipicamente BOT).
I titoli azionari scambiati su Borsa Italiana sono prevalentemente negoziati attraverso canali tradizionali. Infatti, analizzando il numero di operazioni effettuate, su un totale di circa 406.000, il 65 per cento è realizzato tramite le filiali delle BCC-CR, per un controvalore totale di circa 3 miliardi di euro, mentre il 35 per cento è effettuato tramite canali online, per un controvalore di 1,9 miliardi di euro.
Con riferimento, invece, alle piattaforme di negoziazione, i titoli obbligazionari, che rappresentano la prevalenza degli


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investimenti della clientela retail delle BCC-CR, sono scambiati in via prevalente sul mercato regolamentato (MOT), con il 61 per cento delle operazioni, per un controvalore di 6,5 miliardi di euro.
Si osserva, in ogni caso, una fetta rilevante di volumi negoziati sugli MTF (Hi-MTF e EuroTLX), pari al 33 per cento delle operazioni, per un controvalore di 5 miliardi di euro.
L'operatività in OTC rappresenta solo il 6 per cento del totale delle operazioni in titoli obbligazionari, per un controvalore di 1,7 miliardi di euro.
In termini relativi, le quote per controvalore negoziate dalle BCC-CR rispetto al totale risultano essere dello 0,42 per cento per il mercato MTA (azioni), del 9,65 per il MOT (obbligazioni e titoli di Stato), e del 6,62 per l'EuroMOT.
Con riferimento al mercato dei derivati, si rileva la sostanziale assenza di negoziazione. Non negoziamo derivati di natura speculativa. Dalla nostra base non c'è, oggettivamente, impulso alla negoziazione di derivati speculativi, i quali sono comunque legittimi.

PRESIDENTE. Cosa è negoziato over the counter? Di quali titoli si tratta?

FEDERICO CORNELLI, Direttore operativo di Federcasse. Le negoziazioni over the counter riguardano principalmente coperture del rischio di cambio o d'interesse su operazioni import-export.
L'assunzione di posizioni di tipo speculativo, per conto nostro o della clientela, sono escluse dallo statuto delle BCC-CR, che ammette solo coperture dei rischi derivanti da altre operazioni. Per prassi, evitiamo i credit default swap. Tutta la nostra attività è di tipo assolutamente tradizionale, molto conservativa.

AUGUSTO DELL'ERBA, Vicepresidente di Federcasse. Gli swap sono di copertura, o su tassi o su merci importate.
Un argomento che teniamo particolarmente a rappresentarvi è quello dei sistemi di tutela del credito cooperativo.
Con particolare riferimento agli strumenti finanziari, vale a dire ai prestiti obbligazionari emessi dalle BCC-CR, si evidenzia che, al fine di accrescere l'efficienza complessiva e la sicurezza della clientela, il credito cooperativo si è dotato di strumenti fondamentali di tutela dei propri clienti in caso di default di una delle banche.
Al Fondo di garanzia dei depositanti, previsto come strumento obbligatorio dalla normativa europea, si aggiungono, come consorzi ad adesione volontaria, ad integrazione del sistema di tutela «a rete», il Fondo di garanzia degli obbligazionisti e il nascente Fondo di garanzia istituzionale.
Il Fondo di garanzia degli obbligazionisti (FGO), costituito a luglio del 2004 e operativo dal 1o gennaio 2005, è una novità assoluta per il sistema bancario italiano. Si tratta di un consorzio ad adesione volontaria tra le BCC-CR che ha l'obiettivo di tutelare il diritto di credito degli obbligazionisti delle stesse aziende aderenti, altrimenti esclusi dalla tutela del Fondo di garanzia dei depositanti per effetto dell'articolo 96-bis, comma 4, lettera b), del Testo unico bancario.
In altre parole, le obbligazioni non godono della protezione che la legge prevede per i crediti relativi ai fondi acquisiti dalle banche con obbligo di restituzione, sotto forma di depositi (il limite massimo di rimborso, già stabilito in 200 milioni di lire, è stato fissato in 100.000 euro dal decreto legislativo n. 49 del 2011, di attuazione della direttiva 2009/14/CE). Per questo motivo abbiamo creato il Fondo di garanzia degli obbligazionisti, strumento che stiamo utilizzando al fine di offrire ai portatori di obbligazioni la stessa tutela che la legge concede ai depositanti. L'acquisto di obbligazioni garantite, che sono contrassegnate da un apposito marchio, consente ai risparmiatori clienti delle BCC-CR, senza alcun aggravio di costo, di ottenere garanzia del loro rimborso in caso di insolvenza della banca emittente.
A partire dall'adesione di ciascuna BCC-CR al Fondo di garanzia degli obbligazionisti, nella documentazione di offerta dei prestiti obbligazionari garantiti è inserita


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una clausola che contempla, a favore degli obbligazionisti, il diritto al pagamento da parte del consorzio, in caso di insolvenza dell'emittente, dell'ammontare sottoscritto entro il limite massimo di 103.291,38 euro.
Analogamente a quanto previsto dal Fondo di garanzia dei depositanti, che è obbligatorio, la tutela assume un carattere soggettivo, e quindi riguarda il portatore dei titoli, entro il limite massimo stabilito, calcolato sull'intero ammontare dei titoli posseduti, indipendentemente dalle emissioni dalle quali singolarmente derivano, sempre che risulti soddisfatto il requisito del possesso ininterrotto per un periodo di almeno tre mesi.
Il Fondo di garanzia degli obbligazionisti è il primo esempio di schema di garanzia funzionante in base a logiche risk-based. Va infatti evidenziato come, in tema di prevenzione delle situazioni di criticità, tali logiche abbiano dimostrato nel tempo la loro validità. Se non si è mai avuta la necessità di intervenire nei confronti degli obbligazionisti, lo si deve anche e soprattutto alla bontà delle scelte di basare il meccanismo di funzionamento del consorzio essenzialmente sull'analisi del rischio. Tali scelte, che regolano l'accesso alla garanzia e commisurano il costo della stessa al rischio delle singole consorziate, tendono a contenere fenomeni di moral hazard, a fronte di un incremento del livello complessivo della garanzia prestata a favore della clientela. Se si considera la recente evoluzione europea, diretta a richiedere l'introduzione di meccanismi di ingresso e contribuzione basati sul rischio, allo scopo di favorire comportamenti virtuosi, si può affermare che anche in questo caso il nostro Fondo ha precorso i tempi.
L'iniziativa della costituzione del Fondo rafforza le caratteristiche di solidità e di affidabilità del credito cooperativo e concretizza quella solidarietà di sistema che da sempre guida l'azione del credito cooperativo italiano, a tutela degli interessi della clientela e dello sviluppo della cooperazione mutualistica di credito nel nostro Paese.
Al 31 marzo 2011, le banche aderenti sono 291, il 70 per cento del totale. Si evidenzia che, al 31 dicembre scorso, le obbligazioni emesse dalle BCC-CR ammontavano a 58 miliardi di euro. Di queste, circa 43,7 miliardi, pari al 75 per cento del totale emesso, sono garantite dal consorzio.
Mi soffermerò ora sul Fondo di garanzia istituzionale (FGI), strumento cui attribuiamo grande rilevanza.
Il Fondo di garanzia, costituito formalmente il 25 luglio 2008, realizza uno dei più rilevanti progetti per rafforzare la rete tecnologica e organizzativa delle BCC-CR. Il Fondo integra il sistema di garanzia attualmente esistente a favore della clientela, attraverso l'affiancamento al Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo, del quale assumerà la funzione di prevenzione delle crisi, gestendo con un'apposita sezione, e fino a esaurimento degli impegni in essere, il Fondo di garanzia degli obbligazionisti, che continuerà a operare esclusivamente per amministrare fino alla loro scadenza le garanzie rilasciate sino al momento dell'avvio operativo del FGI.
Temo di non essere stato bravo nel farmi seguire. Esistono tre fondi: il costituendo Fondo di garanzia istituzionale; il Fondo di garanzia degli obbligazionisti, che ha la funzione specifica di garantire determinate obbligazioni; il Fondo di garanzia dei depositanti, che è quello obbligatorio per legge. Il Fondo di garanzia dei depositanti, oltre a effettuare gli interventi obbligatori, può compiere interventi facoltativi di supporto alle aziende consorziate per la prevenzione delle situazioni di crisi. Noi cercheremo di portare tali attività nel solo Fondo di garanzia istituzionale, lasciando eventualmente al Fondo di garanzia dei depositanti soltanto gli interventi obbligatori. Se, poi, riusciremo a ragionare in modo ancora più costruttivo, cercheremo di portare anche queste funzioni obbligatorie nel Fondo di garanzia istituzionale. Spero di essere stato chiaro.
Obiettivo del Fondo di garanzia istituzionale è di tutelare la clientela delle oltre 400 BCC-CR, salvaguardando la liquidità e


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la solvibilità delle banche aderenti attraverso azioni correttive e interventi di sostegno volti a prevenire le situazioni di crisi. In questo modo il Fondo offre una tutela «globale» ai risparmiatori clienti delle BCC-CR in relazione a tutti i crediti che questi vantano nei confronti della propria banca. Si tratta di una tutela aggiuntiva a quella offerta dall'articolo 96-bis, comma 5, del TUB.
Il Fondo di garanzia istituzionale, per obiettivi, caratteristiche e funzionalità, è una novità assoluta per il sistema bancario italiano. Rappresenta, anche in senso mutualistico, la più alta e coerente forma di integrazione tra banche locali autonome, ma inserite in un sistema «a rete», riconoscibile ai sensi della direttiva europea 2006/48/CE (Basilea 2), che prevede la costituzione di sistemi di tutela istituzionali per i «network bancari», a beneficio dei risparmiatori e del mercato.
Il funzionamento del Fondo si basa su un modello autonomo di classificazione e monitoraggio dei rischi, che contempera l'esigenza di tutelare la clientela delle consorziate con la necessità di assicurare la robustezza e la stabilità del meccanismo stesso.
In particolare, il modello da noi sviluppato rientra nell'ambito dei modelli statistici di previsione dell'insolvenza e stima l'indicatore discriminante, ossia la possibilità di default, attraverso un modello di regressione logistica. Scopo del modello è quello di ordinare le banche in classi con rischiosità crescente e di determinarne la quota di partecipazione al Fondo in base a tale classificazione. Attraverso una regressione logistica il modello genera una grandezza continua - lo score o punteggio -, la quale viene poi associata a una grandezza discreta - la classe di rating - cui è attribuita una specifica probabilità di default. A partire da tale dato, e con riferimento alla massa protetta delle singole banche, si stabiliscono le quote di partecipazione delle consorziate al Fondo, mediante un meccanismo che associa a ogni classe di rating un coefficiente di ponderazione (che diventa favorevole via via che migliora la qualità dell'azienda).
Al suo avvio, il Fondo si avvarrà di un meccanismo di contribuzione e partecipazione agli interventi per il perseguimento dei suoi obiettivi fondato sul «rischio banca», sulla base di quanto previsto dalla circolare della Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006, con la quale sono state recepite le direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e il documento «Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali. Nuovo schema di regolamentazione» del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (Basilea 2).
Strumenti di monitoraggio dedicati consentiranno al Fondo, che rappresenta una forma di integrazione tra banche locali autonome, ma inserite in un sistema «a rete», di seguire l'andamento gestionale delle banche consorziate, assumendo le funzioni di prevenzione delle crisi proprie dell'attuale Fondo di garanzia dei depositanti. Sulla base di questa attività preventiva, il Fondo potrà definire una serie di interventi preliminari, con l'obiettivo di rimuovere gli elementi potenzialmente pregiudizievoli per la stabilità finanziaria della banca.
Non saranno solo gli investitori e i depositanti, in via diretta, a ottenere vantaggi dalla costituzione del Fondo, ma anche le comunità locali in senso più ampio. Sulla base di un nuovo approccio che si va affermando presso le agenzie internazionali di rating, infatti, i network bancari cooperativi che si doteranno di schemi di tutela istituzionale potranno ottenere, a seconda delle condizioni, un «rating di sistema», ovvero un rating floor, che potrà essere esteso alle singole BCC-CR aderenti al Fondo, assicurando anche una gestione più efficiente dei flussi finanziari all'interno del sistema stesso (si genera in questo modo la cosiddetta finanza di sistema).
In termini regolamentari, il Fondo consentirà il beneficio della ponderazione zero sulle esposizioni interne al network ai fini del calcolo del nuovo coefficiente prudenziale,


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consentendo alle singole banche, di norma detentrici di fondi interbancari, un minore assorbimento patrimoniale e, quindi, di assicurare una migliore allocazione dei capitali attraverso una gestione più efficiente dei flussi finanziari.
Ciò consentirà di liberare risorse a vantaggio dell'attività di intermediazione, a favore di soci e clienti per il sostegno delle comunità locali. Inoltre, il Fondo permetterà di adottare un'unica metodologia di valutazione del rischio delle BCC-CR, indipendente, validata e monitorata dall'Autorità di vigilanza.
L'insieme di tali elementi, che compone un quadro molto coerente di regole prudenziali e di aspetti di mercato, tende chiaramente a definire un processo di gestione finanziaria secondo l'ottica di una vera e propria finanza di sistema, più orientata al mercato e certamente più aderente alle esigenze della clientela e delle comunità locali di riferimento. Pertanto, tutto ciò determinerà notevoli vantaggi per le banche e per la clientela. In particolare, i vantaggi sono: per i soci e clienti, il miglioramento della qualità e della convenienza dei prodotti e dei servizi loro destinati; per le BCC-CR, in quanto cooperative mutualistiche, rendere queste ancora più stabili e solide; per il sistema, il miglioramento della rete in termini di economicità ed efficienza.
In sintesi, il Fondo, in qualità di sistema di tutela istituzionale interno al network del credito cooperativo, si prefigge gli obiettivi di integrare il sistema di garanzia attualmente esistente, ampliando il livello di tutela della clientela, e di prevenire il rischio di fallimento delle banche aderenti attraverso interventi preliminari. Sostanzialmente, si ottiene un rafforzamento estremo, unendo la garanzia verso il singolo e quella verso la banca.
Passiamo all'evoluzione del quadro normativo. L'attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese è un elemento trasversale a più iniziative della Commissione europea. In particolare, si evidenzia che, nell'ambito della proposta di revisione della direttiva MiFID, si ipotizza la creazione di un regime differenziato per i mercati direttamente rivolti alle piccole e medie imprese. Peraltro, a tale esigenza risponde già in parte la categoria degli MTF, che, essendo mercati semplificati, possono essere adattati alle esigenze di questa categoria di imprese.
La definizione di una nuova categoria di trading venues, verso la quale sembrerebbero orientati i regulators europei, richiede, tuttavia, maggiori approfondimenti, e auspicabilmente dovrà tenere conto delle peculiarità del sistema finanziario e produttivo dei singoli Paesi.
In Italia, per esempio, esiste un contesto di riferimento delle PMI molto diverso da quello di altri Paesi, caratterizzato da un elevatissimo numero di imprese di dimensioni molto inferiori rispetto a quelle che, nei Paesi anglosassoni, sono considerate abitualmente piccole e medie imprese. Ciò deve essere evidentemente tenuto in considerazione nella definizione di un modello di mercato per le PMI nazionali.
Occorre, inoltre, evidenziare che si sta affermando un orientamento favorevole all'estensione dei requisiti di ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati agli MTF, che rischia, paradossalmente, di disincentivare ulteriormente l'accesso ai mercati da parte delle PMI.
A tale proposito, per quanto concerne la normativa nazionale, il decreto legislativo n. 101 del luglio 2009 ha esteso agli strumenti finanziari negoziati su MTF l'applicazione della disciplina sugli abusi di mercato e degli obblighi di comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate. In particolare, ai sensi dell'articolo 116, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF), gli articoli 114 e 115 del medesimo decreto legislativo si applicano anche agli emittenti strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni nei sistemi multilaterali di negoziazione che presentano le caratteristiche stabilite dalla Consob con regolamento e a condizione che l'ammissione sia stata richiesta o autorizzata dall'emittente.
I suddetti adempimenti, di limitata efficacia informativa per gli strumenti finanziari di tipo obbligazionario, rischiano


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di tradursi in un notevole appesantimento per le emittenti. Ciò posto, il provvedimento sembrerebbe incidere soprattutto sulle banche di piccole dimensioni e soprattutto sulle nostre BCC-CR, considerato, da un lato, che le banche quotate sono già assoggettate, come tali, all'obbligo di disclosure delle informazioni price-sensitive e, dall'altro, che molte banche, rientrando in ragione del loro azionariato diffuso nella categoria degli emittenti diffusi, sono già assoggettate agli obblighi che si intende estendere.
Le perplessità connesse all'estensione dei citati obblighi di disclosure delle informazioni price-sensitive ai titoli trattati sugli MTF si riferiscono al fatto che la negoziazione su tali piattaforme rappresenta, come detto, una valida soluzione al fine di garantire la liquidità degli strumenti finanziari, in particolare obbligazionari, emessi dalle banche. Pertanto, l'estensione della disciplina in oggetto, e la conseguente necessità per l'emittente di sostenere oneri aggiuntivi ai fini della permanenza sul mercato, potrebbe scoraggiare il ricorso a tale forma di negoziazione da parte degli intermediari o emittenti minori, comportando, peraltro, un forte disincentivo all'attività di rafforzamento della liquidità su tali tipologie di mercato. Insomma, pur di non imbarcarsi in tutta questa complessità, non ci si quoterebbe.
Nell'ambito dell'evoluzione del quadro normativo svolge un ruolo fondamentale anche la definizione della disciplina in tema di prospetto informativo, che gli emittenti/intermediari collocatori devono fornire alla clientela. A tale riguardo, la definizione di una disciplina maggiormente omogenea ed efficace in materia di prodotti finanziari diversi dalle azioni è uno dei principali obiettivi dei regolatori europei. La disciplina di settore, infatti, è divenuta sempre più articolata e complessa, determinando notevoli costi di compliance per gli emittenti. Inoltre, l'informativa attualmente contenuta nei prospetti, nonché richiesta dall'Autorità di vigilanza preposta all'approvazione degli stessi, risulta essere troppo complessa e tecnica per la tipica clientela retail. Tale consapevolezza ha fatto nascere, a livello europeo e nazionale, l'esigenza di definire misure di semplificazione del prospetto informativo, attualmente in fase di elaborazione.
A tale proposito, con riferimento alle obbligazioni semplici (non complesse), si sottolinea la necessità di prevedere una semplificazione dei contenuti dei prospetti informativi, troppo spesso poco comprensibili alla clientela retail, oltre che onerosi da produrre, al fine di migliorarne l'efficacia informativa.
In conclusione, la sovrapposizione delle discipline ha prodotto un gran numero di regole, non efficacemente coordinate a livello di sistema. Con riferimento specifico al caso italiano, il legislatore, nel recepire le normative comunitarie di armonizzazione, ha spesso mantenuto misure più stringenti rispetto al contenuto minimo delle direttive, rendendo più difficoltoso il processo di adempimento, nonché l'assetto competitivo dei mercati finanziari.
Le piccole e medie imprese, e più in generale gli operatori di mercato, necessitano di semplicità, di riduzioni dei costi e di tempi certi per l'accesso ai mercati. Il quadro normativo e regolamentare di riferimento dovrebbe assicurare tali condizioni, tenendo conto della diversità degli attori coinvolti nel processo di intermediazione finanziaria e preservando le peculiarità e il ruolo delle BCC-CR.
Nell'ultimo decennio, i costi di compliance sono aumentati, per l'industria finanziaria, del 240 per cento, e sono stati pagati da tutti gli operatori indipendentemente dalla loro dimensione; ciò vuol dire che hanno pagato proporzionalmente di più gli intermediari di minori dimensioni, indipendentemente dalle responsabilità oggettive nei fenomeni che hanno originato, negli ultimi anni, una crisi epocale.
All'interno dell'industria finanziaria vi sono operatori diversi, per forma giuridica e per vocazione operativa. Tutelare questa sorta di «biodiversità» del mercato finanziario è interesse dei consumatori, degli stakeholders e del mercato stesso, il cui


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buon funzionamento dipende dalla ricchezza e dalla pluralità degli operatori.
Al legislatore spetta il compito di garantire il livellamento del terreno competitivo e di creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo, attraverso un'azione fondata sui principi di opportunità, di gradualità e di proporzionalità delle norme.
Contiamo, quindi, sull'azione del Parlamento, per far sì che il pluralismo sul piano economico e finanziario sia non soltanto un apprezzato principio, ma sempre più una diffusa pratica.
Grazie per la pazienza.

PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato una efficace rappresentazione dell'operatività delle banche di credito cooperativo e delle difficoltà collegate all'attuazione della cosiddetta direttiva prospetti.
Credo che il tema sarà affrontato molto presto, in occasione dell'esame della legge comunitaria, la quale fornirà una risposta immediata, anche se non esaustiva. Se ho ben capito, il problema si pone in termini specifici per il vostro mercato di riferimento.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

IVANO STRIZZOLO. Intervengo per ringraziare il dottor Dell'Erba per l'esposizione e per il documento che ha lasciato agli atti, molto ricco di dati.
Quante sono, dottore, le BCC-CR che hanno aderito o che stanno aderendo al Fondo di garanzia istituzionale?
Inoltre, dalla relazione si comprende che l'adesione costa di più se il grado di rischiosità della singola banca è più elevato. Potrebbe darci una quantificazione del costo di adesione?
Riepilogando, le domande sono due. La prima si può anche suddividere nei seguenti quesiti consequenziali: quante sono le BCC che hanno aderito o che stanno aderendo? Sono la maggior parte? Sono poche? Sebbene l'adesione sia volontaria, l'istituto è molto interessante, perché offre una garanzia in più rispetto a quella obbligatoria per legge.
La seconda domanda riguarda i costi medi che una singola banca deve affrontare per aderire al Fondo.

AUGUSTO DELL'ERBA, Vicepresidente di Federcasse. Stiamo lavorando al progetto da molto tempo. Dopo aver maturato la convinzione che lo strumento fosse necessario, abbiamo costituito il soggetto giuridico, che non è ancora operativo, in quanto deve intervenire il riconoscimento da parte della Banca d'Italia. Per il momento, quindi, aderisce al consorzio il numero di banche necessario per consentire l'esistenza del soggetto.
Il Fondo interloquisce con la Banca d'Italia, alla quale presenta i progetti, generali e di dettaglio, necessari per ottenere il predetto riconoscimento. La direttiva europea dispone, infatti, che è possibile costituire sistemi di tutela istituzionali per i network bancari, purché ne sia riconosciuta la validità dall'Autorità di vigilanza nazionale.
Come ho già detto, il funzionamento del Fondo di garanzia istituzionale si basa su un modello statistico di previsione dell'insolvenza che, attraverso uno schema di regressione logistica, consente di ordinare le banche in classi con rischiosità crescente e di determinare la quota di partecipazione in base a tale classificazione. Si tratta di un lavoro molto complesso, perché ciascuna banca ha adottato, nel tempo, un livello di rischiosità conforme alle proprie strategie.
Siamo prossimi a depositare formalmente l'istanza per conseguire l'autorizzazione della Banca d'Italia.
Colgo l'occasione per comunicare che organizzeremo, nei primi giorni di dicembre, un convegno nazionale (presso la Fiera di Roma, in omaggio al 150o anniversario dell'Unità d'Italia), nel corso del quale il progetto sarà compiutamente rappresentato alle BCC-CR. Non vogliamo adesioni coattive, perché il mondo del credito cooperativo si è sempre ispirato a principi di democrazia e di libertà di azione. In occasione del convegno saranno raccolte le adesioni. Anche se non avremo formalmente ricevuto l'imprimatur, può


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darsi che qualche alto dirigente della Banca d'Italia venga a comunicarci che l'idea da noi proposta può funzionare.
Per quanto riguarda i costi di adesione, se lo consente, presidente, cederei la parola al dottor Cornelli, il quale ha maggiore dimestichezza con i conti.

FEDERICO CORNELLI, Direttore operativo di Federcasse. È opportuno premettere che il Fondo di garanzia istituzionale può essere considerato un unicum in Italia.
Esso fornisce una tutela completa al singolo risparmiatore che si rivolge a una banca di credito cooperativo: rispetto al cliente di una qualsiasi altra banca, il suo deposito sarà tutelato ben oltre i 100.000 euro - ad esempio, fino a 1.000.000 di euro - e inoltre, se deposita o acquista bond o altri strumenti, questi saranno interamente garantiti.
Essendo banche cooperative, il nostro primo obiettivo è quello di offrire al nostro cliente socio una tutela che va molto al di là di quella generalmente richiesta dalle associazioni dei consumatori.
Va rimarcato, peraltro, che il sistema del credito cooperativo, in tutte le crisi bancarie dal 1929 a oggi, non ha mai chiesto aiuti allo Stato: non c'è mai stato alcun intervento a sostegno delle BCC-CR, neanche con gli ultimi «Tremonti bond».
Il funzionamento dello strumento di cui stiamo discorrendo è ispirato a regole di sana e prudente gestione. I costi di struttura sono molto bassi, perché reclutiamo, preferibilmente, personale interno al sistema. Di fatto, il Fondo avrà una struttura snella.
Il sistema comporta comunque dei costi, perché è un uno dei pochi basati su modelli IRB, ritenuti validi dalla Banca d'Italia e dalla Banca centrale europea.
Avendo riguardo alle proposte in discussione a Bruxelles, comunico che noi siamo in anticipo, non soltanto perché recepiamo già Basilea 3, ma anche perché le BCC-CR dovranno versare somme ex ante e ex post.
I versamenti ex ante sono commisurati al grado di rischio determinato secondo le modalità di cui ha già dato conto il vicepresidente. Saremo i primi, in Italia, ad avere risorse già pronte per un eventuale utilizzo. Se si dovesse verificare una crisi (abbiamo davanti agli occhi l'esempio della Grecia), non saranno necessarie lunghe discussioni per stabilire se salvare o no una banca di credito cooperativo: avremo già pronto overnight il denaro occorrente per stabilizzare il mercato, a tutela della nostra clientela.
Oltre a ciò, il primo grande accordo fra piccole e medie imprese del credito italiane ha permesso di approntare un meccanismo di controgaranzia attivabile ex post. Pagando un premio sulla base del proprio profilo di rischio - il concetto è analogo a quello del bonus-malus assicurativo -, le piccole imprese riescono a offrire una garanzia ulteriore e ad attrarre quelle risorse che, per statuto, come ricordava il vicepresidente, offriamo soltanto ai nostri territori. Infatti, è un principio cardine del credito cooperativo che i fondi raccolti in Sicilia non possono essere impiegati nelle Fiandre o in Lombardia, ma esclusivamente in Sicilia.
Il tema dei costi diventa irrilevante ove si considerino i benefici che il progetto produrrà per la clientela, per le banche e per i cittadini.

PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti di Federcasse, anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,50.

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