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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
7.
Mercoledì 17 marzo 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROBLEMATICHE CONNESSE ALL'ACCOGLIENZA DEGLI ALUNNI CON CITTADINANZA NON ITALIANA NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO

Audizioni di rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di esperti del settore:

Aprea Valentina, Presidente ... 3 4 5 6
Frassinetti Paola, Presidente ... 7 8 9 10 11 12 14
Bachelet Giovanni Battista (PD) ... 5 6 12
Biondi Giovanni, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ... 3 4 5 6
De Torre Maria Letizia (PD) ... 4 5 11
Hein Cristopher, Direttore del Consiglio italiano per i rifugiati ... 10 13
Pieri Rita, Assessore all'istruzione pubblica, università e pari opportunità del comune di Prato ... 12
Pompei Daniela, Responsabile del servizio immigrati della Comunità di Sant'Egidio ... 8 9 13
Rivolta Erica (LNP) ... 5
Silli Giorgio, Assessore ai rapporti con l'Unione europea, alle relazioni con il pubblico e alle politiche d'integrazione del comune di Prato ... 7

ALLEGATO: Relazione consegnata dal dottor Giovanni Biondi, capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 17 marzo 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 15,10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di esperti del settore.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle problematiche connesse all'accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano, l'audizione di rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di esperti del settore.
È con noi il dottor Giovanni Biondi, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da cui dipende la Direzione generale dello studente, che ha, tra le altre, la competenza di effettuare il monitoraggio costante dell'utenza scolastica nel nostro Paese. Diamo il benvenuto al direttore Biondi, che abbiamo conosciuto sotto altra veste, così come molti amici della Toscana oggi presenti.
Do quindi la parola al Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Giovanni Biondi.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Signor presidente, ho il dovere di dare una serie di dati, che rappresentano l'entità e la distribuzione del fenomeno sul piano nazionale. Li lascerò alla Commissione, che potrà esaminarli.
Recentemente, abbiamo definito e aggiornato l'Anagrafe degli studenti e, attraverso questa infrastruttura informativa, che è stata concordata con il Garante per la protezione dei dati personali, abbiamo la possibilità di avere la fotografia della situazione relativamente agli alunni di nazionalità non italiana presenti nelle nostre scuole.
I dati sono aggiornati all'anno scolastico in corso. Le classi che hanno più del 30 per cento di studenti stranieri sono 7300 nella primaria, 3100 nella secondaria di primo grado. In entrambi i casi, sia per le elementari sia per le medie, il 70 per cento di queste classi si colloca nelle regioni del nord.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, direttore, vorremmo conoscere la percentuale di queste classi rispetto al totale.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, università e ricerca. Il 5 per cento per la primaria e il 4 per cento per la secondaria di primo grado.
Se affrontiamo il criterio della conoscenza della lingua italiana, valutando quanti tra questi ragazzi sono nati in Italia


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e, quindi, dovrebbero presumibilmente possedere una buona conoscenza dell'italiano, i numeri scendono a 1300 nella primaria e a 1550 nella secondaria di primo grado. Il fenomeno quindi si ridimensiona, se tra i ragazzi con cittadinanza non italiana si individuano quelli nati in Italia.
Questi dati riguardano la primaria e la secondaria di primo grado, perché la circolare sulla composizione numerica degli alunni nelle classi era legata a questi cicli di istruzione. Nelle superiori il fenomeno è molto ridimensionato. Il maggior numero di studenti stranieri nelle secondarie superiori si trova negli istituti professionali piuttosto che nei licei.
Questi sono i dati aggiornati a questo anno, ma lascio agli atti un rapporto molto dettagliato. Stiamo peraltro pubblicando sul sito del Ministero tutti i dati analitici regione per regione, provincia per provincia, scuola per scuola.
Personalmente, ho la responsabilità della parte statistica, quindi dei dati e dell'analisi. Le iniziative invece dipendono soprattutto dal Dipartimento dell'istruzione, dagli ordinamenti e da chi si occupa della formazione dei docenti.

PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della relazione del dottor Biondi (vedi allegato).
Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei chiedere se abbiate indicato anche le etnie di provenienza, se il Ministero abbia effettuato uno studio sui flussi.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. In questo momento, questo dato non è presente, perché sull'etnia ci sono problemi con il Garante per la protezione dei dati personali, quindi questi dati attualmente non sono raccolti. Naturalmente, il Ministero ha in gestione questi dati sul piano statistico, non sul piano amministrativo, che sono concetti diversi.
Abbiamo il numero degli studenti provenienti dai vari Paesi, ma non possiamo gestire il dato anagrafico legato al singolo studente a tutela della privacy.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIA LETIZIA DE TORRE. In primo luogo, vorrei chiedere se sia possibile fornire a tutti i membri della Commissione il volume annuale che il Ministro Moratti ha cominciato a predisporre e che lo scorso anno non è stato pubblicato. Il Ministro Moratti ha infatti cominciato a raccogliere ogni anno tutti i dati relativi alle etnie, alle classi, alla comparazione con l'Europa, ma manca un anno di pubblicazione.
Ormai forse non conviene pubblicare il volume relativo allo scorso anno, ma chiederei per l'anno scolastico 2009-2010 di pubblicare anche la versione cartacea, perché tutti i dati pubblicati da Censis, CNEL, Caritas provengono da lì. Chiedo dunque se sia possibile ristamparlo e averne una copia per ciascuno dei membri della Commissione.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Noi lo mettiamo in linea. Anzi, credo sia già presente.

MARIA LETIZIA DE TORRE. No, quello presente sul sito è relativo all'anno 2007-2008.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Quello che trova in linea è il precedente, ma sto parlando del rapporto aggiornato. Quello va in linea direttamente. Se troviamo i soldi, lo stamperemo, ma questo è un problema di altra natura.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Era uno strumento utile, riconosciuto anche da tutti gli altri...

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.


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Ad ogni modo, quando è in linea si può scaricare. I dati sono disponibili. Naturalmente, per i membri della Commissione ne faremo una stampa, lo rilegheremo e ve lo faremo avere.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Se possibile, a parte il costo della stampa, vorremmo che tale pubblicazione fosse mantenuta, poiché ne era riconosciuta l'alta valenza scientifica anche in convegni specialistici.
Forse, all'interno della pubblicazione vi sono anche i dati relativi al ciclo dell'istruzione secondaria. Se non ci fossero, vi chiedo di fornirceli a parte.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Ci sono anche i dati della scuola secondaria e quest'anno sono aggiornati all'anno scolastico in corso. Abbiamo quindi realizzato un passo avanti, perché pubblichiamo on line i dati non dell'anno precedente, ma dell'anno in corso.

MARIA LETIZIA DE TORRE. In secondo luogo, pongo una domanda che è semplice da fare ma cui è forse difficile rispondere. Poiché nella sua Direzione c'è la borsa del Ministero, vorrei sapere se possa elencarci tutte le risorse destinate agli alunni con cittadinanza non italiana.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. C'è una serie di iniziative. Non ho a disposizione la somma delle risorse in termini economici, perché sono distribuite a seconda del tipo di intervento e sulle diverse Direzioni generali, giacché su queste attività è intervenuta la Direzione dello studente su tutta una serie di iniziative, tra le quali posso citare «Tutte le lingue dello sport», l'Atlante on line, il Protocollo d'intesa con l'Opera nomadi. Posso fornirvi la somma delle risorse, ricordando che essa è gestita da direzioni generali diverse.

MARIA LETIZIA DE TORRE. La risposta che il Sottosegretario Pizza aveva dato all'interpellanza urgente non era completa. Chiedo quindi se si possa riprendere quella interpellanza e dare una risposta completa scritta alla Commissione.

ERICA RIVOLTA. Vorrei chiedere al direttore Biondi se, anche alla luce dell'ultima sentenza della Corte di cassazione, il Ministero abbia qualche dato riguardo agli alunni figli di immigrati irregolari.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. No, non abbiamo dati statistici a questo riguardo, anche perché è un dato non presente nell'anagrafe e non tracciato dal Ministero.

MARIA LETIZIA DE TORRE. I minori in qualsiasi Stato nel mondo sono cittadini regolari. La sentenza stabilisce che un padre non possa rimanere in Italia facendo valere i diritti dei minori, ma i minori possono rimanere, infatti ci rimarranno con la madre.

ERICA RIVOLTA. Poiché questo problema è assolutamente di attualità, volevo sapere se comunque il Ministero avesse già qualche dato.

PRESIDENTE. Anche in base alla mia esperienza di dirigente scolastico, si tratta di un dato non tracciato, perché nel caso di minori, al di là delle certificazioni transitorie o riferite al bambino come le vaccinazioni, sul resto si sorvola. Se i genitori hanno il permesso di soggiorno scaduto o meno non interessa, quello che interessa è lo status del minore, il bambino.

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Mi sembra molto interessante che nell'utile distinzione operata dal Ministero fra il problema della lingua e quello della nazionalità emerga un fattore 2 nella primaria e un fattore quasi 6 nella secondaria,


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che da un lato evidenzia come il problema della lingua sia minore rispetto a quello relativo alla nazionalità.
Nei giri elettorali che ho compiuto in questo mese mi sono trovato nella paradossale situazione di dover difendere almeno il principio della circolare, cioè l'idea che promuovere un «mescolamento» sia un fatto positivo, ma molti dei miei interlocutori mi segnalano che non c'è chiarezza nell'approccio sulla differenza tra nazionalità e lingua.
Mi domando quindi se non potrebbe essere utile emanare una circolare interpretativa che spieghi che la nazionalità non c'entra. Anche nei casi di Caserta e di Catania l'uso di questo tipo di preoccupazione per schedare - cosa appunto impossibile, come lei ci ha detto - gli immigrati regolari forse deriva da un equivoco, che forse non era nemmeno nella volontà del Ministero.
In questo senso, l'altra domanda è anche più specifica e legata alle considerazioni dell'onorevole De Torre. Quando il dicastero era retto dal Ministro Fioroni, anche se l'effetto si è sviluppato durante il Governo del Ministro Gelmini, erano stati stanziati 6 milioni di euro per l'italiano come lingua straniera, che poi sono stati messi in disponibilità fra gennaio 2009 e gennaio 2010, mai in realtà risalivano ad una iniziativa dell'allora Ministro Fioroni e della qui presente onorevole De Torre.
La domanda a cui il Sottosegretario Pizza ha risposto dicendo che i 20 milioni citati dal Ministro Gelmini al TG5 non esistevano era anche motivata dal fatto che a noi risultava che quel dirigente e quel programma nel Ministero fossero stati ufficialmente smantellati. Anche su questo, quindi, un impegno sembrerebbe positivo, perché promuovere l'integrazione senza finanziamenti non può mai funzionare bene.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La circolare francamente mi sembra molto chiara, perché dice esplicitamente nel secondo paragrafo che il limite del 30 per cento si può elevare laddove i ragazzi abbiano una buona conoscenza della lingua italiana (Commenti).

GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Se si parte dalla nazionalità e poi si deroga in base alla lingua, c'è un equivoco di fondo, si parte dalla cosa sbagliata: si dovrebbe partire dalla lingua e basta. Sarebbe opportuno non menzionare proprio la nazionalità, che con questo problema dell'integrazione non dovrebbe entrarci. Non si capisce perché una persona nata qua che parli romanesco dovrebbe essere inclusa nel conteggio.

GIOVANNI BIONDI, Capo del Dipartimento per la programmazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Capisco che questo possa generare un equivoco, ma la finalità dell'intervento è molto chiara: serve a difendere dall'ipotesi che un carico di studenti che non conoscono la lingua ostacoli la didattica in quella classe. Questo è il senso.
Tutto ciò dipende dal dottor Mario Giacomo Dutto, direttore generale degli ordinamenti scolastici del Ministero. Adesso valuteremo e, se nei nostri uffici scolastici regionali registriamo una difficoltà di interpretazione, faremo ovviamente un chiarimento. È evidente tuttavia che la finalità è questa e che il nostro obiettivo è quello di facilitare la didattica in queste classi, perché con un numero troppo alto di studenti che non conoscono la lingua è impossibile fare lezione.

PRESIDENTE. Ringrazio il direttore Biondi, il Ministero per questa disponibilità e, ovviamente, ringrazio il Ministro Mariastella Gelmini.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con la presidenza del vicepresidente Paola Frassinetti, in quanto, come i colleghi sanno, sono impegnata nella partecipazione ai lavori di un convegno.

La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLA FRASSINETTI

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori della Commissione.
Sono presenti l'assessore ai rapporti con l'Unione europea, alle relazioni con il pubblico e alle politiche d'integrazione del comune di Prato, dottor Giorgio Silli, accompagnato dall'assessore all'istruzione pubblica, università e pari opportunità Rita Pieri, sempre di Prato. La Comunità di Sant'Egidio è rappresentata dalla dottoressa Daniela Pompei e il Consiglio italiano per i rifugiati (CIR) dal dottor Christopher Hein.
Saluto i nostri graditi ospiti e do la parola all'assessore Giorgio Silli.

GIORGIO SILLI, Assessore ai rapporti con l'Unione europea, alle relazioni con il pubblico e alle politiche d'integrazione del comune di Prato. Signor presidente, sono assessore e ho una delega particolare, che nel comune di Prato è molto importante: la delega all'immigrazione e all'integrazione.
Con l'assessore alla pubblica istruzione Pieri abbiamo preparato una piccola relazione che vi lasceremo, proprio in virtù del fatto che in questo momento stiamo mettendo mano nel nostro Paese a quello che è un fenomeno che rischia effettivamente di diventare un problema: gli alunni stranieri, soprattutto quelli che arrivano in corso dell'anno scolastico e rischiano di frenare per motivi linguistici e culturali l'apprendimento degli altri stranieri arrivati precedentemente o dei bambini nati nel nostro Paese.
Vorrei semplicemente scorrere la relazione, che poi vi verrà distribuita, per poi tirare delle brevi conclusioni, nella speranza che in questo iter venga posta maggiore attenzione a determinati argomenti.
Penso che l'integrazione ormai non sia più una scelta, ma sia una sorta di dovere e di responsabilità istituzionale. L'integrazione è trasversale. Credo che la scuola sia fondamentale per quanto riguarda l'integrazione culturale dei figli di cittadini stranieri.
Il comune di Prato è purtroppo famoso per numeri importantissimi di stranieri nati sul nostro territorio o arrivati in corso d'anno, con una particolare attenzione a quelli che sono i cittadini di etnia cinese. Tali numeri molto importanti portano a una presenza addirittura superiore al 50-60 per cento all'interno di alcune scuole, soprattutto in determinati quartieri adiacenti al centro storico. Qualora in un futuro prossimo non fosse adottata, come in altri Paesi, una normativa contemplante una sorta di limitazione del numero di bambini stranieri iscritti fin dall'inizio o arrivati in corso d'anno, si rischierebbe quindi una integrazione al contrario.
Da questo lavoro, preparato dal Ministero, emerge come in alcune scuole - due in particolare, una delle quali ascoltata la settimana scorsa - i numeri siano indubbiamente altissimi. Nell'Istituto comprensivo Marco Polo l'incidenza totale dei bambini stranieri, all'interno della scuola, è del 52 per cento; nella scuola secondaria del 54 per cento; nella primaria del 54 per cento. Il trend è in ascesa, come testimoniano le proiezioni delle iscrizioni già arrivate. Sempre nello stesso Istituto Marco Polo abbiamo per l'anno scolastico 2010-2011 un totale di 839 bambini iscritti, di cui 435 stranieri. Nella scuola dell'infanzia sempre dello stesso istituto comprensivo abbiamo 83 iscritti totali, di cui 51 stranieri.
Capite quindi come effettivamente nella nostra città, ma anche in altre città dove l'incidenza dell'immigrazione è così importante, il fenomeno debba essere affrontato.
Senza dilungarmi da un punto di vista politico, desidero puntualizzare un aspetto tecnico: il comune di Prato è una delle pochissime città ad aver firmato un protocollo di intesa con altri enti, provincia e regione, per stanziare annualmente cifre importanti per quanto riguarda i mediatori linguistici e i mediatori culturali, proprio per la necessità di assistere questi bambini durante il loro apprendimento soprattutto quelli che arrivano in corso d'anno. Purtroppo, però, questi fondi non


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bastano mai e gli enti locali difficilmente possono sopperire alla effettiva necessità delle nostre scuole.
Credo quindi - voglio dare un input e lo faremo anche ufficialmente per via istituzionale - che nella gestione di questo fenomeno sarebbe molto importante considerare anche l'ipotesi di stanziamenti a livello centrale, governativo, da distribuire laddove il fenomeno migratorio sia estremamente importante, perché diventino complementari agli stanziamenti degli enti locali e vadano a coprire l'effettivo fabbisogno di mediatori linguistici e culturali.
Nella relazione che vi lasceremo sono indicati dati importanti, che purtroppo fanno riflettere. Abbiamo riassunto le varie segnalazioni che come comune, nello specifico l'Assessorato alla Pubblica istruzione, facciamo alle autorità giudiziarie per quanto concerne l'evasione scolastica e gli alunni che di punto in bianco purtroppo «scompaiono» da scuola. Constatiamo in maniera dolorosa che su un totale di 100 alunni segnalati all'autorità giudiziaria in quanto minori irreperibili, 95 sono di nazionalità straniera e solamente 5 di nazionalità italiana. Da qui la manifesta evidenza di porre attenzione e di creare qualche strumento che possa permetterci di gestire il fenomeno, che purtroppo è diventato un problema diffuso.
L'ultima tabella è quella più importante e riguarda un aspetto che, da un punto di vista legislativo, difficilmente viene preso in considerazione a livello centrale: gli arrivi in corso d'anno. Numerosi alunni arrivano già nel secondo quadrimestre, dopo due, tre, quattro mesi dall'inizio dell'anno scolastico, con tutte le difficoltà che potete immaginare. Tali rilevanti numeri riguardano la nostra città e altre città colpite da questo fenomeno quali Padova o Brescia, città molto diverse fra loro.
Nel comune di Prato, in scuole medie con un totale di 700-800 iscritti, abbiamo in corso d'anno 60-70 arrivi distribuiti nei vari livelli scolastici, con un'esigenza di mediatori linguistici e culturali quasi del 100 per cento. Il mediatore linguistico che gira per le classi, nel caso dell'arrivo in corso di anno deve fermarsi all'interno di una classe, assistere il bambino arrivato in corso d'anno e ovviamente tralasciare, non potendo più occuparsi adeguatamente degli alunni presenti in altre classi.
Abbiamo constatato la necessità di creare classi di accoglienza. Dobbiamo creare o cercare di canalizzare fondi che da Roma, quindi dal Governo centrale, riescano a diventare complementari con quelli che gli enti locali investono per i mediatori linguistici e culturali, giacché le città colpite da questo fenomeno non riescono più a sopperire a tutte le necessità con i loro bilanci.

PRESIDENTE. Invito gli auditi a limitare il tempo degli interventi nei cinque minuti, poiché intorno alle 16 la seduta si dovrà concludere, per i concomitanti lavori dell'Assemblea.
Do ora la parola la dottoressa Daniela Pompei, rappresentante della Comunità di Sant'Egidio, che ringrazio per essere tornata, in quanto la volta precedente, sempre per ragioni di tempo, non era stato possibile audirla.

DANIELA POMPEI, Responsabile del servizio immigrati della Comunità di Sant'Egidio.Vorrei soffermarmi sugli effetti della nuova circolare del Ministero dell'istruzione sul problema del tetto del 30 per cento dei bambini non italiani nelle classi delle scuole dell'obbligo. È molto prematuro, perché effettivamente ancora non abbiamo tutti i dati sull'Italia, ma è possibile fare alcune considerazioni e si comincia ad avere qualche ripercussione. Abbiamo ad esempio notizia di un appello dell'associazione dei genitori della scuola Pisacane del quartiere Tor Pignattara di Roma, spesso citata sulle pagine dei giornali per l'alta presenza dei bambini non italiani presenti nella scuola.
I genitori esprimono preoccupazione, perché in un quartiere ad alta presenza di immigrazione l'applicazione rigida della circolare comporterebbe il rischio di vedere non pochi bambini iscritti al primo anno della scuola elementare dirottati su altri istituti e forse anche in altri quartieri


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della città. Il nodo è stato posto dai genitori, perché, se in un nucleo familiare ci sono più bambini, si troveranno sparsi in diversi istituti.
Di questo disagio si è fatto interprete anche il vescovo ausiliare di Roma, di zona est, Monsignor Marciante, con una lettera che è stata indirizzata al Ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini. Sono segnali che vanno raccolti per l'emersione di timori e preoccupazioni più profondi e vasti che abbiamo potuto raccogliere anche in altri contesti. In alcune scuole italiane - poche realtà - il tetto del 30 per cento, stabilito dalla circolare, è stato superato.
Solo 12 scuole in Italia hanno superato l'80 per cento della presenza di bambini non italiani. È però anche utile sottolineare in questo contesto come l'alta concentrazione dei bambini immigrati nelle scuole dell'obbligo sia riconducibile solo in parte al problema della presenza degli immigrati nei quartieri, giacché tra le altre motivazioni non si deve sottovalutare un processo che ha visto alcune scuole specializzarsi nell'accoglimento dei bambini stranieri e altre, delegare ad altri istituti l'onere del loro inserimento, ammettendo una propria impreparazione al compito.
Una forte concentrazione di bambini stranieri in alcuni istituti è stata quindi almeno in parte provocata da questa errata convinzione che la presenza dei bambini immigrati abbassasse il livello qualitativo della scuola.
La circolare risponde quindi in parte a una giusta esigenza: evitare le ghettizzazioni e le classificazioni implicite tra scuole di serie A e scuole di serie B. Una sua rigida applicazione può tuttavia generare problemi. È stata avanzata una proposta per evitare le difficoltà di applicazione - auspichiamo una sua ricezione in tutte le Regioni -: non considerare nella quota del 30 per cento i bambini stranieri nati in Italia, anche perché i bambini figli di stranieri nati in Italia in realtà di fatto sono degli italiani.
Ritengo che anche molti dei bambini cinesi che vivono a Prato siano nati in Italia e considerati stranieri solo per la ancora vigente legge italiana sulla cittadinanza, che da più parti viene considerata ormai obsoleta e attende di essere modificata, quantomeno nella parte che riguarda i bambini, i minori.

PRESIDENTE. Mi scuso, ma per ragioni di tempo, la invito a concludere ...

DANIELA POMPEI, Responsabile del servizio immigrati della Comunità di Sant'Egidio Vorrei proporre alcuni azioni che a nostro avviso potrebbero essere poste in essere: sostenere in ambito scolastico l'apprendimento della lingua italiana come L2.
Tale azione dovrebbe essere rivolta principalmente ai minori adolescenti che giungono in Italia in seguito al ricongiungimento familiare o al percorso di adozione internazionale. Prima dell'inizio della scuola si dovrebbero organizzare per un tempo determinato (ad esempio un mese) attività didattiche quotidiane, finalizzate all'apprendimento della lingua italiana.
Nel corso dell'anno scolastico, vorremmo attivare sessioni pomeridiane per affiancare dal punto di vista linguistico il percorso di apprendimento (docenza aggiuntiva). La Comunità di Sant'Egidio ha organizzato con buoni risultati classi per l'insegnamento della lingua per adolescenti da poco arrivati in Italia in seguito ai ricongiungimenti, che frequentano la scuola media.
Vorremmo inoltre proporre - non so in che modo - un programma nazionale di sostegno alla scolarizzazione dei bambini Rom, coinvolgendo per esempio i due Ministeri competenti, ossia il Ministero dell'istruzione e il Ministero del lavoro, per ciò che concerne gli interventi atti a sostenere l'integrazione. In questo caso, pensiamo a docenze aggiuntive e a borse di studio che garantiscano il diritto alla scuola. Stiamo mettendo in atto un progetto sperimentale sul territorio romano con il Ministero del lavoro. Abbiamo visto che il problema è aumentare la frequenza scolastica, non l'iscrizione a scuola.
Attraverso il fulcro della scuola e delle borse di studio, la frequenza dei bambini


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Rom nella scuola, che nel 2007 era del 38 per cento, nel 2009 è arrivata all'87 per cento. È quindi possibile operare. Questa è la nostra idea: avanzare proposte anche in senso positivo.
L'altro discorso a nostro avviso importante è investire con risorse umane ed economiche nelle scuole con un'alta concentrazione di minori stranieri, ad esempio la scuola di San Salvario a Torino o altre di Prato, per far sì che scuole famose per il degrado sociale diventino anche attraenti per chi non è italiano.
L'altro grosso tema è favorire programmi di conoscenza reciproca, per combattere l'ignoranza, l'intolleranza e prevenire il razzismo nelle giovani generazioni, quindi nelle scuole superiori. Con il Ministero della gioventù, per esempio, stiamo facendo un questionario che ha coinvolto 10.000 giovani degli ultimi tre anni della scuola superiore sul tema dell'integrazione. È stato rivolto a tutti i giovani e comincia a dare buoni frutti. Mi sembra importante sottolineare che l'80 per cento dei giovani e degli insegnanti delle scuole superiori sono convinti che i figli degli stranieri nati in Italia siano italiani. Questa è convinzione comune, ma non è realtà. Questo è uno dei nodi.
Al di là delle rappresentazioni schematiche che vengono proposte circa il rapporto tra cittadini italiani e nuovi cittadini stranieri, è possibile leggere proprio nei contesti educativi una realtà articolata, con alcuni segnali positivi e con qualche problema, su cui è possibile in qualche modo incidere.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Cristopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati.

CRISTOPHER HEIN, Direttore del Consiglio italiano per i rifugiati. Ringrazio il presidente per l'invito. Vista la limitatezza dei tempi, mi limito a lanciare tre messaggi. Il primo messaggio riguarda il titolo di questa indagine sulle problematiche connesse all'accoglienza degli alunni con cittadinanza non italiana nel sistema scolastico italiano. Mi chiedo, presidente, che senso abbia parlare di alunni non cittadini, nel senso della cittadinanza, del passaporto. Nel mio Paese di origine, la Germania, ci sono circa 200.000 bambini con cittadinanza italiana, che sono di madrelingua tedesca e frequentano la scuola tedesca, quindi non figurano qui, anche se sono a tutti gli effetti culturali e linguistici stranieri.
Ritengo che sulla questione che interessa il Paese, il sistema scolastico e l'integrazione, incida non la cittadinanza, ma la provenienza culturale e linguistica della persona e della famiglia. Se osserviamo le statistiche comparate con la Francia, la Gran Bretagna, la Svizzera e la Germania, vediamo che in Francia abbiamo un'incidenza di alunni stranieri molto bassa, perché i genitori hanno grande facilità nell'ottenere, attraverso la naturalizzazione e lo ius soli, la cittadinanza francese, quindi escono dalla statistica. Questo non accade in Svizzera, dove abbiamo un numero assoluto relativamente basso, ma percentualmente molto alto, perché uno straniero praticamente non ottiene mai la cittadinanza svizzera.
Vi chiedo dunque di riflettere su questa dicitura «alunni di cittadinanza non italiana», giacché il passaporto di un bambino non mi sembra incidere sul rendimento scolastico e sul grado di integrazione.
Il secondo messaggio è il seguente: nei nostri uffici del CIR arrivano spesso rifugiati che richiedono asilo, i cui figli fanno loro da interprete. Penso che si possa generalizzare: i figli sono i primi mediatori culturali tra la famiglia e la società ospitante, e più ancora tra la famiglia e la scuola. Questo valore espone psicologicamente però a un rischio, perché assegna al bambino una responsabilità, per non dire una superiorità rispetto al proprio genitore, in quanto il bambino domina la lingua che i genitori non parlano. È quindi necessario affiancare, accompagnare questi bambini in questo compito.
Un terzo messaggio riguarda la vita del bambino, che si svolge tra i due poli, famiglia e scuola, dove la scuola con la crescita del bambino diventa molto più


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importante rispetto alla famiglia. Se questi due poli sono in contraddizione tra loro come avviene in certi quartieri di Parigi o di Berlino con i turchi, che subiscono una ghettizzazione, si generano devianze sociali, criminalità e un rendimento scolastico sempre più basso, che preoccupa, al di là della questione politica e delle leggi sull'integrazione.
La società dovrebbe quindi sforzarsi anche attraverso un finanziamento di mettere insieme questi due poli della vita del bambino, permettendo la comunicazione, l'incontro tra la famiglia e l'insegnante e il sistema scolastico. Questo sarebbe un investimento per la futura integrazione.
Ho scorso rapidamente i rapporti stenografici di alcune audizioni precedenti di questa indagine conoscitiva e mi sembra che su questo tema così delicato si giochi il futuro del Paese a lungo termine. Non è una questione che si può determinare dall'oggi al domani, se è vero che negli Stati Uniti tra quindici anni la lingua dominante sarà lo spagnolo e non più l'inglese. È un futuro al quale dobbiamo prepararci: devono prepararsi innanzitutto Repubbliche come l'Italia e la Germania che hanno una identità nazionale relativamente recente.
Bisogna fare un salto in avanti: questo è un dato nella globalizzazione e quindi o si fa una politica dell'incontro e dell'integrazione oppure un giorno ci troveremo davanti al disastro della esclusione di una popolazione sempre più rilevante nella vita economica e culturale del Paese.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIA LETIZIA DE TORRE. Desidero ringraziare l'assessore del comune di Prato per quanto ci ha raccontato e vorrei formulare qualche domanda per capire meglio la situazione che ci ha esposto, premettendo che comprendo molto bene il difficile ruolo dell'Assessorato che le è affidato. Gli alunni cinesi si trovano infatti in una situazione più complessa e delicata di quella degli alunni provenienti da altri Paesi del mondo.
Vorrei capire dove l'Istituto Marco Polo sia collocato nella città di Prato, a quale distanza da altri istituti comprensivi e quale percentuale di alunni immigrati abbiano questi altri istituti.
Vorrei sapere inoltre cosa significhi «alunni irreperibili», giacché la scuola ha l'indirizzo di tutti i ragazzi che frequentano, per cui, se un alunno non viene a scuola, sa dove abita. Vorrei capire quindi cosa succeda, se il 95 per cento costituito da alunni cinesi sia irreperibile perché la famiglia si è spostata e non abita più lì, i bambini sono stati rimandati dai parenti in Cina o sono spariti. In quest'ultimo caso, infatti, la cosa sarebbe molto preoccupante.
Per quanto riguarda gli arrivi in corso d'anno, vorrei capire se dentro l'accordo di programma siglato con la provincia e con la regione esista una possibilità analoga a quella offerta nella città di Firenze, dove i centri per l'insegnamento dell'italiano svolgono anche questa mediazione con le famiglie, per cui a Firenze ormai i genitori si rivolgono al centro.

PRESIDENTE. Onorevole, ponga la domanda

MARIA LETIZIA DE TORRE. Sì, vorrei sapere se dentro l'accordo di programma esista anche questa possibilità di chi media con le famiglie il ricongiungimento.
Vorrei chiedere alla Comunità di Sant'Egidio se le classi di insegnamento per gli adolescenti siano un'iniziativa della Comunità o si collochino all'interno di un progetto in cui sono impegnate anche le scuole, la città di Roma.
Vorrei porre infine una domanda al Direttore del Consiglio italiano per i rifugiati. Vorrei sapere cosa accada ai minori di una famiglia in cui gli adulti chiedano il riconoscimento dello status di rifugiati in Italia, nel periodo dalla richiesta d'asilo al riconoscimento di tale status, fase purtroppo lunghissima in Italia, durante il quale, in modo anomalo, i genitori non possono lavorare, ovvero se questi minori possano o no frequentare la scuola.


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GIOVANNI BATTISTA BACHELET. Avendo visto i dati, posso rispondere alla domanda posta dalla collega De Torre. Quasi nessuno arriva al 30 per cento, pochi superano il 30 e solo uno il 50. Quei calcoli sono basati sulla nazionalità, quindi presumerei che nessuno sia sopra i 30 per quanto riguarda la lingua parlata. Vorrei sapere se sia una ipotesi ragionevole.
Invece, domando all'esperto. Sono un ex Gastarbeiter di Stoccarda, quindi nutro massima gratitudine nei riguardi della Germania, dove già trenta anni fa, quando ci lavoravo, la densità degli immigrati in particolare della Turchia era molto elevata e credo sia rimasto un contributo sostenuto alla immigrazione anche negli anni successivi.
Vorrei sapere in cosa le politiche scolastiche attuate in Germania - allora non me lo domandavo, ora devo chiederlo per ragioni di nuova responsabilità - siano state diverse per esempio da quelle di Paesi come l'Olanda, caso drammatico in cui, dopo un'apparente calma, è esploso un problema. Mi chiedo quindi se il problema in Germania non sia ancora esploso ed esploderà o se invece siano state attuate politiche che dovremmo adottare per far sì che le cose vadano bene, come quando ero in Germania trent' anni fa.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

RITA PIERI, Assessore all'istruzione pubblica, università e pari opportunità del comune di Prato. Rispondo volentieri. Come da lei sottolineato, nella nostra città la situazione è abbastanza eterogenea. Questa è la particolarità di questa città che tendo a ribadire con forza. L'istituto comprensivo Marco Polo, che si trova nel centro della città, non all'interno delle vecchie mura, ma in zona limitrofa, ha vicino altri due istituti comprensivi. In uno di questi, la percentuale dei bambini stranieri si abbassa notevolmente.
A Prato, infatti, abbiamo anche questa particolarità: esistono scuole come il Marco Polo, dove la presenza di varie etnie è molteplice, altre come l'istituto Mascagni, dove invece l'unica presenza straniera è cinese. Questo costituisce un disagio nel disagio, perché, se i bambini appartengono a tante etnie, l'integrazione si rivela più semplice e tutto l'andamento scolastico avverte meno disagio. Quando invece si hanno due blocchi, nonostante tutti gli sforzi dei docenti, al suono della campanella si crea una netta distinzione tra i due gruppi di bambini. Ci troviamo quindi anche ad affrontare questa difficoltà.
L'aspetto principale è che a Prato i bambini nascono in Italia e se ne vanno dopo dieci giorni, per poi tornare a nove, a dieci, a dodici o a sei anni quando va bene. È questa la grande difficoltà: ci troviamo ad avere bambini che non comprendono la lingua, non conoscono le regole scolastiche, gli usi e i costumi, le usanze e il modo di relazionarsi con gli altri bambini. Indipendentemente dal lavoro dei mediatori linguistici, che ci sono, seppur con grande difficoltà dell'amministrazione, non riusciamo in nessun modo a bloccare questo fenomeno.
Negli asili nido del comune di Prato i bambini stranieri rappresentano una percentuale bassissima (15-17 per cento) e sono quasi tutti nordafricani. I bambini cinesi non frequentano l'asilo nido, perché se ne vanno via o rimangono all'interno di dinamiche e di momenti formativi assolutamente familiari, perché i genitori non vogliono che si relazionino con gli altri coetanei. Non ci si può fare niente: ognuno è padrone in casa propria e ha la propria cultura. Non possiamo obbligarli.
La nostra situazione dovrebbe quindi essere esaminata attentamente, perché crea incredibili disagi ed è diversa dalle altre città, perché ci troviamo ad avere bambini nati in Italia che non parlano neanche una parola della nostra lingua, e ugualmente la famiglia. Il nostro progetto è uno dei pochi in Italia che vede coinvolti non soltanto gli enti - comune, provincia e regione - ma tutti i dirigenti scolastici.
Questi sono infatti firmatari ed esiste un coordinamento scientifico, oltre al coordinamento politico, e da anni c'è un coinvolgimento con le famiglie. Questo


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protocollo, che costa molto all'ente locale, prevede il coinvolgimento di un mediatore linguistico e di un mediatore culturale anche per le famiglie. Come amministrazione, investiamo ogni risorsa per progetti che riguardano l'integrazione, compresi i messaggi telefonici alle famiglie non italiane, nella consapevolezza di come l'integrazione non sia solo quella del bambino, ma passi necessariamente attraverso la famiglia.

DANIELA POMPEI, Responsabile del servizio immigrati della Comunità di Sant'Egidio. Le classi di lingua italiana come lingua seconda rispetto ai minori adolescenti sono nate su richiesta delle famiglie degli immigrati. La nostra scuola è una scuola di lingua seconda per gli adulti, quindi per l'integrazione degli adulti. Ci siamo ritrovati negli ultimi anni con un aumento di richiesta da parte dei figli. Abbiamo quindi solo in una delle sezioni della nostra scuola a Trastevere, quindi nel centro di Roma, più di tre classi.
A Roma, la comunità filippina ha lo stesso problema della comunità cinese: aver partorito i qui i propri figli, ma averli mandati subito nel loro Paese per le difficoltà delle donne filippine che normalmente lavoravano come domestiche. In seguito, li hanno fatti tornare a un'età maggiore e si sono rese conto del problema. Anche con i cinesi esiste lo stesso problema, ma si stanno rendendo conto di come questo crei difficoltà ai figli, ai minori.
Ho voluto sottolineare questo aspetto a conforto di tutti, perché gli studenti di queste nostre classi sono bambini filippini nati in Italia, che arrivano a tredici anni parlando inglese, non italiano, e quindi si trovano in difficoltà nell'ambiente scolastico. Le comunità stesse stanno però ridiscutendo questo fenomeno. Ad esempio, i cinesi del quartiere Esquilino non hanno questo problema, pur essendo una delle comunità più consistenti.

CRISTOPHER HEIN, Direttore del Consiglio italiano per i rifugiati. Sono grato per la sua domanda sui richiedenti asilo e la scolarizzazione dei loro bambini, perché è un problema preoccupante. Abbiamo in Italia due sistemi di accoglienza, uno dei quali è rappresentato dai Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) a gestione diretta del Ministero dell'interno attraverso le Prefetture, dove per legge le persone richiedenti asilo dovrebbero restare 35 giorni, mentre di fatto si attendono 6-9 mesi, quindi quasi un intero anno scolastico.
Queste strutture si trovano a Crotone, Caltanissetta, Foggia, Bari, alle porte di Roma, a Castelnuovo di Porto, lontano da scuole, senza scuolabus o altri trasporti e con una situazione di totale incertezza e fragilità delle persone e delle famiglie, che non sanno quando avranno il colloquio con la Commissione, quando avranno la risposta. Nessun bambino quindi va a scuola, e questo può protrarsi anche per nove mesi.
L'altro è il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) che è nelle mani dell'ANCI, quindi con 130 comuni che gestiscono piccoli progetti di accoglienza di richiedenti asilo o rifugiati, dove c'è un servizio di scolarizzazione dei bambini, operatrici e operatori che si impegnano affinché dal primo momento dell'arrivo il bambino vada a scuola. Viene garantita una permanenza minima di sei mesi a bambini in età scolare e famiglie. Questa permanenza può durare anche un anno, periodo consistente. Gli operatori sociali si occupano di garantire una continuità scolastica anche quando sia stata presa la decisione sulla richiesta d'asilo.
Per il primo sistema però c'è un vero problema, pur essendovi la maggior parte dei richiedenti asilo, che sono praticamente privi del diritto di accesso alla scuola.
L'altra domanda è difficile, perché la Germania è un sistema federale, l'istruzione è competenza esclusiva dei Länder, delle regioni, e ogni Land attua la sua politica. Nonostante la presenza di un coordinamento, infatti, persiste una grande diversità tra Assia, Brandeburgo, Bavaria, Berlino.
Da anni viene fatto un notevole sforzo economico dai Länder per facilitare l'inserimento linguistico, attraverso tutto un


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sistema di classi non speciali, ma parallele al normale curriculum scolastico. Lo sforzo è minore per quanto riguarda la costruzione di un ponte tra la famiglia e la scuola. Su questo c'è una grande lacuna, con evidenti conseguenze.
Il problema centrale nel mondo dell'immigrazione è la urbanizzazione in un ghetto. Se tutti i Turchi vivono in un quartiere, c'è poco da dire, ma non è un problema della scuola: si tratta di un problema di alloggi, di politica della casa e di politica urbanistica.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.


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A L L E G A T O

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