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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
15.
Martedì 31 maggio 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MERCATI DEGLI STRUMENTI FINANZIARI

Audizione di rappresentanti dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione)

Conte Gianfranco, Presidente ... 2 4 5 6
Casetti Flavio, Segretario generale dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione) ... 5
Del Tenno Maurizio (PdL) ... 5
Fluvi Alberto (PD) ... 4
Proietti Domenico, Vicepresidente dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione) ... 2

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 31 maggio 2011


Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 13,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui mercati degli strumenti finanziari, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione).
Su alcuni temi dell'indagine si è brevemente soffermato, stamani, anche il Governatore della Banca d'Italia, svolgendo le proprie Considerazioni finali in occasione dell'Assemblea ordinaria dei partecipanti.
A me e al collega Fluvi è stato chiesto, nel corso di una trasmissione di cui siamo stati ospiti, quali argomenti avrebbe trattato, secondo noi, il Governatore della Banca d'Italia. Ho rappresentato all'intervistatore il mio auspicio che Draghi affrontasse i temi della finanza ombra e della condizione non proprio eccellente del sistema nel suo complesso. Il Governatore ha affermato che sono stati fatti passi importanti, ma che la riforma del sistema finanziario non è ancora completa.
Dopo l'audizione odierna, che concluderà l'indagine conoscitiva, ci dedicheremo alla stesura del documento conclusivo.
Sono presenti, in rappresentanza dell'Associazione dei fondi pensione negoziali, il dottor Domenico Proietti, Vicepresidente, il dottor Flavio Casetti, Segretario generale, e il dottor Salvatore Cardillo, responsabile della struttura operativa.
Do la parola al dottor Proietti.

DOMENICO PROIETTI, Vicepresidente dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione). Signor presidente, siamo molto grati alla Commissione per l'opportunità che essa ci ha voluto offrire.
Abbiamo avuto modo di prendere visione di alcuni atti dell'indagine, e credo che esistano tutte le condizioni per concludere in maniera molto proficua il lavoro finora svolto, definendo le proposte più utili per superare, come lei ha accennato, signor presidente, l'attuale condizione di difficoltà dei mercati finanziari. Daremo anche noi il nostro contributo. Abbiamo predisposto un testo scritto, che mi aiuterà a essere piuttosto sintetico.
Ad Assofondipensione sono associati i 34 fondi pensione negoziali istituiti, su base nazionale o regionale, nei principali comparti produttivi. Le risorse di tali fondi, che sono frutto della contrattazione tra le parti sindacali e le parti datoriali, ammontano a oltre 23 miliardi di euro. Proprio l'entità del patrimonio gestito ci ha indotti a chiedere di poter portare il nostro contributo all'indagine.
Le forme previdenziali, a livello internazionale, hanno risentito in misura minore,


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rispetto ad altre forme di risparmio, degli effetti della drammatica crisi che abbiamo vissuto.
In particolare, i nostri fondi pensione negoziali hanno retto meglio in confronto ai fondi pensione internazionali, sia in quanto caratterizzati da un minore peso della componente azionaria, sia perché basati su una normativa ben ponderata, sulla quale sono stati chiamati a esprimere la propria condivisione tutti i soggetti che operano all'interno del settore. Più specificamente, è stato costruito un sistema ispirato ai principi della trasparenza, della sana e prudente gestione e della garanzia per gli aderenti, tradotti in prassi quotidiane anche grazie anche al ruolo molto importante che la Commissione di vigilanza sui fondi pensione ha svolto e continua a svolgere.
Tutto ciò ha permesso ai fondi negoziali di contenere le perdite, nel 2008, intorno al 6,3 per cento, mentre altre forme di risparmio previdenziale, come i fondi aperti e i PIP non in gestione separata hanno subito perdite, rispettivamente, del 14 e del 24,9 per cento.
Nel 2009, l'andamento dei mercati ci ha consentito di tornare a risultati di gestione positivi in tutte le tipologie di fondi e di compensare totalmente le minusvalenze dell'anno precedente.
Qual è stato il motivo che ci ha permesso di superare in maniera tutto sommato positiva la più grande crisi finanziaria degli ultimi ottant'anni? Il motivo, come ricordavo prima, risiede nei meccanismi previsti dalla legislazione e, in particolare, nella differenza - che noi abbiamo chiesto di mantenere - tra l'investimento di natura previdenziale e l'investimento finanziario tout court.
Naturalmente, noi crediamo nel ruolo dell'investimento finanziario tout court, che ha una propria logica all'interno di una moderna economia: se il lavoratore vuole effettuare questo tipo di investimento, lo fa conoscendone i rischi e le opportunità. Quando, invece, il lavoratore decide di compiere un investimento di natura previdenziale, il valore sociale che questo assume richiede necessariamente un insieme di regole volte a mantenere il giusto rapporto tra la ricerca della redditività e un'attenta gestione del rischio, mediante la previsione di meccanismi efficaci di trasparenza e di garanzia. Noi riteniamo che a livello legislativo, nazionale e comunitario, si debba continuare a operare per rafforzare tali meccanismi.
Cambiando angolo di visuale, l'ingente mole di risorse della previdenza complementare, che per la parte relativa ai fondi negoziali ammonta, come ho già precisato, a oltre 23 miliardi di euro, è stata intercettata dal mercato finanziario italiano, in questi anni, soltanto in minima percentuale.
Questo è un aspetto su cui bisogna riflettere, perché dalla previdenza complementare, il cui primo obiettivo è costruire una rendita integrativa per i lavoratori e le lavoratrici, potrebbe venire un contributo importante anche allo sviluppo e alla crescita del nostro sistema economico e produttivo.
Fermo restando che il primo obiettivo dei fondi pensione deve essere quello di costruire una pensione complementare, dobbiamo studiare, pertanto, alcune misure che permettano di sostenere la crescita: ne trarrebbe benefici anche il sistema previdenziale nel suo complesso, dal momento che i montanti sono collegati all'andamento del PIL.
È per questa ragione che stiamo verificando la possibilità, nell'attuale contesto normativo, di destinare una parte delle nostre risorse al sistema produttivo.
D'altro canto, abbiamo ben presente la necessità, nell'ottica di una diversificazione degli investimenti, di potenziare il nostro sistema di governance, dotandoci di un vero e proprio centro di valutazione del rischio.
A tale proposito, si pone l'esigenza di razionalizzare l'offerta anche mediante il ricorso alle aggregazioni tra fondi pensione. Quando il sistema è stato creato, abbiamo pensato che i lavoratori si sarebbero sentiti maggiormente garantiti dalla pluralità dei fondi, tra i quali avrebbero potuto individuare quelli più vicini alle diverse tipologie contrattuali. Oggi avvertiamo,


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invece, prima di quanto avessimo immaginato, l'esigenza di un accorpamento, che ci permetterebbe di realizzare economie di scala molto importanti, a vantaggio degli associati, e di investire cospicue risorse sui mercati degli strumenti finanziari, incidendo sul processo di maturazione di questi ultimi, come investitori istituzionali protagonisti della vita economica.
Già oggi il costo dei fondi pensione negoziali è estremamente minore rispetto a quello dei fondi aperti e dei PIP. Tuttavia, la nostra lungimiranza ci induce a considerare l'esigenza di creare ulteriori economie di scala, proprio perché l'obiettivo è quello di migliorare il più possibile la qualità del prodotto che offriamo ai lavoratori e alle lavoratrici.
In tale contesto, abbiamo portato all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze alcune proposte di riforma del Regolamento recante norme sui criteri e sui limiti di investimento delle risorse dei fondi di pensione e sulle regole in materia di conflitto di interesse, approvato con decreto ministeriale n. 703 del 1996.
Auspico che le considerazioni finora svolte imprimano un'ulteriore spinta al processo di riforma. Mantenendo le garanzie, è necessario ampliare le opportunità, attraverso la ricerca di forme di investimento innovative.
Avviandomi alla conclusione, l'Associazione ritiene utile estendere ai fondi pensione il nuovo regime di tassazione che il decreto-legge cosiddetto «milleproroghe» ha introdotto per i fondi comuni di investimento. L'applicazione del prelievo fiscale sul realizzato, e non sul maturato, secondo il modello EET (esente - esente - tassato), rafforzerebbe le posizioni previdenziali in fase di accumulo, a beneficio dei lavoratori e delle lavoratrici. Noi chiediamo che il Parlamento, appena possibile, estenda il predetto regime di tassazione anche al settore dei fondi pensione negoziali, conformemente a quanto avviene in ambito internazionale.
In chiusura del mio intervento, mi corre l'obbligo di fare una precisazione con riferimento a un tema che è stato trattato in una precedente audizione, fermo restando che ciascuno è libero di sostenere le tesi che ritiene più giuste.
L'argomento è quello della portabilità del contributo datoriale per i lavoratori che scelgono di aderire alla previdenza complementare. Vorrei ricordare, in proposito, che tale contributo, previsto dalla contrattazione tra i lavoratori e i datori di lavoro, è una sorta di salario differito. In altre parole, è stato contrattualmente stabilito che, nel periodo di vigenza del contratto, una quota della retribuzione deve essere imputata non alle competenze mensili, ma alla previdenza complementare.
Si tratta di una forma di incentivazione che è nella disponibilità esclusiva delle parti contraenti, uniche titolari del potere di attribuire una destinazione diversa al contributo datoriale (ad esempio, imputandolo non più alla previdenza complementare, ma direttamente alla retribuzione mensile).
Tutto ciò che è in grado di incentivare l'adesione alla previdenza complementare è molto positivo. Anche per questo motivo è da evitare ogni confusione: il contributo del datore di lavoro ha natura di salario differito, che le parti contraenti, nell'esercizio della propria autonomia contrattuale, hanno deciso di utilizzare per incentivare l'adesione alla previdenza complementare.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALBERTO FLUVI. L'Allegato «A» alla relazione, i cui dati sono tratti dalla Relazione della Covip per l'anno 2010, contiene una fotografia molto interessante degli aderenti ai fondi pensione.
I 5 milioni di aderenti alle forme pensionistiche complementari rappresentano circa il 20-25 per cento e, quindi, una percentuale estremamente ridotta, anche se in crescita, dei lavoratori complessivi.
Poiché il sistema pensionistico attuale, di tipo contributivo e basato sui due pilastri della previdenza pubblica e della previdenza complementare, è in vigore


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dalla metà degli anni Novanta, una percentuale di adesione ai fondi pensione negoziali del 25 per cento significa che una quota considerevole di lavoratori dipendenti ha sprecato quindici anni, perché alla fine della carriera lavorativa il tasso di sostituzione, vale a dire il rapporto tra l'ultimo stipendio e la prima pensione, non sarà incrementato, per così dire, dall'apporto della previdenza integrativa.
È vero che c'è il TFR, ma l'ipotesi di un futuro previdenziale in cui la gamba previdenziale pubblica è integrata da quella privata sembra più favorevole rispetto a quella in cui l'unica fonte di reddito è costituita da una pensione corrispondente al 50-60 per cento della retribuzione.
Passando alle domande, i fondi della previdenza integrativa hanno soltanto carattere verticale, cioè nazionale, oppure esistono anche fondi a carattere territoriale, regionale?
La seconda domanda tende ad ottenere informazioni ulteriori riguardo al lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, che potrebbe dare, probabilmente, un contributo importante allo sviluppo della previdenza integrativa.
In alcune realtà del Paese sono in corso, ormai da alcuni anni, esperienze significative. Si tratta, se non mi inganno, delle province autonome di Trento e di Bolzano. Mi rendo conto che queste province godono di ben altre risorse rispetto alle altre; tuttavia, credo che esse possano svolgere comunque una funzione di traino molto importante.
Nelle piccole e piccolissime imprese, che rappresentano l'ossatura economica del nostro Paese, la presenza delle organizzazioni sindacali è più debole, e anche il rapporto tra lavoratore dipendente e imprenditore è di tipo più personale. Per tali ragioni, penso che sia più complicato portare il TFR fuori da un'azienda che ha due o tre dipendenti. Un fondo previdenziale a carattere territoriale potrebbe favorire lo sviluppo di fondi pensione negoziali anche in tali aziende.
L'ultima domanda trae spunto dal ruolo modesto dei fondi previdenziali nel settore degli investimenti in capitale di rischio. Ciò deriva da limiti di carattere normativo o da una scelta? Nella relazione si fa riferimento alla sana e prudente gestione e al fatto che i fondi pensione, amministrando risparmi previdenziali, non sono dediti a investimenti di natura speculativa. Lei, dottor Proietti, ha giustamente affermato che, se un lavoratore vuole effettuare un investimento di tipo speculativo, anziché previdenziale, si rivolge ad altri.
Il lavoro che state svolgendo con il Ministero dell'economia e delle finanze, in vista di una revisione del decreto ministeriale n. 703 del 1996, se finalizzato - come mi sembra di aver capito - all'eliminazione di alcuni vincoli nelle scelte di investimento, potrebbe liberare risorse utilizzabili per sostenere l'economia.

PRESIDENTE. Dottor Proietti, la tabella a pagina 10 della relazione dà conto dei rendimenti pluriennali, ma non precisa come sia articolato il portafoglio. Qual è la consistenza patrimoniale dei fondi azionari, dei fondi bilanciati e via discorrendo? Questi dati ci aiuterebbero naturalmente a capire meglio la situazione.

MAURIZIO DEL TENNO. Sarebbe interessante avere maggiori dettagli sulla distribuzione relativa alle classi di età degli iscritti più anziani. È possibile?

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

FLAVIO CASETTI, Segretario generale dell'Associazione dei fondi pensione negoziali (Assofondipensione). L'età media cresce di un anno ogni anno, se gli iscritti sono sempre gli stessi. La necessità di incentivare le adesioni deriva anche dal fatto di avere un'articolazione per classe di età, in modo da far fronte meglio anche alle liabilities. Forniremo il dato da lei richiesto, onorevole Del Tenno.
Per quanto riguarda i fondi territoriali, ve ne sono alcuni, tra i nostri associati - ad esempio, Laborfonds, al quale possono aderire lavoratori dipendenti delle due province autonome del Trentino-Alto


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Adige -, i quali hanno coinvolto anche il pubblico impiego. Laborfonds ha 120.000 iscritti e ha festeggiato il suo decennale alcuni mesi fa. Un altro fondo, piccolo per ragioni territoriali, è Fopadiva, della Val d'Aosta.
Esiste, poi, un'esperienza di natura leggermente diversa, sempre di origine negoziale, Solidarietà Veneto, alla quale non partecipano tutti i soggetti della previdenza complementare, ma comunque la gran parte.
Al momento del lancio della previdenza integrativa, fu compiuta una scelta in direzione dei grandi fondi di categoria nazionali. Con il senno di poi, potremmo svolgere ragionamenti più complessi, ma la scelta fondante è da ritenere, a nostro avviso, ancora valida, sebbene i fondi pensione negoziali costituiti con il concorso economico delle regioni a Statuto speciale abbiano ottenuto buoni risultati.
Nella piccola e media impresa si pone effettivamente un problema, che stiamo cercando di affrontare con l'impegno di tutte le nostre articolazioni territoriali. Nei nostri organi sociali siedono i rappresentanti dei soci promotori - le parti sociali, cioè le associazioni datoriali e quelle dei lavoratori - con le quali stiamo cercando di organizzare una rete di assistenza. Accedere alle reti di vendita, invece, significherebbe disattendere i principi già richiamati dal Vicepresidente: i fondi pensione negoziali nascono in forza di liberi contratti, per dare attuazione agli impegni concordati dalle parti. Verificheremo in futuro la possibilità di sperimentare soluzioni migliori, se saranno individuate.
Nel pubblico impiego esiste un ritardo innegabile. In passato, i dipendenti pubblici godevano di indubbi privilegi, anche sotto il profilo dell'accesso anticipato alla previdenza. Oggi, invece, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni hanno perduto i vecchi privilegi e, oltre a ciò, non hanno la previdenza complementare. Bisogna attivarsi per dare soluzione a tale problema.
Sui mercati finanziari non vogliamo meno vincoli, ma vincoli diversi: è questo il senso del lavoro che stiamo portando avanti per la revisione del decreto ministeriale n. 703 del 1996. La normativa attuale consente molti investimenti. Infatti, noi operiamo già sui mercati finanziari, ma le tecniche di gestione del risparmio previdenziale sono diverse: il nostro orizzonte temporale è più lungo rispetto a quello dei fondi comuni, i quali, come si dice in gergo, devono fare quota tutti i giorni.
Naturalmente, il nuovo decreto ministeriale dovrà prevedere strumenti e procedure di analisi e controllo dei rischi. Ogni fondo pensione dovrà definire con chiarezza il budget da destinare agli investimenti in strumenti alternativi, senza abbandonare le logiche dell'investitore previdenziale. Su questo versante stiamo collaborando con la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, oltre che con ANIA, ABI e Assogestioni. Speriamo di riuscire a portare a termine il lavoro entro l'anno.

PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti di Assofondipensione per il contributo che ci hanno offerto, nonché per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,05.

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